Destra di Popolo.net

L’INCONTRO DI MARONI CON ROGNONI PER L’INCARICO EXPO

Marzo 27th, 2014 Riccardo Fucile

IL GOVERNATORE HA SEMPRE SMENTITO DI AVER FATTO IL NOME DELL’EX DG ARRESTATO PER LA CARICA DI SUBCOMMISSARIO ALL’EXPO… MA DALL’INCHIESTA EMERGE UN INCONTRO IL 20 FEBBRAIO

“Questo lo avete scritto voi, io ho chiesto al commissario Giuseppe Sala di avere una persona in rappresentanza della Regione come vice-commissario, non ho fatto nomi”.
È il 21 marzo e il presidente della Lombardia, Roberto Maroni, replica così ai giornalisti che, il giorno dopo la bufera giudiziaria su Infrastrutture Lombarde, gli chiedono perchè in un’intervista del 2 marzo scorso avesse detto che l’ex direttore della società  regionale, Antonio Rognoni, finito in manette, era “uno dei candidati” al ruolo di subcommissario a Expo.
Ma a leggere le carte dell’inchiesta sembra che il governatore e il manager — che aveva presentato le dimissioni perchè indagato in un’altra indagine milanese su Expo — invece stessero in qualche modo trattando per una posizione.
Esistono intercettazioni telefoniche, disposte lo scorso febbraio e agli atti dell’inchiesta, che “rivelano”, secondo la Guardia di Finanza, non solo “come il medesimo continui a svolgere le proprie funzioni all’interno” degli uffici dell’Ilspa e ad “occuparsi fattivamente dell’ operatività ” della società , ma anche telefonate che “hanno ad oggetto la posizione di Rognoni nella struttura organizzativa della società ”.
Ma a quale società  di fa riferimento visto che Rognoni aveva dato le dimissione già  a metà  gennaio e avrebbe lasciato la poltrona per aprile?
Dalle intercettazioni, annotano le Fiamme Gialle nell’ultima informativa sulle indagini, “emerge che Rognoni è in diretto contatto con l’attuale Presidente della Regione, Roberto Maroni, presso il quale nel pomeriggio del 20 febbraio 2014 si sarebbe recato per discutere della propria posizione”.
Anche perchè sembra emergere, a leggere le conversazioni, tra Rognoni e alcuni suoi collaboratori una specie di ‘lotta intestina’ tra il dg dimissionario e il presidente del Consiglio di Gestione di Ilspa, Paolo Besozzi, che in pratica ha preso il suo posto dopo le dimissioni.
Rognoni riferisce ai suoi interlocutori di presunte “intimidazioni” subite da Besozzi.
E di questi contrasti l’ex dg avrebbe parlato anche con l’assessore alle Infrastrutture e Mobilità  della Regione, nonchè presidente del Consiglio di Sorveglianza di Ilspa, Maurizio Del Tenno, con il quale “è in stretto e costante contatto”.
A lui Rognoni riferisce di ciò che avrebbe scritto Besozzi: “Cose ‘aberranti’ allo scopo di intimorirlo e dare le dimissioni”.
Sempre Rognoni, in una telefonata del 20 febbraio giorno dell’incontro con il presidente leghista, dice a Del Tenno che Maroni avrebbe criticato l’operato di Besozzi, sostenendo che “questo non si deve occupare di queste cose”.
Per gli inquirenti “risultano interessanti in tal senso i commenti formulati da Del Tenno quando afferma ‘adesso la prova decisiva è l’Expo’, ed in tale contesto confida a Rognoni di volersi rivolgere a Maroni perchè ‘non ci sono le condizioni, o mandi via Besozzi o non faccio un cavolo!’”.
A quel punto Rognoni rivela, scrive gli inquirenti, a Del Tenno quello che gli avrebbe detto Maroni: “Io gli ho detto ‘Guardi Presidente siccome questo qui non cambia io non riesco a lavorare per Expo? (…) E allora lui ha detto ‘No, ma come, non avete ancora fatto l’incarico, allora io voglio portare in Giunta l’incarico anche se non è ancora stabilito il quantum”.
E Rognoni avrebbe risposto: “Guardi Presidente che io non sono in grado di lavorare per lei o per Expo avendo a che fare con uno (Besozzi, ndr) che urla davanti a tutti al telefono e che la gente non ne può più”.
L’assessore Del Tenno, secondo la Gdf, manifesta allora “l’intenzione di perorare la causa di Rognoni”.
E così che Del Tenno dice che “avrebbe investito della questione anche ‘Raffaele’ da individuarsi — scrive la Gdf — verosimilmente nell’attuale presidente del Consiglio regionale Raffaele Cattaneo”.
Tutte telefonate che dimostrano, si legge nel rapporto, la “continuità  delle funzioni direttive del dimissionario Rognoni”.
L’ex dg, infine, in un’altra telefonata con “una persona di sesso maschile”, non meglio identificata, concorda “di incontrare insieme il Commissario Unico dell’Expo nonchè ad della Expo2015 spa, Giuseppe Sala”.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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NUOVI ACQUISTI, IL RITORNO DI MASTELLA: “FORZA ITALIA NON FARA’ LA FINE DEL MILAN”

Marzo 27th, 2014 Riccardo Fucile

L’EX MINISTRO E’ STATO NOMINATO NEL COMITATO DI PRESIDENZA DI FORZA ITALIA

On. Mastella, è nel comitato di presidenza di FI. L’avevamo persa di vista.  
«È un’affermazione barocca: non mi ero mai staccato dal territorio, magari in una posizione più umile e dimessa ma c’ero. L’aggressione giudiziaria che ho subito mi ha portato a essere come quelli che hanno il cuore a destra, prima o poi te ne fai una ragione».
Il cuore a destra?
«È un modo di dire: sono sempre di centro. E di questa nomina non sapevo nulla. Mi sono arrivati sms a cui rispondevo che probabilmente c’era stato un scambio di persona». Che contributo pensa di dare?
«L’esperienza. Se continuo a superare i fuochi che si appiccano nella foresta di stagione in stagione e ad affrontare e vincere gli animali feroci….».
Che bella similitudine. Complimenti.  
«È per dire che non ritengo ci sia avarizia di giudizio per la vecchia guardia. Non ci sono solo ghigliottinatori».
Però un po’ stupisce la sua nomina in periodo di rottamazione e mentre lo stesso Berlusconi parla di rinnovamento.  
«Voi giornalisti siete strani. Non è che avete rottamato Montanelli o Scalfari. Avevano i loro lettori…».
E lei ha ancora i voti?
«Lo vedremo. Il punto è che non si può elevare l’inesperienza a valore».
Lei è europarlamentare. Non sente un po’ nostalgia della politica romana?  
«Intanto conto di ricandidarmi. Se me lo chiedono, lo faccio volentieri. E poi a Roma si respira aria viziata, mentre la mammella oggi è quella dell’Europa».
Lo avrebbe mai detto, con tanti anni di opposizione a Berlusconi, che sarebbe diventato un dirigente di Forza Italia
«Ma sono solo nel comitato di presidenza… E comunque no, non l’avrei mai detto. Certo, se non fossi stato oggetto di qualche sollecitudine giudiziaria, la mia storia sarebbe cambiata».
E quella di Prodi, di cui lei era ministro.  
«Ecco, non esistono i giudici comunisti: io ero di centrosinistra».
Ma era in lite con Di Pietro sulla giustizia.
«Io ora sono europarlamentare e Di Pietro non è nulla: una nemesi».
Che cosa pensa di quello che stia succedendo dentro il suo partito?
«Ci sono delle difficoltà  derivanti dalle condizioni di Berlusconi che ha tutta la mia solidarietà . Il mare è in tempesta e la nave finisce per ballare perchè il condottiero è legato…».
Oggi sulle similitudini è imbattibile.  
«Intendo che, siccome Berlusconi è in difficoltà , tutti devono fare dei sacrifici e seguire le sue indicazioni. Tutti noi dobbiamo pensare che, come si dice dalle mie parti, chi è nato tondo non può farsi quadrato. Forza Italia è un partito nato così e non lo si cambia. Stiamo attenti a non ridurlo come si è ridotto il Milan».
Sarà  contento Berlusconi.  
«Ma io gli sono amico, anche se non sono berlusconiano. Ogni tanto ci sentiamo e gli dico come la penso. Oggi, soprattutto, capisco il suo dramma umano: fra pochi giorni rischia gli arresti domiciliari».
Che suggerimento gli dà ?  
«A lui nessuno. Alla magistratura suggerisco rinviare l’esecuzione della sentenza a dopo il voto del 25 maggio, perchè non si inquini la campagna elettorale con l’ennesima questione giudiziaria».
Rinviare? Si può?  
«Eh, appunto: si può?».

Mattia Feltri

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PER BERLUSCONI SI ALLONTANANO I DOMICILIARI: L’UDIENZA FORSE SLITTA AL 18 APRILE

Marzo 27th, 2014 Riccardo Fucile

POTREBBE PARTECIPARE ALLA CAMPAGNA ELETTORALE MA I SERVIZI SOCIALI POI NON SONO COSI’ CERTI

Il 18 aprile di Silvio Berlusconi. Una settimana in più di agonia, che allo stesso tempo però allunga i tempi, facendolo respirare.
Interno di palazzo Grazioli, Roma. L’ex Cavaliere è a colloquio con l’onnipresente Niccolò Ghedini, avvocato e senatore.
I due valutano le ultime novità  provenienti dal Tribunale di sorveglianza di Milano.
Negli abboccamenti ufficiosi in vista dell’udienza del 10 aprile, quella per stabilire i servizi sociali o i domiciliari per il Condannato, sarebbe passata una mediazione.
I magistrati sposterebbero l’udienza al 18 aprile, in attesa dell’esito del ricorso di B. in Europa contro la legge Severino su decadenza e incandidabilità .
Nulla di più di un gesto di cortesia e disponibilità , visto che comunque c’è anche l’interdizione a due anni (e qui non c’è ricorso che tenga).
Ma che servirebbe a distendere il clima della vigilia e a guadagnare giorni preziosi per consentire a Berlusconi di fare campagna elettorale.
L’obiettivo degli avvocati di B. è ottenere uno slittamento della misura alternativa a dopo il 25 maggio.
Il 10 aprile, per lui, è un’ossessione, un chiodo fisso. Più della guerra tra falchi e cerchio magico, che lo ha stancato non poco tra riunioni e vertici e poi ancora riunioni. Berlusconia sorride ma poi gli occhi si fanno pesanti e cadenti quando si fa ripetere per la centesima volta il pronostico del fatidico verdetto: “Presidente, per i servizi sociali ci devono essere le condizioni. Accettare la condanna e ravvedersi. Se non è così i domiciliari sono la soluzione più scontata”.
Domiciliari ad Arcore. Questo il nuovo film del berlusconismo che andrà  in onda “tre o quattro settimane dopo” il pronunciamento dei giudici di sorveglianza, giusto il tempo per farlo partecipare ialla campagna elettorale.
Più remota, se non impossibile, l’ipotesi del carcere. Anche se l’altra sera, in un vortice di pessimismo, a una delegazione di azzurri delle Marche B. ha confidato che potrebbe finire anche in galera. Chissà . Certe suggestioni spesso servono a impressionare gli ospiti.
Tra Arcore e Palazzo Grazioli sono settimane che c’è un andirivieni di amici, azzurri incazzati o di periferia, avvocati e imprenditori.
A un berlusconiano di antica data, Silvio consegna un lungo sfogo su questi giorni di caos e guerra dentro Forza Italia. Lui, l’amico, gli chiede: “Perchè non hai candidato Marina o Barbara?”.
Insomma, la successione dinastica al vertice dell’impero politico, sempre più ristretto in termini di consensi. L’ex Cavaliere sembra sincero nella risposta: “L’unica che poteva e voleva farlo era Barbara. E sarebbe anche andata bene perchè lei è stronza come me. Anzi, come la madre”. Ossia Veronica Lario, da cui B. ha divorziato.
Le elezioni europee sono un tarlo relativo, non assoluto per Berlusconi. Più di Verdini e dei falchi, è preoccupato da quanti scriveranno il suo nome sulla scheda elettorale.
Tutte schede da annullare. Per questo si prevede una massiccia campagna per invitare gli elettori di centrodestra a non scrivere il nome “Berlusconi”.
Ogni risposta alle domande dell’ospite amico è un lungo monologo, in cui tutto si mischia e tutto si tiene. La questione Verdini versus cerchio magico (Pascale, Rossi, Toti, Fiori). “I falchi sono quelli che mi hanno spinto a rompere con Alfano. Verdini però è quello che ha fatto l’accordo con Renzi sulle riforme. Se molla e va via potrebbe saltare tutto, Denis lo ha già  minacciato”.
E il ritorno di “Angelino” per le Europee? “Lui potrebbe tornare, ma non credo accadrà  subito”.
Arriva una telefonata. B. s’interrompe e prende la chiamata.
La lista degli esclusi dal comitato di presidenza è lunga. Tanti si lamentano. Ma c’è anche chi si lamenta perchè è stata inserita nel secondo girone, i 37 che partecipano senza votare.
Oggi alle 16 la prima riunione, nel giorno del ventesimo anniversario della prima storica vittoria elettorale.
La Prestigiacomo, per esempio, è infuriata perchè lei è in seconda fila e il rampante Vincenzo Gibiino, che gira in Ferrari, in prima. Quali i suoi meriti? Quelli che circolano sono irriferibili, da querela.
La coda del colloquio prende in esame altri due volti del magico mondo berlusconiano. “Toti è fedele ma non funziona, non buca il video. Mi aspettavo molto di più”.
Sallusti, infine. Sarà  lui l’ultima vittima della guerra in corso? “La prossima settimana prenderò una decisione. C’è Mulè che preme (l’attuale direttore di Panorama, ndr) ma Confalonieri non è convinto”.

Fabrizio d’Esposito

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LA POLITICA SAPEVA CHE L’ACQUA HA AVVELENATO 700 MILA ABRUZZESI

Marzo 27th, 2014 Riccardo Fucile

NEL 2007 L’ALLORA PRESIDENTE DELL’AUTORITà€ DI BACINO GIORGIO D’AMBROSIO (OGGI IN LISTA COL PD ALLE REGIONALI) INTERVENNE CON DEI FILTRI RISULTATI ANCORA PIÙ INQUINANTI

La grande fabbrica” dava da mangiare a più di duemila famiglie.
Ma fino al 2007 ha inquinato l’acqua di 700mila persone.
Qui, in località  Tremonti, ora vedi ghiaia e recinti:è una delle due discariche dell’immenso polo chimico, che si estende su 17 ettari, da monte a valle, tra i fiumi Pescara e Tirino.
Siamo nel cuore dello scandalo Bussi: questa discarica mette paura soltanto a guardarla, per quant’è vicina al fiume Pescara. Così vicina che ne costeggia l’argine.
Questo resta, del grande polo chimico un tempo targato Montedison.
Lo scrive adesso l’istituto superiore di Sanità : “Una massiva contaminazione delle acque, superficiali, sotterranee e destinate al consumo”.
Lo leggiamo oggi tutti sapevano, ma nessuno ha avvertito gli abruzzesi: piuttosto s’è pensato a una presunta bonifica, da ben 50 milioni stanziati con l’emendamento bipartisan spinto da Gianni Letta e Franco Marini, che saranno usati soprattutto dall’imprenditore Carlo Toto, che proprio lì vuol costruire un cementificio..
Sapeva l’Arta, l’agenzia regionale per la tutela dell’Ambiente, che lo certifica sin dal 2004.
Lo sapeva, già  nel 2007, lo stesso Iss, quando Massimo Ottaviani, direttore del reparto igiene delle acque, viene sentito dal corpo della Guardia forestale, guidato dal comandante Guido Conti, che avviò l’attività  d’indagine: “Sono stato informato che i pozzi insistono a valle di un sito fortemente inquinato… al fine di prevenire un potenziale pericolo per la salute umana, vista la possibilità  di fonti idriche alternative, l’utilizzo dei pozzi presenti andrebbe evitato”.
Invece, almeno in un primo momento, si optò per una decisione diversa:l’apposizione di filtri ai pozzi inquinanti.
Soluzione di fatto voluta dall’allora presidente dell’Ato (l’autorità  di bacino) Giorgio D’Ambrosio — oggi candidato per il Pd alle regionali —, costata 1,3 milioni di euro, che produsse un risultato : l’acqua dei pozzi “collegati ai filtri 1 e 2 non veniva efficacemente filtrata, ma bensì si otteneva l’effetto opposto: la cessione dell’inquinante, piuttosto che la sua rimozione”.
Anche questo si legge negli atti del processo sul caso Bussi, che è diviso in due tronconi.
Il primo presso la Corte d’Assise di Chieti che, dopo l’inchiesta del Corpo forestale, vede imputati 19 dirigenti ed ex dirigenti di Montedison e Solvay, per avvelenamento di acque e disastro ambientale. A Pescara, in fase preliminare, è aperto il fascicolo che vede indagati alcuni dirigenti dell’Azienda consortile acquedottistica.
Quei filtri, per esempio, non meritavano di essere montati a detta dello stesso dirigente dell’Iss: “L’utilizzo di risorse idriche provenienti da siti inquinati” con “idonee procedure di trattamento” può “essere giustificato solo dalla mancanza di risorse idriche alternative”.
E qui bastava scavare qualche centinaio di metri più in là  per trovare acqua buona. Il dato più incredibile dell’interrogatorio di Ottaviani è, però, il seguente: “Già  dal 2004, dalle indagini analitiche dell’Arta, è stata accertata la presenza di una serie di sostanze organiche, in particolare alogenoderivati…”. Era tutto noto. Sin dal 2004. Ma nessuna istituzione ha avvertito adeguatamente la popolazione.
Tra le denunce — a parte quella del Wwf e del Forum abruzzese dei movimenti dell’Acqua — si trova soltanto un esponente politico.
È Maurizio Acerbo, consigliere regionale di Rifondazione comunista che nel 2007, quand’era deputato, prese sul serio le denunce di cittadini e associazioni e presentò un’interrogazione parlamentare. E fu accusato di aver creato allarme
Racconta Acerbo: “I responsabili della mancata chiusura dei pozzi contaminati, della mancata informazione ai cittadini, dei laboratori Aca non funzionanti, accusarono noi, di diffondere notizie false. Primo tra tutti, l’allora presidente dell’Ato (ente che sovrintendeva alla gestione del servizio idrico, ndr) Giorgio D’Ambrosio, che ci accusò di aver creato un ingiustificato allarme sociale e intervenne anche per far riaprire uno dei pozzi di campo Sant’Angelo. Ed è inquietante che lui — come i principali leader del noto ‘partito dell’acqua’ — sarà  candidato alle prossime elezioni regionali con il Pd”. Che Acerbo, il corpo forestale, la procura e il Wwf avessero ragione, è ora certificato dalle 70 pagine della relazione firmata Iss, depositata durante il processo di Bussi in Corte d’Assise. Nel documento, redatto da Riccardo Crebelli e Luca Lucentini, si legge che “l’acqua contaminata da sostanze di accertata tossicità  è stata distribuita in un vasto territorio e a circa 700 mila consumatori, senza limitazioni d’uso e controllo, anche per utenze sensibili come scuole e ospedali”.
I campioni sono stati prelevati — oltre che dai pozzi Sant’Angelo —dalle fontane pubbliche di Torre de’ Passeri e Pescara, dai rubinetti delle case di Chieti e Popoli.
Il rapporto evidenzia la presenza di cloruro di vinile, tricloroetilene, cloroformio: tutti agenti cancerogeni. È stato “determinato un pericolo reale e concreto per la salute”.
E “ai consumatori è mancata ogni informazione sui potenziali rischi associati al consumo di tali acque e a cui pertanto era preclusa la possibilità  di adottare misure specifiche di prevenzione e mitigazione di tali rischi”.
La relazione ha preso in esame “una minima parte dello scenario di rischio a cui i consumatori sono stati esposti”.
Senza contare che “tracce d’inquinamento di tetracloroetilene nelle acque per uso potabile sono evidenziate già  nel 1992” (dati Arta).

Melissa Di Sano e Antonio Massari
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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LA FRANA DI FORZA ITALIA: DA TORINO A NAPOLI IL PARTITO CHE NON C’È PIÙ

Marzo 27th, 2014 Riccardo Fucile

COSENTINIANI PRONTI A CORRERE DA SOLI ALLE AMMINISTRATIVE…. 3.400 AMMINISTRATORI PASSATI CON ALFANO… LA MINACCIA SCAJOLA

Dalla Sicilia al Piemonte un terremoto scuote Forza Italia.
Il partito si sbriciola con la leadership del capo.
Oltre 3.400 tra consiglieri e amministratori locali già  fuggiti via, 94 consiglieri regionali transitati nel Nuovo centrodestra, sulla scia dei sessanta parlamentari e altri pronti a farlo dopo il 25 maggio.
Ed è un sisma che ha l’epicentro lontano da Roma, nei territori, proprio nelle regioni un tempo cassaforte del consenso forzista.
Pacchi di consensi volatilizzati con i ras che hanno cambiato casacca. E le Europee incombono, come le Regionali in Piemonte e Abruzzo e il voto in quattromila comuni, a cominciare dalle 26 città  capoluogo.
Gli ultimi report consegnati ad Arcore disegnano scenari da brivido: zero vittorie nelle grandi città .
Non è un caso se Silvio Berlusconi il partito ha deciso di smantellarlo del tutto, sostituirlo coi club, il ventennale della vittoria del ’94, che cade oggi,cancellato di fatto, si commemora piuttosto con un vertice a casa sua.
I GRANAI DEL SUD SVUOTATI
La Campania vacilla, a dir poco. Nicola Cosentino, messo alla porta da Berlusconi, volta le spalle e va via.
Domenica all’hotel Mediterraneo di Napoli i consiglieri regionali della neonata Forza Campania presenteranno simbolo e logo coi quali correranno da soli alle prossime amministrative.
I «magnifici sette» consiglieri, li ha battezzati “Nick”, si affiancano alla mezza dozzina di senatori. È solo lo strappo finale che ha avuto origine quando Francesca Pascale è riuscita a imporre il senatore Domenico De Siano al posto di coordinatore.
Il governatore Caldoro e Mara Carfagna proveranno a fare da argine alla guerra dichiarata da Cosentino. «Siamo disponibili al confronto, confidiamo nel fatto che non ci saranno scissioni. Ma per le Europee abbiamo bisogno di persone credibili, leali e che portino voti, escludere chi li ha lascerebbe assai perplessi», sostiene la portavoce del gruppo alla Camera, sponsor della candidatura di Fitto nella circoscrizione Sud.
Già , l’affare Puglia. Rischia di essere l’altra grana che oggi pomeriggio, nella prima riunione del comitato di presidenza fresco di nomina a Palazzo Grazioli, Berlusconi cercherà  di disinnescare.
Anche perchè l’ex governatore pugliese ha al suo fianco 15 dei 17 parlamentari della sua regione.
Se sarà  candidato alle Europee, si dimetterà , guidando Fi nella circoscrizione Sud.
Se gli sarà  impedito, tutto potrà  accadere. Come già  avvenuto nella Calabria del governatore Giuseppe Scopelliti passato al Ncd con un seguito di 239 amministratori.
E in Sicilia. Dove Forza Italia avrà  gatte da pelare ora che “mister” centomila preferenze, il catanese Giuseppe Castiglione ha fatto armi e bagagli per accomodarsi da sottosegretario nei governi Letta e Renzi sostenendo la rivoluzione di Alfano e Schifani. E proprio lì, il nemico numero uno di “Angelino”, Gianfraco Miccichè, tenterà  di consumare la sua vendetta da capolista forzista nella circoscrizione Isole.
IL BUCO NERO DEL NORD
I liguri, sono solo gli ultimi ad alzare la voce. Consiglieri regionali, due presidenti di provincia, sindaci, coordinatori di club hanno scritto a Berlusconi per invocare la candidatura di Claudio Scajola.
«Irresponsabile e irrealistico pensare che» l’assenza del leader dalle liste, «non avrà  ripercussione nelle urne ». Il capo in realtà  ha escluso la corsa dell’ex ministro, se deroga ci sarà , sarà  per il solo Fitto.
Quelle centinaia di dirigenti locali forzisti hanno già  la valigia in mano.
Nel cuore lombardo del berlusconismo le Europee e le amministrative rischiano di trasformarsi in una trappola, ora che i big di Cl, da Maurizio Lupi a Roberto Formigoni militano altrove.
Se porteranno nel Ncd quel blocco di voto moderato si scoprirà  solo il 26 maggio.
Su Mariastella Gelmini, la nuova coordinatrice, il compito di trainare voti sul capolista Giovanni Toti, voluto a gran forza da Berlusconi per la legittimazione elettorale.
Ma è in frantumi il centrodestra anche in Piemonte, dove il vicecoordinatore forzista Osvaldo Napoli ha appena annunciato che il partito correrà  in solitaria per le regionali contro Chiamparino, sostenendo Gilberto Pichetto, in rotta coi fratelli d’Italia che sponsorizzano Guido Crosetto, ex forzista.
Solo il Veneto controllato ora da Niccolò Ghedini va in controtendenza, facendo registrare il ritorno di sei consiglieri regionali.
LA GUERRA DEI NUMERI
Di fronte all’incubo debacle, il responsabile elettorale Ignazio Abrignani minimizza: «Nessun timore, siamo di fronte a una prova importante, vanno al voto 18 milioni di italiani, tenteremo accordi col Ncd laddove possibili. Il fatto è che le amministrative hanno sempre favorito la sinistra».
Questa volta con un handicap in più, saranno le prima dopo la scissione di novembre. Dore Misuraca, l’uomo dei numeri e a capo degli enti locali del Ncd, aggiorna di settimana in settimana il pallottoliere degli amministratori forzisti in transito, perchè è sui portatori di voto porta a porta che si gioca la partita.
E ad oggi sono fuoriusciti 151 in Abruzzo, 239 in Calabria, 417 campani, 159 in Emilia e 235 nel Lazio con Cicchitto, Lorenzin e Saltamartini.
E poi 546 lombardi e i 195 pugliesi andati via con Cassano e i 534 della Sicilia, piazzaforte di “Angelino”.

Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)

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INTERVISTA A PIERSILVIO BERLUSCONI: “LA POLITICA E’ UNA COSA SERIA, NON SI ENTRA COME “FIGLIO””

Marzo 27th, 2014 Riccardo Fucile

“IL MODO MIGLIORE PER AIUTARE MIO PADRE E’ STARE IN AZIENDA”…”SONO ORGOGLIOSO DEL BILANCIO MEDIASET”

Pier Silvio Berlusconi, il suo nome è circolato con insistenza per le candidature di Forza Italia alle elezioni europee. A quasi 45 anni, 22 in Mediaset, il gruppo che guida dal 2000, la politica la tenta?
«Non si fa politica per successione, lo dico come elettore e come persona. Non potrei mai candidarmi tanto per mettere il mio nome sulla lista. Non è serio».
In Mediaset, però, è entrato come «figlio di»…
«Ho la fortuna, e la responsabilità , di essere figlio di un imprenditore che ha fatto nascere la tv privata in Italia. Dubito, tuttavia, che sarei rimasto in sella se non avessi mostrato talento televisivo, capacità  e impegno. In azienda sono entrato in punta di piedi e, a ogni prova, sono aumentate le responsabilità ».
Tutto questo, però, non è ancora un «no» alla politica…
«Mai dire mai, magari tra una decina d’anni, chissà . Considero la politica qualcosa di serio e alto. Anche in politica bisogna crescere e acquisire competenze».
Ha parlato della possibilità  di un altro o un’altra Berlusconi in politica con sua sorella Marina?
«Con Marina ci sentiamo praticamente tutti i giorni, ci consultiamo su tutto. E comunque mio padre è stato chiaro».
E se in politica entrasse Barbara?
«La scelta sta a ognuno, ma mi pare che le cose non stiano così».
Più che all’elettorato, le vostre tre candidature sembrano parlare a una parte del partito. Che ne sarà  di Forza Italia?
«Sugli equilibri del partito preferisco non addentrarmi. Certo è che la forza di tutto è sempre mio padre. E quello che mi interessa sono il presente e il futuro di mio padre che ha subito davvero un’aggressione ingiustificabile. Oggi, il miglior modo in cui io posso aiutarlo è occuparmi al meglio di Mediaset».
Lei dunque presidia l’asset patrimoniale cruciale della famiglia
«Oggi, nel peggior momento economico, è una durissima responsabilità . Ma fare l’editore è il mio mestiere e mi appassiona. Anche per questo lavoro bisogna saper parlare alla gente, intercettandone e magari anticipandone gusti e interessi».
Se poi la politica gioca a favore fare gli editori è anche meglio…
«La verità  è che l’impegno politico di mio padre è costato a quest’azienda uno stato di pressione continuo ed esagerato dal ’94: tenere nel mirino noi per ostacolare lui. Quante cose avremmo potuto fare e invece…».
Per esempio?
«Immagini le reazioni se, come succede in tutto il mondo, anche in Italia si fosse ipotizzata una naturale collaborazione tra telefonia e contenuti video. Un’alleanza tra noi e Telecom? Apriti cielo, impossibile procedere. E per il Paese è stata una perdita secca».
Tempo di bilanci anche in azienda, Mediaset è tornata all’utile (9 milioni) quest’anno. E ha ridotto l’indebitamento del 22,8%
«Sono orgoglioso del bilancio 2013: 622 milioni di risparmi ottenuti con un anno di anticipo e superando ampiamente l’obiettivo del piano triennale fissato a 450 milioni. Risparmi ottenuti, tengo molto a questo punto, senza un piano collettivo di licenziamenti, nè vertenze sindacali. Sia chiaro che è stata una scelta e un’assunzione di responsabilità . Perchè è più facile, tanto più facile, tagliare mandando a casa le persone».
Corrisponde a verità  che si è occupato lei, personalmente, voce per voce, della «spending review»?
«Sì, vero, io e un gruppo di manager, niente consulenti. Ore e ore su tutti i prodotti e le voci di spesa a capire come cambiare il modello di gestione. È stata poi una buona idea istituire un comitato che ha messo al vaglio tutte le spese sopra i 50 mila euro. I risultati portati da questa manovra sono stati sorprendenti».
Per voi, come per tutti gli editori, si pone il problema della crescita, dei ricavi.
«Ciò che abbiamo visto in questi anni, con il crollo della raccolta pubblicitaria, non ha precedenti. Ma ora siamo pronti a cavalcare la ripresa, sperando arrivi presto».
Come?
«Le linee di sviluppo sono tre. La prima: allargare il bacino degli spettatori, degli utenti cui “parlano” gli investimenti pubblicitari. Si tratta di un bacino di quasi 56 milioni di italiani, che ci seguono ogni settimana tra tv generaliste, canali tematici, Premium e web. Una potenza di fuoco unica. La seconda: rafforzare la nostra presenza nella pay tv, in Italia e Spagna. Terza: investire con decisione nella produzione di contenuti internazionali, fiction, cinema e library. È una strategia nuova:saremo sia produttori sia distributori, riducendo quindi il rischio e alzando le probabilità  di successo. La vendita ad altri paesi e altre piattaforme creerà  margine puro ».
Si parla di una partnership internazionale con nomi di primo piano, da Al Jazeera a Telefonica e addirittura alla Newscorp dell’avversario numero uno Rupert Murdoch.
«Sono arrivate diverse proposte interessanti, faremo la scelta che potrà  assicurare maggior sviluppo».
Record storico di incassi di «Sole a catinelle» di Checco Zalone e l’Oscar per la «La grande bellezza» di Paolo Sorrentino. Lei però non era a Los Angeles con il resto della squadra.
«Il cinema ci ha dato soddisfazioni straordinarie e sono molto orgoglioso dei nostri autori. Il fatto che non fossi a Hollywood non sorprende chi mi conosce. Io rifuggo la mondanità , non ne avverto il bisogno. Conduco una vita semplice. E ogni giorno libero è per mio figlio Lorenzo».

Paola Pica
(da “il Corriere della Sera”)

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