Luglio 9th, 2014 Riccardo Fucile
IL PERCORSO ACCIDENTATO FASE PER FASE
Alle volte, magari non tutti i giorni, conviene rileggersi la Costituzione. E in particolare l’articolo 138 che fissa le regole per modificarla: tema di cui nei palazzi molto si discute, talvolta purtroppo senza conoscere l’Abc.
E cosa si ricava da un diligente ripasso sull’articolo in questione?
Anzitutto che cambiare la Carta è come una qualificazione di Champions League, c’è l’andata, c’è il ritorno e conta pure la differenza reti.
Vengono infatti richieste «due successive deliberazioni a intervallo non minore di tre mesi».
Tra Camera e Senato, dunque, almeno 4 letture che, con tutta probabilità , diventeranno 5 perchè difficilmente a Montecitorio gli onorevoli deputati si acconceranno a fare da passacarte dei loro colleghi senatori.
Per cui attendiamoci il seguente percorso: approvazione del testo in discussione a Palazzo Madama entro la fine di questo mese.
Poi, alla ripresa dopo la canicola, nuovo round alla Camera dove, se tutto filerà liscio, a fine ottobre verrà messo il timbro con qualche variazione, magari minima, tale comunque da rendere indispensabile un riesame al Senato.
Sottoposti a mille pressioni, i senatori entro novembre metteranno il timbro. E a quel punto scatterà la regola dei 3 mesi: l’inizio dell’anno nuovo per il secondo via libera dei deputati, la primavera per il terzo e definitivo di Palazzo Madama.
Fa notare il costituzionalista Stefano Ceccanti: «In quest’ultimo giro le due Camere dovranno limitarsi a un sì o a un no, senza possibilità di apportare emendamenti». Ecco, dunque, il binario sui cui viaggia il trenino delle riforme. Salvo imprevisti, si capisce.
Ad esempio, una bella lite sulla legge elettorale potrebbe complicare i piani del governo.
Già , perchè tra una lettura e l’altra della riforma costituzionale si affronterà il passaggio finale dell’«Italicum» in Senato, che verrà a maturazione dopo l’estate (sebbene gli ultimi accordi tra Berlusconi e Renzi prevedano che se riprenda l’esame entro fine mese).
Se l’impianto venisse stravolto per venire incontro a Grillo, l’ex Cavaliere sarebbe nella condizione di vendicarsi ostacolando le riforme costituzionali al secondo giro…
Poi c’è la differenza reti, vale a dire le maggioranze parlamentari richieste per cambiare la Costituzione.
Torniamo perciò a rileggere cosa sta scritto all’articolo 138: alla prima votazione è sufficiente una maggioranza semplice, come per qualunque altra legge.
Invece alla seconda si richiede che sia «assoluta», vale a dire almeno la metà più uno dei componenti.
In Senato, dove la situazione è più critica, servono 161 voti, traguardo alla portata. Sennonchè poi basterebbero le firme di soli 64 senatori (i grillini più un manipolo di «cani sciolti») per innescare un referendum popolare sulla nuova Costituzione.
In alternativa, 500 mila elettori o 5 consigli regionali.
Sempre dalla (ri)lettura istruttiva del 138 si apprende che non ci sarebbe modo di disinnescare il referendum con trucchi largamente adottati negli anni recenti, tipo far mancare il quorum, dal momento che nei referendum costituzionali il quorum non esiste: perfino se alle urne si recassero pochi milioni di italiani, quel referendum sarebbe perfettamente valido.
Quando si potrebbe eventualmente tenere? Non prima dell’autunno 2015, forse nei primi mesi del 2016.
Perchè (anche qui soccorre Ceccanti) scatterebbe a quel punto la legge 352 del 1970, che fissa un timing di circa sei mesi relativo ai vari adempimenti referendari.
L’unico modo per non fare ricorso al popolo, e garantire alla riforma un’immediata attuazione, è indicata dal solito 138.
Consiste in una larga approvazione nella seconda lettura, e in entrambi i rami del Parlamento.
A Renzi serviranno 421 voti alla Camera e 214 al Senato. Sulla carta, potrebbe farcela grazie a Forza Italia. Purchè tra i nostri eroi che siedono in Parlamento non s’insinui il terrore di essere tutti quanti mandati a casa, con nuove elezioni, subito dopo il varo della Carta riformata.
Per cui, immaginando come vanno le cose, già tutti danno per scontato che il quorum dei due terzi non verrà raggiunto, e gli onorevoli si prolungheranno la vita fino al 2017.
Nella segreta speranza di maturare i 4 anni, 6 mesi e un giorno che darebbero loro diritto alla pensione.
Ugo Magri
(da “La Stampa”)
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Luglio 9th, 2014 Riccardo Fucile
OGGI SONO MINISTRI, MEMBRI DELLA SEGRETERIA, ALLEATI DI GOVERNO: MA ECCO COSA AVEVANO DICHIARATO I NUOVI RENZIANI PRIMA DI SALIRE SUL CARRO DEL VINCITORE
“Irresponsabile. Miserabile. Guascone. Figlio del ventennio berlusconiano. Egocentrico e maschilista. Un grande bluff. Con Matteo Renzi ai vertici, il Partito Democratico sparirà dalla faccia della terra ed il Paese sprofonderà nel caos”.
No, non sono parole di un post di Beppe Grillo o del Mattinale di Renato Brunetta, ma dei compagni di partito dell’ex sindaco di Firenze. Dichiarazioni rilasciate da politici Pd dal 2010 all’inizio di quest’anno.
Poi Renzi si è preso il partito ed il governo del Paese. Ed ecco l’esodo di massa sul carro del vincitore: un processo costante, inarrestabile, che ha subito un’ulteriore accelerazione dopo la schiacciante vittoria democratica alle Europee del 25 maggio.
Molti dei critici più agguerriti si sono ritrovati capilista sopra un volo in direzione Strasburgo o al governo con lo stesso Renzi. Ma ecco cosa dicevano, prima di catapultarsi sul carro.
Gian Luca Galletti, oggi ministro per l’Ambiente nel governo Renzi, 9 gennaio 2014:
“Se Matteo decide di mandare a casa il Governo Letta si assume la responsabilità di mandare il Paese nel caos”.
Matteo Orfini, oggi Presidente del Partito Democratico, 6 gennaio 2014:
“Capisco che Renzi voglia rimanere ribelle, ma ora basta atteggiamenti provocatori. Faccia il segretario di partito e la smetta con certe guasconate”.
Stefano Fassina, l’esponente Pd che oggi definisce Renzi “l’uomo giusto nel posto giusto”, 19 gennaio 2014:
“Da ieri pomeriggio la legge è un po’ meno uguale per tutti. Mi sono un po’ vergognato come dirigente del Pd nel vedere l’incontro Renzi-Berlusconi…”.
Andrea Orlando, oggi ministro della Giustizia nel governo Renzi (alle ultime primarie Pd era schierato con Cuperlo), dicembre 2013:
“Basta passare con Renzi che si diventa nuovi, quando si passa con Renzi si diventa nuovi anche se non lo si è di curriculum”
Angelino Alfano non fa parte del Pd, ma oggi è ministro dell’Interno nel governo Renzi, ed il 17 dicembre 2013 diceva…
“Renzi col suo discorso ha chiarito che è un politico di sinistra-sinistra, ed è perciò incompatibile con i nostri valori”.
Andrea Orlando, oggi ministro della Giustizia nel governo Renzi, dicembre 2013:
“Il vero apparato che oggi esiste, inteso come professionismo politico, in questo momento è collocato a sostegno di Renzi”.
Beppe Fioroni, 2 dicembre 2013:
“Renzi passerà alla storia come quello che ha fatto risorgere Berlusconi col voto anticipato facendogli il più grande regalo. È più destabilizzante Matteo di Grillo e Berlusconi”.
Massimo D’Alema, prima di parlare dello “straordinario risultato” ottenuto da Renzi alle europee (40%), 29 ottobre 2013:
“Non mi pare che al successo mediatico di Renzi corrisponda una straordinaria ricchezza e novità di contenuti. Mi ricorda un po’ quella pubblicità con Virna Lisi… ‘con quella bocca può dire ciò che vuole’…”.
Francesco Nicodemo, responsabile comunicazione Pd, 2 settembre 2013:
“Franceschini et similia possono fare tutti gli endorsi che vogliono. Quando Renzi sarà segretario questi non conteranno più una mazza”. (Quasi tutti finiranno al governo o al Parlamento Europeo…)
Stefano Fassina, 4 luglio 2013
“Renzi utilizza il vittimismo come marketing congressuale… scriva sul suo blog le regole che vorrebbe. E la data del congresso. Noi poi ubbidiamo. Poi però cominciamo a parlare di lavoro e di Europa”. E ancora, su twitter: “Matteo tranquillo. oggi al Pd abbiamo parlato dell’Italia. Fonzie diventa ecce bombo?”.
Beppe Fioroni, da luglio 2013 in poi:
“Il nostro modello di partito quale sarebbe, quello di David Serra e Flavio Briatore?”. E ancora: “Ma serviva Renzi per far risorgere la sinistra?”. “Renzi: ovvero tutto il potere a Mr.Hyde e dr.Jeckyll”.
Stefano Fassina, 3 luglio 2013
“Matteo, sulle regole scialla… ci hai appallato! Dovremmo parlare di lavoro invece sono due mesi che Renzi ci appalla con le regole. Se uno è convinto di stravincere contro una banda di burocrati sbandati, non ha l’ossessione delle regole”.
Edoardo Patriarca, deputato Pd, 1 luglio 2013:
“Il complottismo di Renzi non conosce confini. Renzi sappia che i vescovi non fanno campagne politiche e non guardano in faccia a nessuno”.
Enrico Rossi, presidente Pd di Regione Toscana (un anno dopo dirà : “Da antirenziano sono diventato renziano? Il presidente del Consiglio ha il merito di aver rottamato la vecchia classe dirigente del Pd…”), 30 giugno 2013:
“Caro Renzi, il partito non può essere un taxi per la premiership”.
Rosy Bindi (un anno dopo dirà “Chapeau Renzi, hai battuto anche la mia Dc”), 30 giugno 2013:
“Renzi segretario? Credo che non lo voterò. Non riesco a capire cosa voglia. Non c’ha mai spiegato la sua idea di Pd e di Italia”.
Andrea Marcucci, senatore Pd, 30 giugno 2013:
“Basta trucchi! Lo statuto del Pd non lo ha inventato Matteo Renzi, ma è in vigore dalla nascita del partito. Errare è umano, perseverare sarebbe diabolico, non si possono cambiare le regole sempre e solo quando all’orizzonte c’è il sindaco di Firenze”.
Matteo Orfini, oggi Presidente del Partito Democratico, 29 marzo 2013:
“Renzi premier? Una follia. Ma fa bene ad andare da Maria de Filippi, ad Amici, spero dica cose di buon senso”.
Franco Marini, 21 aprile 2013:
“Renzi ha un livello di ambizione sfrenata, a volte parla e non si sa quello che dice, cerca solo i titoli sui giornali. Se non modera questa ambizione finisce fuori strada”.
Anna Finocchiaro (oggi presidente della commissione Affari Costituzionali), 15 aprile 2013:
“L’attacco di cui mi ha gratificata Renzi è davvero miserabile. Non sarà mai un uomo di stato”.
Stefano Fassina, 15 aprile 2013:
“Renzi continua a fare prevalere le sue aspirazioni personali rispetto agli interessi del Paese e mi sembra irresponsabile. Ormai è evidente che i sondaggi creino deliri di onnipotenza”.
Pierluigi Bersani (un anno dopo si congratulerà con Renzi, su twitter, per il risultato elettorale del 25 maggio), 14 aprile 2013
“Renzi ha fatto tutta la sua carriera politica insultando e rottamando i compagni di partito. Si qualifica da solo. È indecente fare qualunquismo in un momento come questo”.
Andrea Orlando, oggi ministro della Giustizia nel governo Renzi, aprile 2013:
“Renzi tenta di intercettare il malessere di una parte della società . Ma non deve esagerare. Il problema è che proponiamo soluzioni diverse. Per noi il cambiamento è un governo che provi a ottenere la maggioranza al Senato sulla base di un progetto, lui preferisce la formula del governissimo, legittima, ma già sperimentata in maniera drammatica visto l’epilogo del governo Monti…”.
Pierluigi Bersani, 29 novembre 2012
“La posizione di Renzi si discosta dal baricentro necessario tra cultura di sinistra e cultura liberale”.
Dario Franceschini, oggi ministro dei Beni culturali nel governo Renzi, 28 novembre 2012
“Ai Tg: tra la competenza e l’esperienza di Bersani e la rottamazione di Renzi ci possono essere dubbi su a chi affidare il Paese dopo Monti?”
Federica Mogherini, oggi ministro degli Esteri nel governo Renzi, 28 novembre 2012:
“Ok, Renzi ha bisogno di studiare un bel po’ di politica estera, non arriva alla sufficienza, temo”.
Rosy Bindi, 28 novembre 2012:
“Vorrei ricordare a Matteo Renzi che ho resistito per vent’anni a Berlusconi, figuriamoci se non resisto qualche settimana a lui…”.
Federica Mogherini, oggi ministro degli Esteri nel governo Renzi, 28 novembre 2012:
“Confermo: Matteo, lascia stare la politica estera e di difesa, Obama ed F35 compresi. Ti conviene, dai retta…”. E ancora: “Renzi è un po’ troppo sul passato, per essere l’uomo del futuro…”.
Rosy Bindi, 21 novembre 2012:
“Renzi dimostra di non avere molti argomenti oltre alla rottamazione. È figlio del ventennio berlusconiano”.
Federica Mogherini, oggi ministro degli Esteri nel governo Renzi, 13 novembre 2012:
“Da quel che ho visto su Sky Bersani ragiona da presidente del Consiglio, Vendola è affidabile, Renzi è un po’ fuori fase”.
Marianna Madia, oggi ministro della Pubblica amministrazione nel governo Renzi, 12 novembre 2012:
“Io voto Bersani: è il miglior Premier che l’Italia possa avere”.
Dario Franceschini, oggi ministro dei Beni culturali nel governo Renzi, 12 novembre 2012:
“Bersani ragiona, Renzi recita”.
Marianna Madia, oggi ministro della Pubblica amministrazione nel governo Renzi, 12 novembre 2012:
“Ognuno è bravo su qualcosa, ma solo Bersani ha statura da presidente del Consiglio…”.
Massimo D’Alema, 9 novembre 2012:
“Il progetto politico di Renzi è di un’inquietante fragilità ”.
Pina Picierno oggi è una renziana di ferro: capolista Pd nella circoscrizione Italia Meridionale alle elezioni Europee del 2014 (otterrà l’elezione), nel novembre 2012 scriveva su twitter:
“Qualcuno dica a Renzi che l’Onu ha appena stabilito che deve studiare”. “Bella supercazzola di Matteo Renzi sui diritti”, “Lo slogan Adesso di Matteo Renzi? Lo ha lanciato Franceschini nel 2009, mazza che svolta!”, “La soluzione per Matteo Renzi è più discoteche in Iran”, “M’avanzano un sacco di cappellini della campagna di Renzi, che faccio li spedisco a lui o libero il mio garage?”, “Mi avvicino alla fase finale in punta di piedi dice Matteo Renzi. E che piedi c’hai scusa. Mattè?”, “Felice che Bersani visiti i beni confiscati, è l’unico a parlare di lotta alle mafie. Mi piacerebbe che Renzi facesse lo stesso”, “Ma Renzi per chi ci ha preso, per Renziani?!”.
Massimo D’Alema, 8 novembre 2012:
“Se si va sulla strada di Renzi si va al disastro politico”.
Rosy Bindi, 31 ottobre 2012:
“La battaglia di Matteo Renzi per la rottamazione è una barbarie politica, perchè tocca persone senza rispettarle”.
Alessandra Moretti, già bersaniana e cuperliana, diventerà una delle renziane più intransigenti. Ecco cosa diceva tra il 22 ed il 25 ottobre 2012:
“Matteo Renzi non sta bene dove può essere messo in discussione, non ama il confronto democratico e si comporta da primadonna, ma ne abbiamo già avuta una e si chiamava Silvio Berlusconi. Renzi è egocentrico e anche maschilista”.
E ancora, sempre Alessandra Moretti:
“Chi è più bello tra Renzi e Bersani?… Bersani tutta la vita! Ma avete visto le foto di Bersani da giovane quando aveva i capelli fluenti? Assomiglia a Cary Grant, un possibile attore, e poi è alto e con le spalle larghe. Non c’è paragone con Renzi, che ha pure quel modo di parlare così strano…”.
Pierluigi Bersani, 19 ottobre 2012:
“Renzi? Chi a base alle Cayman non potrebbe dare consigli”.
Franco Marini, 16 ottobre 2012
“Renzi è come Grillo, è la personificazione della poca consistenza politica al servizio di interessi terzi”.
Nicola Latorre, senatore Pd ed ex dalemiano di ferro, ci tiene a precisare una cosa… (16 ottobre 2013):
“Guardate che io sono diventato renziano convinto 8 mesi fa”.
Stefano Fassina, 8 ottobre 2012:
“A Renzi dobbiamo cominciare a chiedere i diritti d’autore, anche oggi fa copia-incolla delle proposte Pd, per farle sue”.
Massimo D’Alema, 24 settembre 2012:
“Se Renzi vincerà le primarie non esisterà più il centrosinistra. Ha detto che vuole allearsi con il popolo, sono frasi non nuove… poi è andata a finire malissimo”.
Piero Fassino, 16 settembre 2012 (qualche tempo dopo dirà “Nessuna giravolta, Renzi sa suscitare speranza”, “Voglio vincere con lui”):
“Non mi scandalizzo che Renzi voglia presentarsi alle primarie, ma ho due obiezioni: è sindaco da appena due anni e se il suo programma è ‘tutti a casa’, non è un programma per governare il Paese”.
Federica Mogherini, oggi ministro degli Esteri nel governo Renzi, 12 settembre 2012:
“Renzi sceglie lo slogan che usò Franceschini alle primarie 2009, ‘Adesso’. Come inizio di rottamazione lascia un po’ a desiderare…”.
Matteo Orfini, oggi Presidente del Partito Democratico, 6 settembre 2012
“Renzi è l’ultimo giapponese di una linea che in tutto il mondo è stata abbandonata”.
Franco Marini, 26 giugno 2012:
“Oggi vedo Renzi perdente. È lui a rischiare di essere rottamato. Non credo abbia la maggioranza nel partito e se andassimo a contarci rischia un flop rilevante. Per questo voglio dargli un consiglio: poichè formalmente non ha ancora deciso di candidarsi alle primarie, si fermi!”.
Matteo Orfini, oggi Presidente del Partito Democratico, 25 giugno 2012:
“Renzi mi ricorda i Righeira, gli Europe, certe sue scelte estetico-musicali mi ricordano il mondo dei Paninari”. C’è un’idea della spettacolarizzazione della politica un po’ figlia di quegli anni…”
Stefano Fassina, 22 giugno 2012:
“Renzi non si capisce nemmeno cosa propone. Ripete a pappagallo le ricette della destra. L’unica cosa certa di Renzi è la sua data di nascita”.
Stefano Fassina, 26 ottobre 2011:
“Renzi rimpacchetta come nuove vecchie ricette economiche fallite”.
Stefano Fassina (oggi definisce Renzi “l’uomo giusto al posto giusto, il valore aggiunto, un politico di grande qualità ”), 12 ottobre 2011:
“Le ricette di Matteo Renzi? Più che un ‘big bang’, mi sembra un ‘big bluff’…”.
Massimo D’Alema, 10 ottobre 2010:
“Lo sapete che se mi stuzzicano reagisco. E che se c’è da combattere, combatto. Renzi ha sbagliato, e continua a sbagliare. Ho deciso di restare, e Matteo si farà del male”…
(da “L’Espresso”)
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Luglio 9th, 2014 Riccardo Fucile
PROVINCE E TAGLI, UNO SCHERZO… MANCANO ANCORA I DECRETI ATTUATIVI: DAI 200 MILIONI DI EURO CREDITO D’IMPOSTA PER LA RICERCA AI 240 MILIONI DI RISPARMI NEI MINISTERI
Addio, Province. Bentornate, Province. Arrivederci, Province.
Che me ne faccio di queste Province? Neanche il governo l’ha capito.
I testi sfilano in scioltezza in Consiglio dei ministri: senza i decreti attuativi, che non fanno passerella (ma sono sostanza), la legge non viene applicata.
E le Province, massa di competenze ancora astruse e dipendenti ancora appesi, muoiono lentamente, dunque con sofferenza.
Il dicastero di Maria Carmela Lanzetta (Affari Regionali) non ha risolto la contesa per ricalibrare i poteri nei territori: niente più sagre per le Province, ma la scuola, le strade e poi i trasporti?
I soldi non ci sono, e da tempo.
I trasferimenti furono eliminati all’impronta dai tecnici di Mario Monti, e l’agonia è cominciata presto.
E adesso, attesi invano i regolamenti questa settimana e forse compiuti a fine mese, non c’è denaro per pagare i servizi essenziali.
Ma i governi provinciali devono “resistere” sino a settembre.
Il sottosegretario Graziano Delrio, all’epoca ministro agli Affari Regionali, voleva consegnare ai sindaci uno spazio più largo, da gestire assieme, e non più la colletta di prebende che le Province smistavano dai capoluoghi regionali: meccanismi più fluidi, risparmi, anche se il numero di amministratori non scompariva (e non è un particolare da poco).
Ma in novanta giorni — la legge per il riordino è entrata in vigore l’8 aprile — Lanzetta e governo non sono riusciti a plasmare le nuove Province.
I dipendenti restano dove sono. I campi d’azione restano come sono.
E i soldi da consumare, seppur non esistano, vanno trovati perchè, e i sindacati annusano l’immobilismo di un renzismo iperattivo, ci sono le buste paga da riempire. I ritardi s’accumulano.
E nel groviglio provinciale, il governo aggiunge la riforma per la Pubblica Amministrazione di Marianna Madia: dovrebbe far traslocare i dipendenti provinciali dagli uffici, ma verso quali destinazioni?
I decreti attuativi, che stanno a marcire nei ministeri dove la burocrazia è quel buco nero che inghiotte capi più o meno disinvolti di qualsiasi governo, sono diventati un intralcio, un Mineo o un Chiti inanimato, anche per Matteo Renzi.
S’è fatto cupo, il premier: “Una questione molto seria. Ne parliamo giovedì in consiglio dei ministri. Così non va bene”.
Renzi deve mostrare qualcosa e, proprio per giovedì, potrebbe declamare la nuova struttura di palazzo Chigi: meno dipartimenti, in sintesi.
In quel luogo, in Cdm a palazzo Chigi, vengono licenziati tanti provvedimenti che, nei fatti, non prendono mai vita.
Ci sono i 200 milioni di euro annui di credito d’imposta per la Ricerca che rimbalzano da Enrico Letta a Renzi senza soluzione, senza prescrizioni, senza nulla di concreto.
E poi dicono che la Ricerca è importante.
Come sarà importante la spending review: il 24 aprile viene deliberata la fragile impalcatura che sostiene gli 80 euro mensili, una prima cura di tagli, che dovrà crescere, aumentare, diventare strutturale: per sempre.
Il commissario Carlo Cottarelli, il signor spending review, se ne lamenta in pubblico e in privato. Non ci sono neppure le dieci righe che servono a ridurre la auto blu per sottosegretari e singoli ministeri, che Renzi in conferenza stampa s’è venduto con invidiabile capacità comunicativa.
E non ci sono i regolamenti per piallare e (ri)modulare la spesa nei dicasteri: 240 milioni di euro in milioni di rivoli, mica spigolature.
Il tempo gioca (ancora) al fianco del premier. Ma le scadenze non sono lontane e i decreti attuativi di sua proprietà che mancano sono più di 50: 14 hanno superato i termini, altri rischiano la stessa sorte.
I 50 di Renzi vanno sommati al gruzzolo di Letta-Monti, e s’arriva a 679.
Chi ha il coraggio, può scorgere i rottami di Berlusconi in retrovia, e si decolla a 800.
Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 9th, 2014 Riccardo Fucile
DAL 2007 GLI INVESTIMENTI IN COSTRUZIONI CROLLATI DI 60 MILIARDI
Il fisco sul tetto che scotta: negli ultimi tre anni le tasse che gli italiani versano sulla casa sono quasi triplicate.
Il passaggio dalla vecchia Ici al binomio Imu più Tasi ha fatto sì che nelle casse dello Stato il gettito, fra il 2011 e il 2014, passasse dai 9 ai 25 miliardi.
La batosta — da leggere assieme al crollo degli investimenti in costruzioni e infrastrutture — ha messo in ginocchio un intero settore, quello dell’edilizia, che oggi sopravvive soprattutto grazie alle ristrutturazioni, trainate dagli incentivi.
A focalizzare il bilancio in rosso del mattone è un rapporto dell’Ance, l’associazione dei costruttori, che denuncia gli 800 mila posti di lavoro persi nel settore, indotto compreso, dal 2007 ad oggi e parla di una vera e propria «zavorra fiscale» che, proprio negli anni della crisi, ha usato gli immobili come un bancomat aumentando la tassazione del 200 per cento.
Una zavorra diseguale perchè, fa notare l’Osservatorio Ance, le scelte delle amministrazioni comunali sulle detrazioni da applicare possono segnare notevoli differenze territoriali.
Tanto che si passa dal più 8,5 per cento versato a Napoli al meno 11 pagato a Reggio Emilia.
Le stesse differenze — precisano i costruttori — pesano anche sull’invenduto, visto che, cancellata l’Imu, gli immobili vuoti sono comunque soggetti alla Tasi, «una tassa sui servizi che incide su beni che non godono di alcun servizio», commenta l’Ance.
Eppure, dopo un lungo fermo, negli primi tre mesi di quest’anno le compravendite sono aumentate del 4,1 per cento rispetto allo stesso periodo del 2013.
«L’edilizia può dare un contributo alla crescita del Paese — ha detto il Paolo Buzzetti, presidente Ance ma deve essere messa in condizioni di farlo, altrimenti chiudiamo». Invece negli ultimi sette anni gli investimenti sulle infrastrutture sono diminuiti di quasi 59 miliardi; sopravvive solo l’edilizia delle ristrutturazioni che, grazie al potenziamento degli incentivi, ha generato nel 2012 un giro d’affari per 22,9 miliardi.
L’Ance chiede di fare qualcosa subito, a partire dalla messa in circolazione di quei 5 miliardi di risorse già stanziati e non ancora utilizzati (dall’edilizia scolastica al rischio idrogeologico) che il governo ha promesso di sbloccare per la fine del mese.
Luisa Grion
(da “La Repubblica”)
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Luglio 9th, 2014 Riccardo Fucile
I SOLITI FAVORI A SCUOLE E CLINICHE PRIVATE CHE CONTINUERANNO A NON PAGARE UN EURO DI IMU E TASI
«Una vergogna», per Giovanni Paglia.
«Un bene perchè sana una disparità », per il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi.
Anzi «un provvedimento importante e un piccolo segnale», lo definisce il ministro Stefania Giannini.
Perchè ora «le scuole con una retta inferiore ai 6.800 euro sono esentate».
Da cosa? Dall’Imu e dalla Tasi, i balzelli sugli immobili.
Le reazioni al decreto del ministero dell’Economia che di fatto esclude dal pagamento delle tasse la quasi totalità delle scuole paritarie e delle cliniche private sono diverse. C’è chi vi legge un ulteriore, grandioso sconto, alle strutture cattoliche.
Chi invece un’occasione per «sanare una disparità », come il presidente della Fism Toscana (Federazione italiana scuole materne), Leonardo Alessi.
«C’era il rischio concreto che chiudessero a breve migliaia di istituti, costretti a pagare senza motivo decine di migliaia di euro di Imu».
E in effetti in Toscana e a Firenze l’anno scorso le iscrizioni sono crollate del 20% e addirittura il prestigioso istituto dei padri Scolopi ha chiuso la materna.
Nel caso dell’Imu-Chiesa però «non si tratta affatto di uno sconto, al contrario di un inasprimento », spiega il sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta.
«Prima di Monti le scuole non pagavano, ora pagano in proporzione alla media della retta chiesta agli utenti e secondo parametri definiti dal ministero dell’Istruzione. Per quanto riguarda la sanità , le cliniche pagheranno per l’uso delle sale e delle stanze utilizzate in forma privata».
In realtà il criterio per capire se una scuola verserà o meno Imu e Tasi è tale per cui quasi tutti saranno esentasse.
Si deve infatti confrontare il Cm con il Cms, così li chiama il decreto.
Cioè il corrispettivo medio incassato dalla scuola privata e il costo medio per studente sostenuto dallo Stato (al lordo di alcune voci come le spese per l’edilizia o il trasporto pubblico).
Ebbene questo secondo parametro è assai elevato e va dai 5.739 euro annui per la primaria ai 6.914 euro per la secondaria.
Se il Cm è inferiore o uguale al Cms, zero Imu e Tasi.
Tana libera tutti, visto che le rette sotto i 7 mila euro sono la maggioranza se non la totalità (in media si va dai 2 ai 4 mila euro).
E chi è poco sopra si adeguerà per non avere obblighi fiscali, è ovvio.
Per le cliniche, basterà la convenzione con il servizio sanitario nazionale, a prescindere dalle tariffe.
«Convenzione che non si nega a nessuno. Almeno abbiamo capito cosa si intende per no profit quando c’è di mezzo il Vaticano», prosegue Paglia, Sel.
«Scuola paritaria e pubblica fanno lo stesso servizio pubblico e quindi devono avere lo stesso trattamento», insiste il sottosegretario Toccafondi (ciellino).
Quello che nessuno riesce a spiegare è in realtà semplice: se uno vuol mandare un figlio alla scuola privata è giusto che lo faccia . Come è però giusto che se la paghi fino all’ultimo euro, non che la fa pagare alla collettività .
Oppure che questi benefattori non facciano pagare alcuna retta.
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Luglio 9th, 2014 Riccardo Fucile
I DUE PROGETTANO UNA CONCESSIONARIA CON RCS E BANZAI… DEPUTATI MARIONETTE, CHI TIRA I FILI PER L’INCIUCIO SONO ALTRI
Si sono scontrati per decenni a suon di dichiarazioni e battaglie legali, culminate con il risarcimento da parte di Fininvest di 494 milioni di euro per il Lodo Mondadori.
Ma ora i rapporti tra Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti, da sempre competitor e rivali sul fronte politico, potrebbero essere a un punto di svolta e risolversi in un progetto di business.
Nei piani dei due imprenditori, secondo quanto rivelato da fonti bancarie a Il Messaggero e Dagospia, c’è la costituzione di una concessionaria di pubblicità online. Quando? “Prima della pausa estiva”.
L’obiettivo: fare cartello comune contro i giganti del web come Google e Yahoo! e contro la Rai di Luigi Gubitosi, rea di avere svenduto la pubblicità per i mondiali del Brasile.
I partner coinvolti sono quattro: sul fronte di Arcore c’è Mediamond — joint venture divisa tra Mondadori Pubblicità e Publitalia ’80, concessionaria di Mediaset – su quello dell’Ingegnere la Manzoni, incaricata della pubblicità del gruppo Espresso.
A loro si aggiungono Rcs e Banzai, società controllata da Palo Ainio e dalla Sator di Matteo Arpe.
Il business comune tra il Cav e l’Ingegnere sarebbe una svolta storica, ma già in passato ci sono stati tentativi per fare affari insieme.
Bisogna tornare al 2005, quando il fondo salva-imprese Management & Capitali di De Benedetti, ricorda Dagospia, aveva aperto ai figli di Berlusconi, che all’epoca Berlusconi era presidente del Consiglio.
Ma le firme di Repubblica si opposero e non se ne fece nulla. Stavolta, invece, bocche cucite dal giornale. Almeno per ora.
Il comitato di redazione — organo sindacale aziendale dei giornalisti taglia corto: “Non vogliamo commentare nè fornire alcuna informazione”.
Non rivelano se l’operazione sia stata appresa dai giornali o se fosse già stata illustrata in azienda, nè tanto meno se intendano prendere posizione.
Silenzio anche al Corriere, dove nel cdr c’è chi era all’oscuro dell’operazione e chi invece spiega di “non avere ancora trovato una linea comune” sulla nascente società di adv online.
Non sanno nemmeno se la troveranno a breve e in ogni caso “dipende dagli sviluppi”.
Più battagliera la reazione del Cdr de L’Espresso che, del resto, ha in pancia la prova regina sul fatto che l’accordo tra nemici possa avere effetti anche sulla linea editoriale. “Abbiamo avuto oggi garanzie dall’azienda che pubblicheremo un servizio sulle intercettazioni inedite di Marina Berlusconi“, dicono i giornalisti.
Un articolo che era fermo da giorni. “Sarà la prova del nove che questa novità non andrà a scapito dell’indipendenza della testata”, spiegano i giornalisti sorpresi che le larghe intese si stiano estendendo a forme di compartecipazione e cointeressenza economica e finanziaria tra gruppi concorrenti.
Il progetto, visti i protagonisti, ha i numeri per scatenare un terremoto sugli equilibri del mercato di settore. Di certo sarà osservato attentamente dall’Antitrust.
Se la messa a punto dell’asse tra eterni rivali sorprende, il fronte comune si era comunque già delineato da tempo.
L’ultimo segnale a fine giugno, quando nel corso di un convegno sull’economia digitale organizzato dal presidente della commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia, il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri e Carlo De Benedetti si erano trovati d’accordo su tutta la linea.
Ovvero che i big di internet devono pagare le tasse dove fanno utili e fatturato, così come fanno gli editori.
E ora che si avvia il semestre europeo a guida italiana il premier Matteo Renzi deve mantenere la promessa fatta di portare il problema in sede europea, trovando anche una soluzione.
Ma, a differenza di Google, Berlusconi, De Benedetti e Rcs sono anche editori.
Non solo: rappresentano una parte considerevole del settore in Italia. Quindi, dato il loro peso sul mercato, se la società prenderà il via, ci saranno ripercussioni su altri editori e altre concessionarie di pubblicità .
E poi c’è il fronte calcio. Perchè, scrive ancora Dagospia, “non è un segreto che Biscione, Rcs e Manzoni siano allibite per come Luigino Gubitosi ha gestito la vendita degli spazi pubblicitari dei Mondiali brasiliani”.
Nemici comuni per un eventuale orizzonte di affari.
E. Bianchini T. Mackinson
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 9th, 2014 Riccardo Fucile
“LA SANTANCHE’ SFOGGIA BORSE GRIFFATE, CHISSA’ SE SONO ORIGINALI”… E IN RISPOSTA A GASPARRI: “CI SONO PERSONE CHE DI GIORNO FANNO UNA VITA E DI NOTTE UN’ALTRA”
Francesca Pascale ha le idee chiare sul futuro del centrodestra.
Secondo la fidanzata del Cavaliere, intervistata da Repubblica, Marina Berlusconi sarebbe “l’ideale prossimo candidato premier di Forza Italia. Ha le qualità , la grinta, e perfino una superiore sensibilità del Berlusconi che tanti italiani apprezzano. Ma dice di no…. Non mi permetto di fare interpretazioni. Io dico che lei ha tanti ottimi motivi per farlo, ma anche per non farlo. Mettiamola così: se io avessi le sue capacità , e il suo cognome, lo farei. Poichè Silvio Berlusconi non è candidabile ed è difficilissimo trovare un erede o un candidato di quel livello, io non posso fare a meno di sognare che Marina lo faccia”.
La Pascale parla dopo aver ritirato le tessere di due associazioni gay a Napoli, Arcigay e Gay-Lib. In compagnia di Alessandro Cecchi Paone, nel Borgo Marinari a Napoli, Pascale parla anche delle critiche ricevute per le sue parole sui gay: “I mal di pancia di Forza Italia sulle mie posizioni a favore dei gay? Ma si guarisce dai mal di pancia!”.
E attacca Daniela Santanchè, Maurizio Gasparri, gli “ipocriti” che non capiscono fino in fondo “che questa è una battaglia per la dignità e la libertà della persona, semplicemente per i diritti civili. Io – afferma – non sono nè un`eletta nè un dirigente di Forza Italia. E questo per certi versi mi rende più libera. Sono rispettosa del pensiero di tutti, ma credo che questa apertura sia al passo con i tempi”.
Alla Santanchè che sostiene che l’apertura sui gay è come se lei si iscrivesse alla Fiom, Pascale dice: “La Santanchè sfoggia sempre borse griffate e chissà se sono originali… Mi sembrano commenti fuori luogo”.
E su Gasparri che avrebbe detto che si poteva anche finire meglio che con cagnolini e gay: “Io lo ripeto fino alla noia: ciascuno pensi quello che vuole, io penso che questa sia una battaglia doverosa. Poi detesto le ipocrisie. Ci sono anche persone che di giorno fanno una vita, di notte hanno le loro legittime condotte”.
(da “Huffingtonpost“)
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Luglio 9th, 2014 Riccardo Fucile
INEDITO ASSE TRA VECCHI FALCHI E DISSIDENTI: IL CERCHIO MAGICO DI CASALEGGIO SOTTO ATTACCO, SCONTRO ALL’ASSEMBLEA DEI DEPUTATI
Neanche ventiquattr’ore dopo aver piegato la linea di Beppe Grillo, Luigi Di Maio è costretto a fare i conti con una clamorosa rivolta interna.
Per certi versi inedita, perchè contro la cabina di regia si saldano vecchi falchi e dissidenti della prima ora.
Qualcuno, in una giornata da brividi, dà forma alla rabbia scrivendo a Grillo.
«Questa trattativa con il Pd – si infuria – va fermata».
Nonostante il volere della Casaleggio associati, tantissimi parlamentari si oppongono al nuovo corso. Ce l’hanno anche con il guru, a causa dello strapotere garantito al cerchio magico.
La tensione, inevitabilmente, si sfoga in un’aspra assemblea iniziata a tarda sera.
E a complicare il quadro di un Movimento in profonda trasformazione arriva pure lo stop agli ambasciatori Luigi Di Maio e Danilo Toninelli, imposto dalle commissioni affari costituzionali di Camera e Senato.
D’ora in avanti, insomma, le proposte al Pd andranno discusse assieme, perchè il tempo delle deleghe in bianco è scaduto.
«Caro Beppe, così davvero non va», è il senso delle mail spedite al leader. La sua linea è stata messa in discussione, ma il Fondatore comunque si mostra conciliante, ridimensionando il surreale cortocircuito politico a un errore di comunicazione.
Di Maio, intanto, fiuta la tempesta. E prima di presiedere con infaticabile lena l’Aula della Camera, anticipa l’affondo: «Molti mi chiedono chi abbia deciso il doppio turno di lista. Nessuno ha ancora deciso niente. Alla fine valiamo tutti “uno” e potremo votare sul portale». È tardi, però.
I componenti delle commissioni affari costituzionali chiedono a Toninelli di essere coinvolti, vogliono ponderare insieme le nuove mosse.
Un conto, d’altra parte, è intavolare un negoziato, altro sposare d’improvviso il doppio turno.
Giuseppe D’Ambrosio non nasconde le novità : «Abbiamo visto che nella trattativa si è un po’ travalicato. Se prima si discuteva da uno a dieci, ora siamo arrivati a quindici: mi riferisco alle risposte sul Senato e sul doppio turno. Ora è gusto fare una riunione delle commissioni. Poi si passerà dall’assemblea».
Tutto, insomma, sembra tornare in discussione. Il prossimo capogruppo, Andrea Cecconi, come sempre non si sottrae ai quesiti.
Anche i più scomodi: «Il Pd ci ha trattato a pesci in faccia, ma non siamo bambini dell’asilo idioti. La proposta l’abbiamo fatta. Adesso basta, rispondano ».
D’Ambrosio, poi, è ancora più netto: «Io non mi sarei proprio seduto perchè ci preso in giro. Ma ho rispettato la decisione».
La partita, allora, si complica, anche se Lorenzo Guerini annuncia nuove risposte ai grillini e un incontro la prossima settimana.
È l’intera pattuglia dei falchi della prima ora, in realtà , a mostrare segni di nervosismo. Non tanto Alessandro Di Battista – che pure è scomparso dal video e tace da tempo – quanto il board che ha guidato il Movimento nel primo anno in Parlamento.
L’ala romana di Paola Taverna e Roberta Lombardi, silente. Lo zoccolo duro siciliano e calabrese, rappresentato da Riccardo Nuti. Grillini storici come Laura Castelli.
E poi ci sono i dissidenti, esclusi da quel dialogo che pure avevano predicato per mesi. Walter Rizzetto osserva con un certo distacco il duello: «L’avevo detto che la linea andava discussa prima. Ora vedo una gran confusione, tanti “ortodossi” che non condividono il dialogo. Non so come se ne esce».
Toninelli, sfinito da un mese di lavoro intensissimo, non abbandona la speranza di una mediazione: «Le critiche di Colletti? Vabbè, per carità , è un tecnico e ha una sua opinione tecnica. Ci sta. Comunque ne discuteremo in assemblea».
L’unica cosa che non sembra gradire è la critica sul metodo: «La Rete ratificherà le proposte, le commissioni sono coinvolte. Che dobbiamo fare di più?».
Tutto, però, sembra in bilico: «Sulle soluzioni tecniche e sul doppio turno – giura Cecconi – tutto è ancora aperto. D’altra parte è una novità di ieri… ».
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica”)
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Luglio 9th, 2014 Riccardo Fucile
“GRAZIE AGLI ITALIANI CHE CI STANNO VICINO”… “I BOSS UCCIDONO, IL PIAGNISTEO NON SERVE, COSI’ COME NASCONDERSI: SERVONO AZIONI CONCRETE”
Rompe il silenzio il comandante dei carabinieri che ha abbandonato la processione di Oppido Mamertina, che si era fermata davanti alla casa di un boss.
“La ‘ndrangheta, che a Oppido esiste, e’ una forma odiosa di sopraffazione fra esseri umani, è basata su regole poco democratiche, uccide ed è venditrice di morte; Oppido e gli oppidesi hanno vissuto passivamente ed ammutoliti cruente faide di cui oggi ancora in tanti portano addosso i segni. Il piagnisteo non giova a nulla, al pari del nascondimento. Servono azioni concrete”.
Il comandante della caserma dei carabinieri di Oppido Mamertina, il maresciallo Andrea Marino, affida a Facebook le sue parole, dopo che il caso ha assunto un rilievo internazionale.
“Anzitutto – scrive Marino – ringrazio coloro i quali hanno manifestato apprezzamento per quanto fatto nel corso della processione. Fra tutti, desidero ringraziare particolarmente gli oppidesi, gli oppidesi onesti, che sono tanti, cosi come tanti sono i veri devoti di Maria Vergine delle Grazie. Li ringrazio particolarmente perchè, pubblicamente e non, hanno comunque scalfito quel muro di silenzio che qui è più duro del cemento armato. Li invito a perseverare, a non aver paura di vivere liberi, a dimostrare che i cambiamenti sono frutto dei fatti e dei sacrifici e non solo delle belle parole. Il gesto compiuto non aveva alcuna dietrologia nè era mirato a gettare fango sull’intera comunità oppidese in cui vivo con la mia famiglia da circa 6 anni, ed in cui ho conosciuto tanta gente laboriosa ed onesta.
La stessa gente che oggi soffre perchè sente addosso il peso del fango mediatico che spesso dipinge Oppido come fosse il paese degli orrori. In parte, purtroppo, lo è e lo sarà sempre fino a quando i tanti cittadini laboriosi e onesti sapranno solo sentire il peso del fango mediatico, sopportandolo passivamente e lagnandosi di essere additati come una comunità di criminali incalliti. Personalmente ho un grande rispetto per la vita, in quanto bene supremo e, in virtù di ciò, ho rispetto per l’essere umano in se ma non ho rispetto per alcuna forma di sopraffazione fra esseri umani”.
“Ancora grazie – conclude il sottufficiale – a tutti per le belle espressioni di stima che mi avete manifestato. L’Arma dei Carabinieri, l’Italia intera, è fiera di ciascuno di voi”.
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