Dicembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
CONTRO LA CASTA DEI POLITICANTI, PER UNA DESTRA VALORIALE MODERNA E TOLLERANTE, PULITA E SENZA COMPROMESSI, A DIFESA DELLA LEGALITA’, DEI DIRITTI CIVILI E DEI CETI DEBOLI… PER UNA SOCIETA’ FONDATA SUL MERITO, SULLA COMPETENZA, SUL CIVILE CONFRONTO DELLE IDEE
Di fronte all’inattività e alle note vicende che hanno coinvolto “Futuro e Libertà ” a Genova (e non solo) per tanti aderenti che si erano riconosciuti nel modello valoriale tratteggiato dal manifesto costitutivo di Bastia Umbra occorreva scegliere una strada.
Per alcuni è stata quella di adattarsi alle regole del gioco che prevedono poco impegno e possibilità di dividersi cariche onorifiche, accettando i giochetti interni di corridoio.
Per altri quella di turarsi il naso e chiudere gli occhi di fronte ad atteggiamenti e fatti in palese contrasto coi principi etici di riferimento.
Per molti quella di abbandonare qualsiasi esperienza di impegno politico dopo aver provato disgusto per quanto hanno dovuto sopportare.
Qualcuno ha optato per i salotti letterari, in attesa di nuove stagioni politiche per accasarsi.
Noi abbiamo scelto la strada più difficile: quella di mettere in pratica le tesi di Bastia Umbra: legalità , giustizia sociale, diritti civili, cittadinanza e integrazione, lotta alla casta, meritocrazia, integrandole laddove necessario.
Senza steccati, senza interessi, senza nomeklatura, senza presunti diritti acquisiti per aver staccato per primi il biglietto delle prenotazioni, senza padri padroni, senza personaggi chiacchierati come compagni di viaggio.
In politica arriva primo chi ha maggiori capacità , idee, spirito di sacrificio, volontà , lucidità di analisi.
Chi tiene la barra ferma verso il porto di destinazione, pur con tutte le manovre tattiche del caso.
Per fare questo occorre avere anche un solido ancoraggio, radici profonde che sappiano distinguerci dagli altri: non vendiamo biglietti della lotteria, facciamo politica sul territorio.
Il tempo delle polemiche e delle chiacchiere è finito: ora si deve guardare avanti.
Faremo quello che potremo, quello che anche voi ci permettere di fare con il vostro aiuto e con la vostra adesione, con il vostro sostegno e i vostri consigli.
Non esistono più alibi: chi vuole impegnarsi nel costruire un progetto nuovo di destra moderna sappia che le porte sono aperte.
Abbiamo tante idee che verificherete quando le porremo in essere, gli spazi politici esistono e sono vaste praterie di intervento.
Se volete trovare nuovi orizzonti con noi, siete i benvenuti, comunque la pensiate: non ha importanza da dove venite ma dove intendete andare.
Potete scriverci una mail (liguriafuturista@libero.it e su destradipopolo@gmail.com) o telefonarci al numero 334-3308075 o 346-0546850 ( primo numero attivo anche durante feste natalizie).
Ufficio di Presidenza
LIGURIA FUTURISTA
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Dicembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
“SI E’ CHIUSA UNA FASE, LE PERSONE DI BUONA VOLONTA’ SI RITROVERANNO NEI PROGRAMMI”….”NON E’ PIU’ PRIORITARIO SCEGLIERE IL PREMIER”
Gianfranco Fini pensa per il Terzo polo a un futuro da «rassemblement repubblicano che parta non dalla presunzione di rappresentare i migliori, ma dall`intenzione di mettere insieme persone di buona volontà su una base programmatica».
Qualcosa che può nascere e maturare solo se il sistema politico mette mano alle riforme istituzionali, cambiando una legge elettorale che, così come è oggi, «è indifendibile di fronte all`opinione pubblica».
Qualcosa che implica una scomposizione dell`attuale quadro politico con nuovi arrivi nel “rassemblement” sia dal Pdl che dal Pd.
«Il governo Monti non è il fallimento della politica, che si è dimostrata all`altezza della responsabilità », ha detto Fini “chi dice che la politica sia andata in vacanza non ha ancora capito cosa si sta muovendo” .
Il leader di Fli riafferma la sua fede nel sistema bipolare, dice che è morto e sepolto quello «muscolare» dell`era berlusconiana. Quello in cui «non c`era l`avversario ma sempre e comunque il nemico».
Quello che creava coalizione raccogliticce per raggiungere la vittoria.
Ma Fini si pone alcune domande: «Quando si chiudono le fasi – spiega – bisogna capire quali sono le altre che si aprono, perchè non tutto si ripete. Siete convinti che quando si discuterà di legge elettorale tutto quello che ha caratterizzato la fase precedente si trasferisca nella nuova? Più esplicitamente: siamo certi che oggi sia così avvertita dalla pubblica opinione e dai partiti la necessità di una competizione in cui si sceglie il premier, la coalizione, i partiti?”
Domanda pesante che rimette in discussione vent`anni di politica finiana e forse manda in soffitta anche il presidenzialismo che è stato per anni la bandiera del leader della destra italiana.
La certezza che gli italiani vogliano un ritorno al passato non c`è, sembra dire però Fini.
E allora, continua il presidente della Camera, qualsiasi sia la decisione della Corte costituzionale che 1`11 gennaio inizierà l`esame dell`ammissibilità dei due quesiti referendari, bisogna mettere mano ad un alcune riforme coordinate delle istituzioni.
Dunque via il bicameralismo perfetto, riduzione del numero dei parlamentari, nuovi regolamenti parlamentari e riesame del rapporto fra esecutivo e legislativo .
E insieme a tutto ciò una nuova legge elettorale.
Perchè quella attuale «è indifendibile davanti all`opinione pubblica» perchè permette al cittadino di scegliere premier, governo e coalizione e gli impedisce di nominare il suo rappresentante a Palazzo Madama e Montecitorio.
Una risposta che dice e non dice sul metodo elettorale.
Ma che suppone un intervento del sistema dei partiti anche in caso di ammissione del referendum e vittoria dei promotori con relatifva cancellazione del Porcellum.
«Il 2012 – prevede allora il leader di Fli – determinerà effetti sullo scenario politico non inferiori a quanto accaduto ne12011: quale sarà il rapporto Pdl-Lega? Quale sarà quello tra Pd-Idv e Sel?».
L`unica certezza per Fini, al momento, è che la maggioranza Pd, Pdl e Terzo polo permetterà al governo di arrivare a fine legislatura».
(da “La Repubblica“)
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Dicembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
UN ASSE CHE SI BASA SULL’ASSUNTO CHE “NESSUNO DEVE PAGARE TROPPO IL SI’ A QUESTO GOVERNO”… OGGI PRANZO DELLA PACE TRA MONTI E IL CAVALIERE
«Ministro Fornero, mi raccomando, sulla riforma del mercato del lavoro è meglio procedere con cautela». Il consiglio deve aver lasciato di stucco ieri Elsa Fornero, anche perchè a dispensarglielo, sotto le volte affrescate del Quirinale, non è stato un esponente del Pd o dei sindacati, ma il segretario del Pdl Angelino Alfano.
Un episodio sorprendente se solo si pensa alla furia ideologica anti-Cgil del passato ministro Sacconi.
Il fatto è che Alfano è ora preoccupato per la tenuta del Pd e per la concorrenza dell’Italia dei Valori.
Così come Bersani guarda con apprensione alle crescenti lacerazioni interne nel Pdl e alla deriva separatista del Carroccio.
Entrambi poi fanno i conti con la crescita del terzo polo e la concorrenza di Casini.
Un intero quadro sta smottando e i segretari dei due maggiori partiti hanno quindi stretto un patto di mutuo sostegno per non farsi travolgere.
Ora si parlano, molto più spesso di quanto non si pensi, e anche ieri–complice il ricevimento da Napoletano – un colloquio c’è stato.
L’asse segreto si base sulla reciproca convenienza sull’assunto che «nessuno deve pagare troppo il sostegno a Monti».
Anche perchè, questo lo temono sia i vertici del Pd sia a via dell’Umiltà , i prossimi mesi saranno ancora più difficili e nessuno potrà sfilarsi facilmente dalla maggioranza.
«Tra febbraio e marzo forse sarà necessaria un’altra manovra–sospira Paolo Bonaiuti – e non vedo tutta questa fretta di andare a elezioni anticipate e raccogliere l’eredità del governo tecnico. Così, anche se ci sono inevitabili maldipancia, sia noi che il Pd continueremo ad appoggiare Monti».
Frutto di questo “appeasement” è anche il pranzo della pace che vedrà oggi a palazzo Chigi Mario Monti seduto accanto a Berlusconi e Gianni Letta.
Un invito arrivato dal premier ma preparato da una telefonata tra Napolitano e Letta. Il capo dello Stato era infatti preoccupato per l’escalation di toni del Cavaliere contro il governo.
L’atteggiamento di Berlusconi preoccupa Napolitano: un esecutivo descritto come un esproprio della democrazia, guidato da un premier «disperato».
Troppo per non far scattare l’allarme rosso del Quirinale. Così, grazie anche alla diplomazia felpata del Colle, si è arrivati al pranzo di oggi.
Facilitato da quel bigliettino che Monti inviò a Berlusconi venerdì scorso in aula, un invito a «collaborare» e a lasciarsi alle spalle i diverbi.
Il ruolo “pacificatore” di Napolitano è del resto sollecitato anche da Alfano e Bersani per abbassare la temperatura politica e offrire una sponda ai partiti che stanno pagando il prezzo più alto nell’appoggio a Monti.
Non è un caso che ieri il capo dello Stato abbia elogiato quelle forze politiche che hanno votato la fiducia a Monti, « un titolo di merito,non un motivo di imbarazzo». Ora tuttavia c’è un enorme scoglio che può mettere a rischio la maggioranza: la riforma del mercato del lavoro.
Una materia incandescente per il Pd, considerato il veto posto dalla Cgil. Che infatti porta un falco come Daniela Santanchè a ipotizzare che «Monti cadrà a gennaio, da sinistra, sull’articolo 18».
È per sventare questa trappola che Napolitano ieri ha iniziato la sua moral suasion sulle riforme da fare «senza rigide pregiudiziali», aprendo così una rete di protezione sotto al governo.
E per lo stesso motivo Alfano ha consigliato «cautela» al ministro Fornero, colpevole di aver evocato il tabù dell’articolo 18.
L’uscita del ministro del Welfare ha mandare fuori dai gangheri anche un fan di Monti come il Pd Beppe Fioroni: «Il governo su una materia come il lavoro dovrebbe comunicare di meno e condividere di più».
Anche perchè, in fondo, lasciando da parte l’articolo 18 sui licenziamenti, il Pdl e il Pd sono convinti di poter reggere la riforma in arrivo. «L’intesa è possibile–spiega a sera Dario Franceschini in un Transatlantico ormai deserto – ma non si può partire dall’articolo 18, che oltretutto riguarda ormai una minoranza di lavoratori. Se non si parte da lì un accordo è a portata di mano».
Anche Monti sembra sia consapevole del rischio di procedere a spallate su questo tema.
A Walter Veltroni, davanti al buffet al Quirinale, il premier ha assicurato che sulle pensioni «siamo dovuti intervenire rapidamente, ma il lavoro è un’altra cosa». L’articolo 18, ha ripetuto il Professore a più di un interlocutore, è «un falso problema», sul quale sarebbe sbagliato andare al «muro contro muro».
Ma la riforma del lavoro si farà , su questo il premier non è disposto a subire veti.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
L’ITALIA NON CAMBIERA’ SE NON LO VOGLIAMO, SE NON CI CONVINCIAMO DI ESSERE ATTORI DI UN NUOVO PATTO NAZIONALE
Se l’Europa avanza per spaventi, l’Italia procede per ansie e furori.
Stavolta appaiono più gravi e giustificati del solito. La recessione potrebbe trasformarsi in una nuova, grande depressione, uno spettro evocato da Christine Lagarde, direttrice del Fondo Monetario Internazionale.
E accadrà , se accettiamo che la delusione diventi rassegnazione.
L’ultimo furore collettivo risale all’inizio degli anni Novanta: le indagini di Mani Pulite rivelarono meccanismi nauseanti, destinati a finanziare i partiti e non solo.
Noi italiani mostrammo in molti modi la voglia di cambiare: il tifo calcistico per i magistrati, i referendum di Mario Segni, l’appoggio alla Lega nascente, l’entusiasmo per Forza Italia.
È andata male.
Tutto quello che abbiamo saputo creare è una Seconda Repubblica velleitaria e costosa, oggi defunta e non rimpianta.
L’incolpevole pontiere verso il mondo nuovo, allora, fu Carlo Azeglio Ciampi. Oggi–alla guida di un’Italia confusa ma non (ancora) rassegnata – ci sono Mario Monti e Giorgio Napolitano. Ma, oggi come allora, il mondo nuovo non dipende da loro. Dipende da noi.
I pontieri costruiscono i ponti, ma sono i popoli che devono attraversarli.
Il primo passo è un’ammissione: siamo reduci da anni di pigrizia e illusioni.
Silvio Berlusconi è stato il prestigiatore più solerte, ma non l’unico.
Il pubblico gli ha chiesto–tre volte – di presentare il numero.
Un modo per assistere, applaudire o fischiare (dipende): senza prendersi responsabilità .
Ora quello spettacolo è finito: non ce lo potevamo più permettere. Non l’abbiamo capito da soli, hanno dovuto gridarcelo da lontano.
Mario Monti ha fatto più in un mese che i predecessori in diciassette anni; il suo limite non è aver osato troppo, ma troppo poco sui costi della politica, le liberalizzazioni e la crescita.
Ma neppure lui potrà avere successo, senza di noi.
L’Italia non cambierà , se non vogliamo che cambi. Se non ci convinciamo di essere attori, non spettatori.
Se lo faremo, la ricompensa sarà rapida e robusta.
Non è una leggenda auto-consolatoria: abbiamo davvero le risorse caratteriali per tirarci fuori da questa trincea, e batterci in un mondo difficile.
La nostra capacità di invenzione e di reazione è indiscutibile. La nostra facilità di intuizione e adattamento è dimostrata quotidianamente da centinaia di migliaia di connazionali sparsi per il mondo.
Perfino il reticolo sociale e familiare che ben conosciamo può aiutarci a costruire il futuro, dopo averci complicato il presente.
Vorrei che presto, all’estero, scrivessero di noi: When the going gets tough, the Italians get going.
Quando il gioco si fa duro, gli italiani cominciano a giocare.
Tutto questo però non serve – anzi, diventa un alibi – senza un nuovo patto nazionale. L’esistenza che abbiamo conosciuto negli ultimi trent’anni, se non cambiamo, non possiamo più permettercela.
Se vogliamo l’istruzione, la sanità , le pensioni e la qualità di vita cui siamo abituati, dobbiamo lavorare meglio, lavorare più a lungo e smettere di ingannarci a vicenda.
Diciamolo: 235 miliardi di evasione annuale–otto volte la manovra appena votata–è una somma sconvolgente. Per coloro che non intendono sconvolgersi, aggiungiamo: insostenibile.
Un Paese dove ristoratori e gioiellieri dichiarano mediamente 38 e 44 euro di entrate al giorno; dove chiedere la fattura a un artigiano è un atto di eroismo fiscale (e dove fare l’artigiano insidiato da norme folli e pagamenti incerti è un eroismo professionale); dove un terzo delle famiglie controllate si finge povera per ottenere sconti e benefici; dove solo 9.870 persone dichiarano spontaneamente più di 200.000 euro l’anno – be’, un Paese così non può andare avanti.
Ne occorre un altro.
Un Paese dove tutti paghiamo (meno) imposte; dove vengano assicurati pagamenti veloci e giustizia rapida; dove siano chiuse le falle che rischiano di affondare le nave (dalle municipalizzate a certe aziende sanitarie); dove la politica, se non riesce a dare il buon esempio, almeno eviti di provocare disgusto.
Un Paese così non è impossibile, ed è alla nostra portata.
Basta rispettarci e incoraggiarci a vicenda, invece di compatirci e deprimerci.
Siamo su un piano inclinato: o si sale o si scende.
Voi, dove volete andare?
Beppe Severgnini
(da “Il Corriere della Sera“)
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Dicembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
PARLA IL VICEPRESIDENTE: “LAVITOLA ETA IL TRAMITE TRA BERLUSCONI E IL PRESIDENTE MARTINELLI: L’APPALTO E’ STATO SPINTO”… L’OPPOSIZIONE PANAMENSE SPARA CANNONATE SUI RAPPORTI TRA LAVITOLA E IL PRESIDENTE MARTINELLI
Era in tutte le foto. Accanto a Martinelli e Lavitola c’era sempre la sua faccia sorridente. Eppure oggi per il vicepresidente, ex ministro degli esteri panamense, Juan Carlos Varela le cose devono essere cambiate.
Quando Finmeccanica chiuse l’accordo con Panama per la commessa di radar, elicotteri e cartografia — grazie all’intermediazione di Valter Lavitola — Varela era alleato del presidente Ricardo Martinelli. Era presente alla firma del memorandum d’intesa tra Italia e Panama.
Ora Varela — che ha mantenuto la carica di vice presidente della Repubblica — è passato all’opposizione e critica duramente sia il contratto chiuso con il colosso dell’industria italiana, sia il ruolo di Lavitola, che pure ha incontrato in più di un’occasione.
Segno che il caso Lavitola, a Panama, sta diventando sempre più ingombrante: nel decreto di perquisizione a due inviati panamensi del quotidiano La Prensa — disposta a Roma, pochi giorni fa, dai pm napoletani Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli — si parla espressamente di corruzione internazionale a carico di funzionari pubblici panamensi da identificare.
Vice presidente Varela, Panama aveva realmente bisogno di una commessa per radar, cartografia ed elicotteri?
Avevamo bisogno soltanto di elicotteri. Sulla sicurezza del nostro mare avevamo già abbastanza informazioni dalla base di Key West in Florida che controlla, per il narcotraffico, anche l’area navale di Panama. Io non ho firmato il contratto, lo firmarono i ministri e il presidente Martinelli.
Perchè è stata scelta proprio Finmeccanica per queste opere pubbliche?
Per le relazioni tra Martinelli e Berlusconi. Quando Berlusconi venne a Panama per il memorandum sulla sicurezza, Lavitola spinse molto per questo progetto e il governo accettò quella proposta. Comunque non mi risulta che furono valutate altre offerte.
Come mai non furono valutate altre offerte, altre società ?
L’Italia aveva un interesse particolare e il presidente Martinelli ha sempre detto di essere a favore. Nonostante io avessi detto a Lavitola che era molto difficile che Panama chiudesse un affidamento diretto, senza gara, per un importo così elevato, lui mi rispose che se avessi insistito su questa posizione sarebbe stata a rischio l’immagine del presidente e che era fiducioso che avrebbe chiuso il contratto.
Come mai era così sicuro?
Mi disse che anche se non era obbligatorio fare il contratto con Finmeccanica dopo il memorandum, lui avrebbe spinto per questo, forte anche della sua relazione diretta con Martinelli.
Le risulta che Lavitola a Panama si sia attivato anche per altre commesse?
So che voleva vendere alcuni aerei, per una cifra di svariati milioni di dollari, ma non so di quale società .
A quale titolo parlava, Lavitola, con voi rappresentanti del governo panamense?
Lavitola era il legame tra Berlusconi e Martinelli. Alla fine del 2010, quando il vostro ministro Giulio Tremonti non intendeva avallare il trattato di doppia imposizione fiscale tra Panama e Italia (di cui Il Fatto Quotidiano ha già dato conto ndr), Lavitola difese la posizione di Martinelli e disse che il trattato sarebbe andato in porto (in realtà il trattato è rimasto fermo in un cassetto del ministero degli Esteri, ndr).
Nella visita di Martinelli in Italia, nel 2009, il suo primo viaggio ufficiale, Lavitola era con Berlusconi e in quell’occasione si conobbero. Quando poi ci furono dei problemi con Enel, Lavitola si presentò come un emissario del Governo Berlusconi, e questo fu primo incontro ufficiale di Lavitola a Panama.
Che problemi aveva Enel a Panama?
Il governo panamense aveva deciso di far pagare l’uso dell’acqua alle centrali idroelettriche, che ha anche l’Enel. E in quell’occasione alcune imprese italiane, tra cui Enel, manifestarono il loro risentimento per quella decisione. Alla fine il governo panamense desistè anche per l’intervento delle società statunitensi.
Perchè fa riferimento proprio a Enel?
Perchè di Enel si parlò in quella riunione con Lavitola.
Vicepresidente, pensa che Lavitola ormai sia diventato un personaggio scomodo per Panama?
Credo che anche il governo stia cercando ormai di prendere le distanze da lui.
E pensa che si trovi ancora a Panama?
Questa settimana per la prima volta il direttore del Sistema nazionale per l’immigrazione ha detto che Lavitola non può più entrare a Panama.
E se fosse ancora lì?
Non so dirlo. Ci sono state mille versioni diverse la parte del governo panamense sul tema Lavitola e Finmeccanica. Quello che posso dire è che sta aumentando la pressione della società civile e della pubblica opinione affinchè la giustizia italiana faccia il suo corso.
È preoccupato che la giustizia italiana stia investigando anche su funzionari del governo panamense?
Voglio solo che il contratto con Finmeccanica venga sospeso e che si difenda l’interesse del mio paese. Quello che è successo non è giusto per Panama.
Lavitola l’ha conosciuto personalmente: cosa pensa di lui?
Penso che gli sia partita la mano… insomma che Lavitola abbia abusato dell’amicizia con il presidente Martinelli…
Pensa che anche Martinelli abbia abusato dell’amicizia con Lavitola?
(Ride). Beh, quello che è successo è che Martinelli ha molto spinto l’accordo sulla sicurezza, e poi il contratto con Finmeccanica è stato chiuso… il resto è storia.
Francesca Biagiotti e Antonio Massari
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
IL COMPAGNO DI MERENDA DI BERLUSCONI E L’APPALTO PER LE CARCERI MODULARI PANAMENSI: “LAVITOLA CI FU PRESENTATO COME RAPPRESENTANTE DEL GOVERNO ITALIANO”
Il Caso Lavitola sta scuotendo la politica panamense: le indagini della procura di Napoli, che indaga il faccendiere italiano per corruzione internazionale, rischiano di ripercuotersi anche sul governo di Ricardo Martinelli.
L’ultima traccia investigativa — oltre la commessa milionaria con Finmeccanica — riguarda un appalto per le carceri mobili mai realizzato ma menzionato nel memorandum d’Intesa firmato dal governo italiano e panamense. §
I pm Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli la scorsa settimana hanno disposto la perquisizione di due inviati del quotidiano La Prensa che stavano per intervistare Mauro Velocci, l’imprenditore che avrebbe dovuto costruire le carceri modulari a Panama, interrogato più volte in questi giorni.
Di Velocci ci ha parlato anche la leader dell’opposizione a Panama, Balbina Herrera, che in una trasmissione televisiva ha denunciato la relazione tra Lavitola e Martinelli.
La Herrera ha mostrato in diretta molti documenti che testimonierebbero la vicinanza tra Lavitola e Martinelli: “Lavitola ci fu presentato come un rappresentate del governo italiano”, dice Herrera al Fatto Quotidiano.
“Ma quando qualcuno chiama il presidente di uno Stato estero ‘capo, fratello’, e gli scrive ‘ti voglio bene, abbi fiducia in me’, come nelle email che ho mostrato, non è un rappresentante di governo: è qualcosa di più. Ha superato ogni confine istituzionale”.
La Herrera dice di essere disponibile a fornire i suoi documenti alla procura italiana: “Velocci mi diede le carte per un programma televisivo, mi raccontò anche della questione delle carceri, e ora mi sento in pericolo per la denuncia che ho fatto in tv. Panama però ha bisogno che si chiarisca tutto. Vogliamo sapere perchè abbiamo pagato così tanto, perchè ci dissero che dovevamo dare 90 milioni di euro per i radar, perchè le opere civili doveva farle la Selex e soprattutto: come sono stati usati i nostri soldi pubblici”.
La richiesta di Panama al governo italiano per chiedere trasparenza sul contratto Finmeccanica, ha avuto come risposta: non si può, si tratta di un contratto privato di Finmeccanica.
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