Marzo 21st, 2014 Riccardo Fucile
DOPO IL PREMIER HANNO TUTTI FATTO LO SCOUT
Contrordine compagni.
Passata l’era dell’impalpabile Pd di Veltroni; scomparsi in un lampo sia il partito bersaniano del sudore sia il pragmatismo da salotto buono di Enrico Letta, è l’ora di ascoltare il richiamo della giungla.
Dotazione morale? “Fierezza e forza”. Dotazione fisica? “Zampe che non fanno rumore, occhi che vedono nell’oscurità , orecchie che odono il vento delle tane, denti bianchi e taglienti”.
Arrotolate le bandiere rosse e verdi, fedelissimi — e non — del Grillo Esuberante Matteo Renzi hanno cominciato ad arrampicarsi sui soppalchi di casa in cerca di cimeli-da-giungla.
Tutti pronti a rispolverare la camicia azzurra con fazzolettone e distintivi oppure, se mestamente privi di passato col bollino Agesci, veloci nell’elogiare i valori scout del leader dal passato in calzoncini blu
In prima fila quanto a zelo il senatore Pd Roberto Cociancich, già presidente nazionale Agesci: “Renzi è abituato a dire in faccia ciò che pensa, e tra i valori irrinunciabili dello scoutismo c’è la lealtà ”, spiegava di recente all’Adn Kronos.
Ma non basta: tutta scout sarebbe anche la sua “grandissima curiosità ”, visto che “gli scout vanno sempre verso nuove frontiere”; per non parlare dell’atteggiamento scanzonato — “nello scoutismo la cosa più seria è il gioco”.
E infatti, ha raccontato Samuele Fabbrini, candidato sindaco a Pontassieve, “quella notte che ci siamo persi Matteo prese la chitarra e suonò per noi”.
E mentre Roberta Pinotti, ministro della Difesa, nelle poche righe del suo account twitter segnala la sua appartenenza scout, ribadendola fieramente alle Invasioni Barbariche dell’altro ieri (“Non è che chiudiamo il Consiglio dei ministri facendo Bim Bum Crac”, però…), Dario Nardella, ex vicesindaco di Firenze e deputato Pd, ha dovuto ammettere a malincuore a Un giorno da pecora che lui e Renzi sono uguali in tutto “ma io ho fatto gli scout laici, lui no”.
E poi c’è il finanziere Davide Serra, che si è avvicinato a Renzi saputo del suo passato scout, e il deputato Pd Federico Gelli, che sul sito ricorda di aver appreso dagli scout “spirito di servizio e amore per la natura”.
L’etica scout, portata dal vento del renzismo, come soluzione al vuoto ideologico in cui fluttuiamo, nell’epoca delle passioni tristi? Sì e no.
Perchè un conto è dire, come fa Enrico Brizzi, autore di La legge della giungla (Laterza), che “è mille volte meglio per i ragazzini di oggi apprendere la lealtà e la competizione scout che stare di fronte a Violetta o alla saga di Candy Crush”, un conto fare dello scoutismo il collante morale del governo.
Non tutti sono stati scout, e dunque quelli della Legge della giungla sono sempre una lobby, per quanto buona e povera.
E poi, soprattutto (chi li ha fatti lo sa) l’etica lupetta è fatta da slogan così generali — “il lupetto pensa agli altri come a se stesso, vive con gioia e lealtà dentro il branco”— che la vera differenza morale la fa il gruppo e i “grandi capi” che ti capitano.
Insomma puoi finire nel branco-reparto super gerarchico o in quello anarchico, in quello bigotto e in quello dove maschi e femmine si intrufolano nelle rispettive tende, in quello che va sul serio a aiutare le vecchiette e in quello per cui le uscite sono giusto un pretesto per fumarsi un po’ d’erba di nascosto
Un gioioso relativismo che si riflette sia nei variopinti giudizi sugli scout — di destra o sinistra? Fascisti o antifascisti? Ortodossi o secolarizzati? Comunitaristi o individualisti? Omofobi o tolleranti? — sia nel fatto che gli scout famosi ben poco hanno in comune (per dare un’idea degli opposti ideologici: Avati e Giletti, Verdone e Severgnini, La Russa e Renzo Piano, Fioroni e Fabio De Luigi, Bertolaso e Jovanotti, Giovanna Melandri e Luttazzi).
Insomma ci possiamo divertire a trovare analoghi politici ai personaggi della giungla (Mowgli il cucciolo d’uomo cresciuto dal branco del lupi, alias il Pd; Akela il maestoso e solitario capobranco, poi fatto fuori, una specie Prodi ferino; Baloo l’orso maestro di legge, un po’ Napolitano un po’ Rodotà , le scimmie Bandar-log che vivono senza legge, il popolino ammansito dalla tv, etc), ma dall’etica del branco in salsa scout difficilmente ricaveremo qualcosa di diverso da un generico solidarismo fatto di pacche sulla spalla e auguri di buona caccia.
Mentre chi è fuori dalle tende della politica si chiede, con le parole maestre del saggio avvoltoio Chil: “Fratello, ma siamo davvero dello stesso sangue, tu ed io?”.
Elisabetta Ambrosi
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Marzo 21st, 2014 Riccardo Fucile
È QUESTO L’ACCORDO SUL DDL DELRIO… I COMMISSARI, PER TUTTO IL 2014, SARANNO GLI ATTUALI PRESIDENTI
Province abolite? No, commissariate fino alla fine del 2014. Quindi, di fatto, prorogate.
Quote rosa approvate nella legge elettorale per le Europee? Sì, ma dal 2019. Contributi alla riforma del Senato annunciata dal governo? Per ora, solo riflessioni.
Palazzo Madama aspetta Renzi al varco dell’Italicum. Ma nel frattempo, più che barricate, si vede una certa confusione sotto al cielo.
Martedi arriva in Aula (voto previsto mercoledì) il ddl Delrio sul superamento delle Province (che aveva come primo effetto quello di evitare che si svolgessero nuovamente le elezioni) attualmente fermo in commissione Affari costituzionali del Senato a causa dei circa 3 mila emendamenti presentati soprattutto da Fi e Lega. Niente paura: trovato l’accordo con Forza Italia.
Quale? Le Province già commissariate sono prorogate fino al 31 dicembre 2014; ma soprattutto vengono commissariati i consigli provinciali in scadenza.
E chi sarà il commissario? Lo stesso presidente della Provincia.
Inoltre, verrà aumentato il numero dei consiglieri dei Comuni fino a 10 mila abitanti e si dà la possibilità di un terzo mandato per i sindaci dei Comuni fino a 3 mila abitanti.
Se è per le quote rosa, la mediazione trovata dopo giorni di scontri è alquanto singolare: ieri il Senato ha approvato con 155 sì, 58 no e 15 astenuti l’intesa sul ddl sulle europee che introduce la parità di genere dal 2019.
L’intesa tra Pd, Ncd e Fi prevede una norma transitoria che vale solo se si danno tre preferenze, la terza deve esser di sesso diverso dalle prime due. Insomma, la parità non c’è e quando ci sarà sarà subordinata al fatto che esistano 3 preferenze.
Infine, c’è la questione riforma del Senato.
Esiste una proposta governativa, sulla quale il premier sta accogliendo modifiche. Prima di partire per Bruxelles Matteo Renzi — presenti il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio, il ministro per gli Affari Regionali Maria Carmela Lanzetta e il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi — ha incontrato i presidenti delle Regioni, guidati da Vasco Errani, subito dopo con i sindaci dell’Anci, guidati da Piero Fassino.
Un clima di collaborazione, ma con una richiesta: le Regioni criticano “l’identico numero di rappresentanti di ciascuna Regione e Provincia autonoma” nel nuovo Senato delle Autonomie.
Ci vuole un riequilibrio, insomma, della rappresentatività .
Il nuovo Senato deve essere “espressione autorevole delle istituzioni territoriali”: per questo i governatori giudicano “non condivisibile” la previsione della nomina, da parte del capo dello Stato, di altri 21 componenti dell’assemblea.
Renzi ha ascoltato e ha insistito sulla necessità di accelerare. Il punto centrale è come la maggioranza di governo recepirà le proposte dell’esecutivo.
Per cercare di arrivare almeno a calmare gli animi nel Pd, nel lavoro preparatorio della bozza che alla fine dovrà essere predisposta dalla Commissione Affari costituzionali sono stati coinvolti insieme al ministro Maria Elena Boschi anche la presidente della Commissione Affari costituzionali, Anna Finocchiaro (acerrima nemica di Renzi) e il capogruppo dem, Luigi Zanda.
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 21st, 2014 Riccardo Fucile
LE FIAMME GIALLE ACQUISISCONO CARTE SU SOCIETà€ VICINE AL PREMIER MENTRE LA PROCURA APRE UN FASCICOLO SULLA CASA DEL FEDELISSIMO
Un anonimo imprenditore paga l’affitto a un sindaco e nei tre anni successivi riceve incarichi in società controllate del Comune, appalti dall’amministrazione e gestisce le casse di associazioni e fondazioni create ad hoc per finanziare le campagne elettorali che nel tempo portano quel primo cittadino a diventare premier.
Questo, in sintesi, quanto avvenuto a Firenze, tra Marco Carrai e Matteo Renzi.
Ieri la procura toscana ha aperto un fascicolo senza indagati nè ipotesi di reato sulla vicenda dell’appartamento di via Alfani 8, poco distante da Palazzo Vecchio, dove Renzi ha avuto la residenza dal 2011 al 2013, pagato dall’amico Carrai.
La Guardia di finanza, a quanto si apprende, sta acquisendo da alcune settimane e con molta discrezione, gli atti relativi alle società e alle associazioni che gravitano attorno al premier.
Tutto è nato da un esposto presentato a gennaio da Alessandro Maiorano, un dipendente comunale che da anni segue con molta attenzione le vicende del suo primo cittadino, oggi presidente del Consiglio.
Maiorano, per capire, ha presentato il primo esposto alla Guardia di finanza nell’ottobre 2012 sui rapporti tra Renzi e le società degli amici.
Un accanimento, secondo l’ex sindaco, che a gennaio si decide a querelare Maiorano. Ma quando quest’ultimo ritira la denuncia nei suoi confronti, scopre che Renzi nella querela indica come residenza non Pontassieve, Comune a pochi chilometri da Firenze dove vive con la famiglia, ma via degli Alfani 8.
Due portoni prima della Cooperativa sociale il Borro che la scorsa estate fu al centro dell’inchiesta sulle escort portate a Palazzo Vecchio.
Maiorano comincia così una sua indagine personale, poi approfondita da Libero e infine confermata dallo stesso Carrai che al quotidiano diretto da Maurizio Belpietro ammette: “Pagavo io”.
Verità che però ieri l’entourage del premier ha tentato di ridimensionare.
L’ufficio stampa di Renzi ha diffuso una nota spiegando che l’allora sindaco ha “usufruito in alcune circostanze dell’ospitalità ” dell’amico. E di circostanza in circostanza ci ha preso la residenza. Ma per rafforzare la tesi è intervenuto anche l’avvocato Alberto Bianchi: “Quella casa non è stata presa in affitto da Carrai per Renzi, ma per lo stesso Carrai che poi, per amicizia, ha anche ospitato lo stesso Renzi il quale vi si appoggiava, per evidente praticità , nei momenti in cui ne aveva bisogno in relazione alla sua attività di sindaco”.
Bianche non è solo l’avvocato di Renzi e di Carrai, come ieri hanno riportato le agenzie di stampa.
Oltre a essere amici, i tre lavorano da sempre insieme. O meglio: Bianchi si è unito alla coppia Renzi-Carrai nel 2009, dopo la vittoria in Comune.
Bianchi è stato tesoriere della fondazione Big Bang prima e della Open poi, ha garantito a propria firma un mutuo acceso dalla Festina Lente, altra associazione dedita alla raccolta fondi per le campagne elettorali di Renzi, per organizzare alcune cene di fund raising.
Big Bang, Open, Festina Lente e Link: dal 2007 al 2013 raccolgono quasi 4 milioni di euro per Renzi e solamente di un quarto di questo tesoretto si conosce la provenienza. Eccolo il ruolo di Carrai e Bianchi: i fund raiser.
Il capitolo finanziatori è oggetto di un altro esposto oggi in mano alla Gdf. Se alla attività di “raccoglitore di fondi” Bianchi affianca quella di legale dei due amici, Carrai ha invece diversi incarichi societari.
Una fama da imprenditore cresciuta negli anni in progressione con l’ascesa politica di Renzi.
Carrai oggi ha numerosi incarichi, uno su tutti: la presidenza di Adf, società che gestisce l’aeroporto di Firenze. Ma è anche nell’ente Cassa di Risparmio di Firenze ed ha guidato la Firenze Parcheggi.
Quest’ultima è tra i committenti della DotMedia, società che chiude il cerchio e ci riporta all’affitto di via Alfani.
Perchè DotMedia ha tra i clienti, oltre a Firenze Parcheggi, anche Rototype, azienda di famiglia di Alessandro Dini, proprietario dell’attico affittato da Carrai e in cui è stato residente Renzi.
Come ogni sala degli Uffizi sorprende i turisti, così ogni società che s’incontra seguendo Renzi svela nuovi legami: due dei quattro soci di DotMedia sono Alessandro Conticini e Matteo Spanò.
Conticini è fratello del cognato di Renzi: Andrea Conticini è il marito di Matilde, sorella del fu rottamatore.
Spanò, invece, oltre a essere presidente nazionale dell’Agesci è a capo dell’Associazione Musei per i Ragazzi quella che gestisce i lavori per i musei del Comune e che ha affidato l’appalto per le guide su tablet alla C&T Crossmedia di cui è proprietario al 51%, attraverso la D&C, sempre Carrai.
Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 21st, 2014 Riccardo Fucile
“GUADAGNO 850.000 EURO L’ANNO, IL MIO COLLEGA TEDESCO TRE VOLTE TANTO”
ll capo di Ferrovie Moretti contro la spending review
Non ci gira troppo intorno Mauro Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato.
Se il governo Renzi gli taglierà lo stipendio, è pronto a lasciare il suo posto, che ricopre da otto anni.
“Il governo fa le scelte che desidera”, ha detto Moretti da Bologna, dove si trova per il Congresso nazionale delle cooperative di produzione e lavoro. Certo – è il ragionamento dell’ad – darà per scontato che “buona parte dei manager vada via: lo deve mettere in conto”.
Alla domanda “Quindi lei, nel caso, è pronto a trovarsi un’altra occupazione?”, la risposta è netta: “Certo, non c’è dubbio”.
L’ad delle Ferrovie evoca le regole di mercato e stronca la spending review del governo sulle paghe dei super manager di Stato.
“Ci sono forse casi da rivedere – sostiene moretti – ma la logica per cui chi gestisce imprese grandi e complesse deve stare sotto al presidente della Repubblica è sbagliata. Sia negli Usa che in Francia e in Germania, il presidente della Repubblica prende molto meno dei manager delle imprese” di Stato.
Del resto, insiste Moretti, “queste sono dinamiche diverse, perchè un conto è stare sul mercato e un conto è fare una scelta politica”.
L’ad di FS prende “850.000 euro all’anno – spiega – il mio collega tedesco piglia tre volte e mezzo tanto. Siamo imprese che stanno sul mercato ed è evidente che dobbiamo avere la possibilità di retribuire non alla tedesca, nè all’italiana, ma un minimo per poter fare sì che i manager bravi vengano dove ci sono imprese complicate e dove c’è un rischio da dover prendere ogni giorno”.
Quindi, avverte Moretti, “senza stipendi adeguati, in imprese come la nostra che fatturano 10 miliardi di dollari all’anno e sono fra le più grandi e complesse in Italia, difficilmente ci vanno”.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 21st, 2014 Riccardo Fucile
UNICA ECCEZIONE LE TARIFFE DEGLI SMARTPHONE
Ci prendono pure in giro.
Dicono in Inghilterra che l’Italia è ultima nella diffusione e nell’uso delle nuove reti di telecomunicazioni ma è la prima per i prezzi (nel senso che i nostri sono i più alti).
Lo rivela uno studio della Ofcom, l’Autorità britannica di settore.
E perchè a Londra si fanno gli affari nostri?
Perchè l’Authority locale ha voluto fare un raffronto europeo coinvolgendo i cinque maggiori mercati delle Tlc, coinvolgendo il Regno Unito, la Francia, la Germania, la Spagna e (appunto) l’Italia.
Risultato: siamo ultimissimi nella penetrazione delle reti ultraveloci, all’incirca in media con la banda larga di base (ma ultimi nelle relative connessioni) e per di più ci dobbiamo sorbire per il servizio le tariffe meno attraenti.
Al polo opposto è il Regno Unito, con alta diffusione e prezzi più bassi.
Stando allo studio di Ofcom, Italia la banda larga standard copre ormai oltre il 95% della popolazione, e sembra che tutto vada bene perchè siamo in linea con tutti gli altri Paesi e con gli obiettivi dell’Agenda digitale europea: tuttavia, le famiglie italiane che scelgono davvero e pagano il servizio sono solo il 50 per cento, contro l’83% della Gran Bretagna, l’81% della Germania, il 76% della Francia e il 63% della Spagna.
Del resto gli italiani che si collegano a Internet almeno una volta a settimana sono solo il 56%, mentre gli altri quattro Paesi mostrano percentuali più alte.
All’inverso, l’Italia si guadagna un poco lusinghiero primo posto nella quota di persone che non hanno mai usato Internet, con un desolante 34% (contro l’8% del Regno Unito).
L’Italia torna ultima quando si tratta di acquisti online (ne fa solo il 20% della popolazione) e di rapporti via web con la pubblica amministrazione (il 21%).
Ancora più imbarazzante la graduatoria sulle reti ultraveloci (oltre i 30 mega): l’Italia è ultima sia per la disponibilità (10-15%, contro il 70-75% del Regno Unito) che per l’effettiva connessione al servizio, prossima allo zero.
E le tariffe del servizio?
Lo studio britannico mette a confronto numerosi distinti panieri, con mix diversi quanto a velocità di banda e modalità commerciale: e in nessuno di questi panieri l’Italia risulta la più virtuosa, con l’eccezione della banda larga mobile (quella degli smartphone), dove il nostro Paese svetta sia per diffusione che per prezzi, che risultano essere i più bassi.
Almeno una cosa.
Luigi Grassia
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Marzo 21st, 2014 Riccardo Fucile
E FRANCESCA ATTACCA ALFANO E LA SANTANCHE’
«E’ evidente che Forza Italia senza di lui vacilla. Perciò io spero che ci sia sua figlia Marina a raccogliere questa sfida».
Dal bar terrazza dell’albergo da cui si affaccia Francesca Pascale, mentre beve un aperitivo, si stende la Roma dei palazzi che per due anni dovrà fare a meno di Silvio Berlusconi.
Lei ragiona per la prima volta di un leader ormai espulso. E attacca, analizza, tira fuori vecchi sassolini. E unghie.
È la sua prima intervista politica. «Posso chiederle solo di non farmi apparire senza cervello?». Ha i capelli raccolti, pantaloni e cappa blu, ed è appena tornata dalla Procura di Roma, dove è stata sentita come teste nella causa contro Michelle Bonev (che ha parlato di rapporti omosessuali con la Pascale).
Francesca Pascale, cosa accadrà ora a Forza Italia?
«Un’assenza forzata dalle urne, e dalle platee, di un leader delle capacità di Berlusconi, non passa inosservata. Il partito vacilla senza di lui. Ma cosa significa, questo? Che finisce tutto? No! Intanto l’interdizione dura solo due anni, amen. Poi io spero, sommessamente, anche egoisticamente, che Marina Berlusconi pensi davvero a questa incredibile sfida: anche se, da donna, mi rendo conto di quale sacrificio possa rappresentare. In ogni caso, se non ci sarà la successione familiare io dico: ripartiamo da Berlusconi che è la nostra guida, dai coordinatori del partito, dai club Forza Silvio».
Dicono che comanda lei, ora.
«Sciocchezze. Il presidente ascolta tutti, poi decide sempre e soltanto lui. Chi dice queste cose tradisce la sua lontananza dal presidente: non solo non conosce bene Berlusconi, ma non gli vuole bene. Io mi attribuisco un solo merito, invece: quello di aver introdotto elementi di semplicità estremi, popolari».
Tipo, aver licenziato il compratore di fagiolini a 80 euro al chilo?
«Farà sorridere. Ma è un piccolo emblematico esempio di coloro che abusano della fiducia di Berlusconi. E quanti compratori di fagiolini, intorno a lui, in politica, nei seggi».
Sveli ufficialmente: Renzi le piace perchè assomiglia a Berlusconi o non le piace per lo stesso motivo?
«Questa è una favola da smontare. Renzi scimmiotta un po’ Silvio, sì, ma non ha nulla di lui, anzi con le sue slide somiglia più a Mike Bongiorno. Poi, scusi, una cosa sulla signora Renzi, posso? Ha tutto il mio rispetto: ma la moglie del presidente, invece di chiedere l’aspettativa, perchè non lascia il posto a un precario della scuola? In fondo lei adesso sarà impegnata su altri fronti».
Faccia uno sforzo: le piace qualcosa di questo governo?
«Non le modalità con cui è nato. Questo governo si regge su due traditori. Uno è Renzi che assicurava di voler arrivare a Palazzo Chigi per la via maestra del voto. L’altro è Alfano: autentico voltagabbana. Ecco, se io avessi “contato” nel partito, onestamente, Alfano non l’avrei candidato neanche. A me non ispirava fiducia, ma Berlusconi lo ha allevato come un figlio e ne ha subito il tradimento nel momento per lui più difficile».
Non apprezza neanche che Renzi abbia riabilitato Silvio nel momento di peggior caduta? Ha dovuto incontrare lui avviare la riforma elettorale.
«Ma Renzi ha fatto un piacere solo a se stesso. E Berlusconi non aveva bisogno della sua riabilitazione».
Comunque le aree di vostro dissenso interno sono tante. Fitto, ad esempio, sarà candidato alle europee?
Sorride come di una che ne dubita. «Ho già detto che le decisioni ultime spettano unicamente a Berlusconi».
Pensa davvero che Giovanni Toti sia il vostro uomo?
«Oltre ad essere un uomo che viene dal mondo del lavoro e delle professioni, è un vero moderato. Qualcuno obietterà che non ha il carisma di un leader? Ma quanti leader ce l’hanno in Italia? Forse solo Silvio. E poi meglio un Toti che…».
Dieci Santanchè?
Sorride. «Che tanti altri che di democratico e moderato non hanno proprio nulla. Toti è stato una scelta di Berlusconi e nessuno dovrebbe permettersi di contestarlo. Nel partito tutti devono tutto solo a lui». E Cosentino in Campania sta imbarazzando tutto il partito.
Le tocca il tormentone. Vi sposate o no?
«A Napoli mi hanno regalato anche le scarpe da sposa, incredibile… Però: il matrimonio da sogno, vero, è in chiesa e io non posso più averlo. A questo punto, diciamo che se lui ci dovesse cascare per la terza volta, quel giorno mi farò trovare libera».
(da “La Repubblica“)
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Marzo 21st, 2014 Riccardo Fucile
MA SULLA DISCESA IN CAMPO DEI FIGLI GLI AZZURRI SI SPACCANO
Pier Silvio pronuncia il suo “non possumus” di prima mattina. Niente da fare.
Il primogenito sembra abbia fatto sapere a tutti – e lo ha ribadito al padre – di non essere assolutamente disponibile a candidarsi, di stare bene alla vicepresidenza di Mediaset.
Dunque, visto anche il gran rifiuto di Marina, resterebbe in campo al momento solo l’ipotesi Barbara per avere il brand di famiglia sulla scheda elettorale.
Ma in quel brodo anarchico che è diventata Forza Italia, nell’approssimarsi della restrizione del capo (arresti domiciliari o servizi sociali), l’arrivo di un Berlusconi junior è oggetto di uno scontro interno che diventa pubblico, in tv e sulle agenzie. «Dopo tutte le aggressioni giudiziarie subite da Berlusconi — profetizza infatti Giancarlo Galan — per dovere morale uno dei figli prenderà il posto del padre».
Ma quando mai. Renato Brunetta non è d’accordo. «Berlusconi non ha successori, succede a se stesso».
L’altro capogruppo al Senato, Paolo Romani, è ancora più esplicito: «Per il successo di Forza Italia è importante chiamarsi Silvio Berlusconi, non solo Berlusconi. Non è immaginabile un altro membro della famiglia che scende in campo».
Lo stesso leader forzista, nelle conversazioni private a palazzo Grazioli, si mostra incerto riguardo al destino politico dei figli: «Ci sto ancora riflettendo, ma preferirei risparmiarglielo».
Alla dinasty familiare si aggiunge il confronto sulle liste per le Europee, ancora molto lontano dal trovare una soluzione.
Se due giorni fa sembrava infatti scontato il via libera alla candidatura di Raffaele Fitto al Sud, gli avversari interni del pugliese – da Francesca Pascale a Giovanni Toti – hanno cominciato a rimettere in discussione quella che sembrava una decisione già presa.
Oggi a palazzo Grazioli ci sarà una nuova riunione con il Cavaliere e lo stato maggiore forzista. Ma sono giorni pesanti per un partito che sembra sull’orlo di una crisi di nervi, acuite dai rumors che vogliono il cavaliere dimissionario persino dalla presidenza di Forza Italia.
Per smentire il clima di cupo pessimismo dilagante scende in campo una batteria impressionante di “dichiaratori”. «Forza Italia – assicura Daniela Santanchè — non è un partito in declino». «Assicuro gufi e uccelli del malaugurio che Silvio Berlusconi sarà in campo» alle europee, afferma Giovanni Toti.
In attesa di sapere quale sarà la decisione del tribunale di sorveglianza di Milano, si moltiplicano le candidature delle Onlus che vorrebbero ospitare il condannato.
Le ultime due — ironia della sorte per il Cavaliere decaduto dal titolo — lavorano con i cavalli e la riabilitazione dei bambini disabili.
Sono la scuderia Unicorno di Corciano e l’Auriga di Roma. Si parla anche dell’Associazione Vittime di Malagiustizia.
Un tema che Berlusconi riprende in serata quando parla a un club di Monza: «Un partito che si dedicasse unicamente alla riforma della giustizia potrebbe ottenere dal 18 al 21 degli elettori indecisi».
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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Marzo 21st, 2014 Riccardo Fucile
E SISTEMA MOLTI ALTRI VETERANI NELLE LISTE DELLE ELEZIONI EUROPEE
Rottamare ma anche no, visto che molti sono ancora ben saldi sulle loro poltrone e altri in corsa per occupare il 25 maggio prossimo quelle del Parlamento europeo.
Del leit motiv dell’ascesa di Matteo Renzi non vi è più traccia.
I funerali si sono tenuti nel tempio di Adriano in occasione della presentazione del libro di Massimo D’Alema Non solo euro.
I sorrisi, le strette di mano e le fotografie hanno come d’incanto spazzato via i giudizi al vetriolo che l’ex capo del Copasir e il premier si sono scambiati.
Era l’8 novembre 2013 quando D’Alema lo definì “uno che mente, ignorante, spiritoso ma superficiale”
E Renzi rispose: ”La sinistra l’hanno distrutta loro”.
Nel frattempo Renzi ha conquistato il timone del Pd che continua a navigare in acque agitate e quello del governo che per sopravvivere ha bisogno anche di chi “ha distrutto la sinistra”.
D’Alema da parte sua aspira a essere il candidato italiano alla presidenza della Commissione europea obiettivo che necessita del benestare di Renzi.
Quanto basta per trasformare l’asprezza dei toni e delle parole nella rassicurante puntualizzazione di D’Alema: “Per chi pensa al pregresso vorrei dire che questo non è un dibattito, siamo d’accordo pressochè su tutto. Facciamo parte della stessa squadra, non del Pse ma di una visione fortemente condivisa che parte da un grande amore verso l’Europa”.
Se fosse musica sarebbe una tarantella napoletana: “scurdà¡mmoce ‘o passato, simmo ‘e Napule paisà !
Il resto è l’usato venduto per nuovo.
Come il neo segretario regionale del Pd siciliano, Fausto Raciti, nonostante i suoi 30 anni. Deputato candidato da Bersani nel listino bloccato, per otto anni segretario nazionale dei giovani del Pd.
Sostenuto alle primarie per la segretaria dal renziano David Faraone, ex deputato dell’Ars, responsabile Welfare del Pd, indagato per peculato nell’inchiesta sui rimborsi.
E se non bastasse per capire che la rottamazione è uno degli effetti speciali di Renzi basta scorrere le liste, che verranno ufficializzate a fine mese, delle candidature per le Europee.
Si va dai veterani come Giuseppe Lumia, Sergio Cofferati, Paolo De Castro, Giuseppe Lupo, Gianni Pittella, l’ex sindaco di Firenze Leonardo Domenici, al veltroniano poi mariniano Goffredo Bettini all’ex presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso, a Salvatore Caronna, agli uscenti David Sassoli, Andrea Cozzolino, Marco Zambuto, Antonello Cracolici fino agli ex ministri del governo Letta Flavio Zanonato e Cècile Kyenge e alla deputata bersaniana e sua ex portavoce illuminata sulla via di Damasco da Renzi, Alessandra Moretti.
Sarà perchè, come spiega il responsabile Comunicazione del Pd, Francesco Nicodemo: “Vogliamo rottamare ciò che è dannoso ma dialogando con tutti” (tradotto: mantenendo le poltrone di tutti). O perchè i renziani doc sono tutti al governo, per dirla con Maria Elena Boschi la ministra che aspira a passare alla storia “per le riforme e non per le sue forme” per cambiare il Paese, felici di sacrificare la loro vita privata.
Fatto sta che l’esercito dei rottamati è vivo e vegeto.
Un posto a sè lo occupa il presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta al quale il 30 ottobre del 2012 ospite di Ballarò Renzi disse: “Caro Crocetta io voglio rottamare questa classe dirigente non per un atto anagrafico, ma perchè ha fallito”.
Lui rispose: “La politica è una cosa seria bisogna favorire l’ingresso dei giovani e delle donne, ma non puoi parlare questo linguaggio di persone che hanno una storia sicuramente migliore di te…”.
Commento di Renzi: “A naso ti vedo esaltato”. Crocetta: “Esaltato sei te che hai detto a me cose che non dovevi dire”.
Crocetta, che ieri ha incassato le dimissioni dell’assessore all’economia Luca Bianchi, che hanno tutta l’aria del capitano che abbandona la nave prima che affondi, a Un giorno da pecora ha detto: “Raciti è un bravo giovane. Sarebbe folle non appoggiare Renzi, lui è passato attraverso le primarie perchè voleva fare il premier ed è il nostro segretario… Anche Enrico Letta non era stato eletto… e poi un governo era necessario”.
È il Pd che di necessità fa virtù.
Sandra Amurri
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 21st, 2014 Riccardo Fucile
LA REPLICA DI RENZI ALLE POLEMICHE SULLA CASA IN AFFITTO PAGATA DA CARRAI NON FA CHE AUMENTARE I DUBBI…. SE NON FOSSE APPOGGIATO DAI POTERI FORTI I MEDIA LO AVREBBERO GIA’ MASSACRATO
Dopo due settimane Matteo Renzi prova a fare chiarezza sulla casa di via Alfani.
Lo scoop di Libero ha rivelato come il premier abbia alloggiato a Firenze, durante il suo mandato da sindaco, grazie all’amico Marco Carrai che ha pagato le spese di affitto per conto dell’allora sindaco.
In una nota lo staff di Renzi risponde a Libero: “In questi anni Renzi ha vissuto a Pontassieve, come ben sanno tutti i giornalisti fiorentini che lo hanno seguito a lungo. La casa di via Alfani – prosegue la nota – è stata per alcuni anni la casa di Marco Carrai, pagata dallo stesso Carrai. Non era, dunque, la casa di Renzi pagata da altri, ma la casa di Carrai pagata da Carrai. Renzi ha usufruito in alcune circostanze dell’ospitalità di Carrai, il cui contratto di affitto dell’appartamento è stato già reso pubblico”.
Inoltre “Renzi ha affittato per circa un anno un appartamento a Firenze, nel 2009, in via Malenchini. Ovviamente a sue spese”.
Su questo punto però i dubbi aumentano.
Renzi a Firenze aveva la residenza. I fatti come ha ricostruito Libero sono chiari.
Nel 2009 Renzi trasloca a Firenze in via Malenchini 1, a 400 metri dal suo nuovo ufficio di sindaco; nel 2011, non riuscendo più a sostenere l’esborso di mille euro al mese d’affitto, decide di lasciare la mansarda di proprietà degli aristocratici Luigi Malenchini e Livia Frescobaldi.
Per questo trasferisce la residenza in via Alfani, nell’appartamento preso in locazione da Carrai, amico e finanziatore del sindaco.
Dunque Renzi lascia che sia Carrai a sopportare il peso dell’affitto della casa.
In realtà gli inquilini di via degli Alfani 8 intervistati sempre da Libero ricordano il sindaco, ma non Carrai.
Insomma la risposta di Renzi lascia molti punti oscuri sulla vicenda. Nella casa di via Alfani Renzi avrebbe alloggiato per circa 32 mesi, altro che “in alcune occasioni”
Un pò troppi per un semplice “ospite”.
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