Agosto 18th, 2014 Riccardo Fucile
HA RAPPRESENTATO LA LEGA IN OLTRE 2.000 CAUSE, ORA HA CITATO I VERTICI DI VIA BELLERIO
In tribunale ci sono andati davvero, stamattina per la precisione.
Ma a scontrarsi davanti alla dottoressa Anna Cattaneo del Tribunale civile di Milano non erano Matteo Salvini e Umberto Bossi, ma due legali: Matteo Brigandì e Christian Gecele, che rappresentava il Carroccio.
Brigandì però non è un legale qualunque: è stato per anni ed è ancora uno degli avvocati di Bossi, è stato deputato e senatore della Lega, fino alla nomina al Csm nel 2010, da cui fu dichiarato decaduto l’anno successivo per incompatibilità (per non essersi dimesso per tempo dal ruolo di amministratore della Fin Group), dopo che su di lui era partita un’indagine per abuso d’ufficio per aver passato al Giornale alcune informazioni riservate relative al pm Ilda Boccassini.
Che ci facevano dunque la mattina del 18 agosto i due legali davanti al magistrato?
Tutto inizia a febbraio di quest’anno, quando Brigandì e Bossi firmano una lunga e complessa scrittura privata (resa nota oggi da Repubblica) con il nuovo segretario Salvini e il tesoriere della Lega Stefano Stefani.
Nella scrittura, la figura di Bossi viene tutelata a vari livelli, da quello politico (compartecipazione alla linea del partito e alla scelta dei candidati “eleggibili” nella misura del 20%) a un assegno da 450mila euro l’anno per lo staff, autisti e segretarie.
Infine, nella scrittura si legge che la Lega non intende in alcun modo prendere parte “con azioni risarcitorie” al processo contro Bossi, alcuni suoi figli e l’ex tesoriere Belsito che avrà inizio a Milano il 10 ottobre.
Brigandì, dal canto suo, con l’atto ottiene 200mila euro e rinuncia a chiedere il sequestro conservativo di 6 milioni di euro di denari leghisti (prima della pronuncia del tribunale), che a suo avviso il partito gli dovrebbe per una lunghissima serie di parcelle, oltre 2mila cause curate dal suo studio in 15 anni di lavoro.
La scrittura contiene una serie di dettagli che riguardano altre azioni legali promosse da Brigandì contro il partito, e intentate quando Bossi fu sostituito da Maroni, con cui l’ex parlamentare ha avuto rapporti a dir poco burrascosi.
A fine luglio, però, Brigandì ritiene che Salvini e Stefani non stiano ottemperando ad alcuni punti chiave dell’accordo e li cita in quanto co-firmatario della scrittura davanti al tribunale di Milano. Per quale motivo?
“Ce ne sono molti”, spiega ad Huffpost. “La molla è stata aver letto che la Lega intendeva costituirsi parte lesa contro Bossi al processo di Milano” (Repubblica lo ha scritto in 27 luglio, citando il decreto che fissa l’udienza dove la Lega è parte offesa, patrocinata da Domenico Aiello, legale di fiducia di Maroni, ndr).
“A me è parsa un’enormità , una sorta di diffamazione contro chi ha creato la Lega e ha permesso a tanti di noi di fare carriera…”.
Ma non c’è solo la richiesta di parte lesa nel processo che vede imputati, tra gli altri, i figli Renzo e Riccardo, con l’accusa di aver utilizzato soldi del partito per fini privati, come le auto e la famosa laurea del Trota in Albania.
Secondo Brigandì, a far scattare la citazione sarebbe stata anche una riunione in cui Salvini e Stefani avrebbero comunicato a Bossi e alla moglie Manuela che le casse del partito erano vuote.
E che dunque l’assegno andava ridotto da 450 a 200mila euro annui.
Infine, Brigandì ha sostenuto che i rappresentanti della Lega non gli avessero consegnato alcuni allegati della scrittura che contengono particolari relative ad altre vicende che lo vedono in contrapposizione al partito o all’avvocato Aiello.
Insomma, dal ruolo politico di Bossi agli autisti.
Dai 6 milioni richiesti dall’ex membro del Csm al suo partito a una serie infinita di querelle legali tra lo stesso Brigandì e il nuovo corso maroniano.
Un guazzabuglio, dunque.
Il Senatur però sarebbe estraneo all’azione intentata dal suo legale e discussa ieri. “E’ stata una mia iniziativa personale, lui non mi ha dato nessun mandato e non l’ho neppure informato. Bossi non farebbe mai nulla contro la Lega che è la sua creatura”, dice Brigandì.
L’ex leader, dal canto suo, ieri ha ribadito di aver fiducia in Salvini e di non voler portare avanti nessuna querelle giudiziaria.
“Non ricevo alcun vitalizio, è Roma che vuole farci litigare, ma io non abbocco”.
Salvini invece se l’è presa con l’articolo di Repubblica, annunciando querela (“Tutte cazzate”). “Non ci costituiremo contro Bossi”, annuncia, poi una nota del Carroccio chiarisce che il partito si costituirà solo contro gli altri 6 imputati nel processo, tra cui l’ex tesoriere Belsito, l’imprenditore Stefano Bonet e il commercialista Paolo Scala.
“Hanno cercato di fare i furbi, poi hanno cambiato idea”, commenta Brigandì, soddisfatto dopo l’udienza di oggi che si è chiusa con un rinvio a una data che sarà decisa dal presidente del tribunale.
“Per me potrebbe essere chiusa qui, visto che il loro legale ha confermato gli impegni contenuti nella scrittura a favore di Bossi”, spiega.
Ma i legali del Carroccio, Claudia Eccher e Christian Gecele, con studio a Trento, avrebbero invece parlato di una distanza tra le posizioni, chiedendo un pronunciamento del giudice. “Auspico un nuovo incontro con Bossi, Salvini e Stefani per chiudere questa vicenda in modo bonario”, chiude Brigandì.
Ma non è detto che andrà così.
In ballo ci sono i 6 milioni di euro spesi per le europee, che Brigandì potrebbe chiedere indietro. Gli avvocati Eccher e Gecele, contattati, non forniscono la loro versione.
Nel partito, molti non erano a conoscenza della scrittura privata. Che crea più di un’imbarazzo per il ruolo svolto da Salvini.
“Siamo uniti, l’azione legale è stata promossa da Brigandì per motivi professionali”, dice Calderoli.
Ma nonostante il nuovo corso, e la rimonta delle europee, le ombre del passato continuano ad avvolgere la Lega.
(da “Huffingronpost”)
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Agosto 18th, 2014 Riccardo Fucile
“FERMI NON CONVALIDATI DAL GIP A CAUSA DELLA NUOVA LEGGE”… CROLLANO ANCHE DENUNCE E OPERAZIONI ANTIDROGA
“Dimezzati arresti e denunce, a cinque mesi dalla legge svuota carceri che ha di fatto vietato l’arresto per il “piccolo spaccio”.
E i funzionari di Polizia lanciano l’allarme: «Così si incoraggiano gli spacciatori».
E inviano una lettera aperta al ministro dell’Interno, Angelino Alfano, al quale chiedono di «intervenire per restituire efficacia al sistema repressivo».
«Il dimezzamento degli arresti – scrive al ministro Lorena La Spina, segretario dei Funzionari di polizia – e il contestuale calo delle denunce pare indicare un disinvestimento rispetto alle attività di prevenzione e repressione del “piccolo spaccio”».
I numeri della Direzione Antidroga del Viminale, del resto, parlano chiaro: confrontando il trimestre aprile-maggiogiugno del 2013 con lo stesso periodo di quest’anno, il contrasto al “piccolo spaccio” sul territorio nazionale è calato progressivamente, fino a risultare dimezzato.
A giugno, per esempio, le operazioni antidroga sono scese da 1.556 a 932, le persone arrestate dalla polizia giudiziaria sono passate da 2.055 a 903, in calo del 50% anche quelle denunciate: da 602 a 340.
Ma il trend che ha portato al dimezzamento era iniziato già all’indomani dell’entrata in vigore della cosiddetta “norma svuotacarceri”.
Ad aprile le operazioni antidroga erano passate da 1.484 a 1.208, gli arresti da 1.816 a 1.326. A maggio, le operazioni antidroga sono scese da 1.823 a 1.146, gli arresti da 2.055 a 1.292, le denunce da 583 a 302.
«Se l’obiettivo perseguito dal legislatore di svuotare le carceri è più che legittimo – scrive ancora La Spina ad Alfano – si è però sottovalutato il fatto che il “piccolo spaccio” è un fenomeno in realtà assai pericoloso, che alimenta la criminalità organizzata, creando un grande allarme sociale. E che finisce col determinare la ghettizzazione di interi quartieri delle nostre città ».
Il fatto che praticamente non sia più possibile l’arresto per gli spacciatori di strada, secondo l’Anfp, fa dello svuota carceri un «provvedimento destinato ad incidere in termini fortemente negativi, oltre che sulla nostra concreta operatività , anche sull’efficacia deterrente della sanzione penale prevista».
«Questa norma – aggiunge Lorena La Spina – finirà per incoraggiare questo grave fenomeno ».
Se i funzionari di Polizia hanno chiesto l’intervento di Alfano, analoghe preoccupazioni erano state espresse nelle settimane scorse dai magistrati torinesi che, a giugno, erano stati costretti a lasciare in libertà uno spacciatore sorpreso a vendere droga due volte nel giro di 36 ore.
«La riforma era doverosa e necessaria – avevano commentato in quell’occasione i pm torinesi – ma rende difficilissimo combattere il piccolo spaccio di strada. E il fenomeno, socialmente, può avere reazioni devastanti». Insomma, per i funzionari di Polizia la nuova disciplina sugli stupefacenti «finisce col trasformare in un problema di polizia il sovraffollamento carcerario ».
L’impossibilità di arrestare gli spacciatori di strada, dicono ancora i sindacati, «compromette ulteriormente l’efficacia degli strumenti di cui dispongono le Forze dell’ordine. E contribuisce ad alimentare la già diffusa convinzione che esista una sostanziale impunità , a vantaggio dei professionisti del crimine, dei soggetti più spregiudicati, di coloro che ritengono di non aver molto da perdere e conseguono guadagni significativi attraverso lo spaccio di sostanze stupefacenti, ben sapendo che, nella peggiore delle ipotesi, non rischieranno di trascorrere neppure un giorno in carcere».
Alberto Custodero
(da “La Repubblica“)”
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Agosto 18th, 2014 Riccardo Fucile
IL NUOVO BUSINESS DELLA SACRA CORONA UNITA: GESTIONE DEI PARCHEGGI, SERVIZI DI GUARDIANAGGIO E SECURITY PER LIDI E DISCOTECHE
Quando cammina tra gli ombrelloni, sotto il sole cocente, ha passo sicuro e ripete quel che deve dire: “Cocco fresco, cocco bello!”.
Ha un chiarissimo accento campano e quando gli chiedi che ci fa su quest’altra sponda, lui, il venditore ambulante, risponde con nonchalance: “Questa zona è nostra, l’abbiamo presa noi”. Melendugno, Lecce. Agosto 2014.
E’ una frase che potrebbe raccontare molto di quanto accade sulle spiagge italiane più ambite degli ultimi anni, quelle del Salento.
Dalle spie di appetiti camorristici, tutti ancora da esplorare, ai tentacoli della mala locale, già accertati e in parte spezzati: dei soldi i clan seguono l’odore, che in estate, da ormai un po’ di tempo, conduce dritti nel Tacco d’Italia.
Lo conferma il tris di operazioni che dall’inizio dell’anno la Procura di Lecce ha portato a maturazione.
Lo ribadiscono le intimidazioni ai danni di gestori di lidi e locali da ballo lungo la costa: proiettili in busta e roghi nella notte. L’allerta ha calamitato nel Salento, lo scorso febbraio, il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti e ha indotto la Prefettura a stilare appositi protocolli.
La lotta è su più fronti: oltre alla strada giudiziaria, si cercano sponde tra gli amministratori e imprenditori. Non sempre si trovano.
Anzi, l’atto d’accusa lanciato a più riprese da Cataldo Motta, timoniere della Dda leccese, è un macigno: “Ci sono vittime che anzichè denunciare chiedono addirittura protezione alla criminalità . E’ la cultura dell’omertà ”.
Uno schiaffo per la terra che, tranne in alcuni casi, ha saputo isolare da subito le devianze, non concedendo alla mafia il terreno del consenso sociale.
Da una Sacra Corona Unita tutta bombe e pistolettate alla ‘Scu spa’ il passo è stato breve. Conserva i traffici di droga, certo; ricicla denaro sporco, ovvio; ma ha fiutato l’affare del presente e del futuro della Puglia meridionale: il turismo.
Almeno nell’ultimo triennio, ha provato a spremerlo ‘offrendo’ suoi servizi attraverso società dal volto in apparenza pulito.
E’ così che ha conquistato il quasi monopolio della gestione dei parcheggi privati in località rivierasche gettonate e, soprattutto, si è accaparrata i lauti guadagni della security di stabilimenti, discoteche, bar.
A Gallipoli, ha obbligato un’agenzia di guardiania a farsi da parte e l’ha sostituita con le proprie. Nessuno degli imprenditori ha detto no; tutti si sono adeguati in maniera tranquilla e indolore alle indicazioni provenienti dal clan Padovano.
Nel Capo di Leuca, ha taglieggiato gli operatori balneari. E questi, paradossalmente, hanno in parte risposto pagando il pizzo preventivamente, perchè “da stasera possiamo stare tranquilli”, come confida uno di loro ad un amico.
E’ il particolare più difficile da digerire quello che emerge dal verbale delle intercettazioni di “Tam Tam”, la prima controffensiva in questo settore, quella che il 18 febbraio ha portato dietro le sbarre quindici uomini.
Non c’è stato un esposto a dare impulso alle inchieste della Procura. Sono tutte e solo figlie di indagini di mafia già in piedi e capaci di captare il nuovo corso, assolutamente inedito, della Scu. L’unico a decidere di denunciare è stato Gianluca De Giorgi, collaboratore locale della Az Securteam di Napoli, colui che operava in maniera quasi totalitaria nel settore della sicurezza dei locali di intrattenimento a Gallipoli, costretto poi a fare un passo indietro dopo una rapina ad una discoteca da lui vigilata, i colpi di fucile contro l’abitazione della madre, i furti in casa e l’incendio del suo box auto.
Per il resto, ha regnato il silenzio.
Ed è questo uno dei due pilastri che ha consentito alla quarta mafia di fare il salto di qualità . Emerge senza equivoci anche dall’ordinanza con cui lo scorso 17 luglio il gip Giovanni Gallo, su richiesta del pm Antonio De Donno, ha disposto l’arresto di altre quindici persone, nell’ambito dell’operazione del Ros denominata “Baia Verde”.
Scrive il magistrato: “Proprio il ‘silenzioso e meccanico’ adeguamento degli imprenditori balneari alla (neanche tanto implicita) indicazione proveniente dai capi del clan Padovano costituisce l’elemento più preoccupante, in quanto chiarisce che, come accade nelle vicende tipicamente mafiose, l’intimidazione si estrinseca in un sentimento diffuso e avvertibile nella popolazione che, consapevole delle violenze o minacce perpetrate nel passato, vive in uno stato di assoggettamento che rende inutili gli atti di violenza. […] Si tratta di un modo di operare che conferma un mutamento delle modalità operative della criminalità salentina, la quale non risulta essere più dedita solo al traffico di sostanze stupefacenti e alle estorsioni, ma è capace di inserirsi nell’attività imprenditoriale e spazzare via la concorrenza, non disdegnando, per raggiungere i propri obiettivi, di fare pressioni sulle amministrazioni pubbliche, come dimostrano in maniera eclatante le intimidazioni subite dal sindaco di Gallipoli”.
E’ questo novello core business, la capacità della Scu di mimetizzarsi nel mondo economico e di trarne linfa senza incontrare ostacoli ciò che più incupisce gli inquirenti.
La loro lente ha scrutato anche dell’altro: la pax mafiosa aiuta gli affari dei clan, che hanno smesso di farsi la guerra che bagnò di sangue gli anni Novanta per intrecciare una forte collaborazione.
E’ la seconda colonna portante alla base della holding criminale. I grani del rosario, il simbolo della Sacra Corona Unita, si stringono a corte.
Non è un semplice evitare di pestarsi i piedi a vicenda. E’, anzi, il mutuo soccorso nel rincorrere insieme il flusso di soldi che genera l’industria turistica, che per quest’anno premia di nuovo la Puglia come regina delle vacanze italiane.
“Tam Tam”, che ha svelato il sistema estorsivo imposto ai titolari di stabilimenti nel basso Ionio, ha confermato l’esistenza di un patto di ferro tra i Montedoro, operanti nel Sud Salento, e il clan Vernel, i cui presunti referenti sono i fratelli Antonio, Andrea e Gregorio Leo, attivi sul versante adriatico, tra Calimera, Vernole e Melendugno.
Anche in quest’altra zona, i proprietari dei lidi erano costretti a versare il 25 per cento dei ricavi alla mala e concederle in esclusiva la gestione dei parcheggi nelle zone limitrofe, i servizi di vigilanza e di guardiania.
E’ ciò che hanno appurato le indagini dirette dal pm Guglielmo Cataldi nell’ambito dell’operazione “Network”: il 26 febbraio scorso, nei guai sono finite 43 persone.
Sono stati tre collaboratori di giustizia, tra cui Alessandro Verardi, esponente di vertice dei Vernel, a rivelare l’architettura di ulteriori rapporti: con Salvatore Rizzo, capo storico della Scu, per i traffici di droga da e per la Spagna; con i gruppi di Roberto Nisi e Pasquale Briganti nel capoluogo e con quello di Bruno De Matteis a Merine. “Baia Verde”, invece, ha ribadito la sussistenza dell’asse storicamente forte tra il sodalizio gallipolino e i Tornese di Monteroni. Dopo l’omicidio di suo padre Salvatore su ordine del fratello Pompeo Rosario, il 25enne Angelo Padovano ha preso in mano le redini degli affari grigi nella “città bella”.
E’ l’accusa per cui è stato arrestato a luglio assieme a Roberto Parlangeli, compagno della sorella e legato, appunto, ai Tornese.
E’ questo il contesto in cui probabilmente vanno calate anche recenti intimidazioni eccellenti: la busta con tre proiettili ritrovata davanti al lido del presidente della Camera di Commercio di Lecce, Alfredo Prete, e le pallottole recapitate al responsabile del Sindacato italiano locali da ballo, Maurizio Pasca, che ha puntato il dito contro “i ritrovi non autorizzati, eventi molto appetibili per la criminalità ”.
Di certo c’è che ha avuto finora una spiccata impronta autarchica questo business, orchestrato dalla Scu e a danno dei salentini.
Non si esclude che possa far gola anche ad altri. Il riserbo è totale.
Ma qualche “cocco bello” sospettato di essere la punta di un nuovo iceberg inizia ad essere notato, come accadde già nel 2010 sulla riviera romagnola e poi su quella veneta.
Tiziana Colluto
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 18th, 2014 Riccardo Fucile
“E’ IL PIU’ DIVERTENTE, IL PIU’ FICCANTE, IL PIU’ SPIRITOSO. E ANCHE IL PIU’ TENACE NELLE POLEMICHE”
Vittorio Feltri, giornalista de il Giornale, incorona il collega de Il Fatto quotidiano Marco Travaglio come il migliore della classe tra i giornalisti italiani.
“È il migliore”, dichiara l’editorialista intervenendo alla trasmissione della web-tv di Libero registrata a Capalbio libri.
La motivazione di Feltri è che Travaglio “indipendentemente da cosa scrive è il più divertente, il più ficcante. È il più spiritoso. È anche il più tenace nelle polemiche”.
Per rafforzare la sua posizione Feltri usa anche una metafora calcistica: “Siccome io giudico non le idee o la persona, ma le capacità , giudico Travaglio come farei con un calciatore. Se segna 30 goal a campionato – continua Feltri – è ovvio che è bravo e merita un buon voto. Ritengo che in questo momento Travaglio sia il numero uno”.
Anche Luigi Bisignani, presente all’incontro, è d’accordo con Feltri: “Salvo quando Travaglio scrive quegli articoli noiosissimi su Stato e mafia”.
Feltri condivide l’osservazione sottolineando che quando Travaglio scrive di queste tematiche il suo primato non è più tale.
Per il giornalista de il Giornale infatti “non c’è mai stata una trattativa tra Stato e mafia” e qualora ci fosse stata sarebbe stato meglio perchè “almeno avremmo finito con la mafia”.
In ogni caso dato che la mafia fa fatturati miliardari secondo Feltri “se c’è stata trattativa è andata a favore dei mafiosi per cui siamo di fronte a una classe politica di bischeri”.
(da “Huffingtonpost“)
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Agosto 18th, 2014 Riccardo Fucile
RICERCA CNA: RADDOPPIATI GLI OVER 40 CHE LASCIANO L’ITALIA
Sette anni in Italia dopo tredici trascorsi in Germania, e ora Silvia Amelia e famiglia hanno di nuovo le valigie pronte, destinazione Svizzera.
Antonio, imprenditore laureato in ingegneria elettronica, trent’anni da manager, è volato in Brasile: «Gestisco investimenti immobiliari e finanziari», racconta.
Due volti tra i 620mila che, tra il 2007 e il 2013, hanno lasciato l’Italia per ricominciare. All’estero.
Sono i numeri di un esodo quelli snocciolati dalla ricerca del Centro Studi Cna dedicato alle «Nuove emigrazioni», che fotografano il fenomeno degli emigranti coi capelli grigi: negli anni della grande crisi sono praticamente raddoppiati.
Solo nel 2013 hanno lasciato il Paese oltre 125mila adulti, più o meno gli abitanti della Val d’Aosta o della città di Pescara.
Nella stragrande maggioranza, oltre 80mila, si è trattato di italiani, per il resto di immigrati che hanno abbandonato il nostro Paese in preda alla crisi.
Nel periodo 2007-13 l’incremento degli espatriati italiani con un’età tra i 40 e i 49 anni è stato pari al 79,2%.
Nella fascia tra i 50 e i 64 anni la crescita ha toccato il 51,2%.
I giovani che hanno deciso di emigrare, in percentuale, sono aumentati di meno: +44,4% quanti avevano tra i 15 e i 29 anni, +43% la fascia 30-39 anni.
In termini assoluti, continuano a essere i giovani ovviamente, a emigrare in maniera più massiccia: nel 2013 il 36,3% del totale aveva tra i 30 e i 39 anni, il 27,8% tra i 15 e i 29 anni.
Nel frattempo però è salita al 21,9% la fascia 40-49 anni e al 14% quella tra i 50-64 anni.
Il Centro studi Cna ha tracciato il profilo del migrante over 40: pur in assenza di dati statistici, si tratta soprattutto di individui appartenenti alla fasce sociali più colpite dalla crisi, ma anche imprenditori che puntano a «vendere» la propria esperienza all’estero, in mercati emergenti e non in contrazione come quello italiano
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Agosto 18th, 2014 Riccardo Fucile
CGIA DI MESTRE: “RIVALUTAZIONE E NUOVE IMPOSTE COMPENSANO L’EFFETTO BONUS (PER CHI L’HA PRESO)”
Dal 1980 a oggi la pressione fiscale in Italia è aumentata di 12,6 punti percentuali, portando le sole imprese a pagare all’erario 110,4 miliardi di euro l’anno.
Lo rileva la Cgia di Mestre, segnalando che nell’Ue solo le imprese tedesche, in termini assoluti, pagano più tasse di quelle italiane, ovvero 121 mld di euro, non dimenticando che la Germania però ha 20 milioni di abitanti in più.
La Cgia ricorda che nel 2014, come previsto nel Def approvato la primavera scorsa, la pressione fiscale raggiungerà il 44%, pari al record già toccato nel 2012, con un incremento dell’ 0,2% rispetto all’anno scorso.
“Con un carico fiscale di questa portata — sottolinea il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi — è difficile fare impresa e soprattutto creare le condizioni per far ripartire l’economia”.
Secondo Bortolussi, le cause di questo nuovo record fiscale sono da ricercare in diversi fattori: “Gli effetti legati alla rivalutazione delle rendite finanziarie, l’aumento dell’Iva, che nel 2014 si distribuisce su tutto l’arco dell’anno, l’introduzione della Tasi e, soprattutto, l’inasprimento fiscale che graverà sulle banche”.
Tutti elementi, secondo la Cgia, “che compensano abbondantemente il taglio dell’Irap e gli 80 euro lasciati in busta paga ai lavoratori dipendenti con redditi medio bassi”.
Calcolando la percentuale delle tasse pagate dalle aziende sul gettito fiscale totale, a guidare la classifica europea è il Lussemburgo, con il 17%.
A seguire l’Italia, con il 16%. L’Irlanda si colloca al terzo posto, con il 12,3%.
Nel resto dell’Europa, la Germania segna invece l’11,6%, il Regno Unito l’11,2%, la Francia il 10,3%.
Mentre la media dell’Ue a 15 è pari all’11,3%.
“Alle nostre imprese — afferma il segretario della Cgia — viene richiesto lo sforzo fiscale più pesante. Nonostante la giustizia sia poco efficiente, il credito sia concesso con il contagocce, la burocrazia abbia raggiunto livelli ormai insopportabili, la Pubblica amministrazione sia la peggiore pagatrice d’Europa e il sistema logistico-infrastrutturale registri dei ritardi spaventosi, la fedeltà fiscale delle nostre imprese è al top”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 18th, 2014 Riccardo Fucile
INTERVISTA A NORBERT BARTHLE, RESPONSABILE ECONOMICO DELLA MERKEL: “MOLTE RISERVE SULLA PROPOSTA DI RENZI PER UN PATTO DI FLESSIBILITA'”
«Vedo con molte riserve la proposta di Renzi per un patto di flessibilità . Non è ammissibile annacquare adesso il Patto di stabilità , è a rischio la fiducia nell’euro. Andiamo verso un autunno di duro confronto politico, spero che la cancelliera abbia la forza di imporre la sua linea».
Ecco il commento a caldo rilasciato a Repubblica da Norbert Barthle, responsabile della politica di bilancio dell’eurozona per la Cdu di Angela Merkel e a lei vicinissimo come pochi altri.
Renzi negozia un Patto di flessibilità . Che ne dite qui a Berlino ?
«La vediamo con molte riserve. La crisi di fiducia nell’euro è superata, ma la crisi dei debiti sovrani che l’ha scatenata è ben lontana dalla fine. Al contrario. Ecco il motivo delle nostre forti riserve. Un’ulteriore flessibilità porterebbe ad ammorbidire e ad annacquare i criteri di stabilità concordati tra tutti i membri dell’eurozona. E in Francia come in Italia occorre che si arrivi alla consapevolezza di questa realtà ”.
E allora cosa rispondete a Renzi?
“Che un ulteriore ammorbidimento dei criteri di stabilità sarebbe controproducente. Non possiamo permetterci di abbassare il livello degli sforzi per più stabilità e più crescita, e soprattutto urge ridurre nel modo più veloce possibile il livello di debito degli Stati più indebitati dell’eurozona”.
Renzi insiste: i negoziati sono già in corso, e con la sua proposta l’Italia risparmierebbe 4 o 5 miliardi, quindi meno debito, perchè non vi piace?
«Renzi fa calcoli errati: vuole usare debiti nuovi per lottare contro i debiti vecchi. Mira a più margine di manovra per l’indebitamento: va nella direzione sbagliata. Due anni fa la Francia ha ottenuto un rinvio in cambio della promessa di varare le necessarie riforme. Non le ha varate. Renzi guarda alla via francese, la via sbagliata. Francia e Italia devono ridurre il debito. Maastricht è ancora valido, sebbene quasi tutti lo sforino, anche la Germania. Ma compiamo ogni sforzo per ridurre, ci aspettiamo lo stesso impegno dai partner».
Renzi vuole riforme: gli credete o no?
«Sembra orientato a riforme interne serie, come sulle Camere. Ma sul debito è sulla via sbagliata, dovrebbe guardare non alla Francia ma ai paesi europei che sono riusciti a ridurlo».
Ma con la drammatica recessione italiana, senza flessibilità , come ridurre?
«È l’argomentazione che nei decenni scorsi ha spinto i politici in tutta Europa a spendere, e ci ha portati alla crisi del debito. Ne usciamo solo col coraggio di riforme strutturali, non con nuovi debiti».
Allora andiamo a uno scontro duro, Renzi e Hollande contro Merkel?
«Penso di sì. Vedo questo scontro alle porte. Verranno negoziati difficili, non sono ancora pessimista per l’euro ma se passa la linea dei nuovi debiti la crisi di fiducia nell’euro tornerà presto. Spero nella forza negoziale di Merkel e Schaeuble”.
È fermo anche il pil tedesco: quanto è pericoloso?
«È una reazione alle crisi in Ucraina e Medio Oriente. Spero che la supereremo ben presto avanzando su nuovi mercati. E’ una piccola frenata, strutturalmente siamo in crescita stabile, non in crisi strutturale come Parigi o Roma».
Andrea Tarquini
(da “La Repubblica”)
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Agosto 18th, 2014 Riccardo Fucile
“OCCORRONO MISURE COME CONTRO LA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA”
“Un agente provocatore offre a un pubblico ufficiale una grossa somma di denaro per avere un significativo atto a suo favore”.
Tutto “con le garanzie i legge e sotto il controllo dell’autorità giudiziaria”. E’ la misura, già usata per la lotta alla criminalità organizzata, che il presidente dell’Autorità Anticorruzione Raffaele Cantone vorrebbe anche nelle indagini sui fenomeni corruttivi che si nascondono dietro gli appalti pubblici.
Come racconta al Corriere della Sera, “al governo direi di ampliare gli istituti dell’agente provocatore validi per la criminalità organizzata. Non solo il classico infiltrato. Penso anche a chi si finge corruttore, come in materia di droga dove esiste il simulato acquisto”.
La lotta alla corruzione come la lotta alla criminalità organizzata, quindi. Cantone propone anche “meccanismi di attenuazione significativi della pena per chi collabora. Sarebbe eccezionale, se oltre alle intercettazioni e agli agenti provocatori, il governo scegliesse anche la via dei benefici”. Una sorta di collaboratori di giustizia.
“Non mi scandalizzerei se all’imprenditore, o anche al pubblico ufficiale che collabora, venisse scontata anche l’interdizione dai pubblici uffici”.
Ma Cantone allarga il discorso anche alle intercettazioni: “Nel caso di indagini contro la criminalità organizzata, per fare le intercettazioni non sono necessari i gravi indizi, mentre le “ambientali” si possono estendere anche ai luoghi in cui non si ha la certezza che lì si stia consumando un reato. Ecco, prevedere tutto questo anche per i reati di corruzione mi sembra una delle strade migliori”.
Una norma seria sul falso in bilancio, “con pena adeguata che consenta le intercettazioni, rappresenterebbe un ostacolo per i fenomeni di corruzione.
Il corruttore ha quasi sempre necessità di truccare i bilanci per far uscire il denaro”. Inoltre, il carcere non è sempre la pena più deleteria per i corrotti: “Per i colletti bianchi esistono pene molto più forti rispetto al carcere. E penso all’interdizione ampia e alle confische dei beni”.
(da Huffingtonpost”)
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Agosto 18th, 2014 Riccardo Fucile
A LUGLIO REGISTRATE 156.000 RICHIESTE, CON UNA MEDIA SETTIMANALE DOPPIA RISPETTO ALL’ANNO PASSATO… AD OGGI SONO ATTIVE 2,4 MILIONI DI RATEIZZAZIONI, PER IL 72% DEI CASI PERSONE FISICHE
Record di rateizzazioni con il Fisco: nello scorso mese di luglio – informa Equitalia – si sono registrate 156 mila richieste, con una media settimanale pari a circa il doppio di quella dei primi sei mesi dell’anno.
Ad oggi sono attive 2,4 milioni di rateizzazioni per un controvalore di 26,6 miliardi. Se si considera che – in numero – riguardano per il 76,9% persone fisiche, significa che circa 1 milione e 850 mila italiani hanno difficoltà a pagare le tasse arretrate o a saldare i conti con gli enti che affidano ad Equitalia la riscossione di quanto dovuto.
Guardando invece al loro valore, la percentuale scende rispetto a quella delle società o partite Iva.
Bisogna ricordare che probabilmente l’andamento delle richieste è stato influenzato dalla riapertura della finestra per accedere all’agevolazione, che con il decreto Irpef è stata resa possibile proprio entro la fine del luglio scorso, anche per coloro che avevano perso il diritto in precedenza.
Da sottolineare anche l’incidenza positiva delle procedure di accesso all’agevolazione, semplificate rispetto al passato e per questo più “amiche” del contribuente.
Il dettaglio dei dati forniti da Equitalia dice che circa il 76,9% delle rateizzazioni in essere riguarda persone fisiche e il restante 23,1% società e partite Iva.
Considerando gli importi, il 65,9% è stato concesso a imprese e il 34,1% a persone fisiche.
Il 70,8% delle rateizzazioni riguarda debiti fino a 5 mila euro, il 26,2% debiti tra 5 mila e 50 mila euro e il 2,9% oltre 50 mila euro.
La Lombardia guida la “classifica” delle Regioni con oltre 384 mila rateizzazioni attive per un importo di 5,5 miliardi di euro, seguita dal Lazio (305 mila per un importo di 3,7 miliardi), dalla Campania (265 mila per un importo di 3,2 miliardi di euro) e dalla Toscana (231 mila per un importo di 1,9 miliardi).
La società di riscossione spiega poi che l’anno prossimo cominceranno a essere notificate le cartelle di Equitalia con allegati i piani di rateizzazione precompilati del debito che possono essere concessi in base ai parametri previsti dalla legge.
Equitalia aggiunge in una nota che il contribuente potrà scegliere di saldare in un’unica soluzione oppure aderire al piano di pagamento più adatto alle sue esigenze e alle sue disponibilità economiche.
“Si tratta di un nuovo passo avanti per migliorare il rapporto con i contribuenti – spiega Equitalia – che non dovranno più recarsi allo sportello o simulare il piano di ammortamento dal sito Internet, ma potranno avere a disposizione tutti gli elementi per decidere come pagare contestualmente alla notifica della cartella.
Ecco di seguito il vademecum distribuito da Equitalia sulla rateizzazione:
È possibile ottenere un piano di rateizzazione straordinario fino a 120 rate (10 anni) oppure un piano ordinario a 72 rate (6 anni).
L’importo minimo di ogni rata è, salvo eccezioni, pari a 100 euro. I piani sono alternativi per cui, in caso di mancata concessione di una dilazione straordinaria, si può chiedere una rateazione ordinaria. Finchè i pagamenti sono regolari, il contribuente non è più considerato inadempiente e può ottenere il Durc e il certificato di regolarità fiscale per poter lavorare con le pubbliche amministrazioni. Inoltre il contribuente che paga a rate è al riparo da eventuali azioni cautelari o esecutive (fermi, ipoteche, pignoramenti).
Come ottenere fino a 120 rate.
In caso di grave e comprovata situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica ed estranea alla propria responsabilità , i contribuenti possono chiedere di pagare secondo un piano straordinario che può arrivare fino a un massimo di 120 rate (10 anni). I criteri per ottenere un piano straordinario di rateizzazione sono contenuti in un apposito decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze che stabilisce il numero di rate concedibili in base alla disponibilità economica del richiedente. Presentando una domanda motivata, si possono ottenere più di 72 rate quando l’importo della singola rata è superiore al 20% del reddito mensile del nucleo familiare. Questo parametro è valido anche per le ditte individuali. Per le altre imprese, invece, la rata deve essere superiore al 10% del valore della produzione mensile e deve essere garantito un indice di liquidità adeguato (compreso tra 0,5 e 1).
Come ottenere fino a 72 rate.
Per debiti fino a 50 mila euro è tutto più semplice e veloce: si può ottenere un piano ordinario di rateizzazione compilando un modulo disponibile sul sito internet www.gruppoequitalia.it e negli sportelli di Equitalia, e riconsegnarlo a mano oppure spedirlo con raccomandata con ricevuta di ritorno. Per importi oltre 50 mila euro è sufficiente allegare alcuni documenti che dimostrino lo stato di difficoltà economica. È possibile richiedere rate variabili e crescenti, anzichè rate costanti, in modo da poter pagare meno all’inizio nella prospettiva di un miglioramento della condizioni economiche.
Proroga e decadenza.
I piani di rateizzazione, ordinari e straordinari, possono essere prorogati una sola volta. In entrambi i casi si può chiedere una proroga ordinaria (in ulteriori 72 rate) oppure, in presenza dei requisiti previsti, una straordinaria (massimo 120 rate). Si decade dal beneficio della rateazione in caso di mancato pagamento di otto rate anche non consecutive.
Come presentare la domanda.
La domanda, comprensiva della documentazione necessaria, inclusa copia del documento di riconoscimento, si può presentare tramite raccomandata con ricevuta di ritorno oppure a mano presso uno degli sportelli dell’agente della riscossione competente per territorio o specificati negli atti inviati da Equitalia. I moduli sono disponibili sul sito www.gruppoequitalia.it, nella sezione “Rateizzare”, e presso tutti gli uffici sul territorio.
(da “La Repubblica”)
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