Novembre 28th, 2013 Riccardo Fucile
IL LEADER DI FORZA ITALIA POTREBBE ESSERE ELETTO AL PARLAMENTO EUROPEO SE A CANDIDARLO FOSSE UN ALTRO PAESE IN CUI NON ESISTE UNA NORMA SULL’INCANDIDABILITA’ DEI CONDANNATI IN VIA DEFINITIVA… MA RIMANE ANCHE IL RISCHIO DI ESSERE ARRESTATO
Un seggio in Europa per il Cavaliere? La possibilità che Silvio Berlusconi possa essere eletto al Parlamento
europeo è remotissima, anche perchè a candidarlo dovrebbe essere un altro paese, in cui non esiste una norma sulla incandidabilità dei condannati in via definitiva.
Ma in teoria questa possibilità c’è.
Come c’è quella che l’ex premier possa essere oggetto di misura cautelare, per esempio gli arresti domiciliari
Anche perchè se la maggior parte dei procedimenti in corso ma non conclusi — da Bari e Napoli in primis — sono per così dire cristallizzati, in arrivo c’è l’inchiesta Ruby ter.
Indagine ancora non aperta, ma pericolosissima per Berlusconi: che il reato contestato sia “intralcio alla giustizia”, “induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria” oppure “corruzione in atti giudiziari” o ancora “subornazione di testimoni” per il pagamento dei testi dei processi Ruby e Ruby bis in teoria un giudice potrebbe valutare che l’ex premier sia in grado di inquinare le prove, di reiterare il reato e in considerazione del suo reddito (nonchè amicizie) fuggire.
La legge blocca la candidatura anche nelle circoscrizioni.
Dalle 17,43 di ieri, 27 novembre, il leader di Forza Italia è senza lo scudo dell’immunità parlamentare.
La legge Severino non gli lascia spazi in Italia: non solo Berlusconi è decaduto dal suo scranno di senatore “immediatamente, con il voto del Parlamento”, come spiega il professore Carlo Federico Grosso, docente di diritto penale e avvocato; ma, “a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza Mediaset, è incandidabile per sei anni”.
Una tagliola che gli preclude tutto (Parlamento, governo, cariche nelle regioni e nei comuni): “Non potrà nemmeno fare il consigliere circoscrizionale”, sintetizza il professore.
E non può sperare nemmeno in una candidatura in Italia all’assemblea della Ue.
Ma il discorso cambierebbe se fosse un altro Stato a offrirgli un posto in lista: “Penso che possa essere candidato al Parlamento europeo da un altro Paese, che non abbia una norma sull’incandidabilità come quella italiana”.
Infatti l’articolo 4 della legge prevede l’incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all’Italia, ma non in un altro paese: “Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di membro del Parlamento europeo spettante all’Italia coloro che si trovano nelle condizioni di incandidabilità ”.
Che un italiano, anche se il caso non è neanche lontanamente paragonabile all’affaire Berlusconi, fosse candidato alle europee su mandato di un altro paese è già successo nel 2009: Giulietto Chiesa, incensurato, fu candidato in Estonia per il partito a difesa della minoranza russa.
L’istanza di revisione non incide su decadenza e incompatibilità .
La sola richiesta di revisione del processo Mediaset, la cui condanna definitiva ha fatto scattare la legge Severino, non basterebbe invece a salvare il Cavaliere: “Non cambierebbe nulla su decadenza e incompatibilità ”.
Lo scenario sarebbe un altro, solo se venisse accolta “ma nella stragrande maggioranza dei casi le Corti d’appello dichiarano inammissibili le istanze di revisione, che devono basarsi su fatti nuovi non considerati nei precedenti gradi di giudizio e decisivi a ribaltare la sentenza”.
E se soprattutto alla fine la condanna fosse effettivamente sostituita da un’assoluzione definitiva. “Se tutto questo avvenisse nel corso di questa legislatura Berlusconi dovrebbe verosimilmente riottenere il suo scranno di senatore”, sostiene Grosso.
Ma bisogna ricorda che i legali, Franco Coppi e Niccolò Ghedini, l’istanza la stanno ancora valutando e hanno spiegato che ci vorranno mesi per essere pronti a depositare la documentazione.
Sarà il magistrato di sorveglianza a decidere se potrà continuare l’attività politica.
Fuori dal Parlamento Berlusconi potrebbe continuare a fare comunque attività politica, ma tutto dipenderà dalle decisioni del magistrato di sorveglianza sulla sua richiesta di scontare la pena del processo Mediaset con l’affidamento in prova ai servizi sociali.
Nel caso di un sì — una decisione piuttosto probabile — “sicuramente Berlusconi potrebbe fare attività politica in senso lato, nei limiti consentiti dalle prescrizioni dell’autorità giudiziaria, che ha comunque un’ampia discrezionalità nello stabilire gli obblighi di chi è affidato ai servizi sociali”. Limiti che “diventerebbero molto più stringenti” se al leader di Forza Italia venissero dati gli arresti domiciliari.
Perquisizioni, intercettazioni e anche misure cautelari con perdita status.
Ma gli effetti più pesanti derivanti dalla perdita dello status di parlamentare per il Cavaliere potrebbero essere di tipo giudiziario: “Con la decadenza da senatore cade l’immunità parlamentare. E cioè il divieto di procedere a misure cautelari o a provvedimenti di perquisizione, sequestro e intercettazioni senza la preventiva autorizzazione della Camera di appartenenza. Qualsiasi procura e qualsiasi gip potrebbero richiedere — ragiona Grosso — o emettere un’ordinanza di custodia cautelare, ovviamente in presenza delle condizioni previste dalla legge e purchè si tratti di reati per i quali è prevista la custodia cautelare”.
La situazione si aggraverebbe ulteriormente se a Berlusconi arrivasse un’altra condanna definitiva, magari per il processo Ruby.
“Salterebbe l’indulto e, se la nuova pena superasse i tre anni, gli verrebbe revocato l’affidamento ai servizi sociali, nel caso gli fosse stato concesso.
A quel punto il giudice dovrebbe decidere se dargli la detenzione in carcere o i domiciliari in ragione dell’età . Età che non è comunque un elemento decisivo”.
La prova di ciò è il precedente che riguarda Callisto Tanzi: “era ultrasettantenne al momento di scontare la condanna per il crac Parmalat ma non gli furono concessi i domiciliari, nonostante i suoi legali avessero motivato la richiesta con le sue gravi condizioni di salute”.
Quindi la paura non può che esserci. “Vedrete che qualche pm tenterà di fare il colpo del secolo e mi arresterà . Ma alla fine la verità verrà fuori” diceva a Palazzo Grazioli poco prima di salire sul palco per la manifestazione anti-decadenza.
D’altra parte lo dice il diritto, ma vista da questo punto di vista, l’incandidabilità rischia di essere l’ultimo dei problemi per il Cavaliere.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 28th, 2013 Riccardo Fucile
LA FIDANZATA DEL CAVALIERE: “VOLEVO CHIEDERE IO LA GRAZIA, I FIGLI ERANO D’ACCORDO, MA AL QUIRINALE AVREI TROVATO PORTE CHIUSE”
Sostiene che «il voto del Senato è un colpo di Stato, come altro vogliamo chiamarlo?». Anzi, «una manovra eversiva», insiste Francesca Pascale.
Poi, quando la conversazione approda al tema della grazia, la fidanzata del Cavaliere dice: «Lancio un appello a papa Francesco. Un appello affinchè mi riceva e ascolti la storia di Berlusconi. La grazia? Avevo pensato di scriverla io, la lettera. Anche i figli erano d’accordo. Avevo pensato di andare al Quirinale da Napolitano. Poi ho capito che avrei trovato le porte chiuse».
E nel caso in cui non fossero chiuse, le porte del Colle? «Se quelle porte non fossero chiuse ci andrei, a parlare col capo dello Stato»
Palazzo Grazioli, interno giorno.
Mentre al Senato è in corso il dibattito sulla decadenza del suo fidanzato, Francesca Pascale guarda dalla finestra i manifestanti con le bandiere di Forza Italia.
«Fatico a parlare. Le parole sono ghiacciate. Vorrei portarmelo via, allontanare il mio uomo da chi lo odia, per preservarlo dai colpi e dall’umiliazione ingiusta. Mi rendo conto però che così non sarebbe lui, non si riconoscerebbe guardandosi il mattino allo specchio e non lo riconoscerei neppure io».
I senatori stanno votando la decadenza. Come reagirete?
«Oggi per me è il giorno di un’amarezza indicibile. Lui vela sempre con l’autoironia anche la sua tragedia personale ma io non ci riesco. Non riesco a separare la persona di cui mi sono innamorata dalla sua figura pubblica. Per questo sento un dolore doppio, una ferita al quadrato. Da cittadina libera soffro non solo perchè è calpestato il mio uomo e il mio leader politico, ma anche perchè il Senato ha stracciato la mia scheda. Perchè mi tolgono il voto che è servito a eleggerlo? Quale articolo della Costituzione gli dà il diritto a umiliare la mia volontà ?»
Signorina Pascale, ci sono una sentenza passata in giudicato e una legge – la legge Severino – che anche il Pdl aveva approvato.
«Sono abituata a guardare prima in casa mia. Per questo dico che il primo sbaglio, ancora prima della sinistra, l’ha fatto il Pdl. Maledetto il giorno in cui l’hanno approvata, quella norma. Ci sono dieci milioni di italiani che hanno votato per Berlusconi. Non possono passare tutti per fuorilegge»
Milioni di voti per Berlusconi. Ma anche per un partito che ha subito una scissione. Che cosa pensa di chi, come Alfano, se ne è andato?
«Alfano ha preferito scegliere un’altra strada. E Silvio è la persona che lo ha inventato come politico. Gli sarebbe bastato aspettare e sarebbe stato lui il leader naturale».
Anche Berlusconi pensa di Alfano quello che pensa lei?
«Silvio per fortuna ha un cuore immenso. Riesce sempre a perdonare i suoi figli anche nelle situazioni più critiche».
E che cosa pensa del Nuovo centrodestra?
«Già dal nome, più che un partito, quello di Angelino sembra una società di autonoleggio»
E del governo di Enrico Letta?
«Letta è un democristiano sbiadito. Anzi, l’indole sua e della sinistra è quella dei comunisti. Ma anche sono peggio dei comunisti perchè negano di esserlo»
C’è chi descrive un Berlusconi depresso. E chi lo definisce come pronto a lottare. Qual è la verità ?
«Non è depresso. È arrabbiato, ha la rabbia di chi ha subito una sentenza ingiusta. Palazzo Chigi? Lui non ha bisogno di cariche. Ma ha un sogno, rendere libero questo Paese. E lo realizzerà »
Il Cavaliere insisterà nel rifiuto di presentare la domanda di grazia?
«Sia io che i figli volevamo presentarla. Poi abbiamo capito che per lui sarebbe stata come una violenza, visto che è innocente. Io avevo anche pensato di andare direttamente al Quirinale. Fino a che non ho capito che in realtà quelle porte, per noi, erano chiuse»
E se non lo fossero?
«Ci andrei, a parlare col capo dello Stato. Come andrei di corsa a parlare con papa Francesco del caso Berlusconi»
Come sarà il vostro domani?
«Silvio, ed è la cosa che mi ha fatto innamorare di lui, non è nato per stare solo, per godersi le ricchezze. È contro la sua natura. Per lui la politica è la forma della sua donazione agli altri. Anche quando pensava di mettersene fuori e stava costruendo ospedali per i bambini in Africa, un’università per educare i giovani alla politica della libertà e poi il suo Milan. Con la decisione di oggi pensano di cancellarlo. Invece lo riconsegnano alla lotta per la libertà »
E lei, signorina Pascale?
«Gli sono e gli sarò accanto. In ogni sua scelta».
(da “il Corriere della Sera”)
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Novembre 28th, 2013 Riccardo Fucile
LE VOCI SUI CONTI INTESTATI AI FIGLI E IL PASSAPORTO DI PUTIN
La ritirata ad Arcore, nella sera gelida, è gonfia di angoscia. E paura. 
Gli slogan, l’inno, gli echi della piazza sembrano già lontani e l’atmosfera ora è cupa, sul breve volo – in aereo privato col Biscione in coda – che lo riporta dai figli.
Ha rinunciato al salotto di Vespa. Archiviata la propaganda, Silvio Berlusconi è un ex parlamentare che si prepara a «ogni evenienza», come ripete a familiari e consiglieri. Fedele Confalonieri, raccontano, continua a fargli pesare lo strappo compiuto: «Ora siamo senza ombrello, senza protezione, e lo sei anche tu»
Sullo sfondo, lo spettro dell’arresto imminente si fa sempre più ingombrante, alberga ormai nella sua mente a prescindere dagli avvertimenti dei legali Ghedini e Longo.
Il Cavaliere non ha ancora deciso cosa fare nelle prossime settimane, promette al suo popolo che lui resta qui, continua la battaglia, ma non si lascia preclusa alcuna possibilità .
La politica, il partito, le future elezioni, al di là dei proclami, passano in secondo piano. Le prime mosse sono finalizzate alla gestione nella continuità dell’immenso patrimonio finanziario.
A cominciare dalla procura conferita nelle ultime settimane ai primi due figli Marina e Piersilvio affinchè possano operare in autonomia sui conti correnti e sui fondi di cui il magnate è titolare in cinque diverse banche.
Solo a loro due e non ai tre figli di seconde nozze, spiazzando Barbara, Eleonora e Luigi.
Perchè quella sorta di delega proprio ora, a ridosso della decadenza e della perdita di immunità ?
A quali evenienze l’ex premier pensa di dover far fronte, a che genere di assenze?
La notizia viaggia parallela all’indiscrezione secondo la quale, nel lungo incontro di lunedì notte a Palazzo Grazioli, Vladimir Putin abbia davvero lasciato al padrone di casa e amico di vecchia data un passaporto diplomatico che gli consentirebbe di allontanarsi dall’Italia.
Sebbene il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov due giorni fa abbia bollato come «fesserie» le voci circolate a riguardo.
«Avessi ancora il passaporto me ne andrei ad Antigua, ho sempre casa lì» confidava del resto non più tardi di due settimane fa un Cavaliere sconfortato a pochi intimi. Con loro, da giorni, si abbandona sul divano di Arcore ed elenca quel che si porterebbe in esilio. Sorriso amaro.
«Bene, io vado, vi chiamerò da Mosca» ha scherzato ieri con deputati e senatori venuti a salutarlo dopo il comizio nel “parlamentino” di Palazzo Grazioli.
L’umore era più tetro istanti prima, quando dal Senato è arrivata la notizia della decadenza, il voto finale sul nono ordine del giorno.
Lì sembra abbia accusato il colpo, davanti a Fitto e Gelmini, Verdini e Santanchè, Rossi e Galan, Prestigiacomo e Ronzulli, oltre al medico Zangrillo e alla fidanzata Francesca Pascale ancora con foulard di Forza Italia al collo.
«Vedrete, ci sono dei pm che non vedono l’ora di farsi pubblicità sulla mia pelle per diventare idoli della sinistra» è il primo pensiero nero che esterna ai presenti.
Poi torna a sorridere, «dovrete fare una colletta per portarmi le arance in carcere».
C’è paura, in realtà , e una rabbia che solo in privato sfoga nei confronti del Quirinale. «Allora che dite? Sono stato bravo » chiede il capo rivolto ai deputati dopo il comizio. «No» gli rispondono i più falchi che attendevano l’affondo contro il Colle e contro i «traditori».
«Su Napolitano mi sono imposto di non dire nulla, ma ho fatto uno sforzo» si lascia andare Berlusconi.
Salvo dare mandato loro, prima di imbarcarsi per Arcore, di «far casino » col Quirinale.
I forzisti si riuniscono nella sede di San Lorenzo in Lucina. Ci ragionano su fino a sera inoltrata, qualcuno vorrebbe presidiare il Colle simbolicamente, altri pensano a una fiaccolata.
Alla fine i due capigruppo Romani e Brunetta chiedono di essere ricevuti con una delegazione.
Su “Angelino” invece il Cavaliere glissa.
A chi lo va a trovare in giornata confessa la «delusione: ha chiesto il simbolo a Bocchino, io non lo cito nemmeno, scompariranno come Fini, saranno gli elettori a giudicarli per quel che mi hanno fatto».
Poco dopo, è dalla piazza che lascia salire l’urlo «traditori, traditori», fermandosi ad annuire.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Novembre 28th, 2013 Riccardo Fucile
IN GIRO PER ROMA DOPO IL COMIZIO, I RAGAZZI SPIEGANO: “PAGA TUTTO IL CONSIGLIERE SCIARRONE”
“Non siamo iscritti, ma è tutto pagato pure l’albergo Tutto a gratis”. In tre parole il racconto del viaggio con pernotto dei fan del Cavaliere accorsi per soccorrere il loro capo nel giorno della decadenza da senatore.
Palazzo Chigi alla loro destra, la Galleria Sordi a sinistra. Un gruppo di giovani sostenitori di Silvio Berlusconi avanza in ritirata, lungo via del Corso, dopo il comizio e commiato da senatore del loro leader.
Cantano e ballano, non sembrano dispiaciuti per il “colpo di stato”, la “morte della democrazia”. Per loro, i giovani con bandiere e vessilli, la storia è diversa.
Qualcuno intona un “Viva la patata, viva la patata”, esplicito riferimento goliardico al sesso femminile mentre i turisti imbambolati osservano l’invasione pacifica.
È l’età del divertimento, il tempo per le rivendicazioni arriverà . Si fermano per raccontare la loro giornata, il video è sul fattoquotidiano tv. “Veniamo da Gioia Tauro, Calabria”.
Un lungo viaggio per sostenere il leader abbattuto dalla magistratura comunista e dalla sinistra giacobina. “Quando ripartiamo? Domani o la mattina o il pomeriggio”. Spaesati sulla tempistica, sono più pronti a raccontare altro: “Il consigliere provinciale Rocco Sciarrone ha organizzato tutto, questa sera dormiamo a Roma, tutto gratis”. Sciarrone è consigliere provinciale a Reggio Calabria, eletto con il Pri a sostegno del centrodestra, ed ha organizzato, raccontano i ragazzi, il tour per la democrazia.
Ma dove dormono i gladiatori della libertà ? “Non ricordiamo, è un poco fuori Roma, però dicono che è bello, uno dei migliori alberghi”.
Poi rammentano: lo Sheraton golf club. Niente male, 4 stelle.
C’è l’ultima domanda da porre ai giovani se sono iscritti a Forza Italia, la risposta degli intervistati è “No”.
Ci sarà tempo per farlo. Un racconto che ha trovato conferma, visto che il Fatto Quotidano ha riscontrato la prenotazione all’albergo.
Mentre la democrazia muore i giovanotti si trastullano per la vacanza “a gratis” e si godono la notte romana.
Nello Trocchia
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 28th, 2013 Riccardo Fucile
QUANDO MUSSOLINI PARLAVA DA PALAZZO VENEZIA, VIA DEL PLEBISCITO ERA RISERVATA AL PARCHEGGIO DELLE AMBULANZE…. LA CARICATURA DI UNA PIAZZA PER UNA CARICATURA DELLA DESTRA
Pigiati come sardine sembriamo centomila, ma siamo meno di mille, la parodia di una folla oceanica nel
budello stretto e corto di via del Plebiscito.
E siamo addossati al palco dal quale lui con la pacchiana uniforme tutta nera di pingue “drag queen” del bunga bunga, celebra il “momento fatale” come «lutto della democrazia».
Non “Forza Italia” dunque ma “Senza Italia” è l’inno che solennizza, tanto per parodiare Stefan Zweig, la data storica, l’ora stellare e il minuto vertiginoso: le 17.43 del 27 novembre 2013: «Non lo dimenticherò mai».
Dunque la Decadenza, l’avvenimento che tutto decide e tutto dispone, è subito parodia, ma più di Dita Von Teese, la regina del Burlesque, che di Napoleone, l’eroe sconfitto a Waterloo.
Anche via del Plebiscito è la caricatura di una piazza. Non è neppure un palcoscenico, ma è una ridotta, un foyer che sembra affollato anche quando non c’è pubblico come stasera.
E infatti questo è il luogo che il fascismo riservava al parcheggio delle ambulanze (“lettighe” le chiamavano) durante le adunate (vere) nella vicinissima piazza Venezia.
Ed è parodia anche la gioia armata che Berlusconi esibisce subito: «il Senato è di sinistra» grida «e ha ordinato al tempo di fare freddo». E lo dice per sottolineare che è qui senza cappotto.
Sa che le telecamere inquadreranno lui che sfida il gelo e poi, per contrasto, la folla tutta imbacuccata, con i colli incassati nei toraci: è un cartoon orrendo che dà la sensazione della patacca, della maschera di cera.
L’ho guardato attentamente, con il vecchio binocolo del cronista, e soprattutto quando è sceso e la sua devota fidanzata, che per tutto il tempo del comizio aveva inalberato il cartello «oggi decade la democrazia », gli ha baciato la mano. Ebbene, sotto il girocollo nero, si intravede qualcosa di molto aderente, non la maglia della salute ma una più efficace muta Mares da sub che è l’ultima grottesca trovata per parodiare Superman.
Gli slogan sono i soliti ed è stato anzi un po’ fiacco quando ha attaccato le istituzioni italiane soprattutto «la magistratura che soggioga il Parlamento». Sembrava una copia, sbiadita dalla carta carbone, della manifestazione di agosto, nello stesso posto e con la stessa gente. Mancavano solo le lacrime e il respiro che gli tagliava la gola.
Erano identici anche i trucchi di regia del potente pretoriano Roberto Gasparotti (ancora quello della calza) che si sta applicando con passione a truccare come oleografie televisive le ultime cartucce del padrone.
Dunque anche ieri sera la telecamera montata sul braccio mobile, – si chiama jimmy jib – si allontanava piano piano e, dando l’effetto di profondità , moltiplicava le teste della folla. Se fosse dipeso da lui, ieri sera Gasparotti avrebbe disposto un diluvio di fuochi d’artificio (finti) per illuminare il sublime istante dell’uomo dalla finta natura indomita.
Di sicuro questo exit di tricche e ballacche non ha precedenti e paragoni storici nazionali, nè Cola di Rienzo nè Machiavelli nè Mussolini, nè Craxi, non gli uomini delle Signorie e neppure i Cincinnato della storia romana: solo le sceneggiate dei caudilli sudamericani deposti, forse la corruzione di Mubarak e le amazzoni di Gheddafi. Insomma non c’è il codice italiano, non c’è l’Italia.
Ma la parodia più comica è quella dei Comitati di salute pubblica o forse dell’esercito della salvezza: «Faremo in tutta Italia i club che hanno voluto chiamarsi “Forza Silvio”, e mille saranno pronti già il prossimo otto dicembre, evviva ».
È il carnevale dell’insurrezione: «saranno soldati», «saranno missionari», e anche questa è la smorfia del codice estremista.
Fa appunto il verso alla rabbia degli antagonisti, dei no global, dei no tav, dei grillini. E infatti anche qui, a sorpresa, denunziano «la polizia che reprime », e «hanno portato via un nostro manifesto con su scritto “colpo di stato”», e «hanno bloccato i pullman fuori Roma» e «ci boicottano » e «attenti ai provocatori» … sino al paragone tra magistratura e Brigate rosse.
L’idea era ben fissata nei cartelli che alcuni sparuti manifestanti ieri tristemente inalberavano fin dal mattino, «Berlusconi è prigioniero politico delle Br», mentre da Palazzo Grazioli ogni tanto qualcuno spostava le tende bianche per guardare cosa accadeva nel budello e allora c’era sempre quello che gridava «eccolo, eccolo» e giurava di averlo visto e di avere pure visto sullo sfondo la donna che ama «che se ne stava lì con Dudù in braccio …».
È un delirio di macchiette che vedono quello che vogliono vedere, gridano al golpe ma fanno ciao alla telecamera, sono ancora una volta parodie, persino del mattoide Paolini. È un raduno di spennacchiati e di ex ministri, tutti sotto il palco: la Prestigiacomo, la Gelmini, Brunetta, la Santanchè, Verdini, Capezzone, Mantovani paradossalmente sembravano persone normali abbracciati e baciati dai mostri di Dino Risi che, brandendo cellulari, volevano la foto con il semivip della politica.
Per me che ero presente nel giorno in cui Berlusconi esordì a Roma, al suo primo comizio nella capitale nel febbraio del 1994, «a portare – disse – la luce come gli elettricisti» e si muoveva sul palco imitando Frank Sinatra, il paragone tra l’entrata e l’uscita di scena è obbligato, imposto dalla memoria.
Ebbene, quel che mi colpisce non è la decadenza sua, ma del suo mondo.
L’Italia con la cravatta è scappata via, al posto di quel vigoroso terriccio vegetale di commercianti, professori, industriali, viaggiatori di commercio, avvocati, ufficiali e magistrati, qui ci sono solo le caricature che, certo, sono tipiche dei comizi, di tutti i comizi: c’è quello che si spoglia, una è vestita da fuoco, e viene avanti una signora avvolta in tre bandiere … insomma sono i soliti mattoidi italiani.
Ma il punto è che qui ci sono solo loro, niente più lettori di libri, sono andati altrove gli uomini in completo di Brooks che passavano un mese al mare, prenotavano la settimana bianca, rispettavano il matrimonio, arrossivano quando li scoprivano con l’amante, quelli che vestivano all’inglese o alla marinara e portavano i colori del reggimento della Fininvest come medaglie (la cravatta, le nacchere, la coccarda…).
Ecco, è questa la vera decadenza, oggi l’Italia di Berlusconi è l’Italia degli avanzi, residuale, una specie di lumpenborghesia marginale come i falchetti – pappagalli che neppure si mobilitano per lui, sono solo un fenomeno di casting, non simboli della rigenerazione ma della degenerazione.
D’altra parte, nonostante i giornali di Berlusconi celebrino appunto il momento fatale qui la caduta di Bisanzio è una miserabile condanna per frode fiscale confermata dalla Cassazione, Wellington è nientemeno il giudice “Vabbuò chillo nun poteva nun sapere”, e fa ridere Brunetta nel ruolo di Dostoevskij “l’hanno strappato al sonno di notte, clangore di sciabole nelle casematte” e la Santanchè è ancora e sempre parodia della Marsigliese, la sua nuova Forza Italia che ricomincia da oggi fa la smorfia al calendario della rivoluzione francese quando i mesi divennero Brumaio, Ventoso …. Ecco, nella riforma del calendario della Santanchè, il novembre della Decadenza diventerà il Ricomincioso.
Francesco Merlo
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Novembre 28th, 2013 Riccardo Fucile
L’ADUNATA NON È UN SUCCESSO… ANCHE L’ORGANIZZAZIONE È POCA COSA: CI SONO MOLTI CAMPANI, POCHISSIMI MILITANTI PROVENIENTI DALLA CAPITALE…. UNO DICE: “TRADITO COME GESÙ”
Che delusione, che grandissima delusione.
Erano arrivati da Sant’Antimo, Napoli, chiamati da Giggino ‘a Purpetta il loro leader, si erano arrampicati da Nardò e da Mesagne organizzati da Raffaele Fitto, falco in servizio permanente effettivo e aspirante vicerè delle Puglie, dalla Toscana (pochi) portati da Denis Verdini, finanche dalla Calabria (minoranza sparuta, visto che il grosso delle truppe berlusconiane Giuseppe Scopelliti, Peppe dj, padrone della regione, lo ha portato in omaggio agli alfaniani), insomma avevano marciato su Roma nel giorno più nero per Silvio ed è finita con le candele in mano.
Come a un funerale.
Che non ci fosse aria di chiamata alle armi lo si era capito fin dall’inizio. Un gruppo aveva attaccato uno striscione proprio sotto palazzo Grazioli con la scritta “È un colpo di Stato”, glielo hanno fatto togliere, subito, di corsa e senza discussioni.
Qualcosa non ha funzionato nel “nuovo” partito di Silvio, da Roma non si sono capiti bene con quel che resta dei gerarchi locali.
Che avevano preparato torpedoni, pranzi al sacco e striscioni, bandiere e parole d’ordine.
Un florilegio di accuse. “Napolitano come Stalin, Grasso uguale alla Boccassini, Alfano finito nel tritacarne”. Tanti con “oggi muore la democrazia”, “è un golpe”. Uno aveva fatto un fotomontaggio con la foto di Aldo Moro dietro il simbolo delle Br nella prigione del Popolo, sostituendo l’immagine del leader Dc con il volto di Silvio. Un altro agitava un cartello “Schifoso Schifani”, un gruppo esponeva uno striscione enigmatico: “Lupi confessa”. Cosa non si è capito.
“Sono traditori, hanno mangiato per anni alla tavola di Berlusconi e ora gli voltano le spalle”. “Gente che non era nessuno, non valeva una lira, si è ritrovata presidente del Senato, e ora ha accoltellato Silvio alle spalle”.
Il riferimento è a Renato Schifani. “Ma lei lo sa cosa faceva quel grandissimo c…to prima di incontrare Silvio?”, ci dice urlando un fedelissimo di Berlusconi arrivato dalla Sicilia (in mano la bandiera di Grande Sud, quella del figliol prodigo Gianfranco Miccichè). Non lo sappiamo. “L’autista, il portaborse di un sindaco Dc”.
Umori neri, rabbia, capannelli che discutono di articoli della Costituzione e di legge Severino come al Bar dello Sport, ognuno ha la sua ricetta, la sua formazione ideale. No, qualcosa non ha funzionato nel nascente partito dei club.
Si chiamerà Forza Italia, o forse Forza Silvio, chissà ? Per il momento tutto nei filmati trasmessi dai maxi-schermi, parla del passato.
Berlusconi nel ’94 , il Paese che amo, le vittorie, la sinistra sconfitta… sì, ma oggi, e soprattutto domani?
Anche le musiche sono tristi. Gli altoparlanti mandano l’inno di Forza Italia, il refrain ripete che “la sfida è dura ma la vinceremo noi”, e quelli in piazza, accalcati sotto palazzo Grazioli, non capiscono che la madre di tutte le battaglie l’hanno già persa: il loro amato leader, stanco come non mai, spompato, perso in parole d’ordine che non entusiasmano più nessuno, non è più in Parlamento.
“È come Gesù tradito da troppi Giuda”, dice un giovane militante con l’asta della bandiera di Forza Italia ricoperta di palme. “Presidente, siamo tutti con te”. Chi siete? “Circolo di Forza Italia della IV Municipalità di Napoli, zona Poggioreale”.
Il Cavaliere li vede e fa gli scongiuri, a Poggioreale c’è il carcere.
Quando lui, Silvio sale sul palco gli amplificatori sparano l’Inno nazionale. “Siam pronti alla morte…”. Ma chi?
La piazza ha freddo, Silvio non è in forma. Parla e parla ma non attacca mai Napolitano, Alfano, i traditori.
Finisce così, con i ceri che in pochi accendono e in pochissimi trascinano fino al Senato.
Dove qualcuno brinda (i 5Stelle), altri si fanno i loro conti (Pd e alfaniani), altre, le senatrici amazzoni del Cavaliere, sono di nero vestite.
A lutto.
Enrico Fierro
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 28th, 2013 Riccardo Fucile
DA UNA PARTE IL “BRUNELLESCHI DEL VENTESIMO SECOLO” E UN PREMIO NOBEL PER LA FISICA, DALL’ALTRA CORTIGIANI MIRACOLATI SENZA UN MESTIERE… “ESSERE ATTACCATO DA BONDI E GASPARRI E’ SUBLIME, PURA BEATITUDINE”
«Vergogna!». L’urlo dei senatori di Forza Italia contro Renzo Piano, Carlo Rubbia ed Elena Cattaneo
riassume da solo il senso di vent’anni all’insegna del rovesciamento d’ogni valore.
È la frase storica di una giornata che non ne ha prodotta nessuna. Proviamo a guardarla, la scena, con occhi stranieri.
Come la vedono nel resto del mondo civile, non assuefatti come i nostri da decenni di talk show dove tutto è uguale a tutto.
Da una parte stanno un genio dell’architettura, il “Brunelleschi del ventesimo secolo” (New York Times), un premio Nobel per la fisica degno erede della tradizione di Enrico Fermi e una ricercatrice stimata nei circoli scientifici internazionali.
Dall’altra un pugno di cortigiani miracolati senza un mestiere, ben rappresentati da Bondi e Gasparri, felici di riverire un padrone già piduista, datore di lavoro di boss mafiosi, ora condannato in via definitiva per frode fiscale, in primo grado per prostituzione minorile, sotto processo per corruzione di giudici e politici, considerato un «clown» da mezza stampa mondiale. E questi dicono a quelli «vergognatevi!».
«Sublime» l’ha definito Piano, a ragione.
Nella logica sotto-culturale del berlusconismo il tutto, s’intende, non fa una piega. Se Berlusconi vincerà ancora, probabilmente avremo una via di Palermo intitolata a Vittorio Mangano, eroe.
E se il capo mandamento di Porta Nuova e killer della mafia è un eroe, ne consegue che un premio Nobel debba vergognarsi, e noi con lui.
L’odio viscerale dei berluscones per chiunque si ostini a onorare il nome dell’Italia nel mondo è del resto antico quanto il berlusconismo.
Prima di Rubbia e Piano, il bersaglio preferito degli strali dei cortigiani di re Silvio era Rita Levi Montalcini, anche lei macchiata da un premio Nobel.
«Una vecchia rimbambita », «le porteremo le stampelle a casa» (Storace), «è molto meglio Scilipoti di quella là » (Bossi).
La gloria scientifica, in effetti, rischia di rovinare all’estero la solida fama degli italiani come puttanieri, mafiosi, frodatori del fisco e corrotti, che per fortuna altri personaggi pubblici continuano a tenere ben alta e con malcelata fierezza.
È questo disprezzo per l’eccellenza ad animare il livore sempiterno dei berluscones. Naturalmente poi bisogna cercare un pretesto.
In questo caso si sono scagliati contro le troppe assenze dei senatori a vita, che pure in media sono stati presenti alle votazioni del Senato molto più del loro beneamato leader Berlusconi.
Il quale, peraltro, non ha neppure l’alibi di essere impegnato in studi cruciali per il futuro dell’umanità come Rubbia, o di avere una dozzina di cantieri aperti in tre o quattro continenti, come Piano.
Per quanto, certo, il bunga bunga prenda un sacco di tempo e di energie.
Il rovesciamento della realtà e dei valori è del resto tanto più efficace quanto più è radicale e insistito. Con l’aiuto dei talk show siamo, infatti, l’unica nazione nella storia della democrazia che sta discutendo da mesi se è proprio il caso di interdire dalle cariche pubbliche un delinquente.
Si tratta del capolavoro finale dell’egemonia culturale berlusconiana di un intero ventennio.
La totale perdita di senso delle parole.
“Vergogna” nel dizionario italiano, “è il turbamento o il timore che si provano per azioni sconvenienti, indecenti, indecorose che sono o possono essere causa di disonore e rimprovero”. Ma è evidente che ormai lo Zingarelli, così come la Costituzione, è vecchio e va riscritto.
Curzio Maltese
(da “La Repubblica”)
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Novembre 28th, 2013 Riccardo Fucile
NEL GIORNO DEL GIUDIZIO ANCHE CHI INDOSSAVA IL LUTTO
Nessun applauso, nessun grido accoglie alle 17,43 di un plumbeo mercoledì le parole del presidente Grasso che annuncia burocraticamente “la mancata convalida del senatore Silvio Berlusconi, proclamato eletto nella Regione Molise”, una formula gelida e spenta che riduce il leader di Forza Italia a semplice rappresentante dei molisani.
Anzi ex, da quel preciso momento. Paolo Romani si attacca al telefono. La segretaria-senatrice Mariarosaria Rossi si rimette il golfino nero. Sandro Bondi si fruga nelle tasche.
Non c’è la drammaticità dell’espulsione, nè lo schiaffo della decadenza, solo una fredda “mancata convalida”: l’uomo che fu il più potente d’Italia in un attimo scivola via in silenzio e senza farsi vedere da quel Parlamento che voleva riformare perchè faceva solo perdere tempo al suo governo.
Nessuno si aspettava che il B-Day, il giorno del giudizio che gli uomini del condannato sono riusciti a rinviare per quattro mesi, alla fine si consumasse con un rituale stanco e sfilacciato.
Ma il fatto che tutto fosse già stato detto – e che il voto palese togliesse ogni incertezza all’esito dell’ultima disperata battaglia – non esentava i pretoriani del Cavaliere e i berlusconiani di complemento dal compito di difendere una trincea ormai perduta.
Così la seduta tanto a lungo rinviata e tanto a lungo temuta si apre con i senatori di Forza Italia che rimettono in campo uno dopo l’altro tutte le argomentazioni contro la decadenza: la norma è retroattiva, la legge è incostituzionale, bisogna aspettare la Corte europea, non si può votare a scrutinio palese.
Ma quando il presidente della Giunta per le elezioni, Dario Stefà no, spiega all’aula come si è arrivati alla proposta di far decadere Berlusconi, il fedelissimo Sandro Bondi dopo un po’ non ce la fa più e sbotta: “Basta! Senatore Stefà no, lei è un azzeccagarbugli!”.
Bondi è elettrico, ha deciso che qualcuno deve pagare per questo insopportabile affronto ed è venuto in aula con il coltello tra i denti.
Quando si trova davanti a Formigoni gli grida “Vergogna!”, e se non li separassero in tempo i due arriverebbero alle mani.
Dirà più tardi la senatrice Annamaria Bernini che “oggi non è un 25 aprile, come pensa la sinistra, ma l’8 settembre delle istituzioni”.
In realtà , tra i banchi di quello che fu il Pdl si respira più un’aria da 25 luglio. E infatti Alessandra Mussolini, la nipote del duce, parla apertamente di “tradimento”. Chiama Alfano “il piranha”, ma anche “Al-Fini”, che per lei è un’offesa mortale.
Si rivolge a Lupi, “il cui cognome è tutto un programma” a grida ai “poltronisti” traditori: “Io non avrei accettato il vostro appoggio, ipocriti!”.
Ascoltandola, Bondi salta in piedi: “Brava!”. Poi vede arrivare in aula Renzo Piano, e chiede subito la parola. Per chiedere “se è moralmente opportuno e accettabile” che quel senatore a vita che lui ha visto poco a Palazzo Madama “si presenti oggi per votare sulla decadenza del presidente del centrodestra italiano”.
Una domanda alla quale lui ovviamente ha la risposta: “Vergogna!”. Gasparri, che è nei pressi, si accoda subito: “Piano non è mai venuto in aula!”. Poi, fuori dall’aula, ringhia: “Quello è venuto solo per l’esecuzione. Come architetto mi tolgo il cappello, ma come politico può lustrarci le scarpe, che sono impolverate”.
A loro, l’archi-star dà una lezione di eleganza zen: “Essere attaccato da Bondi e da Gasparri è sublime. Pura beatitudine”.
Poi è una raffica di avvertimenti alla sinistra, la sequenza degli interventi del centro-destra. D’Anna (Gal) paragona Berlusconi nientemeno che a Nelson Mandela e alla Timoshenko. Minzolini profetizza una resurrezione del Cavaliere: “Si pensa di eliminare un avversario ma lo si trasforma in un martire se non in un eroe”. La Bernini arriva a citare (molto liberamente) Bertold Brecht: “Prima toccò ad alcuni, poi ad altri, e alla fine verranno a prendere anche noi”. Lei si considera già in lutto, e per questo è venuta in aula di nero vestita, come altre quattro senatrici (Alberti Casellati, Rossi, Bonfrisco e Rizzotti, ma non la Mussolini che con il nero ci va cauta) anche loro in total black funebre.
Eppure non c’è tensione nell’aula, almeno fino al momento in cui la grillina Paola Taverna parte in quarta elencando tutti i reati per i quali il Cavaliere è stato indagato, processato o condannato.
Per arrivare rapidamente a una conclusione perentoria: “Il senatore Berlusconi, anzi il signor Berlusconi, è un delinquente abituale e recidivo!”. Apriti cielo.
“Dillo agli italiani che lo votano” grida Manuela Repetti. “E’ un senatore della Repubblica!” protesta Malan. “Basta, sono sette mesi che li sopportiamo, questi grillini” urla Cardiello.
Il resto era già scritto. L’orgogliosa difesa del capogruppo del Pd, Zanda, della scelta di far applicare la legge Severino (“E’ la prima volta nella mia vita che sento definire colpo di stato il rigoroso rispetto della legge e delle sentenze”).
La scelta della Lega di restare accanto all’alleato condannato, votando contro la decadenza.
E anche l’assedio finale al presidente Grasso, al quale prima Malan, poi Nitto Palma, quindi Compagna e infine Bruno chiedono con ogni motivazione possibile il voto segreto.
Ma lui risponde no, no, no, no. “Si assuma la responsabilità di dirci di no” insiste Caliendo.
“Ma quante volte me la devo assumere, questa responsabilità ?”, domanda spazientito il presidente.
Anche Bondi getta la spugna: “Cari amici, non serve a niente. Hanno già deciso”. Alla fine si vota non sulla decadenza, ma sugli ordini del giorno che contestano la proposta di decadenza decisa dalla Giunta.
Vengono bocciati tutti, l’ultimo per 192 a 113, con due astensioni.
E allora, in un silenzioso brusìo, Grasso legge la formula prevista dal regolamento: “Si intendono pertanto approvate le conclusioni delle Giunta, nel senso di dichiarare la mancata convalida…”. Così, alle 17,43, Berlusconi diventa un ex senatore.
Sebastiano Messina
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Novembre 28th, 2013 Riccardo Fucile
UNA LUNGA OPPOSIZIONE POTREBBE PORTARE A UN LENTO DECLINO, MA LE CONDIZIONI DI UNA SPALLATA NON CI SONO
Alle elezioni a breve non crede più. Perchè le condizioni di una spallata non ci sono. 
E c’è un motivo se Silvio Berlusconi, appena finito il comizio, spiega ai suoi che l’appuntamento vero sono le Europee: “Siamo in campagna elettorale. Ora dobbiamo usare questi mesi che ci separano dalle europee per organizzarci”.
La speranza è che quel voto ci sarà la grande conta tra paese reale e maggioranza del governo Letta.
Il Cavaliere confida che Forza Italia andrà benissimo così come andranno benissimo Grillo e Renzi.
E il risultato di quelli che nel suo discorso ha definito i leader reali rappresenterà un avviso di sfratto per Letta.
Non è dato sapere il confine tra auspicio e strategia. Epperò, a parlare con la cerchia ristretta del Cavaliere, si capisce che stavolta qualcosa sia cambiato.
Berlusconi teme che una lunga opposizione possa accompagnare un lento declino.
E che possa trasformarsi in una traversata nel deserto diversa dalle altre. È la prospettiva ad essere avvolta nelle nebbie dello sconforto di una giornata “tra le più brutte che io abbia vissuto” (così si è sfogato coi suoi).
Perchè stavolta non è come ai tempi del Prodi 1 o del Prodi 2. Stavolta c’è la certezza che al termine della traversata non sarà comunque il candidato a palazzo Chigi.
È questo alone triste di fine di un’epoca il fardello più pesante da reggere.
Stanco al punto da accettare il consiglio dei familiari e del medico Zangrillo di annullare tutto e rientrare ad Arcore, il Cavaliere riempie la giornata di gesti e parole tutti tesi ad esorcizzare quel senso della fine che vive come un incubo.
Non è un caso che il discorso sia tutto calibrato per evitare l’effetto Craxi e mostrarsi ancora come un leader in campo.
Che c’è e ci sarà .
Anche i toni sufficientemente pacati verso Alfano o la mancanza di attacchi al Colle sono un modo per non apparire vittima del rancore, perchè in una giornata del genere il rancore avrebbe comunicato l’idea di un leader colpito a morte.
A fine giornata l’ex premier blocca pure un’iniziativa venuta in mente alla Santanchè nel lungo pomeriggio passato in San Lorenzo in Lucina.
L’idea prevedeva una fiaccolata di tutti i parlamentari al Quirinale per chiedere udienza al capo dello Stato, modello un po’ sit in, un po’ processione del venerdì santo.
Roba da cacciare gli amuleti scaramantici dai cassetti.
Al posto di ogni forma di protesta davanti al Colle, viene dato mandato ai capigruppo di chiedere al capo dello Stato un incontro con una delegazione di parlamentari.
È in quella sede che sarà formulata nuovamente la richiesta di un confronto in parlamento e di un voto di fiducia sul governo perchè “il quadro politico è cambiato” e il voto sulla legge di stabilità non può considerarsi esaustivo.
Un’iniziativa che nella consapevolezza dei promotori avrà effetti nulli, visto che la posizione del Quirinale è nota. Tuttavia tutto serve in questa fase per aggiungere fascine nel gran falò dell’opposizione.
È necessario tenerla viva, animare le truppe col miraggio della spallata. Anche perchè la traversata del deserto stavolta è piena di rischi.
Al momento il gruppo dei senatori si muove come una falange, ben controllata e gestita da tutte le vecchie volpi che stanno a palazzo Madama.
Ma sul lungo periodo chissà . Cresciuto alla scuola del Cavaliere, Alfano ha imparato a utilizzare le lusinghe del potere per attrarre nuovi compagni di viaggi.
Si vedrà . Alle 17,43 quando le agenzie battono la notizia della decadenza, Berlusconi è palazzo Grazioli.
Affettuosissimo con tutti i parlamentari che vanno in processione a trovarlo, li abbraccia, ringrazia per “tutto quello che state facendo per me”, a ognuno una parola buona: “Mi raccomando, siamo in campagna elettorale. Ci aspetta un lavoro straordinario”.
Augusto Minzolini, all’uscita, non ha dubbi: “La sinistra ne ha fatto un eroe. Oggi vinceremo le elezioni”.
Oggi. Domani chissà .
(da “Huffingtonpost“)
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