Agosto 4th, 2014 Riccardo Fucile
DA CAPOSCOUT PERSE LA STRADA DEL RITORNO E TUTTI DOVETTERO PASSARE UNA NOTTE ALL’ADDIACCIO …. CHIUDERA’ IL TRADIZIONALE APPUNTAMENTO DE “LA ROUTE”
Un grande prato verde, come quello della canzone di Gianni Morandi. 33 mila giovani dai 16 ai 21 anni che, dopo aver attraversato l’Italia lungo sentieri simbolici (Vajont, Casal di Principe, Piana degli Albanesi), si danno appuntamento nel parco regionale di San Rossore, in provincia di Pisa, per la Woodstock cattolica.
Ospite d’onore: il loro «fratello maggiore» inquilino di Palazzo Chigi, in libera uscita per un giorno dal «redde rationem» romano.
E così sabato prossimo, nel pieno della battaglia per la riforma del Senato, Matteo Renzi chiuderà la «Route» che per quattro giorni radunerà gli scout.
Un ritorno alle origini che ai maligni suona come un maxi-spot dall’ambientazione «celeste», antitetica allo zolfo del Palazzo.
L’ossigeno del terzo settore invece dei veleni della politica.
Anche il tema è in linea: «Vivere il presente, scrivere il futuro». Lo scout più famoso d’Italia , «a meno di un cataclisma », ci sarà : «Come potrebbe perdersi la Route nazionale, tra l’altro nella sua regione?», spiega il deputato ed ex vicepresidente della Toscana, Federico Gelli, scout come Renzi.
Zaino in spalla, fazzolettone al collo e scarponi ai piedi.
Le vie dello scoutismo sono infinite. Palazzo Borromeo, ricevimento per i Patti Lateranensi.
I giornalisti domandano al Segretario di Stato, Pietro Parolin se conosce Renzi. «Sono stato assistente ecclesiastico degli scout e dunque può essere che in passato l’abbia incontrato», sorride il premier vaticano.
Cinque mesi dopo è il presidente del Consiglio a riannodare i fili dell’appartenenza all’Agesci, la «meglio gioventù del Papa» nella quale si sono formati lui e la moglie Agnese.
L’occasione è apparsa propizia. per chi è stato anche caporedattore di «Camminiamo insieme», la testata dell’Agesci.
«Di quell’esperienza ricordo il valore della lealtà e il principio di legalità – rievoca Renzi -. Lì ho imparato ad affrontare le sfide più difficili: la strada si apre quando è in salita». Insomma «senso della comunità , socialità , stare insieme».
In verità i suoi amici scout ricordano ancor oggi quando da guida, Renzi si perse con un gruppo di ragazzi nei boschi della Garfagnana, costringendo tutti a passare la notte all’addiaccio e a cantare per scacciare i cinghiali.
Non ne azzeccava una già allora.
Renzi ha mantenuto rapporti «molto stretti» con i suoi vecchi amici scout: «Le mie relazioni più care vengono da lì e mia moglie fino al 2007 è stata nella comunità capi». Insomma «questo è il mio mondo», confida a Vita.it.
Efficace scuola anche di politica: «Le nostre associazioni nascondono meccanismi politici».
Perciò cita uno slogan della Route scout del 1997: «Siamo donne e uomini, non solo gente e io mi impegno senza pretendere che gli altri si impegnino».
Giacomo Galeazzi
argomento: Renzi | Commenta »
Agosto 4th, 2014 Riccardo Fucile
ECCO I TRUCCHI UTILIZZATI DAI 1.900 EVASORI TOTALI…. LE METE: ISOLE VERGINI, OLANDA E BERMUDA… FINTE RISTRUTTURAZIONI PER 700 MILIONI DI EURO
Vanno alle Isole Vergini e alle Bermuda, ma passano anche per l’Olanda e il Delaware.
Ovunque, pur di non pagare.
È inarrestabile il flusso di capitali occultati all’estero che ha fatto scattare l’entità dell’evasione a livelli impressionanti: un miliardo e 400 milioni di tasse non pagate in appena diciotto mesi.
Soldi nascosti al Fisco attraverso operazioni di «esterovestizione» grazie al trasferimento di residenze e sedi di società in quei «paradisi» europei e sudamericani ormai diventati mete preferite di piccoli imprenditori e liberi professionisti.
È l’ultima frontiera di chi tenta di sottrarsi ai controlli, ma non è l’unica.
Altro versante «caldo» è quelle delle operazioni immobiliari e delle ristrutturazioni che ha consentito di accertare un mancato versamento delle imposte pari a quasi 700 milioni di euro.
Sommato alle altre verifiche «mirate» compiute dagli specialisti della Guardia di Finanza dal primo gennaio 2013 al 30 giugno scorso si tocca la cifra record di 3 miliardi e 800 milioni di euro già contestati dall’Agenzia delle Entrate.
Un «buco» nei conti dello Stato che si sta cercando di sanare anche tenendo conto che la correzione complessiva dei conti sul 2015 dovrebbe essere di circa 16 miliardi tra tagli di spesa e recupero dei soldi non versati dai contribuenti.
Ci sono già state 270 proposte di sequestro di beni per un totale di 700 milioni di euro. Il rapporto delle Fiamme Gialle elenca sistemi e luoghi dove finiscono i fondi evidenziando i metodi apparentemente semplici utilizzati da 1.900 evasori totali e altre migliaia di cittadini che hanno versato soltanto una minima quota dei propri guadagni.
Residenze all’estero e «treaty shopping»
Sono 19 i progetti di interventi mirati effettuati nell’ultimo anno e mezzo dai finanzieri per combattere l’evasione fiscale, seguendo la direttiva del comandante generale Saverio Capolupo che impone «un’analisi di rischio basata sull’incrocio delle informazioni nelle banche dati all’attività di intelligence svolta sul territorio». Il risultato ha fatto concentrare le verifiche del Nucleo Speciale Entrate sulle operazioni effettuate all’estero.
«Il progetto “Planet” – è scritto nel dossier – esamina in particolare i principali sistemi di evasione». Sono sei i metodi utilizzati: «L’“esterovestizione” della residenza fiscale di persone fisiche oppure delle società ; la stabile organizzazione occulta di tipo personale e materiale; il cosiddetto treaty shopping con l’abuso delle agevolazioni previste dalle direttive comunitarie; gli acquisti effettuati presso operatori situati in Paesi o territori a fiscalità privilegiata; la delocalizzazione dei redditi in Paesi a fiscalità privilegiata attraverso società collegate o controllate; l’utilizzo dei “trust”».
Vergini e Bermuda passando per l’Olanda
Mete preferite per le operazioni di «esterovestizione» e la stabile organizzazione sono il Lussemburgo e Olanda; stesse destinazioni vengono scelte per chi effettua il treaty shopping , anche se le Isole Bermuda e le Isole Vergini britanniche, sono risultati gli Stati dove è stato rintracciato il maggior numero di «azionisti di riferimento e quindi destinatari ultimi dei flussi di passive income ».
Nell’elenco dei finanzieri un posto di rilievo lo occupano anche il Delaware e il Costa Rica dove sono state scoperte numerose operazioni illegali.
«Numerosi cittadini italiani – sottolinea il rapporto – si sono cancellati dall’anagrafe della popolazione residente in Italia per emigrare in Paesi a fiscalità privilegiata. In realtà avevano mantenuto la titolarità della partita Iva, la rappresentanza legale di società aventi sede in Italia, la presenza del nucleo familiare e la disponibilità di immobili e utenze» e ciò ha consentito di far scattare la denuncia per il recupero delle tasse non pagate.
Accertamento simile è scattato nei confronti di quelle società che risultavano «non residenti» ma in realtà «controllavano oppure erano controllate da società italiane; erano amministrate da un Cda composto in prevalenza da consiglieri residenti in Italia».
Grandi marchi e piccole imprese
Tra le imprese finite sotto osservazione e poi segnalate all’Agenzia, c’è chi ha «fittiziamente localizzato la residenza fiscale di alcune società all’estero e poi rimpatriate in Italia».
Altri metodi sono quello del transfer pricing, il trasferimento di beni e servizi tra imprese di uno stesso Gruppo residenti in Stati diversi, oppure «gli interessi corrisposti, in regime di esenzione, ad una consociata comunitaria ma con un beneficiario che in realtà era localizzato in un paradiso fiscale».
Sono metodi applicati in passato da grandi marchi ma l’attività svolta dalla Guardia di Finanza dimostra come lo stesso sistema sia stato utilizzato da centinaia di imprese più piccole con effetti gravi per l’economia italiana: 103 sono gli evasori totali individuati in un anno e mezzo, per un’elusione fiscale che sfiora il miliardo e mezzo di euro.
Molti hanno effettuato operazioni illecite all’interno dell’Unione Europea utilizzando due sistemi che portano a società residenti in uno Stato membro con fiscalità agevolata.
Il primo prevede «il versamento dei dividendi a società controllanti che sono all’estero», il secondo passa invece per il «pagamento degli interessi e dei canoni a consociate sempre che abbiano la sede fuori dall’Italia»
Case comprate e ristrutturate «in nero»
Un intero capitolo del rapporto è dedicato al «settore delle compravendite immobiliari, delle connesse intermediazioni nonchè delle ristrutturazioni e riqualificazioni energetiche del patrimonio edilizio».
L’indagine si è concentrata sia sugli acquisti compiuti dai titolari di partita Iva, sia sui bonifici bancari e postali effettuati dai committenti.
I risultati «confrontati con le risultanze delle dichiarazioni all’Anagrafe Tributaria, hanno fatto emergere attività d’impresa totalmente sconosciute al Fisco e altre che hanno dichiarato redditi inferiori al reale».
Sono 1.304 gli evasori totali, cioè che non hanno versato neanche un euro di tasse pur avendo effettuato decine di interventi.
Tra loro anche numerosi mediatori immobiliari che hanno percepito «in nero» il compenso per la trattativa tra acquirente e venditore.
E poi ci sono coloro che hanno dichiarato cifre molto più basse di quelle realmente spese per acquisire appartamenti, ville, interi stabili o terreni. Ma soprattutto hanno denunciato soltanto una minima parte degli importi versati per i lavori di ammodernamento.
All’opposto c’è chi ha dichiarato costi superiori a quelli effettivamente sostenuti per ottenere gli sgravi fiscali previsti per utilizza materiali poco inquinanti o comunque energie alternative. In totale è stata accertata un’evasione da 615 milioni di euro in appena diciotto mesi e sono già scattati sequestri di beni per 181 milioni di euro.
Il caso più eclatante citato nel dossier è quello di una società con sede in Lombardia «evasore totale» nonostante «abbia ceduto e locato vari immobili per un giro d’affari di svariati milioni di euro, è risultata amministrata di fatto da un prestanome peraltro già sottoposto a misura restrittiva per reati di criminalità organizzata, ed è emigrata successivamente nel Regno Unito».
La contestazione riguarda 15 milioni di euro di ricavi e quasi 2 milioni di euro di evasione dell’Imposta sul valore aggiunto.
Fiorenza Sarzanini
(da “il Corriere della Sera“)
argomento: denuncia | Commenta »
Agosto 4th, 2014 Riccardo Fucile
LA SPAGNA STAVA PEGGIO MA ORA E’ IN RIPRESA, DA NOI NON AVVIENE PERCHE’ NON ABBIAMO MAI RISTRUTTURATO IL SISTEMA… SCENDE IL COMMERCIO AL DETTAGLIO: – 0,7%
Mercoledì sapremo se l’Italia è nuovamente piombata nella recessione senza fine che ci attanaglia dal 2008.
L’Istat pubblicherà il dato sul Pil del secondo trimestre: dopo lo choc dell’andamento negativo registrato nel primo, sono in molti a temere che anche nel periodo che va da aprile a giugno il prodotto possa essersi fermato o, peggio, che possa essere calato.
Ma anche se il dato sulla crescita si rivelasse piatto o positivo di qualche decimale, la Banca d’Italia ha spazzato via di recente ogni illusione sui prossimi mesi: a fine anno non cresceremo più dello 0,2 per cento.
L’interrogativo di fondo, al settimo anno di Grande crisi, dopo un quarto di produzione industriale bruciata e il 9 per cento del Pil perso dal 2007, è: perchè l’Italia arranca dietro agli altri partner europei e non riesce a tirarsi fuori dalle secche della crisi?
Soprattutto, riuscirà a recuperare la ricchezza persa?
Perchè altri Paesi come la Spagna sembrano aver invece agguantato la via del recupero?
Un Paese impreparato
Un termine che abbiamo dimenticato o messo tra parentesi per sette lunghi anni, ma che per molto tempo aveva acceso gli animi, è quello del “declino”.
Per qualcuno un’esagerazione, per molti la diagnosi lucida di un Paese piombato in affanno dopo l’accelerazione della globalizzazione degli anni Novanta, l’ingresso nell’euro e il boom dei Paesi emergenti.
Uno spettro che avremmo dovuto scongiurare, sostiene Giorgio Barba Navaretti, «con una seria ristrutturazione del sistema industriale, che la Germania e gli Stati Uniti hanno affrontato all’inizio degli anni Duemila.
Noi no, noi siamo entrati nella crisi con un sistema industriale già stanco».
Con lo tsunami da subprime e la profonda recessione che ne è seguita, spiega l’economista dell’Università cattolica di Milano, «molte imprese hanno poi chiuso, sono scomparse, e non è un problema congiunturale: è tessuto industriale che va ricostruito da zero».
Lunga lista di difetti
I difetti, «i mali del Paese», per dirla con Tito Boeri, «sono noti: un sistema educativo che non funziona, un mercato del lavoro che esclude i giovani, un sistema salariale che non incentiva il lavoro, le barriere burocratiche, la spesa pubblica che agevola i più anziani o chi è già protetto, il peso insopportabile delle tasse.
Tutto questo contribuisce al declino del Paese. Prima della crisi era diventata una parolaccia, non si poteva più parlarne, ora che tutti stanno uscendo dalla recessione e noi fatichiamo di più, sarebbe utile forse riprendere quel dibattito».
Leggendo gli ultimi rapporti economici di istituzioni di peso come la Banca d’Italia o il Fondo monetario internazionale, l’accento sulla necessità di andare avanti con le riforme è sempre forte e convinto. Ma emergono anche, tra le righe, degli interrogativi pesanti cui sembra difficile dare una risposta.
Scorrendo il bollettino economico di luglio di via Nazionale, vi si legge per esempio che «in Italia stenta a riavviarsi la crescita».
Parole analoghe a quelle contenute nell’ultimo “Article IV” del Fondo: «L’economia fatica ad emergere dalla sua profonda recessione».
E gli economisti di Ignazio Visco rivelano anche che l’andamento stagnante della produzione «contrasta» con gli indicatori di fiducia di imprese e famiglie, che hanno segnalato di recente un miglioramento.
Un traino solo dall’export
Tutti concordano nel dire che la spinta dei prossimi mesi, se arriverà , sarà esogena: il traino sarà export, naturalmente soggetto ai rischi delle gravi tensioni geopolitiche in Ucraina e in Medio Oriente. Dunque la Banca d’Italia avverte anche che il rafforzamento della ripresa dipende «necessariamente» anche da un riavvio della domanda interna.
Paolo Guerrieri è scettico su questa possibilità : «C’è un problema di stretta del credito che continua a soffocare le imprese», sostiene l’economista del College of Europe aggiungendo che «siamo ancora in pieno aggiustamento dei conti pubblici», con famiglie e imprese schiacciate da un peso fiscale «intollerabile» e «un governo con margini di manovra molto stretti per gli investimenti».
Per il senatore del Pd, a questi problemi si aggiunge «un motore dell’industria ingolfato da tempo».
È chiaro, insomma, «che ci troviamo un momento di crisi profonda sia dal lato della domanda, sia da quello dell’offerta».
Ed è altrettanto chiaro che di questo passo sarà anche «molto difficile» che il Pil riesca a riprendersi nel 2015, addirittura balzando all’1,3% stimato dalla Banca d’Italia.
Tonia Mastrobuoni
argomento: economia | Commenta »
Agosto 4th, 2014 Riccardo Fucile
SOMME TOTALI CHE SUPERANO I 10.000 EURO AL MESE
Mentre i soldi disponibili per le attività dei Consigli regionali diminuiscono, le spese per i vitalizi aumentano.
Secondo quanto riporta il Messaggero è questa la situazione nella maggior parte delle Regioni italiane.
Starebbe cominciando, dunque, un’ondata di nuovi tagli per arginare una situazione insostenibile dal punto di vista economico.
Il problema in particolare non è legato ai nuovi consiglieri cui non spetta il vitalizio, ma a quelli del passato per cui non si può applicare l’abolizione in modo retroattivo. Inoltre alcuni politici raddoppiano o addirittura triplicano il proprio rimborso a vita sommando diverse cariche.
Il Lazio è il manifesto della situazione.
Nella Regione del debito extra-large della Sanità e dell’addizionale Irpef tra le più alte, la spesa continua a salire alla voce vitalizi e vale il 25% del bilancio del Consiglio regionale, cioè oltre 20 milioni di euro l’anno.
Se non bastasse alcuni ex consiglieri del Lazio, ex senatori o deputati tra 5 anni potranno vedere triplicato il proprio vitalizio abbinando a quello regionale, quello del Parlamento europeo e quello del Parlamento italiano.
Per una somma totale che può superare i 10 mila euro.
Per esempio, sempre nel Lazio, un gruppo di 40 ex consiglieri “under 50” sta per festeggiare il proprio cinquantesimo anno di età con un regalo in più: potranno ritirare infatti l’assegno del vitalizio del Consiglio regionale cumulabile con altri vitalizi. Mentre emergono alcuni tentativi di correggere il tiro la comitiva di politici col doppio rimborso si sta per allargare a quelli che hanno appena lasciato il Parlamento europeo.
Potito Salatto è uno di questi, in Europa col Pdl dal 2009 e poi in Fli. Oggi si gode dalla Grecia il triplo vitalizio: 5.200 euro dalla Regione, 1.200 dal Parlamento italiano e 800 euro per la pensione dopo 25 anni all’Enasacro.
Salatto commenta che “è tutto in regola”, la legge infatti lo permette.
Il forzista Luciano Ciocchetti somma il vitalizio della Camera (quasi 3 mila euro) a quello di 2.300 euro circa della Regione Lazio: “Non abbiamo rubato nulla. E la legge non l’ho fatta io”, commenta il politico che spera di tornare presto in Parlamento. Augusto Battaglia del Pd si augura che “per i politici valgano le stesse regole dei lavoratori”.
Nel frattempo tra Regione e Parlamento percepisce 6.800 euro di vitalizio.
Tuttavia in questa classifica ci sono dei veri e propri recordman.
Domenico Gramazio, Pdl, supera i 10 mila euro tra Regione e Parlamento. Angiolo Marroni, storico esponente della sinistra, arriva a quasi 8 mila euro abbinando il vitalizio da consigliere regionale, più il compenso da Garante dei detenuti, più la pensione di reversibilità della moglie defunta per le sue attività da parlamentare e consigliere.
Anche Donato Robilotta, già assessore regionale con Forza Italia, percepisce 3 mila euro di vitalizio ma è infuriato contro la crociata anti-vitalizi: “Prendo il vitalizio previsto dalla legge. Non ci sto ad essere trattato come un malfattore”.
Sulla questione è intervenuto anche il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, che a margine di una conferenza stampa ha commentato così i dati diffusi in questi giorni: “Bisogna preparare provvedimenti che partano sia dal riconoscimento dei diritti acquisiti, ma anche dalla necessità di non tollerare le stravaganti scelte fatte negli anni passati, dove ‘stravaganti’ è almeno virgolettato”.
“Noi i vitalizi li abbiamo aboliti – ha continuato il presidente – perchè è evidente che andavano aboliti e siamo la Regione che di più ha adottato le regole di trasparenza e spending review”.
“Ora ci sono dei diritti acquisiti che negli anni, prima di noi, sono partiti.
“È evidente – ha proseguito il politico in quota Pd – che andranno affrontate le storture che dentro quel sistema ci sono evitando il pericolo che si possano aprire vertenze e ricorsi”.
(da “Huffingtonpost“)
argomento: la casta | Commenta »
Agosto 4th, 2014 Riccardo Fucile
PER UN INCIDENTE A BRESSANONE, LA COMMISSIONE INVESTIGATIVA PUNTO’ IL DITO CONTRO UN DIRIGENTE DI INFRASTRUTTURE: “CI HA OSTACOLATO”… E LUI OSCURA LE PARTI CHE NON CONDIVIDE
Hanno accusato le società che, secondo loro, avevano fatto scarsa manutenzione. Hanno messo nero su bianco il calcolo del possibile ritorno economico che quelle aziende avrebbero avuto da questo risparmio.
Hanno puntato il dito, infine, contro un dirigente del ministero dei Trasporti che — dicono — ha ostacolato le indagini.
I componenti della commissione ministeriale investigativa che hanno indagato sull’incidente ferroviario di Bressanone (era il 6 giugno 2012) avevano usato parole chiare per spiegare perchè secondo loro quel treno merci deragliò nella stazione altoatesina.
Ma chi voleva leggere quelle parole sul sito del ministero dei Trasporti non ha potuto: lo stesso dirigente accusato, cioè il direttore per le investigazioni ferroviarie del ministero dei Trasporti Marco Pittaluga, ha censurato la relazione della commissione investigativa perchè “non condivise”.
Tanto che ora il presidente della commissione Roberto Focherini ha scritto al ministro Maurizio Lupi: “Si ricordi — che la nomina del direttore per le investigazioni è competenza del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e quindi anche la responsabilità del suo operato“.
E pensare che la prima causa dell’incidente di Bressanone, secondo i tecnici della commissione, è analoga della strage di Viareggio, avvenuta il 29 giugno 2009, quando morirono 32 persone e per la quale è in corso un processo dove sono imputati tutti i vertici delle Ferrovie dello Stato.
Nella stazione di Bressanone a deragliare non fu un treno carico di gpl come in Versilia, ma un treno merci carico di rottami.
Ma in entrambi i casi si è trattato di un deragliamento causato da un problema a un assile di uno dei vagoni. In sostanza per scarsa manutenzione.
A Bressanone non morì nessuno, si fecero male senza gravi conseguenze solo i due macchinisti. Ma forse fu un caso. Era mezzogiorno: un’oretta dopo la stazione si sarebbe riempita di studenti al ritorno da scuola.
Dopo quasi due anni di indagini, a maggio di quest’anno, la commissione ministeriale investigativa ha presentato la sua relazione.
Ma sul sito del ministero dei Trasporti è stata pubblicata il 18 luglio oscurata in più parti da grosse righe nere.
L’autore è proprio Pittaluga: lo dichiara lui stesso nella prefazione. “Alcune parti della allegata relazione non vengono dal sottoscritto condivise — scrive — Ho ritenuto di mondare la Relazione tecnica predisposta dagli investigatori incaricati, nelle parti che ho sopra descritto”.
Il direttore delle investigazioni cancella tra l’altro anche l’accusa a lui rivolta di aver ostacolato le indagini.
“Non si ringrazia — avevano scritto gli autori della relazione, Focherini e Scagliarini — il Direttore Generale Marco Pittaluga che ha ostacolato, abusando della propria autorità , lo svolgimento delle indagini, procrastinando la consegna della relazione”.
A risultare illeggibili parti delle accuse rivolte alle aziende addette alla manutenzione degli assili che si sono scomposti: la à–bb Ts, l’impresa austriaca responsabile della manutenzione del carro, e la Zos, l’officina slovacca che aveva in subappalto la manutenzione.
Circostanze anche in questo caso sovrapponibili a quelle della strage di Viareggio. Gli assili, cioè le coppie di ruote infilate in un asse sotto ogni carro, presentavano un’eccessiva rugosità , secondo gli esperti.
E questa, se da un lato provoca un “aumento del rischio nella formazione di cricche”, cioè le fratture alla base dei deragliamenti, dall’altro consente di assicurarsi assili che nel tempo si consumano molto meno: un risparmio per chi deve fare la manutenzione. E completamente oscurata sul sito del ministero è la parte in cui la Commissione investigativa prova a fare un calcolo su questo punto: “E’ possibile che in tutto ciò ci sia un ritorno economico e cioè quello di avere degli assili a vita ‘infinita’”.
Gli ingegneri calcolano: “Considerando che solitamente in un carro ci sono 4 assili, che il costo di un assile dell’ordine di 1250 euro e ipotizzando un parco di carri dell’ordine di 20mila carri, il vantaggio nel non sostituire un assile nuovo su tutti i carri genera un utile U dell’ordine: U=4*1250*20000=100M€ cioè un utile dell’ordine di 100 milioni di euro”.
Illeggibili sono anche i calcoli elaborati dagli ingegneri della Commissione per definire parametri più rigidi che evitino la fuoriuscita delle ruote dagli assi.
“Un fatto inaudito e gravissimo” commentano i ferrovieri di Ancora in marcia!, storica rivista delle organizzazioni sindacali di base dei macchinisti italiani, che non esitano a parlare di censura e di “un quadro inquietante sulla trasparenza delle ‘investigazioni’ svolte dal ministero”.
Proprio a loro i componenti della commissione Focherini e Scagliarini hanno spedito il testo autentico perchè fosse diffuso.
C’è di più. Il lavoro della commissione evidentemente è stata tenuto in considerazione dall’Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria — un organo indipendente — che ha diramato una comunicazione urgente in cui ordina con effetto immediato a tutte le imprese ferroviarie italiane di non accettare le sale montate (cioè l’insieme di ruote e assili) gemelle di quelle lavorate dall’officina slovacca Zos sul treno deragliato a Bressanone.
Negli ultimi due anni però quei pezzi sono circolati.
Ilaria Lonigro
(da “il Fatto Quotidiano“)
argomento: denuncia | Commenta »
Agosto 4th, 2014 Riccardo Fucile
FAVOREVOLI PD, FORZA ITALIA, NCD E UDC
Il punto più spinoso della giornata era questo: l’immunità .
Alla fine, dopo la bocciatura i tutti gli emendamenti aggiuntivi all’articolo 8, il testo uscito dalla Commissione resta invariato.
Quindi, come per i deputati, anche per i nuovi senatori l’immunità resta.
Su questo tema il dibattito si era prolungato, dopo che l’Aula aveva esaminato velocemente gli articoli precedenti: sette in sole due ore.
Un record visti i tempi del dibattito dei giorni scorsi. L’aula ha infatti approvato rapidamente e senza difficoltà , anche grazie ai pochi interventi, gli articoli da 3 a 9 del ddl Boschi che vertono su temi meno delicati della riforma costituzionale, ossia l’abolizione dei senatori a vita, il divieto di vincolo di mandato, la durata della Camera, i regolamenti.
E soprattutto l’abolizione delle indennità per il nuovo senato.
L’immunità resta.
I due ‘contraenti’ del patto del Nazareno sulle riforme, Pd e Forza Italia, si sono detti a favore della permanenza delle guarentigie anche per i nuovi futuri senatori.
In sostanza, Pd e Forza Italia sostengono che i futuri senatori dovranno godere dell’immunità e, quindi, non devono avere un trattamento diverso rispetto ai colleghi deputati, anche se non saranno più eletti in maniera diretta.
Nel dibattito che si è svolto al Senato sugli articoli aggiuntivi all’8 del ddl riforme, quelli appunti relativi all’immunità , il senatore azzurro Donato Bruno ha spiegato chiaramente che “Forza Italia voterà a favore del provvedimento così come uscito dalla commissione”, quindi con l’immunità .
Anche il capogruppo Pd, Luigi Zanda, ha chiarito: “anch’io sarei per il testo uscito dalla commissione”.
A favore anche Pier Ferdinando Casini (Udc), l’Ncd con Gaetano Quagliariello.
Si sono detti contrari, invece, Loredana De Petris (Sel), i ‘dissidenti’ del Pd Felice Casson e Vannino Chiti, il socialista Enrico Buemi.
La relatrice Anna Finocchiaro ha rivendicato l’equilibrio della norma così come uscita dalla commissione.
Governo e relatori si sono quindi rimessi all’Aula sugli emendamenti aggiuntivi all’articolo 8 del ddl.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: la casta | Commenta »
Agosto 4th, 2014 Riccardo Fucile
PENSIONI, SALTA LA QUOTA 96: “RENZI DICEVA DI VOLER RIVALUTARE LA SCUOLA, LO ABBIAMO VISTO NEI FATTI, CI HA PRESO IN GIRO”
‘Quota 96’ si trasferisce in piazza.
“Ci stiamo organizzando per una grande protesta, saremo 10mila, tutti devono sentire la nostra rabbia per questo schifo. Siamo delusi, abbiamo creduto in questo governo e invece sentiamo solo parole al vento”.
Kiara Farigu, del Direttivo del comitato civico ‘Quota 96’, in un’intervista all’Huffington post dice di essere “arrabbiata e indignata”.
Parla a nome di un comitato in lotta da due anni, dotato di un suo statuto, e che conta mille iscritti.
“C’è molta rabbia per il passo indietro del governo che ha stoppato, improvvisamente, 4mila pensionamenti dicendo che non ci sono le coperture economiche. Non è vero: la Ragioneria dello Stato aveva dato l’ok”.
“In piazza saremo 10mila”, annuncia Farigu, “quattromila tra docenti e personale amministrativo in attesa della pensione e sei mila saranno i precari che aspettano un posto di lavoro. Andremo in piazza tutti insieme. La nostra è una protesta trasversale e generazionale. Ci stiamo organizzando con gli altri comitati e attraverso Facebook per denunciare questa vergogna. I giovani sono con noi perchè sono direttamente interessati. Qui si parla di staffetta generazionale”.
“È un’assurdità che dopo il via libera della Camera, adesso, in Senato, sia stato presentato un emendamento al decreto legge sulla Pubblica amministrazione che blocca 4mila pensionamenti”, spiega Farigu a nome del Comitato e ricordando come la modifica al decreto presentata da Manuela Ghizzoni (Pd) a favore dei ‘Quota 96’ fosse stata “concordata con la Ragioneria dello Stato”.
Non solo “erano state anche stabilite le condizioni. Condizioni molto salate, che ci erano state imposte ma che noi avevamo accettato”.
Per intenderci “io, che sarei dovuta andare in pensione nel 2018, la liquidazione l’avrei avuta solo nel 2020. Già questa era una penalizzazione molto forte. Per questo non si può parlare di prepensionamenti”.
“È vergognoso che dopo due anni di lotta dobbiamo sacrificarci così per dei giochetti che stanno facendo loro. Sono ripicche politiche e poi ci sono questi diktat della Ragioneria di Stato che non hanno motivo di esistere dal momento che l’emendamento era stato concordato anche con loro. Com’è possibile che adesso i soldi per le coperture non ci sono più?”, si chiede Farigu, una delle animatrici della protesta.
“Renzi, che diceva di mettere la scuola al centro della sua agenda politica, sacrifica ancora una volta la classe docente più vecchia del mondo e quella meno pagata di Europa. È una vergogna”, aggiunge Farigu mentre nella pagina Facebook di ‘Quota 96’, che conta già oltre 3600 ‘mi piace’, impazza la protesta: “È vergognoso. Vogliono vivere di rendita alle nostre spalle. Un grave errore legislativo sopravvive grazie ad un sistema politico incapace di distinguere tra legalità e illegalità , tra diritto e privilegio! È ora della mobilitazione generale”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: scuola | Commenta »
Agosto 4th, 2014 Riccardo Fucile
“PER RENZI FARE OPPOSIZIONE NON E’ UN DIRITTO, MA UNA GENTILE CONCESSIONE DI CHI GOVERNA”…”AVEVA PROMESSO LO 0,8% DEL PIL, ORA DICE CHE AVVICINARSI ALLO ZERO E’ GIA’ QUALCOSA”
Volete davvero avere un Premier che considera un’ accusa essere “troppo condiscendete con le richieste delle opposizioni “?
Esiste, evidentemente, nella mente dell’attuale inquilino di Palazzo Chigi l’idea che fare l’opposizione non è un diritto, casomai una concessione di chi governa.
Qualcuno potrebbe ricordargli che il diritto pieno di fare opposizione , incluso l’ostruzionismo duro e puro, è stato in epoche buie la rispettosissima garanzia di vita di un partito comunista e di tanti altri partiti, dalla cui area politica per altro lui stesso proviene.
Ma si sa, il Premier è troppo giovane per ricordare.
Torna in campo, con una magnifica intervista al quotidiano La Repubblica , Matteo Renzi.
Mi sbilancio sul “magnifica” , scontando di apparire “fan” del gruppo in cui lavoro, perchè davvero il colloquio con Tito ci riporta a casa il vero Primo Ministro, l’uomo che alle grandi risposte sulle grandi questioni – per esempio sullo stato economico del paese , o sugli accordi extraparlamentari fatti con Silvio Berlusconi – preferisce sempre uscirsene assestando una bella mazzata ai nemici, perchè tanto la colpa è sempre loro.
Lasciamo perdere la bruttissima pagina dell’attacco diretto al Presidente del Senato, quello stesso che è stato insultato in aula dalle opposizioni per aver regalato a Renzi il decisivo voto segreto per far passare il secondo emendamento, la pietra angolare della ( da Renzi) tanto agognata riforma del Senato. Non è bastato.
Il povero Grasso si ritrova, ora, accusato di essere “troppo accondiscendente con le richieste delle opposizioni” , e “certe sue scelte ci sono parse sbagliate”.
Lasciamo perdere anche la solita tiritera contro “professori, opinionisti ed editorialisti” che “non possono ritenersi senza responsabilità “.
Vero hanno ( abbiamo ) tutti responsabilità nello stato del paese, ma, caro Premier, ci abbiamo messo tutti la faccia, ben prima di Lei, scrivendo appunto con nome e cognome .
Sopporteremo le conseguenze stoicamente di quel che abbiamo detto, e diremo.
In questa girandola di distribuzione di responsabilità quel che manca sono quelle che il premier si assume.
Il verbale scoppiettio del discorso renziano diventa infatti un distaccato discorso da statista quando si va ai nodi centrali del governo, quello istituzionale e quello quello economico.
Sull’orizzonte istituzionale inutile sperare in chiarimenti: vuole davvero andare a votare Renzi?
C’è davvero di mezzo un accordo sul Quirinale con il leader di Forza Italia?
Alla vigilia del secondo incontro con Silvio Berlusconi , il Nazareno due, le domande sul contenuto del patto scritto del Nazareno uno sono derubricate a “cultura del sospetto”.
Ci assicura, il Premier, mai più una legge ad personam per Berlusconi”, ma è difficile immaginare una legge più ad personam dell’aver reso il Cavaliere un padre rifondatore della patria, mentre le opposizioni vengono additate al pubblico ludibrio.
Sull’economia siamo alla vera e propria evasività .
Alla domanda di Tito: ” dopo le riforme i 1000 giorni ma non vi toccherà affrontare un autunno caldo?”, il premier sbadiglia:” “sono convinto di no. Questa è una retorica che fa sbadigliare. E’ trita e ritritita.”
A fine del discorsetto concede ” So bene che la ripresa è fragile. Che l’Eurozona cresce meno degli altri . l’Italia non ha invertito la marcia e non la invertirà con la bacchetta magica. Ma la narrazione degli autunni caldi è un noioso deja vu”.
Il giusto Tito insiste: “Ma dovrete trovare 20 miliardi oppure no?” .
Il cauto statista lo riprende : ” Definire le cifre del 2015 è prematuro.”
Sugli ottanta euro :” A chi dice che non hanno rilanciato i consumi dico di aspettare”.
Nello stile dismissive, contemptuous, disdainful, scornful ( glielo diciamo in inglese così forse gli piace di più) il Premier lascia a noi dunque trattare con i soliti dettagli. L’Italia è il paese che cresce meno di tutta l’Eurozona, ma lo stesso Renzi che aveva promesso un + 0,8% così vede il quasi default:: “La crescita è negativa da tempo . Avviandosi verso lo zero darebbe segnali di miglioramento”.
L’Italia è il paese in cui, in questo inizio di settimana si imballa sulle coperture, il decreto Madia sulla Pubblica Amministrazione, dando ragione al tanto offeso Cottarelli, cacciato con infamia come tutti i non amici di Renzi.
L’Italia è il paese che in questo momento è alla guida del semestre europeo e nessuno se ne è accorto.
Ma noi ci siamo in compenso accorti che il maldestro primo passaggio sulla scena europea del nostro leader con l’inutile braccio di ferro su Mogherini ci ha solo fatto sprecare tempo: le nomine saranno trattate a fine agosto e se ci va bene dunque il meraviglioso semestre di ridurrà a un paio di mesetti – da settembre agli inizi di dicembre: altro che svolta decisiva impressa dall’Italia alle politiche europee.
Del resto, al di là della retorica della velocità , la perdita di tempo pare essere la essenza di questo primo squarcio di governo Renzi.
Eventi alla mano le uniche priorità di Renzi riguardano tutti gli impegni che hanno a che fare con la definizione del potere istituzionale, il suo e quello che circola nei palazzi romani.
Non sono iscritta al partito di chi crede che Renzi farà Cesare o Napoleone- per essere l’uno o l’altro ci vuole un po’ più di visione di quel che finora ci ha mostrato.
Ma di nomine, sostituzioni di persone, battaglie per il controllo dei ministeri, alleanze e disalleanze politiche: su questo il giovane premier si è rivelato espertissimo. Riducendo di fatti il suo promesso nuovo inizio a un soffocante neo parlamentarismo, riportando in primissimo piano la politica politicista.
Da cui il paese reale , a parte le sue visite a favore di telecamere, è stato di nuovo totalmente escluso.
Lucia Annunziata
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Renzi | Commenta »
Agosto 4th, 2014 Riccardo Fucile
ALTRO BUCO NEL’ACQUA DEL GOVERNO TRA MANCANZA DI SANZIONI E FAVORI ALLE BANCHE
Meno del 50% dei negozi è in regola.
È quanto sostiene un articolo pubblicato sul quotidiano il Messaggero a proposito dell’obbligo di dotarsi di pos, da parte degli esercenti, per i pagamenti superiori ai 30 euro.
La riforma voluta dal governo Renzi è entrata in vigore da poco più di un mese.
Ma non pare decollare.
Solo 6-700 mila esercenti, tra quelli chiamati a farlo, si sono dotati del Pos Mobile che consente di accettare le carte di credito e debito operanti sui circuiti internazionali MasterCard, Visa e Maestro.
E questo significa che sui 5 milioni di operatori che dovrebbero essere coinvolti nell’operazione appena 2-2,2 milioni sono in regola.
Dunque secondo le stime di Confesercenti e Cna siamo ben al di sotto del 50%.
E se si scende nella platea dei negozianti al dettaglio la percentuale crolla ancora.
Palazzo Chigi è convinto che la riforma funzionerà .
Ma intanto i numeri parlano di un flop. Che è frutto essenzialmente di due problemi: il fatto, non da poco, che non sono previste sanzioni per chi trasgredisce e il fardello dei costi per l’installazione e la gestione dei Pos che affligge in particolare gli esercenti di medio-piccola grandezza.
Si può arrivare fino a mille e cinquecento euro di spesa nell’arco di un anno per un’azienda con un volume di transazioni bancomat o carta di credito da 50 mila euro. Vale a dire i 150 euro necessari per l’installazione l’attivazione, più i costi di gestione mensili che possono arrivare fino a 80 euro.
E infine il carico finale da circa mille euro delle commissioni sulle transazioni.
Di regola, con le banche si negozia un’aliquota dell’1,5-2% in favore di queste ultime sul volume degli incassi.
Ma ci sono anche formule, alternative, che prevedono una commissione di 0,25-0,40 euro sulla singola transazione.
Proprio i costi sono lo scoglio contro il quale rischia di infrangersi la diffusione della moneta elettronica.
(da “Huffingtonpost“)
argomento: denuncia | Commenta »