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I VENETI RISCHIANO DI FAR SALTARE IL MATRIMONIO D’INTERESSE TRA BOSSI E MARONI

Maggio 15th, 2012 Riccardo Fucile

L’ACCORDO PREVEDEREBBE LA CREAZIONE DI UNA COMMISSIONE PER GIUDICARE I CASI DI ESPULSIONE DAL PARTITO, IN CUI L’ULTIMA PAROLA SPETTEREBBE AL SENATUR… I LEGHISTI VENETI: “PERCHE’ IL PROSSIMO SEGRETARIO NON PUO’ ESSERE UNO DI NOI?”

L’accordo siglato da Umberto Bossi e Roberto Maroni passa anche attraverso una garanzia fornita dall’ex ministro dell’Interno.
Secondo quanto apprende l’Agi i due leader leghisti, la settimana scorsa, avrebbero deciso che verrà  formata una commissione, composta da alcuni membri del Consiglio federale e dai segretari delle regioni del Nord e presieduta dal Senatur, che giudicherà  i prossimi casi di espulsione dal partito.
E l’ultima parola spetterà  a Bossi.
In pratica si tratta di un patto voluto dal ‘Senatur’ per tenere unito il movimento.
Stando a quello che si apprende verranno salvaguardati alcuni deputati o militanti che, a dire dei fedelissimi di Bossi, rientrano nel mirino dell’ex titolare del Viminale. Compreso il figlio Renzo.
“Bossi – sottolineano le stesse fonti – vuole guardarsi le spalle e avere la certezza che non ci sarà  alcun a repulisti”.
Ma la battaglia dell’ex responsabile delle Riforme è anche per evitare svolte a 180 gradi nella strategia della Lega.
I bossiani temono che la nuova linea sia di rottura rispetto a quella del passato.
Ovvero che le battaglie che Maroni porterà  avanti non saranno quelle di Bossi, non richiameranno i sogni di secessione o l’indipendenza della Padania.
E proprio per fare in modo che il nuovo corso della Lega non sia diverso da quello delle ‘origini’ Bossi ha chiesto di essere nominato a   garante   della
identità  padana.
E anche questo verrà  scritto sullo Statuto. I ‘maroniani’ minimizzano: “Ci possono essere delle scorie per quello che è successo, ma si va verso una nuova Lega, tutti insieme”.
Nel frattempo scoppia la grana del leghisti veneti che avanza la richiesta che il prossimo segretario sia veneto.
Non è piaciuto ad alcuni dirigenti del Carroccio il modo in cui Bossi e Maroni si siano accordati su chi sarà  il segretario e chi il presidente.
Meglio aspettare che decidano i militanti, è il ragionamento.
Questioni
che verranno comunque discusse lunedì quando si riunirà  la commissione Statuto in via Bellerio.
Il fatto è che sia Bossi che Maroni (e anche Calderoli) sono lombardi e inoltre l’ala veneta vuole maggiore autonomia decisionale.
La Padania, però, sembra aver già  scelto. ‘Uniti intorno a Maroni’ è il titolo di apertura del gioranle della Lega di oggi.
“La Lega sta per proiettarsi verso il proprio futuro”, si legge nell’editoriale di prima pagina, “il nord cerca la via la per la libertà  attraverso l’unica forza che lo rappresenta per vocazione e coraggio”.

(da “La Repubblica”)

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PER 29 MINISTERIALI CHE SI ASSENTAVANO DAL LAVORO SENZA MOTIVO E’ ARRIVATO L’AVANZAMENTO DI CARRIERA, PER CHI LI HA DENUNCIATI UN PROVVEDIMENTO DISCIPLINARE

Maggio 15th, 2012 Riccardo Fucile

ORA NON RESTA CHE SPERARE NELLA GIUSTIZIA ORDINARIA CHE LI PROCESSERA’ PER TRUFFA

Lui, dipendente pubblico, denuncia i fannulloni del suo ufficio alla magistratura e riceve provvedimenti disciplinari.
Gli altri, i presunti responsabili della truffa, nonostante i video della Guardia di finanza provino che andassero persino in palestra durante l’ora di lavoro, vengono promossi.
Siamo a Bologna, all’ufficio territoriale del Ministero per lo sviluppo economico. Tutto inizia nell’aprile di tre anni fa, quando Ciro Rinaldi, dopo aver segnalato inutilmente ai suoi superiori molti casi di assenteismo, decide di rivolgersi alla magistratura.
Il dovere glielo impone, anche perchè lui è un sindacalista e diversi colleghi hanno fatto notare che sono costretti a lavorare il doppio a causa delle “scappatine” di altri. Partono le indagini dirette dal sostituto procuratore Antonella Scandellari.
La Guardia di finanza piazza delle telecamere negli uffici della centralissima via Nazario Sauro e scopre che in realtà  si trova di fronte a un vero e proprio sistema, che neppure Rinaldi aveva probabilmente percepito.
Dei circa 50 dipendenti totali, infatti, ben 29 andranno tra dieci giorni davanti al giudice per le udienze preliminari, Pasquale Gianniti, che deciderà  se mandarli a processo come richiesto dalla Procura, per truffa aggravata ai danni dello Stato.
A loro carico ci sono le riprese filmate dalle fiamme gialle mentre uscivano dall’ufficio in orari da lavoro.
Ad alcuni sono contestati ritardi di venti minuti e assenze ‘clandestine’ di tre quarti d’ora, mentre altri uscivano sistematicamente (c’è una dipendente che andava abitualmente in palestra). E c’è anche chi era solito sparire per quattro o cinque ore.
Tra gli imputati, nonostante l’evidenza delle immagini registrate dagli inquirenti, nessuno avrebbe subito alcun provvedimento disciplinare.
“Mentre due capi-settore implicati nell’inchiesta sono andati in pensione — racconta Rinaldi — altri due imputati sono stati promossi proprio al loro posto”.
Per Mario Marcuz, l’avvocato del lavoratore, con le leggi Brunetta il ministero poteva addirittura sospendere cautelativamente queste persone in attesa del giudizio.
Cosa che non è avvenuta.
I guai per Ciro Rinaldi, funzionario dell’ufficio ispettivo, cominciano quando le sette persone (solo dopo le persone implicate diventeranno 29) da lui inizialmente denunciate ricevono gli avvisi di garanzia.
Lettere di disprezzo e volantini minacciosi appesi in bacheca: “Credi che sia possibile lavorare ancora qui? Credi che le persone ti possano perdonare? Ti sei rovinato con le tue mani. Non era più bello vivere in pace”.
E non solo.
Recentemente subisce anche un provvedimento disciplinare. “Uno di questi capi settore finiti nell’inchiesta, ha mandato un’informativa al dirigente su una mia presunta irregolarità  nell’uso dell’auto aziendale e mi sono beccato un giorno di sospensione. Naturalmente farò ricorso al giudice del lavoro, ma questo è il clima”, spiega Rinaldi. Ai nuovi assunti è stato detto di non darmi troppa confidenza”.
Una collega che lavorava insieme a Rinaldi nel settore postale del dipartimento bolognese, dopo avere testimoniato contro i colleghi fannulloni ha dovuto chiedere più volte di essere trasferita prima di essere mandata finalmente in un altro ufficio. Dopo avere parlato con gli inquirenti le era stata data una mansione più bassa ed era sempre a contatto con le persone contro cui aveva testimoniato.
“Succedeva che squillasse il telefono cordless — racconta Rinaldi — e che i suoi superiori glielo buttassero sulla scrivania dicendole: Io sto uscendo, rispondi al mio posto”.
Ora per Rinaldi lavorare sarebbe diventato più complicato.
Dopo il trasferimento della sua collega che ha collaborato, l’incarico ispettivo per tutta l’Emilia se lo deve fare da solo, mentre in Romagna, tanto per dare un’idea, la stessa mansione è portata avanti da tre persone.
Una situazione di persecuzione per la quale potrebbe esserci scattare un’ulteriore azione legale da parte di Rinaldi.
L’avvocato non esclude neppure un’azione per mobbing.
Tuttavia la cosa più grave, spiega l’avvocato del lavoratore è che il ministero stesso potrebbe non costituirsi parte civile al processo, nonostante la presunta truffa sarebbe stata commessa proprio ai danni dello Stato: “C’è tempo solo fino all’udienza preliminare”.
E se quel passo non arrivasse, potrebbe essere un segnale poco incoraggiante sia per Rinaldi, sia per la pubblica amministrazione.
Intanto, in risposta, nel pomeriggio dall’ufficio di Bologna del ministero fanno sapere che i procedimenti disciplinari sono stati aperti dalla sede centrale di Roma, ma poi, “come prevede la legge, sono stati subito sospesi in attesa della sentenza“.

David Marceddu
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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ULTIMATUM DEL MONDO DELL’EDILIZIA: “LO STATO CI DEVE 9 MILIARDI, ORA PAGHI”

Maggio 15th, 2012 Riccardo Fucile

IL PRESIDENTE DELL’ANCE: “NON VOGLIAMO PAGAMENTI CON BARATTI, BOT, CCT”….TANTE IMPRESE SONO SULL’ORLO DEL FALLIMENTO

L’immediato pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione o il via ai decreti ingiuntivi. E’ quanto ha annunciato il presidente dell’Associazione costruttori edili, Paolo Buzzetti in occasione del D-Day dell’edilizia.
Una mossa estrema per recuperare i crediti verso la Pa che si accompagna alla bocciatura delle proposte attualmente in discussione per sanare il problema.
Ovvero: “Non ci vanno bene pagamenti che avvengano con baratti, Bot, Cct o garanzie varie: se li tenessero. I contratti parlano di contante e vogliamo contante. Abbiamo deciso di passare alle vie di fatto, stabilire i mancati pagamenti dovuti dallo stato e poi procedere legalmente con i decreti ingiuntivi”.
Le cifre? Per l’edilizia, “parliamo di 19 miliardi se si considera tutta la filiera delle costruzioni (9 miliardi per le solo imprese delle costruzioni, ndr).
Poi, dopo lo studio che ha già  raccolto crediti per circa un miliardo di euro, proseguiremo con le azioni legali, con i decreti ingiuntivi”.
Ed ancora: le imprese di costruzioni aspettano in media 8 mesi per ricevere i rimborsi, con punte di oltre due anni.
“Lo Stato che non paga è uno dei motivi fondamentali dei fallimenti e delle perdite di posti di lavoro nel settore” attacca Buzzetti.
E che la situazione sia grave lo si capisce anche da altre cifre. In tre anni, continua l’Ance, i fallimenti nel settore delle costruzioni sono stati 7.552 su un totale di circa 33.000 in tutti i settori economici, spiegano dall’associazione. Ovvero: quasi un fallimento su quattro in Italia riguarda imprese di costruzioni.
La tendenza si conferma anche nel primo trimestre del 2012 con un ulteriore aumento delle procedure fallimentari nel settore.
Sono aumentate, infatti, dell’8,4% rispetto al primo trimestre del 2011.
Per l’Ance, il patto di stabilità  è la principale causa dei ritardi.
Agli enti locali è vietato spendere le risorse che hanno in casso e nel triennio 2012-2014 questo meccanismo provocherà  un blocco di investimenti pari a 32 miliardi di euro.

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PDL, UDC E FLI AFFOSSANO IL FALSO IN BILANCIO, SEVERINO INFURIATA: “UN ERRORE DA CANCELLARE IN FRETTA”

Maggio 15th, 2012 Riccardo Fucile

IL SOTTOSEGRETARIO MAZZAPUTO DA’ PARERE FAVOREVOLE A UN EMENDAMENTO ALL’ART 1 CHE FA DECADERE TUTTI GLI ALTRI.. L’UDC FA METTERE A VERBALE DI ESSERSI SBAGLIATO, MA ORMAI LA FRITTATA ERA FATTA

Offensiva del Pdl alla Camera sul fronte giustizia.
Prima, con interventi fiume rallenta l’esame del ddl Anticorruzione. In oltre due ore si riesce a votare un solo subemendamento.
Poi, grazie a una proposta di modifica firmata dal deputato Manlio Contento, svuota il progetto di legge dell’Idv che ripristina il reato del falso in bilancio. Grazie anche ad un ruolo significativp del sottosegretario alla Giustizia Salvatore Mazzamuto che, a sorpresa, dà  parere favorevole.
Risultato: la maggioranza si spacca; Pd e Idv insorgono e convocano insieme una conferenza stampa di protesta; la battaglia si sposta in Aula, dove il testo è atteso per il 28 maggio.
Il Guardasigilli Paola Severino da New York sconfessa il suo vice assicurando che il parere del ministero era diverso.
Tutto comincia alle 9.30.
Il presidente della Commissione Giustizia Giulia Bongiorno convoca di buon’ora i commissari per evitare che l’esame sul falso in bilancio slitti per colpa del voto di fiducia che il governo chiede sul dl per le commissioni bancarie.
Ma il sottosegretario tarda. Arriva alle 10.
Così c’è appena il tempo di illustrare gli emendamenti.
Poi c’è un altro appuntamento da rispettare: quello con la commissione Affari Costituzionali per cominciare lo ‘screening’ delle proposte di modifica al ddl Anticorruzione.
Ma i deputati del Pdl si abbandonano a interventi fiume.
E il risultato è scarso: in oltre due ore si vota solo un subemendamento.
Ma è quando si riuniscono di nuovo verso le 13.30, sul falso in bilancio, che scoppia il caos.
Il sottosegretario dà  parere favorevole all’emendamento Contento che alza solo il tetto della pena massima: da 2 a 3 anni.
E questo passa con 12 sì contro 10 no.
Non si sa se per distrazione o altro, in pochi si accorgono della ‘premessà  alla norma laddove si dice che questa sostituisce l’intero articolo 1: il cuore del provvedimento.
Quello che avrebbe riportato il falso in bilancio a pre-riforma Berlusconi.
A cadere in errore sono Lorenzo Ria (Udc), Angela Napoli (Fli) che votano ‘sì e la radicale Rita Bernardini che si astiene. Così come la Lega.
Roberto Rao (Udc) spiega di aver votato seguendo l’indicazione del governo. La rabbia però esplode quando ci si rende conto che tutti gli altri emendamenti all’art.1, di conseguenza, sono decaduti.
Ria fa mettere a verbale di essersi sbagliato.
Mentre Di Pietro grida a Mazzamuto: «Il governo ci ha preso in giro!».
E si attacca la norma che di fatto fa «tirare le cuoia» alla versione «giustizialista» del falso in bilancio targata Idv, per usare le parole di Francesco Paolo Sisto (Pdl).
Il leader Idv Antonio Di Pietro, il relatore Federico Palomba, il responsabile Giustizia Pd Andrea Orlando e il capogruppo in commissione Donatella Ferranti convocano una conferenza stampa per chiedere spiegazioni al governo e attaccare il Pdl.
La Severino da New York ribatte: avevo dato parere favorevole, ma «limitatamente all’aumento della pena».
La mossa piace poco al Pdl: è ‘inaccettabilè la «sconfessione del sottosegretario» commenta il capogruppo alla Camera Cicchitto.
Ma il Guardasigilli insiste: in Aula si risistemerà  tutto.
«Noi infatti non ritiriamo le firme – dice Di Pietro – la battaglia continua in Aula».
«Ripresenteremo gli emendamenti per ripristinare il testo», assicura Orlando. «In caso di errore – propone Ferranti – si può annullare la votazione».
Il clima però non sembra consentirlo.
Così il testo arriverà  in Aula probabilmente ‘svuotatò. Ma lì i giochi si potranno riaprire.
Nessuno, per ora, chiede le dimissioni di Mazzamuto, ma Di Pietro parla di una «talpa» al legislativo del ministero che avrebbe teso la ‘trappolà .
E l’interessato replica: «Mi sono limitato a dare i pareri formulati dall’ ufficio legislativo. Per il resto si parli col ministro».

(da “La Stampa”)

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PER PASSERA E GRASSO UN FUTURO IN POLITICA NEL GRANDE CENTRO

Maggio 15th, 2012 Riccardo Fucile

IL PROCURATORE CAPO DELL’ANTIMAFIA POTREBBE CANDIDARSI COME GOVERNATORE DELLA SICILIA E IL MINISTRO ESSERE IL SIMBOLO DELLA LISTA CIVICA NAZIONALE VICINA AL TERZO POLO

Piero Grasso e “il primato della politica”. Era l’estate scorsa, a fine agosto, e il procuratore nazionale antimafia si trovava a alla Festa del Pd di Torino per un dibattito sulla giustizia.
A Palazzo Chigi c’era ancora Silvio Berlusconi. Grasso in quell’occasione esaltò “il primato della politica per la riorganizzazione della società ”.
Questo episodio, che incuriosì non poco i presenti, è riafforato dalla memoria dei vertici democrat dopo l’esternazione radiofonica del capo della Dna: “Darei un premio a Berlusconi per l’antimafia”.
Parole clamorose, nonchè “sconcertanti” per Piergiorgio Morosini, segretario generale di Magistratura democratica, che potrebbero costituire il preludio a un futuro impegno in politica di Grasso.
Una sorta di endorsement preventivo.
Ecco Antonioa Ingroia: “Non diamo meriti a chi non ne ha. Quella del premio a Berlusconi è una dichiarazione più politica delle mie”.
A spingere Grasso in lista sono voci che si inseguono dall’inizio dell’anno. A gennaio, infatti, il magistrato rinunciò a correre per la procura di Roma e il suo passo indietro generò una domanda: “Che farà  Grasso quando nell’autunno del 2013 scadrà  il suo mandato alla Dna?”
Una risposta la diede lui stesso in un’intervista al Giornale di Sicilia: “Non guardo a un’eventuale esperienza politica sotto forma di schieramento con un partito, cosa che è estranea al mio ruolo, alla mia funzione e alla mia cultura. Penserei piuttosto a quella che ho definito una lista civica nazionale”.
Insomma, un moderato della società  civile. Come Corrado Passera, il banchiere diventato ministro tecnico.
L’accostamento tra i due non è causale.
Dopo la rottura con Silvio Berlusconi sul beauty contest delle frequenze tv, oggi Passera gioca in tandem con il solitario leader dell’Udc alias Partito della Nazione Pier Ferdinando Casini.
E la partita Passera-Casini si inserisce nella complessa triangolazione che vede al centro la Grande Coalizione perpetua e in ogni caso si contende l’eredità  del montismo.
Gli altri due lati del problema sono il ritrovato rapporto tra il Cavaliere e Luca di Montezemolo e la corte serrata del Pd allo stesso Casini.
Il risultato delle varie combinazioni potrebbe appunto generare una lista civica nazionale con Passera candidato-premier.
E Grasso sarebbe un ministro papabile in un eventuale esecutivo “civico”.
Così come il cattolico Andrea Riccardi, già  oggi al governo.
Il gradimento centrista per il procuratore nazionale antimafia è confermato anche dalla frequentazione assidua tra questi e Michele Vietti, esponente dell’Udc oggi vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura.
Grasso aspirante ministro ma anche possibile candidato a governatore della Sicilia.
Lo scenario è legato alle dimissioni di Raffaele Lombardo, una volta rinviato a giudizio per concorso esterno alla mafia.
È stato lo stesso Lombardo a prometterlo a fine marzo: “Se il gup mi rinvierà  a giudizio mi dimetterò”. In caso, quindi, di voto anticipato per le regionali siciliane, il nome di Grasso è gettonatissimo.
Soprattutto negli ambienti del Terzo Polo che include l’Mpa dell’attuale governatore .
L’ex procuratore capo di Palermo potrebbe guidare una versione siciliana della Grande Coalizione, ovviamente: terzopolisti, le due anime del Pd (quelle a favore e contro Lombardo), persino i pezzi del Pdl che ostacolano la candidatura dell’ex Gianfranco Miccichè, oggi Grande Sud. Governo nazionale o siciliano, questo potrebbe essere il futuro politico di Grasso.
Le ambizioni del capo della Dna incarnano il nuovo trend dei professionisti della politica travestiti da moderati: pescare nella società  civile per dare stabilità  e continuità  all’esperienza di Monti e arginare il fenomeno del grillismo, temuto in particolare dal Colle, grande protettore dei tecnici.
Questa è la chiave per decifrare le tentazioni “civiche” che animano pure il centro e la destra, non solo la sinistra. Passera, Grasso, Montezemolo, Riccardi.
Le prossime elezioni saranno un battesimo per molti. “Il primato della politica” rivendicato dalla società  civile moderata va oltre il nascente “partito di Passera”.
C’è anche chi vuole impegnarsi in prima persona con movimenti fondati ad hoc.
Come quelli di Maurizio Zamparini, presidente del Palermo anti-Equitalia, e di Severino Antinori, ginecologo nemico di Renata Polverini, governatrice del Lazio.

Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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DOPO ELEZIONI A CATANZARO: TRE BUSTE CON PROIETTILI AL PREFETTO E A DUE GIORNALI

Maggio 15th, 2012 Riccardo Fucile

CRESCE LA PREOCCUPAZIONE DOPO LE DUE INCHIESTE APERTE DALLA PROCURA PER ACCERTARE BROGLI ELETTORALI

La tensione sale a Catanzaro. I veleni del post elezioni non si fermano.
Alle polemiche politiche da ieri si sono aggiunti episodi inquietanti: tre buste, contenenti proiettili e santini di alcuni candidati al consiglio comunale, sono state bloccate al Centro meccanografico delle Poste di Lamezia Terme.
Destinatari dei plichi sono il prefetto di Catanzaro, Antonio Reppucci, e due giornali locali, la Gazzetta del Sud e il Quotidiano della Calabria.
“Nel messaggio — ha dichiarato il rappresentante provinciale del governo — mi viene contestato un mancato intervento in merito alle polemiche sul voto ignorando che io in questa materia non ho alcun potere. Per quanto mi riguarda, dunque, sono tranquillissimo”.
Proiettili e santini sono stati sequestrati dai carabinieri nella speranza che gli accertamenti tecnici possano fornire elementi utili per risalire ai mittenti.
Dal messaggio intimidatorio appare chiaro il riferimento a quanto sta accadendo in questi giorni nel capoluogo della Calabria.
Due inchieste della Procura stanno accertando la regolarità  delle elezioni del 6 e 7 maggio scorsi.
Il candidato del centrodestra, Sergio Abramo, è stato proclamato sindaco con appena 130 voti che gli hanno consentito di superare la soglia del 50%.
Una soglia che, secondo il centrosinistra, non sarebbe stata raggiunta dal candidato se non si fossero verificati brogli elettorali ai seggi.
Nella sezione 85, infatti, controllata direttamente dalla commissione centrale sono state riscontrate diverse anomalie.
Il numero delle schede non coincide con quello degli elettori votanti.
La Procura della Repubblica ha aperto un fascicolo, inoltre, su una presunta compravendita di voti e sabato pomeriggio ha posto sotto sequestro tutte le 60mila schede elettorali.
Oltre all’ingente somma di denaro e al materiale elettorale trovato addosso a un candidato consigliere di centrodestra, tra il materiale rinvenuto dalla Digos anche un normografo che potrebbe essere stato utilizzato per compilare la scheda vergine da consegnare all’elettore. Il candidato del centrosinistra, Salvatore Scalzo, infine, ha presentato un esposto che nelle prossime ore sarà  integrato con un dossier contenente decine di testimonianze di elettori ai quali non è risultato il voto espresso o che si sono presentati al seggio per accorgersi di “aver già  votato”.
Il pericolo di brogli era stato paventato dallo stesso prefetto Reppucci che, qualche giorno prima delle elezioni, aveva lanciato l’allarme: “Raccolgo da parte di forze politiche e privati cittadini — era scritto nella sua nota — voci sempre più insistenti di possibile uso di duplicati del certificato che dà  diritto al voto, da parte di rappresentanti di lista nel seggio ove svolgono la funzione, mentre con l’originale eserciterebbero il diritto di voto nel seggio di iscrizione.
Nel rammentare che il nostro ordinamento non consente l’espressione di voto in più sezioni e che i rappresentanti di lista, nell’esercizio delle funzioni, sono considerati pubblici ufficiali, invito pubblicamente le forze politiche e i soggetti interessati, alla massima vigilanza democratica per garantire uno svolgimento delle operazioni di voto libero e pienamente rispondente al dettato di legge”.
Ciò evidentemente non è avvenuto.
Il prefetto si è dimostrato un “veggente” o c’erano tutte le avvisaglie di quello che si stava consumando nella città  calabrese?

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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MUORE IN CARCERE NELL’INDIFFERENZA, DA 50 GIORNI ERA IN SCIOPERO DELLA FAME

Maggio 15th, 2012 Riccardo Fucile

FORSE PERCHE’ ROMENO E CON PROBLEMI PSICHICI UN ESSERE UMANO DEVE ESSERE LASCIATO MORIRE?

Il motivo del perchè abbia deciso di non toccare più acqua nè cibo per 50 giorni, fino a lasciarsi morire, forse si trova nelle lunghe lettere, dei veri e propri memoriali, che Popo Virgil Cristria, 38 anni, originario di Bucarest, scriveva in continuazione, a penna.
Perchè la macchina da scrivere non l’ha mai avuta dall’amministrazione carceraria, nonostante l’avesse chiesta tante volte, e neanche un vecchio pc.
Da Borgo S. Nicola, a Lecce, dove era detenuto per scontare una serie di condanne per furto, chiamava a Monza il suo avvocato, Renata D’Amico, diventata per lui l’unico confessore.
Popo aveva anche un fratello, a Bucarest, che telefonava di tanto in tanto per avere notizie, e una misteriosa benefattrice, che a Monza pagava per lui i conti dell’avvocato.
Poi il vuoto, attorno a un uomo che appena maggiorenne aveva iniziato a entrare e uscire dal carcere, protagonista del “turismo giudiziario”, come lo chiamano le guardie penitenziarie.
Uno dei 3000 detenuti — a detta della Uilpa Penitenziari — che ogni giorno in Italia vengono trasferiti da un carcere all’altro a causa dei sovraffollamenti.
Prima del 2000, quando aveva cominciato a essere spostato da un carcere all’altro, dalla Campania alla Lombardia, in Puglia, Pop Virgil aveva vissuto per strada.
Per un poveraccio come lui, tanti processi celebrati in contumacia , difensori d’ufficio distratti e non coordinati tra di loro.
Una situazione processuale malgestita, la definisce l’avvocato-confidente.
Era stato ricoverato anche nell’ospedale psichiatrico di Aversa, ma poi era stato ritenuto compatibile con il carcere.
Aveva chiesto che il magistrato riconoscesse i suoi problemi psichiatrici e si sentiva vittima del “sistema” giudiziario, professandosi innocente. Indifferenza e solitudine, attorno a lui, sufficienti per impazzire.
Popo aveva tentato più volte il suicidio a Monza come a Lecce ed era stato più volte ricoverato in ospedale.
I tentativi di suicidio e gli atti autolesionisti sono continuati fino al febbraio scorso.
Ma i tentativi di suicidio nelle carceri italiane e a Lecce non fanno più notizia, riferisce il segretario provinciale della Uilpa, Diego Leone: “Aspetti all’uscita del primo blocco e vedrà  quante volte in un giorno esce l’ambulanza”.
Il carcere di Lecce, oggi, è al collasso.
Il secondo d’Italia per sovraffollamento, ospita 1300 detenuti invece dei 650 previsti.
La depressione è all’ordine del giorno: il 90% dei detenuti a Lecce fa uso di ansiolitici, il 16% è costituito da tossicodipendenti attivi e molti sono affetti da pluripatologie.
Ci sono otto educatori e sei psicologi, cioè un educatore ogni 180 detenuti e uno psicologo ogni 240 reclusi.
Due i suicidi nel 2010 e 20 i tentativi messi in atto.
Sono 80 le visite giornaliere dei medici in carcere, oltre 24 mila in un anno (dati Centro servizi volontariato del Salento relativi al 2010).
Mario Chiarelli, responsabile sanitario del carcere, assicura che Popo è stato visitato giornalmente da uno psicologo o da un medico, ma buttando uno sguardo alle statistiche, i conti non tornano.
L’associazione “Antigone” ha chiesto all’Ufficio del Garante regionale per i diritti dei detenuti che attivi una para inchiesta, per capire come si possa morire in ospedale dopo 50 giorni di digiuno e che cosa sia stato fatto per scongiurarne la morte, se i protocolli siano stati rispettati, compresa l’osservazione medica costante e l’idratazione artificiale, fino al trattamento sanitario obbligatorio cui Popo non è stato sottoposto.
“Si è strappata la flebo a metà , non voleva assistenza, poi lo abbiamo portato in ospedale”, dice Chiarelli.
Era il 10 maggio, dopo tre giorni Popo è morto.
Pesava 50 kg ed era alto 1.80. “La legge dice che non si può intervenire se uno rifiuta le cure”, conclude Chiarelli.

M. Luisa Mastrogiovanni
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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ALLA CAMERA C’E’ PUZZA DI BRUCIATO: MA INVECE DEI CAPIBASTONE STAVOLTA DEBBONO INTERVENIRE I VIGILI DEL FUOCO

Maggio 15th, 2012 Riccardo Fucile

ERA SOLO UNA SIGARETTA ACCESA IN ZONA VIETATA, MA PER DIVERSI MINUTI E’ STATO ALLARME ROSSO A MONTECITORIO… PER UNA VOLTA NON DIPENDEVA DALLE BEGHE POLITICHE

Attimi di tensione alla Camera stamane per il forte odore di bruciato che si è diffuso nel Palazzo.
Circostanza peraltro non infrequente quando sono in corso, come sembra anche in questo caso, lavori nel Palazzo e l’impianto di condizionamento diffonde gli odori provocati, magari, da una fiamma ossidrica.
Solo che stsvolta la «fragranza» era quella tipica della carta che brucia, e piuttosto persistente in tutto il piano basamentale.
Subito sono scattati i controlli e le verifiche dei vigili del fuoco che sono arrivati anche in Transatlantico.
L’allarme è cessato poco dopo.
Come spiegano a Montecitorio, l’allerta era scattata nei locali dell’Ufficio postale interno dove qualcuno in «violazione delle norme anti fumo» ha fumato una sigaretta e poi, senza spegnerla, l’ha gettata nel cestino della carta.
La zona «incriminata» era la sala delle raccomandate: da lì la puzza di bruciato si era diffusa nella contigua sala del casellario dei deputati.
Nel punto in cui l’odore era più forte, del resto, di carta ce n’era e ce n’è in abbondanza, dato che si trattava appunto del corridoio vicino all’ufficio postale e alle caselle postali personali dei deputati.
Quando il personale se n’è accorto e ha chiamato i pompieri per effettuare un controllo, però, non si è trovato alcun incendio in atto.
Ora è caccia al trasgressore, con molta probabilità  ripreso dalle telecamere interne.
I controlli sono partiti subito, ma senza modificare in nulla l’attività  del Palazzo, che si è preparatA alla seduta mattutina senza interrompere le tradizionali gite delle scolaresche.
Che nelll’ambiente politico si senta da tempo “puzza di bruciato” è cosa nota, ma stavolta non sono stati nè franchi tiratori” nè capibastone all’origine del procurato allarme.
Solo una banale cicca lasciata incautamente accesa.

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RAI, SI CANDIDA MAGO ZURLI’: “IL MIO VICE SARA’ TOPO GIGIO”

Maggio 15th, 2012 Riccardo Fucile

LA PROVOCAZIONE DI CINO TORTORELLA: “FRECCERO? LA MIA TV E’ PIU’ INTELLIGENTE”

«Come collaboratore avevo pensato a Pippo Baudo ma dopo il suo deciso rifiuto ho ripiegato su un altro mio caro amico, Topo Gigio. Non si tratta di uno scherzo, la mia proposta è serissima…».
Nulla di nuovo all’orizzonte del rinnovo dei vertici Rai.
Per ora tutto stagna tra veti politici incrociati. Ma intanto Mario Monti riceverà  probabilmente oggi stesso, con tanto di regolare raccomandata, una lettera che solo apparentemente può sembrare un gioco: l’autocandidatura di Cino Tortorella, classe 1927, alias Mago Zurlì, alla presidenza o alla direzione generale della Rai.
Comincia così la lettera di Tortorella: «Egregio presidente Monti, avendo letto la proposta di autocandidatura di Michele Santoro e di Carlo Freccero alla direzione generale e alla presidenza della Rai, ho pensato, forse con un po’ di presunzione, che anch’io potrei avere qualche motivo per avanzare la stessa richiesta. Ho perciò stilato il curriculum che le allego con la speranza di avere qualche probabilità  di essere preso in considerazione».
Tortorella indica subito Topo Gigio come collaboratore: solo apparentemente un paradosso, in realtà  sofisticato simbolo di una Tv pubblica di qualità : «Gigio è entrato nel mondo dello spettacolo nel lontano 1959, due anni dopo il sottoscritto, ha partecipato a migliaia di spettacoli in tv e a teatro».
Segue elenco delle apparizioni mondiali del personaggio creato da Maria Perego: Brasile, Argentina, Messico, Stati Uniti «dov’è stato ospite novantanove volte dell’Ed Sullivan Show».
Tortorella assicura a Monti che lui e Topo Gigio metteranno tutta la loro esperienza «gratuitamente al servizio della Rai».
Il Mago Zurlì spiega di non voler «ardire a paragonarsi a Michele Santoro ma posso assicurare che ho realizzato programmi molto più gradevoli e intelligenti di quelli di Freccero».
Progetto di fondo: «Ridare alle famiglie italiane la Tv dei Ragazzi indecentemente cancellata dalla programmazione Rai».
Tortorella conclude con una nota ironica: «Se la mia proposta non verrà  presa in considerazione non farò lo sciopero della fame, come minacciato da Freccero, poichè considero troppo importante mangiare. E mangiare bene».
E così, dopo Pippo Baudo che aveva progettato di inviare il suo curriculum a Palazzo Chigi, un altro «grande vecchio» della tv italiana si rivolge a Monti per proporsi come possibile guida della Rai post-Paolo Garimberti (presidente uscente) e del dopo-Lorenza Lei (direttore generale in scadenza).
Tortorella rappresenta un grande pezzo della storia della tv pubblica: inventa il Mago Zurlì («il mago del giovedì», 225 puntate), realizza la prima edizione dello «Zecchino d’oro» trasferendolo poi all’Antoniano di Bologna, propone «Chi sa chi lo sa», quiz per ragazzi, 483 puntate, e poi produzioni per le tv private, per il teatro, per l’editoria. Adesso questa candidatura-provocazione per la presidenza o la direzione generale della Rai.
Chissà  che il Mago Zurlì con la sua apparizione non riesca comunque in un prodigio politico: far varare un nuovo vertice Rai.
Non nell’interesse dei partiti ma della disastrata tv pubblica.

Paolo Conti
(da “Il Corriere della Sera”)

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