Agosto 24th, 2014 Riccardo Fucile
LA VACANZA NEL SUPER-HOTEL DI AMICI: 1.600 EURO A NOTTE DI LISTINO… IL SUO STAFF PARLA DI 1.000 EURO CON LO SCONTO…MA IN OGNI CASO DEVE DICHIARARLO PER LEGGE E IL CODICE DI CONDOTTA DELLA P.A. VIETA REGALI DI TALE ENTITA’
Il lussuoso albergo in cui Matteo Renzi e famiglia hanno scelto di passare le loro vacanze agostane, quel Villa Roma imperiale da 1.600 euro a notte, è di proprietà di una società di imprenditori pratesi vicinissimi proprio alla corrente renziana.
Il capostipite, Egiziano Maestrelli, è amico da anni dell’attuale sindaco di Firenze, Dario Nardella, che prima era vicesindaco di Renzi.
L’albergo è posseduto interamente dalla Pi.da. spa dei tre figli di Egiziano: Riccardo, Elena e Giulio.
I rapporti fra la giunta Renzi e i Maestrelli, che hanno a Firenze alcuni importanti affari, emersero nelle intercettazioni delle varie inchieste sulla cricca degli appalti pubblici.
In particolare in una telefonata fra l’imprenditore che all’epoca era nel mirino, Riccardo Fusi e un suo collega imprenditore, Lorenzo Nencini.
Ai due stavano a cuore alcuni lavori pubblici a Firenze.
Fusi incontrò lo stesso Renzi, poi per il dettaglio si divisero i compiti: «Sono uscito ora», spiegò al telefono Fusi dopo l’incontro con Renzi, «ho fatto un incontro fino ad ora con il sindaco (…) e quindi praticamente a me ha dato tutte le linee guida (…) più ha detto… ha già dato mandato all’avvocatura del comune di procedere in questo senso… mi ha autorizzato a dire che io stasera ho incontrato lui (…) e quindi domani mattina se tu vai lì a parlare con Marco Carrai tu gli puoi dire tranquillamente quello che ho detto io “le linee guida le ha già date il sindaco”».
Nencini: «Sì, ma vedrai lui le saprà di già … perchè come te chiami me sicuramente Renzi avrà chiamato Carrai».
Fusi: «Sì ma per non mettere in difficoltà nessuno (…) perchè ognuno dei suoi parla… con te ci parla Carrai … con il Maestrelli gli telefona quell’altro … Nardella». Dei tre figli di Maestrelli uno- Riccardo- risulta anche finanziatore della campagna elettorale di Renzi per diventare sindaco di Firenze nel 2013.
A rivelarlo fu proprio l’attuale premier, che tenne nascosta per lungo tempo la lista dei finanziatori, e decise di renderla pubblica solo dopo che l’ex tesoriere della Margherita, Luigi Lusi, aveva fatto pesanti allusioni sui soldi serviti in quella occasione.
È probabile che siano stati proprio quei rapporti di amicizia e perfino di legame politico a fare scegliere a Renzi il Villa Roma imperiale di Forte dei Marmi per le vacanze familiari nonostante un listino che sembrerebbe proibitivo pure per chi guadagna come un presidente del Consiglio (circa 6 mila euro netti al mese, circa la metà del costo di una settimana di vacanza in quell’hotel).
È possibile che gli amici possano avere fatto uno sconto per non appesantire troppo le vacanze dei Renzi, e nello staff del premier è circolata una versione ufficiosa di spesa inferiore ai mille euro a notte.
Possibile pure che gli amici imprenditori abbiano deciso di offrire la vacanza al presidente del Consiglio.
Nell’uno e nell’altro caso però la legge sul finanziamento pubblico dei partiti impone una dichiarazione congiunta per motivi di trasparenza (Renzi non è parlamentare, ma a quegli obblighi è tenuto come segretario del Partito democratico).
Il codice di condotta adottato per tutta la pubblica amministrazione con norme più stringenti inserite a palazzo Chigi però vieta a chiunque lavori alla presidenza del Consiglio di accettare un dono di tale natura, che si tratti di uno sconto di centinaia di euro al giorno o di un’offerta in natura della vacanza.
A quel codice sono tenuti per ovvi motivi anche tutti gli uomini politici che risiedono a palazzo Chigi, dal presidente del Consiglio all’ultimo dei sottosegretari.
Ne sa qualcosa l’ex sottosegretario (nel governo di Mario Monti), Carlo Malinconico, che fu costretto alle dimissioni pur non essendo oggetto di alcuna indagine penale proprio per avere ottenuto in dono una vacanza simile nel prezzo e nella durata a quella di Renzi da un imprenditore che l’aveva generosamente offerta.
(da “Dagospia”)
argomento: Renzi | Commenta »
Agosto 24th, 2014 Riccardo Fucile
E’ LA PRIMA EDIZIONE IN VENT’ANNI A NON DETTARE L’AGENDA
Meeting di Rimini, incontro inaugurale.
Nelle prime due file fa capolino la testa sale e pepe di Raffaello Vignali. Il parlamentare del Nuovo centrodestra è di casa da queste parti, avendo ricoperto il ruolo di presidente della Compagnia delle opere.
Vignali è l’unico politico a prendere posto nelle prime due file.
Un anno fa, di questi giorni, l’infinita lista di parlamentari e portaborse attesi per l’intervento di Enrico Letta aveva consigliato gli organizzatori a riservare sotto il palco quasi di ottocento posti.
Un’immagine che fotografa plasticamente il cambio di passo della kermesse. La versione ufficiale, quella sciorinata da Maurizio Lupi, Giorgio Vittadini, Roberto Formigoni e Mario Mauro (il gotha della galassia ciellina) parla di una scelta consapevole, del tentativo di scremare gli uomini di Palazzo in fiera, per far emergere temi e contenuti per anni rimasti mediaticamente sotto la patina della riapertura pre-settembrina del caravanserraglio della politica.
A microfoni spenti, qualcuno la butta giù così: “È un tentativo di rifarsi la verginità , di dire, dopo tanti anni in cui abbiamo invitato chiunque, che Cl non è solo politica, anzi”.
Echi del ragionamento, quando si spinge il tasto play, si trovano nel “negli anni passati alcuni incontri non sono stati il massimo, possiamo sbagliare ma proviamo a costruire” del presidente della Fondazione per la Sussidiarietà (Vittadini), o “l’esposizione politica è stato un aspetto che ha offuscato tutti gli altri aspetti del Meeting, abbiamo provato a cambiare passo”, del senatore di Ncd (Formigoni).
Rimane il fatto che una manifestazione che negli ultimi lustri ha contribuito in larga parte a dettare l’agenda dell’autunno, abdica per la prima volta al ruolo di mazziere del tavolo da poker del fu bipolarismo italiano che l’aveva contraddistinta.
Sì, ci saranno cinque, forse sei ministri (“Tutti invitati a parlare dei temi di loro competenza”, sottolinea la presidente Emilia Guarnieri).
Ma non bastano a controbilanciare l’assenza del premier Matteo Renzi, e di tutti i suoi più stretti collaboratori.
Compresa Federica Mogherini, ministro degli Esteri, in un’edizione in cui è la politica internazionale a farla da padrone. Anche lei invitata, anche lei assente per motivi di agenda.
Nell’epoca del turbopremier cattolico sensibilissimo agli applausi e ai bagni di folla (il battimani ha accolto da queste parti Pier Luigi Bersani e Silvio Berlusconi, Mario Monti e lo stesso Letta, senza distinzione di colore politico), è stato il fragore del forfait non meglio giustificato di Renzi ad accendere un campanello d’allarme.
Tanti gli ingredienti che hanno contribuito a scolorire lo charme di un biglietto d’invito per quello che fino a ieri era il cuore del mondo (politico) per un’intera settimana l’anno.
C’è che la roccaforte ciellina della Lombardia si è (nemmeno troppo) lentamente frantumata.
Un bacino di voti ridotto all’osso, a guardare le percentuali di Lupi&co a Milano e dintorni alle ultime europee.
C’è che è iniziato il primo Meeting organizzato dopo il consumarsi della diaspora dei parlamentari e degli amministratori locali formatisi sui libri di don Giussani (tra quelli che hanno seguito l’avventura di Angelino Alfano, coloro che sono rimasti fedeli all’ex Cavaliere, e chi ha seguito l’avventura nell’allora Scelta civica, oggi I Popolari) di Mario Mauro.
Una falange che, persa la sua compattezza, ha smarrito gran parte del suo “potere d’acquisto” nel panorama nazionale.
C’è che è filtrato un rumors – che non trova alcuna conferma ufficiale – che siano state proprio le divergenze d’opinione fra i big a sconsigliare la presenza di tutte le prime file “romane” di Cl sul palco dei relatori della trentacinquesima edizione.
Ma soprattutto è successo che è finito il periodo dell’alternanza bipolare, quello nel quale il consenso e l’influenza dei ragazzi del Giuss potevano spostare l’ago della bilancia della competizione politica.
Tra mito e realtà , una suggestione che ha negli anni coinvolto la stessa persona del presidente del Consiglio, accreditata dei voti ciellini nelle primarie che gli consegnarono la candidatura a Palazzo Vecchio e ne cambiarono la storia politica.
Anni – eravamo nel 2007 e 2008 – nei quali l’allora presidente della Provincia di Firenze accorreva sulla riviera romagnola per recensire libri insieme al quasi conterraneo Denis Verdini.
Anni che sembrano lontani. Oggi, nel 2014, l’ex rottamatore si è limitato a concedere un’intervista a Tempi.
Il corsaro ed eterodosso settimanale d’area che l’anno scorso pubblicò un colloquio con Berlusconi proprio nel giorno che sarebbe dovuto essere di massima sovraesposizione mediatica per la kermesse riminese, irritandone non poco gli organizzatori.
Un passo che, in assenza di un messaggio ufficiale da Palazzo Chigi alla stregua di quello inviato da Giorgio Napolitano, assume più i contorni di un segnale di distanza che di una mano tesa.
Come per il recente passato, da queste parti si continua tuttavia a “fare il tifo” per il governo in carica (Vittadini e Guarnieri dixit).
Un governismo che è stata la cifra del recente passato della galassia di Cl. Con la non trascurabile differenza che, quest’anno, sono pochi quelli che si sono dimostrati ansiosi di fare passerella tra le due ali della ola.
Se ciò sancisca un passaggio interlocutorio nel ruolo pubblico del movimento di Giussani o piuttosto la fine di un’era trentennale, solo il tempo e probabilmente il programma della prossima edizione potranno dirlo.
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 24th, 2014 Riccardo Fucile
MOLTI BIG DELL’INDUSTRIA NAZIONALE PRESENTI ALLA MANIFESTAZIONE… GRANDI ASSENTI LE BANCHE E L’ENI
Non ci saranno i politici, ma la comunità del business e degli affari non non ha certo declinato l’invito di Comunione e Liberazione che si apre oggi a Rimini.
Se il premier Renzi, che non sarà presente alla kermesse si è fatto perdonare concedendo una lunga intervista a Tempi, il settimanale vicino a Cl, buona parte della comunità degli affari italiani non mancherà l’appuntamento con l’evento agostano. Presenti, infatti, capitani d’industria vecchi e nuovi.
Da segnalare tra questi ultimi il nuovo profeta della qualità del cibo Made in Italy, Oscar Farinetti (presidente di Eataly) e il re del cachemire, Brunello Cucinelli che dopo la quotazione in Borsa ha visto crescere la sua popolarità nel mondo dei non addetti ai lavori.
Non mancano i nomi più noti del panorama economico italiano.
A partire dal colosso dell’elettricità Enel che schiera l’amministratore delegato Francesco Starace in un confronto sulla ripresa.
Uno spazio nel quale si confronterà con altri big come Carlo Malacarne, ad di Snam, e Maximo Ibarra ad di Wind.
Tra i vari focus anche Francesco Paolo Fulci, presidente della Ferrero e Mauro Guzzini della omonima di illuminazione.
Tra gli altri campioni nazionalli ci sarà Finmeccanica (con l’ad Mario Moretti) e il presidente delle Ferrovie dello Stato, Marcello Messori.
Sempre in tema di mobilità e trasporti menzione anche per il presidente di Atlantia e di Autostrade per l’Italia, Fabio Cerchiai.
Star della manifestazione sarà molto probabilmente Sergio Marchionne, alle prese con gli ultimi ostacoli per portare in porto la fusione tra la Fiat e la Chrysler.
Chi dunque m meglio di lui per parlare di globalizzazione e competitività .
Nutrita anche la componente straniera con spiccata predilezione dei ciellini per la lingua tedesca.
Così tra i relatori che prenderanno la parola nel corso dei vari convegni, che si susseguiranno fino alla fine della settimana, vanno segnalati il presidente e amministratore delegato di Siemens, Federico Golla e il Chief country officer di Deutsche bank in Italia, Flavio Valeri. Non solo.
Tra le presenze di aziende straniere ci sarà anche Manuela Kron, direttore corporate affairs del Gruppo Nestlè in Italia e il capo della branch italiana di Sky, Andrea Zappia.
Se le aziende non mancheranno dunque va invece rilevato il poco appeal del meeting per le banche rappresentate solo da Intesa San Paolo con la sua banca Prossima, nata con con lo scopo di finanziare il terzo settore, caro a Cl.
Presente anche la banca d’affari, Advantage financial.
Tra i grandi assenti nel panorama delle big infine sono da segnalare Unicredit ed Eni. Nessun loro rappresentante sarà a Rimini.
(da “il Tempo”)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 24th, 2014 Riccardo Fucile
“I GOVERNI DEGLI ULTIMI DUE ANNI NON HANNO FATTO NULLA PER PREVENIRE QUESTO DISASTRO”
Un miliardo di euro in fumo: potrebbe essere uno dei costi della crisi libica per l’Italia. Un miliardo di euro di cui le imprese italiane sono creditrici nei confronti di aziende sotto controllo statale libico e che con il caos in corso rischiano di non essere mai saldati.
Lo spiega Gian Franco Damiano, presidente della Camera di commercio italo-libica: “Per la precisione si tratta di circa 350 milioni di euro risalenti ancora agli anni Novanta e di 650 milioni degli anni Duemila. Si sapeva quello che stava per succedere. C’erano state informative dei servizi, già a maggio Marco Minniti aveva lanciato l’allarme, dicendo che c’erano sei mesi di tempo per salvare la Libia, ma non si è fatto nulla per prevenire il disastro. Si è trattato quanto meno di indolenza da parte dei nostri governi degli ultimi due anni. E le imprese italiane ne vanno di mezzo”.
Sono circa 150/200 le aziende nostrane presenti in Libia, con numeri variabili e una presenza fissa di almeno un centinaio, operanti in svariati settori, dalle infrastrutture alle costruzioni, dalla tecnologia alle telecomunicazioni, dal food a quella ittica che stava partendo in questi mesi.
Nonostante la crescente e invasiva presenza turca e cinese, il made in Italy continua ad essere apprezzato.
“Nei primi mesi dell’anno il flusso di traffico dall’Italia verso la Libia era aumentato, ma anche in direzione contraria c’era molto movimento: è un aspetto sottovalutato, questo, ma sono molti i privati che vengono a fare shopping da noi, e che spesso lamentano le pastoie burocratiche e la difficoltà di avere visti. Ora purtroppo è tutto fermo. Quando telefono giù, sento la gente stanca, che ha voglia di ricostruire. Distruggere la propria capitale e le sue infrastrutture è un gioco al massacro che il 95% dei libici non comprende”.
Damiano prosegue ritenendo l’impostazione data finora dalla Nato sbagliatissima e ribadisce: “Le imprese in silenzio resistono, alcune continuano a lavorare tra mille difficoltà , ma solo lasciate sole. Le istituzioni non ci sono. Per i big esistono le relazioni intergovernative, ma la piccola e media impresa, quella che paga le tasse, non ha capacità di lobby ed è bistrattata”
Ma quali sviluppi può avere la situazione?
“L’aeroporto di Tripoli, al centro degli scontri in atto, è un importante hub economico — spiega Gabriele Iacovino, responsabile degli analisti per il Medio Oriente del Cesi — Centro Studi internazionali – se non funziona ne resta compromesso tutto il paese, dato che su Bengasi ci sono pochissimi voli ed è difficile entrare dal confine tunisino. Mai come ora le autorità di Tripoli sono state in difficoltà . Lo scontro in corso, ovviamente, non è solo per il controllo dell’aeroporto, ma è un conflitto profondo tra islamisti e laici”. Su quali conseguenze ciò possa avere per il nostro paese, Iacovino è chiaro: “La sicurezza energetica italiana non è particolarmente a rischio, per ora. I danni sono circoscritti, perchè negli ultimi anni i rifornimenti di petrolio e gas dalla Libia sono stati ridotti e non c’è stata una ripresa netta dell’industria estrattiva rispetto al pre Gheddafi. In una nuova escalation di violenza potrebbero esserci ripercussioni, ma comunque circoscritte”.
“Allargando il discorso alla stabilizzazione della Libia — prosegue — dovremmo fare lo sforzo di guardare alla Libia non solo come bacino energetico, ma come un partner economico e finanziario a 360 gradi, le realtà attive sono numerosissime, il problema è che dal punto di vista politico manca la forza di supportare la stabilizzazione del paese. Potrebbe essere una partnership ben oltre il rapporto energetico, un volano per lo sviluppo reciproco, non solo per noi ma soprattutto per loro: senza sviluppo economico e politico, la Libia è destinata ad essere un nuovo Stato fallito“.
Che tipo di intervento servirebbe?
“Se ci fosse un coraggio maggiore da parte della nostra politica estera nel prendere la leadership nel processo di ricostruzione politica, si otterrebbero indubbi vantaggi per la popolazione libica, ma si creerebbero anche i presupposti per relazioni istituzionali ed economiche: due bacini economico-finanziari a incastro, con interessi reciproci”.
Però l’Europa è già intervenuta in passato.
“I paesi che portarono alla caduta del regime e poi si tirarono indietro, soprattutto la Francia di Franà§ois Sarkozy, ma anche gli Usa dietro le quinte, inevitabilmente lasciano l’Italia e l’Europa in prima linea nella gestione dell’agenda libica, col rischio che senza un intervento rapido, possiamo ritrovarci un paese fallito. Le conseguenze sarebbero molto difficili da gestire dal punto di vista economico, ma anche di sicurezza: la Libia sta diventando sempre più un paese non governato, in balia di traffici illegali (dalla droga al traffico di esseri umani), paradiso di terroristi nordafricani e criminali. Ed è proprio questo il problema principale”.
Giusy Baioni
argomento: Esteri | Commenta »
Agosto 24th, 2014 Riccardo Fucile
“L’ITALICUM COSI’ COM’E’ NON ARRIVERA’ MAI IN PORTO”
“Vi assicuro che la riforma del Senato non piace nemmeno alla stragrande maggioranza dei senatori del Pd. Ma sono stati costretti a votarla per evidenti motivi”. Roberto Calderoli è uno dei due relatori della riforma costituzionale passata in prima lettura a Palazzo Madama, ma ne è anche uno dei più severi detrattori.
Rivendica, però, il merito di averla migliorata. “All’inizio era una merda. Io l’ho fatta diventare una merdina…”, racconta il senatore leghista inventore del Porcellum.
Ora, dunque, siamo al “merdinellum”.
Senatore Calderoli, gli stessi democrat erano contrari?
Per quello che ho potuto verificare, alla maggioranza dei senatori Pd questa riforma non piace per niente. Ma l’hanno votata da una parte perchè Renzi ha posto la questione come ‘o mangi questa minestra o salti dalla finestra’, minacciando le elezioni. In secondo luogo, non hanno avuto coraggio di mettersi contro il loro segretario.
Alcuni di loro, però, quel coraggio l’hanno avuto: Vannino Chiti e gli altri 15 dissidenti del Pd.
Le rivelerò una cosa. Sull’elezione diretta, Renzi a un certo punto stava per cedere. Era a un passo. Poi, per colpa del documento Chiti, si è irrigidito di nuovo e l’ha posta come dogma. La battaglia di Chiti & C. era assolutamente legittima, ma è stata controproducente. Perchè la questione si è spostata tutta dentro il Pd. E Renzi non poteva tollerare di darla vinta a quella che lui considerava a tutti gli effetti una corrente interna al suo partito.
Lei in cosa l’ha migliorata?
Ho mantenuto le competenze specifiche delle Regioni, che altrimenti avrebbero fatto la fine delle Province. Ho rimesso i costi standard in Costituzione e sono riuscito a portare i ‘sindaci senatori’ da 60 a 21.
Cosa proprio non le va giù di questa riforma?
La non elettività dei senatori, per dirla alla Fantozzi, è una boiata pazzesca. Innanzitutto perchè il risparmio sulle indennità dei senatori non incide più di tanto sulla spesa globale (28 milioni su 500). E i 74 consiglieri regionali a Roma dovranno comunque essere spesati. In secondo luogo, è aberrante che i cittadini non possano scegliere direttamente i propri rappresentanti.
Infine…
Infine… Va ridotto anche il numero dei deputati. Non solo per una questione di risparmio, ma per garantire i giusti pesi e contrappesi nell’elezione dei vari organi. Adesso il partito che vince alla Camera prende tutto: governo, Quirinale, Corte costituzionale, Csm. Prima a bilanciare ci pensava il Senato, ora non è più così. Ma la partita non è ancora chiusa.
Lei dice?
Sì, perchè sull’Italicum Renzi potrà accontentare uno solo tra Berlusconi e Alfano. E lo sconfitto lo perderà sulle riforme. A quel punto in Senato al terzo passaggio non ci sarà più la maggioranza e i 15 voti della Lega diventano determinanti. Noi lo aspettiamo a Canossa: se vorrà portare a casa la riforma dovrà discutere con me. E a quel punto i giochi si riaprono. Su tutto.
Ma lei in Senato con chi parlava?
Non c’è mai stato un interlocutore all’altezza. Boschi zero. Ogni tanto Renzi. Solo alla fine si è fatto vivo Lotti.
Lei ha paragonato Renzi a un venditore di padelle antiaderenti…
È un bravissimo comunicatore. Potrebbe vendere ghiaccioli agli eschimesi. Ma i suoi sono solo spot. Bellissimi slogan, ma non so quanto potrà andare avanti così, specie se i dati economici non migliorano.
Alcuni sostengono che se la situazione precipita Renzi sceglierà la via delle urne.
Non vedo in giro tutta questa voglia di elezioni. Anche questo temporeggiare sull’Italicum mi fa pensare che non si voglia disturbare il manovratore sulle riforme e che le urne si allontanano.
Secondo lei Berlusconi è pronto a dare una mano anche sulle misure economiche?
Se trovano un accordo su alcuni punti, Forza Italia entrerà in maggioranza. Ma senza ministri nella squadra.
Insomma, i detrattori della riforma sono nelle sue mani. Il padre del Porcellum.
Sul Porcellum ho già detto di tutto e di più. Compreso il fatto che io quella legge elettorale l’ho più subita che altro. E poi, mi scusi, l’Italicum così com’è mi sembra molto, ma molto peggio.
Gianluca Roselli
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Parlamento | Commenta »
Agosto 24th, 2014 Riccardo Fucile
IL PARTITO ANIMALISTA EUROPEO DENUNCIA: “ORDINE PUBBLICO NON E’ STATO GARANTITO, LA CONTROMANIFESTAZIONE NON SPONTANEA MA ORGANIZZATA DALLA LEGA, DENUNCEREMO FUGATTI E I FACINOROSI ALLA PROCURA”
La manifestazione di ieri a Pinzolo per chiedere la revoca dell’ordinanza catturaorso determinata dal presidente della Provincia di Trento Ugo Rossi, si è conclusa nel peggiore dei modi. Infatti è stata interrotta dalle Forze dell’ordine per motivi di ordine pubblico e sicurezza pubblica.
Il partito animalista europeo in una nota parla di «vera e propria imboscata organizzata ad arte dagli abitanti non solo di Pinzolo ma anche dei comuni limitrofi con l’intento di ostacolare con la violenza il corteo pacifico. Insulti, spintoni, calci e pugni, minacce di morte da parte di circa millecinquecento locali hanno indotto l’interruzione dell’evento costringendo i manifestanti ad andarsene con i pullman messi a disposizione con urgenza dal sindaco di Pinzolo».
Gli animalisti europei smentiscono il consigliere leghista Maurizio Fugatti, lanciano pesantissime accuse «l’assembramento della gente di tutta la val Rendena non è stato nè spontaneo nè disorganizzato ma su indicazioni del medesimo consigliere che sta magistralmente strumentalizzando la vicenda per contestare la Giunta. Fugatti presente sul posto non era assolutamente preoccupato per i tafferugli in corso anzi valutava compiaciuto quanto fosse ingente il bacino elettorale su cui attingere voti nuovi».
Ma il partito animalista europeo non si ferma qui e affonda anche su Giacomo Bezzi, «Faziosa anche la ricostruzione dei fatti del consigliere di Forza Italia che, anch’esso per attaccare la Giunta di centrosinistra, descrive una versione opposta a quanto è avvenuto ed esattamente gli incivili e beceri nonchè violenti ed arroganti sono stati solamente gli autoctoni così come dalle prove video che stiamo trasferendo in Procura, inoltre, in riferimento all’accusa di sdoppiamento al proprio interno la deve indirizzare al mittente visto che è stato smentito dalla senatrice Manuela Repetti di Forza Italia».
Anche la questura non è immune da critiche da parte degli animalisti europei che intendono conferire un mandato al loro ufficio legale per una denuncia all’autoritò giudiziaria, al fine di individuare e punire i responsabili.
«La Questura – riporta la nota – che non ha saputo organizzare un adeguato dispiegamento di forze al fine di garantire l’incolumità pubblica per tutta la durata del corteo mettendo a rischio non solo i manifestanti perlopiù donne, anziani e bambini ma gli stessi agenti presenti in numero sottodimensionato nonostante fosse preventivamente informata e tutti i media avessero denunciato l’alta probabilità di scontro fisico».
Stefano Fucelli presidente del partito Animalista Europeo intende denunciare il consigliere della Lega Nord, Fugatti, che con la sua partecipazione tra i contro manifestanti non autorizzati li ha avallati disattendendo e non riconoscendo quindi le disposizioni della Questura e Il sindaco di Pinzolo per non avere preventivamente messo in sicurezza i luoghi previsti per il corteo.
«Visto inoltre che i contro-manifestanti fuorilegge sono tutti a favore dell’abbattimento dell’orsa Daniza – ha dichiarato Fucelli – unicamente e soltanto per motivi di incolumità pubblica dei frequentatori dei boschi (unico lieve ferito in 14 anni) senza prendere alcuna posizione anzi ignorando i circa 560 morti ed 840 feriti per mano dei cacciatori (per lo stesso periodo) è chiaro che si tratta esclusivamente di mera strumentalizzazione politica, di spartizioni di potere e denaro pubblico che vede come unico capro espiatorio l’orsa Daniza».
Fucelli conferma inoltre che per sabato 30 agosto è prevista a Pinzolo una nuova manifestazione
«Preso atto che il precedente corteo è stato interrotto e sospeso ingiustamente contro la nostra volontà , riorganizzeremo una nuova manifestazione a Pinzolo sabato 30 agosto ore 14 unitamente alle stesse associazioni. Inoltre in caso di autorizzazione negata faremo come i cittadini di Pinzolo e valligiani limitrofi che hanno ignorato tale disposizione. Continueremo ad oltranza affinchè l’orsa sia considerata il male minore»
(da “La Voce del Trentino“)
argomento: Animali | Commenta »
Agosto 24th, 2014 Riccardo Fucile
ORA SE LA PRENDE COL “CAPITALISMO DI RELAZIONE”, QUELLO DI CUI LUI E’ UN MODELLO
Matteo Renzi non è un politico, ma qualcosa di meno e di più: è come uno di quei guru americani che insegnano al pubblico pagante l’autocura, l’autostima, l’autoinganno.
Renzi vive in un mondo in cui basta sentirsi giusti, buttarsi e il resto viene da sè: quando uno si sente figo non ha nemmeno bisogno di essere coerente, perchè è lui stesso il miracolo che stavamo aspettando e ignora, per così dire, ogni contraddizione.
L’equivoco narrativo che ne scaturisce — un impasto di vecchi adagi recuperati nel salotto di Nonna Speranza, cronaca mal digerita e buona coscienza a prezzi di saldo — viene generosamente chiamata “visione”.
Ieri, per dire, la visione di Renzi è tornata a parlarci attraverso le anticipazioni di un’intervista rilasciata dal nostro a Tempi, settimanale dell’ala destra di Comunione e Liberazione: “In Italia è il momento di passare dalla logica del piagnisteo a quella della proposta”.
E poi? “Serve lo spirito del maratoneta” (ma solo se un italiano ha appena vinto gli Europei, mentre la generazione Balotelli può ormai andare a Liverpool o in qualche altro paese).
Che altro ancora? “Togliere il paese dalle mani dei soliti noti, quelli che vanno in tutti i salotti buoni a concludere gli affari di un capitalismo di relazione ormai trito e ritrito”.
Questa, dice lui, “è la rivoluzione culturale che serve all’Italia: spalancare le finestre e fare entrare aria nuova”.
Così, al settimanale di Cl, parlò l’ex portaborse di Lapo Pistelli, oggi sottosegretario. Ecco, a questo punto, uno dovrebbe ricordare al signor “Aria Nuova” che dalle sue finestre spalancate sarà uscito Paolo Scaroni, ma è entrata alla guida dell’Eni Emma Marcegaglia, ex presidente di Confindustria la cui azienda di famiglia — tra le altre cose — fu incidentalmente coinvolta anni fa nella consegna di mazzette a un manager del gruppo Eni.
Dalla finestra spalancata, ancora, è uscito Fulvio Conti, mentre Gianni De Gennaro, dalla sua poltrona, non ha sentito nemmeno un po’ di brezza mentre alzava il telefono per dare il benvenuto in Finmeccanica a Mauro Moretti, nome che ha un certo curriculum nelle aziende di Stato.
Gli strali contro “il capitalismo di relazione” poi, così cari all’amico e — forse — finanziatore Diego Della Valle (nessuna sorpresa: lo fu già di Clemente Mastella), sarebbero meno spiacevoli in bocca a uno che non avesse perpetuato, e largamente, “la politica di relazione”: le nomine di amici, sponsor e conoscenti — quasi tutti toscani — in governo, sottogoverno e aziende pubbliche col signor “Aria Nuova” hanno raggiunto livelli difficilmente riscontrabili nella storia della Repubblica.
Il Fatto Quotidiano, a inizio luglio, ne contò almeno 26 (e se ne contano di nuove): sono i valvassini del nuovo Granducato renziano.
Esempi? Quanti ne volete: Marco Seracini, commercialista e fundraiser del premier, è finito nel cda Eni; Alberto Bianchi, presidente della Fondazione Open (già Big Bang) e suo avvocato, è andato in Enel; l’amico e finanziatore Fabrizio Landi in Finmeccanica.
Questo solo per dare l’idea di che tipo di avversario si ritrova “il capitalismo di relazione” italiano.
Si porebbe, si diceva, ricordargli tutto questo per dire: “Da che pulpito?”. Sarebbe inutile.
Renzi non capirebbe la critica: non è in malafede, vive in una bolla in cui la sua limpida coscienza — unita a una rotonda capacità di rimozione del reale — è tutto ciò che basta al mondo, o almeno all’Italia, per rinascere a nuova vita.
Sempre da Tempi: “Solo l’atavica volontà di parte della classe dirigente italiana impedisce di prendere atto di una realtà : noi stiamo aiutando l’Europa, non è l’Europa che aiuta noi”.
Non è faccia tosta, è la visione. La stessa che gli ha consentito, venerdì, di commentare la situazione in Iraq con l’antico giovanilismo “tanta roba” senza nemmeno scoppiare a ridere o vergognarsi.
È la buona coscienza che ce lo conserva ragazzo, la buona coscienza che lo spinge nella sua lotta contro i gufi in particolare e i cattivi in genere, ancora la buona coscienza che gli consente di buttare il cuore oltre l’ostacolo e il cervello oltre la realtà .
Però — lo spiegò bene Giorgio Gaber parlando dei Radicali — con la coscienza bisogna stare attenti: “È come l’organo sessuale: o dà la vita o fa pisciare”.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Renzi | Commenta »
Agosto 24th, 2014 Riccardo Fucile
NELL’ESTATE DEL COATTO TRIONFANTE E DEI POLITICI CHE CONFONDONO IL KURDISTAN CON IL CARDIGAN, NESSUNA MERAVIGLIA CHE PRESIDENTE DEL PD SIA TALE MATTEO ORFINI, SPECIALISTA VOLTAGABBANA
Nell’estate del coatto trionfante, del presidente del Consiglio dei ministri che si prende a secchiate d’acqua per fare beneficenza a favore di telecamera e soprattutto a costo zero, delle ministre ritratte in retrospettiva col photoshop che fa quello che può, della riforma costituzionale in quattro e quattr’otto col trolley dietro la porta, delle vecchie armi arrugginite inviate ai curdi come le perline colorate agli indios e i farmaci scaduti agli africani, per giunta da parte di politici che confondono il Kurdistan col cardigan, va rovesciato il vecchio adagio “un popolo ha la classe politica che si merita”.
Semmai è vero il contrario: una classe politica ha il popolo che si merita.
I turisti italioti che sfoderano il pisello a Barcellona sono l’effetto collaterale degli auto-gavettoni e dei tweet tamarri del premier a base di “maddeche”.
Ve li immaginate De Gasperi, Einaudi, Togliatti, Fanfani, Moro, Berlinguer, Almirante, La Malfa che s’infradiciano d’acqua gelida su richiesta di Fiorello?
Poi uno si meraviglia se il presidente del maggior partito è Matteo Orfini, che non avrebbe sfigurato con Totò sul wagon-lit: “Onorevole lei, con quella faccia? Ma mi faccia il piacere!”.
L’altro giorno Orfini, nel penoso tentativo di nascondere il patto Pd-Berlusconi sulla giustizia, non ha trovato di meglio che twittare (comunica solo così, come i ragazzini ipnotizzati dall’iPhone): “I grillini rifiutano il confronto sulla riforma della giustizia… coi terroristi bisogna interloquire, ma guai a farlo col governo…”.
Solennissima sciocchezza, visto che Di Battista non s’è mai sognato di affermare che i 5Stelle debbano dialogare con l’Isis: semmai le diplomazie.
Renzi, altro compulsivo dell’hashtag, ha subito ritwittato l’orfinata, salvo poi accorgersi che era troppo grossa persino per i suoi standard.
Allora ha precisato che non era sua intenzione accusare la forza politica più votata in Italia nel 2013 di parlare solo coi terroristi.
Ma Orfini ha ribadito il concetto a Repubblica, che proprio non sapeva come riempire una pagina: “I 5Stelle vogliono aprire il dialogo con i jihadisti dell’Is e poi rifiutano di parlare col governo del loro paese”.
Non è ben chiaro che cosa c’entri un’analisi sul Medioriente con la presunta riforma della giustizia in Italia.
Ma la domanda è oziosa: le parole, per Orfini, sono riempitivi accidentali per dimostrare la propria esistenza in vita.
Alla tenera età di 40 anni, l’altro Matteo è già riuscito a essere dalemiano,bersaniano, giovaneturco e renziano.
Nell’aprile 2013 giurava: “Fra Marini e Rodotà scelgo Rodotà ”. Poi votò Napolitano. Larghe intese con B.? Giammai: “Un governo Pd-Pdl e senza Grillo è impensabile, non esiste in natura. Al governo con Berlusconi ero e resto contrario”. Poi votò il governo Letta, con B. e senza Grillo.
Il 26 agosto disse all’Unità : “Se il governo Letta cade non vedo altra strada che il voto”.
Poi Renzi iniziò la fronda a Letta e Orfini lo ammonì: “Basta provocare, faccia il segretario e la smetta con certe guasconate”.
Poi Renzi pugnalò Letta e prese il suo posto con l’appoggio di Orfini, promosso a presidente.
Lui che due mesi prima aveva votato Cuperlo contro Renzi, “sedotto dalle sirene liberiste di questi ultimi venti anni”.
Infatti — tuonava — “Renzi premier sarebbe una follia”, “è l’ultimo giapponese di una linea abbandonata in tutto il mondo”, “mi ricorda i Righeira e gli Europe, fa scelte estetico-musicali da paninaro.
La sua idea della politica spettacolo è figlia di quegli anni”. “È passato dalla rottamazione al riciclo. L’allegria con cui si passa da veltroniani a bersaniani a renziani senza provare a giustificare i propri cambiamenti è un male storico del Pd. E questa ipocrisia è un problema per chi si candida a cambiarlo: non si può pensare di rivoluzionare il Pd con Veltroni, Bettini, Franceschini e Fassino, che tentano di abbracciare chi è ritenuto il vincitore pur essendo l’opposto della rivoluzione di cui parla Renzi. Non si possono premiare opportunismo e trasformismo. Altrimenti portiamo nel nuovo partito tutti i vizi e i difetti del vecchio Pd. Renzi doveva cambiare il partito, ma forseilpartitohacambiatolui.L’abbracciomortale lo sta portando sempre più verso un patto di oligarchi”.
Mancava solo Orfini.
Poi è arrivato.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Partito Democratico, PD | Commenta »
Agosto 24th, 2014 Riccardo Fucile
OCCASIONE PERSA PER LA FECCIA RAZZISTA SUL WEB: SE FOSSE STATO UN IMMIGRATO AVREBBERO POTUTO DIFFONDERE ODIO PER UNA SETTIMANA
L’ha uccisa tagliandole la testa con una mannaia.
Poi, si è scagliato contro i poliziotti intervenuti nella villetta dell’Eur di Roma dove è avvenuto l’omicidio, che si sono difesi sparandogli.
L’uomo è morto poco dopo in ospedale. Il killer, biondo e con gli occhi chiari, è italiano — riporta la Repubblica — Federico P. di 35 anni, residente all’Ostiens. Indossava dei pantaloni mimetici, una t-shirt verde, un cinturone di corda stile militare, anfibi e occhiali tattici.
Non abitava nella villetta e la sua auto, un Chevrolet chiara – sempre secondo il quotidiano di Largo Fochetti — è stata trovata parcheggiata davanti al cancello.
Mentre la donna — secondo le prime informazioni — sarebbe una domestica brasiliana di 42 anni.
A chiamare il 113, intorno alle 10.45, sono stati alcuni vicini di via Birmania – una delle “zone bene” della Capitale — che hanno sentito grida e trambusto provenire dal seminterrato della villetta.
Giunti sul posto gli agenti, accompagnati dai vigili del fuoco, hanno trovato la porta dell’abitazione chiusa.
Una volta aperta, hanno trovato a terra il cadavere della donna e una lunga scia di sangue che conduceva a una tavernetta. Ed è qui che l’assassino si è scagliato contro gli agenti, quando sono scesi nel seminterrato.
L’uomo con in mano una mannaia insanguinata (quasi certamente la stessa utilizzata per uccidere la vittima) ha cercato di aggredire i poliziotti che a quel punto hanno sparato con la pistola d’ordinanza per bloccarlo.
Il killer è deceduto poco dopo all’ospedale Sant’Eugenio. Sulla vicenda indaga la squadra mobile, coordinata dal procuratore aggiunto Pier Filippo Laviani.
Un vigile del fuoco, sentito da la Repubblica, ha raccontato che ”quegli agenti hanno trattato a lungo con quell’uomo per farlo calmare, dicendogli di posare la mannaia insanguinata. Ma lui ci ha attaccati”.
argomento: criminalità | Commenta »