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IL BIG BANG DI RENZI DIVENTA UN FLOP: NE’ SCUOLA, NE’ EFFETTO 80 EURO, RINVIO RIFORMA GIUSTIZIA PENALE

Agosto 28th, 2014 Riccardo Fucile

LA GROSSA SORPRESA SULLA SCUOLA FORSE ERA IL RITIRO DELLA PROPOSTA?

La giornata era iniziata male, ed è finita peggio.
Al mattino sulla scrivania di Matteo Renzi erano piombati indicatori economici disastrosi. Nonostante i primi 80 euro siano già  arrivati nelle tasche degli italiani, le vendite al dettaglio sono rimaste inchiodate ai livelli precedenti all’elargizione del bonus renziano.
Il calo della fiducia delle imprese (dopo quella dei consumatori) e il più basso tasso di crescita dei salari dal 1982 completavano un quadro a tinte fosche.
Dati che, per il momento, smontano l’efficacia del bonus elargito a 11 milioni di italiani che nella narrazione di Palazzo Chigi sono stati descritti come panacea di molti mali.
E che, simbolicamente, arrivano sulla scrivania del premier mentre è intento a stirare insieme a Pier Carlo Padoan e Maurizio Lupi la risicata coperta da stendere sullo Sblocca Italia, il primo provvedimento economico di un certo peso varato dal suo esecutivo.
A sera, le nubi addensate sopra piazza Colonna deflagrano in un temporale.
“Sulla riforma della scuola vi stupirò”, aveva annunciato il premier al settimanale ciellino Tempi non più di qualche giorno fa. E la sorpresa c’è stata.
Prima la notizia che nessun decreto, ma solo le linee guida sarebbero approdate in Consiglio dei ministri.
Poi la giravolta: “La riforma della scuola slitta ad un Prossimo consiglio dei ministri — scrive all’ora di cena l’agenzia di stampa Tmnews – È quanto si apprende da fonti di Palazzo Chigi che assicurano: ‘È solo un rinvio per evitare di mettere troppa carne al fuoco, la riforma non salta’”.
Impossibile non notare la consequenzialità  del rinvio con l’incontro tra Renzi e Giorgio Napolitano, conclusosi appena un’ora prima.
Un colloquio lungo, protrattosi per un’ora e mezza, al termine del quale dal Quirinale si faceva sapere che il presidente era stato informato “sia sulla fase finale della preparazione dei provvedimenti sulla giustizia, sia sullo sblocco di procedure attuative delle misure per l’economia”.
Nemmeno un accenno alla scuola e a quella “sorpresa” da tempo annunciata dall’ex rottamatore.
Anzi, il rischio di “mettere troppa carne al fuoco” sottolineato dall’entourage del premier, è una preoccupazione che si attaglia assai più al vestito che si è cucito addosso l’inquilino del Colle che non a quello indossato abitualmente dal presidente del Consiglio.
Quest’ultimo poi, chiusa (o quasi) al ribasso la partita sullo Sblocca Italia – privato di tutte quelle norme che avrebbero richiesto l’impiego di ulteriori esborsi di denaro — si trova a dover gestire una complicata trattativa sulla giustizia.
Il Nuovo centrodestra è in fibrillazione: al partito di Angelino Alfano non è andato giù lo stralcio di alcuni punti del “pacchetto penale”, e ha alzato l’asticella per rilasciare il disco verde.
“O passano interamente sia la riforma del penale, sia la riforma del civile, o non ci stiamo”.
Un segnale di guerra a poche ore del varo, che ha costretto il premier a doversi intestare la mediazione finale. La bomba sarà  disinnescata facendo rientrare tutto in disegni di legge semplici, i cui tempi di approvazione e la cui emendabilità  durante l’iter parlamentare concedono ampi margini di tempo per trovare un punto di caduta.
Quello che era stato descritto come un “big bang”, il gran colpo per riaprire la stagione politica dopo la pausa estiva, per Renzi rischia così di trasformarsi in un flop.
Il premier sta lavorando contemporaneamente al dossier europeo: una vittoria sulla candidatura di Federica Mogherini sabato, unita alla conferenza stampa di avvio formale dei 1000 giorni prevista in calendario per lunedì, sono le contromisure previste per disinnescare quelle attese che sono in procinto di essere seccamente deluse.

(da “Huffingtonpost”)

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VA DESERTA LA GARA PER I RISTORANTI E BAR DELL’EXPO

Agosto 28th, 2014 Riccardo Fucile

SULLA CARTA E’ UN BUSINESS, VISTO CHE SFORNERA’ IL 25% DEI PASTI DEI 20 MILIONI DI VISITATORI PREVISTI… MA LE AZIENDE TEMONO DI NON RIENTRARE DELL’INVESTIMENTO

Sembra quasi un paradosso per l’Esposizione dedicata all’alimentazione, ma l’ultima grana da risolvere in casa Expo è proprio legata al cibo: per due volte, la gara lanciata per trovare chi gestirà  i ristoranti e i bar negli spazi comuni delle architetture di servizio è andata deserta.
Un business, sulla carta: quei futuri tavoli e banconi (oltre agli spazi con i sapori del mondo dei Paesi e a quelli di Eataly) dovrebbero sfornare il 25 per cento dei pasti dei venti milioni di visitatori attesi.
Ma non così tanto, evidentemente, da spingere una società  del settore a fare l’ultimo passo: impossibile trovare una quadratura economica con i potenziali concorrenti che dovrebbero pagare royalties e temono di non rientrare in sei mesi dell’investimento.
A questo punto, Expo vorrebbe passare a una sorta di trattativa diretta con chi si è fatto avanti inizialmente.
Una procedura su cui Raffaele Cantone, adesso, sarà  chiamato a dare un parere preventivo. Anche se il fronte più critico rimane quello del padiglione italiano.
È passato più di un mese da quando gli uomini di Cantone hanno aperto il dossier. Ma, ancora oggi, continua a essere l’Albero della vita l’opera più a rischio di Expo. Ancora troppi dubbi, ancora troppi chiarimenti che non sono arrivati.
Tanto che quello che dovrebbe essere il simbolo del padiglione italiano, un’installazione alta 35 metri in grado di ‘accendersi’ e prendere vita con spettacoli di luci e suoni, rimane congelata. Tutto rimandato.
Con la squadra di Diana Bracco che sta già  pensando a una versione semplificata e che, tra 10-15 giorni, dovrà  presentarsi per un altro esame.
“Ci sono una serie di problemi legati alla tipologia dell’appalto. Non hanno presentato una proposta contrattuale definitiva. C’è solo una lettera di intenti che prevede anche l’idea di una semplificazione”, ha spiegato il presidente dell’Anticorruzione.
Troppo generico, quel documento. Cantone si limita a parlare di molte “questioni aperte”. Ma lo scoglio più grande continuerebbe a essere il ruolo di Marco Balich. L’organizzatore di cerimonie di apertura di grandi eventi si è inventato l’Albero ed è diventato il consulente artistico del padiglione. Impossibile, però, pensare che possa seguire – ed essere pagato da uno sponsor – anche la progettazione. Serve una gara.
Per il capitolo dei lavori, invece, venerdì ci sarà  un incontro chiave.
Il cantiere per realizzare altre strutture lungo il cardo, il viale più corto di Expo, non è ancora partito.
L’Unione europea che realizzerà  lì il proprio padiglione ha lanciato un allarme. Ma i tecnici di Diana Bracco sono sicuri di farcela e proporranno una strategia: anche l’Ue dovrà  lavorare su più turni per completare gli allestimenti.
Ci sono anche altre questioni che Cantone sta affrontando. A cominciare dai ‘chiarimenti’ chiesti sulla convenzione che Expo ha firmato con Ferrovie dello Stato per far sedere Italferr nella ‘torre di controllo’ del cantiere.
“Vogliamo capire bene – ha spiegato il magistrato – come si chiudono tutti gli altri rapporti”. Italferr dovrebbe in pratica sostituire per molti compiti Infrastrutture Lombarde. Ed è proprio il rapporto con la società  della Regione che va risolto, superando le proteste dei vertici di Infrastrutture. Infine il ruolo di Fiera spa.
L’autorità  anticorruzione aveva già  frenato le ambizioni di Expo: nessuna corsia di emergenza ulteriore per gli affidamenti dei padiglioni tematici.
Adesso sul tavolo c’è un altro aspetto, però, quello legato ai servizi. E ancora una volta Cantone ha ribadito: “Non dovranno esserci affidamenti diretti.
Per le attività , Fiera spa potrà  svolgere solo una funzione di supporto”.
Qual è il punto? Expo vorrebbe che Fiera – che per mestiere si occupa di tutte le operazioni legate agli stand – affiancasse gli uomini di via Rovello nella governance dei servizi necessari per far girare giorno e notte quella macchina complessa che è la cittadella espositiva: dalla pulizia alla sicurezza.
Un ruolo che, però, dovrà  essere di supporto e su cui Fiera si è riservata di decidere.

Alessia Gallione

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PARTECIPATE, LA FANTASIA AL SERVIZIO DEGLI SPRECHI

Agosto 28th, 2014 Riccardo Fucile

DALLA MUNICIPALIZZATA MOLISANA PER “L’UOVO E IL POLLO” ALLE AREE MATILDICHE, FINO AL CIMITERO DI CESANO BOSCONE: LA VORAGINE CHE INGOIA I NOSTRI SOLDI

“Cerca gli amministratori? Ma quali amministratori, qui non c’è nessuno: nessun dipendente, nessun responsabile, nulla di nulla, manco più i polli”.
Benvenuti nel parossistico mondo delle partecipate.
Per arrivare a questa lapidaria risposta i vertici della Gestione agroalimentare molisana di Bojano (Campobasso) — interamente controllata dalla Regione, per sostenere l’avicoltura “dall’uovo al pollo” — ci hanno messo qualche anno: tre. Tutti scanditi da una corsa a tappe forzate verso il dissesto. Anno 2010: 200mila euro. Anno 2011: -8 milioni di euro. Anno 2012: -14 milioni. Il tutto, in cambio di un compenso intorno ai 140 mila euro l’anno, tra amministratori e sindaci revisori.
A novembre 2013, la nuova giunta vara il ricambio dei vertici: “Siamo certi — spiegò il presidente del Molise Paolo Di Laura Frattura — che coroneremo per il meglio il processo di exit strategy della Regione per il rilancio dell’azienda”.
Come? Concordato preventivo, lavoratori (274) in cassa integrazione a zero ore, fine delle attività .
La Regione, però, ha un piano per il rilancio, che co-finanzierebbe con 16 milioni di euro. Soldi pubblici. Di più non si può, perchè scatterebbe il divieto di aiuti di Stato dalla Ue.
“Cerchiamo di limitare i danni della dissennata gestione precedente – spiega al Fatto Frattura — aiutiamo la nuova società  a nascere, ma non ne faremo parte. Il nuovo amministratore prenderà  solo 50 mila euro lordi l’anno”.
Perchè creare un’azienda regionale di avicoltura? “È assurdo, ne convengo, ma è colpa della passata giunta”.
Un esempio su tutti di come in Italia vengono gestite le partecipate: 8.000 società  (10 mila per il Tesoro), buona parte in perdita, che spaziano dalle autostrade, agli aeroporti, dal trasporto pubblico agli impianti sciistici.
E poi ci sono hotel partecipati da Atenei, consorzi per la “valorizzazione delle aree matildiche” (da Matilde di Canossa, ndr), casinò, cimiteri.
Quello di Cesano Boscone, il paese che ospita la Sacra famiglia dove Silvio Berlusconi svolge i servizi sociali, è partecipato dal Comune, ed è in perdita.
Eppure è stato costruito con il project financing (I privati costruiscono ma lo Stato, alla fine, paga) .
Carlo Cottarelli ha diffuso la radiografia delle partecipate: delle 5.264 di cui è stato possibile ottenere un bilancio, 1.242 sono in perdita. Ecco un piccolo bestiario
SCI D’ALTA QUOTA
Seggiovie che portano gli enti giù nel burrone
Sciare costa caro alle regioni. A giudicare dai bilanci societari, quasi nessuna è riuscita a rendere profittevole la gestione degli impianti di risalita.
Chi fa peggio è il virtuoso Trentino-Alto Adige: si è svenato per tenere in piedi funivie e comprensori sparsi nelle sue vallate, partecipati anche dai Comuni e tutte in perdita.
Quello della Val di Non (spa) in perdita per 3,6 milioni (1,2 nel 2013). I debiti ammontano a 634 mila euro, e gli azionisti sono stati costretti ad attingere al capitale, che è stato di fatto azzerato a 50 mila euro (erano 375 mila).
Cosa ci hanno guadagnato i soci? 1.500 euro di utili nel 2013.
Ma la lista è lunga, si va dalla Nuova Panarotta della Valsugana (-537 mila euro nel 2012) alle seggiovie e sciovie di Val D’Ultimo (-840 mila), alle Funivie Trento, partecipate dal Comune per consentire agli sciatori di scendere dal Monte Bondone (-840 mila).
Quello nella riserva bianca di Limone Piemonte ha generato nel 2012 poco meno di un milione di euro di perdite. La Lombardia ha gli impianti Valdidentro in alta Valtellina, il Molise quelli di Campobasso (-392 mila euro)
BUS E METRO
I dirigenti record: pagati più di Barack Obama
È il vero pozzo senza fondo. Degli 1,2 miliardi di perdite complessive, stimate da Cottarelli, circa 300 milioni vengono da qui.
Decine di acronimi dietro i quali si nasconde un buchi di bilancio spaventosi.
Questa giungla viene alimentata dai contratti di servizio e dai trasferimenti di denaro per 16,5 miliardi di euro l’anno nel 2012, aumentati a 23,4 miliardi di euro nel 2013.
La romana Atac — dove diversi dirigenti guadagnano più di Barack Obama (nel 2013 il totale è 37 milioni di euro) e il sindaco revisore Renato Castaldo, noto per le denunce sulle ruberie nell’azienda, ha preteso e ottenuto di essere pagato il triplo dell’amministratore delegato — in poco più di una decade ha totalizzato circa un miliardo di euro di perdite e un deficit di 219 mila euro.
Anche l’altra romana, Cotral, non se la passa bene. Nel 2012 siamo a 14 milioni di perdite. Colpa di Atac — si giustifica l’azienda — che deve le deve circa 100 milioni di euro. Male anche la napoletana Ctp (210 milioni in sei anni). Ma da Verona, a Terni a Nuoro non si salva nessuno. In difficoltà  anche le ferrovie della Calabria (-2,7 milioni)
SENZA LIMITI
Dagli hotel alle Terme Perfino un autodromo
Il variegato mondo delle partecipate riserva sorprese incredibili.
Si scopre, ad esempio, che l’università  di Tor Vergata di Roma possiede il 5 per cento di un hotel nella zona della stazione centrale di Termini che nel 2012 ha perso 285 mila euro.
O che il quotidiano campano Il Denaro ha perso quasi mezzo milione di euro.
Perchè è nei numeri di Cottarelli? È partecipata dall’unione delle Camere di commercio della Campania, che sono enti pubblici a tutti gli effetti.
A Prato, la holding Società  terme e benessere, che gestisce diversi impianti di acque termali è partecipata dai Comuni limitrofi, e nel 2012 ha totalizzato 8,9 milioni di rosso, il 244 per cento del suo patrimonio.
La mano pubblica, però, arriva nei posti più impensabili — come l’autodromo del Veneto (-249 mila euro), la società  Matilde di Canossa in Toscana (-421 mila) o la Compagnia prodotti agricoli di Orbetello (-6 milioni su 7 di patrimonio) — e non ne esce più: il comitato Italia 150 a tre anni dalla fine dei festeggiamenti del 2011 conserva un patrimonio negativo per 3,6 milioni di euro.
Cosa fa? Non è dato saperlo.
TESTE TRA LE NUVOLE
Aeroporti, ogni decollo è un buco nel bilancio
La gestione degli scali si è rivelata complicata per gli Enti locali.
Non solo gli aeroporti spesso sono in perdita, ma lo sono anche le società  controllate che gestiscono i servizi di terra (handling), come il movimento bagagli.
L’Ue, però, considera questi ultimi “servizi soggetti a concorrenza” per cui le perdite non possono essere ripianate dalle controllanti, pena la procedura per “aiuti di Stato”.
Il caso eclatante è quello di Sea, la società  che gestisce gli scali milanesi, multata per 360 milioni di euro da Bruxelles.
L’aeroporto Gabriele D’annunzio di Montichiari (Lombardia) nel 2012 ha totalizzato 3,8 milioni di euro di perdite, a fronte di un patrimonio di circa la metà . Quello di Cuneo, si è fermato a un rosso di “soli” 1,3 milioni, quello di Alghero a 2,3.
Lo scalo “Valerio Catullo” di Verona Villafranca batte tutti con un passivo che nel 2012 si è attestato a 11 milioni di euro. Male anche Parma (-5 milioni), Palermo (-7), Lamezia Terme (-1,7) etc. Sull’handling va anche peggio, quello dell’aeroporto di Caselle Torinese (Sagat) vanta un passivo di 400 mila euro, che non potrà  essere coperto da nessuno
ROULETTE ROSSA
Quando il Comune vuole fare il croupier
Per quanto possa sembrare inopportuno, da un lato, i comuni gestiscono campagne di sensibilizzazione contro le ludopatie, dall’altro però, conservano partecipazioni, gestiscono casinò. Per giunta, in perdita.
Il podio se lo aggiudica la Cmv di Venezia, che ha un buco di 20,3 milioni di euro (il più elevato tra quelli censiti da Cottarelli) e gestisce il casinò di Venezia, che dal 2010 ha perso 53 milioni (il 12 per cento del totale dei ricavi).
Quello di Campioni d’Italia, invece, è partecipato a maggioranza dall’omonimo Comune, dalle province e dalle Camere di Commercio di Como e Lecco: in quattro anni ha perso 23 milioni (7,38 per cento) e la città  si è vista scendere i proventi a 34 milioni (dai 51 del 2011).
Nel bilancio 2013, la società  spiega che, per quanto in perdita, la gestione pubblica ha permesso alla società  di macinare meno perdite dei concorrenti privati.
Per acquisire questa magra consolazione, il direttore generale percepisce 311.658,53 euro l’anno, che dovranno scendere a 240 mila per effetto del tetto imposto dal governo. Perfino la virtuosa regione autonoma della Val d’Aosta ne controlla (al 100 per cento) uno, ma fa meglio: solo 18 mila euro di perdite
TRA GLI STAND
Non solo Roma, le fiere della cattiva gestione
In Italia se ne contano a decine, molte delle quali hanno toccato il fondo nel 2012, a causa della crisi nera in cui è sprofondato l’intero comparto.
Il guaio è che quasi tutte sono partecipate dalle Regioni o dai Comuni, e sono in rosso. Il caso più eclatante è la fiera di Roma (realizzata durante l’era Veltroni): il buco è di 15,7 milioni e a oggi, nel vuoto pneumatico in cui versano spesso i padiglioni si cercano inutilmente acquirenti. Si dalla Firenze fiera spa (-1,7 milioni) a quella di Forlì (-206 mila), da quella di Bergamo (-230 mila) a Padova (-653 mila) e Rimini (-569 mila).
Ma la lista è sterminata. Praticamente tutti i vertici sono di nomina politica e a ogni cambio di giunta vengono decapitati, con l’effetto di assolvere quasi tutti per le inefficienze collezionate nella vecchia gestione.
Tutto per compensi elevati. In passato ha fatto scandalo quella di Parma (nel 2010 l’ad si portò a casa 200 mila euro, 120 mila di premio).
A Roma, i salari dei 75 dipendenti rimasti sono scesi a 700 euro mensili.
Nessun sacrificio, invece, per i vertici.
Dulcis in fundo, la fondazione per il libro di Torino, che ospita il blasonato salone internazionale del libro: 1,5 milioni di perdite.

Carlo Di Foggia
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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SBARCHI PROFUGHI, VINCE L’IPOCRISIA: NIENTE PIU’ SOCCORSI IN ACQUE INTERNAZIONALI

Agosto 28th, 2014 Riccardo Fucile

O USERANNO IMBARCAZIONI PIU’ GRANDI E ALLORA ARRIVERANNO LO STESSO, O LI LASCEREMO AFFOGARE FUORI DALLE NOSTRE ACQUE TERRITORIALI: CI VOLEVA ALFANO PER PROPORRE UNA SOLUZIONE DEL GENERE… NESSUNO CHE PARLI DI CAMPI DI ACCOGLIENZA IN LIBIA E AMMISSIONE CONCORDATE NEL NUMERO

Il vertice di ieri a Bruxelles tra il ministro dell’Interno Angelino Alfano e il commissario Ue agli Affari interni Cecilia Malstroem s’è concluso con la decisione che il pattugliamento del Mediterraneo, nel Canale di Sicilia, sarà  fatto sotto la regia dell’Ue, con un’operazione che si chiamerà  “Frontex Plus” che partirà  alla fine di novembre.
La novità  consiste nel fatto che la missione Ue non si spingerà  più in acque internazionali.
«A ”Frontex Plus – spiega Michele Cercone, portavoce della Malstroem – spetta la sorveglianza delle frontiere, quindi si articolerà  all’interno delle acque marittime italiane (ed in questo caso anche europee), diversamente da Mare Nostrum che si estende anche in acque internazionali ».
L’operazione europea, in sostanza, non si spingerà  più in acque internazionali incontro ai barconi per soccorrerli, ma aspetterà , ammesso che tutte ci arrivino, che si avvicinino e interverrà  solo quando questi entreranno in acque italiane.
Le regole di ingaggio di Frontex-plus, fanno sapere i vertici del Viminale, non saranno più, dunque, quelle di Mare Nostrum che ha una finalità  umanitaria: evitare il più possibile le morti durante la traversata dalle coste libiche alle nostre.
Le navi di Mare Nostrum, oggi, non appena intercettano una “carretta del mare” anche in acque internazionali, le vanno incontro, soccorrono i migranti, li ospitano a bordo e li trasportano in Italia.
«“Frontex Plus” – fanno sapere i vertici del Viminale – avrà  un compito diverso, quello istituzionale, ovvero il pattugliamento delle frontiere di mare a Sud dell’Europa».
E se incontrerà  un’imbarcazione di migranti? «Si applicheranno le regole del diritto del mare». “Frontex Plus” non andrà  incontro ai migranti per soccorrerli. Ma ripristinerà  il protocollo vigente prima della missione umanitaria. Prima di Mare Nostrum si aspettava l’avvicinamento dei barconi alle coste. Malta e l’Italia coordinavano i soccorsi ordinando alle navi mercantili di passaggio più vicine le operazioni di primo soccorso.
L’accordo di ieri, tuttavia, è solo l’inizio.
Nei prossimi giorni sarà  spedita una lettera a firma Alfano- Malstroem indirizzata a tutti gli Stati membri per invitarli a partecipare, in base al principio della solidarietà , con navi, mezzi e soldi a questa nuova operazione.
«Lavoreremo – sottolinea il sottosegretario Sandro Gozi – affinchè tutti i Paesi Ue manifestino la loro solidarietà  ».
E sarà  un lavoro diplomatico delicato visto che, come rivela la stessa Malstroem, «dei 28 Stati membri dell’Ue, solo 10 accettano profughi in cifre importanti».

Alberto Custodero
(da “La Repubblica”)

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INTERVISTA AL PROF. MAURO BOVE: “PROCESSO CIVILE: SOLO DEMAGOGIA, DAL GOVERNO SOLUZIONI GIA’ FALLITE”

Agosto 28th, 2014 Riccardo Fucile

IL DOCENTE DI PROCEDURA CIVILE: “NON E’ COSI’ CHE SI VELOCIZZANO LE CAUSE, SERVONO CORAGGIO E RISORSE”

“Non è con le norme pro ­ces ­suali che si velo ­ciz ­zano i tempi della giu ­sti ­zia civile».
Alla vigi ­lia della pre ­sen ­ta ­zione della «tera ­pia d’urto» di Renzi e Orlando, un gruppo di giu ­ri ­sti e pro ­fes ­sori di pro ­ce ­dura civile – Mauro Bove (Peru ­gia), Augu ­sto Chiz ­zini (Cat ­to ­lica di Milano), Marco De Cri ­sto ­faro (Padova), Ser ­gio Men ­chini (Pisa), Elena Mer ­lin (Sta ­tale di Milano) e Giu ­seppe Mic ­co ­lis (Salento) – scrive al mini ­stro della giu ­sti ­zia e lan ­cia un allarme: la cura che state per som ­mi ­ni ­strata alla giu ­sti ­zia civile è, ancora una volta, quella sba ­gliata.
Pro ­fes ­sor Bove, a suo giu ­di ­zio cosa non va nel pac ­chetto con il quale Orlando vuole dimez ­zare i tempi del pro ­cesso civile di primo grado?
Quasi tutto. Basta par ­tire dai fon ­da ­men ­tali: fare un pro ­cesso signi ­fica con ­sen ­tire a un giudice di accer ­tare dei fatti e appli ­care il diritto nel con ­trad ­dit ­to ­rio tra le parti. Ecco che i tempi più o meno lun ­ghi non dipen ­dono dalle regole del pro ­cesso, ma dall’organizzazione, dal ritmo che si rie ­sce a dare alle udienze. La con ­tro ­prova: i nostri codici non sono tanto diversi da quelli di altri paesi euro ­pei.
Ma in Ger ­ma ­nia il pro ­cesso di primo grado dura otto mesi e in Ita ­lia cin ­que anni. Per ­chè?
La prima ragione è che i magi ­strati ita ­liani hanno ruoli inso ­ste ­ni ­bili. Come fa un giu ­dice a stare die ­tro a cen ­ti ­naia e cen ­ti ­naia di cause di arre ­trato? Non può. I magi ­strati sono pochi e le cause sono troppe.
Infatti il governo punta a ridurle incen ­ti ­vano i rimedi stra ­giu ­di ­ziali, gli arbi ­trati e le nego ­zia ­zioni
Si tratta di dema ­go ­gia allo stato puro. Gli arbi ­trati esi ­stono già , eppure nes ­suno o quasi nes ­suno sce ­glie di rinun ­ciare alla causa. Pro ­blema cul ­tu ­rale, e pro ­blema che ha a che fare con le cen ­ti ­naia di migliaia di avvo ­cati che le facoltà  di giu ­ri ­spru ­denza sfor ­nano ogni anno. Non ser ­virà  al governo inven ­tare nuove for ­mule. Le camere di com ­mer ­cio offrono già  ser ­vizi ottimi, ma invano: gli arbi ­trati non decol ­lano. E la Corte Costi ­tu ­zio ­nale ha chia ­rito che si pos ­sono fare solo con il con ­senso delle parti. Quindi siamo di fronte a uno spot, fatto magari per dare l’impressione in Europa che fac ­ciamo le riforme, quando in realtà  si tratta di puro con ­ser ­va ­to ­ri ­smo.
Vale a dire?
Vale a dire che si riper ­cor ­rono strade già  bat ­tute. Nell’ultimo quarto di secolo le norme pro ­ces ­suali sono state stra ­volte in con ­ti ­nua ­zione, da governi di destra e di sini ­stra. Si è cam ­biato tutto: il pro ­cesso di primo grado, i fil ­tri all’appello, il pro ­cesso in Cas ­sa ­zione, l’esecuzione. Tutto inu ­tile. Per ­chè non è que ­sta la strada. Ripeto: biso ­gna inter ­ve ­nire sull’organizzazione.
Per farlo ser ­vi ­reb ­bero risorse, men ­tre sulla pro ­ce ­dura si inter ­viene a costo zero.
È cer ­ta ­mente così, ma non è solo così. Ci sono riforme che non costano, anzi pro ­dur ­reb ­bero un rispar ­mio. Ad esem ­pio l’abolizione della distin ­zione tra giu ­dice ammi ­ni ­stra ­tivo e giu ­dice civile, così come pro ­pone Magi ­stra ­tura demo ­cra ­tica. Sarebbe uno scelta sacro ­santa, che peral ­tro aveva già  indi ­cato Cala ­man ­drei in Costi ­tuente.
Ma il governo dovrebbe avere il corag ­gio di rot ­ta ­mare Tar e Con ­si ­gli di Stato. Ce l’ha?
Non credo, e allora con ­ti ­nue ­remo con una massa di con ­tro ­ver ­sie in cui si litiga per anni solo per capire chi è il giu ­dice com ­pe ­tente, ammi ­ni ­stra ­tivo o ordi ­na ­rio.
Altro esem ­pio?
Per quale motivo in Ita ­lia non si può fare un vero albo degli avvo ­cati cas ­sa ­zio ­ni ­sti, dove si accede per con ­corso e non più per anzia ­nità ? È così in altri paesi euro ­pei, dove chi difende in Cas ­sa ­zione non può inter ­ve ­nire nel tri ­bu ­nale di merito. Solo in que ­sto modo si darebbe un con ­tri ­buto enorme allo smal ­ti ­mento del pesante arre ­trato della Cas ­sa ­zione. Biso ­gne ­rebbe però che qual ­che poli ­tico corag ­gioso affron ­tasse gli avvocati.

Andrea Fabozzi

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“ECONOMIST” E RENZI CON IL CONO GELATO: “QUELLA SENSAZIONE DI AFFONDARE (DI NUOVO)”

Agosto 28th, 2014 Riccardo Fucile

IL SETTIMANALE BRITANNICO SPIEGA CHE “L’EURO POTREBBE ESSERE CONDANNATO SE I LEADER DEI MAGGIORI PAESI NON TROVERANNO IL MODO DI RIMETTERE A GALLA L’ECONOMIA”… DRAGHI E’ L’UNICO CHE TENTA DI SALVARE LA BARCA
Una barchetta fatta con un banconota da 20 euro che rischia di affondare.
A bordo Matteo Renzi che tiene in mano un gelato e davanti a lui, a prua, Francois Hollande che scruta l’orizzonte e una soddisfatta Angela Merkel.
A poppa, Mario Draghi che cerca di svuotare lo scafo dall’acqua che lo sta sommergendo.
E’ la copertina con cui l’Economist lancia l’allarme sui nuovi rischi per l’economia dell’Unione e la stabilità  dell’euro, dopo “l’illusione” di essere riusciti a superare la tempesta.
“Nelle ultime settimane i paesi dell’eurozona hanno ricominciato a fare acqua”, scrive il settimanale economico nell’editoriale che dà  il titolo alla copertina,
“Quella sensazione di affondare (di nuovo)”.
“Se Germania, Francia e Italia non riusciranno a trovare il modo di rimettere a galla l’economia dell’Europa, l’euro potrebbe essere condannato”, avvisa il giornale britannico.
“Le cause profonde dei nuovi malanni dell’Europa sono tre problemi ben noti e correlati” scrive l’Economist, riferendosi alla mancanza di leader con il “coraggio per le riforme”, ad un’opinione pubblica ancora non “convinta della necessità  di cambiamenti radicali e ad un “sistema monetario e di bilancio troppo rigido”.
Quanto a Draghi, “nonostante i suoi sforzi la cornice di politica monetaria e fiscale è troppo restrittiva e soffoca la crescita”.

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GAFFE DI ALFANO CON MALMSTROM CENSURATA SUL SITO DELLA PRESIDENZA ITALIANA DELL’UE

Agosto 28th, 2014 Riccardo Fucile

SBAGLIA GROSSOLANAMENTE LA PRONUNCIA IN INGLESE E VIENE CORRETTO DALLA COMMISSARIA UE

Inglese, questo sconosciuto.
Almeno per i politici italiani che non si risparmiano in gaffe.
Così dopo la “supercazzola” del premier Matteo Renzi dello scorso 8 luglio scorso, è la volta della figuraccia del ministro dell’Interno, Angelino Alfano.
Ieri, 27 agosto, volato a Bruxelles per incontrare il Commissario Ue agli Affari Interni Cecilia Malmstrom e discutere di immigrazione si è scusato con lei per il ritardo con cui era arrivato all’appuntamento, spiegando che era tutta colpa del “uaind” che aveva rallentato le operazioni di atterraggio dell’aereo.
Gaffe macroscopica ripresa in un video, dove si ascolta la Malmstrom correggere proprio la pronuncia di Alfano e dire “wind!”.
Macchietta che, tuttavia, non potrà  essere vista da tutti gli europei che decidessero di andare sul sito della Presidenza del Consiglio dell’Unione europea di cui l’Italia dal 1° luglio ha assunto la gestione.
Nel video pubblicato, che riprende l’incontro tra Malmstrom e Alfano, la scena incriminata è stata infatti tagliata proprio nella parte in cui il Commissario corregge Alfano.
Meglio ricordare che il portale riporta chiaramente nelle note legali che “i contenuti del sito (documenti e relative immagini) possono essere utilizzati, copiati e distribuiti solo dietro permesso scritto (o egualmente valido a fini legali) della Presidenza del Consiglio dei Ministri”

(da “il Fatto Quotidiano“)

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AL PREMIO SCIASCIA ARRIVA FINALISTA UN KILLER DI MAFIA E UN GIURATO SI DIMETTE

Agosto 28th, 2014 Riccardo Fucile

GASPARE AGNELLO NON CI STA: “NO AI ROMANZI SCRITTI DA MAFIOSI, UN’OFFESA ALLA MEMORIA DI SCIASCIA”

Dei libri bisognerebbe prendere in considerazione soltanto la qualità  letteraria o anche la biografia degli autori?
L’eterna questione torna vigorosa per il Premio Sciascia, poichè tra i finalisti è incluso un killer di mafia.Per questo motivo uno degli storici giurati, Gaspare Agnello, ha deciso di dimettersi.
In corsa per la vittoria dell’evento fondato nel 1980 dall’autore del Giorno della civetta, c’è infatti “Malerba”, scritto a quattro mani dal giornalista Carmelo Sardo e dal capo della Stidda Giuseppe Grassonelli, detenuto, condannato all’ergastolo e con in tasca una laurea in Lettere. Nel testo il boss racconta la sua vita e ammette i suoi tragici errori.
A contendersi il premio, oltre a Salvatore Falzone (“Piccola Atene”), c’è Caterina Chinnici (“E’ così lieve il tuo bacio sulla fronte”), figlia del giudice Rocco, ucciso dalla mafia.
Le votazioni finali sono fissate per domenica.
“Io e Giuseppe Grassonelli siamo felici e immensamente orgogliosi. Comunque vada per noi è già  un successo”, scrive Sardo su Facebook.
Alla fine del libro lo stesso Grassonelli si rivolge al lettore spiegando che ha sbagliato, ma che dopo venti anni di carcere è cambiato e chiede una nuova opportunità .
L’ormai ex giurato Agnello spiega la sua decisione: “E’ possibile che un ergastolano che si è macchiato di crimini efferati partecipi a un premio letterario di cui sono stati protagonisti Sciascia, Consolo e Bufalino?”.
La risposta è: “Io penso di no perchè il libro racconta la verità  di Grassonelli che non è neppure collaboratore di giustizia e che le sue vittime non possono contestare”.
E ancora: “Grassonelli tenta una velata giustificazione delle sue azioni che continua a chiamare atti di guerra e non assassinii di mafia. Ciò lancia una cattiva luce sul libro. E dargli il premio, nato come strumento culturale di riscatto del Sud, ma che da oggi non può più fregiarsi del nome di Sciascia, sarebbe un’offesa alla tante vittime. Che sconfitta per la cultura…”.

(da “Huffingtonpost“)

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RIMBORSI LOMBARDIA, LEGHISTI ACCUSATI DI DANNO ERARIALE, C’E’ ANCHE RENZO BOSSI

Agosto 28th, 2014 Riccardo Fucile

CONTESTATI 100.000 EURO PER SPESE ESTRANEE AL MANDATO AL FIGLIO DEL SENATUR, MONICA RIZZI, COLLA E FROSIO… A RENZO BOSSI PER 20.000 EURO ANCHE PER MOJITO E NEGRONI IN LOCALI MILANESI

Centomila euro di danno erariale alla Regione Lombardia da parte di Renzo Bossi e altri tre ex consiglieri della Lega Nord: Monica Rizzi, Jari Colla, Giosuè Frosio.
E’ la contestazione della Procura regionale della Corte dei conti, comunicata in una nota ufficiale, in seguito all’esito di nuove indagini dirette dal procuratore regionale Antonio Caruso e dai sostituti Luigi D’Angelo e Alessandro Napoli, e condotte dalla Guardia di Finanza di Milano.
Il filone è quello dei cosiddetti “rimborsi facili” delle spese da considerarsi “del tutto estranee al mandato consiliare e spesso palesemente attinenti a interessi personali del singolo consigliere”, si legge nella nota della Procura.
L’indagine segue precedenti contestazioni per oltre un milione di euro riferite agli stessi illeciti contabili relativi alle legislature 2008-2012, per in quali sono aperti procedimenti penali in Tribunale a Milano.
Tra i destinatari delle imputazioni di responsabilità  per danno erariale vi sono, “oltre ai singoli consiglieri regionali beneficiari dei rimborsi indebiti, anche i presidenti dei gruppi consiliari, cui è affidato il compito e la responsabilità  circa la gestione dei fondi pubblici attribuiti ai gruppi”.
Il procuratore della Corte dei Conti, negli inviti a dedurre inviati ai quattro consiglieri contesta in particolare a Renzo Bossi un danno erariale di circa 20mila euro.
Agli altri tre politici, il consigliere del Pirellone Jari Colla e gli ex consiglieri Giosuè Frosio e Monica Rizzi, i pm contabili contestano invece presunti rimborsi illeciti con i soldi del gruppo consiliare per circa 80mila euro in totale.
La maxi-indagine della Corte dei Conti lombarda sui rimborsi da parte dei gruppi regionali nel periodo 2008-2012 è distinta da quella penale, coordinata dalla Procura di Milano, che dopo l’estate dovrebbe chiedere il rinvio a giudizio per oltre 60 ex consiglieri.
A Renzo Bossi, figlio del Senatur e che si era dimesso dalla carica di consigliere dopo che era emerso il presunto scandalo sui fondi del Carroccio, la Procura di Milano ha contestato rimborsi illeciti per oltre 22mila euro, tra cui anche soldi pubblici che avrebbe speso per bere “Mojito, Campari e Negroni” in un locale milanese.
Anche l’inchiesta della Corte dei Conti, che riguarda i profili di danno erariale (circa 3 milioni di euro in totale), coinvolge una sessantina di ex consiglieri e tra maggio e giugno scorso si sono aperti i primi processi davanti ai magistrati contabili per alcuni ex rappresentanti del Pirellone, tra cui anche Nicole Minetti.
Dopo gli inviti a dedurre, c’è ancora la possibilità  di presentare memorie e anche di risarcire il danno senza arrivare a processo.
A fine luglio, tra l’altro, sono arrivate le prime sentenze che hanno riconosciuto la responsabilità  erariale per Fabrizio Cecchetti, vicepresidente del Consiglio Regionale, e per l’ex capogruppo del Carroccio Stefano Galli.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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