Agosto 10th, 2014 Riccardo Fucile
DOPO UN GIORNO DI IMBARAZZO, IL PREMIER DI NUOVO IN OVERDOSE DI ONNIPOTENZA: “NON E’ L’EUROPA CHE CI DEVE DIRE COSA FARE”
“Oggi non è l’Europa che deve dire a noi cosa fare”. A distanza di tre giorni si fa meno accondiscendente la reazione di Matteo Renzi alla strigliata della Bce di Mario Draghi che giovedì, dopo aver indicato nell’incertezza e “la mancanza di riforme strutturali che non sono condotte con sufficiente impegno” la causa ultima della recessione italiana, aveva auspicato una cessione di sovranità all’Europa per quanto riguarda le riforme strutturali da parte dei Paesi membri.
A caldo il presidente del consiglio aveva fatto sapere di aver molto apprezzato le parole del governatore della Bce.
Concetto approfondito poche ore dopo davanti alle telecamere di La7. “Sono assolutamente d’accordo con Draghi — aveva detto intervistato a In Onda — se è un affondo, affondo anche io. Il presidente della Bce ha detto una cosa sacrosanta, noi dobbiamo rimettere in ordine l’Italia per farla diventare più competitiva. E le parole di Draghi sono la migliore risposta ai critici del Senato, che è una delle riforme che stiamo facendo”.
L’unico colpo di coda era stato sul tema scottante della sovranità nazionale: “Sulla questione della cessione di sovranità Draghi ha fatto un ragionamento più ampio sull’Europa. Non ha detto che l’Italia deve andare verso una cessione di sovranità sulle riforme ma ha parlato di Eurozona. L’Italia non è finita, con buona pace dei gufi e degli sciacalli”.
Ed è da qui che Renzi è ripartito per rialzare la testa dalle colonne della Stampa che l’ha intervistato domenica 10 agosto.
“La frase di Draghi è: se non fa le riforme, l’Italia non è attrattiva per investimenti esteri. Bene: questa è la linea anche mia e di Padoan. Siamo d’accordo, nessun problema. Ma se qualcuno vuole interpretarla e far intendere che l’Europa deve intervenire e dire all’Italia quel che deve fare, allora no, non ci siamo. Oggi non è l’Europa che deve dire a noi cosa fare”, ha detto al quotidiano della Fiat.
Il Pd ha vinto le elezioni, “io e il governo siamo usciti più forti dal test di maggio e non abbiamo bisogno di spinte da Bruxelles: minimamente”, ha aggiunto rafforzando il concetto.
Per poi replicare indirettamente anche all’interpretazione allargata della cessione di sovranità : “Sono gli Stati a dover indicare alla Commissione via e ricette per venir fuori dalle secche”.
Quanto all’andamento del Pil italiano, “devo esser sincero e dirla tutta: la drammatizzazione del Pil è qualcosa che rispetto ma non condivido. Infatti non è che l’Italia sia rientrata in recessione: non ne è mai uscita”.
Quindi ha fatto suo il fattore tempo rivendicato da Padoan, ma confutato dallo stesso Draghi per il quale “molti pensano che ci vuole molto tempo per registrare gli effetti delle riforme strutturali. Non è così”.
Passaggio ignorato da Renzi che alla Stampa dice: “Noi stiamo facendo cose importanti, che daranno frutti nel tempo: la riforma della Pubblica amministrazione curata da Marianna Madia, assieme alla semplificazione fiscale, saranno una rivoluzione; e l’intervento di Poletti sul lavoro ha creato 108mila nuovi occupati, dei quali — chissà perchè — nessuno parla”.
Non lo ha certo aiutato la base di partenza, con le statistiche che per il 2013 parlano dell’insoddisfazione del 18,7% degli italiani — cioè quasi uno ogni cinque — per la situazione economica del Paese, come emerge dall’indagine dell’Istat sugli aspetti della vita quotidiana fresca di aggiornamento.
Dalle serie storiche, pubblicate nei giorni scorsi, infatti, la percentuale riferita al 2013 è la più alta da venti anni, dal 1993 (primo anno riportato).
Dei tagli alla spesa, invece, l’ex rottamatore si è occupato direttamente dal palco del raduno Scout di San Rossore. “Una parola fumosa come spending review non significa qualcosa di astratto”.
“Bisogna cambiare tutti. Se vogliamo fare bene, bisogna cambiare tutti. Da questo punto di vista è più semplice e più difficile del previsto”. Concetto che si fa più complesso se confrontato con la dichiarazione alla Stampa secondo cui “in Italia non c’è una classe dirigente che resiste al cambiamento, c’è semplicemente una classe dirigente che non esiste”.
(da “Huffingtonpost“)
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Agosto 10th, 2014 Riccardo Fucile
MA NCD INSISTE: “I RIFORMATORI SIAMO NOI”
In una mano il secchiello. Nell’altra il modellino di un cavallo di legno, un cavalluccio di Troia da introdurre nelle linee nemiche.
Un Cavaliere, ex, con un programma agostano slim and sexy tra dieta punti Dunkan e ripetizioni per gli addominali, ha riunito a pranzo a villa San Martino collaboratori e un pugno di parlamentari fedelissimi per mettere giù il risiko della campagna d’autunno.
La tregua sarà breve, un paio di settimane, ma le linee guida sono chiare e le armi da utilizzare anche: riunire i moderati e riportare a casa il Nuovo centro destra di Alfano, con le buone o con le cattive.
Mettendo in conto le perdite, “minime” ha rassicurato, di chi non accetterà nè le prime nè le seconde.
Il secchiello si declina con l’operazione “ricongiungimento”.
È la prima opzione, convincere gli ex azzurri e i moderati del centrodestra che non c’è alternativa alla riunificazione.
“In condominio”, per carità , ma sotto un amministratore unico che si chiama Silvio Berlusconi.
Che a bene vedere è tra i pochi vincitori delle ultime settimane: assolto per insufficienza di prove dallo scandalo Ruby; azionista di maggioranza della riforma del Senato approvata grazie ai voti di Forza Italia; in attesa del giudice a Strasburgo che gli restituisca l’agibilità politica; infine – da non sottovalutare per la tempistica – a metà del percorso di riabilitazione nei servizi sociali (termine a fine febbraio).
Su queste basi sono cominciate, assicura una prima linea Ncd, “una serie di telefonate”.
“Con la scusa di ringraziare e restituire saluti e congratulazioni a parlamentari che lo avevano chiamato ma con cui non aveva parlato, Berlusconi sta chiamando senatori che non sentiva da tempo”.
E che, non a caso, sono soprattutto calabresi. A cominciare da Antonio Gentile, coordinatore Ncd in Calabria che ancora deve lavare l’onta delle dimissioni forzate da sottosegretario dopo il caso dell’Ora di Calabria.
E poi Caridi, Bilardi, Aiello, D’Ascola con cui in effetti, essendo uno dei suoi avvocati nei processi napoletani e baresi, i contatti non si sono mai del tutto interrotti.
Si potrebbe parlare di nemesi calabrese. O contrappasso.
A seconda se sarà più utile il secchiello o il cavallo di Troia, strumento eventuale dell’opzione più dura.
Nel novembre 2013, ai tempi del drammatico scisma da Forza Italia, fu la quota calabrese dei senatori a determinare la nascita del gruppo Ncd al Senato.
Adesso potrebbe essere la quota calabrese, cinque su 33, ad avviare una lenta e progressiva implosione del gruppo.
Non servirà molto tempo per capire come evolve la situazione nell’area del centrodestra.
A novembre si voterà in Calabria per le regionali e per il sindaco di Reggio.
Quello calabrese è un territorio dove certi nomi sono molto pesanti in termini di voti. E potrebbe essere un problema se ad esempio l’ex governatore Giuseppe Scopelliiti, costretto alle dimissioni da una condanna in primo grado e deluso per l’esito delle elezioni europee con Ncd-Udc, creasse una sua lista civica.
“Potrebbe essere questa l’occasione per tentare la riunificazione e l’alleanza con Forza Italia” spiega un senatore calabrese.
Nell’opzione secchiello, quella più pacifica, sono da tener presenti anche altre relazioni pericolose che dopo l’assoluzione-Ruby si manifestano con meno imbarazzo. Il sottosegretario economico Luigi Casero, ad esempio, tiene “rapporti fraterni e quotidiani con il cerchio magico Rossi-Toti-Pascale” ed è anche un prezioso insider negli uffici di via XX Settembre, nelle pieghe dei bilanci e della manovra che il premier Renzi scriverà in queste settimane e per cui si potrebbe trovare nella scomoda necessità (ripetutamente smentita) di aver bisogno dei voti di Forza Italia.
Nella maratona a palazzo Madama, Paolino Bonaiuti, l’ultimo ad aver detto addio a Silvio, ha consumato aperitivi e spuntini con Denis Verdini sotto gli occhi di tutti alla buvette del Senato.
E poi il tesoriere Maurizio Bernardo, il deputato Antonio Leone che ha lasciato la metà del cuore in Forza Italia, Schifani e Cicchitto i più convinti nel dire che indietro non si torna.
Eppure ognuno di loro negli ultimi giorni non nasconde colloqui informali con l’altra parte.
Cicchitto, ad esempio, che pure definisce “una balla il rientro di senatori Ncd in Forza Italia”, sente spesso Berlusconi perchè insieme stanno riscrivendo la riedizione del libro sulla giustizia che questa volta uscirà per i tipi di Mondadori.
Se poi le buone maniere e la pazienza del secchiello dovessero non bastare, Berlusconi tiene sempre pronto il cavallino di Troia, quelle prime file di Ncd – il capogruppo Nunzia De Girolamo, il ministro Lupi e la portavoce Barbara Saltamartini – che hanno già detto e spiegato come vedono la situazione: non c’è altra strada oltre il ricongiungimento.
Con questo piano, che prevede piຠopzioni, il leader di Forza Italia inizia dieta e remise-en-forme per prepararsi alla campagna d’autunno.
Le cartine di tornasole che riveleranno le prossime mosse sono note: la manovra di bilancio; eventuali rimpasti di governo dove brucia più di tutte la casella del Viminale e di Alfano, le alleanze per le prossime regionali.
A Quagliariello, Lorenzin e lo stesso Alfano, per cui è impossibile un ritorno sotto Berlusconi, non resta che fare in fretta a creare i nuovi gruppi parlamentari dei Popolari, al momento fermi al palo.
E diventare loro “il soggetto riformatore” su tasse e lavoro nella squadra di governo. Per poter dire che “siamo noi la calamita per Forza Italia, e non viceversa”.
(da “Huffingtonpost“)
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Agosto 10th, 2014 Riccardo Fucile
CRESCONO LE DIVISIONI ALL’INTERNO DEI DEMOCRAT
Che sia solo una vampa d’agosto, o l’inizio di una strategia d’autunno più strutturata, fatto sta che il pressing dei forzisti per entrare nell’area di governo non conosce soste. Dopo i baci e gli abbracci bipartisan in Senato per il sì alla riforma costituzionale, dopo il timbro del capogruppo di Fi Paolo Romani – “questa è una riforma che porta le firme di Renzi e Berlusconi” – i forzisti vogliono dire la loro anche sulle ricette economiche per dare una frustata che rilanci la crescita.
E non solo dai banchi dell’opposizione.
Esattamente un anno dopo la condanna Mediaset, che convinse Berlusconi al divorzio con Enrico Letta, la strategia si è invertita.
“Abbiamo capito un anno prima quello che Silvio ha capito adesso, ma non è colpa nostra”, sorride Gaetano Quagliariello del Nuovo Centrodestra.
I renziani per ora fanno muro, separano con nettezza il dialogo istituzionale dalle ricette economiche. –
“Non sono nelle mani di Berlusconi, la mia maggioranza è la più solida della Seconda Repubblica”, dice il premier. “Non c’è possibilità che Fi entri nel governo, siamo due mondi separati”, gli fa eco la ministra delle Riforme Maria Elena Boschi.
E tuttavia il tema è sul tavolo, in vista di un autunno che si preannuncia caldo.
“Solo la collaborazione tra Renzi e Berlusconi può salvare il Paese da rischio di un commissariamento europeo”, dice la senatrice forzista Manuela Repetti.
Ma al Nazareno questa ipotesi non è neppure presa in considerazione: “Lo escludo nel modo più assoluto”, spiega all’Huffington Post il responsabile economico Pd Filippo Taddei.
“La nostra linea in economia è riformista, nettamente progressista, a partire dalla riduzione delle tasse sul lavoro, l’estensione degli ammortizzatori sociali e l’idea di welfare che vogliamo ristrutturare per renderlo più efficiente”.
“Non crediamo allo stato minimo o al liberismo selvaggio, per noi in economia esistono ancora una destra e una sinistra”, dice Taddei, che giudica “poco credibile” l’offerta dei forzisti.
Taddei esclude ogni ipotesi di commissariamento dell’Italia da parte della Troika.
E si fa carico delle tante preoccupazioni emerse in queste settimane nella minoranza dem a proposito dell’asse con Verdini. E del rischio che questo tracimasse fuori dalla sfera istituzionale, paventato sia da Bersani che da Fassina.
Tuttavia Cesare Damiano, ex Fiom ed esponente di punta della minoranza Pd, risponde in modo inatteso alla strategia berlusconiana: “La strategia dell’ex Cavaliere ha una sua razionalità : dopo essersi dimostrato affidabile sulle riforme in Senato punta a offrire al premier una collaborazione strutturale, a svuotare Ncd e a sostituitlo come partner di governo. E io credo che, tutto sommato, nell’ambito di un’alleanza innaturale con un pezzo di centrodestra, Berlusconi sarebbe un alleato migliore…”.
In che senso? “Dico che, stando nel perimetro delle larghe intese che io considero innaturale, sia meglio un alleato che non ha la necessità di alzare ogni giorno il tiro per dimostrare che esiste. Che non è a rischio di sopravvivenza, e dunque non ha bisogno di sollevare temi come l’articolo 18 che hanno estenuato anche i più pazienti, e che non interessano più neppure alle imprese…”.
Un abbraccio mortale del Cavaliere? “Non credo che Renzi abbia molto da temere, Berlusconi vuole tornare a occupare un posto egemonico a destra, e comunque anche oggi siamo alleati con un pezzo di centrodestra”, conclude l’ex ministro del Lavoro.
Per ora, c’è da fare argine al pressante corteggiamento di Berlusconi.
E l’ex Cavaliere, in questo ambito, resta un osso duro.
(da “Huffingtonpost“)
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Agosto 10th, 2014 Riccardo Fucile
LA MALATTIA: “HO SUBITO SEI INTERVENTI IN DUE ANNI E SONO STATO DUE VOLTE IN RIANIMAZIONE: SE MI CHIEDONO DI DOMENICA, SPERO DI ESSERE ANCORA QUI A ROMPERVI LE SCATOLE”
“Io l’ho capito di notte, e mi spiace per chi non lo capisce mai o troppo tardi.”
Cosa ha capito, Roberto Calderoli?
Niente di geniale, roba semplice, umana: quanto vale la vita, cos’è la vita; quanto tempo sprechiamo, cos’è lo spreco di tempo.
Il leghista Calderoli non era filosofico. Calderoli sbraitava: parolacce, leggi porcate, tattiche d’aula
“Io ho fatto la chemioterapia a Modena e di notte, perchè la notte davvero mi sento me stesso, la passavo accanto a mia mamma: ora non c’è più. E io ho paura di non esserci stato abbastanza, quanto volevo, quanto dovevo con chi mi ha amato e chi mi ama. Oggi sono stanco.
Il Senato da sopprimere e riformare l’ha inchiodata a Roma.
Io adoro il mio lavoro, io sono contento che esista, perchè mi distrae e mi ha aiutato in questi giorni. Mia mamma è morta, e sono stordito, devastato. Quando sono tornato qui, a Bergamo, ho avvertito una brutta sensazione, molta tristezza. Sono andato al cimitero, ho incontrato mia sorella, i signori delle pompe funebri, ho svolto quelle terribili pratiche burocratiche che devi fare nel pieno di un lutto.
E che fa domani, Calderoli?
Sistemo il mio Maggiolino del ’72, manca qualche litro di olio, e vado a Cuneo, a trovare la mia compagna e mio figlio, che non vedevo da più di due mesi. E poi lunedì mi ricovero, mi devono “tirare” tre vertebre e togliermi dei fili. Quando sono caduto ho perso i sensi: terapia intensiva. Ho detto al primario che mi sarei riposato a casa e invece sono rientrato a Roma.
Non mollerà mai la politica?
Io tra un po’ smetto: finisco con le riforme, che sia questa legislatura, corta o lunga, o la prossima. Aprirò un ristorante, in Piemonte: Langhe, tartufi, carni, vini, prezzi modici. Volevo fare qualcosa per la gente, forse ci riuscirò più da ristoratore che da uomo di partito.
Calcola ogni particolare, cerca di prevedere ogni conseguenza. Sarà mica diventato saggio?
Io programmo le giornate, le settimane e i mesi, oggi mi ripasso le carte per la legge elettorale. Così mi tranquillizzo. Ma ora penso che l’importante sia vivere, sopravvivere. Ho subito sei interventi in due anni e sono stato due volte in rianimazione. Mi chiede di domenica? Io spero di esserci domenica, di essere ancora qui a rompervi le scatole.
Non fa vacanze?
Diciamo che non sono un tipo che ne trascorre molte. Vi devo raccontare questa, io ancora non ci credo. Era il viaggio di nozze.
Divertente?
Un disastro, una comica fantozziana. Era il ’98. Un deputato di Forza Italia, molto potente, mi consiglia un villaggio a Villasimius in Sardegna. Aspetti, non quello dei Ligresti.
E allora?
Un posto elegante, quasi di lusso. Per convincermi mi disse che la famiglia reale belga lo trovava fantastico.
Non vi è piaciuto?
Piacere? Un inferno, ragazzi.
Un inferno?
Insomma, intendiamoci, quello era il nostro viaggio di nozze e avevamo un letto matrimoniale con due materassi accatastati in orizzontale: appena ti stendevi, sprofondavi in mezzo con il sedere. Poi vado in bagno e rompo la tavoletta del cesso; ritorno in camera e parte la musica da discoteca nei locali sotto. Un giorno e siamo scappati, poi mi telefonò Umberto Bossi.
E che voleva?
Mi chiamava con insistenza, mi voleva a Milano: e sì, le anticipo la domanda, anche quella volta l’ho accontentato.
Ha nostalgia dei leghisti con le ampolle?
Tanta, tantissima. Eravamo noi, ragazzi, con i pantaloncini, la sfrontatezza, le idee pazze, però eravamo veri.
E poi, la secessione da voi stessi.
Il partito era Bossi, poi il malore di Umberto, soprattutto gli scandali dei soldi. Adesso la Lega è in ripresa. All’epoca Bossi mi voleva lasciare la guida del partito, ma c’era bisogno di Bobo Maroni.
Quando ha conosciuto Bossi?
Mio cognato è stato il primo consigliere leghista in provincia di Varese. E dunque l’ho visto a casa di mia sorella, era un carnevale.
In maschera?
Niente trucchi, soltanto buon cibo. Al battesimo di un mio nipote, mi disse che aveva bisogno per le candidature al Comune di Bergamo e così, per scherzo, ci ho provato. Il primo discorso era in dialetto stretto bergamasco, incomprensibile.
Calderoli è appassionato di colpi di testa.
Ne ho presi di colpi in testa, anche col martello.
Non esageri.
Davvero, mi portarono al pronto soccorso. Era al liceo classico, c’era un picchetto e non mi facevano entrare a scuola. Io mi consideravo e mi considero un anarchico. Superai il blocco per sfida, non per altro, volevo solo fare casino. E allora un ragazzo mi diede una martellata.
Studente monello.
Nella mia vita ho fatto bravate che non posso confessare perchè sono penalmente rilevanti. Mi sono diplomato e laureato con il massimo dei voti, però non sono mai stato un secchione. E facevo tanto sport: discesa libera di sci, poi la moto enduro, le macchine da rally. Ho vinto anche dei premi, lo facevo a livelli professionisti. Spesso le cose mal si conciliavano, ma la mia famiglia mi sosteneva.
Sportivi?
Eccome. Una volta mia mamma supplicò la professoressa di giustificarmi per un compito di greco, perchè avevo una gara di moto.
E la professoressa?
Mi mise zero, rimandato a settembre. Così decisi di prendermi un biennio per accorciare i cinque anni in una scuola privata.
È benestante la famiglia Calderoli?
Mio padre era un dipendente dell’Asl, poi ha fatto la libera professione, ma otto figli non li cresci con leggerezza. Mi ricordo che al mare c’era concesso bere la Spuma, perchè d’inverno il massimo era l’acqua gassata con la bustina di idrolitina. Però la Spuma andava diluita, sennò otto bicchieri non li riempivi.
Da bambino le faceva le ferie.
Soltanto se nostro zio ci prestava la casa a Lignano. Io il mare l’ho visto la prima volta che avevo più di dieci anni.
A Roma, da politico, se la spassa?
Quando finisco le mie cose, scappo a casa con la voglia di cucinare, poi mi fermo un attimo prima e compro una pizza al taglio o un panino pieno di schifezze. Non faccio vita notturna, in questo sono molto noioso.
Quanti errori ha commesso, Calderoli?
Ho detto e fatto tante cose sbagliate. Era anche un modo per finire sui giornali o in televisione.
Diabolico
Dai, che lo sapete. Quando non esisti sui media, devi utilizzare certe espressioni.
Tipo: “La civiltà gay ha trasformato la Padania in un ricettacolo di culattoni. Qua rischiamo di diventare un popolo di ricchioni”.
Esatto, e me ne rammarico. Ognuno deve essere libero, può amare chi vuole, può donare affetto a chi vuole. Ma per le adozioni sono sempre contrario.
Sta cambiando, senatore?
Ho cercato di migliorare la mia immagine, anzi di far emergere la mia vera immagine, sono un po’ meglio di un orso, un burbero. Il rapporto tra la politica e la comunicazione è distruttivo. Le ultime campagne elettorali sono state vergognose, e ci metto dentro tutti i partiti, inclusa la Lega. Ci sta per travolgere un ciclone, e noi ci siamo comportanti come tanti comandanti Schettino.
Buon viaggio.
Sarà lungo, non posso rischiare con l’acceleratore del Maggiolino, anche se ho davvero voglia di passare due giorni con la mia compagna che abita lì (Gianna Gancia, consigliere regionale leghista, ndr). Non ci vediamo mai, in due mesi è capitato due volte: al funerale di mia madre, a un consiglio federale leghista.
E perchè non si trasferisce?
Non potrei mai lasciare Bergamo, io abito in un bosco. Non vedo tetti, macchine o persone, soltanto animali: cani, lupi, oche, galline, cinghiali, a volte dei cerbiatti e poi l’orsa che mi ha scatenato un sacco di critiche.
Soffre di solitudine?
Ho subìto un trauma bestiale quando Gianna ha traslocato, ma era presidente della provincia di Cuneo e non poteva restare qui.
Ha rimpianti?
Ho paura di aver costretto a rincorrermi chi mi voleva bene o chi mi voleva abbracciare. Il mio è un mondo capovolto. Però penso di aver conquistato la fiducia dei politici, mi ha impressionato la vicinanza di Giorgio Napolitano, di Matteo Renzi e di Silvio Berlusconi dopo la morte di mamma. Berlusconi mi ha chiamato tutti i giorni, era amico di mia mamma perchè gli ricordava la sua, si scambiavano dei biglietti: tante cose mi separano da Berlusconi, ma con me è sempre stato gentile. Io portavo mio figlio ad Arcore.
Oddio.
Mi accompagnava alle riunioni e parlava di calcio con Berlusconi. Una volta gli ha regalato un bellissimo orologio del Milan: l’ha messo in cassaforte, mai indossato perchè mio figlio è juventino.
Non lo porta un po’ giro?
Soltanto una volta siamo andati a Eurodisney a Parigi, per lui sarà stato fantastico, io su quelle giostre mostruose mi sono cagato addosso.
Cosa le manca?
Mia mamma. E la sala operatoria: è un luogo che adoravo da chirurgo, meno da paziente, ma è un luogo che mi ha sempre affascinato.
Carlo Tecce
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 10th, 2014 Riccardo Fucile
RESPINTO L’ASSALTO DI FITTO, PORTE APERTE AGLI ALFANIANI “PENTITI”
Il voto al Senato sul ddl Boschi, approvato con una maggioranza molto più risicata di quanto Renzi avrebbe sperato, ha aperto scenari nuovi per Forza Italia, che si ritrova a recitare il ruolo di opposizione responsabile e indispensabile al premier per portare avanti le riforme istituzionali.
E se fino a qualche settimana fa Silvio Berlusconi era costretto a frenare i più scontenti dei suoi perchè «anche se ci sfiliamo Renzi le riforme se le fa lo stesso», ora il quadro si è completamente capovolto.
E l’ex Cavaliere è pronto a trarre vantaggio da una situazione che, dal primo incontro del Nazareno, si è completamente capovolta.
«MATTEO HA BISOGNO DI NOI»
«In realtà la situazione è cambiata solo in parte, perchè Renzi la maggioranza sull’economia ce l’ha ancora» spiega Gianfranco Rotondi.
Un’analisi che corrisponde a verità , ma che cela – non si sa quanto volontariamente – un aspetto fondamentale. E cioè che alla ripresa Renzi si troverà presumibilmente ad affrontare una situazione dei conti pubblici tutt’altro che rassicurante.
E per mettere mano a quelle riforme esplicitamente invocate dal governatore della Bce Mario Draghi, dovrà adoperare strumenti che potrebbero essere invisi all’ala sinistra del Pd, quella più legata al sindacato.
Sarà a quel punto che l’appoggio di Forza Italia diventerà necessario. Ma con sfumature diverse rispetto a quanto si immaginava settimane fa.
«Certamente non saremo noi a dare i voti a Renzi, ma sarà lui a dover venire sulle nostre posizioni» spiega senza tanti giri di parole il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri.
E la cosiddetta «Agenda Berlusconi», pubblicata ormai quotidianamente dal Mattinale di Brunetta, è piuttosto esplicita: sulla riforma del lavoro, ad esempio, prevede una «moratoria per 3 anni dell’articolo 18, in particolare per le piccole e medie imprese». Sarà pronta la sinistra a superare uno dei suoi storici tabù?
E sul Fisco richiede una manovra «choc» indirizzata soprattutto sul versante casa (abolizione della tassazione dell’abitazione principale) e Iva, da abbassare in due anni di 2 punti percentuali.
STOP INTERCETTAZIONI
Il dialogo sulla riforma della giustizia è invece già partito, anche se finora non è andato come Renzi e il ministro Orlando avrebbero desiderato, con l’ex Guardasigilli Nitto Palma che ha definito «deludente» la bozza messa a punto dal suo successore. Nell’ambito della trattativa entreranno presumibilmente la limitazione – giudicata eccessiva – al ricorso alle vie giudiziarie per limitare il conseguente numero di processi – Forza Italia è pur sempre il partito degli avvocati – ma soprattutto il tema intercettazioni.
Su questo il Mattinale è esplicito: «Si contemperino le necessità investigative con il diritto dei cittadini a vedere tutelata la loro riservatezza». In soldoni: limitare il ricorso all’ascolto «coatto» il più possibile.
Al di là dei provvedimenti di governo, nel dialogo tra Berlusconi e Renzi – che riprenderà a settembre – rivestirà un ruolo cruciale la partita del Quirinale.
Il voto sul Senato ha contestualmente allontanato le elezioni anticipate e avvicinato il passo d’addio di Napolitano.
In pratica, sarà quasi sicuramente questo Parlamento a eleggere il nuovo inquilino del Colle.
E un Renzi assai poco sicuro delle sue truppe non potrà che affidarsi ancora una volta all’«amico» Silvio. Mancano ancora molti mesi, il quadro può cambiare radicalmente, ma al momento le quotazioni della Pinotti sembrano superare quelle di Draghi, specie dopo l’uscita di quest’ultimo sulla «sovranità da cedere all’Europa».
LA SFIDA NEL CENTRODESTRA
A essere cambiati non sono solo i rapporti con Renzi, ma anche quelli interni all’area del centrodestra. La lettera spedita da Berlusconi ai senatori è stata chiarissima: l’ex premier punta a recuperare presto l’agibilità politica – attraverso il ricorso alla Corte di Strasburgo contro la sentenza Mediaset e la legge Severino – ed è pronto a riassumersi la responsabilità di rilanciare Forza Italia.
Ogni discorso sulla successione – e in primis la richiesta di primarie – è quindi stato rispedito al mittente. Da questo punto di vista, la prova di forza di Raffaele Fitto, pur avendo raggiunto numeri importanti e probabilmente inaspettati, non è andata a buon fine.
Berlusconi, ovviamente, non vuole assolutamente rompere con «mister preferenze». Si racconta, peraltro, che fino a pochi minuti dal voto sul Senato sia Verdini che Gasparri abbiano telefonato a Fitto per chiedergli di tornare sui suoi passi e convincere i senatori a lui vicini a sostenere la riforma.
Segno che Berlusconi è non è assolutamente mosso da sentimenti di rivalsa ed è intenzionato a recuperare i rapporti con i frondisti.
Molte altre strade, peraltro, per Minzolini e company non ce ne sono. Berlusconi ha dimostrato di restare la stella polare del centrodestra e con questo stanno facendo i conti anche gli alfaniani, costretti a vedersi scippato il ruolo di «ricattatori» del governo.
Sono in tanti, tra i parlamentari azzurri, ad aspettarsi ora il ritorno all’ovile di qualche esponente di Ncd pentito, come peraltro a livello locale è già avvenuto, specialmente al Nord.
Ma ora è da Palazzo Grazioli che frenano: «Queste sono operazioni delicate» spiega un confidente dell’ex premier, «meglio non accelerare troppo i tempi ed evitare confusione…».
Carlantonio Solimene
(da “il Tempo”)
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Agosto 10th, 2014 Riccardo Fucile
I NUMERI SULLE RIFORME IN SENATO DICONO CHE FORZA ITALIA È FONDAMENTALE PER LA TENUTA DI QUESTO GOVERNO…. IL MESSAGGIO DI SILVIO SUI CONTI PUBBLICI: “SE SERVE NOI CI SIAMO”
Il Caimano è tornato. Risorto dalle sue ceneri.
Grazie all’assoluzione su Ruby, certo, ma soprattutto alla respirazione artificiale che Matteo Renzi gli ha praticato facendo di lui l’interlocutore principe delle riforme.
A Palazzo Madama i 40 senatori di Forza Italia, ovvero la truppa azzurra al netto dei dissidenti, si è dimostrata determinante per il primo passaggio della riforma. L’ostruzionismo di Lega, Sel e Movimento Cinquestelle, poi, ha fatto il resto, evidenziando ancora di più il peso politico dell’ex Cavaliere.
“Se tutti avessero collaborato, Berlusconi sarebbe stato uno degli interlocutori, così invece è l’unico”, fanno notare da Forza Italia, dove l’apporto di Alfano viene considerato residuale.
“Noi siamo l’unica opposizione responsabile e Renzi lo ha capito. Siamo affidabili più dei suoi. E questo lo faremo pesare”, ha detto ieri l’ex Cavaliere a più di un interlocutore.
A rafforzare ancor di più la posizione del leader azzurro sono i dati economici negativi, dalla disoccupazione al Pil, e le bacchettate giunte in settimana da Mario Draghi e dalla stampa internazionale.
Tanto che lo stesso Berlusconi, durante il loro faccia a faccia, ha paventato all’ex sindaco il rischio che qualcuno in Europa voglia indebolirlo per fargli fare la sua stessa fine del 2011.
Ma più Renzi è debole sul fronte economico — è il ragionamento che si è fatto ad Arcore — più la golden share di Forza Italia sull’esecutivo si rafforza.
E ora, infatti, in attesa che la riforma costituzionale venga incardinata alla Camera (“a fine ottobre potrà essere in Aula e io farò la mia parte”, ha detto Laura Boldrini), è sull’economia che il partito azzurro “aspetta al varco l’esecutivo”, per dirla come Paolo Romani.
Su questo terreno gli azzurri usano una doppia strategia: da un lato bastonano e menano fendenti, dall’altro danno consigli e tendono la mano.
L’ordine da Arcore ai mastini berlusconiani è di attaccare a testa bassa sul “disastro economico”.
Tanto poi c’è sempre un Verdini, un Romani o lo stesso Berlusconi a rendersi disponibile al dialogo. “Senza di noi non ci sono le riforme. Il problema di Renzi è quello di prendere atto che la sua tabella di marcia non esiste più. Lo slide show è finito. Solo l’agenda Berlusconi può essere utile all’Italia”, afferma Maurizio Gasparri.
“Perchè il premier ha messo il turbo sulle riforme e i tempi sull’economia sono da lumaca?”, si chiede Mara Carfagna.
Mentre Brunetta sputa benzina sul fuoco. “Aver collaborato al processo di riforma costituzionale non ci rende affatto complici di un disastro di un governo incapace”, si legge sul giornale on line il Mattinale.
Cannonate verso Palazzo Chigi a cui, sottotraccia, seguono ramoscelli d’ulivo.
“Se la situazione economica trascende, noi ci siamo”, è il messaggio fatto arrivare da Arcore tramite gli ambasciatori Paolo Romani e Denis Verdini, che si muovono all’unisono coordinati dalla felpata regia di Gianni Letta.
Che nelle ultime settimane non ha mai smesso di sentirsi con il presidente Giorgio Napolitano.
Da settembre, dunque, vedremo come il governo dalle due maggioranze (una politica e una “istituzionale”) si muoverà tra Sblocca Italia, Job Acts, legge di Bilancio, riforma della giustizia e riforma costituzionale alla Camera.
E poi c’è sempre l’Italicum, vera cartina di tornasole del dialogo Renzi-Berlusconi. Qui, come spiega Roberto Calderoli, “o Matteo va avanti con Silvio e perde Alfano oppure va avanti con Angelino e perde Berlusconi”.
Trovare un compromesso che vada bene a entrambi non sarà facile.
“La legge elettorale va corretta in modo sostanziale”, ha avvertito ieri Gianni Cuperlo. Dando voce a un malcontento mai sopito anche dentro il Pd.
Che non può essere relegato ai soli dissidenti in Senato.
Malcontento presente anche in Forza Italia. Raffaele Fitto, per esempio, è convinto che ad aiutare Renzi sull’economia gli azzurri rischiano il bagno di sangue.
Ma l’ex Cav nemmeno lo ascolta.
Gianluca Roselli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 10th, 2014 Riccardo Fucile
SOTTRAENDO UN TERZO DEI SENATORI AD ALFANO, BERLUSCONI DIVENTEREBBE DETERMINANTE PER ASSICURARE LA MAGGIORANZA
La missione “caccia grossa” scatta a settembre, Silvio Berlusconi ne ha parlato con i più fidati prima di lasciare Roma e chiudersi ad Arcore, da dove non si muoverà .
«Dobbiamo prosciugare il gruppo del Nuovo centrodestra al Senato, Verdini mi dice che è possibile, sono spaccati al loro interno, è l’unico modo per mettere Renzi di fronte al fatto compiuto e costringerlo a collaborare», dice il leader ringalluzzito dal passaggio della riforma coi voti determinanti di Forza Italia.
Sente di essere tornato in partita e vuole farlo a tutto campo.
Le modifiche costituzionali gli stanno strette, ora che pregusta il «recupero dell’agibilità politica ed elettorale» come scriveva due giorni fa ai parlamentari.
C’è solo un ostacolo sulle sue mire espansionistiche su maggioranza e governo.
Il presidente del Consiglio ha già fatto capire che non ha alcun bisogno di accettare la collaborazione.
L’ex Cavaliere, già alle prese con dieta Dukan, lunghe camminate e ginnastica nella tenuta di Villa San Martino (dalla quale del resto non può muoversi anche per Ferragosto), con Francesca, figli e nipoti, nelle poche telefonate filtrate di dirigenti ha ribadito il ruolo «fondamentale di Forza Italia: senza di noi non si sarebbe arrivati a questo risultato che per senso di responsabilità abbiamo portato avanti».
Ma l’unico modo per far pesare ora quella responsabilità – nella sua strategia – è quello di alleggerire il peso specifico dell’Ncd, far perdere pedine alla maggioranza a Palazzo Madama. Un po’ come avvenuto nel 2006-2008, allora per far cadere il governo Prodi, stavolta per entrarci, in qualche modo, nel governo.
Del resto, il leader forzista si è ormai convinto che “Angelino” non abbia alcuna intenzione di tornare in un centrodestra con forte imprinting berlusconiano.
Perfino le alleanze in vista delle amministrative d’autunno sono tutt’altro che scontate. Figurarsi tornare insieme al governo.
«Ora bisogna mettere la testa sull’economia, perchè le famiglie e le imprese sono davvero allo stremo» è il messaggio di Giovanni Toti al Tg1. Renato Brunetta, col suo “Mattinale”, si spinge oltre: «Occorrono riforme shock all’economia, la nostra è una proposta di collaborazione seria. Renzi faccia propria l’agenda Berlusconi».
Ma sono inviti destinati a cadere nel vuoto.
E allora la caccia può partire. Nel mirino il gruppo dei 32 senatori alfaniani, acquisirne almeno un terzo e capovolgere gli equilibri a Palazzo Madama.
Ma è davvero fattibile? Gaetano Quagliariello, che del Nuovo centrodestra è il coordinatore, oltre che una delle colonne al Senato, si fa una risata.
«Nel nostro gruppo non si muove nulla, rispetto agli attuali 32 potremmo anche crescere, ma non è quello che ci interessa – spiega – Se Berlusconi pensa ancora di risolvere così i suoi problemi, vuol dire che è rimasto all’era dei “responsabili”. Abbiamo capito un anno prima quel che lui ha capito adesso, ma non è colpa nostra».
La strategia di Alfano e dei suoi prevede altro.
Nei primi quindici giorni di settembre si riunirà l’intergruppo di tutti i parlamentari di area moderata della maggioranza extra pd.
Al Senato vuol dire dar vita a una formazione di una cinquantina di parlamentari, destinata a diventare il secondo gruppo (i Cinque stelle sono 40).
L’affondo sferzante di ieri di Angelino, proprio all’indirizzo del suo ex partito, lascia intendere quale sia lo stato dei rapporti.
Sulle riforme, dice, «paradossalmente, la nostra scelta ha favorito anche Forza Italia che ha potuto rimettersi in carreggiata dopo il testacoda dello scorso autunno e oggi può dire di avere partecipato alla grande sfida del cambiamento dopo essersi allontanata proprio da quella sfida nello scorso novembre».
Suscitando le immediate reazioni forziste. «Ma quale testacoda – gli ribatte Licia Ronzulli – al tavolo delle riforme, Renzi-Berlusconi, lui non si è nemmeno seduto».
La guerriglia continua.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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Agosto 10th, 2014 Riccardo Fucile
LA FALSA NOTIZIA POSTATA HA AVUTO COME CONSEGUENZA UNA PIOGGIA DI DISDETTE ALLE STRUTTURE ALBERGHIERE… LE ASSOCIAZIONI DECISE A MUOVERE UN’AZIONE GIUDIZIALE CIVILE E PENALE
“Allarme Ebola a Lampedusa“. La notizia era circolata sui social network, era stata condivisa 26mila volte e aveva portato a una pioggia di disdette alle strutture alberghiere. Ma si trattava di una bufala.
Per smentirla era intervenuto anche il governo in un question time. Ma, nonostante questo, i danni sono stati ingenti.
Tanto che le associazioni del territorio di Lampedusa e Linosa e in particolare la ‘Comunità di Lampedusa’, Federalberghi e il consorzio albergatori, hanno deciso di muovere un’azione giudiziale civile e penale contro chi l’aveva diffusa, dopo “l’ennesima diffusione di false notizie denigratorie e allarmistiche“.
La richiesta di risarcimento contro l’autore della notizia, già identificato e denunciato dalla polizia Postale, potrebbe valere dieci milioni di euro.
”A fronte di una popolazione che da più di un decennio si è spesa in termini di accoglienza e solidarietà dinanzi al gravissimo flusso migratorio — dice il presidente di Federalberghi isole Pelagie, Giovanni Damiamo Lombardo – c’è un’identificazione degli aspetti negativi del fenomeno con l’isola di Lampedusa e Linosa. L’ennesima bufala che ha trovato un’irresponsabile cassa di risonanza sui social network rappresenta l’ennesimo attentato alla fragile economia di questo territorio già provato”.
In Italia ci sono stati alcuni allarmi per possibili casi di Ebola ma si sono rivelati tutti infondati.
“In queste ultime ore le strutture del Sistema sanitario nazionale, in collaborazione con gli uffici ministeriali e con l’Istituto nazionale per le malattie infettive Spallanzani — fa sapere il ministero della Salute – hanno gestito alcune segnalazioni di possibili casi di importazione di malattia di Ebola poi non confermate dalle analisi svolte”.
Per le procedure sono stati applicati i protocolli stabiliti nelle circolari diramate a suo tempo.
“Tutte le strutture sanitarie di frontiera e di ricovero continuano a vigilare costantemente — spiega la nota — pur nella consapevolezza che la situazione per quanto riguarda l’Italia e l’Europa resta assolutamente sotto controllo. L’individuazione dei casi sospetti dimostra l’efficacia della vigilanza italiana”.
Commento del nostro direttore
Non è la prima volta che tramite il web vengono diffuse notizie false o atte a creare allarme sociale.
Per non parlare delle campagne di mera diffamazione contro avversari politici o atte a istigare all’odio razziale.
Vi sono soggetti che ogni giorno sistematicamente scrivono palesi falsità e diffondono fotomontaggi tarocco.
Il nostro punto di vista è ben noto: si tratta di vera e propria associazione a delinquere, non di fatti isolati o di matti in libera circolazione.
E il disegno criminale è evidente: aumentare il livello di intolleranza e destabilizzare le istituzioni, concetto che va al di là di chi governa in questo o quel momento e che pertanto riguarda l’intera comunità nazionale.
Nei confronti di questa feccia uno Stato di diritto dovrebbe solo applicare la legge e aprire le patrie galere.
E per i casi più gravi c’è sempre la possibilità di un T.S.O. di lunga durata.
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Agosto 10th, 2014 Riccardo Fucile
PECCATO CHE LA BOSCHI NON VALGA GLORIA GUIDA O EDWIGE FENECH E CHE ZANDA E RAZZI FACCIANO RIMPIANGERE ALVARO VITALI E BOMBOLO
No, vabbè, ha fatto anche questo. Oltre a Verdini, alla Rossi, a Quagliariello e a Romani, monna Maria Elena Boschi ha baciato pure Antonio Razzi.
Non è uno scherzo: è la foto che immortala per i posteri l’ultimo atto dell’alato dibattito sulla nuova costituzione (minuscola, s’intende) approvata l’altroieri in prima lettura dal Senato.
Se l’11 marzo 1947 un grande laico e liberale come Benedetto Croce invocò l’assistenza dello Spirito Santo per illuminare i 556 Padri Costituenti recitando l’”inno sublime” del Veni Creator Spiritus, venerdì a Palazzo Madama risuonava il Veni Pregiudicate Silvi con tutti i suoi boys and girl.
Esercizio per l’estate: cercare su Internet le foto, rigorosamente in bianco e nero, dei Padri Costituenti — quelli veri — solennemente impegnati fra il 1946 e il 1948 a scrivere la Costituzione Repubblicana, e confrontarle con lo Stracafonal di Umberto Pizzi sui pomiciamenti delle Boschi&Finocchiaro con la variopinta fauna di padri ricostituenti beotamente intenti ad abrogare se stessi (della qual cosa ci faremo una ragione); ma anche, quel che è più grave, 47 articoli della Costituzione per sostituirli con altrettante pippe prolisse, scombiccherate, confuse, insensate, contraddittorie che paiono scritte da un branco di analfabeti in evidente stato di ebbrezza.
Una scena da commedia sexy anni 80, tipo “La ministressa ci sta col senatore” o “La relatrice della riforma costituzionale”, con l’aggravante dell’assenza di Gloria Guida ed Edwige Fenech e della presenza Zanda e Razzi al posto di Alvaro Vitali e Bombolo.
Il corteo dei baciatori della ministressa e della relatrice era guidato dal capogruppo forzista Paolo Romani che, va detto a suo onore, appariva un filo imbarazzato dinanzi alle labbra protese della Boschi: avrebbe preferito un po’ più di discrezione, ma l’effetto risucchio gli è stato fatale. Smack.
Alle sue spalle anche il foltocrinito Verdini, uso a muoversi tra il lusco e il brusco, tentava di ripararsi dietro la chioma fulva di una deputatessa, ma la sua candida cofana cotonata a pelo lungo sbucava inequivocabilmente dalle foto nell’atto del bacio alla ministra, reduce da analoghe effusioni con il ricostituente Quagliariello.
Doppio muah con scappellamento a destra.
In zona limitrofa dell’emiciclo, frattanto, l’avvenente Schifani arpionava un braccio della Finocchiaro, che si voltava di scatto e gli stampava uno schiocco sulla guancia, irresistibilmente attratta dal fascino del 416-bis. Slurp.
Alla vista della processione, Razzi smetteva di domandarsi che cazzo avesse votato fino a pochi istanti prima e avanza impettito verso Monna Boschi con l’aria di dire: “Sarà un’usanza di queste parti, vedi mai che sia l’inizio di un’ammucchiata: se questi si baciano tutti, un motivo ci sarà ; nel dubbio, mi ci fiondo anch’io”.
Bacione anche per lui. Da notare il dignitoso contegno del tanto vituperato Mimmo Scilipoti, che ha preferito un low profile davvero encomiabile.
Alla festa di fine anno mancavano soltanto i gavettoni di pipì, le fiale con puzzetta, gli stronzetti di gomma e le gare di rutti, ma purtroppo B. non poteva entrare.
Il clima comunque era quello liberatorio del grande coming out.
E i ricostituenti pidinforzisti vanno compresi. Sono vent’anni che si vedono di nascosto, fra toccatine furtive e strusciamenti clandestini, polluzioni bicamerali e strizzatine di larghe intese, al massimo qualche occhiata lubrica e qualche pizzino da un banco all’altro.
Ora che arriva il “liberi tutti”, possono finalmente limonare duro alla luce del sole, in favore di telecamera, e allora ci danno dentro come Buffon e la D’Amico.
Finita la festa, il cameriere pieghevole Piero Grasso dà una pulitina ai locali e annuncia stremato la meritata vacanza low cost.
Seguìto a ruota da Monna Boschi, che cerca affannosamente un volo last minute per le ferie, al solito tristi e solitarie.
Beata gioventù: quest’anno s’è liberata Villa Certosa, a parte qualche capatina di Barbara Guerra.
Se passano da zio Silvio a Cesano Boscone, magari le chiavi per qualche giorno gliele ammolla.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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