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ANTIMAFIA, LA DENUNCIA: “SMEMBRATA LA SQUADRA “CATTURANDI” DI PALERMO”

Dicembre 3rd, 2012 Riccardo Fucile

IL SIAP: “IL QUESTORE L’HA FATTA GROSSA”… SI MOLTIPLICANO GLI APPELLI PER SALVARE LA SEZIONE SPECIALIZZATA NELLA CACCIA AI LATITANTI… LA GIUSTIFICAZIONE: “ORMAI MANCA SOLO MESSINA DENARO”

“Non vogliamo spiegazioni, non vogliamo giustificazioni, non vogliamo scuse, vogliamo il ripristino immediato della Catturandi. Non ci sono alternative”.
Salvatore Como, segretario generale del Sindacato italiano appartenenti polizia (Siap), commenta in modo molto duro la decisione del questore di Palermo che, già  lunedì, ha iniziato il trasferimento di agenti di una squadra della “Catturandi” in altri reparti, cosa che potrebbe compromettere il funzionamento della cosiddetta “macchina perfetta”, stando alla definizione dell’attuale vice capo della Polizia Alessandro Marangoni quando fu questore della città .
La Catturandi di Palermo — punta di diamante della polizia italiana — viene smantellata perchè tutti i boss che doveva prendere li ha presi — questa la ragione paradossale che sembra emergere da una prima ricostruzione.
Il Siap ha chiuso la sua nota di protesta in modo poco diplomatico: “No, sig. Questore di Palermo, questa volta l’ha fatta veramente grossa”.
Spiega Como: “Noi siamo poliziotti, non sindacalisti di professione. Questo lo dico perchè il lavoro di contrasto contro la mafia è delicato. Richiede grande riservatezza e già  il fatto di portare all’esterno le dinamiche della squadra ci espone tutti quanti. Lo facciamo perchè non abbiamo scelta, ma con estremo disagio”.
Aderisce alla linea dura l’intera segreteria: “Non siamo mai stati così compatti, la Catturandi ha fatto la storia della Mobile di Palermo e, in qualche modo, della polizia italiana, per questo o si va al ripristino o proseguirà  lo stato d’agitazione, anche se spiace essere così duri”.
Che cosa ha spinto la questura palermitana a smantellare l’elite nella lotta alla mafia, una mossa nel migliore dei casi impopolare?
La ragione, per ora informale, dello smantellamento — già  iniziato senza alcuna comunicazione ufficiale da parte della questura — sarebbe che dato che tutti i grandi boss sono stati catturati (con l’eccezione di Matteo Messina Denaro, sottolineano al Siap), le risorse potrebbero essere indirizzate altrove, dove c’è maggior bisogno.
Per gli agenti è una sorta di insulto.
Da un lato trovano intollerabile l’idea che la lotta alla mafia sia ridotta alla cattura del “grande boss”: “è un po’ come dire che allora non abbiamo capito nulla: la repressione non basta, è necessario un lavoro culturale quotidiano” — è stato il refrain di molti di loro in questi anni.
Ma soprattutto è una mossa ritenuta priva di valore strategico, se non autodistruttiva.
Infatti, la cattura del Gotha di Cosa nostra è stata possibile perchè è la squadra nel suo complesso a funzionare: “Tra noi non ci sono elementi eccezionali, lo è la squadra nel suo insieme. Prendere uno di noi e metterlo in un’altra sezione significa privarlo del suo valore aggiunto, della sua specificità , solo tutti assieme abbiamo saputo fare la differenza. Disperdere questo patrimonio di professionalità  è privo di senso”.
Le reazioni e le manifestazioni di solidarietà  sono state immediate.
Non c’è associazione antimafia che non abbia lanciato il suo grido d’allerta: “Giù le mani dalla Catturandi”.
Dall’Associazione antimafie Rita Atria a Telejato, passando per Radio 100 Passi, Antimafia 2000, Liberi cittadini fino all’Anpi: lettere aperte al Capo della polizia Manganelli, pagine facebook di solidarietà , appelli. Insomma, una chiamata alle armi.
E se poche son state le reazioni dal mondo politico — in particolare   Rita Borsellino — il sostegno forte arriva dalle persone comuni, che conoscono bene il valore aggiunto della squadra.
Che è nel suo “significato sociale” — per riprendere le parole di Como.
Che significa?
“Quando si parla di Catturandi la memoria chiama a sè le immagini delle persone che festeggiano sotto le finestre della questura l’arresto del boss, ma la ragione vera — e forte — per cui erano lì non è mai stato il tintinnare delle manette — che è sempre una brutta cosa -, ma perchè con quegli arresti si è dimostrato che non ci sono ‘mostri sacri’ o persone intoccabili, che lo Stato, se vuole, può vincere la mafia. E’ sempre stata una festa di speranza”.
E chiude: “In gioco non c’è solo un dislocamento di risorse, ma uno strumento di contrasto d’eccellenza e al tempo stesso un riferimento simbolico, è un patrimonio di tutti i cittadini che va oltre anche noi stessi”.

Ranieri Salvadorini
(da “il Fatto Quotidiano”)

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IL PM AMENDOLA: “IL DECRETO PER L’ILVA E’ INCOSTITUZIONALE”

Dicembre 3rd, 2012 Riccardo Fucile

“LEGGE CRIMINOGENA: PREMIA IL PROFITTO E CALPESTA LA SALUTE”….DAL FONDO PER IL DISSESTO DEL TERRITORIO VERRA’ PRESA LA SOMMA DI 600.000 EURO PER PAGARE LO STIPENDIO AL GARANTE DELLA BONIFICA

“È un decreto criminogeno”. Gianfranco Amendola, procuratore della Repubblica a Civitavecchia e storico “pretore d’assalto”, figura eminente dell’ambientalismo   italiano è sconcertato.
“E’ una brutta pagina della nostra storia legislativa” spiega in un colloquio telefonico, il giorno dopo il varo del decreto sull’Ilva e la presa di posizione radicale da parte della magistratura tarantina.
Perchè considera incostituzionale il decreto?    
Perchè è chiaramente in contrasto con la nostra Costituzione come qualsiasi persona     di media intelligenza può desumere. È un provvedimento legislativo che, semplicemente,     assoggetta l’ambiente alla produzione e premia il profitto rispetto alla salute. In realtà , è un decreto criminogeno.
Un giudizio forte. Perchè criminogeno?
Perchè avalla una situazione in cui può causare dei morti. E nessun governo può arrogarsi questa prerogativa. Nel provvedimento di sequestro da parte dei giudici, dello scorso luglio, c’è scritto chiaramente che “non un altro bambino, non un altro abitante di questa sfortunata città , non un altro lavoratore dell’Ilva, abbia ancora ad ammalarsi o a morire o ad essere comunque esposto a tali pericoli, a causa delle emissioni tossiche del siderurgico”
Il governo, però, sostiene che con l’adozione dell’Aia (l’autorizzazione integrata ambientale) i problemi saranno risolti.
Che con l’Aia in futuro si possa arrivare a sanare le situazioni attuali io me lo auguro. Ma prima si deve eliminare questa situazione in modo     immediato e permanente. E qui viene fuori un altro elemento: nessuno ha mai detto che la magistratura ha sbagliato. Quindi, delle due l’una: o la magistratura ha sbagliato oppure se ha detto il giusto deve veder rispettate le sue determinazioni. Non può essere fatto passare nessun giorno in più senza mettere in sicurezza gli impianti. Nessuno può permettere di consentire che qualcuno muoia. È la sentenza 5172 del 1979 della Corte di     Cassazione a Sezioni unite — quindi il massimo grado di giudizio — a stabilire che “l’Amministrazione non ha il potere di rendere l’ambiente insalubre neppure in vista di     motivi di interesse pubblico di particolare rilevanza”.
Cosa avrebbe dovuto fare, allora, il governo?
Una sola cosa, ristabilire la verità  dei fatti: chi ha inquinato paghi, i veri responsabili dei danni vanno messi in primo piano. E poi procedere alla confisca immediata di tutti i beni di questa azienda, in Italia e all’estero e proseguire con l’espropriazione dello stabilimento ponendolo sotto la proprietà  dello Stato.
Ma nel decreto si affida al Garante la possibilità  di proporre questa soluzione.
Ma è già  tardi. L’Ilva non deve rimanere attiva nemmeno un giorno di più.
Sta parlando di nazionalizzazione?
Certo. Lo Stato deve prendere in carico i provvedimenti bloccando la produzione, risanando e poi, eventualmente, decidendo a chi affidare nuovamente l’azienda. In questo modo, gli operai non rischierebbero nulla, sarebbero pienamente tutelati anche perchè è assurdo che siano loro a pagare i guasti di un’impresa come l’Ilva.
E che pensa dell’attività  del Garante in questo senso?
Che per controllare l’Ilva servirebbero 300 garanti e che, quindi, anche il più bravo e competente non potrebbe fare nulla. La storia dell’Ilva, del resto, è una storia di imbrogli per eludere le leggi. L’unica     garanzia sarebbe l’immediato e diretto intervento dello Stato.
Perchè il governo agisce in   questo modo?
Onestamente non lo so. Mi sembra così tutto assurdo. Però abbiamo già  visto tanti provvedimenti che hanno collocato l’ambiente e la salute dopo la produzione e la crescita. La crescita quantitativa, intendo. Si pensi alle prospezioni petrolifere, al Tav, alle normative si controlli.
Cosa pensa della somma di 200 mila euro annui per retribuire il Garante?
Che sarebbe meglio darli agli operai.

Salvatore Cannavò
(da “il Fatto Quotidiano”)

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ILVA, I GIUDICI: “PRONTI AL RICORSO CONTRO IL TESTO DEL GOVERNO”

Dicembre 3rd, 2012 Riccardo Fucile

LA CITTA’ E’ DIVISA SUL DECRETO

Primi colpi a distanza tra Governo e giudici sul decreto salva Ilva.
Con il procuratore capo di Taranto Franco Sebastio che parla di «dubbi e perplessità  nella lettura del testo», mentre il premier Mario Monti ribadisce che il provvedimento è dosato per conciliare la produzione industriale e il rispetto di salute e ambiente ed è «approfondito in ogni aspetto’» a cominciare da quelli di «costituzionalità ».
In mezzo l’azienda che non esclude alcuna ipotesi, compresa la strada di un eventuale cambio al timone.
Da Taranto le toghe annunciano battaglia proprio sulla tenuta costituzionale della norma che di fatto consente la produzione allo stabilimento sequestrato per le emissioni killer.
«A breve ci riuniremo e valuteremo il testo», spiega Sebastio.
Domani il numero uno della procura e gli altri pm dell’inchiesta per disastro ambientale incontreranno il procuratore generale presso la Corte di Appello di Lecce Gaetano Vignola.
Si discuterà  sulla possibilità  di sollevare la questione di incostituzionalità  del decreto il prossimo 6 dicembre, quando si tornerà  in aula per il Riesame sul sequestro dei prodotti dello stabilimento, decretato lunedì dal gip Patrizia Todisco.
E non è detto che la questione possa essere avanzata anche prima proprio dal gip.
Ieri il magistrato ha fatto capolino in un palazzo di giustizia deserto: sta studiando il caso e potrebbe intervenire direttamente, magari su istanza della stessa procura.
Dal fronte governativo, però, si difende il provvedimento.
«Siamo molto fiduciosi – ha insistito il premier Monti – perchè gli impegni vengano presi seriamente e vi siano sanzioni severissime ed effettivamente osservate».
La rigidità  della norma nei confronti della proprietà  potrebbe agevolare un possibile cambio alla guida della grande acciaieria, con l’arrivo di investitori stranieri.
In tal senso il presidente Ilva Bruno Ferrante ha detto che l’azienda «è aperta a qualsiasi ipotesi di trattativa. La famiglia Riva – ha concluso Ferrante – è nelle condizioni di gestire una trattativa internazionale ».
Contro l’iniziativa dell’esecutivo, però, si scaglia il governatore pugliese Nichi Vendola: «Il governo pretende di cancellare i provvedimenti giudiziari della magistratura. Il decreto rischia di apparire uno schiaffo al bisogno di salute di una città , e sembra dire che quel bisogno può attendere».
Ieri a Taranto sono stati celebrati i funerali dell’operaio Francesco Zaccaria, ucciso dal tornado che mercoledì mattina ha devastato lo stabilimento.
Dall’altare ha parlato Massimo Iacca, zio della vittima e operaio Ilva. «In fabbrica abbiamo bisogno di lavorare, ma con tranquillità », ha detto.
All’uscita gli operai commentavano positivamente l’intervento governativo.
«Finalmente – ha spiegato Sergio Ariante, lavoratore dell’area a freddo – qualcuno ci garantisce. E ci dice che avremo un futuro anche se i Riva non dovessero rispettare gli impegni sul risanamento».

Mario Diliberti
(da “la Repubblica”)

argomento: Giustizia, sanità | Commenta »

TRA SILVIO E ANGELINO PIU’ DUBBI CHE CERTEZZE

Dicembre 3rd, 2012 Riccardo Fucile

DOPO IL VERTICE DI 5 ORE AD ARCORE NON ESISTE UN PUNTO FERMO CHE SIA UNO… IN OGNI CASO LE PRIMARIE NON SI FARANNO A DICEMBRE, MANCA IL TEMPO

L’unica certezza di Alfano, dopo mezza giornata a colloquio con il Cavaliere, è che da lui può attendersi la qualunque.
Non esiste un punto fermo che sia uno.
Per cui tutto quanto il segretario ha dichiarato dopo, davanti alle telecamere, si può leggere al diritto e all’incontrario.
Esempio numero uno: Berlusconi si ricandiderà  premier? Non ha manifestato «formalmente» l’intenzione, assicura Angelino; sottintendendo che però nemmeno l’ha esclusa.
Anzi, sostengono alcune delle «amazzoni» che gli fanno da schermo con il resto del mondo, «è inevitabile che Silvio finisca per cimentarsi di nuovo».
Esempio numero due: rinuncerà  Berlusconi al proposito di fondare una nuova Forza Italia buttando al macero il Pdl? «Ho trovato in lui una grande disponibilità  a ragionare in termini di unità », assicura il segretario.
Ma se le Chevalier è disposto a ragionare in termini di unità , ciò suona ad ammissione che d’istinto «spacchetterebbe» il partito.
Ancora: le primarie non sono state sconvocate, prova a insistere Alfano, dunque si terranno il 16 dicembre.
In realtà , c’è da mettere la mano sul fuoco che slitteranno a gennaio (se mai si terranno) in quanto la macchina organizzativa è in panne, mancano due settimane e nemmeno sono stati prenotati i gazebo… I
l solo fatto di averle evocate pare sia stato sufficiente a mandare su tutte le furie Berlusconi. Il quale si aspettava che, uscito dal colloquio, Alfano si limitasse a reclamare l’«election day» e stop, non una parola di più sul futuro del partito.
Insomma: la partita è ancora incertissima, al Totocalcio varrebbe una tripla.
C’è chi, tra i sostenitori di Alfano, vorrebbe praticargli trasfusioni di coraggio per spingerlo allo scontro finale con il Caimano.
Non sembra, peraltro, che l’interessato abbia voglia di farsi sbranare.
Ha scelto semmai la tecnica del giunco, piegandosi in attesa di tempi migliori, nella speranza che Berlusconi rifletta, e sua sponte rinunci a coltivare propositi di scissione…
Così va letta la disponibilità  di Alfano, prontamente offerta ieri, a scatenare una battaglia durissima sull’«election day».
È una valvola di sfogo, un mulino a vento contro cui il Cavaliere potrà  mulinare la spada.
Nel frattempo nuovi sondaggi, in aggiunta a quelli che già  possiede, faranno tramontare in Berlusconi la voglia di candidarsi per la quinta volta, se è vero che agli occhi dell’Italia il «blocker», il tappo al rinnovamento è proprio lui, inutile prendersela con il gruppo dirigente…
Giusto cambiare nome al Pdl, l’ha assecondato Alfano, «ma se tu fondassi un altro partito io non ti seguirei», gli ha aggiunto per spargere nuovi dubbi.
Perchè non è detto che il nuovo partito berlusconiano farebbe meglio del Pdl, nelle urne potrebbe dimostrarsi il contrario.
Ma la ragione vera per cui Alfano si barcamena è la nuova legge elettorale.
Se mercoledì passerà  in Senato la formula proposta da Calderoli, Berlusconi troverà  mille ostacoli sul cammino del nuovo partito, incominciando dalle preferenze.
Per cui è possibile che alla fine si accontenti di scegliere un po’ di fedelissimi da inserire nel «listino» dei «nominati» (ne resterà  uno, più piccolo, anche nella legge futura).
Tanto vale aspettare dunque che ritrovi l’ampolla del senno perduto, così spera il giovane ma già  collaudato Alfano.
Al quale sempre meglio calza la definizione coniata dal neo-democristiano Rotondi: «Angelino? Mi sembra un Forlani con l’i-Pad…».

Ugo Magri
(da “La Stampa”)

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