Marzo 16th, 2014 Riccardo Fucile
ALLA RICERCA DI VISIBILITA’: INIZIA LA CAMPAGNA PER LE EUROPEE, TENSIONE CON ALFANO
«Voglio presentarmi al Quirinale portando camion ricolmi di scatoloni e, dentro, milioni di firme. Poi voglio vedere che succede. Ma dobbiamo mobilitarci tutti, Forza Italia, i Club Forza Silvio, l’Esercito di Silvio: basta chiacchiere, abbiamo un mese di tempo per aprire un migliaio di gazebo e raccogliere, non basta internet».
Daniela Santanchè spiega così l’ultima iniziativa con cui si apre di fatto la campagna di primavera per quella grazia a Berlusconi che il presidente della Repubblica mai concederà motu proprio.
Campagna che coincide di fatto con quella per le Europee, tutta giocata sul fronte più caro al leader, quello giudiziario e della «persecuzione» di cui si ritiene vittima.
La candidatura è impossibile, codici alla mano, nonostante gli annunci: allora lo stato maggiore decide di passare al contrattacco.
Lo fa intanto la “pitonessa”, le cui mosse quasi mai sono all’oscuro o comunque lontane dalle strategie del Cavaliere.
Ieri sera l’annuncio dell’avvio della raccolta firme per sollecitare l’atto di clemenza al Colle e consentire la candidatura a Bruxelles.
«Servono le firme di milioni di italiani affinchè in Italia venga ripristinata la democrazia – afferma la deputata –. Il 10 aprile rappresenta un vulnus per la nostra democrazia. Dobbiamo mobilitarci e promuovere un appello a Napolitano. Non possiamo accettare lo scempio perpetrato da chi ha inteso estromettere Berlusconi per via giudiziaria dalla vita politica italiana».
E il 10 aprile è la data in cui il Tribunale di Sorveglianza di Milano deciderà sull’affidamento ai servizi sociali o ai domiciliari del condannato in via definitiva nel processo Mediaset.
La senatrice Manuela Repetti, compagna di Sandro Bondi, rilancia: «I club Forza Silvio saranno in prima fila per la grazia a Berlusconi». Altri lo faranno da oggi.
Il capo sembra meno ottimista dei suoi sulla possibilità di candidarsi alle Europee. Durante una telefonata ad un club di Varese, l’eurodeputata Lara Comi gli dice: «Presidente, tutti noi speriamo ti possa candidare». E lui risponde: «Grazie, grazie a tutti. Purtroppo il vizio della sinistra, quando non riesce a vincere sul piano politico un avversario, è quello di riuscire a farlo fuori giudiziariamente».
Però prova a galvanizzare le truppe, dicendosi certo che «le prossime elezioni politiche ci saranno tra circa un anno per necessità , a giudizio di tutti e in quel momento dovremo fare il grande salto e vincere per fare la riforma della giustizia». Poi è tutto il solito copione, i «quattro colpi di Stato», la «dittatura e l’oppressione dei giudici», l’idea di dar vita a un «partito delle vittime delle ingiustizie».
E una ingiustizia sarebbe intanto «impedire a Berlusconi di candidarsi », dice Giovanni Toti che a Torino inaugura la nuova sede del partito.
Anzi, «una grave lesione al diritto di rappresentare i moderati italiani: se qualcuno dovesse impedirlo si assumerebbe una grave responsabilità ».
Ma a Torino si trovava ieri anche Angelino Alfano, che sceglie quel palcoscenico per dichiarare guerra al suo ex partito in nome del voto utile.
«Forza Italia oggi non è nè carne nè pesce. Berlusconi parla tanto dei piccoli partiti, ma noi sappiamo dove andare mentre il suo è un partito più grande che però non sa dove andare e alle Europee il vero voto inutile sarà quello dato a loro», dice il leader Ncd. La contraerea non perde tempo.
Replica lo stesso Berlusconi, pur senza mai citare l’ex pupillo. «Agli elettori dei piccoli partiti va spiegato che frazionare il voto non è soltanto inutile ma dannoso, dovranno essere contattati e convinti a votare per noi».
E Mariastella Gelmini: «Cerca alleanze con noi in Piemonte e altrove ma sta in un governo di centrosinistra e polemizza ogni due per tre con chi lo ha generato». Daniele Capezzone twitta: «Alfano? Di lui si occuperà lo sbarramento».
Lo scontro in vista delle Europee è già iniziato.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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Marzo 16th, 2014 Riccardo Fucile
PREFERISCE FAVORIRE I SUOI AMICI INDUSTRIALI… IN 15 ANNI GLI ASSEGNI PENSIONISTICI HANNO PERSO IL 30% DEL VALORE
Palla al centro per i pensionati, la ventata in arrivo da Palazzo Chigi non li sfiorerà : non riceveranno nulla.
Così ha sentenziato il premier Renzi mettendo a tacere con una solo battuta due interlocutori.
ll commissario per la spending review Carlo Cottarelli – che solo pochi giorni fa aveva annunciato un prelievo ad hoc sulle pensioni d’oro – e i sindacati che, contenti per gli 80 euro al mese infilati nelle buste paga dei lavoratori, volevano qualcosa anche per i pensionati.
Intervenendo a Porta a Porta su Rai Uno, Renzi ha risposto alle loro richieste in modo inequivocabile: «Per il momento i soldi in tasca ai pensionati non li metto» ha detto «per loro non cambia niente»
L’esclusione non piace per niente ai sindacati, batte cassa la leader della Cgil Susanna Camusso: «Per favorire la ripresa il governo deve guardare ai tanti pensionati che hanno pensioni basse. Anche a loro è dovuta una restituzione fiscale».
Stessa linea per Cisl e Uil e per i pensionati dei lavoratori autonomi Cupla che ricordano come la «stragrande maggioranza degli assegni stia sotto a mille euro».
Le categorie, Spi-Cgil Fnp-Cisl e Uilp-Uil, sono sul piede di guerra. «È evidente siamo considerati cittadini di serie B – commentano – Non staremo nè fermi nè zitti. È inaccettabile che per i pensionati non vi siano sgravi fiscali, è inaccettabile che si pensi di agire solo sulle pensioni per fiscalizzare gli oneri a carico dei nuovi assunti ». Carla Cantone segretario generale della Spi ricorda a Renzi che: «Negli ultimi quindici anni le pensioni hanno perso il 30 per cento del potere d’acquisto. Spesso rappresentano il vero ammortizzatore sociale della famiglia: ma gli anziani non ce la fanno più, negli ultimi due anni le vendite in nuda proprietà sono aumentate del 23 per cento».
Luisa Grion
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Marzo 16th, 2014 Riccardo Fucile
LA CONDANNA A UNA FLESSIBILITA’ A VITA
Tutta la retorica sul Jobs Act, alla fine, si riduce a una flessibilità quasi selvaggia.
Questo è quanto rimane dalla lettura del corposo comunicato stampa del Consiglio dei ministri del “super-mercoledì” renziano.
Il miraggio del contratto unico, l’ipotesi del salario minimo o del sostegno ai disoccupati, infatti, va a finire in un progetto di legge delega la cui attuazione dipenderà dal volere degli dei, conoscendo la politica italiana
Da un decreto governativo, invece, immediatamente in vigore per essere convertito dal Parlamento, dipendono le modifiche ai contratti a tempo determinato e all’apprendistato.
E si tratta di modifiche pesanti.
Per il contratto a termine, infatti, scrive il testo del governo “viene prevista l’elevazione da 12 a 36 mesi della durata del primo rapporto di lavoro a tempo determinato per il quale non è richiesto il requisito della cosiddetta causalità ”.
Ma la novità peggiore è che viene prevista “la possibilità di prorogare anche più volte il contratto a tempo determinato entro il limite dei tre anni, sempre che sussistano ragioni oggettive e si faccia riferimento alla stessa attività lavorativa”.
Rinnovare anche più volte, senza limiti chiari, significa, come ha notato Tito Boeri su Repubblica , poter rinnovare un contratto di lavoro ogni settimana e quindi ben 156 volte nell’arco di tre anni.
Le aziende saranno soddisfatte, ma tutti quei lavoratori precari che, pure, hanno sperato nel “contratto unico” di Renzi, che diranno?
La proposta del governo pone un solo limite, quello del 20% dei dipendenti di un’azienda che possono essere assunti con contratto a tempo.
Su 50 si tratta di dieci contratti, non è poco .
Inoltre, nel momento in cui verrà introdotto il contratto unico in cui per almeno tre anni non sarà previsto l’articolo 18, le aziende potranno avere fino a sei anni di disponibilità assoluta del lavoratore, minacciato in ogni momento dal licenziamento.
La tendenza è confermata dall’apprendistato in cui verrà previsto il ricorso alla forma scritta solo per il contratto e per il patto di prova.
Non ci sarà più, invece, in forma scritta il piano formativo individuale ma, soprattutto, si elimina la norma secondo la quale “l’assunzione di nuovi apprendisti è necessariamente condizionata alla conferma in servizio di precedenti apprendisti”.
Quindi, si assumeranno apprendisti , con una paga base pari al 35% della retribuzione, e questi potranno essere costantemente sostituiti.
Infine, “per il datore di lavoro viene eliminato l’obbligo di integrare la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere con l’offerta formativa pubblica, che diventa un elemento discrezionale”.
A fronte di queste norme, certe, la parte più attesa del “piano del lavoro” rimane rinviata nel tempo.
Tutta la materia degli ammortizzatori sociali, della riforma dell’Aspi (l’indennità di disoccupazione), la riforma dei Centri per l’impiego, il contratto unico, il riordino delle forme contrattuali diverse e lo stesso salario minimo, l’estensione della maternità , finiranno in una legge-delega.
Uno strumento che in genere mette su un binario morto tanti buoni propositi. In questa decisione si rintraccia una particolare “svolta” operata da Renzi.
Quelli che sembravano i suoi settori di riferimento — giovani precari, partite Iva, forza lavoro intellettuale spesso in fuga dall’Italia — vedranno un peggioramento della loro condizione di lavoro e di vita
I settori tradizionali della sinistra — il classico lavoro dipendente — vedranno, invece, un piccolo miglioramento (sempre che il premier non si riveli, come ha detto lui stesso, “un buffone”).
Un cambio di “base sociale” che ha spiazzato la Cgil e la minoranza Pd e che rende sempre più “acrobatico” l’esperimento governativo del giovane leader democratico.
Salvatore Cannavò
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 16th, 2014 Riccardo Fucile
“NEL 2006 FECI ANCH’IO UN TAGLIO DEL CUNEO FISCALE DA 7 MILIARDI, MA IL GIORNO DOPO GLI SPUTARONO SOPRA”
Dice. «Le elezioni europee saranno un referendum su Renzi».
Centro di Bologna, libreria della Coop, molto bella, che un tempo è stata anche un cinema a luci rosse e oggi invece assieme ai libri ospita persino Eataly – un po’ il racconto di un Paese capace del meglio e del peggio – , Romano Prodi arriva alle sei di sera per partecipare alla presentazione del libro di Alan Friedman «Ammazziamo il gattopardo».
L’idea è quella di parlare di economia e del futuro che non si vede, ma alla fine tutto ruota tutto attorno a Demolition Man, il nuovo premier che garantisce la rivoluzione e ottanta euro al mese in più in busta paga a chi fatica a sbarcare il lunario.
Duecento persone: «Dicci che cosa pensi, in fondo anche tu, nel 2006, varasti un taglio del cuneo fiscale di 7.5 miliardi».
Ne pensa bene, anche se tra lui e Renzi è come se esistesse una barriera, una tenda sottile, che dà l’impressione di diventare un ostacolo insormontabile.
«Vero. Feci anch’io un taglio del cuneo fiscale da sette miliardi di euro. Ma il giorno dopo gli sputarono sopra».
Proprio così: gli sputarono sopra. Chi? «La Confindustria mi attaccò dicendo che non serviva a nulla. Oggi invece c’è un senso da ultima spiaggia e il Paese è più disponibile ad ascoltare».
Manca un minuto a mezzanotte, dice Friedman. L’ora in cui l’Italia dà il meglio di sè. A un passo dalla fine. Prodi sfodera un sorriso lieve, che sembra un vento freddo che arriva da lontano.
«Ogni volta che c’è un governo nuovo va a cercare i soldi ovunque. Questo governo invece ha trovato un tesoretto di venti miliardi. Deve essere la prima volta nella storia».
«Lo è», commenta il politologo Angelo Panebianco. Aggiunge che adesso è giusto mettere tutto nelle buste paga.
La domanda interna è crollata (-3%) e la vendita della pasta è calata del 6%. «Siamo alla rottura del sistema».
L’ex premier dice che al Paese serve stabilità . E che le elezioni europee saranno la chiave di tutto.
«Sono importantissime in assoluto, ma da noi prevarrà una logica interna su cosa avrà fatto Renzi. Per questo lui ha fretta. Ha ribaltato lo schema e sa che l’Italia non ne può più. Se non arrivano risposte subito è un guaio».
Chiude sulla Merkel, che già ai tempi dei suoi governi si muoveva da padrona.
«Lei decideva e Sarkozy faceva le conferenze stampa». Un altro parametro da cambiare.
Ci sono i libri da firmare, adesso. Qualcuno gli ricorda la storia del Quirinale mancato, lui dà la sua versione e si allontana amaro perchè il fastidio comincia a espandersi lentamente come una macchia d’inchiostro su un foglio di carta
Andrea Malaguti
(da “La Stampa“)
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