Giugno 29th, 2012 Riccardo Fucile
I TEDESCHI NON SANNO VINCERE, MA RIESCONO A PERDERE LA FACCIA: “SONO PERSONE NON AUTOSUFFICIENTI”…PIOVONO CRITICHE E RICHIESTE DI LICENZIAMENTO
Quella doppietta di Balotelli al termine dei primi 45 minuti di gioco non è proprio andata giù ai commentatori sportivi sulla tv pubblica in Germania.
Il duo Reinhold Beckmann e Mehmet Scholl, seriosi e spesso competenti telecronisti degli Europei sulla Ard, sono finiti al centro di una polemica per le offese rivolte a Mario Balotelli e Antonio Cassano: due «cani randagi»,«persone non autosufficienti».
La pericolosa scivolata in diretta tv dei due «esperti» tedeschi è avvenuta mentre i giocatori si trovavano negli spogliatoi.
Nell’analizzare la prima fase della partita, Beckmann – visibilmente irritato da quel risultato parziale – definisce Balotelli e Cassano due «StraàŸenkà¶ter» in area di rigore (letteralmente due «cani randagi»).
La sfortunata scelta del termine ha però fatto irritare molti telespettatori e tifosi.
Forse il telecronista aveva in mente i «cani sciolti» che, contestualizzato, può essere un complimento.
Scholl, in ogni caso, non vuole essere da meno e bolla la coppia di attaccanti come «Pflegefà¤lle» (persone non autosufficienti), nel contesto da intendersi soprattutto come «casi disperati», riferendosi probabilmente alla serie di clamori suscitati in passato dai due giocatori fuori dal campo e al loro particolare modo di giocare.
La vicenda ha avuto per ora una grande eco soprattutto in Svizzera: il tabloid Blickch iede ai due commentatori di «uscire di scena al più presto, come gli undici di Là¶w».
L’incontro sulla Ard è stato seguito ieri sera da 28 milioni di tedeschi.
Elmar Burchia
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Giugno 29th, 2012 Riccardo Fucile
“PRESIDENTE FEDERALE A VITA” MA AVRA’ MENO POTERI DI ISABELLA VOTINO… STRETTA SULLE CANDIDATURE: RISERVATE AI MILITANTI CON LUNGA ANZIANITA’ PURCHE’ FEDELI ALLA LINEA DI SVENDITA AL PDL PERSEGUITA MAI BARBARI TRASOGNANTI
“Non sarò più segretario, togli quella targa dalla porta”. Umberto Bossi si è rassegnato: non si candiderà contro Roberto Maroni alla guida di quello che era il suo partito, la Lega Nord. Nonostante le insistenze di molti fedelissimi, che lo hanno accompagnato per venti anni e che vorrebbero vederlo sfidare frontalmente l’ex titolare del Viminale al congresso federale di sabato e domenica.
L’impegno a non candidarsi, messo nero su bianco e siglato ormai un mese fa con Bobo, poteva essere l’ennesimo dei patti non rispettati da Bossi e invece sarà uno dei pochi cui ha tenuto fede.
Hanno tentato di tutto in questi giorni.
A cominciare dal fidato Roberto Castelli, cui il Capo da anni promette un futuro da presidente della Regione Lombardia; il cofondatore della Lega, Giuseppe Leoni, confidente notturno del Senatùr e con lui proprietario del vecchio simbolo; Leonardo Carioni, amico di Giulio Tremonti, rappresentante della Lega in molte società pubbliche, che tre giorni a settimana da Como raggiunge Gemonio per spronare l’amico Umberto.
Lo zoccolo duro dell’ortodossia bossiana ha tentato. Fino a lunedì.
Ma con l’approvazione del nuovo statuto, desideri e speranze sono state accantonate. Tutto è diventato vecchio.
Simbolo, struttura del movimento, incarichi, ruoli, poteri. E Bossi. Definitivamente fuori gioco.
In 40 pagine la legge della nuova Lega.
Cambia il simbolo: sostituito il nome di Bossi con la scritta “Padania”, il cerchio con Alberto da Giussano, ora “appartiene al patrimonio della Lega Nord”.
Così come “beni immobili e da beni mobili, partecipazioni, titoli e disponibilità finanziarie, marchi e brevetti di proprietà della Lega Nord o dalle sue sezioni, a tutti i livelli, o da lasciti o donazioni comunque pervenuti”.
Tutto al nuovo Carroccio.
Ma il passaggio fondamentale dello Statuto che riguarda il Capo è nell’articolo 14: “Umberto Bossi è il padre fondatore della Lega Nord e viene nominato Presidente Federale a vita” ed “è garante dell’unità del Movimento”.
Se dunque ci saranno nuove guerre interne la responsabilità ricadrà su di lui, il vecchio Senatùr. Il recente passato, con le spese allegre compiute con i fondi del partito dall’ex tesoriere Francesco Belsito, la candidatura (forzata) di Renzo Bossi, nonostante non fosse un militante, la malattia del Capo nel 2004 e il potere finito nelle mani del Cerchio Magico, hanno spinto Maroni e i suoi a creare norme ad hoc per evitare che tutto ciò si ripeta.
Quindi si possono candidare solo militanti con un’anzianità dimostrata; in caso “di inerzia” o “mancata osservanza” è automatica l’espulsione.
Sono vietati gli investimenti con “finalità speculativa”. Inoltre, per essere nominati nel comitato amministrativo federale, nonchè a segretari nazionali e altri incarichi servono almeno dieci anni di militanza continuativa.
Per essere candidati al parlamento, infine, è richiesta come requisito anche una esperienza in amministrazioni ed enti locali.
Al vecchio Senatùr i suoi ripetono da lunedì che Maroni l’ha fregato, che lo statuto è stato scritto in buona parte proprio per metterlo ai margini, che quell’incarico è fittizio e che sarà fatto definitivamente fuori alla prima occasione.
L’hanno convinto a rilasciare un’intervista a Sky per ribadire un po’ della propria autonomia. “Io sono un soggetto che non ha bisogno di ‘titoli’ per poter fare le cose, perchè io tante cose le so fare.
Ed è difficile impedire a chi sa fare le cose di farle”, ha detto.
“Maroni viene dalla sinistra”, ha sussurato senza troppa convinzione.
Per poi correggersi, quasi per timore, invitando a “cercare l’unità del movimento”.
Il Capo è stato messo in soffitta. E lo sa.
Sulla porta del suo ufficio, nel quartier generale di via Bellerio, c’è la targa “Segretario federale Umberto Bossi”.
Finita l’intervista, uscendo, s’è girato infastidito verso la segretaria: “Ti ho detto di toglierla, non sarò più segretario”. È lì da venti anni, non si toglie con facilità .
Così come con difficoltà Maroni si è fatto spazio nel partito.
Sponda involontaria è arrivata dal Trota e dal Cerchio magico.
Lunedì, dopo lo statuto, il consiglio federale ha approvato la revisione compiuta sul bilancio del 2011 dalla Price Waterhouse Coopers.
La società di revisione ha appurato che all’appello mancano 1 milione 300mila euro.
Di questi 800mila sono spariti con assegni, altri 500mila sono invece finiti in forme e modalità diverse, stando a quanto appurato dalla Price, per le spese dei ragazzi e della famiglia Bossi. Dati contenuti nella relazione illustrata durante la riunione lunedì alla presenza del Senatùr.
Che si è ritrovato in lacrime a scusarsi davanti ai membri del federale.
Sono poca cosa i 24mila euro spesi per l’abbigliamento del Capo, canottiere comprese, come riportato ieri da La Stampa e Il Messaggero che ha pubblicato parte delle verifiche effettuate dalla Guardia di Finanza nell’ambito dell’inchiesta milanese che vede Bossi indagato per truffa ai danni dello Stato.
Dai conti della Lega sarebbero stati dirottati alle spese familiari quasi quattro milioni di euro, ma le verifiche sono ancora in corso.
E per quanto il Senatùr continui a scusarsi, il dispiacere maggiore, raccontano i fedeli bossiani, è vedersi sfilare la sua creatura: la Lega.
Dopo aver accettato di non candidarsi più aveva espresso il desiderio di intervenire al congresso federale domenica, prima del voto per l’elezione del nuovo segretario.
No, deve parlare in apertura dei lavori, sabato mattina, perchè lui è il segretario uscente e la prassi vuole che apra i lavori del congresso.
Sabato, però, i lavori sono a porte chiuse: zero giornalisti.
E poi basta interviste o comunicazioni incontrollate: una circolare inviata ai parlamentari e ai loro addetti stampa invita tutti a far riferimento a Isabella Votino, portavoce storica di Maroni al Viminale, oggi in forza alla comunicazione del Milan e incaricata di riordinare e riorganizzare i rapporti con la stampa della Lega.
Quella del segretario Maroni.
Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 29th, 2012 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DEGLI ANIMALISTI: UN DIPENDENTE REGISTRATO MENTRE PARLAVA DELLA ELIMINAZIONE DEI BEAGLE INADATTI ALLA SPERIMENTAZIONE
«..Sì è meglio che li sopprimo adesso perchè altrimenti vanno nell’anagrafe canina…».
A parlare, registrato a sua insaputa, sarebbe un operaio al telefono che lavora dentro Green Hill.
Sembra materializzarsi il terrore di tanti attivisti.
Che i cani vengano soppressi perchè “inadatti” per i laboratori.
«Perchè troppo grandi o troppo piccoli, perchè non rispettano lo standard imposto dalle aziende farmaceutiche», spiega Sara D’Angelo, storica attivista del coordinamento Fermare Green Hill.
Il coordinamento sostiene che «questa è la prova che i cani vengono soppressi senza reali motivi sanitari», cioè per gravi malattie.
E questo sarebbe illegale, come la pratica — se sarà confermata — che a praticare l’eutanasia non sono solo i veterinari, ma anche gli operai.
«Li sopprimo adesso perchè altrimenti vanno nell’anagrafe canina».
Anche questo passaggio della registrazione — secondo gli attivisti — «dimostra l’esistenza di cani “fantasma”, uccisi o venduti prima dell’iscrizione, ma formalmente inesistenti».
A consegnare la registrazione un ex dipendente che quei cani li ha visti con i suoi occhi.
Un’attivista del coordinamento Fermare Green Hill è sicura. «E’ una fonte attendibile, l’ho conosciuto, è un’ex dipendente».
L’azienda di Montichiari invece respinge qualsiasi accusa e si trincera dietro l’archiviazione del fascicolo d’indagine della procura di Brescia.
«Ha dimostrato che era tutto regolare», spiegano. L’azienda che alleva beagle da laboratorio ritiene che sia falso anche un altro documento, stavolta cartaceo, mostrato dal coordinamento Fermare Green Hill sul proprio sito.
Si tratta di un elenco di animali (compresi primati) da vendere ad aziende farmaceutiche e altri clienti di tutta Europa.
Tra le «specifications» (il testo è scritto in inglese) c’è la parola «debark», che letteralmente significa «impedire il latrato», tradotto con «tagliare le corde vocali».
Si tratta di una pratica che «vietata in Europa. Non ci appartiene e su quel foglio non c’è il nostro nome», si difende Green Hill.
Intanto tra pochi giorni si vota la legge in Commissione al Senato e molti sono preoccupati. Per questo sabato è stata indetta una nuova manifestazione.
(da “Il Corriere della Sera”)
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Giugno 29th, 2012 Riccardo Fucile
PALAZZO CHIGI TEME INCIDENTI IN PARLAMENTO SUI DECRETI IN ESAME
“Ma siamo sicuri che quel voto al Senato riguardi soltanto le riforme costituzionali?”. Seppur preso dall’urgenza del Consiglio europeo, prima di partire per Bruxelles, Mario Monti si è chiesto (e ha chiesto) quale potesse essere il vero significato della sorprendente rinascita dell’asse del Nord.
Quel voto a palazzo Madama sul Senato federale – 153 sì contro 136 no – ha fatto resuscitare per un giorno lo zombie della vecchia maggioranza berlusconiana, Pdl più Lega.
E a palazzo Chigi e al Quirinale hanno subito alzato le antenne.
Anche perchè, come spiega il capogruppo Udc Gianpiero D’Alia, “i primi a sapere che quella roba non andrà da nessuna parte sono loro. L’unica riforma costituzionale praticabile è quella nata dall’intesa “ABC”, il resto è propaganda”.
È questo l’indizio numero uno che ha fatto scattare l’allarme di Monti e Napolitano: perchè Berlusconi e Bossi riscoprono ora l’asse del Nord se il voto sarà solo – come ha puntualizzato ieri la lunga nota del Colle – nell’aprile del 2013?
Tanto più che non c’è nemmeno la più remota possibilità che siano approvati nè il Senato federale nè l’elezione diretta del capo dello Stato.
Se è vero dunque che solo in una logica elettorale ha senso questa riedizione del vecchio centrodestra, il premier ha fondate ragioni di temere qualche colpo di testa che possa portare a un voto anticipato.
Anche perchè, con quei numeri, è chiaro che a palazzo Madama la maggioranza berlusconiana può fare catenaccio e bloccare tutto.
Un incubo per Monti, visto che, da qui alla pausa estiva, il calendario concordato dai capigruppo prevede la conversione di 13 decreti legge.
Oltre all’approvazione del Fiscal Compact e della spending review, capisaldi del programma europeo di Monti.
Perchè è vero che il Cavaliere ha dato rassicurazioni sia al premier che al capo dello Stato sulla sua volontà di andare fino in fondo alla legislatura appoggiando il governo. Ma nel gioco tattico di questi giorni davvero tutto è possibile.
“L’accordo con la Lega sulle riforme costituzionali – sospetta un esponente del governo avvezzo più del premier ai giochi di palazzo – è solo la parte emersa dell’iceberg. A noi preoccupa quello che sta sotto. Se l’accordo con Bossi è più ampio e riguarda le prossime elezioni, allora il prezzo da pagare per Berlusconi potrebbe essere la crisi di governo”.
Pier Ferdinando Casini ha spiegato al presidente del Ppe, Wilfried Martens, quanto sia precario l’equilibrio politico in Italia.
Preoccupazioni che Martens ha poi girato al Cavaliere, incontrandolo dopo Casini a Bruxelles per il meeting dei popolari europei. Ma anche in questo colloquio, a cui Berlusconi si è presentato accompagnato da Mario Mauro, il Cavaliere ha messo su la maschera dello statista responsabile. Eppure…
Eppure i timori di palazzo Chigi restano.
E certo non ha contribuito a rasserenare il clima la notizia dell’accordo quasi chiuso tra Bersani e Alfano sulla legge elettorale.
I due segretari si sarebbero intesi su un sistema misto – 1/3 liste bloccate, 2/3 collegi provinciali – elaborato in gran segreto da Denis Verdini e Maurizio Migliavacca.
Ma perchè tutta questa fretta di portare a casa la riforma del Porcellum se alle elezioni mancano ancora dieci mesi? Alle orecchie del premier è arrivata oltretutto una notizia che doveva restare riservata.
Il fatto è che alcuni giorni fa, incontrando un gruppo di imprenditori a villa Gernetto, Berlusconi non avrebbe fatto nulla per nascondere la sua convinzione che si andrà al voto in autunno, “perchè così la situazione non la regge nessuno”.
E proprio a villa Gernetto, nella brianzola “università del pensiero liberale”, si troveranno a metà luglio una serie di professori anti-euro per un convegno affidato da Berlusconi alla regia di Antonio Martino.
Un’altra iniziativa che porterà il Cavaliere a riavvicinarsi alla Lega, prendendo ulteriormente le distanze dal governo.
Anche per questo ieri Monti ha indurito i toni della trattativa al Consiglio europeo, arrivando di fatto a minacciare il veto italiano a tutto il piano crescita se non sarà preso in considerazione il meccanismo abbassa-spread.
Un segnale al fronte del Nord Europa, ma anche un modo per non dare alibi a chi a Roma sta già oliando le armi.
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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Giugno 29th, 2012 Riccardo Fucile
BENVENUTI A SERRAMAZZONI, IN EMILIA… ANCHE NEI PICCOLI CENTRI GIRANO TANGENTI
Lo hanno scoperto mentre sul sagrato di una chiesetta di provincia intascava l’ennesima tangente.
Un responsabile dell’ufficio urbanistico del comune di Serramazzoni, sull’appennino modenese, è stato arrestato in flagranza per concussione dal nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Modena dopo aver intascato una bustarella.
L’uomo si è fatto consegnare 500 euro in banconote da cento, una tranche — secondo gli inquirenti — di una più ampia mazzetta da circa 20 mila euro.
Probabilmente, spiegano le Fiamme Gialle, il prezzo per una ‘corsia preferenziale’ presso il suo ufficio oppure il costo per l’approvazione di un progetto.
Poco più di un mese fa nei confronti dello stesso funzionario erano state disposte perquisizioni, sia a casa che negli uffici, nell’ambito di indagini avviate già da tempo sull’amministrazione comunale del paese appenninico.
Nonostante ciò l’uomo “ha continuato a perpetrare la sua condotta delittuosa”.
Le indagini sono in corso, ma, secondo quanto affermato dalle Fiamme gialle, “sembrerebbe non trattarsi di un caso isolato”.
Singolare anche il luogo concordato per l’incontro: il parcheggio della chiesa di Marano sul Panaro, in località Ospitaletto.
I finanzieri, dopo un breve inseguimento, hanno bloccato l’uomo e lo hanno arrestato.
Il 10 maggio scorso le Fiamme Gialle avevano perquisito l’abitazione di Sabina Fornari, eletta appena tre giorni prima sindaco di Serramazzoni e dopo aver fatto per cinque anni l’assessore comunale all’Urbanistica, e le avevano notificato un avviso di garanzia.
L’indagine della procura di Modena ipotizza illeciti nell’ambito edilizio relativi a lavori assegnati dall’Amministrazione comunale.
Lo stesso giorno, avvisi di garanzia erano stati consegnati al sindaco precedente Luigi Ralenti e del capo dell’ufficio tecnico Enrico Tagliazucchi.
L’inchiesta, coordinata dai pm modenese Claudia Natalini e Giuseppe Tibis, stando a fonti investigative, costituisce un nuovo filone scaturito dall’indagine che dallo scorso anno coinvolge sempre Ralenti, un ingegnere del settore Lavori pubblici del Comune e il presidente di una società sportiva.
Le ipotesi accusatorie degli inquirenti per questa prima tranche di indagine sono di corruzione e turbativa d’asta nell’assegnazione dei lavori per il rifacimento dello stadio di Serramazzoni.
Le attività investigative che riguardano il Serramazzoni proseguono e gli investigatori auspicano, anzi, “che l’arresto offra la possibilità ad altre persone di denunciare ulteriori richieste illecite”.
David Marceddu
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 29th, 2012 Riccardo Fucile
IL PREMIER HA OTTENUTO UN MECCANISMO DI INTERVENTO DEI FONDI SALVA-STATI A TUTELA DEI BOND DEI PAESI VIRTUOSI MA IN DIFFICOLTA’… “FELICE E ORGOGLIOSO DELLA NAZIONALE, SARO’ ALLA FINALE A KIEV”
“Il processo è stato duro, il risultato buono”. Poco dopo l’alba, a conclusione dell’estenuante trattativa al consiglio europeo, il presidente del consiglio, Mario Monti, esce tra gli ultimi dal Palazzo del consiglio.
“L’Italia è soddisfatta – dice Monti – . E’ stato un giorno difficile perchè pur riconoscendo l’importanza del pacchetto crescita l’Italia e poi la Spagna hanno messo una loro riserva d’attesa alla sigla dell’intesa. Per noi andava approvato tutto un pacchetto unitario con le misure di stabilizzazione a breve da decidere a 17. C’è stata tensione e una lunga discussione – continua – ma alla fine si è raggiunto l’accordo”.
“Le misure a breve sulla stabilizzazione della zona euro sono un fatto molto positivo per l’Eurozona e una duplice soddisfazione per l’Italia che ne ha stimolato il processo. L’Italia – spiega ancora il premier – si è battuta per queste misure, ma non abbiamo intenzione di avvalercene, tuttavia ritenevamo che fosse un meccanismo utile in linea di principio. La zona euro ne esce rafforzata. Non avrebbe avuto senso decidere su un Patto per la crescita lasciando sguarnita la zona che può pregiudicare la crescita”.
Il premier ha spiegato che al vertice non è stata presa alcuna decisione sull’eventuale aumento della dotazione per il fondo salva-Stati, ma ha sottolineato che comunque dopo la decisione di affidare all’Esm il compito di stabilizzare gli spread, l’importante è il fattore psicologico: “C’è uno sblocco mentale”, ha detto.
Alla domanda se sia in campo l’ipotesi di trasformare il fondo Esm in banca per consentire l’accesso alla liquidità della Bce, Monti ha chiarito che non se ne è parlato al vertice, ma che “tutte le ipotesi sono in campo”.
Tornando a spiegare la funzionalità del meccanismo antispread, Monti chiarisce che “la novità importante di questo nuovo sviluppo è che i Paesi che volessero beneficiare di questi interventi di stabilizzazione dovrebbero naturalmente chiederli, ma, se ricadono nel caso di osservanza di tutte le condizioni esistenti, non dovranno sottoporsi a un programma specifico, dovranno firmare un memorandum d’intesa, ma non avranno la troika e dovranno continuare ad adempiere alle condizioni che adempiono”.
Monti ha aggiunto: “Per assicurare una efficiente gestione i fondi Efsf ed Esm agiranno nel mercato come titolari di queste operazioni di acquisto e vendita di titoli, attraverso la bce come agente, che ha una familiarità con le condizioni di mercato e una capacità operativa che il fondo salva-stati non ha”.
Commentando la vittoria della Nazionale sulla Germania, Monti ha poi detto: “Sono felice e orgoglioso per il successo della Nazionale. Domenica andrò a Kiev per la finale. Di solito non faccio pronostici nè sui mercati finanziari nè sui risultati sportivi: ma un’idea ce l’ho e anche un cuore…”.
(da “La Repubblica“)
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Giugno 29th, 2012 Riccardo Fucile
APERTURA POSITIVA PER LE BORSE ASIATICHE DOPO L’ACCORDO RAGGIUNTO NELLA NOTTE TRA I LEADER EUROPEI… BUONI RISULTATI ANCHE PER LA MONETA UNICA CONTRO IL DOLLARO
L’esito del vertice Ue, in cui i leader dell’Eurozona hanno trovato l’intesa su meccanismo anti-spread e ricapitalizzazione diretta delle banche da parte del fondo salva stati, ha inciso sullo spread e sui mercati, e ha segnato in positivo l’apertura delle borse, dall’Asia all’Europa.
Non si ferma il calo dello spread fra Bund e Btp a 10 anni che scende sotto quota 420 punti e segna meno 51 sulla chiusura di ieri, riportando i rendimenti dei nostri titoli al 5,85%.
Giù anche lo spread dei Bonos che passa a quota 475 punti.
Brindano all’accordo raggiunto le piazze finanziarie europee.
Parigi registra un progresso del 3,11%, Francoforte +2,58%, Amsterdam +2,29%, Bruxelles +1,73%, Londra +1,73%.
Piazza Affari mette le ali conl’accordo sul piano anti-spread raggiunto nella notte. Dopo la partenza col botto, l’indice Ftse Mib resta sostenuto, ma sotto i massimi, e segna ora un rialzo del 2,80%.
Volano le banche. Unicredit è riuscita solo ora ad entrare agli scambi, dopo esser finita in asta di volatilità in apertura, e sale ora del 7,36%. Intesa Sanpaolo guadagna il 6,29%. Il Banco Popolare sale del 5%, Bpm +4,38%, Mps del 3,52%.
Corrono anche i mercati asiatici.
E’ vivace Tokyo, dove il Nikkei 225 sale dell’1,82%, mentre fa un rally oltre il 2% Hong Kong.
Gli acquisti principali riguardano il comparto bancario, con Westpac Banking in rialzo dell’1,4% e in supporto dell’indice di riferimento di Sydney.
Sulla piazza giapponese corre Toyota Motor (+2,4%), comprata assieme agli altri titoli legati all’export.
Nel comparto minerario è vivace Bhp Billiton (+2,6%).
L’accordo “sembra molto significativo”, dice a Bloomberg Jonathan Garner, capo strategist di Morgan Stanley ad Hong Kong sottolineando come questa intesa eviti elementi di incertezza visti dai mercati invece sul piano per la Grecia.
Appare invece più scettico il capo della ricerca di Julius Baer in Asia, Mark Mathews, secondo il quale “l’Europa continua a fare dichiarazioni audaci, per poi attenuarle poco dopo”.
Al momento l’economista vede “solo vaghe e incoraggianti parole, che hanno prodotto eccitazione ed euforia — afferma -. Saranno quasi certamente seguite da smentite e rinvii e dalla confusione sul mercato quando capirà di esser stato nuovamente preso in giro”.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 29th, 2012 Riccardo Fucile
MONTI OTTIENE IL MECCANISMO PER FERMARE IL DIFFERENZIALE TRA I TITOLI DI STATO…. PER ARRIVARCI HA DOVUTO MINACCIARE DI PORRE IL VETO, INSIEME CON LA SPAGNA, SUL PIANO DA 120 MILIARDI PER IL RILANCIO DELL’ECONOMIA EUROPEA
Ore 5.20. Svolta nella notte a Bruxelles per i Grandi d’Europa impegnati a “salvare” l’euro.
Dopo un drammatico, tesissimo negoziato durato 15 ore con tanto di veto di Monti e Rajoy, i leader trovano l’accordo sullo scudo anti-spread imposto dall’Italia.
“La zona euro ne esce rafforzata”, racconta all’alba il presidente del Consiglio. “L’importante è lo sblocco mentale” dei partner.
I leader Ue approvano infatti le linee guida sul meccanismo pensato per stabilizzare i mercati e proteggere i Paesi colpiti dalla speculazione.
L’intesa prevede che il fondo salva-stati dell’Unione (Esm) intervenga in maniera automatica nel caso in cui gli spread di una nazione virtuosa superino una determinata soglia ancora da stabilire.
E’ un po’ come avveniva ai tempi dello Sme quando la lira poteva oscillare entro una griglia ben determinata e mai oltre.
Ma la novità è soprattutto politica: per la prima volta a memoria d’uomo l’Italia punta i piedi in un summit internazionale per valere le proprie ragioni. Non solo.
Ha dalla sua parte la Spagna, ma anche la Francia di Hollande.
Sul piano tecnico ottiene che lo scudo scatti dopo la firma di un apposito memorandum con Bruxelles, ma senza obblighi di riforme lacrime e sangue in stile Grecia monitorate dalla famigerata troika Ue-Bce-Fmi.
Una umiliazione che Monti non vuole in nessun caso subire, anche perchè il Paese ha fatto i “compiti a casa” e si sente in linea con i dettati di rigore sempre reclamati dalla Germania.
Di più: l’Italia pur essendosi battuta per ottenere questo risultato “non ha intenzione in questo momento di avvalersene”, assicura il premier lasciando il palazzo del Consiglio.
La giornata è stata lunghissima. Monti ha negoziato dalle nove del mattino, prima al telefono, poi di persona.
Contatti anche con la Merkel e i vertici delle istituzioni europee.
Ma da Berlino fino alla svolta è stato sempre e solo un “nein”.
Il Consiglio europeo di Bruxelles è iniziato alle 15.
Mentre i leader discutevano, in una sala separata negoziavano gli sherpa, per l’Italia il viceministro Vittorio Grilli. Tedeschi, finlandesi e olandesi tirano dritto. Vogliono che il Consiglio europeo si limiti ad approvare il piano per la crescita da 130 miliardi e quello per riformare l’Unione dotandola, tra diversi anni, degli strumenti necessari per contratare le crisi finanziarie.
Decisamente troppo tempo per Monti e Rajoy. Entrambi sanno che senza un intervento immediato i mercati sono pronti a punirli.
E se questo avvenisse anche la moneta unica sarebbe in pericolo.
Ce n’è abbastanza per puntare i piedi. E infatti lo fanno.
Mentre a Varsavia si gioca la semifinale tra Italia e Germania, Monti pone il veto sull’intero pacchetto Europa, comprese le misure sulla crescita che pure aveva perorato e negoziato a lungo fino all’annuncio ufficiale nel summit di venerdì scorso a Villa Madama.
Rajoy lo segue a ruota.
Il francese Hollande li appoggia, ma senza tirare troppo la corda.
La Merkel resta comunque di stucco, spiazzata. A quel punto sul tavolo dei leader arriva la bozza degli sherpa.
C’è tutto in quelle pagine e soprattutto ci sono i principi anti-speculazione destinati, nelle intenzioni, a riportare gli spread su quotazioni ragionevoli. Anche la Spagna ottiene quel che andava cercando, ovvero la ricapitalizzazione delle banche senza pesare sul bilancio dello Stato.
La Cancelliera è nell’angolo.
Capisce che il veto la costringerebbe, oggi pomeriggio, ad andare a Berlino per impegni parlamentari e a tornare domani a Bruxelles per proseguire il negoziato. Uno smacco.
Quando anche lei lascia il palazzo della Ue è terrea in volto. “Abbiamo raggiunto buoni risultati, una base su cui discutere”, è tutto quel che dice. Come lei sono all’angolo anche gli altri “falchi”: il finlandese Katainen, per esempio, e l’olandese Rutte.
Loro vogliono usare la crisi per “raddrizzare” i paesi del Sud, mantenere i propri tassi molto bassi e attrarre capitali, salvo intervenire a un millimetro dal precipizio, un minuto prima del crollo.
Un gioco al massacro per Roma, Parigi e Madrid. Inaccettabile, evidentemente, e oltretutto pericoloso perchè potrebbe sfuggire di mano in qualsiasi istante.
Ora c’è l’accordo di principio, la stesura dei dettagli passa ai ministri delle Finanze che dovranno completare il dossier.
La firma è prevista all’Eurogruppo del 9 luglio.
Ma intanto l’annuncio per i mercati c’è.
Alberto D’Argenio e Elena Polidori
(da “La Repubblica”)
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Giugno 28th, 2012 Riccardo Fucile
PRESENTATO IL RAPPORTO OCSE: NEL NOSTRO PAESE CALA IL FLUSSO DEL 3% PER IL TERZO ANNO CONSECUTIVO
La crisi è tanto grave in Italia che anche gli immigranti la evitano.
È uno dei dati che emerge dal rapporto Ocse 2012 sull’immigrazione, presentato ieri a Bruxelles: uno studio di 399 pagine che fotografa per il 2010 un flusso di 4,1 milioni persone, in calo (-3%) per il terzo anno consecutivo.
Nei primi dati 2011, però, si registra un miglioramento delle condizioni economiche grazie al quale l’immigrazione torna a salire «nella maggior parte dei Paesi europei ma non in Italia».
Si tratta soprattutto di «cervelli in fuga».
A incidere sui flussi migratori è sempre «il declino della domanda di manodopera, non la stretta imposta dalle politiche migratorie».
La stretta può essere «controproducente» perchè «se si continua così, entro il 2015 gli attuali di immigrazione non saranno sufficienti» a garantire le necessità del mercato del lavoro con una popolazione che invecchia.
Secondo il segretario generale Angel Gurria, se i Paesi dell’Ocse vogliono gli stessi flussi «devono mantenere e migliorare l’attrattività dei lavori offerti. E garantire i ricongiungimenti famigliari».
(da “La Stampa“)
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