Marzo 18th, 2014 Riccardo Fucile
FORZE DELL’ORDINE, INVALIDI, PENSIONATI: E’ RIVOLTA CONTRO I TAGLI IPOTIZZATI DAL GOVERNO
Che non sarebbe stato un lavoro facile, probabilmente Carlo Cottarelli l’aveva ampiamente
messo in conto.
Ora però che le carte del commissario taglia spese sono scoperte, il dossier della revisione della spesa si fa ancora più scottante, finendo nelle mani del presidente del Consiglio, che dovrà passare riga per riga i capitoli evidenziati dall’ex dirigente del Fondo Monetario Internazionale.
E per ogni voce che rischia di finire sotto la ghigliottina del governo, c’è già chi è in allarme, preoccupato dai numeri emersi dal documento del commissario.
A partire dai pensionati, spaventati dal possibile contributo di solidarietà ipotizzato da Cottarelli nell’audizione della scorsa settimana in Senato e poi escluso dal presidente del Consiglio Renzi a “Porta a Porta”. La questione però è tutt’altro che chiusa, e il commissario in giornata ha fatto un po’ di luce sulla questione, spiegando che un taglio agli assegni rappresenta soltanto uno “scenario illustrativo” che può essere “modulato secondo i parametri che si decidono”, “sono scelte politiche, si può anche decidere che non si devono toccare”. Insomma, se vogliono quei quasi 1,4 miliardi all’anno (circa 950 milioni a partire da maggio), Renzi dovrà fare una “scelta politica”.
I pensionati, rassicurazioni di Renzi a parte, non si sentono ancora al sicuro.
“Al governo abbiamo chiesto di dirci che cosa vogliono fare sulle pensioni, visto che anche oggi sui giornali leggiamo di tagli e di possibili ulteriori interventi”, ha spiegato il segretario dello Spi Carla Cantone.
“Ci dicono di stare tranquilli e che sono solo fesserie. Gli abbiamo risposto che comunque non stiamo sereni”. Dal governo, fonti sindacali spiegano che sarebbero arrivate comunque rassicurazioni che l’esecutivo non userà questa leva per finanziare il proprio intervento fiscale, ma restano in attesa di un pronunciamento più netto da parte del governo, che escluda qualsiasi ipotesi di ritocco per chi -si spiega – è già stato ampiamente penalizzato dalla Riforma Fornero.
Non ci sono solo i ‘pensionati però ad essere allarmati. In prima fila ci sono i sindacati del comparto sicurezza.
Voci di preoccupazione si levano dal Cocer Carabinieri, che chiede al Governo “un chiarimento sulle voci di una possibile, assurda manovra economica per quanto attiene l’unificazione delle due forze di polizia”, ricordando che in Francia “l’attuato accorpamento della polizia con la gendarmeria non ha portato effetti economici di cassa, anzi semmai li ha aumentati” e spiegando che “i carabinieri sono stanchi di essere attori di copioni scritti da registi e scrittori che poco o nulla sanno sul tema della sicurezza”.
Timori condivisi anche dai sindacati di polizia Siap e Anfp, secondo cui “il risparmio complessivamente richiesto, quindi, andrà ad incidere sia sull’operatività delle forze di polizia sia sugli organici, per cui si sta programmando un’ ulteriore riduzione di personale che annuncia con chiarezza programmi di chiusura di uffici ben più dolorosi di quelli ad oggi prospettati, con un’ evidente riduzione dei livelli di sicurezza”.
Ma se sul contributo di solidarietà sulle pensioni il governo potrebbe decidere di non calcare la mano, sotto la lente di ingrandimento di Carlo Cottarelli ci sono i nostri cronici squilibri sulle spese per altri tipo di indennità , come quelle di invalidità , che registrano enormi differenza da regione a regione “non giustificabile da andamenti demografici”, che a partire dal 2015 potrebbero portare 300 milioni nelle casse dello Stato.
Prospettiva duramente contestata dall’Anmic (associazione nazionale mutilati e invalidi civili): “Gli esperti e i consiglieri economici del nuovo Governo – dice l’Anmic in una nota – si sbagliano se pensano di poter risparmiare molto nella spesa pubblica per le persone con disabilità , di fatto scaricando sulle spalle delle loro famiglie il costo di una vita dignitosa e della necessaria assistenza”
Già a partire da quest’anno, sempre con il via libera del governo, potrebbero già essere operativi tagli anche agli invalidi di guerra, da cui il governo pensa di poter ottenere 200 milioni di euro.
Una parte rilevante riguarda ancora le vittime del secondo confitto mondiale, circa 120 mila persone che oggi percepiscono un assegno. “Tagliare le pensioni di guerra a distanza di quasi 70 anni dalla fine del conflitto – spiega il presidente dell’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra Giuseppe Castronovo – significa insultare il sacrificio di questi figli dell’Italia, umiliarli e dimenticarli negli ultimi anni della loro già penalizzata esistenza. Mai, neppure nei momenti più difficili del Paese, si è ipotizzato di effettuare tagli sul risarcimento e sulla solidarietà che doverosamente lo Stato ha riconosciuto alle più innocenti vittime della guerra”.
(da “Huffingtonpost“)
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Marzo 18th, 2014 Riccardo Fucile
COTTARELLI FINISCE IL SUO LAVORO: “ORA DIPENDE DALLE SCELTE POLITICHE”
“Al cento per cento”. Carlo Cottarelli non ha dubbi, dal salvadanaio della spending review Matteo Renzi potrà recuperare sicuramente almeno tre miliardi, “anche di più se ci si muove con notevole energia”, fino a 5, cominciando a tagliare da maggio.
Il commissario incaricato per la revisione della spesa, completando oggi l’audizione in Senato interrotta mercoledì , ha chiarito alcuni dei punti rimasti in sospeso la scorsa settimana.
A partire soprattutto dalle risorse effettivamente utilizzabili per il provvedimento su cui Matteo Renzi ha detto di giocarsi tutto, il taglio del costo del lavoro da 10 miliardi per cui il premier è alla ricerca di adeguate coperture.
E se il presidente del Consiglio in conferenza stampa aveva parlato di sette miliardi teoricamente disponibili per coprire la maggior parte del provvedimento, oggi Cottarelli ha fortemente ridimensionato le aspettative, abbassando appunto l’asticella ai 3/5 miliardi (sette, se si fosse cominciato a tagliare da gennaio), lasciando intendere però che in quei due miliardi di differenza ci sono “scelte politiche” che in ultima istanza sarà il governo a dovere compiere.
Tra queste la più rilevante, e più temuta, è rappresentata da un contributo di solidarietà per le pensioni più alte.
Una misura che, nei conti di Cottarelli, varrebbe sull’intero anno 1,4 miliardi di euro, poco più della metà ipotizzando il taglio a partire da maggio, ma su cui il premier ha già rassicurato di non volere per il momento intervenire.
Ed è proprio questo il filo conduttore dell’intervento di oggi del commissario, che ha fatto chiaramente intendere che se il taglio delle pensioni rappresenta soltanto uno “scenario illustrativo” che può essere “modulato secondo i parametri che si decidono”. Quindi l’affermazione chiave: “Sono scelte politiche, si può anche decidere che non si devono toccare”.
Insomma il commissario ha presentato tutto il ventaglio di possibilità sulla revisione della spesa, ma l’ultima parola spetterà al governo e – quindi – al presidente del Consiglio Renzi.
Per il premier ora la sfida delle coperture rischia di complicarsi.
Se vorrà utilizzare al massimo il margine concesso da Cottarelli, dovrà superare parecchie resistenze, andando dritto per la sua strada sul massiccio taglio ipotizzato per il pubblico impiego, con un piano da 85mila esuberi nel pubblico impiego – fino proprio dall’intervento sulle pensioni.
Ed in serata è stato lo stesso sottosegretario all’Economia Giovanni Legnini a non scansare completamente questa possibilità : “Penso che sulla fascia alta si possa fare qualcosa da subito”.
Diversamente, le risorse a disposizione per il taglio del costo del lavoro in arrivo dalla revisione della spesa rappresenteranno meno della metà di quanto deve mettere da parte Renzi, visto che il taglio del cuneo – a valere da maggio – costerà meno dei dieci miliardi spesso citati, circa sette.
Il resto, più della metà se utilizzerà “soltanto” tre miliardi dalla spending review, andrà trovato altrove.
E in fretta.
(da “Huffingtonpost“)
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Marzo 18th, 2014 Riccardo Fucile
LA PENA ORA E’ ESECUTIVA, NON SI PUO’ CANDIDARE
La Corte di Cassazione ha confermato definitivamente la pena accessoria dell’interdizione dai
pubblici uffici per due anni nei confronti di Silvio Berlusconi nel processo Mediaset.
L’ex premier era già stato condannato con sentenza irrevocabile per frode fiscale alla pena principale di 4 anni di reclusione (tre coperti da indulto).
La corte ha accolto le richieste del procuratore generale della Corte di cassazione, Aldo Policastro, che aveva chiesto la conferma dei due anni di interdizione dai pubblici uffici per Silvio Berlusconi, comminati lo scorso ottobre dalla Corte di Appello di Milano dopo il “ricalcolo” ordinato nell’agosto scorso dalla stessa Corte suprema.
Per il Pg, la pena accessoria relativa alla condanna per frode fiscale inflitta al Cavaliere nell’ambito del processo Mediaset “corrisponde ai criteri costituzionali”.
Per questo aveva chiesto alla terza sezione penale della Corte di cassazione di rigettare il ricorso presentato dai legali di Berlusconi che avevano chiesto l’annullamento della pena accessoria o, in subordine, il ricalcolo a un anno.
Secondo il pg, tra i motivi che rendevano inammissibile il ricorso e l’annullamento della pena “incide anche il fatto che l’estinzione del debito tributario non è ancora avvenuta, e non è stata chiesta neanche la remissione in termini”.
Per il pg non sussisteva neanche “l’invocata terzietà e impossibilità di adempiere”, mentre sul fronte della determinazione della pena accessoria “la quantificazione della pena non è sindacabile in questa sede così come determinata in appello ovvero in base a circostanze oggettive accertate”.
Non aveva rilevanza, per il pg, neanche l’invocata prescrizione perchè comunque “si deve tenere presente che la condotta è in ogni caso ascrivibile al ricorrente”.
In conclusione, per il procuratore generale della corte di Cassazione, “la determinazione della pena in due anni di interdizione dai pubblici uffici corrisponde a criteri previsti dalla Costituzione” e dunque il ricorso di Berlusconi andava respinto.
La difesa di Berlusconi, rappresentata dagli avvocati Franco Coppi e Niccolò Ghedini, aveva chiesto invece alla corte di trasferire gli atti alla corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo oppure di inviare gli atti alla Corte Costituzionale o disporre un nuovo processo d’Appello.
In particolare, i due legali avevano consegnato alla Suprema corte una nota di udienza citando il recente verdetto della Corte di Strasburgo che, lo scorso 4 marzo, ha sancito una violazione dei diritti di Luigi Gabetti e Franzo Grande Stevens nell’ambito del processo Ifil-Exor in quanto giudicati e puniti due volte per lo stesso reato.
(da “La Repubblica”)
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Marzo 18th, 2014 Riccardo Fucile
CONGELARE IL TURN ORVER E BLOCCARE LE ASSUNZIONI: UNA GRANDE SOLUZIONE, CI VOLEVA UNO SCIENZIATO …TAGLI A SANITA’ FERROVIE, ILLUMINAZIONE PUBBLICA… E I SERVIZI MIGLIORERANNO, VERO? MA SULLA LOTTA ALL’EVASIONE RENZI NON HA NULLA DI DIRE
Una stima di 85mila eccedenze tra il personale della pubblica amministrazione.
E’ questa l’indicazione che arriva dal lavoro di spending review del Commissario straordinario Carlo Cottarelli.
Oltre a mettere mano alle spese per la Difesa, ai trasferimenti alle imprese, alla riorganizzazione delle forze di Polizia e al taglio degli stipendi dei dirigenti, Cottarelli avrebbe infatti individuato esuberi tra i dipendenti pubblici per 85mila unità al 2016. Una misura che potrebbe generare un risparmio per le casse statali di 3 miliardi, ma già si annuncia una fortissima battaglia sul tema.
Anche perchè Cottarelli non si sarebbe limitato a indicare questa forma di risparmio, ma avrebbe anche puntato il dito contro il turnover, cioè il meccanismo che in situazioni normali fa scattare un’assunzione per ogni dipendente che va in pensione. Ora, secondo la ricostruzione delle slide del Commissario che viene fatta dal Tempo di Roma, passare al blocco totale del turnover, dall’attuale situazione che congela il ricambio generazionale per l’80% (e cioè ogni 10 pensionandi ci sono 2 assunzioni). Non mancano però i caveat del Commissario, che spiega come ci sarebbero ripercussioni sull’invecchiamento della ‘popolazione dipendente’ dello Stato, con riflessi sulla qualità del servizio erogato.
“Problema da studiare ulteriormente”, spiega infatti Cottarelli secondo quanto riporta il quotidiano romano, “con proposte entro giugno 2014; da considerare: implementazione più graduale di certe riforme, prepensionamenti con eliminazione di posizioni (ma il risparmio sarebbe più limitato nell’immediato e rischio di effetti imitazione nel privato), esoneri dal servizio (istituto introdotto nel 2008 ma abrogato nel 2011), collocamento in disponibilità del personale in esubero con riduzione della retribuzione, incentivi all’uscita dal settore pubblico con finanziamenti una tantum, riduzione dei servizi esternalizzati, rafforzamento della mobilità obbligatoria per facilitare il riassorbimento all’interno della Pa”.
Questa ulteriore puntata viene dopo le prime indicazioni di risparmi, che vedono il loro capitolo più significativo (10,3 miliardi nel triennio) dalla voce di acquisti di beni e servizi.
Altri 6,6 miliardi, in ripresa del famoso piano Giavazzi, vengono dai tagli dei trasferimenti alel imprese, sia da parte dello Stato che delle Regioni.
Anche alla Difesa viene chiesta una cura dimagrante, con una pervisione di 2,6 miliardi di minori spese cui si aggiungono i 2,4 miliardi dati dalla razionalizzazione delle cinque forze di polizia.
Altre voci rilevanti sono quelle degli stipendi dei dirigenti Statali, che contribuiranno con tagli dall’8 al 12% e risparmi per 1,7 miliardi, mentre al trasporto ferroviario e locale andranno destinati 5,5 miliardi in meno.
Se a ciò si somma ancora la salute (3,1 miliardi che per il ministro Beatrice Lorenzin – intervistata da Repubblica – possono essere “molti di più”) e altre voci come la riduzione dell’illuminazione pubblica si raggiungono i 33,9 miliardi complessivi.
Non mancano già le prime criticità , alle quali d’altra parte Cottarelli dedica una sezione della sua presentazione. In primo luogo l’intervento sulle pensioni, che dovrebbe toccare diversi aspetti: una stretta sugli assegni di accompagnamento e contro gli abusi delle invalidità , ma anche un innalzamento dell’età contributiva delle donne.
Queste dovrebbero affiancarsi agli uomini, passando da 41 a 42 anni di contributi senza vincolo di età anagrafica.
Una mossa “chiesta dall’Ue”, si legge nelle slide, che dovrebbe portare 1,7 miliardi in tre anni.
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Marzo 18th, 2014 Riccardo Fucile
NON CI VOLEVA COTTARELLI PER SPIANARE SERVIZI, LAVORO E SICUREZZA
Molto più di una sforbiciata ai contestatissimi F35. 
Il piano Cottarelli per 7 miliardi di possibili risparmi già quest’anno, che dovrebbero diventare 18 l’anno prossimo e 33,9 nel 2016 è una caccia spietata ai soldi.
Cottarelli propone di recuperare subito 2 miliardi dagli aiuti alle imprese, alle società partecipate, al trasporto ferroviario.
Propone di risparmiare 2,2 miliardi dalle spese dirette dello Stato sull’acquisto di beni e servizi, sugli stipendi dei dirigenti, sulle auto blu, sui corsi di formazione.
Infine ipotizza altri 400 milioni di risparmio dalla Difesa e dalla Salute.
Ci sarebbe stato anche un altro forte taglio sulle pensioni, per quasi 1,8 miliardi di euro, ma Renzi questo capitolo l’ha già cassato.
Comunque sarà dura.
Lo stesso documento di Cottarelli, pubblicato in esclusiva ieri dal Il Tempo, è pieno di cautele. «I risparmi di spesa indicati – scrive – sono al lordo di possibili effetti sulle entrate».
Ci sarà poi da fare i conti con le proteste.
Piaceranno molto all’opinione pubblica i 400 milioni che dovrebbero venire dai minori costi della politica e di Quirinale, Parlamento e Corte costituzionale.
Più arduo il taglio dell’8/12% allo stipendio per i dirigenti pubblici, magistrati compresi.
E tecnicamente complesso s’annuncia l’intervento sulle pensioni d’oro, già colpite da Letta con il blocco dell’indicizzazione.
Altre proposte più strutturali sono all’esame da anni e mai realizzate.
Cottarelli, ad esempio, ha aperto la riflessione sulle forze dell’ordine: mantenere cinque corpi di polizia ha ancora un senso?
Peraltro s’interrogava così già il suo predecessore Piero Giarda due anni fa e nulla è accaduto. Molto cautamente, Cottarelli chiede al Viminale di recuperare, tramite «sinergie» tra le forze di polizia, 800 milioni l’anno prossimo e 1,7 miliardi nel 2016. Al ministro Alfano il difficile compito.
In effetti al ministero dell’Interno c’è già in piano in discussione: prevede la chiusura di circa 300 presidi di polizia ferroviaria, postale, stradale, più qualche commissariato, e 50 squadre nautiche.
Molti uffici dovranno trasferirsi in sedi demaniali e smetterla di pagare l’affitto.
Il sindacato di polizia Sap, però, è assolutamente critico: «Ipotizzano risparmi inesistenti. I presidi che vogliono chiudere sono quasi tutti ospiti di enti, dalle ferrovie alle autostrade, alle autorità portuali, ai Comuni. In qualche caso ci pagano persino la luce. Ci costano pochissimo. Alla fine, sarà solo un modo per spostare 3000 agenti e mettere una pezza al mancato turn-over».
Anche i carabinieri sono chiamati a fare la loro parte. L’Arma ipotizza la chiusura di 17 stazioni e di 7 compagnie.
Può evitare chiusure più drastiche perchè il comandante generale Leonardo Gallitelli ha dimostrato di avere recuperato già 10 mila unità , raschiando ogni sacca di improduttività .
A questo punto, però, sono i numeri stessi delle forze di polizia a far discutere: in servizio ci sono 95 mila agenti di Ps, 105 mila carabinieri, 60 mila finanzieri.
Nel giro di due anni saranno ancora meno: 238 mila; dovrebbero essere 296 mila.
E allora ecco la provocazione del Sap: «Occorrono scelte coraggiose. Alfano faccia assorbire dalle due forze di polizia maggiori gli altri, ossia Forestale, Penitenziaria e Finanza. E poi si proceda con direzione unitaria al Viminale, sale operative comuni e centrale unica degli acquisti. Risparmieremmo sul serio. Almeno 2 miliardi».
Francesco Grignetti
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Marzo 18th, 2014 Riccardo Fucile
TOTI CAPOLISTA NEL NORD OVEST, TREMONTI NEL NORD EST, TAJANI AL CENTRO… E PER BLOCCARE FITTO SI PENSA ALLA FIDANZATA DEL CAVALIERE
Non è vero che si candida come capolista alle Europee in tutte le circoscrizioni, non è vero che vuole infrangere la legge, non è vero — soprattutto — che benedice la raccolta delle firme per la richiesta della grazia al Capo dello Stato.
Silvio Berlusconi, mentre tutt’intorno i suoi più fedeli scudieri si agitano per cercare di tenerlo il più possibile sotto i riflettori e in attesa di conoscere il verdetto della Cassazione (oggi) sul periodo della sua interdizione, prepara la griglia delle vere candidature alle elezioni del 25 maggio.
Come riporta il Quotidiano Nazionale, dopo giorni e giorni di contatti e un lungo, difficile, colloquio avuto qualche giorno fa ad Arcore, il Cavaliere è riuscito a convincere Giulio Tremonti a tornare nei lidi di Forza Italia come capolista della circoscrizione del Nord-Est.
Il professore di Sondrio, oggi senatore del Gal, era accompagnato da Umberto Bossi che ha benedetto questo ritorno, nel nome di un asse tra la vecchia Lega e Berlusconi che non è mai venuto meno.
Certo, i tempi sono cambiati, ma quando c’è un problema da risolvere, Berlusconi può sempre contare sull’aiuto di Bossi. E anche su Tremonti.
Chi meglio di lui, in questo momento in Europa in chiave anti Merkel? La storia di Tremonti, d’altra parte, parla da sè.
Sotto di lui, in lista, comparirà sicuramente anche il nome di Claudio Scajola.
Ecco che, dunque, risolto il primo tassello della scacchiera, altre due circoscrizioni sono andate a dama da sole.
La seconda, quella del Nord-Ovest vedrà la candidatura di Giovanni Toti, il “delfino spiaggiato”, che dunque proseguirà la sua luminosa carriera politica lontano dai lidi romani, e in ultimo la circoscrizione centro, dove verrà ricandidato il commissario Ue uscente, Antonio Tajani.
Resta un unico problema, per Berlusconi: il Sud.
Perchè lì c’è solo un uomo che si può spendere e che vorrebbe essere speso come capolista di questa fondamentale tornata elettorale: Raffaele Fitto.
Ma il Cavaliere non ne vuole sentir parlare. Tra di loro, la ruggine ha raggiunto ormai livelli di non ritorno e persino Francesca Pascale, si dice nello stretto entourage di palazzo Grazioli, punta a farlo fuori.
Insomma, per l’ex governatore pugliese la bocciatura per le Europee potrebbe anche significare l’essere messo davanti ad una scelta, quella di lasciare Forza Italia; una scissione al Sud? Probabile.
Con il Cavaliere che, tuttavia, teme Fitto. Perchè qualunque nome possa mettere al suo posto come capolista, sa che l’ex governatore publiese gli farà la guerra.
A meno che non sia un pezzo da novanta, uno “come Silvio”, capace di sbaragliare tutto e tutti, anche il “fuoco amico”.
Qualcuno ha suggerito a Berlusconi il nome di lei, della fidanzata, di “Francesca”, donna del sud e — soprattutto — donna del Capo.
Il Cavaliere, dicono, ci potrebbe pensare seriamente.
Sara Nicoli
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 18th, 2014 Riccardo Fucile
LA DIFFERENZA TRA QUELLO CHE PROMETTE E QUELLO CHE POI MANTIENE AL CENTRO DELL’ANALISI TEDESCA
Di rado Angela Merkel improvvisa e neanche stavolta l’ha fatto. 
Quando Matteo Renzi è entrato a Palazzo Chigi, la cancelleria si è fatta costruire un dossier con le informazioni meno segrete che esistano sul suo conto: una collezione di cose che ha detto, a fronte di una collezione di cose che ha fatto.
E non serviva un dottore in fisica come la leader tedesca per vedere che, forse fatalmente per un politico, le due serie non coincidono.
Il test preliminare condotto a Berlino ha permesso dunque di concludere che la parola di Renzi non sempre è scritta sul marmo.
Dalle promesse su Twitter a Letta (“Enrico stai sereno”) al “mai a Palazzo Chigi senza elezioni”, l’ex sindaco può prendere decisioni diverse da quelle che annuncia.
A Merkel interessa saperlo perchè, prima di promettere (di recente) il “rispetto di Maastricht” sul rapporto deficit-Pil, Renzi diceva qualcos’altro.
Sosteneva che quella regola è superata, che fu “scritta quando non c’era ancora Google e la Cina era un Paese arretrato”.
Merkel invece ha fretta di capire se può fidarsi del suo nuovo partner: metterlo alla prova è il minimo che i tedeschi possano fare, per adesso.
Quello che è sfilato davanti alla Cancelliera ieri è il terzo presidente del Consiglio italiano in poco più di due anni, lì a nome di un Paese con il terzo debito al mondo e un’economia crollata in questi anni più di qualunque altra, meno la Grecia.
È per questo che nell’incontro privato le parole di Angela Merkel a Matteo Renzi sono state precise.
Al premier ha detto che nella zona euro di oggi non basta riferirsi al Trattato di Maastricht, quello che fissa al 3% del Pil la soglia consentita del disavanzo: quella è solo la base.
Bisogna anche rispettare il nuovo patto di stabilità (il cosiddetto “Six Pack”) e il Fiscal Compact.
La differenza non è da poco, perchè questa diga di norme erette per arginare i mercati nella tempesta degli ultimi anni è più alta di Maastricht: implica l’obiettivo di pareggio in Costituzione, che l’Italia ha approvato da poco; prevede un calo del disavanzo ogni anno e, tra poco, anche del debito; scoraggia dal finanziarie tagli alle tasse in deficit senza prima il sì dallaCommissione europea.
Renzi ha preso nota delle precisazioni, ma in conferenza stampa ha continuato a dire che rispetterà “Maastricht”.
L’impressione dei suoi interlocutori tedeschi è che il neo-premier non cogliesse in pieno la differenza fra il Trattato del ’92 sull’unione monetaria e le regole più recenti.
Non che ciò abbia creato scandalo, perchè anche a Berlino si capisce che un primo ministro appena arrivato può anche non conoscere l’armamentario europeo a memoria.
E l’idea che il taglio delle tasse arrivi in extremis, a due mesi dalle elezioni europee, fa capire anche ai tedeschi perchè certe coperture manchino all’appello.
Certo questo beneficio d’inventario la prossima volta non ci sarà .
E di sicuro la Cancelleria avrà avuto da Parigi il resoconto del colloquio di sabato di Renzi con Franà§ois Hollande che ha avuto anche ombre, non solo luci. Il premier aveva detto all’Eliseo che bisogna superare “l’Europa delle tecnocrazie”, ma Parigi non ha raccolto perchè punta proprio a due posti vitali a Bruxelles: quello di presidente permanente dell’Eurogruppo, con il ministro dell’Economia Pierre Moscovici; e quello di direttore generale del settore Economia e Finanza della Commissione Ue con il direttore del Tesoro francese Ramon Fernandez (al posto dell’italiano Marco Buti).
Quando poi Renzi ha parlato di allentare il rigore, i francesi hanno risposto che il Fiscal Compact invece si rispetta: neanche Parigi lo ama, ma è la garanzia di tenuta di bilancio che serve alla Banca centrale europea per poter aiutare quando serve.
L’Eurotower di Mario Draghi non interverrà mai, se rischia poi di essere accusata di risolvere i problemi che i governi lasciano degenerare.
Renzi torna dunque dal suo primo tour europeo con un’apertura di credito alla sua spinta innovatrice, ma entro un corridoio ben delimitato di finanza pubblica. Il debito dell’Italia continua afar più paura all’Europa che agli italiani stessi.
Il premier lo ha capito ed è per questo che ieri con Angela Merkel ha evocato la minaccia del populismo anti-euro.
“Dobbiamo dare ai cittadini l’idea che l’Europa non è la causa dei problemi, ma la soluzione”, le ha detto.
Il sottinteso è che alle elezioni europee rischiano di vincere ancora Beppe Grillo e Silvio Berlusconi, se Merkel non gli dà dei margini di manovra.
La cancelliera ha preso nota. Il suo problema è che gli anti-euro tedeschi di Alternative fà¼r Deutschland ormai sono già saliti al 7,5% nei sondaggi: tutti voti in uscita dalla Cdu-Csu di Merkel stessa.
E possono solo salire ancora se i giornali tedeschi continuano a scrivere che Renzi è “contro il rigore”, come ha fatto ieri laWelt.Se dunque Merkel deve scegliere tra arginare Grillo o quelli di Alternative, non avrà dubbi: curerà gli anti- euro di casa propria.
Anche a costo di arginare, di passaggio, Matteo Renzi in persona.
Federico Fubini
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Marzo 18th, 2014 Riccardo Fucile
“NON BASTA LA MAGLIETTA DI MARIO GOMEZ PER FAR CAMBIARE IDEA AL GOVERNO TEDESCO”
«Mi sarei stupito del contrario» diceva ieri sera Angelo Bolaffi dopo avere letto che Angela Merkel e il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schà¤uble hanno ribadito a Matteo Renzi la necessità di andare avanti con la politica del rigore.
«Non basta la maglietta di Mario Gomez per fare cambiare idea al governo tedesco – dice il professore, germanista, uno dei massimi esperti del rapporto tra Roma e Berlino – . I tedeschi sono convinti che il grande spazio europeo si costruisca omogeneizzando i criteri con i quali mantenere la stabilità del Continente. La loro diagnosi è diversa dalla nostra, non pensano che alla base delle difficoltà ci sia il rigore, anzi».
Ma a Berlino interessa che Renzi faccia le riforme oppure basta che l’Italia sia stabile, che non crei guai sui mercati?
«In prima istanza non vogliono guai. Ma sanno anche che se il governo italiano non farà riforme serie prima o poi i guai arriveranno. Dato il livello di integrazione delle economie italiana e tedesca, per loro è essenziale che noi cambiamo. Il rapporto è così stretto che un problema da noi è un problema per loro. E ne hanno piena coscienza».
Crede in un asse anti-austerità tra Roma e Parigi?
«No. L’intellettuale francese Alain Minc dice che un’alleanza dei Paesi mediterranei in senso antitedesco fa ridere: firmato il patto, ognuno correrebbe a telefonare a Berlino. La realtà è che ancora oggi Parigi tiene al rapporto con la Germania in modo ossessivo, non ci può rinunciare e non lo farà . Piuttosto, penso che possa esserci un rapporto particolare tra Italia e Germania, non sostitutivo dell’asse franco-tedesco ma comunque positivo, come lo è stato in passato. Spero che Renzi colga l’importanza del rapporto con la Germania, per noi di grande utilità ».
Il partito antieuro Allianz fà¼r Deutschland, dato in crescita nei sondaggi delle elezioni europee, potrebbe fare cambiare posizioni a Frau Merkel sull’austerità ?
«Ammesso che qualche effetto lo possa avere, semmai spingerà la signora Merkel a essere ancora più rigorosa, dal momento che è un partito che chiede più rigore. Ma penso che la cancelliera non si preoccupi di Allianz fà¼r Deutschland».
Corre una teoria secondo la quale Renzi farebbe bene ad abbandonare i vincoli europei perchè tanto si tratta di politiche che salteranno dopo le lezioni europee di maggio, dove avranno un successo le forze anti Europa.
«Non sono convinto che l’antieuropeismo mobiliti più di tanto. Ma, al di là dei risultati, non è pensabile che la Germania cambi strada sul tema della stabilità economica e finanziaria. Nel 2011 aveva la possibilità di uscire dall’euro e non l’ha fatto: da allora ha deciso che l’Europa si sarebbe salvata seguendo il modello tedesco, che poi vuole dire i trattati di Maastricht e di Lisbona. Per Berlino, è l’unico modo di salvare l’Europa e su questo andrà avanti: gli elettori tedeschi hanno appena confermato questa linea. Renzi sbaglierebbe a pensare che possano cambiare idea».
Merkel e Renzi hanno parlato anche di Ucraina. Pure nel rapporto con la Russia, sembra che la Germania debba prendere la leadership dell’Europa, suo malgrado.
«Negli ultimi tempi, la cancelliera ha cambiato posizione in maniera decisa sulla Russia, è molto più dura. Questa è una novità che rivoluziona tutto. Cent’anni dopo la prima guerra mondiale, pare che in Europa torni il dilemma tra pace e guerra. E tanto la crisi economica che quella geopolitica pongono la questione dell’inevitabile egemonia tedesca. La Germania deve decidere cosa fare da grande e a me pare che Frau Merkel lo abbia deciso. Ha capito che il pericolo posto dalla politica di Putin, mossa dalla sindrome della Guerra Fredda, è considerevole: la cancelliera ha un’origine nella Germania Est e di fronte a ciò è estremamente sensibile».
Renzi dovrebbe seguire Berlino anche in questo?
«Una vecchia tradizione della diplomazia italiana è quella di stare, nei momenti di crisi, dietro alla Germania. Non mi pare una cattiva idea, nemmeno in questo caso».
Danilo Taino
(da “il Corriere della Sera“)
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Marzo 18th, 2014 Riccardo Fucile
LA DAMA BIANCA POTREBBE PARLARE E NEL DOSSIER PROSTITUTE BAMBINE GIà€ 50 INDAGATI…. UNO DI LORO VOLEVA 100 EURO A SETTIMANA PER TACERE
Smaltita la sbornia de La Grande Bellezza ora nella Capitale è l’ora della grande paura. 
“E se spunta il mio nome?”. È questa la frase tormentone che si sente ripetere negli ambienti della Roma potente e viziosa, quella che celebra i suoi fasti a drink, sesso e strisciate di coca.
Il terrore corre sul filo di telefonate fatte in tempi non sospetti alle ragazzine-squillo dei Parioli, quelle con le quali si accompagnava l’ex Fiamma gialla Mauro Floriani, il marito riappacificato e con benedizione ecclesiastica a messa, di Alessandra Mussolini.
Proprio Floriani ha ammesso nei giorni scorsi: “Sono stato con una ragazza un paio di volte, non potevo immaginare avesse 15 anni”.
“Incontravamo i clienti in jeans e maglietta”
Strano, a quanto rivela, invece una delle due ragazzine interrogate: “All’inizio quando abbiamo cominciato ci truccavamo per sembrare più grandi… quando abbiamo visto che ad alcuni (clienti, ndr) non gliene fregava niente e, da come parlavamo, sembrava che avevamo 15 anni ci vestivamo normali. All’inizio ci mettevamo a volte i tacchi, poi era estate quindi io per esempio mi mettevo le zeppe… però poi avevamo capito la situazione com’era e ci vestivamo normali, cioè jeans e maglietta. Certo, se ci capitava che se magari dovevamo andare ad una cosa di sera certo io magari mi mettevo il rossetto rosso o rosa però truccate sempre normali, niente di che”.
Ma gli sms, le chiamate per fissare appuntamenti, fatte dai “deficienti”, come le minorenni chiamavano i loro facoltosi clienti sono state tutte intercettate, registrate, la procura ha tutto, nomi ed elenchi degli “utilizzatori finali”.
Difficile sfuggire. Lascia traccia il cellulare e, ancora di più, la carta di credito utilizzata per pagare una stanza al Motel dove passare qualche ora con la Lolita di turno.
Il “trucco” di prendere la stanza alla reception lasciando la minorenne in macchina, lontano dalla vista del portiere, funziona poco.
Ci sono i pagamenti, la registrazione in banca: facile risalire a chi quel giorno ha affittato una stanza.
Dati che si incrociano con le testimonianze delle ragazze e che presto porteranno all’identificazione di altri “clienti”.
Intanto gli indagati sarebbero già cinquanta. Gente che trema e che in queste ore, stando alle confidenze di chi quegli ambienti li frequenta, ha cambiato abitudini.
“È l’ora di volare un po’ bassi in attesa che passi la bufera. Alcuni tavolari nunsevedono più come prima”. Tradotto, il “tavolaro” è il frequentatore abituale di locali alla moda, un soggetto che, non avendo limiti di spesa, non deve chiedere mai. Un tavolo al circolo esclusivo dove si incrocia una umanità varia e sempre abbronzata, il politico alla ricerca di emozioni romane, il commercialista con clientela multinazionale, l’avvocato che si divide tra tribunali e talk televisivi, lo troverà sempre. Perchè paga.
“Tre-quattromila euro per serata”, ci raccontano. Drink, cocktail e champagne, prima di finire la serata in una delle discoteche simbolo della nuova dolce vita.
Intanto è stato interrogato anche Mirko Ieni, quello che sarebbe l’ideatore del giro delle baby squillo, accusato di induzione e sfruttamento della prostituzione.
Si è valso della facoltà di non rispondere e ha attaccato la stampa: “Tutto quello che direi, signor giudice, finirebbe dritto nei servizi dei telegiornali e questo non lo voglio. Le mie parole sono già state manipolate”.
Stessa cosa detta ai giudici da una delle due ragazzine a proposito dei suoi tatuaggi: “Non vi dico cosa c’è scritto nei miei tatuaggi altrimenti lo andate a dire ai giornalisti”.
E poi, ancora, la brutta storia di un tentativo di estorsione. Un “cliente” che si spaccia per investigatore privato e che pretende “100 euro alla settimana, altrimenti dico tutto a tua madre”, dopo aver appreso la giovane età di quella che per lui era stata solo carne per appagamento sessuale.
Ma la Roma del grande vizio trema anche per le rivelazioni minacciate da Federica Gagliardi, la dama bianca. A chi erano destinati quei 24 chili di cocaina, valore di mercato 7 milioni di euro? Quali protezioni rendevano l’ex accompagnatrice di Berlusconi al vertice G8 di Toronto, così sicura di sè mentre col suo trolley rosa si dirigeva verso l’uscita dei voli internazionali all’aeroporto di Fiumicino?
Sono queste le domande alle quali lady-cocaina dovrà dare risposte convincenti. Per il momento cerchiamo di ricostruire la scena dell’arrivo con l’aiuto di una fonte esperta di controlli aeroportuali.
“L’arrivo con una valigia piena di droga è una sorta di lotteria. Noi controlliamo tutti i voli provenienti dal Nordafrica e dal Sudamerica, ma sono fatti a campione. C’è il cane antidroga della Guardia di finanza o della Polizia di Stato che si aggira tra i passeggeri e annusa i bagagli. Può andarti bene, ma giochi sulle probabilità , un rischio troppo alto per tanta roba e di quel valore. Ci sono poi delle tecniche particolari che i corrieri esperti adottano. Una l’hanno mutuata dalle vecchie Brigate rosse e fu trovata addirittura scritta in un volantino: quando c’è un controllo non agitarti, avvicinati agli agenti e chiedi una informazione, diceva. È un modo per distrarre il poliziotto dal suo compito principale, spiazzarlo. Se poi sei una bella donna, appariscente e adotti questa tecnica aggiungendo un po’ di atteggiamenti invitanti, l’effetto è moltiplicato”.
Il sospetto, stando alle indiscrezioni finora filtrate sull’inchiesta della Procura di Napoli, è che la certezza di farla franca di Federica nascesse dalla possibilità di poter passare col suo carico attraverso i varchi only staff.
Di nuovo la nostra fonte esperta.
La regia della camorra per quei 24 kg di droga
“Quei varchi sono accessibili solo al personale che lavora nella struttura aeroportuale, operatori, addetti ai vari negozi e punti ristoro, addetti alla sicurezza. Un viaggiatore normale non può assolutamente utilizzarli, a meno che non abbia agganci e protezioni fortissime”.
L’inchiesta appurerà anche questi aspetti. Un dato è, però, già certo: una parte consistente del carico scoperto a Fiumicino era destinata al mercato romano. Al suo segmento alto.
Le inchieste sono diverse, Napoli e Roma le procure interessate, per il momento non c’è nessun legame tra lo scandalo baby-escort e l’affaire cocaina, ma il sospetto è che la droga arrivata dal Sudamerica servisse ad alimentare lo stesso circuito, gli stessi ambienti, quelle tavolate che spesso Federica rallegrava con la sua bellezza.
La “Dama bianca” aveva un’agenda di contatti che spaziava dalla politica (senza tante distinzioni di bandiera) al mondo dello spettacolo.
L’assessore e la velina, il consulente alla Regione e il notaio di grido.
Federica era ricercatissima. La sensazione che si ricava leggendo le inchieste romane e quelle napoletane, è che nella Capitale agiscano più “agenzie” al servizio del vizio.
Ognuna con un suo settore. Sono autonome, ma la regia potrebbe essere unica.
E la coca sbarcata a Fiumicino ha un regista terribile: la camorra.
Enrico Fierro
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Giustizia | Commenta »