Maggio 10th, 2012 Riccardo Fucile
LA RICHIESTA PRESENTATA ALL’AMBASCIATA ITALIANA DI TIRANA… SCOPPIATA L’INCHIESTA SU BELSITO, VENNE PRECIPITOSAMENTE RITIRATA
Renzo Bossi ha tentato di far riconoscere in Italia il diploma di laurea in Economia conseguito all’università Kristal di Tirana in Albania, ritirando poi la richiesta nell’aprile di quest’anno, dopo che erano emerse le inchieste della magistratura sulla Lega Nord.
La circostanza emerge da una lettera inviata dall’ambasciata italiana a Tirana alla procura di Milano.
Nell’informativa si specifica che a fine luglio 2011 un cittadino albanese ha presentato copia della laurea di primo livello di Renzo Bossi, richiedendo all’ambasciata italiana la relativa dichiarazione di valore, ovvero il riconoscimento del titolo in Italia.
Nella lettera si parla di stupore di fronte alla richiesta in quanto da Internet i funzionari avevano appreso che Renzo Bossi si era diplomato nel luglio 2009, quando la laurea era datata 29 settembre 2010.
Di fronte a questo l’ambasciata non ha avviato la pratica per il riconoscimento del titolo di studio.
Nell’ottobre 2011 l’avvocato Dragoj si è fatto carico della vicenda e si è presentato all’ambasciata portando una serie di documenti tra cui una delegata firmata da Renzo Bossi e un certificato di ammissione alla maturità del 18 maggio 2007 (quando il figlio dell’ex leader della Lega Nord tentò la prima volta di superare l’esame, cosa riuscita solo al quarto tentativo nel 2009).
Lo stesso avvocato si è rivolto nuovamente all’ambasciata nel marzo 2012, portando copia del passaporto di Renzo Bossi.
A questo punto le autorità italiane in Albania hanno avviato la procedura per il riconoscimento del titolo, rivolgendosi all’università Kristal per avere prova della veridicità del diploma.
Il 4 aprile 2012 l’avvocato Dragoj (il giorno dopo che sono emerse le inchieste sulla Lega Nord) ha presentato richiesta per ritirare la documentazione, dicendo che non erano più interessati al riconoscimento del titolo di studio.
Tuttavia, la pratica era già stata avviata e il professor Skender Kercucu della Kristal ha dichiarato che Renzo Bossi risulta aver conseguito il diploma.
L’ateneo, continua l’ambasciata, ha poi dichiarato alla stampa che Renzo Bossi era iscritto dalla Kristal dall’anno accademico 2007-2008 (prima del conseguimento del diploma in Italia).
L’altro titolo di studio conseguito presso la Kristal è quello di Piergaetano Moscagiuro, l’ex guardia del corpo di Rosi Mauro.
Per quanto riguarda la sua laurea non è mai stata avviata alcuna pratica, in quanto la facoltà di Scienze politiche non è accreditata presso il ministero dell’Istruzione albanese.
(da “Il Corriere della Sera”)
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Maggio 10th, 2012 Riccardo Fucile
TAGLI ALLE SPESA: SONO 758 IN MENO RISPETTO AL PRIMO TRIMESTRE 2011 CON UN RISPARMIO SUPERIORE A 100 MILIONI DI EURO
La stretta sulle «auto blu» funziona. Nei primi tre mesi dell’anno sono 758 in meno le vetture in servizio presso la Pubblica
Amministrazione con un risparmio stimato in 35 milioni di euro su 12 mesi (105 se si include il costo del personale).
Il dato, comunicato dal Ministero della Funzione Pubblica, è calcolato sulla base dei nuovi acquisti (434) e sulle dismissioni (1192).
Fra queste le «auto blu» vere e proprie, ovvero quelle di rappresentanza con autista utilizzate vertici delle amministrazioni sono 248 in meno e contano per il 2,5% del totale del parco.
E siamo soltanto all’inizio.
« Il governo i ha intenzione di dare un’ulteriore e drastica riduzione delle auto di servizio che non devono diventare un inutile privilegio o, peggio, uno status symbol da esibire», ha detto il Ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patron Griffi.
Il risultato arriva a pochi mesi dalla pubblicazione del primo censimento sulle auto pubbliche e a distanza di un giorno dall’avvio di una nuova iniziativa affidata al Formez per tenere sotto controllo i costi.
Con l’obiettivo di monitorare le spese delle amministrazioni nell’ultimo biennio in relazione agli obiettivi da raggiungere.
In base all’aggiornamento del censimento ai primi tre mesi dell’anno, i dati disponibile coprono il 95% del territorio.
Secondo quanto riporta il Ministero della Funzione Pubblica, gli acquisti da parte delle amministrazioni centrali dello Stato «sono stati praticamente azzerati», mentre negli enti locali la riduzione è stata dell’1%.
Per quanto riguarda le nuove auto degli enti locali, per 31%, dei casi, sono state effettuate in proprietà , mentre molto alta è la quota di nuovi noleggi e leasing (66%). Una formula che dovrebbe garantire un certo risparmio alle casse pubbliche.
E non si parla di «macchinoni»: il costo medio è di 9.307 euro: nel 65% dei casi si tratta di modelli con cilindrata da 1.100 a 1.600 cc, mentre il 23% è sopra i 1.900 cc.
(da “Il Corriere della Sera“)
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Maggio 10th, 2012 Riccardo Fucile
I VERDETTI DEL VOTO PER LE COMUNALI E GLI EFFETTI SUL GOVERNO NAZIONALE
Si tratta solo di amministrative. Elezioni che hanno coinvolto una quota ridotta di popolazione e di Comuni. Un test, in fondo, limitato.
Peraltro, molti giochi sono ancora aperti, visto che in tre quarti dei Comuni maggiori si andrà al ballottaggio.
Eppure, i risultati del primo turno sono destinati a produrre effetti politici significativi sul piano nazionale.
Le prime elezioni nell’era del Montismo hanno, anzitutto, suggerito che, insieme a Berlusconi, stia uscendo di scena anche il suo “partito personale”.
Quasi per conseguenza automatica e naturale. Il Pdl. In caduta, dovunque. Da Nord a Sud passando per il Centro.
Non è facile decifrare i dati di elezioni specifiche, come quelle amministrative. Caratterizzate dalla presenza di molte liste civiche.
Tuttavia, nei Comuni capoluogo, rispetto alle elezioni amministrative precedenti, il Pdl ha dimezzato il suo peso elettorale: è passato dal 30% al 14% (media delle medie).
Governava in 95 Comuni (maggiori), insieme alla Lega.
Al primo turno ne ha perduti 45 (inclusi quelli in cui è escluso dal ballottaggio).
Ne ha mantenuti 5, conquistandone uno solo di nuovo.
Negli altri 45 andrà al ballottaggio. In 16 Comuni, però, è in sensibile svantaggio.
A livello locale, peraltro, il Pdl non aveva mai avuto basi solide e radicate.
Ma senza Berlusconi ha perduto identità , senso.
In qualche misura, speranza. Così ha travolto, nella slavina, anche il retroterra di An. Che, invece, fino a ieri, disponeva di una presenza diffusa in molti contesti. Soprattutto nel Sud.
La Lega è in crisi netta.. Il risultato di Verona si deve, esclusivamente, a Tosi. È un voto “personale”. Per molti versi, espresso “contro” la Lega di Bossi.
Tosi, infatti, è il principale alleato di Maroni, come ha ribadito anche in questi giorni. Verona, d’altronde, non è una roccaforte storica della Lega, che si è insediata in città (e nell’area) solo nell’ultimo decennio.
Prima era una zona di forza della Destra, da cui Tosi ha attinto molti consensi. Allargandoli in misura ampia, con la sua azione. E amministrazione.
Altrove, però, la Lega è andata malissimo..
Complessivamente, nei Comuni dov’era presente, la Lega ha dimezzato la percentuale del voto rispetto alle politiche del 2008 e le europee del 2009.
Fra le 12 città maggiori al voto dove il sindaco uscente era leghista, la Lega ha perduto in 5 e in altrettante è al ballottaggio.
Oltre a Verona, al primo turno ha vinto solo a Cittadella.
Una roccaforte nel cuore del Veneto. Luogo quasi simbolico. Evoca la Lega che non è scomparsa, come alcuni ipotizzavano (e auspicavano). Ma “resiste” all’assedio.
Ha reagito meglio nei Comuni più piccoli, inferiori a 15 mila abitanti (secondo l’analisi dell’Istituto C. Cattaneo).
Tuttavia, le sarà difficile, su queste basi, riproporsi come “partito del Nord”. Tanto più perchè perdere sindaci e peso nelle amministrazioni locali significa perdere radicamento nella società e nel (suo) territorio
Dove oggi appare un soggetto politico minoritario.
Ne deriva che il Pdl e la Lega, al di fuori dell’alleanza di centrodestra, risultino perdenti. Su base locale e non solo.
D’altronde, anche un anno fa, alle amministrative, anche se alleati, avevano subito un notevole arretramento e alcune sconfitte pesanti.
Per prima: Milano.
Ma oggi, che Pdl e Lega corrono ciascuno per conto proprio, e anzi, uno contro l’altro, il loro futuro appare quanto meno difficile.
D’altronde, solo Berlusconi era riuscito a coalizzarli, a farli stare insieme. Con argomenti efficaci. Per forza e/o per interesse.
Il rapporto fra i due partiti, peraltro, era molto “personalizzato”. Fondato sulle relazioni dirette fra Berlusconi e Bossi. Ma oggi il ruolo dei due leader si è ridimensionato e anche il legame fra i partiti si è sensibilmente allentato.
In concreto, nel centrodestra si è aperto un vuoto di rappresentanza politica che non è chiaro come e da chi possa venire colmato.
Nel centrosinistra la situazione appare migliore.
Soprattutto perchè i partiti che ne fanno parte hanno, perlopiù, confermato l’alleanza. Anche se con geometrie variabili. Punto fisso: il Pd, che ha costruito intorno a sè diverse intese. In prevalenza, con la sinistra, ma anche insieme all’Udc.
Al primo turno, nei capoluoghi di provincia ha tenuto, passando (in media) dal 19% al 17%: 2 punti in meno.
Inoltre, nei 53 Comuni dov’era al governo, prima di queste elezioni, dopo il primo turno ne ha riconquistati 14 e altri 11 li ha strappati al Centrodestra.
Eppure è indubbio che anche in quest’area emergano segni di sofferenza.
Nel Pd – ma anche nel centrosinistra. Il quale non riesce a capitalizzare il crollo del centrodestra.
Subisce, nelle sue aree, il peso dell’astensione. Che raggiunge non a caso il massimo nelle zone rosse: in Toscana, in Emilia Romagna, nelle Marche.
E, ancor di più, è incalzato dalla concorrenza del Movimento 5 Stelle, ispirato da Beppe Grillo.
La sorpresa di questa consultazione. Dove i suoi candidati sono al ballottaggio in 5 Comuni oltre 15 mila abitanti (tra cui Parma).
A Sarego, piccolo comune in provincia di Vicenza, è riuscito a fare eleggere il suo candidato sindaco.
Il risultato del Movimento 5 Stelle, però, appare rilevante soprattutto per il livello dei consensi ottenuti un po’ dovunque.
Oltre il 10%, in media, nei Comuni capoluogo.
Il 9% nell’insieme dei Comuni dove è presente. In alcuni contesti, peraltro, ha ottenuto performance importanti. Intorno al 20%.
La tendenza – e la tentazione – diffusa è di etichettarlo come un fenomeno “antipolitico”. Equivalente e alternativo rispetto all’astensione.
Una valutazione che mi sembra poco convincente.
A) Perchè è comunque un soggetto “politico” che ha partecipato a una competizione democratica chiedendo e ottenendo voti. Facendo eleggere i propri candidati.
B) Poi perchè il suo successo deriva, sicuramente, dalla critica contro il sistema di Grillo, ma anche dal fatto che il Movimento ha coagulato gruppi e leader attivi a livello locale.
Impegnati su questioni e temi coerenti con quelli affrontati nel referendum di un anno fa.
Collegati alla tutela dell’ambiente, ai beni pubblici. Alla lotta contro gli abusi.
Progetti di “politica locale” promossi da persone estranee a interessi privati e a lobby. Per questo credibili, in tempi scossi da scandali e polemiche sulla corruzione politica.
C) Infine, perchè i loro elettori sono tutto fuor che “impolitici”.
Mostrano un alto grado di interesse per la politica (sondaggio Demos, aprile 2012). Certo, un terzo di essi, alle elezioni politiche del 2008, si è astenuto.
Ma il 25% ha votato per il Pd e il 16% per l’Idv.
Il Movimento 5 Stelle, per questo, rivela il disagio verso i partiti. Soprattutto fra gli elettori dell’area di centrosinistra. Ma non solo: un’analisi dei flussi elettorali condotta dall’Istituto Cattaneo sul voto di Parma, infatti, rileva una componente di elettori sottratti alla Lega (3% sul totale, rispetto alle regionali del 2010). Il Movimento 5 Stelle, dunque, offre a una quota di elettori significativa una rappresentanza, che può non piacere, ma è “politica”.
Nell’insieme, questi risultati rafforzano l’impressione che il Paese sia ormai nella Terza Repubblica, fondata da – e su – Berlusconi e il Berlusconismo.
Ma non sappia dove andare.
Con questi partiti, questi leader, questi schieramenti, queste leggi elettorali e con questo sistema istituzionale: temo che passeremo ancora molto tempo a discutere di antipolitica. Per mascherare la miseria della politica.
Ilvo Diamanti
(da “La Repubblica”)
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Maggio 10th, 2012 Riccardo Fucile
ELEZIONI : I DATI DELL’ISTITUTO CATTANEO E IL FLUSSO DEI CONSENSI… STRAVINCONO I GRILLINI E TIENE L’UDC
Chi più chi meno, rispetto al 2010 hanno perso tutti i partiti. 
Che però, va detto, si sono in parte dissanguanti a vantaggio delle liste civiche difficilmente catalogabili nel meccanismo dei flussi elettorali.
La botta, comunque, è stata forte.
La Lega ha lasciato sul campo 145 mila voti (-67%), l’Idv 55 mila (-58%), il Pdl 175 mila (-44,8%), il Pd 91 mila (-33%), Sel e federazione della sinistra 12 mila (-16%). Mentre l’Udc, nella difficoltà del Terzo polo, ci rimette solo lo 0,2% e addirittura migliora (+0,4%) dove non si allea con i grandi partiti.
Stravince, invece, il Movimento 5 stelle che porta casa 200 mila voti (l’8,74%) pur presentandosi soltanto in 101 comuni su 941 in cui si è votato (dato contestato dal Pdl che accredita i grillini al 4,9% su base nazionale).
L’astensionismo ha colpito duro al Nord e può «presumibilmente spiegare il collasso del Pdl e della Lega» ma si può ritenere che «almeno in parte questa dinamica abbia investito anche le regioni della zona rossa» (Toscana ed Emilia in prima fila).
L’analisi dei flussi dell’Istituto Cattaneo di Bologna – curata da Luca Pinto e Rinaldo Vignati e basata sui dati di 24 capoluoghi: 10 al Nord, 4 nella zona rossa, 10 al centro sud – risulta impietosa nei confronti di tutti i partiti anche se, ora, i segretari delle forze politiche si aggrappano ai distinguo, alle liste civiche che hanno succhiato il sangue a destra come a sinistra, alle alleanze sbagliate.
La Lega risulta più che dimezzata in Piemonte e in Emilia Romagna, regione dove il Carroccio era cresciuto maggiormente negli ultimi anni, e va malissimo nei Comuni con più di 15 mila abitanti: i record delle politiche del 2008 (331 mila voti), delle europee del 2009 (308 mila), delle regionali del 2010 (311 mila) sono praticamente svaniti.
Unica consolazione per il Carroccio l’aver limitato i danni nella roccaforte del lombardo-veneto e nei Comuni più piccoli dove il calo si attesta intorno al 30% grazie a una «presenza fidelizzata».
A Parma i grillini hanno cannibalizzato anche lo zoccolo duro della Lega.
Va detto – sottolineano i ricercatori del Cattaneo – che «le analisi sono effettuate su “elettori” e non su “voti validi” al fine di poter includere nel computo anche gli interscambi con l’area del non voto (astenuti, voti non validi, schede bianche)».
Bene, a Parma si è assistito alla «diaspora degli elettori del Pdl che si sono sparpagliati un po’ in tutte le direzioni… anche considerando la pesante eredità dell’amministrazione uscente di centro destra travolta dagli scandali…».
Inoltre, qui si è ingigantita la crisi del centrodestra «i cui elettori, abbandonando il candidato ufficiale, si sono orientati in prevalenza verso Pizzarotti (5 Stelle) e Ubaldi (Udc e liste civiche) non tralasciando anche il candidato di centrosinistra (Bernazzoli)».
Ma c’è di più: «Il 38% di coloro che avevano votato Lega Nord nel 2010 è passato al candidato Pizzarotti (5 stelle).
Una conferma di una certa matrice comune (anti-establishment politico) fra l’iniziale spinta leghista (quella di “Roma Ladrona”) e la nuova proposta grillina…».
Eppure, a Parma «il Movimento 5 stelle ha preso voti, oltre che dalla Lega, anche dall’Idv (e in parte pure dal Pd)».
Se a Parma i grillini hanno ottenuto un incremento di 13 punti percentuali (dal 6,9% al 19,95), ad Alessandria i voti si sono quadruplicati (da 1.248 a 4.687), a Verona triplicati, a Monza, Cuneo e a Belluno più che raddoppiati.
Resta da vedere come sarebbe andata se il Movimento 5 stelle si fosse presentato in tutti i Comuni in cui si votava.
In ogni caso Grillo marcia a tre velocità : «Al Nord il risultato medio è del 10,75%, nella zona rossa del 12,7%, al Sud del 3,6%».
Perchè queste differenze così rilevanti, si sono chiesti al Cattaneo?
Un tale andamento è dovuto, tra l’altro, «alla maggiore incidenza del “voto di opinione” al Centro Nord e alla maggiore incidenza del “voto di scambio” in quelle del Sud».
Va detto, però, che la capacità di penetrazione dei grillini è in forte crescita: nel 2010 erano presenti in 10 Comuni, nel 2011 in 78, nel 2012 in 101.
Nelle 24 città analizzate, rispetto al 2010, il centro destra ha perso 46 mila voti nella «zona rossa» (-58%) e 123 mila al Nord (-41%).
Il Pdl paga un prezzo altissimo con punte al Nord (-61%, pari a 101 mila voti in meno) e nella «zona rossa» (60 per cento, 33 mila voti in meno) ma anche al Centro Sud (-40%).
Nelle medesime 24 città il centro sinistra ha perso 40 mila voti pari al 7% dei consensi ottenuti nel 2010: una limitazione del danno, puntualizza l’istituto Cattaneo, dovuta anche a una «significativa avanzata al Centro Sud (20 mila voti in più).
Eppure – nonostante questa asserita tenuta dello schieramento – il pilastro principale del centro sinistra mostra alcune crepe non trascurabili: il Pd «ha subito una contrazione pari al 29 per cento dell’elettorato che lo aveva scelto nel 2010 (con un decremento di 91 mila voti).
Una perdita che si attesta attorno al 30 per cento al Nord (-60 mila voti) e nella zona rossa (-19 mila), a fronte di una riduzione di consensi del 20% circa nei capoluoghi del Centro Sud (-12 mila voti).
Sul risultato dell’Udc, infine, l’istituto Cattaneo è un po’ avaro nel fornire cifre assolute e propone una lettura legata al tipo di alleanze scelte da Cesa e da Casini: rispetto al 2010 la lista dello scudocrociato perde lo 0,2% (scende dal 6,8% al 6,6%) nei 26 capoluoghi in cui si è votato.
Ma «nei 17 Comuni in cui si è presentata svincolata dai partiti maggiori, presentandosi da sola o insieme a liste minori, guadagna mediamente lo 0,4%.
Mentre nei Comuni in cui si è alleata con il Pd o con il Pdl ha perso, in entrambi i casi, lo 0,4%».
Emerge, dunque, «la preferenza dell’elettorato dell’Udc per una strategia svincolata dalle maggiori coalizioni».
Dino Martirano
(da “Il Corriere della Sera”)
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