Luglio 20th, 2014 Riccardo Fucile
E PER IL 49% LA SENTENZA E’ FRUTTO DEL PATTO DEL NAZARENO CON RENZI
Gli italiani non perdonano il comportamento di Silvio Berlusconi, una grande maggioranza non crede alla persecuzione giudiziaria, ma si dividono equamente sulla teoria che sulla sentenza di assoluzione nell’appello del processo Ruby abbia influito il nuovo clima politico creato dal Patto del Nazareno fra Berlusconi e Matteo Renzi.
L’Istituto Ispo ha intervistato sabato un campione rappresentativo degli italiani adulti (800 casi) per sondare le prime reazioni alla sentenza che ha assolto Berlusconi.
Ne è emerso un quadro sfaccettato che ha mostrato anzitutto l’esistenza di un atteggiamento anti-berlusconiano ancora assai diffuso.
La maggioranza ( 70%) della popolazione si rifiuta di condividere l’opinione che quella svoltasi negli ultimi 20 anni fosse una vera e propria persecuzione giudiziaria contro Berlusconi.
Ma grosso modo un italiano su tre è ancora d’accordo.
Quest’ultima è la percentuale che viene solitamente rilevata – e lo è stata per tanti anni – dei fermamente sostenitori del Cavaliere.
Una maggioranza ancora più elevata (80%) ritiene che comunque Berlusconi si sia comportato male tenendo conto del ruolo di presidente del Consiglio che ricopriva all’epoca dei fatti.
Per altre questioni, viceversa il campione si spacca a metà .
È così, ad esempio, riguardo all’affermazione che i giudici si siano fatti influenzare dall’attuale clima politico.
Ancora, all’idea, condivisa da più di metà della popolazione, che la magistratura condizioni la politica, il 43% – grosso modo nella stessa misura tra tutte le categorie di cittadini escluso l’orientamento politico – si dichiara contraria.
Infine, riguardo a una possibile previsione di ciò che deciderà in merito la Cassazione, ancora una volta gli italiani si dividono a metà .
Circa il 48% ritiene che l’assoluzione sarà confermata, contro il 52% che ritiene invece che il verdetto verrà nuovamente modificato.
In definitiva, spiega l’Ispo, emerge come la contrapposizione pro o contro Berlusconi persista ancora negli italiani e come il giudizio in generale sulla magistratura e sull’operato dei giudici spacchi ancora il paese
Si è dimostrato che quella contro Berlusconi era in larga misura una persecuzione giudiziaria?
Sì 32% No 68%
Al di là della sentenza, Berlusconi si è comportato male, considerando il ruolo di Presidente del Consiglio che ricopriva?
Sì 80% No 20%
La sentenza dà finalmente giustizia a Berlusconi?
Sì 28% No 72%
I giudici si sono fatti influenzare dall’esistenza di un accordo di Berlusconi con Renzi?
Sì 49% No 51%
Hanno ragione quelli che dicono che la magistratura condiziona la politica in Italia?
Sì 57% No 43%
Il giudizio in Cassazione condannerà nuovamente Berlusconi?
Sì 48% No 52%
(da “Huffington Post“)
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Luglio 20th, 2014 Riccardo Fucile
ARCHIVIATA LA GRAZIA, VUOLE CAMBIARE IL PARTITO
Rigenerato, ringalluzzito. La sentenza Ruby per Silvio Berlusconi era uno spartiacque: da un lato la morte politica, dall’altro una corposa boccata d’ossigeno in un momento complicato.
Per questo il Cavaliere, chiuso a Villa Certosa, il leader azzurro ha già iniziato a lavorare sui piani per il futuro.
“La sentenza di venerdì è stata un messaggio importante per il destino del centrodestra, può addirittura favorire la nostra ricomposizione, altrimenti rischiamo di trovarci davanti a un bipolarismo con Renzi da un lato e Grillo dall’altro”.
Queste, secondo la ricostruzione del Corriere della Sera, i ragionamenti fatti con i suoi.
Svanita qualunque possibilità di vedersi concedere la grazia da parte del Quirinale, Berlusconi per rilanciarsi accarezza la possibilità di riazzerare ancora una volta tutto quanto. “Ci serve un partito più leggero, un partito nuovo con una nuova sede”, nel quale tenere per sè il ruolo di padre nobile.
Uno schema che prevederebbe le primarie a dicembre.
Per questo lo schema potrebbe andare oltre al recinto di casa. E tornare a riabbracciare i vecchi compagni di strada di Ncd.
Ma prima ci sono da risolvere le grane interne. Per questo sull’agenda è cerchiata in rosso la data di martedì prossimo: in calendario un incontro con Raffaele Fitto, il leader della fronda interna che non vede di buon occhio le riforme fatte insieme.
È Giovanni Toti, il consigliere politico del Cavaliere, a lanciare segnali di fumo in direzione del Nuovo centrodestra. Ma non solo: “Io parlo con molti esponenti del Nuovo centrodestra così come parlo con gli amici della Lega e di Fratelli d’Italia. Garantisco che un Berlusconi assolto ha ancora più forza nel rifare quello che ha sempre saputo fare benissimo. E cioè riunire i moderati”.
Non chiude la porta Angelino Alfano (che ieri avrebbe provato a contattare telefonicamente il Cavaliere senza riuscire a sentirlo), che rivendica tuttavia la necessità di un progetto più ampio: “Per noi, la questione politica è se Forza Italia vuole partecipare alla grande alleanza popolare – spiega al Messaggero – cioè costruire il partito popolare europeo anche in Italia con noi di Ncd, l’Udc e tanti altri moderati – o se invece vuole strizzare l’occhio alla destra estrema, razzista, anti-europea e avversaria del Ppe a livello continentale e italiano”.
Alfano chiede chiarezza sulla linea politica, primarie nel centrodestra, e una legge elettorale che non penalizzi eccessivamente i partiti minori.
Alla Stampa Paolo Romani, capogruppo al Senato, specifica che tuttavia “nessuno può contestare a Berlusconi il ruolo di federatore della nuova futura aggregazione”.
Di segno opposto il parere di Gaetano Quagliariello: “Serve una nuova leadership”. Insomma, la strada è ancora lunga. Molto lunga.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 20th, 2014 Riccardo Fucile
PREMIER DA TRE GIORNI, A BALLARO’ ANNUNCIAVA 60 MILIARDI IN 15 GIORNI…DUE SETTIMANE DOPO CONFERMAVA 22 MILIARDI E ALTRI 68 ENTRO LUGLIO…ALLA FINE NE SONO STATI PAGATI SOLO PER 26,1 (STANZIATI DAL GOVERNO LETTA)
Dal Tesoro assicurano che si tratta solo di una “svista”, un errore che risale all’insediamento del nuovo governo.
Fatto sta che lo strumento-bussola che doveva servire a monitorare i trasferimenti dello Stato per far fronte ai crediti delle imprese è fermo, incredibilmente, da quattro mesi.
“Il prossimo aggiornamento è previsto per il 23 aprile 2014” si legge sul sito del Mef appositamente dedicato al pagamento dei debiti delle amministrazioni pubbliche.
Ma la verità , forse, è un’altra. Il buio sui pagamenti effettivi è anche un modo per non smentire l’ottimismo che il presidente del Consiglio Matteo Renzi sparge da mesi su un tema che nel frattempo è esploso, diventando emergenza per l’economia del Paese, fardello intollerabile sulla ripresa, ferita aperta alle regole del mercato e ai principi dello Stato di diritto, zavorra che affonda il debito pubblico.
Difficile, per chi ha promesso tanto, spiegare che a fronte di tutto questo un credito su due è ancora da pagare
L’ultima fotografia è dunque quella relativa alle azioni dei governi precedenti, i decreti Monti (dl 35/2013) e Letta (102/2013) relativi ai debiti accertati al 31 dicembre 2012, per i quali sono stati messi sul piatto 47 miliardi di euro da erogare nel biennio 2013-2014.
Racconta che di quella massa finanziaria immessa nel circuito delle pubbliche amministrazioni è stata pagata una quota pari a 23,5 miliardi, altrettanto (22 miliardi) era da pagare nel 2014.
Delle liquidazioni successive non si ha più notizia.
Le slide bollinate dal Ministero si sono fermate, in barba alle buone pratiche di trasparenza ed efficienza.
Da allora, fa sapere il Mef, a fronte di 56.839 milioni di euro stanziati, i pagamenti effettivi registrati ammontano oggi a 26.139 milioni.
In pratica la metà dei crediti esigibili al 31 dicembre 2013 è ancora tutta da saldare.
Le sole liquidazioni spendibili, in altre parole, sono ancora riferibili alle azioni dei precedenti governi.
Da quello incarica sono piovute invece sopratutto promesse.
“Paghiamo tutto entro luglio”, annunciava mesi fa il capo del governo.
Anzinò, entro settembre.
E ora che siamo vicini all’ennesima scadenza, è partita la caccia al Tesoro per trovare i 31 miliardi che servono a tenere fede all’ultima promessa: pagare tutto entro due mesi.
La bomba dei debiti e l’esplosione degli annunc
Il fatto è che su su via XX Settembre sembra si sia abbattuta la “bomba” Renzi. Impossibile, anche per i tecnici del Mef, star dietro ai proclami del nuovo presidente del Consiglio.
Matteo Renzi ne ha collezionati una serie, salvo procrastinarli di mese in mese. Premier da tre giorni, a Ballarò annunciava che “La Cassa Depositi e Prestiti in 15 giorni permetterà di sbloccare i 60 miliardi che sono bloccati per i debiti della P.A”. Due settimane dopo, all’uscita da un Cdm, confermerà lo sblocco “immediato e totale dei debiti della P.a”, ma per i 22 miliardi già stanziati dal governo Letta, mentre altri “68 miliardi li pagheremo entro luglio”.
Cioè cinque mesi dopo rispetto al primo impegno.
Ma non è poi un problema, perchè il giorno dopo Renzi cambia poltrona e versione. Da Bruno Vespa torna sul tema, procrastinando lo sblocco al 21 di settembre.
“Per San Matteo, ultimo giorno d’estate, se ci riusciamo lei va in pellegrinaggio a piedi da Firenze a Monte Senario”, dirà al conduttore.
Tra i debiti scaduti nel 2013 uno su due è ancora da pagar
Mercoledì scorso, in audizione al Senato, il ragioniere generale dello Stato Daniele Franco ha diffuso però alcuni numeri che confermano il ritardo nelle liquidazioni delle fatture.
Tra il 2013 e 2014 sono stati stanziati 56,8 miliardi di euro, le risorse assegnate sono state pari a 43,1 miliardi e quelle rese effettivamente disponibili 30, cioè il 63% del totale.
I pagamenti effettuati sono stati invece pari a 26,1 miliardi di euro. In pratica, meno della metà dello stock di debito accumulato nel 2013 è stato pagato, anche se i soldi (teoricamente) sono disponibili.
”Nei prossimi mesi ci sarà un aumento significativo dell’entità pagata”, ha spiegato Franco, conteggiando in 75 miliardi lo stock del debito pregresso (per la Banca d’Italia erano 91, ma il dato contiene anche i debiti non scaduti).
Infrazione&fatturazion
Intanto si è aperto un fronte con l’Europa sui tempi lunghi di pagamento delle fatture da parte delle amministrazioni italiane.
Un problema che Renzi dava per risolto il 28 marzo scorso, con tweet: “Debiti Pa? Problema risolto dal 6 giugno con fatturazione elettronica a 60 gg”.
Ma tale non era, tanto che una decina di giorni dopo (il 18 giugno) l’Europa ha aperto contro l’Italia una procedura d’infrazione per i tempi di pagamento delle sue amministrazioni che si trascinano ben oltre il limite dei 30 giorni previsto dalla direttiva comunitaria che pure abbiamo recepito un anno fa.
Nessuno ci ha messo mano e l’Italia è finita nel mirino di Bruxelles.
Uno smacco pesantissimo per il governo della velocità e del cambiamento, che proprio allora si preparava a guidare il semestre europeo.
Tale da indurre i suoi esponenti di punta a distrarre l’attenzione pubblica dalla polvere sui debiti al polverone su Antonio Tajani, il commissario uscente reo d’aver remato contro il suo stesso Paese per fini elettorali, essendo candidato alle europee con le liste di Forza Italia.
“E’ mosso da motivi politici”, accusa il ministro Delrio (Ansa 18/06/2014) e la procedura stessa per il sottosegretario Sandro Gozi è “una bolla di sapone e una strumentalizzazione politica”.
Sarà lo stesso Tajani, allora, a ricordare i plurimi avvertimenti che aveva messo sotto il naso del governo. “La verità è che l’Italia e’ stata avvisata in ogni modo: tutto inutile. Perciò mi sembra strano che Padoan si dica ora sorpreso”.
Problema risolto. Anzi no, tra un anno (forse
La fatturazione elettronica annunciata via twitter però non ha ancora risolto nulla.
A ben vedere non è neppure farina del sacco di Renzi, ma di Enrico Letta.
La stessa piattaforma che la rende possibile è stata predisposta con legge n° 244 del 2007 (dunque sette anni fa) e regolamentata ulteriormente con il decreto ministeriale n° 55 del 2013.
E’ stato Letta, il 29 gennaio scorso, a ufficializzare l’obbligo per le imprese che lavorano con la Pa di utilizzarla, facendo divieto alle amministrazioni di pagare le fatture dei fornitori che non vengono inserite nella piattaforma digitale.
Al di là dei dubbi meriti, il problema resta.
Il 6 giugno scorso è scattato infatti l’obbligo solo per ministeri, agenzie fiscali ed enti nazionali di previdenza. Gli altri enti nazionali e locali possono ancora accettare (e pagare) fatture emesse o trasmesse in forma cartacea perchè l’obbligo per loro scatta solo dal prossimo anno. Soppesando la massa debitoria delle due categorie sull’intero stock, si capisce che il problema è solo rimandato.
Renzi, fanno notare dal Mef, ha però impresso un’accelerazione. Bene, ma di quanto? L’obbligo che doveva intervenire entro giugno 2015 scatterà il 31 marzo 2015, cioè soltanto due mesi prima della scadenza già stabilita.
Farina del governo in carica sono invece le disposizioni che aumentano le sanzioni in caso di registrazione di ritardi nei pagamenti superiori a 90 giorni nel 2014 (e 60 dal 2015).
Prevedono riduzioni nei trasferimenti erariali ma anche blocco delle assunzioni di personale, compresi i rapporti di collaborazione e i contratti di somministrazione, anche qualora siano in corso processi di stabilizzazione di personale precario.
Così, a pagare lo scotto dei ritardi saranno i lavoratori più che gli amministratori ritardatari.
Thomas Mackinson
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Luglio 20th, 2014 Riccardo Fucile
VERGOGNA! DOPO 24 ORE DAL FATTO PER IL SITO DEL MINISTERO DEGLI ESTERI NON E’ SUCCESSO NULLA
Fino a qualche giorno fa era un’oasi di pace dove i bambini tra i 3 e i 6 anni del villaggio di Um Al Nasser (a pochi chilometri dal valico di Erez) imparavano giocando.
Le mura della ‘Terra dei Bambini’ erano sorte, nel 2011, per tenere lontano dai più piccoli l’orrore della guerra tra Palestina e Israele.
Invece, l’ultima offensiva israeliana non ha risparmiato il frutto del progetto realizzato dalla Ong milanese Vento di Terra e finanziato dalla Cooperazione italiana.
La struttura, che ospitava un asilo con 130 bambini e un ambulatorio pediatrico, è stata letteralmente rasa al suolo.
“Il villaggio è stato sgomberato e tutti gli abitanti, bambini compresi, si sono messi in salvo – racconta Sabina Facchi, responsabile della Comunicazione della Ong -, ma il sindaco del villaggio, che solo oggi è riuscito ad avvicinarsi alla zona, ci ha riferito che la struttura è distrutta”.
Nato come centro per l’infanzia, la ‘Terra dei Bambini’ si era arricchito anche di un ambulatorio pediatrico, inaugurato solo lo scorso inverno, e di una mensa comunitaria per le famiglie più povere della zona.
“Non era solo un asilo – spiega Facchi -, ma un punto di riferimento per tutta la popolazione. Il team di lavoro era composto da circa 20 persone, tutte locali, formate da Vento di Terra, e dalla scorsa primavera nel centro c’era una cooperante italiana che si stava occupando di un nuovo progetto, che avrebbe dovuto prendere il via entro luglio. Si tratta – aggiunge Facchi – di un progetto triennale, già approvato dalla Ue, per la realizzazione di un Women’s Center, composto da due cooperative (una di cucito e l’altra di falegnameria per la realizzazione di piccoli oggetti), dove le donne del villaggio possono imparare e lavorare. In questi giorni un architetto sarebbe dovuto pertire per Um Al Nasser, per avviare la realizzazione della nuova struttura”.
Invece, ora, è tutto distrutto.
“Siamo rimasti sorpresi dall’azione israeliana – dicve ancora Facchi -, perchè la nostra è una scuola comunitaria internazionale e, come tale, pensavamo potesse essere aperta come centro per i rifuggiati. Da parte israeliana non è arrivata alcuna comunicazione ufficiale che giustifichi l’accaduto: chiediamo che da parte dell’Italia venga richiesta una motivazione dell’attacco al governo israeliano”.
Ma a distanza di 24 ore dal fatto sul sito del Ministero degli Esteri (http://www.esteri.it/mae/IT) non appare alcun comunicato del ministro Mogherini, neanche una semplice condanna.
Che debba aspettare il ritorno e il permesso di Renzi per elevare una protesta al governo israeliano?
E’ questa la tempestività del governo italiano a fronte di un attacco a una struttura umanitaria dove svettava il tricolore?
Come mai Renzi non corre e non fa presto anche in questo caso?
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Luglio 20th, 2014 Riccardo Fucile
RASO AL SUOLO SENZA MOTIVO IL CENTRO PER L’INFANZIA “LA TERRA DEI BAMBINI” FINANZIATO DALLA COOPERAZIONE ITALIANA… IL GOVERNO CACASOTTO NON HA LE PALLE DI CONDANNARE UN ATTO OPERA DI SEMINATORI DI ODIO
L’esercito israeliano, nell’ambito della sua offensiva militare nella Striscia di Gaza, ha raso al suolo il Centro per l’infanzia di Um al Nasser “La Terra dei Bambini”, struttura finanziata dalla Cooperazione italiana.
Lo conferma la ong Vento di Terra che gestisce il progetto nella Striscia di Gaza.
Il centro per l’infanzia ospitava un asilo con 130 bambini e un ambulatorio pediatrico. Oltre al Centro, prosegue la nota dell’Ong, è stata demolita la nuova mensa comunitaria, inaugurata solo due mesi fa, che forniva pasti ai bambini e alle famiglie povere del villaggio.
Vento di Terra comunica la distruzione del centro “La Terra dei Bambini”, definito “un’oasi di pace a difesa dei diritti dell’infanzia nel villaggio beduino di Um al Nasser, Striscia di Gaza”.
Nella comunicazione della ong si legge che “la fanteria e i blindati israeliani hanno occupato il villaggio di Um Al Nasser nella notte del 17 luglio, obbligando l’intera comunità a lasciare le case. Una lunga fila di civili, in prevalenza a piedi, si è diretta sotto un intenso bombardamento verso il campo profughi di Jabalia. Sono ora ospitati principalmente nelle scuole dell’UNRWA: mancano medicinali, cibo, generi di prima necessità e acqua potabile. Questa mattina ci è stata confermata la notizia che l’esercito israeliano ha raso al suolo “La Terra dei Bambini”, struttura finanziata dalla Cooperazione italiana e visitata lo scorso 17 gennaio dalla Presidente della Camera Laura Boldrini. Il centro per l’infanzia ospitava un asilo con 130 bambini e un ambulatorio pediatrico. Oltre al Centro per l’infanzia, che rappresentava un modello di eccellenza in termini di architettura bio climatica e di metodologia educativa, è stata demolita la nuova mensa comunitaria, inaugurata solo due mesi fa, che forniva pasti ai bambini e alle famiglie povere del villaggio”.
Vento di Terra ONG “gestisce il progetto dal suo avvio nel 2011, ed è testimone del fatto non sia mai stata utilizzata per scopi militari e non sia avvenuto alcun contatto tra lo staff e le milizie armate islamiste. La “Terra dei bambini” rappresentava un’oasi a difesa dei diritti dell’infanzia, che l’esercito israeliano, messo al corrente di tutte le fasi del progetto, ha deciso senza alcuna giustificazione di demolire. Un’esperienza unica, in un panorama caratterizzato da decenni di conflitto, occupazione e devastazione è stata messa cinicamente a tacere”.
Vento di Terra Ong richiede al Ministero degli Esteri Italiano e alla Unione Europea, alla Conferenza Episcopale Italiana, principali finanziatori del progetto, di “realizzare gli opportuni passi verso il Governo Israeliano perchè renda conto di un’azione gravissima che coinvolge, oltre la comunità locale, direttamente il Ministero stesso, l’Unione Europea e la Cooperazione Italiana, che il progetto hanno finanziato e sostenuto in questi anni”.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 20th, 2014 Riccardo Fucile
CI MANCAVA UN DEPUTATO CON LA TESTA SULLA LUNA
Carlo Sibilia, deputato del Movimento 5 Stelle, non ha dubbi: l’allunaggio è stato una farsa.
«Oggi si festeggia anniversario sbarco sulla #luna. Dopo 43 anni ancora nessuno se la sente di dire che era una farsa…» scrive su Twitter il parlamentare pentastellato che è poi finito nel mirino di molti utenti del social network.
Sono molti i commenti a questa sua uscita.
C’è chi gli chiede se stia parlando seriamente e chi ironizza sulla sua affermazione.
E anche chi gli fa notare che lo sbarco sulla luna non è avvenuto 43 anni fa, ma 45, il 20 luglio 1969.
Questa non è la prima volta che Sibilia fa parlare di sè per teorie complottiste (alla Camera parlò di «signoraggio bancario »e «club Bilderberg»).
Come anche per certe sue uscite sopra la righe (definì Renzi «figlio di Troika»).
Ma che stesse con la testa sulla Luna non lo aveva ancora manifestato così apertamente.
(da “il Corriere dela Sera“)
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Luglio 20th, 2014 Riccardo Fucile
DA VENEZIA ALLE ALTRE CITTA’ D’ARTE TARIFFE RIDOTTE PER I RESIDENTI… PER LA UE E’ TUTTO ILLEGALE
Un prezzo per chi è del posto. E un altro, gonfiato, per chi arriva da lontano.
Il metodo è quello, classico, della truffarella al turista.
Roba da trafficoni e negozianti poco onesti. Ma non solo. Il guaio è che talvolta la discriminazione tra turisti e residenti è istituzionalizzata.
E tocca trasporti e luoghi d’arte.
Succede nella città simbolo del turismo: Venezia. Tra calli e ponti, i turisti devono subire una continua beffa rispetto ai locali.
S’inizia con i vaporetti: un biglietto turistico costa 7 euro per un’ora, quello per residenti 1,30 euro per 75 minuti.
Poi ci sono gli esosi abbonamenti a fascia oraria: 18 euro per 12 ore, 20 per una giornata, 50 per una settimana.
E pensare che, per chi abita o lavora a Venezia, il mensile ne costa 31, di euro.
La disparità prosegue per il wi-fi (5 euro al giorno contro 0), per le toilette (tre euro contro 0,25) e per arte e cultura.
Il «pass» che dà accesso agli 11 musei civici e alle 15 chiese del circuito costa 39 euro e 90 per un turista e niente per chi è del posto.
Ma su questo Venezia è meno sola che in altri campi.
Anche a Siena i residenti possono ammirare gratis gli affreschi di Palazzo Pubblico, che ai turisti costano 8 euro.
I musei civici di Roma sono ad accesso gratuito solo per under 18 e over 65 residenti nella capitale. Gli altri devono pagare.
Il dettaglio, non da poco, è che la pratica va contro i trattati europei, che vietano di variare i prezzi in base alla nazionalità del cliente o del visitatore.
Sul punto l’Italia è stata già condannata, nel 2003, dalla Corte di Giustizia.
Ecco perchè invece in tutti i musei e siti archeologici statali – quelli diventati gratuiti la prima domenica di ogni mese – le regole sono chiare: nessuna distinzione tra turisti e non.
Un francese o cinese che abbia meno di 18 anni può entrare gratis a Colosseo e Uffizi. I giovani europei tra i 18 e i 25 hanno diritto all’ingresso ridotto. Per gli altri prezzo pieno.
Lo stesso avviene ora anche in Sicilia, dove da metà aprile – proprio per le norme europee – sono spariti i biglietti agevolati a un euro per l’ingresso dei residenti a musei, parchi ed aree archeologiche della regione.
Più che di regole, la questione è però economica e di opportunità .
Lo dice Claudio Albonetti, presidente di Assoturismo: «I turisti sono cittadini provvisori, che vanno trattati come quelli normali. Persone che creano ricchezza e vanno agevolate. Ma il fondo l’abbiamo già toccato con la tassa di soggiorno: una gabella medievale, applicata da luogo a luogo e incassata dai Comuni senza far tornare un euro al turismo».
Stefano Rizzato
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Luglio 20th, 2014 Riccardo Fucile
I QUOTIDIANI CELEBRANO L’ASSOLUZIONE DEL CONDANNATO PER ELOGIARE RENZI CHE L’HA SCELTO PER CAMBIARE LA COSTITUZIONE… LIBERO E IL GIORNALE: DELIRIO CONTRO I PM
A leggere i giornali e a vedere i telegiornali che commentano la sentenza su Berlusconi nel processo Ruby, si direbbe che sia la prima volta che un collegio di giudici milanesi assolve l’ex Cavaliere.
Si direbbe anche che la Procura s’è inventata le decine di prostitute, minorenni e non, che entravano e uscivano dalle sue varie dimore; e soprattutto le sue telefonate notturne dal vertice internazionale di Parigi al capo di gabinetto della Questura, Pietro Ostuni, perchè facesse rilasciare la minorenne fermata per furto (con la quale aveva una relazione e che trascorreva diverse notti ad Arcore) nelle mani di Nicole Minetti e della collega Michelle Conceicao, contro il parere della pm Annamaria Fiorillo.
E si direbbe ancora che il 30 dicembre 2012 il Pd e il Pdl non abbiano modificato, con la legge Severino comicamente detta “anticorruzione”, il reato di concussione per induzione di cui casualmente dovevano rispondere sia il leader Pdl sia Filippo Penati, braccio destro del segretario Pd Pier Luigi Bersani.
Ascoltando e leggendo poi vari commentatori, fra i quali spicca il sempre più autorevole e lucido Giuliano Ferrara, si direbbe pure che la sentenza Ruby non riguardasse solo il caso Ruby (per la parte contestata a B.), ma tutte le accuse passate presenti future mosse dai magistrati non solo al Caimano, ma anche a tutti i politici e i potenti imputati di ogni specie e colore, vivi e morti, compresi quelli già condannati con sentenza definitiva, inclusi quelli di Tangentopoli.
Un’assoluzione plenaria, urbi et orbi, che “chiude un’epoca”, anzi la “guerra dei vent’anni”, ragion per cui “nulla sarà più come prima”.
E, sottinteso, il Padre Prostituente finalmente riabilitato e ormai lindo come giglio di campo può riformare la Costituzione repubblicana con l’inseparabile Matteo, idolo di tutti i poteri, e dunque di tutte le tv e i giornali di destra e sinistra.
Tutte queste panzane vengono dette e scritte dagli operatori della cosiddetta “informazione” con un empito mistico a metà fra il sollievo e la rivincita, che la dice lunga sull’asservimento delle classi giornalistiche e intellettuali italiote alla greppia dei poteri che, in teoria, dovrebbero controllare.
C’è anche chi si pente di aver raccontato fatti veri (che la sentenza dell’altroieri non può certo negare) e si duole amaramente di aver “esagerato” nell’informare troppo i cittadini sugli scandali del Palazzo, suscitando addirittura il sospetto — in Italia e all’estero — che B. fosse un puttaniere che abusava del suo potere e, in definitiva, non sia il galantuomo a tutti ben noto.
Le sentenze che documentano le amicizie mafiose, i soldi a Cosa Nostra in cambio di “protezione”, l’appartenenza alla loggia eversiva P2 e la relativa falsa testimonianza amnistiata, i 23 miliardi di lire in nero a Craxi, le sentenze e i giudici comprati tramite Previti, lo scippo della Mondadori a De Benedetti (ora suo partner in una società pubblicitaria sul web), le tangenti ai politici tramite Letta, Brancher & C., le mazzette alla Guardia di Finanza tramite Sciascia, la compravendita di De Gregorio e altri senatori, i fondi neri per migliaia di miliardi prescritti, i falsi in bilancio commessi e poi depenalizzati da lui medesimo, la corruzione del testimone Mills, la frode fiscale di 360 milioni di dollari coperta da prescrizione a parte i 7,2 milioni di euro costatigli la condanna definitiva e le conseguenti interdizione dai pubblici uffici e detenzione ai servizi sociali, tutte le leggi vergogna per farla franca, non contano.
Siccome è cambiata la legge sulla concussione per induzione e Ostuni non ha avuto vantaggi indebiti dalla sua servile obbedienza, dunque “il fatto non sussiste” (più), e siccome non è provato che conoscesse la minore età di Ruby con cui faceva sesso a pagamento, dunque “il fatto non costituisce reato”, allora è condonato anche tutto il resto.
Forse Ruby non è la nipote di Mubarak: ma è certo che lo sono i tre quarti dei giornalisti italiani.
Cogliamo fior da fiore.
LIBERO.
“La puttanata è il processo”, titola Libero e domanda: “Chi paga ora per le intercettazioni, i costi, le ragazze alla sbarra, la caduta del governo?”.
“Quella che mi accingo a raccontare — scrive Maurizio Belpietro, quello dell’attentato fantasma — è la fine di un processo che non doveva iniziare”.
Ogni parola, una balla. Il processo doveva iniziare perchè in Italia l’azione penale è obbligatoria in presenza di notizie di reato, e qui di notizie di reato ce n’erano a bizzeffe: il giro di prostituzione, la minorenne coinvolta, l’abuso di potere di un premier che tratta la Questura come lo zerbino di casa sua, i soldi pagati a decine di testimoni che raccontano frottole.
Le ragazze alla sbarra ci sono e ci restano anche dopo questa sentenza, perchè mentire ai giudici è un reato, e pure pagare testimoni perchè mentano.
Così come restano alla sbarra Fede, Minetti e Mora per aver organizzato quel giro di escort: si chiama favoreggiamento o sfruttamento della prostituzione, che prescinde dall’età delle ragazze.
Lo dicono — volete ridere? — due leggi severissime (non Severino, ma Prestigiacomo 2006 e Carfagna 2008) del governo Berlusconi.
Quanto alla caduta del governo, non c’entra nulla con Ruby: sia che sia stato vittima di una congiura mondiale avviata nella primavera-estate 2011, come sostengono i berluscones, sia che sia caduto per il semplice venir meno della sua maggioranza nell’autunno, il terzo e ultimo governo B. cadde per motivi economico-finanziari e per le risse interne fra il premier e Brunetta da una parte e Tremonti dall’altra: non certo per Ruby.
Anche perchè il quadro emerso da quel processo è identico a quello già affiorato con i casi Noemi, D’Addario e Tarantini l’anno precedente.
Strepitoso, sempre su Libero, il pezzo di tal Borgonovo sui “manettari” e “rosiconi”, “da Lerner a Travaglio”, che “avevano già emesso la sentenza per ideologia e invocavano la gogna per Silvio”.
Che strano: solo l’altro giorno, quando il Fatto pubblicò l’articolo di Marco Lillo sui punti deboli della sentenza di primo grado alla luce della legge Severino sulla concussione, Libero aveva iscritto “il giornale di Travaglio” fra gli insospettabili “innocentisti”.
Ora dice che siamo “scornati dall’assoluzione”.
Padre, perdona loro perchè non sanno mai quello che scrivono.
IL GIORNALE.
Con l’autorevolezza e l’imparzialità tipiche degli impiegati dell’imputato, i giornalisti de Il Giornale vorrebbero che qualcuno “paghi” e addirittura “chieda scusa” al principale.
Alessandro Sallusti ringrazia Renzi per “aver tenuto aperta la porta al condannato” (sono soddisfazioni). E scatena i suoi segugi a caccia dei “mandanti ed esecutori” del “colpo di Stato”.
Non lo sfiora neppure l’idea che il mandante e l’esecutore sia B. stesso: se non si fosse riempito la casa di mignotte di cui ignorava persino il nome, la nazionalità e l’età , e se non avesse chiamato la Questura, nessuno si sarebbe sognato di processarlo. Impagabile il pezzo di Stefano Zurlo su Merkel e Sarkozy che “ridevano sulle nostre disgrazie”: duole comunicargli che i due avrebbero riso lo stesso anche senza il processo Ruby.
Infatti ridevano alla domanda di un giornalista (straniero, ovviamente) sull’eventuale capacità del governo B. di portare l’Italia fuori dalla crisi, non sul bungabunga.
LA STAMPA.
Mentre Massimo Gramellini ricorda giustamente che un presidente americano si sarebbe dimesso per molto meno di ciò che ha fatto B. nel caso Ruby, a prescindere dalla rilevanza penale delle sue condotte, il quotidiano della Fiat annuncia comicamente: “È finita la guerra dei vent’anni”.
Dimenticando che con i giudici di Milano, diversamente che con i pm, B. si era sempre trovato benissimo, incassando raffiche di prescrizioni grazie a generosissime e seriali attenuanti generiche e alcune memorabili assoluzioni.
Un gip riuscì persino a sostenere che meritava attenuanti e prescrizione per la corruzione del giudice Metta in cambio della sentenza Mondadori in virtù delle sue “attuali condizioni di vita personali e sociali”, cioè del fatto che era presidente del Consiglio, dunque illibato per definizione; dopodichè la Corte d’appello (e la Cassazione) confermarono che Previti andava rinviato a giudizio e condannato, mentre il suo mandante-finanziatore B. no.
Un’altra volta il Tribunale e la Corte d’appello lo assolsero per il caso Sme-Ariosto, anche se i soldi a Previti, per il bonifico diretto al giudice Squillante di 434.404 dollari del 1991 estero su estero, li aveva girati lui.
Motivo dell’assoluzione: B. è troppo furbo per corrompere un giudice via bonifico (lasciando tracce), anzichè cash (senza lasciarne).
E pazienza se le contabili bancarie svizzere documentavano il doppio bonifico B.-Previti-Squillante (lasciando tracce).
Quale sarebbe dunque la “guerra dei vent’anni” che i giudici milanesi, quasi sempre così ben disposti con lui, avrebbero ingaggiato col Caimano? Mistero.
Ma, pur di lubrificare le larghe intese, questo e altro
REPUBBLICA.
Il quotidiano che più si appassionò per la Bungabunga Story, con copertura decisamente superiore a quella riservata a vicende ben più gravi come le frodi fiscali Mediaset o il processo Dell’Utri, per non parlare della trattativa Stato-mafia, titola sulla “rivincita di Berlusconi” e relega in poche righe quella che potrebbe essere la chiave della sentenza: la modifica del reato, frutto dell’oscena legge Severino che pure Repubblica con Liana Milella e Massimo Giannini fu in prima fila a denunciare, insieme al Fatto e a pochi altri (tipo Antonio Di Pietro, che lanciò inascoltato l’allarme in Parlamento e anche per questo fu radiato dal centrosinistra: disturbava le larghe intese).
Ezio Mauro scrive un editoriale esemplare, in cui ricorda l’ossessione berlusconiana di seppellire con abusi di potere, bugie e depistaggi i fatti oggetto del processo, che meglio di tutti sapeva essere veri, verissimi.
Poi però sul finale, con una strana virata, anzichè domandare a Renzi che ci faccia con un simile partner ricostituente con quella “storia giudiziaria complicata e pesante” sul groppone, mette in guardia B. dal “far saltare il tavolo delle riforme” con un “ricatto istituzionale per scambiare riforme costituzionali con salvacondotti privati”.
Ora, l’assoluzione sul caso Ruby assicura a B. un futuro radioso (i processi di Napoli e Bari e il Ruby ter sono ben lontani dalla dirittura d’arrivo), di assoluta libertà non appena finirà il servizio sociale a Cesano Boscone. Dunque, perchè mai B. dovrebbe far saltare le riforme se non gli danno una Grazia che non gli possono dare (ha processi in corso) e che per i prossimi anni non gli serve proprio?
Il problema, semmai, è come si faccia a riscrivere la Costituzione con un simile figuro, per giunta con riforme autoritarie ed eversive come il Senato dei nominati in aggiunta alla Camera dei nominati.
Ciò che Mauro teme (il tavolo delle riforme che salta) e ciò che noi speriamo. E cioè che, per l’eterogenesi dei fini già verificatasi nel 1998 con l’altra riforma-porcata della Bicamerale, B. mandi tutto all’aria e salvi un’altra volta la Costituzione.
A sua insaputa
CORRIERE DELLA SERA.
Dulcis in fundo, ecco Pigi Battista inerpicarsi un’altra volta nel terreno per lui proibitivo del diritto penale. E dire che lo ricordiamo nel 2011 ad Annozero in versione quasi presentabile, quando riconobbe che nel caso Ruby la Procura e i suoi soliti “teoremi” c’entravano poco: perchè B. aveva fatto tutto da sè, tenendo un comportamento non consono a uno statista e abusando del suo potere con le telefonate alla Questura.
Pareva addirittura in grado, il Battista, di distinguere i reati (tutti da provare) dai fatti (tutti già straprovati).
E di giudicarli di conseguenza, senz’attendere il verdetto dei giudici. Niente paura: era solo un’impressione momentanea. Ieri è tornato il Battista di sempre.
Prima il solito delirio su chi avrebbe “mischiato vicende giudiziarie e vicende politiche” e “fatto il tifo per una sentenza che liquidasse l’avversario”: ma chi sarebbero, costoro, di grazia?
I pidini dell’era D’Alema, che tentarono di riscrivere la Costituzione con B. già 17 anni fa? O quelli dell’era Bersani che votarono la Severino salvando capra e cavoli, anzi Penati e Caimano?
O quelli dell’era Renzi, che tifavano per l’assoluzione come nemmeno per la Nazionale ai Mondiali?
Oppure qualche terzinternazionalista nascosto in qualche catacomba? Mistero.
Ma ecco la conclusione battistiana: “Resta finalmente un dibattito politico che si libera dal peso di un incubo giudiziario: il percorso delle riforme istituzionali può procedere speditamente”.
Ma certo, e a pie’ fermo. “Così come i servizi sociali a Cesano Boscone non avrebbero dovuto pesare sulle dinamiche politico-parlamentari (mettendo invece irresponsabilmente in crisi il governo Letta), anche questa sentenza può contribuire a sancire la definitiva separazione tra la storia politica e quella giudiziaria in un Paese che nella guerra totale tra politica e magistratura ha conosciuto la sua maledizione”. Ecco: la maledizione non sono i politici che rubano, frodano, mafiano; ma i giudici che li processano, anzi fanno la “guerra”.
E se poi qualcuno finisce al gabbio, mi raccomando: separiamo la sua vicenda giudiziaria dal suo ruolo politico e procediamo speditamente a riscrivere la Costituzione con lui. Non solo con B. Ma, già che ci siamo, anche con Dell’Utri.
E, perchè no, con il suo vicino di cella nel carcere di Parma: Totò Riina.
Nell’ora d’aria ha un sacco di tempo libero.
IL FOGLIO.
Titolo di Giuliano Ferrara: “Eravamo tutti puttane”.
Per una volta siamo completamente d’accordo con lui.
Salvo su quell’eccesso di modestia: come sarebbe a dire “eravamo”?
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 20th, 2014 Riccardo Fucile
“STESSA COSA ANCHE SE LO AVESSERO CONDANNATO”
Matteo Renzi dal Mozambico fa sapere che il rapporto con Silvio Berlusconi sulle riforme sarebbe andato avanti anche senza l’assoluzione.
«Dal punto di vista istituzionale mantenevo la parola anche se Berlusconi fosse stato condannato», dice il premier. Perchè Forza Italia prende milioni di voti e l’accordo riguarda le istituzioni e non il governo. Perchè, «le regole si fanno insieme».
Renzi, infine, non vuole commentare la sentenza, chiede di «rispettare il lavoro dei magistrati».
Dunque il forno berlusconiano per le riforme è quanto mai aperto e funzionante.
Fatica invece ad accendersi quello grillino. Perchè Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio non hanno preso le allusioni alle divisioni interno al movimento, al dualismo con Luigi Di Maio.
E dal blog attaccano Renzi
Dicono che Renzi vuole solo temporeggiare e fare accordi solo con Berlusconi.
Sembrano quelli del patto Molotov-Von Ribbentrop del 1939 attacca il senatore Nicola Morra. Di Maio, invece considera ancora aperto il tavolo sulla legge elettorale con il Pd e annuncia che «da ora in avanti Grillo e Casaleggio avranno meno spazio».
Ma Maria Elena Boschi ammonisce i grillini: «Andiamo avanti, nonostante Grillo, esattamente come abbiamo fatto negli ultimi sei mesi. Speriamo che non ci sia ostruzionismo da parte di Sel e M5s», dice il ministro per le Riforme.
E Renzi accusa Grillo di avere «un modo di procedere che ricorda le correnti dei partiti della Prima repubblica».
La coppia Grillo-Casaleggio sfida Renzi: “Andiamo in aula e votiamo una legge elettorale con le preferenze”.
Silvio Buzzanca
(da “La Repubblica”)
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