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FRANA IL CETO MEDIO, REDDITI AI LIVELLI DEL 1993

Dicembre 14th, 2012 Riccardo Fucile

CENSIS: IN DUE ANNI HANNO VENDUTO ORO 2,5 MILIONI DI FAMIGLIE

Durante la crisi il reddito medio pro-capite delle famiglie è tornato ai livelli del 1993 e negli ultimi dieci anni la ricchezza finanziaria si è quasi dimezzata.
Lo rivela il Censis nel suo Rapporto annuale, mettendo in luce quello che definisce «lo smottamento del ceto medio».
«Il reddito medio degli italiani si riduce a causa del difficile passaggio dell’economia, ma anche per effetto dei profondi mutamenti della nostra struttura sociale, che hanno affievolito la proverbiale capacità  delle famiglie di produrre reddito e accumulare ricchezza», spiega l’analisi.
Gli italiani reagiscono alla crisi anche con «difese strenue», dice ancora il rapporto: in due anni 2,5 milioni di famiglie hanno venduto oro o preziosi.
LA RICCHEZZA
Più in dettaglio, i dati rivelano che negli ultimi dieci anni la ricchezza finanziaria netta è passata da 26.000 a 15.600 euro a famiglia, con una riduzione del 40,5%.
La quota di famiglie con una ricchezza netta superiore a 500.000 euro, si legge ancora nel rapporto, è praticamente raddoppiata, passando dal 6% al 12,5%, mentre la ricchezza del ceto medio (cioè le famiglie con un patrimonio, tra immobili e beni mobili, compreso tra 50.000 e 500.000 euro) è diminuita dal 66,4% al 48,3%.
E c’è stato uno slittamento della ricchezza verso le componenti più anziane della popolazione.
Se nel 1991 i nuclei con capofamiglia di età  inferiore a 35 anni detenevano il 17,1% della ricchezza totale delle famiglie, nel 2010 la loro quota è scesa al 5,2%.
LE CASE
In termini di scambi sul mercato immobiliare «il 2012 potrebbe attestarsi su numeri persino inferiori a quelli del 1996 (nell’ordine delle 485mila transazioni)» avverte il rapporto.
Negli ultimi 5 anni la caduta degli investimenti nelle costruzioni è del 25%, dato che tra 2008 e 2012 sale al 45% nel comparto residenziale.
I mutui per l’acquisto di abitazioni sono diminuiti del 20% nel periodo 2008-2011 rispetto al quadriennio precedente, con «una ulteriore contrazione del 44%» nei primi sei mesi del 2012 rispetto al primo semestre 2011.
Anche le compravendite risultano, a fine 2012, dimezzate rispetto a sei anni fa.
GIOVANI E LAVORO
«Nei primi sei mesi dell’anno il numero degli occupati ha registrato una flessione dello 0,3% e sono stati bruciati più di 240 mila posti di lavoro destinati ai giovani» si legge ancora nel Rapporto.
La crisi «ha dato una netta accelerazione ad un processo di invecchiamento già  in corso da tempo»: la quota di under 35 al lavoro scende al 26,4% nel 2011 dal 37,8% di dieci anni fa.
MISURE DI EMERGENZA
Oltre a vendere oro, gli italiani cercano di affrontare la crisi anche con altre strategie. Negli ultimi due anni l’85% ha eliminato sprechi ed eccessi, il 73% va a caccia di offerte; il 62,8% ha ridotto gli spostamenti per risparmiare benzina, si vendono meno auto e c’è un boom delle biciclette: ne sono state vendute 3,5 milioni; 2,7 milioni di italiani coltivano ortaggi da consumare ogni giorno.

argomento: denuncia, economia | Commenta »

MIGLIAIA DI QUADRI E REPERTI ARCHEOLOGICI CONSERVATI IN DEPOSITI

Dicembre 14th, 2012 Riccardo Fucile

NELL’ OMBRA DEI SOTTERRANEI DEI MUSEI CAPOLAVORI INESTIMABILI CHE IL MONDO INTERO CI INVIDIA

E’un tesoro sommerso, opere d’arte che non vedrete mai, conservate nelle segrete stanze dei musei italiani.
Migliaia e migliaia di tele, quadri, arazzi, reperti archeologici, custoditi gelosamente nei depositi dei musei, al riparo da occhi indiscreti.
Cosa ci sia là  sotto lo sanno soltanto i direttori dei musei anche perchè in Italia, come denunciato dalla Corte dei conti “non esiste una catalogazione definitiva, specie per i reperti archeologici”.
Così come non esiste, per i grandi musei statali, una stima del valore delle opere possedute.
Ogni tentativo di valutazione commerciale si è attirato sempre le ire della comunità  di studiosi e degli storici e comunque non è mai stato realizzato.
Dal punto di vista quantitativo, però, a quello che è esposto corrisponde spesso un uguale numero di opere conservate nei depositi.
Un doppio museo, quindi.
Negli Uffizi, ad esempio, in quelle che il direttore Antonio Natali preferisce chiamare “le stanze della riserva” sono conservati oltre 2000 dipinti con circa 1800 autoritratti. Il viaggio nelle sale immaginarie Alla Galleria nazionale di Arte antica di Roma i dipinti esposti sono 500, quelli in riserva 400.
Se ci fossero più spazi, più risorse, una politica culturale più attenta, il tesoro potrebbe venire alla luce.
Come nel nostro gioco del museo immaginario.
Nella prima sala abbiamo collocato la Sacra Famiglia con Giovannino di Beccafumi, opera del 1520 attualmente collocata nei depositi degli Uffizi in attesa del restauro delle sale.
Poi potremmo osservare un Mannozzi del 600 e il Trittico d’Agnolo Gaddi.
Poco più in là  si potrebbe contemplare Alessandro Pieroni (1550-1607) fino ad arrivare al ritratto del Granduca Cosimo I di Ridolfo del Ghirlandaio.
Il nostro museo immaginario, in realtà , in parte esiste e lo organizza lo stesso Natali nel progetto “La città  degli Uffizi” che utilizza opere conservate nei depositi per esporre nei luoghi da cui le opere o gli artisti provengono.
E così i capolavori citati sono stati ammirati a Bagno a Ripoli, all’Impruneta, patria del Pieroni mentre il Beccafumi della nostra copertina ha fatto bella mostra a Santo Stefano di Sessanio (l’Aquila) nel gemellaggio con le zone colpite dal terremoto, significativamente chiamato “Condivisione degli affetti”.
Non può invece essere più visto I giocatori di carte di Bartolomeo Manfredi, del 1618, distrutto irrimediabilmente dalla bomba mafiosa del 1993.
Oggi se ne sta in disparte appoggiato a un muro, oramai inesistente salvo qualche cerotto sulle poche zone di colore: “E’ un pezzo della nostra memoria, non potevamo gettarlo via”.
La Collezione Rezzonico, 1682, composta da Autoritratti, è stata utilizzata nella mostra “I mai visti” organizzata sempre dagli Uffizi. Poi è tornata a riposare in attesa dell’ampliamento del museo fiorentino.
A Roma, invece, grazie allo “sfratto” del Circolo Ufficiali, avvenuto nel 2005, la Galleria Nazionale di Arte Antica ha potuto far venire alla luce un Perugino che fino al 2009 era custodito nei depositi.
Una stanza per i fiamminghi “Se avessimo altre stanze potremmo però allestire una mostra permanente dei pittori fiamminghi” spiega Anna Lo Bianco direttrice del museo di Palazzo Barberini.
Oltre al Perugino, la Galleria ha potuto esporre anche Mattia Preti, Tasserotti o i Caravaggeschi.
Eppure, nel caldo confortevole dei depositi, alloggiano ancora grandi opere, come quelle di Paul Brill, pittore fiammingo del 500.
Per valorizzare questo tesoro,però, non ci si può affidare solo alla buona volontà  dei direttori che, come Natali agli Uffizi, guadagnano 1800 euro al mese: “Ma non rimpiango nulla, dice, per me è il lavoro più bello del mondo”.
Servono una politica culturale, fondi, risorse.
Si pensi al Louvre di Parigi: 60 mila mq espositivi e 8 milioni di visitatori l’anno, (con 40 milioni di euro di entrate) per il museo che espone La Gioconda; 6100 mq e 1,8 milioni di visitatori l’anno, con un ricavo di 8,6 milioni di euro, per chi conserva Botticelli o Giotto.
I lavori per i Grandi Uffizi (che porteranno a oltre 12 mila mq la superficie espositiva) nonostante siano cominciati da anni (ma non dipendono dal direttore del museo) sono ancora fermi al primo lotto, e anche il sindaco Renzi ha denunciato la mancanza di fondi.
Ampliare gli spazi, ovviamente, non è la soluzione magica.
Ci sono problemi di valorizzazione più generale.
In Italia, tranne il complesso del Palatino e del Colosseo, Pompei, gli Uffizi e la Galleria dell’Accademia (dove c’è il David di Michelangelo), nessun altro museo ha superato nel 2011 il milione di visitatori.
Esistono musei come il Palazzo reale di Pisa o il Museo archeologico di Venafro che non superano le mille visite all’anno.
L’arte passa soprattutto per i “grandi eventi” e le sponsorizzazioni private. Il pubblico deve vedersela con i tagli e la sciatteria.
Tra il 2003 e il 2005 l’Italia spendeva 2,17 miliardi per la cultura, lo 0,23% del Pil. Nel 2011 è scesa a 1,4 miliardi, lo 0,18%.
Eppure, senza scomodare le “balle” di Berlusconi secondo il quale “l’Italia ha regalato al mondo il 50% dei beni artistici tutelati dall’Unesco”, il nostro paese è comunque in cima alla classifica dei Patrimoni dell’umanità  totalizzando il 5% di quello mondiale. Ma a questa cifra non corrisponde un’adeguata politica culturale che potrebbe essere anche redditizia.
La spesa media europea è del 3% e in Francia solo per il Louvre si spende quanto per tutti i musei italiani. In Italia gli addetti alla cultura, tra professioni “artistiche” e “tecniche”, sono circa 400 mila.
Valorizzare la cultura, quindi, fa parte della politica complessiva e richiede una qualche visione. “Portare un Leonardo a New York può farci guadagnare un milione di dollari ma non significa essere buoni manager” spiega ancora Natali.
“Se davvero vogliamo valorizzare il “petrolio” italiano, allora occorre ripartire dalla scuola e da una diversa etica in cui si riscopra la sacralità  dell’opera d’arte”.
Un discorso impegnativo in un Paese in cui i massimi vertici della Cultura mettevano a capo della Biblioteca dei Girolamini un personaggio che invece di curare i libri li rubava per rivenderseli.

Salvatore Cannavò
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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BANKITALIA: AL 10% DELLE FAMIGLIE IL 45,9% DELLA RICCHEZZA

Dicembre 14th, 2012 Riccardo Fucile

SI RITORNA ALGLI ANNI ’90, DIETROFRONT DEL PAESE….DAL 2007 AD OGGI LA RICCHEZZA E’ DIMINUITA DEL 5,8%

La distribuzione della ricchezza «è caratterizzata da un elevato grado di concentrazione»: alla fine del 2010 la metà  più povera delle famiglie italiane deteneva il 9,4% della ricchezza totale, mentre il 10% più ricco deteneva il 45,9% della ricchezza complessiva.
E’ messo nero su bianco nell’ultimo bollettino statistico della Banca d’Italia.
L’EROSIONE
La crisi continua perciò a erodere la ricchezza netta delle famiglie italiane che nel 2011 ha subito un calo dello 0,7% a prezzi correnti e del 3,4% in termini reali.
Nel dettaglio, alla fine dell’anno scorso il dato aggregato era pari a circa 8.619 miliardi di euro, corrispondenti a poco più di 140 mila euro pro capite e 350 mila euro in media per famiglia, tornando più o meno sui livelli di fine anni Novanta.
L’analisi è contenuta nel Supplemento al Bollettino statistico della Banca d’Italia, secondo cui dal 2007, quando la ricchezza raggiunse il suo valore massimo in termini reali, la riduzione è pari al 5,8%. E, secondo stime preliminari, un’ulteriore diminuzione dello 0,5% in termini nominali si è avuta nel primo semestre di quest’anno.
LA RICCHEZZA
Tra la fine del 2010 e la fine del 2011 la ricchezza pro capite è diminuita dell’1% a prezzi correnti e del 3,7% a prezzi costanti.
Sempre a prezzi costanti, la ricchezza netta pro capite nel 2011 è comparabile con i livelli che si registravano nella prima metà  del decennio scorso.
La ricchezza media per famiglia ha presentato una dinamica meno favorevole, essendo diminuita nel corso del 2011 dell’1,6% a prezzi correnti e del 4,3% a prezzi costanti.
Il livello di ricchezza per famiglia del 2011 a prezzi costanti è simile a quello della fine degli anni novanta.
Deve essere tuttavia tenuto presente che fra il 1995 e il 2011 il numero di famiglie italiane è cresciuto di quasi 5 milioni di unità , soprattutto a causa della riduzione della dimensione media delle famiglie, passata da 2,9 a 2,5 individui.
Alla fine del 2011 la ricchezza in abitazioni detenuta dalle famiglie italiane ammontava a oltre 5.000 miliardi di euro, corrispondenti in media a oltre 200.000 euro per famiglia.
La ricchezza in abitazioni, a prezzi correnti, è cresciuta tra la fine del 2010 e la fine del 2011 dell’1,3% (65 miliardi di euro).
La crescita è stata molto inferiore al tasso medio annuo del periodo 1995-2010 (5,6%), a causa del rallentamento delle quotazioni sul mercato immobiliare.
In termini reali, la diminuzione della ricchezza in abitazioni rispetto al 2010 è risultata pari all’1,4%.
Secondo i dati dell’Istat, durante la prima metà  del 2012 i prezzi degli immobili sono diminuiti dell’1% rispetto alla fine del 2011.
LA DIMINUZIONE
Sulla base di queste e di altre informazioni, Bankitalia ipotizza una contrazione del valore della ricchezza in abitazioni per il primo semestre del 2012 dello 0,7%.
Sempre a fine 2011 le passività  finanziarie delle famiglie italiane, pari a 900 miliardi di euro, erano costituite per circa il 42% da mutui per l’acquisto dell’abitazione.
La quota di indebitamento per esigenze di consumo ammontava a circa il 13,6%, le rimanenti forme di prestiti al 20% così come i debiti commerciali e gli altri conti passivi.
Negli ultimi due anni, segnala ancora via Nazionale, è fortemente rallentato il valore dei mutui per l’acquisto dell’abitazione: il loro incremento si è stabilizzato sul 2% annuo contro un valore di circa il 15% annuo del periodo 1995-2009.
Anche il credito al consumo ha fatto registrare una forte decelerazione, dal 20,5% in media annua nel periodo 1995-2009 al 2,1 fra il 2009 e il 2011.
La restante categoria degli altri prestiti ha ristagnato dopo aver registrato una variazione media annua del periodo 1995-2009 del 3%.
La crescita dei debiti commerciali fra il 2009 e il 2011 è inferiore a quella del periodo 1995-2009 (rispettivamente 1,1 e 3,4% annui).
IL CONFRONTO
Eppure le famiglie italiane hanno ancora «un’elevata ricchezza netta», pari, nel 2010, a otto volte il reddito disponibile, contro l’8,2 del Regno Unito, l’8,1 della Francia, il 7,8 del Giappone, il 5,5 del Canada e il 5,3 degli Stati Uniti.
Lo comunica Bankitalia aggiungendo che le famiglie italiane risultano anche «relativamente poco indebitate», con un ammontare dei debiti pari al 71% del reddito disponibile (in Francia e in Germania è di circa il 100%, negli Stati Uniti e in Giappone del 125%, in Canada del 150% e nel Regno Unito del 165%).

(da “il Corriere della Sera“)

argomento: economia | Commenta »

SENTINELLE A CINQUE STELLE: ARRIVA IL “CANDIDATO MASCHERATO”

Dicembre 14th, 2012 Riccardo Fucile

IN UNA PAGINA DI FACEBOOK CORRE IL DISSENSO ALLA LINEA DI GRILLO E CASALEGGIO

Il candidato mascherato. Un gruppo di dissidenti. Che si muove sullo stesso territorio del nemico da affrontare.
Per una guerriglia fatta di post, commenti e lettere aperte.
Loro sono Il Candidato Mascherato e hanno un solo obiettivo: denunciare la “gestione assolutamente verticistica del MoVimento Cinque Stelle”.
Attraverso un osservatorio. Che consenta di “criticare senza essere espulsi”.
Perchè l’ambizione di tutti i militanti “è creare una democrazia più inclusiva e diffusa nel nostro Paese”, non “regalare a Grillo una claque di yes men in Parlamento”.
Tutto parte da una pagina Facebook.
E da una lettera aperta indirizzata al capo politico dei grillini.
Il bene del MoVimento.
Il primo punto è mettere le cose in chiaro. “Non è nostra intenzione danneggiare il Movimento, ma crediamo di essere arrivati troppo in là  per lasciare tutte le scelte, ma soprattutto il controllo dei voti, a Beppe Grillo”.
Perchè, di fatto nel MoVimento vige una sola forma di libertà : cliccare.
Scrivono: “Che Grillo abbia il coraggio di ritagliarsi il ruolo che da sempre si ascrive, quello di semplice portavoce: quando alzerà  la voce per dire che iniziative di questo tipo indeboliscono il Movimento, mandategli a dire che la causa di tutto questo risiede nella sua indisponibilità  ad attuare nell’M5S quella democrazia fluida e diretta che tanto sbandiera”.
Paradossi.
Parole nette anche per l’eminenza grigia dei Cinque Stelle: “Non abbiamo bisogno delle strategie commerciali della Casaleggio Associati, di partiti-azienda già  ne abbiamo abbastanza”.
E nel primo post sulla pagina Facebook, il candidato mascherato elenca i punti di contraddizione della gestione Grillo: “L’idea rivoluzionaria che hai inoculato nel paese come un virus, caro Beppe, è quella della politica come servizio civile. Un principio sacro e santo che si sta diffondendo velocemente ed al quale tu stesso, per primo, devi osservanza”.
Poi l’elenco delle “scelte inconciliabili con tale principio”.
Si va dal “conflitto di interessi: perchè le strategie comunicative del movimento devono essere, de facto, appaltate alla Casaleggio Associati?”.
Fino all’intransigente “repressione di ogni dissenso”.

Carmine Saviano

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IMMOBILI PUBBLICI, UN PATRIMONIO DA 340 MILIARDI DI EURO

Dicembre 14th, 2012 Riccardo Fucile

INOLTRE   VI SONO 760.000 TERRENI PER UNA STIMA DI ALTRI 300 MILIARDI

”Una preliminare stima del valore di mercato delle unità  immobiliari pubbliche risulta nell’ordine di 340 miliardi di euro”.
A fare chiarezza sul patrimonio immobiliare che lo Stato italiano ha in pancia e che dovrebbe essere almeno in parte venduto per ridurre il debito, anche se la rivendibilità  è tutta da verificare, è il direttore della Direzione finanza e privatizzazioni del dipartimento del Tesoro del Ministero dell’Economia, Francesco Parlato, nel corso di un’audizione alla Camera.
I 340 miliardi di euro di stima si ottengono “valutando gli immobili dello Stato sulla base del valore di bilancio, ovvero 55 miliardi circa, e quelli delle altre amministrazioni ai prezzi medi di mercato elaborati dall’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia del Territorio, circa 285 miliardi”, ha riferito il direttore del Tesoro.
Quanto alla destinazione d’uso, il 70% della superficie è utilizzato per lo svolgimento di attività  istituzionali mentre il 47% delle unità  immobiliari (percentuale sensibilmente inferiore in termine di superficie) è destinato a uso residenziale, per gran parte detenuto da Comuni, enti previdenziali e Istituti case popolari.
Parlato ha chiarito che “il censimento del patrimonio pubblico è finalizzato alla sua valorizzazione e dismissione per la riduzione del debito pubblico”, sottolineando che “l’Agenzia del Demanio ha individuato circa 350 immobili, del valore di circa 1,2 miliardi, potenzialmente conferibili ad uno o più fondi immobiliari”.
Inoltre il direttore delle direzione finanza e privatizzazioni del Tesoro ha spiegato che “agli immobili si aggiungono 760 mila terreni, per una superficie di 1,3 milioni di ettari e un valore stimato “nell’ordine di 300 miliardi di euro”.
C’è poi il capitolo delle società  pubbliche che compongono il quadro della presenza dello Stato nell’economia italiana.
Secondo il direttore della Direzione finanza e privatizzazioni del Tesoro “le amministrazioni pubbliche detengono partecipazioni in circa 7 mila e 300 società , di cui 6 mila dirette. L’80% delle partecipazioni è detenuto dagli enti territoriali”.
Ma lo Stato centrale quante società  possiede? Secondo Parlato “il 3% del totale”.
Infine Parlato, ha anche annunciato che “a breve sarà  emanato un decreto del ministero dell’Economia per la costituzione della società  di gestione del risparmio”, che risale alla manovra estiva del 2011 che era stata varata dal precedente governo. “L’operatività  della Sgr — ha aggiunto nel corso dell’audizione alla Camera — sarà  avviata prevedibilmente entro il primo semestre del 2013”.
“La dismissione del patrimonio pubblico è un’operazione complessa ma rappresenta uno sforzo imprescindibile per la riduzione del debito pubblico. Operazioni ‘massive’ e indifferenziate di privatizzazione e di vendita di asset pubblici non coincidono con una strategia di massimizzazione e tutela del valore.
Si punta quindi su un meccanismo sostenibile e credibile, basato sulla maggiore conoscenza degli asset — ha concluso — e sul progressivo accesso al mercato grazie all’attivazione di idonei strumenti finanziari”.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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BOSSI: “MI RICANDIDO”, POI : “MONTI DEVE SPARIRE DALLA FACCIA DELLA TERRA”

Dicembre 14th, 2012 Riccardo Fucile

BERLUSCONI “E’ UNA BRAVA PERSONA”… SULL’ALLEANZA SCARICA SU MARONI: “CI PENSA IL SEGRETARIO”

Torna Umberto Bossi, e i toni sono quelli di sempre: Mario Monti “deve solo sparire dalla faccia della terra, ha fatto tanti danni al Nord e alle famiglie”.
L’attacco arriva dopo l’annuncio che Bossi alle prossime elezioni si ricandiderà , come spiega ai giornalisti a Montecitorio, ”a meno che la Lega decida di non venire più a Roma e passare a mezzi più espliciti, più rumorosi”.
Ovvero “tirare fuori i fucili e raggiungere la forza nelle regioni del Nord”. In sintesi, spiega, “o lotta in Parlamento o lotta popolare”.
Poi si sente in dovere di precisare che non diventerbbe “mai e poi mai senatore a vita, è una cosa che non accetterei mai. Senatur sì, ma per scelta popolare”.
L’ex segretario della Lega, visto in parlamento insieme all’ex ministro Giulio Tremonti, attacca Monti e difende Berlusconi.
Tutti se la prendono con quest’ultimo, lamenta, “tutti i poteri sono contro di lui, mentre lui è una brava persona. Non è come Monti, non ha mai fatto suicidare nessuno, nè fa gli interessi delle banche”.
Quanto alla possibile alleanza nelle regioni del nord, oggetto di un recente vertice nella residenza milanese del Cavaliere, “non è arrivata nessuna minaccia”.
Ma “non so se ci sono le condizioni. Se ne occupa Maroni”.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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