Agosto 4th, 2014 Riccardo Fucile
AVEVANO RAGIONE COTTARELLI E I TECNICI DELLA RAGIONERIA
Non ci sono le coperture finanziarie. Passo indietro e niente di fatto per i 4mila pensionamenti nella scuola (la cosiddetta quota 96) previsti nel decreto Pubblica amministrazione.
Il governo ha presentato “4 emendamenti soppressivi” di alcuni punti del provvedimento.
Gli emendamenti servono a cancellare le norme del decreto su cui la Ragioneria dello Stato aveva evidenziato problemi a reperire i fondi.
Sullo stesso punto nei giorni scorsi si era accesa la polemica che aveva visto protagonista il commissario alla revisione della spesa Carlo Cottarelli.
Il tutto molto probabilmente potrebbe sarà poi blindato con la richiesta di voto di fiducia.”Dobbiamo correre e a questo punto mi sembra ragionevole”, ha commentato la ministra della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, durante una pausa dei lavori della commissione Affari costituzionali al Senato.
Quindi sono quattro le norme che saranno soppresse dal governo: il pensionamento d’ufficio a 68 anni per i docenti universitari, la salvaguardia di 4mila “Quota 96″ (gli esodati della scuola del 2012), l’incremento delle pensioni di reversibilità per gli invalidi del terrorismo e la cancellazione delle penalizzazioni per l’accesso alla pensione, per problemi di copertura finanziaria.
Secondo quanto viene riferito, il ministero della Semplificazione ha lavorato nel fine settimana per trovare delle coperture alternative (come il Fondo di solidarietà ) che però non hanno trovato il parere favorevole della Ragioneria di Stato.
Un altro emendamento del governo rivede invece i limiti d’età per il pensionamento d’ufficio, eliminando il tetto dei 68 anni inserito per professori universitari e primari. Restano invece le soglie previste per il resto dei dipendenti pubblici (62 anni e 65 per i medici).
Sono circa 650, come ricorda l’agenzia politica Public Policy, gli emendamenti presentati in commissione al Senato: le votazioni potrebbero terminare già domani, 5 agosto. I
Il decreto-Madia sulla pubblica amministrazione era stato pensato con lo scopo di svecchiare i dipendenti pubblici attraverso un maxi-pensionamento anticipato degli statali di 62 anni che si sarebbe tradotto in un aumento delle spese per le casse dello Stato.
La norma avrebbe salvato 4.000 insegnati, rimasti “incagliati” nel 2012, ai quali sarebbe stata data la possibilità di andare da quest’anno in pensione con le vecchie regole pre-Fornero di “quota 96”.
Una operazione che costa 396 milioni da quest’anno al 2018.
Il governo non è stato quindi in grado di trovare 100 milioni l’anno…
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Agosto 4th, 2014 Riccardo Fucile
“LE SUE RIFORME SONO LE NOSTRE, ABBIAMO LA GOLDEN SHARE, SENZA DI NOI RENZI NON PUO’ FARE NULLA”
«Lasciamo lavorare e logorare Renzi per i prossimi dodici mesi. E lasciamo che completi il lavoro
sulle riforme, che sono anche le nostre. Andare al voto prima di un anno non ci conviene nemmeno».
Sulla riscrittura della Costituzione e sul varo della nuova legge elettorale, ormai decollate, Silvio Berlusconi sostiene di avere la «golden share».
E da questa posizione di forza si prepara a rivedere Matteo Renzi, del quale si considera partner unico più che privilegiato.
Il leader di Forza Italia si gode un week end di totale relax ad Arcore assieme a Francesca Pascale. Ai suoi racconta di sentirsi ormai «mentalmente in vacanza», anche se da Villa San Martino quest’anno non potrà allontanarsi
Domani mattina il rientro a Roma per gli ultimi incontri con i parlamentari prima della pausa.
Lo staff e le fonti di partito non confermano ancora l’appuntamento in giornata con il presidente del Consiglio, ma danno comunque per certo che ci sarà , se non martedì (assai probabile), al più l’indomani.
Le tre modifiche all’Italicum saranno per lo più ratificate, già messe a punto del resto dal duo Verdini-Romani con i pd Lotti e Guerini.
«Il faccia a faccia sarà solo un check che confermerà , semmai ce ne fosse bisogno, il ruolo di Berlusconi in questa partita» racconta uno dei collaboratori più stretti dell’ex Cavaliere.
Ad Angelino Alfano che sostiene come Forza Italia non abbia più ormai «nè la forza, nè l’unità per entrare nel governo» o per sostenerlo (ieri in una intervista alla Stampa ), dicono che il leader forzista non abbia voluto dedicare alcun commento, quelle parole sono state «semplicemente ignorate».
Anzi, Berlusconi è convinto che la tenuta dell’asse con Renzi confermi «la posizione irrisoria di tutti gli altri, alfaniani per primi».
E gli attacchi e le proteste di questi giorni degli Ncd (Schifani, Cicchitto, Quagliariello) ne sarebbero la conferma, lette nell’ottica di Arcore.
«Abbiamo dimostrato in aula che senza di noi le riforme non si fanno, il resto non conta » ragionava ancora ieri l’ex premier con i pochissimi sentiti per qualche minuto.
Domani al presidente del Consiglio Berlusconi garantirà pieno sostegno sui prossimi passaggi parlamentari della riforma del Senato e della legge elettorale.
Ma nessun «inciucio» sugli affari di governo e sulle misure economiche, che il leader forzista boccia in pieno.
Del resto Renzi non ha alcuna voglia di «inciucio». Ai suoi il leader forzista raccomanda di dare battaglia, anche in questa ultima settimana di attività politica, ma senza lasciarsi andare a toni grillini o barricaderi.
Il ragionamento è molto legato al suo «impedimento », ai servizi sociali ancora da completare, alla incandidabilità «in attesa del pronunciamento della Corte europea».
Insomma, «se pure il governo cadesse, andare al voto entro un anno a noi non conviene, non saremmo in condizione di riempire quel vuoto», ha spiegato in queste ore ai dirigenti.
Renzi, per quanto lo riguarda, può restare al suo posto almeno un anno, «anche 24 mesi», il tempo per Forza Italia di ristrutturarsi e per lui, magari, di tornare in partita: il sogno mai rimosso.
Per adesso, deve accontentarsi dei panni da «riformatore», da «padre della patria», indossati volentieri.
Hanno raccontato che abbia sorriso, in questi giorni, anche del dibattito aperto sul Patto del Nazareno, scritto o meno che sia, dei «misteri» che lo circonderebbero.
«Non siamo così sprovveduti da averlo messo per iscritto – taglia corto – tra persone serie basta la parola data».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Agosto 4th, 2014 Riccardo Fucile
GELMINI: “PRONTI A VOTARE PROVVEDIMENTI DI CHIARA IMPRONTA LIBERALE”…MA NASCE LA FRONDA: “POTREBBE INNESCARE PIU’ CHE UNA SCISSIONE”
“Io penso, mi auguro, che prima di qualunque iniziativa ci sia un dibattito interno”.
A tarda sera quando le triangolazioni e gli ammiccamenti fra Palazzo Chigi e Arcore continuano a prendere forma, e l’idea di una “maggioranza istituzionale” con dentro il partito dell’ex Cavaliere circola con sempre più insistenza, un parlamentare come Gianfranco Chiarelli, fedele soldato di Raffaele Fitto, affila le armi: “La legislatura nasce in un modo. Poi Forza Italia esce dal governo perchè il programma dell’esecutivo non era coerente con il programma economico di Fi. Escludo, quindi, che possa rientrare al governo fin quando non ci sia un cambio di tendenza”.
Ma un cambio di tendenza, è il ragionamento del fedelissimo dell’ex governatore della Puglia, dovrà passare dagli organi partito: dall’assemblea del gruppo parlamentare, oppure dal popolo di Forza Italia.
Insomma, mentre ad Arcore, Silvio Berlusconi e il “cerchio magico” disegnano lo scenario più congeniale per entrare al governo del “primo prodotto della sinistra italiana che non ci odia”, fra la Capitale e la Puglia si intensificano le telefonate e un fronte largo prepara la controffensiva.
Non importa, infatti, che dalle colonne della Stampa Maria Stella Gelmini — una di quelle che siede ai tavoli arcoriani con il presidente, Denis Verdini, Fedele Confalonieri e Gianni Letta — abbia aggiunto un altro tassello allo scenario sopracitato: “Se Renzi a settembre proponesse provvedimenti di chiara impronta liberale, noi di Forza Italia siamo pronti a votarli. Ma non credo che questo accadrà ”.
Un modo come un altro, giurano bene informati, per preparare ma allo stesso tempo per rassicurare i gruppi parlamentari forzisti.
Perchè se il disegno è la “maggioranza istituzionale” dieci, venti, trenta, forse addirittura 50 parlamentari, sarebbero pronti ad alzare la mano e ad uscire dalla porta principale.
“La mia posizione è arcinota: io non l’avrei aiutato su queste riforme”, annota il toscano Maurizio Bianconi che conosce dal 1995 il “bischero Renzi”.
Un disegno che, continua Bianconi, “potrebbe innescare più che una scissione e creare un contenitore come alternativa a Renzi. Del resto, tengo a precisare, se il destino di Berlusconi è quello di collaborare con Renzi, parlo di Berlusconi non di Forza Italia…”.
Il dubbio potrebbe anche investire parlamentari come la siciliana Gabriella Giammanco che sull’ipotesi di un ingresso di Forza Italia all’interno dell’esecutivo è più che spiazzata: “No guardi, si tratta di indiscrezioni, e non mi soffermo, non mi affascinano. Ma non credo onestamente”.
Mentre il disegno innervosisce il presidente della Commissione Finanza di Montecitorio, l’ex radicale Daniele Capezzone che allontana lo spettro che aleggia nei corridoi dei palazzi: “A me non risulta nulla del genere”.
Insomma la strategia che l’ex Cav e i suoi fedelissimi (con in testa Denis Verdini) starebbero accuratamente tratteggiando e che ambienti arcoriani sintetizzano in “un po’ meno dell’entrata organica e un po’ di più dell’appoggio esterno” si scontrerà con quel fronte largo di parlamentari, e, soprattutto, con “mister preferenze” Raffaele Fitto, a cui l’ex premier avrebbe promesso nell’ultimo incontro le “primarie di coalizione”.
Ma, è il refrain del cerchio magico berlusconiano, “nel Paese ritornano le nubi, la situazione economica è preoccupante, si parla di una nuova lettera della Bce: avremo un autunno caldissimo e naturalmente ci vorranno politiche emergenziali per risollevare il paese.
In queste condizioni non potremo non sostenere il governo di Renzi”.
Insomma si profila l’ennesimo scontro che potrebbe sfociare in un’ulteriore deflagrazione di Forza Italia.
Giuseppe Alberto Falci
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 4th, 2014 Riccardo Fucile
STRETTA ALLA PUBBLICAZIONE DELLE INTERCETTAZIONI E INTERVENTO SULLA RESPONSABILITA’ DEI GIUDICI, NESSUNA MODIFICA ALLA CONCUSSIONE
Una deadline, quella del 20 agosto, che costringerà via Arenula alle tappe forzate. Scelte, come
quella sulla stretta al ricorso in appello, alla prescrizione bloccata dopo la sentenza di primo grado, alle intercettazioni non pubblicabili, alla concussione, che toglierebbero il sonno anche a un orso in letargo.
Un confronto, quello con Forza Italia e inevitabilmente con Berlusconi, destinato a trasformare il dibattito sulla giustizia in un’arena.
Non può che essere caldo l’agosto del Guardasigilli Andrea Orlando che, come sempre, misura i toni e cerca di tenerli al minimo, pur se intorno a lui c’è grande agitazione, anche per le nomine di uffici importanti, come il Dipartimento delle carceri e l’ispettorato, scoperti ormai da un paio di mesi.
I 12 punti della riforma – sommariamente discussi a palazzo Chigi, nel consiglio dei ministri del 30 giugno, ma ufficializzati dal premier Renzi e da Orlando in conferenza stampa – dovranno diventare altrettanti articolati, pronti a settembre per il consiglio dei ministri e per il dibattito in Parlamento
Le novità sono presto dette.
È probabile che lo stesso Orlando cominci ad annunciarle mercoledì prossimo alle 12 quando, nella famosa stanza che fu di Togliatti, incontrerà i capigruppo parlamentari della maggioranza, in vista del confronto politicamente più delicato, quello con le opposizioni e in particolare con Forza Italia.
Il governo sta studiando una formula morbida per la responsabilità civile dei giudici, i cui contenuti dovrebbero essere messi online già questa settimana, in modo da escludere quella diretta (votata alla Camera anche da Forza Italia su emendamento del leghista Pini), mantenere la formula del «dolo e colpa grave», garantire «la libera interpretazione della legge», ma eliminare del tutto il filtro del tribunale che finora ha di fatto bloccato i ricorsi
Poi il tema caldo della riforma del processo penale, per cui si sta pensando di ridurre le griglie per il ricorso in appello, senza eliminare la possibilità , ma limitandolo ai casi effettivamente necessari.
Nella logica di accorciare i tempi del processo, si lavora anche a un intervento sui poteri dei gup, i giudici dell’udienza preliminare che ormai molto spesso dura quanto un intero grado del giudizio.
Sulla prescrizione l’orientamento che sta prevalendo tra i tecnici del Guardasigilli è di fermare l’orologio alla sentenza di primo grado.
La stretta sulle intercettazioni riguarderà l’impossibilità di pubblicare quelle di persone non indagate.
Delusione invece per chi si aspettava una marcia indietro sulla concussione per riunificare il reato diviso in due dall’ex Guardasigilli Severino.
È praticamente certo che resta tutto com’è adesso.
Per ora, nella sua road map, Orlando vuole assicurarsi che la maggioranza sarà compatta nell’attendere il governo pur in presenza di provvedimenti in discussione da tempo tra Camera e Senato, come la responsabilità civile e le norme su falso in bilancio e riciclaggio.
Quanto a Berlusconi, Orlando non lo nomina neppure. Rifugge dalla polemica su una trattativa che potrebbe vedere dall’altra parte del tavolo un condannato definitivo.
Con questa realtà dovrà fare i conti, ma al momento inutile chiedergli se per la riforma della giustizia si andrà a un nuovo patto del Nazareno.
Per ora l’emergenza di Orlando è quella di completare i suoi 12 punti e poi di mettere al più presto online anche gli articolati.
Liana Milella
(da “La Repubblica”)
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Agosto 4th, 2014 Riccardo Fucile
“C’E’ DELUSIONE RISPETTO ALL’OPERATO DEL GOVERNO”
“Voglio prima di tutto sottolineare che non va fatta assolutamente una manovra correttiva del deficit, perchè aggraverebbe la situazione. Si tratta di affrontare i problemi di sostenibilità del debito e riconoscere che gli obiettivi di deficit e debito che abbiamo assunto sono irrealizzabili. La spesa non va tagliata, ma riallocata, con la collaborazione della Commissione Europea”.
Stefano Fassina, responsabile economico del Pd nell’era Bersani, viceministro del Tesoro di Letta, prima di qualsiasi altra valutazione sulle risorse che vanno trovate per la legge di stabilità del 2015 ci tiene a fare questa premessa.
Onorevole Fassina, è vero che nel 2015 servono più di 20 miliardi?
Sì, secondo quanto indicato dal ministro Padoan alla Camera, la settimana scorsa, la manovra supera i 20 miliardi. Ne servono 4 o 5 per le spese obbligatorie, non previste ma necessarie, per la Cassa integrazione in deroga, per il 5 per 1000, per i fondi per non autosufficienza, 4 per la Finanziaria ereditata dal governo Letta, 7 per il bonus Irpef. 20 miliardi servono solo per adempiere e fare quanto già previsto, senza arrivare al pareggio di bilancio.
E ovviamente queste dimensioni escludono ogni estensione dell’Irpef a partite Iva, pensionati, interventi per il contrasto alla povertà . E dunque, che si deve fare?
Va evitata una manovra nelle dimensioni indicate, perchè aggraverebbe le condizioni dell’economia, aumenterebbe l’iniquità , e continuerebbe a far aumentare il debito pubblico, che è già a livelli insostenibili.
Ma come si fa ad evitarla?
Si devono affrontare i nodi fondamentali che avremmo dovuto porre all’avvio della presidenza europea e riconoscere che la linea mercantilista nell’eurozona ha portato il debito pubblico a livelli insostenibili e la moneta unica a rischio sempre più elevato di rottura. Dobbiamo porre la necessità per tutta l’eurozona, non solo per l’Italia, di un meccanismo di gestione dei debiti pubblici, di una politica monetaria molto più aggressiva da parte della Bce per evitare la deflazione e poi il finanziamento in deficit a livello nazionale per far ripartire la domanda interna.
L’Europa non sembra andare in questa direzione.
Non abbiamo alternative rispetto a queste proposte, perchè seguire le raccomandazioni dell’Ue vuol dire aggravamento delle condizioni.
Ma l’Italia potrebbe rischiare una procedura d’infrazione per deficit o addirittura per debito eccessivo?
È evidente a tutti, anche a Bruxelles, che il fiscal compact è irrealistico, non solo per l’Italia. Non risolviamo i problemi fondamentali con l’ennesima finanziaria. Per questo, troverei surreali degli interventi sanzionatori verso l’Italia. Caso mai, va sanzionata la politica mercantilista e di svalutazione del lavoro che da troppo tempo imperversa in Europa
Ieri Scalfari su Repubblica invocava la troika. Una bella accusa d’impotenza al governo Renzi, non trova?
L’arrivo della troika aggraverebbe i problemi italiani. Però l’impressione è che ci sia in giro un po’ di delusione rispetto all’operato del governo. Una cosa sono le aspettative suscitate, un’altra è invocare la troika. Quello che non va è la linea di politica economica. Noi continuiamo a cambiare premier, ma a seguire la stessa agenda, quella di Monti.
Anche Renzi segue l’agenda Monti?
Renzi a ottobre seguirà la politica europea: è quella linea che non funziona.
Non pensa che tra decreti rimandati, difficoltà a varare quelli in corso, ammissione che gli 80 euro non saranno estesi, il governo mostra delle difficoltà in economia?
Ci sono aspetti soggettivi e anche aspettative eccessive alimentate dal governo, ma questi sono aspetti di secondo piano, non sono rilevanti di fronte ai problemi che abbiamo, ovvero la necessità di un’inversione di marcia radicale, ponendo a Bruxelles, Berlino, Francoforte, il problema generale dell’eurozona e l’insostenibilità della moneta unica.
Cosa ne pensa del fatto che alcuni, da Della Valle in giù, hanno cominciato a esprimere critiche a Renzi?
Sono parte del problema, perchè vorrebbero ulteriori svalutazioni del lavoro, puntando a una competitività di costo che è la stessa strada portata avanti da Bruxelles.
Wanda Marra
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 4th, 2014 Riccardo Fucile
STORIA DI UNA MADRE CORAGGIOSA E DI UNA BUROCRAZIA DEMENZIALE
Quando perdi il marito e poi il figlio, una manciata di mesi dopo, non c’è altro spazio per il dolore. E,
però, ti fa male vedere che lo Stato, invece di aiutarti, ti tormenta. Ti perseguita, quasi.
Monica e Giovanni Cornara a San Giuliano Milanese erano più di una coppia, erano un punto di riferimento per tutti. Lei ostetrica. Lui pediatra di questo paesone dell’hinterland milanese. Insieme erano l’anima di un banco di solidarietà per i poveri.
Con loro i cinque figli, frutto di un amore che durava da tutta la vita.
Di una fede che era dono e lavoro quotidiano. La fiducia nella vita li aveva portati ad adottare ancora un bambino.
Non importava che avesse un handicap: il giorno che era entrato in casa era già loro figlio. Il sesto.
Poi la sorte si capovolge. Li mette alla prova come Giobbe.
Una mattina del settembre 2012 Giovanni muore nel suo studio. Monica non cede, al funerale — davanti al paese ammutolito — pronuncia parole di gratitudine.
Ma tre mesi dopo il destino si prende anche il figlio maggiore mentre scia. Monica resiste con una forza che pare sovrumana e invece è piena di umanità .
Accanto a lei la presenza misteriosa, ma viva, di Giovanni e di Giacomo.
Eppure oggi quando la senti avverti una nota di amarezza. Non per il dolore cui è riuscita a dare un senso. No, a esasperarla sono lo Stato e la burocrazia che le richiedono continui adempimenti, che le rubano tempo e denaro.
Racconta: “Ho dovuto pagare due volte le tasse di successione, perchè mio figlio per legge prima di morire è stato erede di suo padre”, dice senza lamentarsi, anche se così se ne sono andati 16mila euro. Sono le regole.
Ma è solo l’inizio: “Poi è arrivato il tribunale che si rifiutava di fare l’inventario dei beni e mi costringeva a rivolgermi a un notaio”.
Altro tempo, altri soldi. Ma il calvario era appena iniziato: la pensione di reversibilità per legge va divisa tra tutti i figli rimasti.
Ora per lo Stato hanno un reddito (non importa che siano 300 euro al mese), così perdono i benefici cui avrebbero diritto se il padre fosse vivo.
La borsa di studio del ragazzo universitario, le riduzioni per studenti sui mezzi pubblici, perfino l’esenzione dal bollo auto come madre di un minore con handicap.
Fino alla goccia finale: il bambino disabile al cento per cento non avrà più diritto all’indennità perchè risulta avere un reddito.
Una fatica senza sosta: bolli, sei dichiarazioni dei redditi, soldi guadagnati dal padre e succhiati dallo Stato.
Monica non cerca compassione: “Non lo dico per noi, riusciamo a campare. È una questione di principio. Così invece di aiutare una famiglia, la sfiniscono”.
Monica non lo dice, ma in questa Italia è più facile conservare la fede in un Dio invisibile che in uno Stato che tormenta una donna rimasta sola.
Mentre prevede sempre scappatoie per evasori e potenti.
Ferruccio Sansa
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 4th, 2014 Riccardo Fucile
IL DIPLOMATICO MANCINI AVREBBE INVIATO ALLA FARNESINA UNA NOTA PER IL RIMBORSO DI 400 EURO PER FARLA RIDIPINGERE
Alla Farnesina quando hanno letto il dispaccio targato «Nuova Delhi» quasi non volevano credere a quel che c’era scritto.
L’ambasciatore Daniele Mancini chiedeva 400 euro all’amministrazione degli Esteri per «lavori straordinari».
E fin qui, nulla di nuovo. La prima considerazione fatta dagli uffici è stata: con quel che guadagna (si parla di 20mila euro netti al mese), magari, poteva non presentare il conto al ministero.
Ma a far saltare sulla sedia i vertici del ministero (dal segretario generale, Michele Valensise, in giù) sono state le motivazioni della richiesta di rimborso economico.
I 400 euro – spiegava l’ambasciatore nella nota – sono serviti a pagare gli operai che hanno ridipinto una parte della recinzione della residenza del diplomatico a Nuova Delhi.
Recinzione – spiegava la nota – rovinata (a dire dell’ambasciatore e della sua signora) dai fili dei panni utilizzati da Massimiliano Latorre e Salvatore Girone per stendere la propria biancheria.
I due fucilieri di Marina sono infatti «ospiti» dell’ambasciata da quando sono rientrati in India.
Una soluzione accettata a denti stretti dall’ambasciatore e dalla moglie. Tant’è che, a quanto pare, non è la prima volta che la Farnesina si vede recapitare conti della spesa a loro carico.
La residenza diplomatica di Nuova Delhi ha un parco enorme e loro sono stati collocati in una dèpendance nascosta da una grata di legno con rampicanti.
Ospiti non proprio graditi, insomma. Soprattutto alla signora ambasciatrice.
Tant’è che per giustificare e legalizzare la loro presenza in ambasciata, i due marò sono stati messi sotto le dipendenze dell’addetto militare.
Una formula scelta per metterli al riparo dalle ugge della famiglia Mancini.
E pensare che proprio l’ambasciatore italiano a Nuova Delhi ha avuto un ruolo non secondario sul loro rientro in India.
Le autorità indiane avevano paventato la possibilità di togliere l’immunità diplomatica a Mancini: immunità regolamentata dal Trattato di Vienna del 1961.
E l’ambasciatore, intimorito da questa minaccia, fece enormi pressioni sul suo principale sponsor dell’epoca, Corrado Passera; del quale era stato consigliere diplomatico al ministero dello Sviluppo economico.
E fu proprio Passera – come ha ricostruito Giulio Terzi di Santagata, dimessosi da ministro degli Esteri ad una settimana dalla fine del governo Monti – a sostenere l’opportunità di far tornare in India i marò.
Proprio per evitare – spiegava Passera a Palazzo Chigi – possibili ripercussioni al nostro ambasciatore.
Per essere più convincente raccontò di aver saputo attraverso i propri canali diplomatici (Mancini?) di una lettera che la Confindustria aveva in animo di scrivere. Lettera nella quale gli imprenditori facevano il punto del danno economico che sarebbe stato determinato da un mancato ritorno dei marò in India.
Inutile dire che questa lettera non è mai stata recapitata a Palazzo Chigi.
Ma si tratta di gossip. Quel che resta è la richiesta di rimborso di 400 euro presentato da Daniele Mancini & signora alla Farnesina per ridipingere una balaustra.
Al ministero degli Esteri hanno fatto due conti. Tradotto in dollari, fa qualcosa più di 500 dollari.
Per avere un termine di paragone, il reddito pro capite medio indiano è di 1.500 dollari all’anno.
Ne consegue che l’operaio impegnato a ridipingere la recinzione, in pochi giorni, ha guadagnato un terzo di quel che incassa in dodici mesi.
(da “il Giornale“)
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