Novembre 19th, 2013 Riccardo Fucile
IN 24 ORE CADUTA LA PIOGGIA DI 6 MESI, PONTI CROLLATI, PAESI SOTT’ACQUA…LETTA: “TRAGEDIA NAZIONALE”…ECCO I NUMERI PER L’EMERGENZA 0789/602019 0789/69502 0789/52020 366/6617681
La Sardegna travolta da un ciclone che porta morte e distruzione. La perturbazione che dalla mattina di ieri sta portando forti temporali e piogge abbondantissime, ha provocato esondazioni e imponenti allagamenti.
Bollettino di guerra.
L’isola fa i conti con un bollettino di guerra: il presidente della Regione, Ugo Cappellacci, parla di 17 morti e alcuni dispersi, centinaia di sfollati ospitati in alberghi o da parenti e una quantità impressionante di feriti.
In particolare tredici persone hanno perso la vita nella provincia di Olbia, due in quella di Nuoro e una in quella di Oristano.
Il sindaco di Olbia, Gianni Giovannelli, ha reso noti i nomi di sette delle vittime dell’alluvione. Sono Anna Ragnedda, 83 anni, originaria di Arzachena, Francesco Mazzoccu, 37 anni, di Olbia, Patrizia Corona, 42 anni, di Olbia, Morgana Giagoni, olbiese, di appena dodici anni, Bruno Fiore, 68 anni, originario di Buddusò, Sebastiana Brundu, 61 anni, originaria di Ozieri, e Maria Loriga, 54 anni, originaria di Luras.
Un bimbo di 3 anni, che era disperso da ieri con lo zio, è stato ritrovato morto questa mattina in località Putzolu, alle porte di Olbia. Il corpo senza vita dello zio era già stato ritrovato ieri sera. I due, fanno sapere i carabinieri, sono stati travolti dal fiume in piena.
Due persone al momento risultano disperse nel nuorese. All’una di oggi verrà convocato il comitato operativo della Protezione civile, per fare il punto sulla situazione.
Stato di emergenza.
Il governo ha dichiarato lo Stato di emergenza per l’isola in un Consiglio dei ministri convocato d’urgenza. E’ stato deciso lo stanziamento di 20 milioni di euro per la prima emergenza, così come ha detto il presidente del Consiglio Enrico Letta: “Un quantitativo che in questo momento crediamo essere necessario per gli interventi primari, essenziali: il salvataggio delle vite umane, l’assistenza alle popolazioni sfollate e il ripristino della viabilità , dato che c’è un blocco drammatico che rende molto più complessi gli interventi”.
L’esigenza di allentare i vincoli di bilancio si porrà , ha precisato Letta, in un secondo momento, quando si procederà alla ricostruzione.
Il premier ha assicurato che si recherà in visita nelle zone colpite: “E’ un dramma di proporzioni incredibili, in 24 ore è piovuta una massa d’acqua che equivale a metà della quantità che cade in un anno”. Già oggi il ministro della Difesa Mario Mauro si recherà in Sardegna.
I soccorsi.
Sono circa 2.500 le persone evacuate solo a Olbia, dove le precipitazioni hanno raggiunto picchi anche di 450 millilitri in dodici ore.
Sono oltre 600 gli interventi di soccorso dei vigili del fuoco.
Un’altra delle province più interessate dalla perturbazione è Nuoro, dove, per risolvere le criticità , sono impegnati anche nuclei Saf (Speleo Alpino Fluviale) e unità del Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico.
Numeri utili Sardegna: 0789/602019 0789/69502 0789/52020 e 366/6617681. Enel per segnalare guasti e black out: 803 500 #allertameteoSAR
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Novembre 19th, 2013 Riccardo Fucile
SACCOMANNI: “CON QUESTE RISORSE RIDURREMO LE TASSE”… GLI ALTRI OBIETTIVI SONO IL FINANZIAMENTO DI INVESTIMENTI E LA RIDUZIONE DEL DEBITO
La spending review accelera e triplica gli obiettivi dei risparmi. L’annuncio è giunto ieri dal
ministro dell’Economia Saccomanni, affiancato da Mr. Forbici, Carlo Cottarelli, in occasione della riunione dell’apposito comitato interministeriale a Palazzo Chigi.
Le prime misure potranno arrivare a febbraio, in concomitanza con la fine del lavoro tecnico, ma il provvedimento vero e proprio giungerà nella primavera-estate del prossimo anno.
Rispetto al timing previsto dalla legge di Stabilità , si anticipano al 2014 alcuni effetti della revisione della spesa pubblica (in precedenza la partenza era prevista per il 2015).
Ma soprattutto si triplica l’entità dei tagli triennali: la legge di Stabilità prevedeva 11,9 miliardi nel triennio 2014-2016, mentre il nuovo intervento sale a 32 miliardi, il 2 per cento del Pil, come ha detto Saccomanni.
Esteso il menù degli interventi: dalla mobilità del posto di lavoro e delle funzioni per gli statali al taglio dei costi per le intercettazioni telefoniche, dall’intervento sulle pensioni di reversibilità alle prestazioni assistenziali, dai consueti beni e servizi alla revisione dei Lea, i livelli essenziali di assistenza.
Le risorse, ha spiegato Saccomanni, «saranno destinate in maggior parte alla riduzione delle imposte, come previsto, ma anche a finanziare gli investimenti produttivi e alla riduzione del debito».
Il presidente del Consiglio Enrico Letta si è soffermato sul senso politico dell’operazione spending review: «Bisogna mettere la spesa sotto controllo — ha detto — ma non bastano i tagli lineari. Servono intelligenza, azione e scelte».
«Sulla spesa pubblica si cambia verso», ha aggiunto il premier.
Nel merito il ministro dell’Economia Saccomanni ha ribadito che «l’azione principale di contenimento del debito pubblico verrà da privatizzazioni e da rientro di capitali dall’estero».
Ha aggiunto di sperare «che ci sarà un contributo dalla revisione della spesa pubblica al sostegno della crescita». Quanto alla Pubblica amministrazione, Saccomanni ha confermato che la sua riorganizzazione «passa attraverso il meccanismo della spending review».
L’obiettivo è quello di migliorare l’efficienza dell’apparato pubblico e di ridurre i costi in modo da «fornire servizi di migliore qualità ».
Il pubblico impiego
Previsti canali di uscita e buste paga armonizzate
Parola d’ordine: mobilità tra amministrazioni e funzioni. Ma anche, secondo quanto enunciato nel rapporto-Cottarelli, «esplorazione di canali di uscita e rivalutazione di misure sul turn over».
Oltre all’armonizzazione del sistema retributivo e contrattualistico. Senza contare che, oltre al pubblico impiego, la spending review si propone di intervenire sulle pensioni d’oro, le pensioni di reversibilità e le prestazioni assistenziali.
Tornando alla missione della spending review per gli statali si punta ad agire su un terreno già colpito dalla legge di Stabilità in discussione in Parlamento.
Il provvedimento all’esame del Senato prevede infatti già il blocco della contrattazione (esteso fino al 31 dicembre 2014) e due anni in più di vincolo sul turn over, che terminerà nel 2018. Inoltre è previsto il taglio del 10% degli straordinari (5% per comparto difesa e sicurezza) e dilazione da sei a 12 mesi del pagamento del Tfr ai lavoratori in uscita.
La missione è difficile anche perchè, sulla base delle ultime ricognizioni, ministeri ed enti della Pubblica amministrazione centrale hanno trovato poco meno di 8 mila esuberi (cioè lo 0,3% del personale). Il Def , infine, dice che la spesa per il pubblico impiego è l’unica voce destinata a rimanere ferma fino al 2017.
Beni e servizi
Acquisti stile Consip per evitare gli sprechi
Si riparte dai beni e servizi. Vero e proprio rebus della spesa pubblica sul quale hanno rischiato di incagliarsi i precedenti tentativi di razionalizzazione.
Il messaggio che viene dal «Programma di lavoro» punta sul «rafforzamento della Consip ».
La spesa da intaccare è enorme: da 136 miliardi ogni anno di forniture e servizi da parte della pubblica amministrazione.
Nel 2012 sono stati incassati i 4,4 miliardi di risparmi grazie all’azione della Consip: dalle stime del Tesoro sugli acquisti centralizzati si può prevedere, ottimisticamente, una ulteriore fetta tra i 4-5 miliardi.
Del resto dal bilancio 2012 Consip emerge che sono passati per il filtro della società controllata dal Tesoro 30 miliardi, contro i 136,1 di consumi intermedi che compongono l’insieme delle «uscite» delle amministrazioni statali e periferiche. Tuttavia attualmente devono passare per la Consip tutte le amministrazioni statali, ma solo per otto categorie merceologiche (energia, carburanti rete ed extra rete, telefonia fissa e mobile, gas e combustibile da riscaldamento).
Fanno eccezione le scuole e le università , del tutto esonerate. Gli enti locali possono rivolgersi al mercato libero, ma devono trovare gli stessi prodotti a prezzi inferiori. La cura anti-sprechi potrebbe quindi rendere obbligatori altri prodotti e obbligare altre amministrazioni al sistema Consip.
I costi della politica
Il futuro delle Province e l’incognita del voto
Qui la spending di Cottarelli è chiara: per costi della politica si intendono «Regioni, Province, Comuni; finanziamento pubblico ai partiti, etc.».
La questione delle Province è quella più «calda»: il 31 dicembre scadono i commissariamenti di 32 Province, che sono state «congelate» dal dibattito avviato con il Governo Monti e nel 2014 potrebbero tornare al voto, insieme alle 62 Province in cui i mandati amministrativi sono stati avviati nel 2009 e quindi finiranno l’anno prossimo.
Ci troveremo di fronte ad una serie di 94 elezioni provinciali che, insieme a quelle che si terranno in primavera in 4.069 Comuni, rischia di travolgere ogni tentativo di riforma.
L’ultima carta da giocare è il disegno di legge Delrio, in discussione presso la commissione Affari costituzionali della Camera. Sul tema si è scatenata anche una battaglia fra costituzionalisti.
Quelli raccolti dall’Upi (tra cui Valerio Onida) sostengono che lo «svuotamento» delle Province, con redistribuzione delle funzioni e sostituzione di Giunte e Consigli con organi di secondo livello composti dai sindaci del territorio, cozza contro l’articolo 114 della Costituzione.
I loro colleghi interpellati dal governo, fra i quali Augusto Barbera e Stefano Ceccanti, sostengono il contrario e negano l’esistenza di un «diritto naturale» alle funzioni e agli organi elettivi delle Province.
Gli enti
Sotto esame fiere e capitanerie di porto
Un colpo d’accetta alle strutture e agli apparati dello Stato. Senza risparmiare nessuno.
L’elenco è sterminato: si va dalla razionalizzazione delle Camere di commercio a quella degli Enti fiera. Un occhio va anche alle indennità del personale diplomatico e alla rete diplomatico-consolare e culturale all’estero.
Nel mirino anche le scuole e gli istituti di cultura in terra straniera. Le forbici di Cottarelli dovranno agire anche sulla dimensione delle scuole, sugli insegnanti di sostegno e sulla revisione dei fondi di ricerca per «Cnr, Enea etc.».
Azione di razionalizzazione anche sugli apparati dello Stato: si prevedono, presumibilmente, tagli della rete delle prefetture, ma anche un intervento di «coordinamento » tra Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza e Forestali, con attenzione al tema degli immobili e delle caserme.
Oggetto di attenzione anche i costi delle intercettazioni telefoniche. Nel mirino anche capitanerie di porto, guardia costiera e autorità portuali. Prevista la «riforma della motorizzazione civile-Aci».
Revisione anche dei finanziamenti all’autotrasporto. Spinge in questa direzione il Codacons che ricorda a Cottarelli che il numero di enti inutili: quelli censiti da Monti erano circa 500 enti che costano la bellezza di 10 miliardi ogni anno.
Roberto Petrini
(da “La Repubblica“)
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Novembre 19th, 2013 Riccardo Fucile
DECADENZA, IL SENATO CONFERMA LA DATA DEL 27 NOVEMBRE MA BERLUSCONI SCATENA L’OFFENSIVA
«Non siamo entrati in Forza Italia perchè è diventato il partito della rabbia». Angelino Alfano parla della scissione e del clima che ormai le colombe del Pdl respiravano sotto lo stesso tetto berlusconiano.
Un partito «pieno di rammarico, estremista, nostalgico. Noi invece guardiamo al futuro». Il vicepremier, ieri sera nel salotto di Bruno Vespa, torna a puntare il dito contro la voglia di Berlusconi di far cadere il governo in risposta al voto di decadenza, che intanto è stato confermato al Senato per il 27 novembre.
«Noi riteniamo profondamente ingiusta la decadenza – dice Alfano – ma la sanzione da operare non è far cadere il governo, sarebbe un torto all’Italia e agli italiani».
Ma Berlusconi e i suoi lanciano la controffensiva, e avrebbero quattro mozioni pronte da presentare in aula per far saltare il voto: aprendo una nuova bagarre sulla richiesta di voto segreto e puntando a far slittare i tempi della decisione.
«Se il Pd vota la decadenza – insiste Brunetta – e il governo non mantiene gli impegni economici, noi andiamo all’opposizione ».
Ma Enrico Letta saluta con soddisfazione la nascita del Nuovo Centrodestra, e spiega: «Il governo sarà più stabile perchè ora la situazione è chiara e le persone possono assumersi le responsabilità ».
La macchina del nuovo partito ormai è avviata, i gruppi parlamentari del Ndc hanno i presidenti pro-tempore: Enrico Costa alla Camera e Laura Bianconi al Senato.
Il governo si sente dunque rafforzato dalla scissione, e Alfano non vede un rischio Renzi perchè «si comporterebbe come D’Alema e Veltroni che come primo atto liberatorio hanno fatto cadere i governi della loro parte».
Berlusconi, a Villa Gernetto, dove ha incontrato alcuni giovani, ripete che se il Pd voterà la sua decadenza «non si potrà continuare a lavorare a braccetto con chi mi vuole far fuori». E dà mandato di scatenare la controffensiva con un pacchetto di mozioni da presentare in aula.
A cominciare da Maurizio Gasparri, che ha pronto un dossier che chiede un accertamento sulle «gravi irregolarità avvenute nella Camera di Consiglio della Giunta delle elezioni».
Ma la guerra parlamentare di Forza Italia prevede anche una manifestazione e soprattutto una nuova richiesta di voto segreto, nel tentativo di prendere tempo e far slittare la decisione, in attesa delle “carte segrete” che nei desideri del Cavaliere dovrebbero rimettere in discussione la sentenza di condanna
Nel caso di decadenza comunque Berlusconi riceverà un assegno di fine mandato di 180 mila euro, secondo quel che ha denunciato la capogruppo del Movimento 5Stelle. «Dopo una sentenza definitiva per frode fiscale — protesta Paola Taverna — il Senato dovrà pure indennizzarlo: sarebbe uno scandalo ed una beffa inaccettabile».
I grillini chiedono al presidente di Palazzo Madama di intervenire.
Umberto Rosso
(da “La Repubblica“)
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Novembre 19th, 2013 Riccardo Fucile
E I PARTITI “CUGINI” GIA’ LITIGANO PER I RIMBORSI ELETTORALI
Politica e immobili, collocazione in Europa e posizionamento in Parlamento. 
Il primo giorno lavorativo dalla nascita del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano è all’insegna dei lavori in corso. Si deve costruire un partito da zero. Molti big sono rimasti nelle proprie città , convergeranno su Roma oggi, per organizzare i nuovi gruppi nei consigli regionali (formati in tutte le regioni tranne la Sardegna) e comunali (non manca all’appello nessun capoluogo) e a raccogliere nuove adesioni alla forza delle colombe nata dalla scissione con la Forza Italia di Berlusconi e dei suoi falchi antigovernativi.
Alfano sente Letta, parlano delle prospettive del governo, concordano che ora, con la marginalizzazione di Berlusconi e dei suoi pasdaran, l’esecutivo è più stabile, caso Cancellieri permettendo. Ma c’è un problema da risolvere.
Tutti i ministri del Pdl sono passati nel Nuovo Centrodestra che ora con una sessantina di parlamentari ha ben cinque dicasteri di peso più la poltrona di vicepremier dello stesso Alfano.
Un sovradimensionamento destinato a far scoppiare polemiche dentro la maggioranza, con il Pd che potrebbe chiedere maggior peso nella compagine governativa e con i reduci di Scelta Civica rimasti con Monti che oggi, persi Mauro e D’Alia (Udc), non hanno una vera rappresentanza all’interno del Consiglio dei ministri.
Ecco perchè, racconta chi è in costante contatto con Alfano, «Angelino ha dato la propria disponibilità a Letta a lasciare il ministero degli Interni e a tenere solo il ruolo di vicepremier ».
Molto dipenderà anche dalla Cancellieri, se lascerà aprendo a un rimpasto. Ma soprattutto dal voto di fiducia sulla Legge di Stabilità : se Forza Italia voterà a favore, restando in maggioranza, Berlusconi potrebbe chiedere un posto nel governo.
Ma anche nel caso, più probabile, di voto contrario da parte di Fi ci sarà uno smottamento con le dimissioni dei viceministri e dei sottosegretari di Forza Italia. Occasione che potrebbe venire sfruttata per ridare un equilibrio complessivo al governo, con Alfano che, spiega un senatore di peso, «sfrutterebbe l’occasione per lasciare il Viminale e fare al meglio il vicepremier e soprattutto il segretario di un partito tutto da costruire e che vuole correre da solo alle europee».
Sul piano politico i seguaci di Alfano lavorano su più fronti.
Ieri la creazione di gruppi, oggi la Legge di Stabilità : gli alfaniani hanno strappato a Berlusconi tutti i big, Brunetta escluso, che fino a venerdì la seguivano per conto del Pdl.
Così si è già attivata la cabina di regia economica di Ncd per concordare la posizione sull’Imu e gli emendamenti da sostenere oggi nella decisiva riunione di maggioranza nella quale il governo dovrebbe portare le risorse per coprire le modifiche chieste dai partiti.
Riunione alla quale non è stato invitata Forza Italia, mandando su tutte le furie i suoi, con Bondi che attacca D’Alì, relatore ex Pdl oggi di Ncd chiedendone invano le dimissioni.
Nervosismo comprensibile se si considera che con Alfano sono andati il viceministro all’Economia Luigi Casero, il presidente della commissione Bilancio del Senato Azzollini, il relatore D’Alì e ancora Sacconi, Giorgetti e Vignali.
Proprio il gruppetto da qualche ora lavora alla linea che Ncd terrà sulla manovra.
Se al Senato si guarda alla Finanziaria, nel partito sono già partiti i contatti con Bruxelles per l’ingresso nel Partito popolare europeo.
«Abbiamo ampie garanzie politiche — spiega Roberto Formigoni — di entrarci entro Natale». E intanto Alfano e Quagliariello lavorano allo statuto da presentare alla convention del 30 novembre: saranno previste primarie a tutti livelli, dunque anche per l’elezione del segretario, che quasi certamente sarà Alfano.
Così come i capigruppo di Camera e Senato, Enrico Costa e Laura Bianconi, sono pro tempore in attesa di una votazione dei parlamentari.
Si lavora anche ad aspetti più materiali, a partire dalla sede.
Ieri i parlamentari di Roma guidati dal senatore Colucci si sono messi a caccia dell’immobile perfetto. Ne hanno visitato un paio ma senza arrivare al dunque e faranno altri sopralluoghi per trovare, in tempi rapidi, il quartier generale del partito. Anche nelle aule parlamentari gli alfaniani cercano una collocazione.
Enrico Costa, capogruppo a Montecitorio, spiega che «per ragioni politiche preferiremmo sederci verso il centro dell’emiciclo, relegando all’estrema destra Forza Italia. Ma alla fine decideranno i presidenti di Camera e Senato e noi ci rimetteremo alla loro scelta».
Infine la battaglia sui soldi, con gli alfaniani in bolletta certi che i falchi di Forza Italia «faranno di tutto per tenersi i rimborsi elettorali del Pdl».
Non è ancora stato deciso se si darà battaglia o meno per ottenerne una parte, ma in molti sperano in una «transazione» per evitare una vertenza a suon di carte bollate.
Alberto D’Argenio
(da “La Repubblica“)
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Novembre 19th, 2013 Riccardo Fucile
IL CANDIDATO PD, INDAGATO PER LO SCANDALO RIMBORSOPOLI, OTTIENE IL 60 % DEI VOTI. MA L’ASTENSIONISMO AUMENTA DEL 15 PER CENTO
Un lucano su due non ha votato: affluenza del 47 per cento. Alcuni si sono presentati ai seggi, sì, ma solo per infilare nella scheda uno scontrino: un altro modo efficace per ricordare, alla classe dirigente lucana, che lo scandalo sui rimborsi non si cancella con una tornata elettorale.
A suggellare il clima surreale, poi, la presenza sulle schede del simbolo Pdl che, in realtà , non esiste più da qualche giorno.
E’ il candidato Pd, Marcello Pittella, a guidare la classifica del suffragio più basso della storia lucana: i dati finali lo vedono in testa con il 59,60 per cento delle preferenze, seguito (con il 19,4 per cento) dal candidato del centrodestra Tito Di Maggio (Scelta Civica), terzo posto per Piernicola Pedicini, del Movimento 5 Stelle, che staziona al 13,2 per cento.
Si profila quindi — nel segno d’una continuità ultra-ventennale — un governo regionale di centrosinistra guidato da Pittella.
La cronaca conferma il radicamento del Pd (24,83 per cento) mentre il defunto Pdl viaggia al 12,2% e il M5S perde, rispetto a febbraio, circa il 16 per cento dei consensi attestandosi all’ 8,9%.
La cifra più significativa di tutte, però, è senza dubbio quella dell’astensionismo: 15 per cento di votanti in meno, con riferimento alle ultime elezioni regionali, dove il 62 per cento degli elettori s’era presentato alle urne.
Segno di uno sconforto generalizzato, qui in Basilicata, ulteriormente rafforzato dall’inchiesta sui rimborsi elettorali che, pochi mesi fa, ha spinto l’ex governatore Vito de Filippo (Pd) a sciogliere la giunta (quasi completamente indagata) e a indire le elezioni anticipate.
S’è così avviata un campagna elettorale piuttosto interessante: il mantra del centrosinistra è quello della “massima trasparenza”, della pulizia totale, quindi s’immaginava che non candidasse indagati.
E invece tra gli indagati, per “rimborsopoli”, c’è proprio Marcello Pittella, accusato di aver falsificato una ricevuta da 23 euro, anteponendo un “2”, per ottenere un rimborso da euro 223.
Pittella nega — “non mi sporco le mani per 200 euro” — ma resta comunque indagato e viene candidato.
È lui ora l’uomo forte del Pd in Lucania, anche per via della stretta parentela con Gianni Pittella, che è suo fratello, nonchè vicepresidente del consiglio europeo e candidato nelle primarie per il partito di Epifani.
Il punto è Marcello Pittella vince le primarie contro Pietro Lacorazza, che non è tra gli indagati per rimborsopoli, e quindi fila dritto verso lo scranno da governatore: al posto dell’indagato De Filippo, che ha avuto il buon gusto di dimettersi, i lucani si ritroveranno l’indagato Pittella.
E così la giunta, che s’è dimessa per lo scandalo dei rimborsi, sarà guidata da un presidente accusato d’aver taroccato una ricevuta.
L’astensionismo lucano, insomma, risulta pienamente comprensibile. Anche perchè — solo per elencarne un’altra — è vero che, nelle liste del Pd, Pasquale Robortella decide di non candidarsi (tra le spese s’era fatto rimborsare 380 euro per circa 300 pasticcini destinati al compleanno della figlia), ma è anche vero che, nelle stesse liste Pd, ha trovato posto suo figlio Vincenzo.
Nel centrodestra, invece, il senatore Tito di Maggio (Scelta Civica) ha sbaragliato i giochi sin dall’inizio. A ottobre dichiara: “voterò a favore della decadenza di Silvio Berlusconi”.
L’elettorato Pdl è disorientato: alla presentazione del suo comitato si presenta soltanto una quarantina di persone. Ancora più disorientato nelle ultime ore, quando è stato chiamato a mettere una croce sul simbolo del Pdl che, ormai, non esiste più. Confusione anche per gli elettori del M5S che, con le “regionarie”, avevano scelto il loro candidato: Giuseppe di Bello.
Di Bello è accusato di rivelazione del segreto d’ufficio. Ha divulgato alcuni dati d’inquinamento, ritenendolo un dovere civico. Grillo per questo motivo ha bocciato la sua candidatura ed è sceso in campo Piernicola Pedicini che ha portato a casa circa il 7 per cento dei voti. Segue Sel che, con Maria Murante, incassa il 5, 7 per cento
Agli ultimi posti la tesoriera dei Radicali Elisabetta Zamparutti, ferma allo 0,46 per cento, con la lista Rosa del Pugno. Un dettaglio: è di Bolzano.
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Novembre 19th, 2013 Riccardo Fucile
I MAGISTRATI COSTRETTI A STRALCIARE LA POSIZIONE DI VERDINI, COSENTINO E DELL’UTRI, CHIESTO IL RINVIO A GIUDIZIO DI 17 IMPUTATI
Sembra preistoria, ma sono appena tre anni fa. Anzi è ieri, giorno in cui il gup del tribunale di
Roma ha rinviato a giudizio quella che, secondo la procura, era una vera e propria loggia per esercitare pressioni sulle istituzioni: la P3.
Siederanno dunque davanti al giudice il faccendiere Flavio Carboni; l’ex primo presidente della Corte di Cassazione, Vincenzo Carbone; il governatore della Sardegna, Ugo Cappellacci; l’imprenditore Arcangelo Martino; e il giudice tributario, Pasquale Lombardi e altre dodici persone tra cui anche la moglie di Carboni, Antonella Pau, e l’ex assessore della Campania, Ernesto Sica.
Diversi gli episodi per i quali gli imputati si diedero da fare, diversi i reati contestati che vanno dalla violazione della legge Anselmi sulle società segrete all’associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, all’abuso d’ufficio, all’illecito finanziamento dei partiti e alla diffamazione.
Una loggia che, ovviamente, aveva collegamenti e appoggi in politica, tutti nel Pdl. Ma deputati e senatori, centro nevralgico di questa indagine, sono i grandi assenti dall’udienza preliminare: nonostante il giudice abbia inviato in aprile alle Camere la richiesta per l’utilizzazione delle intercettazioni di Denis Verdini, Marcello Dell’Utri e Nicola Cosentino, il Parlamento ancora non ha risposto (solo per quest’ultimo la Camera ha dato l’ok in giunta).
Ritardo che, due settimane fa, ha costretto il gup Elvira Tamburelli a stralciare le posizioni dei tre politici e a procedere per gli altri.
La lentezza della Camere ha bloccato una parte fondamentale del processo e, peraltro, ha qualcosa di illogico: il rinvio a giudizio per gli altri 17 indagati, infatti, è stato disposto anche sulla base di quelle intercettazioni, le stesse sulle quali Montecitorio e palazzo Madama indugiano da parecchio tempo.
Sono quelle conversazioni ad aver dimostrato l’esistenza della P3 (l’inchiesta fu istruita dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dal sostituto Rodolfo Sabelli) per i cui membri il 9 aprile prossimo inizierà il processo davanti alla quarta sezione collegiale del tribunale di Roma.
Il giudice ha accolto l’impianto accusatorio del pubblico ministero Mario Palazzi per quanto riguarda le interferenze esercitate dalla loggia.
Che furono tante e su tanti fronti. Prima fra tutti la vicenda dell’eolico in Sardegna, business che interessava moltissimo Carboni che, riuscì, grazie a una serie di pressioni a far mettere persone di sua fiducia nei ruoli chiave delle aziende pubbliche che si occupavano di energie rinnovabili. Ma l’associazione si occupava di tutto, risolveva qualsiasi problema.
O almeno ci provava (il quadro che nell’estate del 2010 uscì dalle carte dell’indagine, condotta dai carabinieri del nucleo investigativo di Roma, era inquietante).
Grazie a una serie di contatti con magistrati (Lombardi era un intraprendente magistrato tributarista), cercavano di pilotare anche processi e nomine strategiche.
Come nel caso dei tentativi di influenzare i giudici costituzionali chiamati a decidere sul lodo Alfano e quelli della Cassazione per il contenzioso fiscale della Mondadori e per il ricorso contro la misura cautelare disposta dal gip di Napoli nei confronti dell’allora coordinatore Pdl campano Cosentino, e tutta una serie di ingerenze «sul vice-presidente Nicola Mancino e sui componenti del Csm per indirizzare la scelta dei candidati e incarichi direttivi » quali, ad esempio il presidente della Corte di Appello di Milano e Salerno.
Maria Elena Vincenzi
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Novembre 19th, 2013 Riccardo Fucile
AL PROCESSO CONTRO “‘O AMERICANO” PARLA ANNA CARINO, COMPAGNA DEL BOSS “CICCIOTTO ‘E MEZZANOTTE”
«Ricordo bene quando Nicola Cosentino, che a Casale chiamavano Cosentino ‘o Mericano, venne a trovare Francesco Bidognetti. Anzi, venne in due occasioni, nel 1987. Ci salutammo, e lo portai a parlare da Bidognetti, si appartarono in una stanza. Mio marito all’epoca era agli arresti domiciliari. Veniva un sacco di gente: l’occasione era importante, era uscito dal carcere dopo sei anni. Venivano amici, imprenditori, conoscenti. E venne pure lui, l’avvocato che poi sarebbe diventato onorevole”.
Anna Carrino, pentita di camorra, per 23 anni compagna del padrino dei casalesi Francesco Bidognetti, il sanguinario boss Cicciotto ‘e Mezzanotte ormai all’ergastolo, parla per quattro ore nell’aula del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Con questa sua inedita rivelazione si apre l’ennesima udienza del processo a carico dell’ex sottosegretario e deputato Pdl Nicola Cosentino, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa, per il traffico dei rifiuti gestito dai casalesi.
È una dichiarazione che stupisce persino il pm Alessandro Milita. «Come mai non l’aveva detto prima, nei sei mesi della collaborazione, o dopo? », le chiede.
E lei: «Nessuno mi aveva mai chiesto in particolare se Cosentino era entrato in casa nostra. Ho parlato di tante cose. Di tutte le “imbasciate” che mio marito mi faceva nel carcere: come dare i soldi alle mogli degli altri boss, per gli avvocati di altri detenuti. Ho anche parlato del fatto che l’onorevole Cosentino, quand’era già politico famoso, si era interessato della sorte di un figlio di un altro boss, Stolder, di Napoli, perchè questo interessamento glielo aveva fatto chiedere mio marito dal carcere attraverso mio genero, Giovanni Lubello».
Impassibile e teso, in prima fila, assiste Nicola Cosentino. «Sono tornato a difendermi da uomo libero», dice, sfoderando un sorriso di circostanza.
Si è fatto rivedere dai suoi giudici, come aveva detto,solo in giacca in cravatta: mai, per gli otto mesi della detenzione, aveva voluto prender parte alle udienze. E ieri è la sua prima “uscita” pubblica. Ma non vuol sentir parlare di Berlusconi, Alfano e «Ho altro su cui concentrarmi, ora».
La pentita viene poi a lungo incalzata dagli avvocati della difesa, Stefano Montone e Agostino De Caro. Con frasi come questa: «Lei avrà reso forse 40 o 50 interrogatori. Ebbene, non aveva mai ricordato questa circostanza?». I legali puntano poi a scardinare l’attendibilità della collaboratrice, ricordando che è stata appena tirata in ballo, da altri pentiti, nella presunta organizzazione del delitto di Antonio Petito, un ventenne massacrato solo per aver casualmente investito il figlio di Bidognetti.
La Carrino torna poi sulla “raccomandanzione” con cui Cosentino avrebbe favorito il figlio del boss Stolder, «un giovane che voleva partire per l’Esercito, ma non voleva andare lontano e mi dissero che Cosentino aveva fatto la cosa, aveva chiesto Napoli o Caserta».
Il giovane Stolder però non partì più, «si mise paura della guerra». Commenta Cosentino, alla fine dell’udienza: «Mah. Quante assurdità . Prima gli incontri. Poi avrei fatto la raccomandazione per un soldato che non è più partito». E continua a sorridere.
Conchita Sannino
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Novembre 19th, 2013 Riccardo Fucile
DALLE SHOWGIRL A FRECCIA ALATA, MA IL PARADISO È LA POLITICA… GIOVANARDI NE FA L’ELOGIO: “HO UN UFFICIO APPOSTA”
Ci sono quelli che, come il senatore Carlo Giovanardi, arrivano a fare un elogio della spintarella.
“Io a Modena”, spiega al Fatto Quotidiano, “ho il mio ambulatorio e più che altro è un ufficio raccomandazioni. Ma non ne vedo lo scandalo. Riesco a dare referenze a chi non ne avrebbe: aiuto il disoccupato e l’eventuale datore di lavoro”.
Certo, e mantiene il suo personalissimo bacino elettorale. Non la pensano allo stesso modo le grandi aziende, multinazionali come Ikea e McDonald’s che a causa delle lettere di raccomandazione si trovano sull’orlo di una crisi di nervi.
L’Ikea ha risposto pubblicamente all’assessore regionale che mandava le liste da assumere (“facciamo di testa nostra”) e McDonald’s ha risolto la questione con le selezioni di personale in piazza.
Come dice al Fatto il direttore delle risorse umane del colosso della ristorazione, Stefano Dedola, esperienze in Galbani, Barilla e da dieci anni manager della multinazionale statunitense. “Per noi la spintarella non esiste. Ci provano, dai politici ai ristoratori, ma abbiamo fatto in modo che non funzioni così: i curricula arrivano on line, le selezioni del personale le facciamo in piazza. Anche perchè dobbiamo fare tremila assunzioni nei prossimi tre anni e non abbiamo nessuna voglia di essere additati come quelli che assumono raccomandati. Siccome è già accaduto, salvo poi dover smentire, ci difendiamo dal vizio molto italico con la trasparenza. E cestiniamo la posta riservata alle spintarelle di questo o quello, del potente o dell’amico degli amici”.
Non è esente dalla spintarella l’università .
C’è dentro fino al collo, mettiamola così. Un caso su tutti, quello di Maria Rita Lorenzetti, ex presidente Pd della Regione Umbria e allora presidente di Italferr, finita agli arresti per associazione a delinquere e corruzione nell’inchiesta sui lavori del passante Tav di Firenze.
Il 3 settembre dello scorso anno Lorenzetti chiama la professoressa Gaia Grossi, ordinaria di Chimica generale all’università di Perugia e suo ex assessore alle Politiche sociali alla Regione Umbria. Comincia così una serrata serie di contatti telefonici. Obiettivo: raccomandare uno studente di Odontoiatria. Giustificazione: deve aprire uno studio a Terni. Il ragazzo deve superare al più presto un esame di patologia generale. E Lorenzetti si prodiga perchè questo avvenga senza intoppi e senza troppi se. Ordinaria amministrazione (rossa) almeno dalle parti di Perugia. E non solo, ovviamente: ateneo che cerchi, grande raccomandatore che trovi.
Gaspari, il re d’Abruzz
Il grande vecchio della raccomandazione in carta bollata portava il nome di Remo Gaspari, zio re’, come lo chiamavano in Abruzzo. “Lo facevo per scopi caritatevoli, senza mai nessun guadagno”, raccontò in una delle ultime interviste. Potente lo era: se Pescara ha un aeroporto lo si deve a Gaspari: un volo al giorno, destinazione Roma. Talvolta era lui unico passeggero. Ma parliamo del passato. Come l’ufficio di piazza San Lorenzo in Lucina, regno di Giulio Andreotti, dove smistava curricula e pizzini a favore dei raccomandati. Per non parlare di Bettino Craxi, grande occupatore di Rai e di tutta quella finanza salottiera della Milano che fu: craxiani, talvolta, lo erano interi consigli d’amministrazione. La Rai era craxiana. Lo erano giornalisti di intere redazioni e inviati poi diventati vicedirettori e direttori, anche in epoca berlusconiana.
Ci sono quelle apparentemente più leggere come l’ufficio dell’Alitalia che lavora un giorno sì e l’altro anche perchè questo o quello venga ammesso nel club Freccia Alata, sala d’aspetto vip a Fiumicino. “Non avete idea”, racconta una fonte in Alitalia al Fatto, “delle richieste che arrivano. Ogni giorno ne contiamo almeno una decina, tra scritte e fatte al telefono. Una lista infinita. Amici, fidanzate, amanti più o meno ufficiali. E funziona così da una ventina d’anni”.
Tutto per un’ora d’attesa tra i potenti e le celebrità . Magari perchè la catena di raccomandazioni si trasferisca anche lì, tra un aereo e l’altro. “Ci sono fior di parlamentari che passano intere giornate qui dentro”, racconta un’hostess di terra.
Spintarelle da larghe intese
Uno spazio, quello dell’attività di pressione, che viaggia anche ai tempi delle larghe intese. Come per Freccia Alata il viaggio verso Vedrò è ambito. Lì, dentro al think tank voluto da Enrico Letta e l’amico di sempre, Filippo Andreatta, grande addetto allo smistamento, abita mezzo governo e non da marzo, ma da molto prima. à‰ lì che è nato l’amore bipartisan tra Francesco Boccia e Nunzia De Girolamo. Amici influenti di Vedrò sono Angelino Alfano, Anna Maria Bernini, Giovanna Melandri, Maurizio Lupi, Marianna Madia, Laura Ravetto e Flavio Tosi. Un incrocio che abbraccia tutto l’arco politico istituzionale. Non propriamente raccomandazioni — anche se di attività di lobbying si parla.
Se parliamo di raccomandazioni, invece, vengono in mente Gaspari e Craxi, vero. Ma anche Fini e una pletora di berlusconisti. Berlusconi, appunto. Lui, in tempi recenti, non disdegnava occhio di riguardo anche per questioni molto meno fondamentali: agli atti del processo Tarantini si parla di molte raccomandazioni riguardo la partecipazione delle ragazze ad alcuni programmi televisivi, e persino di quanto accadeva in quei programmi televisivi.
Berlusconi a un certo punto si lamenta del fatto che Barbara Guerra sia andata in nomination nel reality show La fattoria. “Mi sono arrabbiato perchè… questi… questi delinquenti di autori hanno… adesso sono intervenuto e se la fanno uscire… poi… fanno uno sgarbo a me insomma”. Sempre Berlusconi, in alcune intercettazioni, parla al telefono con Belèn Rodriguez e le fa sapere di avere fatto pressioni perchè fosse scelta per condurre Scherzi a parte.
Più complicato il giro strettamente politico e mediatico che aveva stretto Berlusconi. Anche perchè era diviso tra amici di bagordi e quelli cresciuti con lui. Memorabile la foto scattata alle Bermuda, nella villa del Cavaliere: c’erano il gruppo dei fedelissimi: Fedele Confalonieri. Adriano Galliani, Marcello Dell’Utri, Carlo Bernasconi. Ognuno portava in dote a Berlusconi uno dei suoi amici degli amici. Il secondo anello, era formato da Gianni Letta, Paolo Bonaiuti, Antonio Tajani. E un gradino più i basso Emilio Fede.
Lo stesso Fede (ai tempi della Rai lo chiamavano sciupone l’africano per via delle note spese inviate dalle trasferte in Africa appunto) che ritroveremo ad Arcore, nelle feste con le olgettine. Ma a vario titolo ci sono passati tutti. Re Silvio badava a riempire i format televisivi con le amiche che si alternavano nelle sue serate a tema Bunga Bunga. C’era Nicole Minetti, il clan delle olgettine, l’ape regina, e via via a scendere, fino alle ballerine del Billionaire. Nella prima indagine Vallettopoli finisce anche l’attuale moglie di Briatore, Elisabetta Gregoraci. Durante un’interrogatorio ammette di aver più volte incontrato l’allora portavoce di Gianfranco Fini, Salvatore Sottile, che doveva procurarle ruoli da valletta. Incontri avvenuti alla Farnesina. Restano ammissioni della Gregoraci in fase di interrogatorio, ma nessun reato se non quello di peculato nei confronti di Sottile per l’utilizzo dell’auto blu che serviva a far accompagnare la Gregoraci alla Farnesina.
Belen, Minetti e cognati italici
Parlare di Fini porta alla memoria il caso del cognato più famoso della destra italiana, Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta, la signora Fini. Tulliani destinatario di appalti da mamma Rai, oltre che dell’immobile di Montecarlo, aveva un referente a viale Mazzini in Guido Paglia, messo lì, dicevano i maligni, da Fini. Storie che la raccontano lunga sull’Italia della spintarella. Spintarella che ha cambiato la ragione sociale, un po’ per via del berlusconismo, fatto di lustrini e gambe mozzafiato, un po’ per via della crisi.
Ma che resiste. Bipartisan. Pd come ex Pdl.
Emiliano Liuzzi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: denuncia | Commenta »