Luglio 10th, 2014 Riccardo Fucile
IL MISTER PUNTA A UNA STRUTTURA ORIZZONTALE, NESSUN RESPONSABILE REGIONALE, GIOCA CHI SI IMPEGNA SUL CAMPO
Dopo l’appuntamento del 28 giugno all’Eur, Gianfranco Fini torna a fare il mister lontano dalle telecamere.
E come tutte le squadre di calcio per le quali è fondamentale la preparazione estiva, anche quella alla ricerca “della destra che non c’è” non ha riposto le scarpette negli armadietti dello spogliatoio, ma sta organizzando gli appuntamenti con le “nuove leve calcistiche”, alla ricerca di futuri talenti.
Contrariamente al passato, il metodo scelto è completamente diverso: in questa fase nessuna struttura piramidale, nessun responsabile regionale, nessuna gerarchia.
Al di là della cerchia dei più stretti collaboratori, la scelta è quella di creare una struttura orizzontale dove nessuno reclami la maglia del regista o del bomber, ma tutti si mettano a disposizione del progetto comune.
Ad un osservatore esterno non sfugge comunque una maggiore presenza “di riferimento” sul web e sui social, sia attraverso presenze organizzate che di gruppi spontanei.
Fini in persona ha scritto una lettera ai singoli partecipanti al meeting dell’Eur, invitandoli a far parte dei vari comitati promotori regionali: chi si renderà disponibile sarà messo “in collegamento” con gli altri per una prima riunione organizzativa paritaria “presieduta” da un “esterno” di altra regione.
Obiettivo organizzare il primo raduno della futura potenziale squadra finiana: le assemblee regionali che dovrebbero, nelle intenzioni, essere l’occasione di verifica della partecipazione e dell’interesse a costruire “la destra che non c’è”, nonchè la possibilità di venire a contatto di una nuova futura emergente classe dirigente.
La strada tracciata eviterebbe la corsa alle primogeniture e al pericolo di subire eccessive pressione di gruppi e circoli organizzati di area.
Ua squadra con gerarchie stabilite finirebbe per relegare subito in panchina eventuali nuovi talenti: questa la filosofia del mister.
Solo il tempo e il campo diranno se lo schema di gioco verrà rispettato e porterà i frutti sperati.
Perchè l’allenatore conta, ma ancora di più il modulo di gioco, la corsa dei singoli, le illuminazioni del regista e la capacità realizzativa del bomber.
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Luglio 10th, 2014 Riccardo Fucile
ALLA FINE IL TESTO MODIFICATO OTTIENE IL VIA LIBERA, DISCUSSIONE IN AULA DA LUNEDI
La Camera sarà di nuovo composta da nominati grazie all’Italicum basato sui listini bloccati e senza preferenze.
Il Senato “delle autonomie”, invece, avrà 100 componenti che non saranno proprio scelti dagli elettori, ma da altri eletti, cioè i consiglieri regionali.
Proprio sul Senato non elettivo, approvato insieme a tutto il ddl Boschi sulle Riforme dalla commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, ha rischiato un inatteso testacoda il mega-patto tra maggioranza (Pd e gli altri), Forza Italia e Lega Nord.
Uno dei relatori, la presidente di commissione Anna Finocchiaro, aveva infatti presentato un emendamento con il quale si legava la scelta dei nuovi senatori alla composizione dei consigli regionali, premiando così di fatto i partiti più rappresentanti e annullando invece quelli più piccoli.
L’altro relatore, il leghista Roberto Calderoli, si è ribellato: ha disconosciuto l’emendamento, ha ritirato la firma e, insieme al Nuovo Centrodestra, ha preteso e ottenuto la modifica.
All’emendamento è stato tolto un “tenuto conto” ed è stato approvato: in sostanza con questo testo (che ora sarà esaminato dall’Aula del Senato e poi dalla Camera) entra in Costituzione che l’assemblea di l Senato non è più elettivo e che sarà composto da 100 tra consiglieri regionali e sindaci.
La prima discussione sugli emendamenti non inizierà prima di lunedì 14, in ritardo rispetto agli auspici di Renzi e della stessa Boschi.
Si comincerà a votare al termine di tre sedute.
Lì, in Aula, sarà ancora un’altra partita. Ci sarà da capire la portata dell’ostruzionismo annunciato da M5s e Sel (che già hanno cominciato in commissione) e il peso e la coerenza dei dissidenti dentro il Pd, dentro Forza Italia, dentro il Nuovo Centrodestra, dentro i “nanetti” di governo, come i Popolari per l’Italia.
Al centro del mirino di tutti questi, ovviamente, il Senato non elettivo.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 10th, 2014 Riccardo Fucile
LA UE INGIUNGE AL GOVERNO DI RECUPERARE LA SOMMA DAGLI ALLEVATORI DISONESTI E USARLI PER LE ESIGENZE DEL NOSTRO PAESE… IL SOSTEGNO DELLA LEGA AI TRUFFATORI HA FATTO ANTICIPARE LE SOMME ALLO STATO SENZA POI RECUPERARLE
Il semestre italiano di presidenza del Consiglio dell’Unione non salva il governo Renzi da un nuovo siluro in arrivo da Bruxelles.
La questione è quella, annosa, delle multe sulle quote latte.
Giovedì la Commissione europea ha recapitato a Roma un “parere motivato” che ingiunge di recuperare dagli allevatori 1,4 miliardi di euro di sanzioni per il superamento delle quote di produzione assegnate loro dall’Europa.
Si tratta del secondo step della procedura di infrazione partita nel giugno 2013 con l’invio di una lettera di messa in mora.
Il passo successivo, se il governo non farà quanto richiesto, sarà l’avvio di un contenzioso davanti alla Corte di giustizia della Ue.
Gli 1,4 miliardi in ballo sono la quota residua di un totale di 2,26 miliardi di euro di multe accumulate tra il 1995 e il 2009.
Secondo la Commissione, il mancato recupero “dimostra che le autorità italiane non hanno preso, o non hanno messo in opera, misure sufficienti per assicurare il pagamento delle somme dovute”.
Un’inadempienza che, accusa Bruxelles, “compromette gli sforzi europei per stabilizzare il mercato dei prodotti lattieri, provocando distorsioni di concorrenza con gli altri produttori europei ed italiani, che hanno rispettato le quote di produzione o che hanno pagato le loro multe”.
Quanto alle conseguenze nazionali, “queste somme dovrebbero essere versate al bilancio dell’Italia affinchè i contribuenti italiani non ne escano perdenti”.
La vicenda “negli anni è stata gestita molto male”, è stato il commento del ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, secondo il quale comunque l’esecutivo è “già al lavoro” e “nelle prossime settimane ci saranno passaggi organizzativi e procedure molto chiari”.
E anche Sandro Gozi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei, ha assicurato che ”l’impegno dell’Italia è di recuperare tutto il dovuto”.
“Il governo è in contatto permanente con la Commissione europea nel quadro di questa procedura di infrazione. Abbiamo già introdotto un sistema per il recupero” e, ha spiegato Gozi, “questo parere motivato ci spinge a dare ancora più dettagli alla Commissione, su come stiamo recuperando con l’Agea e la Guardia di Finanza le somme”.
Agea è l’agenzia per le erogazioni in agricoltura, braccio operativo del Mipaaf e responsabile di esigere i pagamenti dagli allevatori.
Solo un mese fa il governo ne ha nominato il nuovo commissario, Stefano Antonio Sernia. Ma il problema della riscossione è ben lontano dall’essere risolto: ”Ci sono delle questioni molto complicate sia legate alle procedimenti giudiziari che a trovare veramente le risorse”, ha fatto sapere Gozi.
Le quote sono state introdotte nel 1984 per evitare che la produzione di latte nell’Unione diventasse eccessiva, facendo crollare i prezzi.
In caso di superamento del tetto erano previste multe molto care.
In Italia gli sforamenti sono iniziati subito. E fin da subito i governi hanno iniziato a pagare al posto degli agricoltori. Con denaro pubblico.
Tanto che già nel 1995 la Corte di giustizia europea ha ordinato all’Italia di mettere fine a questi aiuti di Stato e far ricadere la responsabilità sui produttori.
Nel 1996 il primo esecutivo Prodi tentò di applicare la sentenza suscitando proteste, blocchi stradali e ferroviari e “marce su Roma” da parte dei neonati Cobas del latte. Fino al blocco dei pagamenti ordinato dai Tar di Lombardia e Lazio.
Da lì in poi è stato un crescendo di proroghe e rateizzazioni.
A complicare ulteriormente la vicenda, il sostegno politico della Lega Nord agli allevatori.
Nel 2003 la Ue ha poi concesso all’Italia, in via eccezionale, di aiutare i produttori di latte “sostituendosi a questi nel pagamento degli importi da essi dovuti”.
Ma l’ulteriore proroga accordata dal governo Berlusconi nel 2010 — ministro dell’Agricoltura il leghista Luca Zaia — è stata considerata inaccettabile: un sospetto aiuto di Stato.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 10th, 2014 Riccardo Fucile
BERLUSCONI E LA PASCALE MATTATORI DELLA SERATA… MA SOLO UNA MILITANTE AMMETTE DI AVER VERSATO LA CIFRA FISSATA PER AUTOFINANZIARE IL PARTITO
Forza Italia si è ritrovata a Roma nella splendida Casina di Macchia Madama, villa storica della capitale in un parco di 2 mila metri quadrati, zona Monte Mario, con l’obiettivo di raccogliere fondi per il partito.
Alla cena presenti politici azzurri, imprenditori, lobbisti e i padroni di casa: Silvio Berlusconi e Francesca Pascale che hanno intrattenuto gli ospiti.
Ma per partecipare bisognava pagare 1.000 euro.
“Una serata con i nostri elettori per raccogliere risorse vista l’abolizione del finanziamento pubblico” spiega Mariastella Gelmini, deputata azzurra.
“Io vado a vedere di cosa si tratta, ma non verso assolutamente niente, vengo come osservatore esterno” spiega l’imprenditore Pietro Di Lorenzo.
“Io non ho pagato nulla” è il refrain della serata, in molti, ai microfoni de ilfattoquotidiano.it, si dicono invitati non paganti.
Così come l’ex deputato Mario Pescante: “Io non ho dato il contributo”.
Anche Barbara Mezzaroma, appartenente ad una nota famiglia di costruttori romani, è tra le invitate, ma spiega che non verserà niente per partecipare alla serata.
C’è chi poi racconta: “Mi hanno chiamato e chiesto se volevo partecipare ad una cena, ovviamente gratuitamente e sono venuto”.
Una militante ha, invece, pagato e chiosa: “Io ho versato il contributo, gli altri si saranno imboscati”
Nello Trocchia
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 10th, 2014 Riccardo Fucile
FLORIS AVRA’ ANCHE UN PRESERALE PER LANCIARE IL TG DI MENTANA
Un canale di all stars, focalizzato sull’informazione ma non solo.
E’ il sogno oramai diventato realtà di Urbano Cairo che nel presentare i palinsesti autunnali de La 7 ha fatto un bilancio fatto di attenzione ai costi e di programmi forti di grandi personaggi.
Così insieme all’arrivo di Giovanni Floris il patron dell’emittente televisiva ha portuto confermare la presenza di Simona Ventura per Miss Italia.
Ma, riforzando ancora di più il suo progetto editoriale ha rimarcato il ruolo di Maurizio Crozza che farà , oltre al suo consueto programma del venerdì, anche la copertina del nuovo talk di approfondimento di Floris di fatto lasciando lo spazio che teneva su Rai Tre con Ballarò.
La programmazione settimanale de La 7 si incentrerà quindi, il lunedì con Formigli e PiazzaPulita, il martedì dal 16 settembre in prima serata con il neo acquisto Giovanni Floris, il mercoledì sarà in rosa con una staffetta di programmi condotti da sole donne, il giovedì c’è sempre Santoro, il venerdì Crozza con il suo Paese delle Meraviglie e il sabato una fiction.
Entra nel dettaglio Urbano Cairo: “Abbiamo tenuto tutti i 415 dipendenti di La7 e abbiamo fatto una attività di attenzione ai costi e recupero degli sprechi per risolvere la situazione di perdita colossale di 100 milioni all’ anno che accumulava l’azienda. Quando la tua azienda è in ordine e i conti apposto si possono investimenti, in programmi nuovi e nuove tecnologie come il multiplex. Abbiamo inoltre tenuto tutte le star e i volti più forti de La7 che ottenevano risultati importanti e di acquisirne di nuovi”.
Giovanni Floris e non solo. Il riferimento è a Giovanni Floris strappato alla Rai per un contratto importante da 4 milioni di euro in tre anni: “Finalmente lo posso confermare anche se i giornali ne hanno già parlato — ha aggiunto Cairo — abbiamo siglato un accordo con Giovanni Floris che sarà a partire da settembre un volto di La7, conduttore di programmi di La7. Un grande acquisto, un grande giornalista, che può arricchire il nostro palinsesto”.
A spingere Floris a lasciare dopo 20 anni la Rai non è stato per Cairo il corposo contratto ma la possibilità di abbinare al suo approfondimento del martedì anche una striscia dal lunedì al venerdì di 15-20 minuti intorno alle 19,40 che potesse trainare il tg di prima serata condotto da Enrico Mentana.
“Abbiamo immaginato un rapporto molto lungo di 5 anni e lui aveva l’idea di una striscia quotidiana alle 19.40, tre o quattro giorni alla settimana. Per noi era un’ottima notizia per tirare il Tg di Enrico Mentana. Lui con il suo tg fa passare lo share dal 3% al 6%, ma se il tg parte già dal 6% di share (trainato da Floris) magari arrivi al 9%”. La striscia quotidiana dovrebbe partire intorno alla metà di settembre con un approfondimento sul fatto del giorno, un’intervista e un sondaggio.
Avere sull’informazione due star del video come Giovanni Floris e Enrico Mentana, senza dimenticare Michele Santoro può creare dei problemi di gestione e rischiare che il resto dei volti di La7 giri intorno a loro perdendo di identità .
Ma per Cairo non si corrono grossi rischi: “Quando hai la possibilità di avere un nome forte, non puoi fartela scappare — ha commentato — Ora che sappiamo che ci sarà Floris cominceremo a pensare al palinsesto. Stamattina ne parlavo con Mentana, il martedì sera il nostro pubblico lasciava La7 per seguire Ballarò, oggi invece abbiamo il programma che a loro interessa e l’abbiamo sul La7. Il martedì per noi era un giorno difficile, il nostro pubblico è il pubblico di Ballarò. Poi il giovedì avremo Santoro con servizio pubblico, il venerdì Crozza con il suo paese delle meraviglie, il lunedì Formigli con Piazzapulita“.
Verrà riconfermata anche La Gabbia, ma è all’esame quando inserirla, se il giorno giusto è il mercoledì o la domenica.
Anche perchè per il mercoledì ci sono altre idee. “Magari il mercoledì potremmo avere una staffetta tutta al femminile con Daria Bignardi e Le Invasioni e poi AnnoUno, ma anche L’aria che tira con Myrta Merlino e la decima stagione di Grey’s Anatomy che abbiamo appena acquistato”.
Al sabato infine una fiction dopo tanta informazione.
Entusiasmo anche per l’ingresso di Simona Ventura, new entry su La 7: “È stata la Magnolia a contattare Simona Ventura e noi siamo felicissimi — ha commentato Cairo — Sono sicuro che con lei il programma farà più del 10% di share”.
Lara Gusatto
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Luglio 10th, 2014 Riccardo Fucile
“UNA TALE CONCENTRAZIONE DI POTERE IN CAPO A UN SOLO PARTITO E’ IMPENSABILE IN UAN DEMOCRAZIA LIBERALE”
Una siffatta concentrazione di potere in capo ad un solo organo e a una sola coalizione (per non dire in capo ad un solo partito e al suo leader) è impensabile in una democrazia liberale.
Il pacchetto delle riforme costituzionali è nato sotto una costellazione confusa: mille tira e molla, voltafaccia, modifiche su singoli punti nate da trattative plurilaterali.
Il caos ha indotto i più a pensare a faciloneria, scarsa dimestichezza con la materia, fretta soprattutto.
E se invece dietro il disordine ci fosse un disegno consapevole?
“A mio avviso è ben chiara l’idea di concentrare i poteri nella Camera dei deputati e, in definitiva, nella coalizione di maggioranza”, spiega Alessandro Pace, professore emerito di Diritto Costituzionale alla Sapienza di Roma
Partiamo dalla madre di tutti i guasti: la legge elettorale.
L’Italicum, con l’abnorme premio di maggioranza, riproduce nella sostanza il Porcellum bocciato dalla Consulta. L’altro aspetto, unanimemente criticato, riguarda la disparità di trattamento dei partiti rispetto alle coalizioni, che si risolve di fatto nell’impedimento alla partecipazione alle elezioni dei partiti che non raggiungano l’8 per cento. Non solo: la trasformazione dei voti in seggi non si produce nelle circoscrizioni dove si vota, ma nell’ufficio centrale circoscrizionale, per cui sarà un diverso candidato a beneficiare di quel voto. Detto ciò, se analizziamo il ddl costituzionale Renzi-Boschi alla luce dell’Italicum, che garantisce il premio di maggioranza (pari a 340 deputati) a una coalizione ancorchè assai lontana da quel traguardo, ci avvediamo della gravità delle conseguenze
Che sarebbero?
Fino a ieri, in forza del testo originario del ddl Renzi-Boschi, la coalizione di governo, già dal quarto scrutinio, avrebbe potuto disporre della maggioranza sufficiente di 366 parlamentari (26 senatori oltre ai 340 deputati) per eleggere anche il presidente della Repubblica. Grazie al sub-emendamento Gotor, questa possibilità è stata spostata al nono scrutinio: un traguardo lontano, ma non impossibile, sempre che la maggioranza resti rigidamente inquadrata dopo le molte votazioni. Invece non sarebbe affatto difficile, per la coalizione di governo, riuscire a eleggere tutti e i cinque i giudici costituzionali, date le maggioranze politiche attualmente esistenti nei consigli regionali. Infatti l’articolo 31 del ddl Renzi-Boschi (diversamente dall’attuale articolo 135 della Costituzione) non prevede esplicitamente che i giudici costituzionali debbano essere eletti dal Parlamento in seduta comune. Per cui, verificandosi l’abrogazione implicita (“per nuova disciplina della materia”) dell’articolo 5 della legge costituzionale n. 2 del 1967 che disciplinava il voto nel Parlamento in seduta comune, basterebbe la maggioranza relativa per la loro elezione sia alla Camera (tre giudici) che al Senato (due giudici ).
Qual è il disegno di Matteo Renzi secondo lei?
Il disegno iniziale portato avanti da Renzi — da un lato una Camera dei deputati al centro del sistema dominata dalla coalizione di governo grazie all’Italicum, dall’altro un Senato non eletto dal popolo, i cui componenti sarebbero sindaci e consiglieri regionali part time — ha trovato qualche ostacolo in commissione. Tuttavia le materie nelle quali la funzione legislativa è esercitata collettivamente da Camera e Senato sono poche. Per il resto, le altre competenze legislative che il “nuovo” art. 70 attribuisce al Senato sono più illusorie che effettive perchè sono comunque superabili dal voto contrario della Camera, semmai a maggioranza assoluta, che è un obiettivo tutt’altro che irraggiungibile grazie all’Italicum
Oltre a ciò il Senato non sarebbe elettivo.
Il fatto che le materie di competenza legislativa siano poche e il voto del Senato sia superabile da parte della Camera non esclude che quelle approvate dal Senato — tra cui le modifiche della Costituzione! — siano leggi a tutti gli effetti. Se ciò è vero, è altrettanto vero che il ddl Renzi-Boschi viola un principio basilare dello Stato di diritto secondo il quale le leggi le fanno i rappresentanti diretti del popolo e non delle persone elette ad altri incarichi che fanno i senatori part time. Nè l’elezione indiretta da parte dei Consigli regionali e dai Consigli delle Province autonome risolverebbe il problema. Ma c’è dell’altro…
Cioè?
Il secondo comma del primo articolo della Carta dice che la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Ne discende chi i poteri pubblici sono sempre essenzialmente limitati. Diminuire radicalmente le funzioni del Senato oltre a eliminarne l’eleggibilità significa che il Senato non potrà più svolgere il suo ruolo di contropotere della Camera. E ciò urta contro un altro principio fondamentale, proprio delle democrazie pluraliste, la necessità dei contro-poteri. Una siffatta concentrazione di potere in capo ad un solo organo e a una sola coalizione (per non dire in capo ad un solo partito e al suo leader) è impensabile in una democrazia liberale. Lo affermò esplicitamente lo stesso Presidente Napolitano nel suo bellissimo discorso per il 60° anniversario della Costituzione, allorchè prese le distanze dal semipresidenzialismo francese, di cui lamentava l’assenza di contropoteri. Ebbene una delle caratteristiche di quel sistema è il criticatissimo “voto bloccato”, che — guarda caso! — è stato previsto, ciò nondimeno, nel ddl Renzi-Boschi.
E l’immunità dei senatori?
Se il Senato resta elettivo, ai suoi componenti competono insindacabilità e immunità . Altrimenti dovrebbe restare soltanto l’insindacabilità per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle proprie funzioni.
Cosa pensa della proposta di innalzare la soglia minima di firme necessarie per la legge d’iniziativa popolare da 50mila a 250mila?
È sbagliata. Si giustifica tale restrizione sostenendo che verrebbero garantite a tali proposte di legge “tempi, forme e …limiti”. Il che è uno specchietto per le allodole, in quanto serve nel frattempo a non agevolare (come dovrebbe) ma a limitare l’iniziativa legislativa popolare, violando così, ulteriormente, l’articolo 1 della Costituzione che proclama la sovranità popolare.
Ma se questa cosa l’avesse fatta Berlusconi?
Saremmo tutti quanti saltati per aria. Renzi ragiona come se le maggioranze siano destinate a rimanere invariate per l’eternità . Ma sbaglia, questo non lo può non sapere.
Silvia Truzzi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 10th, 2014 Riccardo Fucile
“SIAMO DEI VINTI, ALMENO TORNIAMO CON QUELLI CHE SONO MEGLIO DELLA LE PEN”
Al momento dei saluti dico a Fausto Bertinotti: Matteo Renzi, ammesso che le legga, trasformerà le sue parole in chewingum.
“Ho le mie responsabilità e ne sopporto il peso. Parlo da vinto, da commentatore, da chi ha consumato il suo impegno politico. Mica ho da domandare”
Quanti errori però…
Uno più di tutti mi brucia: non essermi reso conto che alcuni miei comportamenti potessero essere scambiati per commistione con un ceto simigliante a una casta.
Le feste a cui partecipava col sorriso comunista, i capitalisti che frequentava, e quella comunione con volti particolarmente aderenti all’opposto vagheggiato. Un ossimoro più che un compagno.
Pensavo che la mia vita, la mia giovinezza, la mia storia familiare, il mio lavoro di operaio, le lotte a cui ho partecipato potessero immunizzarmi. Ero così tanto distante da quel mondo e ritenevo che nessuno potesse trafugare il mio volto e cambiargli colore
Anche il cachemire ha fatto la sua parte.
Sul punto dissento.
Fatto sta che la sua storia si è conclusa e le resta sul groppone una sconfitta cosmica. Con i suoi compagni di Sel che si dividono le ultime spoglie e si incamminano a capo chino verso le tende del vincitore.
È morta la sinistra. Non dico il comunismo, c’era stato il muro di Berlino a ricordarci le pietre che schiacciavano i nostri corpi. Ma il socialismo sembra scomparso, piegato. Simultaneamente alla forma avanzata di capitalismo. Ci avevano detto che il mercato si autoregolamenta. E abbiamo visto: siamo tornati all’800.
Non c’è più sinistra e destra.
No, tutto finito. Ora è l’alto contro il basso. È il tempo della post democrazia. Molti sono gli inclusi nel sistema politico, con un partito di governo che è il Pd e un leader con tentazioni autoritarie e una luccicante venatura neo-bonapartista. Dileggia il ceto dirigente, riduce a un cofanetto le assemblee elettive. Poi ci sono gli esclusi, quelli che stanno fuori, i barbari.
A Nichi Vendola chiede di passare con i barbari?
Delle persone non parlo e uno come me può dare solo consigli, sperando che siano buoni consigli.
Un consiglio a noi disperati di sinistra.
Abbassare il vessillo dei partiti, chiudere le sezioni per come sono strutturate adesso. Nell’ottocento mica esistevano i partiti? Ma le idee di sinistra sì.
Chiudere ogni bottega, sparire dalla circolazione.
Far rinascere lo spirito, il senso, le idee rivoluzionarie nella grande prateria degli esclusi, in quel popolo disordinato ma vitale. Sono barbari, però siamo nelle stesse condizioni dell’800.
I barbari votano Grillo.
E meno male. In Francia votano Le Pen.
Attendere che da lì nasca qualcosa?
Solo da lì. La deriva autoritaria ha preso forma e oramai siamo ingabbiati in una condizione di sospensione della democrazia. Con la legge elettorale che sbarra, ostruisce, esclude e un governo sovranazionale di non eletti che esercita un potere abusivo. Maastricht è stata la nostra rovina e Bruxelles ha commissariato il Parlamento nazionale. Con i risultati che vediamo.
Lei parla in quale veste?
So di appartenere a un mondo concluso. Per tutta la vita abbiamo pensato che il nostro obiettivo fosse fare la rivoluzione. E s’è visto dove siamo giunti. Oggi ci sono parole innominabili. Per esempio non è più spendibile quella di padrone. I capitalisti ci dicevano meraviglie della globalizzazione, vero? Eccoci qua. Non è più pronunciabile la parola, non si può dire padrone altrimenti rechi offesa. E sempre oggi, che nel mondo esiste il più alto numero di operai, quella classe è cancellata dalla società , i diritti si assottigliano fino a divenire inconsistenti. Se tu nasci per cambiare il mondo, e poi il risultato è questo, non puoi cavartela con: scusate, abbiamo sbagliato.
È triste convenire e spero non si dispiaccia, ma lei proprio non può cavarsela così.
Lo so, lo ammetto. Sono un vinto.
Ci avete fatto tribolare, sempre a spararvi contro.
Siamo stati nani seduti sulle spalle di giganti. Ricorda?
Adesso ci tocca Renzi.
Il Partito democratico si trasformerà in un moderno Partito di governo.
È già un partito-Stato.
Arriveremo presto alla tracimazione: quando l’articolo 1 della nostra Costituzione verrà di fatto soppresso.
Solo i barbari ci salveranno.
Le idee nascono anche fuori dal Palazzo, e nelle piazze si costruisce un sentimento che forma una comunità .
Ma i barbari usavano anche le mani. Altro che feste e cachemire.
Bisogna rendersi conto che i nostri vessilli non raccontano più e non rappresentano più. Certo che in piazza non sempre il pranzo è di gala. Ma quello è il luogo, non altri.
E lei cosa fa?
Non vede? Abbiamo questa Fondazione, si chiama Cercare ancora.
Cercare ancora?
Dovremo lasciare questa sede, non ci sono più soldi”.
Antonello Caporale
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 10th, 2014 Riccardo Fucile
ALLA ASL PERCEPIVA LA META’… IL “GRANDE MORALISTA” PIAZZA ANCHE IN REGIONE I GIOVANI GUERRIERI PADAGNI LUCIO BRIGNOLI ED EUGENIO ZOFFILI
Ognuno ha la sua family. Anche Matteo Salvini.
La compagna del segretario del Carroccio è stata assunta con un contratto diretto in Regione Lombardia, guidata dal leghista ed ex capo del Carroccio, Roberto Maroni. Giulia Martinelli è entrata nello staff dell’assessore al welfare Maria Cristina Cantù, quella che propose di assegnare i fondi regionali a sostegno della maternità solo a chi risiede in Lombardia da cinque anni spiegando la decisione con un lapidario: “Oggi ne vanno troppi agli extracomunitari”.
Martinelli doveva essere assunta già lo scorso primo gennaio: Cantù presentò il decreto di assunzione alla segreteria generale del Pirellone che però lo bloccò e rispedì al mittente.
Il momento per il Carroccio non era dei migliori, il partito con ancora le ferite aperte della Family di Bossi guardava alla sopravvivenza alle Europee come a un miraggio. E soprattutto a storcere il naso erano stati alcuni esponenti del partito.
A cominciare dall’ex assessore Daniele Belotti e da alcuni parlamentari che da Roma avevano chiamato direttamente il governatore Maroni: “Non provate a fare una roba del genere”. Bobo seguì il consiglio.
Martinelli ha incassato, pur avendo già chiesto l’aspettativa alla Asl — dove ha vinto un concorso e lavora come avvocato — e ha cominciato a collaborare con la Cantù.
Senza un incarico ufficiale. Che però è arrivato a giugno: un contratto in forma di incarico fiduciario per una cifra al momento di circa 70 mila euro l’anno. Il doppio di quanto percepiva alla Asl.
Il contratto non è ancora stato ufficializzato. “Sappiamo che lavora qui, la vediamo da settimane ogni giorno eppure nessuno ha il coraggio di mettere la faccia su questa nomina”, afferma il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, Dario Violi.
Due settimane fa, con esattezza il 27 giugno, Violi e il suo gruppo hanno presentato richiesta formale per avere l’elenco degli incarichi e dei contratti fatti da Cantù ma ancora non hanno ricevuto alcuna risposta.
E non è detto che quello di Martinelli ci sia perchè in base al decreto Monti non c’è l’obbligo della pubblicazione dei contratti privatistici ma solo delle collaborazioni. “Noi sappiamo che lavora qui — ripete Violi — e appena avremo i dati ufficiali faremo un’interrogazione per chiedere chiarimenti in merito alle assunzioni di amici, parenti”. Sì perchè quello della compagna di Salvini non è “l’unico caso di incarico dubbio”: ci sono anche i fedelissimi del segretario del Carroccio Lucio Brignoli ed Eugenio Zoffili, coordinatore federale e nazionale lombardo del movimento giovani padani, entrambi sbarcati nel Palazzo Lombardia.
Zoffili alla dirigenza dello staff dell’assessore Simona Bordonali, Brignoli in quella di Claudia Maria Terzi.
Tanto per rimanere alla Lega.
In Forza Italia la bandiera è tenuta alta dall’assessore all’istruzione Valentina Aprea: suo figlio Stefano Spennati, finita l’esperienza in Europa come assistente parlamentare di Lara Comi, è diventato dirigente della Regione Lombardia presso la sede di Bruxelles.
Il consigliere regionale dei Cinque Stelle, Stefano Buffagni, ha presentato richiesta d’accesso agli atti e minaccia di presentare “una mozione di censura nei confronti dell’assessore”.
Va detto però che Spennati, 32 anni, ha già un lungo curriculum: nel luglio 2009 era consulente del ministero dell’Istruzione per gli affari esteri, poi è stato nello staff del Commissario Antonio Tajani e nella segreteria di Mario Mauro quando era vicepresidente del Parlamento europeo.
Spennati, oggi assistente a Bruxelles di Gianlorenzo Martini, direttore della delegazione presso l’Unione Europea di Regione Lombardia, non risponde al telefono. Disponibile invece è Matteo Salvini per spiegare la nomina della compagna.
E parte all’attacco: “Un contratto con la Cantù? E cosa c’è di male? Lavorano insieme da almeno sei anni, prima a Milano poi a Legnano e ora in Regione, quindi?”.
Quindi che la compagna del segretario della Lega venga assunta nella Regione che il partito guida non è proprio normale.
“Ma per piacere… Ha fatto i concorsi per entrare all’Asl, se fosse rimasta nel privato da avvocato avrebbe guadagnato di più”.
Lavorando anche di più.
“Ma no, ha fatto una scelta di vita: lavorare nel pubblico, avendo a che fare con malati di mente, autistici e quant’altro; insomma la moglie di Renzi fa l’insegnante? La mia fa la dipendente Asl… poi guadagnasse diecimila euro al mese…”.
Su questo “sono la stessa cosa”, chiosa Violi di M5S: “Parlano tanto di famiglia ma poi si preoccupano di sistemare le loro e, al massimo, gli amici”.
Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 10th, 2014 Riccardo Fucile
LA RACCOLTA DI FIRME DI FRATELLI D’ITALIA E LO SLOGAN AUTOIRONICO “SCEGLI CHI TI RAPPRESENTA”: CON ACCANTO UN CONDANNATO IN PRIMO GRADO A 4 ANNI DI CARCERE
“Eravamo quattro amici al bar…” in edizione romana è andata in onda 24 ore fa: Fratelli d’Italia lancia la raccolta firme per le primarie del centrodestra e ai gazebo della Meloni si ritrovano i compagni di merende di Lega, Ncd e Forza Italia.
Resoconta “il Tempo”:
“Giovanni Toti si presenta in giacca e cravatta serrata sul colletto rigorosamente chiuso: lo accoglie con un’abbraccio Giorgia Meloni . Guido Crosetto è in giacca, senza cravatta, e fuma una sigaretta dietro l’altra; saluta con abbraccio e bacio sulla guancia Stefania Prestigiacomo con occhialoni da sole. Matteo Salvini arriva in camicia e stringe con entusiasmo la mano a tutti. Alla fine, ieri mattina, a mezzogiorno, attorno al gazebo di Fratelli d’Italia-An a piazza Montecitorio, si è ritrovato (quasi) tutto il vecchio centrodestra, quello di una volta.”
Continua il giornale romano vicino al centrodestra:
Per qualche minuto si sono riavvicinate le varie anime della destra italiana, grazie alla petizione lanciata da Fratelli d’Italia-An che chiede le primarie di coalizione per la scelta del candidato premier, dei sindaci e dei presidenti di Regione. L’iniziativa, ideata da Giorgia Meloni con la regia attenta di Guido Crosetto e Ignazio La Russa , propone agli italiani di porre quattro firme: quella per le primarie, poi per una rapida soluzione della vicenda dei marò, per la famiglia e per una più equa politica fiscale con lo «scaricatutto».
E poi l’immagine da Cineluce:
L’incontro ha preso il carattere di una «rimpatriata» con strette di mano calorose, abbracci, baci, pacche sulle spalle, in una atmosfera di assoluta cordialità apparsa naturalmente e indiscutibilmente sincera. Come tra vecchi amici che si rincontrano domandandosi perchè ci si era persi di vista.
Invece che chiedersi perchè si sono “reincontrati” dopo aver distrutto un patrimonio di voti pari al 50% di consensi, questi non hanno neanche la dignità di sparire.
Facciamo due conti: Forza Italia veleggiava da sola al 37% di consensi, alle Europee è scesa al 17% e secondo un ultimo sondaggio veleggia al 13%.
Ncd arranca al 4% solo grazie all’1% portato in dote da Casini, altrimenti sarebbe sottoterra.
La “grande Lega di Salvini” è al 6% , la metà dei voti del periodo di Bossi.
FdI dopo aver raccattato nei cassonetti del riciclo e dell’usato insicuro e dopo aver preso in affitto gratuito il simbolo di An (partito del 12-15%) si è schiantato al 3,7% e ora è gia tornato al 3%.
Tutti insieme arrivano attualmente al 26% meno dei 44 gatti in fila per 6 col resto di 2.
E questo con la versione forzista della Madonna di Oppido che portano ancora in processione, figuriamoci senza…
Ma invece che fare il nobile gesto del suicidio di massa, eccoli accorrere al gazebo del presepe di sora Giorgia.
Siamo sadici, vogliamo dirvi chi c’era: Gianni Alemanno, Flavio Tosi, Maurizio Lupi, Magdi Cristiano Allam, Raffaele Fitto, Gaetano Quagliariello, Renato Brunetta .
E ancora: Mariastella Gelmini, Mara Carfagna, Fabrizio Cicchitto, Roberto Formigoni, Nunzia de Girolamo, Stefania Prestigiacomo, Augusto Minzolini, Debora Bergamini, Laura Ravetto, Pietro Laffranco, Daniele Capezzone, Francesco Paolo Sisto, Barbara Saltamartini e Catia Polidori (colei che tradì Fli e salvò Silvio).
Ma guardiamo ai contenuti delle 4 petizioni: quella per le primarie, poi per una rapida soluzione della vicenda dei marò, per la famiglia e per una più equa politica fiscale con lo «scaricatutto».
Le primarie hanno senso se sono partecipate e libere da vincoli di indicazione di partito: proporle così è solo un richiamo per gli allocchi.
Con Berlusconi vivo non ci saranno mai, lui vuole scegliersi chi vuole. Quindi o si fonda un nuovo partito o si vuole solo prendere per i fondelli il prossimo.
E visto il noto coraggio dei suddetti è inevitabile propendere per la seconda tesi.
Soluzione vicenda maro’? Basta uno scambio tra i due militari italiani e Ignazio La Russa, il vero responsabile politico del loro arresto.
Se non avesse fatto un decreto allucinante per scortare e tutelare interessi privati con militari della nostra Marina, i due marò non si sarebbero mai mossi da casa.
Ridicola poi una petizione che vieti le adozioni gay: è una firma contro il nulla, non esistendo alcuna legge che le autorizzi.
Lo “scaricatutto” non elimina l’evasione fiscale, se non quella del droghiere di borgata, perchè comporta sempre una duplice volontà tra il più debole e il più forte.
Il libero professionista continuerà a farsi pagare in nero con al massimo un piccolo sconto. E nelle casse dello Stato non entrerà un cent.
Ci vuole ben altro, misure di questo tipo sembrano fatte apposta per lanciare fumogeni al profumo di ciclamino.
Se proprio vogliono “scaricare” qualcuno, i fratellastri comincino a scegliersi meglio la compagnia, a cominciare dalla feccia razzista cui si accompagnano per finire con gli inquisiti che hanno accolto a baci in bocca.
Capisco che sono abituati a usare la lingua, ma anche slinguettare con un condannato in primo grado a 4 anni di carcere non è salutare e anche poco identitario.
Un quinto quesito “grillino” che suggeriamo a Meloni & Co.: meglio restituire i 750.000 euro di finanziamento avuti da Forza Italia per coprirgli le spalle?
Perche’ su questo tema non fate decidere agli italiani?
Una cosa invece ci piace, lo slogan della raccolta di firme: scegli chi ti rappresenta.
Se sei di destra, loro no di certo.
argomento: Fratelli d'Italia | Commenta »