Agosto 1st, 2014 Riccardo Fucile
NEL 2012 IL MINISTERO DELL’ECONOMIA CHIEDEVA SPIEGAZIONI SU “FLORENCE MULTIMEDIALE”
Il documento è datato maggio 2012. Qualche settimana dopo, l’8 giugno, Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, avvierà l’iter per le primarie di coalizione.
Solo a settembre Matteo Renzi, arrembante sindaco di Firenze, romperà gli indugi e ufficializzerà la propria candidatura.
Dopo mesi passati a «rottamare» ha deciso di giocarsi la sua grande occasione.
Se vince sarà lui a guidare il centrosinistra alle elezioni Politiche del febbraio 2013.
Renzi è lanciatissimo eppure a maggio il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato del ministero dell’Economia e delle Finanze (il titolare è ancora Mario Monti che a luglio passerà il timone a Vittorio Grilli ndr ), invia un documento che riguarda una «verifica amministrativo-contabile alla Provincia di Firenze».
Il periodo sotto esame è quello in cui Matteo governava, il quinquennio 2004-2009. E il quadro dipinto da via XX Settembre è tutt’altro che entusiasmante.
Ci si sofferma, in particolare, sul ruolo giocato da Florence Multimedia, la società esterna nata nel 2005 per volere dello stesso Renzi che ha preso il posto dell’ufficio stampa della Provincia.
L’accusa è pesante.
Secondo il ministero dal 2006 al 2009 «sono stati contrattualizzati, nella forma di contratto, convenzione, disciplinare di servizio, affidamenti al lordo per euro 9.213.644,69».
Nessun problema se non fosse che subito dopo si legge: «Ovviamente, non essendo stata prodotta alcuna evidenza documentale a supporto di quanto asserito, si può solo prendere atto». Insomma non ci sono documenti. Per questo la relazione sottolinea che «sarebbe interessante sapere quale grado di contezza abbia avuto l’Organo Consiliare di questi affidamenti “complementari” il cui importo, a ben vedere, triplica quello dei “Contratti di servizio base”».
Tradotto per i non addetti ai lavori il presidente-sindaco, forse all’insaputa dell’istituzione, avrebbe allegramente «buttato» 6 milioni di euro.
Non certo una bazzecola. Per altro «ricondotta ad altre fattispecie piuttosto evanescenti (“integrazioni economiche di precedenti contratti” o “affidamenti con contestuale approvazione di un progetto contenente gli elementi essenziali della prestazione”)».
Non avete capito niente? Normale.
Nemmeno gli ispettori del ministero. Proprio per questo invitavano a «fornire ulteriori elementi in ordine ai rilievi ancora da regolarizzare».
La vicenda, infatti, era iniziata a dicembre del 2011. Ma a maggio restavano dei punti oscuri da chiarire.
Cosa sia successo poi non è dato sapere. C’è un processo avviato davanti alla Corte dei Conti, ma riguarda la nomina di quattro direttori generali (anche di questi si parlava nella relazione del maggio 2012). L’ipotesi è che si sia configurato un danno erariale e la prossima udienza è fissata per settembre.
Ma dei soldi alla Florence Multimedia nessuno ha più parlato.
Nel frattempo il «rottamatore» ha perso le primarie del 2012, si è leccato le ferite, è tornato in pista per quelle del 2013, è diventato leader del Pd e poi, per via extraparlamentare, è arrivato a Palazzo Chigi.
Un’ascesa fulminea su cui oggi si allunga l’ombra di quei 6 milioni.
Il documento del ministero dell’Economia, infatti, dovrebbe essere parte integrante della denuncia che l’avvocato Carlo Taormina, difensore del dipendente comunale Alessandro Maiorano (il «nemico pubblico numero uno» di Renzi), sta preparando e presenterà nei prossimi giorni.
L’obiettivo è capire perchè quei soldi siano stati spesi e perchè, nonostante la richiesta di chiarimenti, nulla si sia mosso.
Chissà se stavolta le spiegazioni saranno più convincenti. E documentate.
Nicola Imberti
(da “il Tempo”)
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Agosto 1st, 2014 Riccardo Fucile
I SOLDI DELLA FONDAZIONE DEL PREMIER: ARRIVANO DA PARLAMENTARI E MINISTRI PD…IN SEI MESI CONTRIBUTI PER 347.000 EURO
Il 30 giugno scorso mentre il Paese era già dov’è ora, in attesa che gli annunci del governo diventassero realtà , il ministro per le Riforme costituzionali, Maria Elena Boschi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Luca Lotti, si trovavano a Firenze insieme a Marco Carrai e Alberto Bianchi per approvare il bilancio 2013 della fondazione Open (evoluzione della Big Bang) creata per raccogliere fondi finalizzati al finanziamento delle attività politiche del premier Matteo Renzi.
Boschi, Lotti, Carrai e Bianchi sono i membri del Cda della fondazione. Ed escluso Carrai ne sono anche finanziatori.
Insieme ad altri imprenditori, liberi professionisti e molti parlamentari. Con esattezza 28 deputati e 8 senatori.
Tutti del Pd. E tutti ovviamente renziani.
Nell’elenco c’è il tesoriere del partito, Francesco Bonifazi , l’europarlamentare Simona Bonafè, il deputato poi sindaco ereditiere di Firenze Dario Nardella e il suo collega a Montecitorio poi primo cittadino a Prato Matteo Biffoni.
Oltre a mezza segreteria democratica.
Dal gennaio 2013 al 30 giugno 2014 tutti hanno elargito denaro alla fondazione di Renzi.
In base ai dati di cui il Fatto è in possesso nel periodo compreso tra il primo gennaio 2014 e il 30 giugno scorso nelle casse della Open sono entrati 347.650 euro.
Da quando cioè Renzi ha vinto le primarie, nel dicembre 2013, ed è poi diventato presidente del Consiglio.
E ha nominato ministri, sottosegretari, scelto i candidati per le europee e assegnato poltrone nelle controllate.
Ernesto Carbone, deputato che a Roma guida una Smart del 2001 pagata simbolicamente un euro, ha versato alla fondazione 12mila euro.
Stessa cifra elargita da Bonifazi e dal senatore Andrea Marcucci che ha dichiarato un reddito di 397.424 mila euro, mentre Bonifazi ha depositato alla Camera un 730 da 67mila euro.
David Ermini e Michele Anzaldi hanno destinato alla attività politica di Renzi 10.400 ciascuno, mentre Luca Lotti e Dario Parrini, segretario del Pd della Toscana e componente della direzione nazionale del partito, hanno contribuito con 9.600 a testa. C’è poi Maria Elena Boschi, ministro nonchè segretario generale della Fondazione Open, che ha versato 8.800 euro per il suo mentore politico.
Con un assegno da 8mila euro in mano si sono presentati invece il sindaco di Prato Matteo Biffoni, il deputato Marco Donati e il senatore Mauro del Barba.
A seguire: Ernesto Magorno , deputato e sindaco di un paesino in provincia di Cosenza nonchè segretario regionale del Pd in Calabria per appena pochi mesi, ha elargito 7200 euro alla causa dello scout di Rignano.
Stessa cifra versata da Luigi Dallai e da due senatori: Stefano Lepri e Mario Morgoni. Il deputato Edoardo Fanucci contribuisce con 6800 euro mentre il sindaco di Firenze, Dario Nardella, si è fermato a 6600 euro seguito da Erasmo D’Angelis , sottosegretario alle Infrastrutture già nel governo Letta, che ha versato 6400 euro. L’elenco dei parlamentari è decisamente lungo e le cifre non sono enormi, va detto. Ma è quanto meno curioso che versino soldi alla fondazione del premier invece che al Pd.
Anche Enrico Letta e molti altri politici hanno guidato e guidano una loro fondazione ma nessuno prima d’ora aveva ricevuto in maniera così massiccia elargizioni da politici amici poi diventati deputati e infine nominati ministri, sottosegretari o vertici di partito.
Alla fondazione di Renzi, invece, arrivano fondi da deputati e senatori.
Da Palazzo Madama versano soldi alla Open Stefano Collina (6400 euro), l’ex vicepresidente della Provincia di Firenze quando Renzi ne era presidente Laura Cantini (5600), Rosa Maria Di Giorgi (5000), Nadia Ginetti (4800).
Da Montecitorio, invece, la lista è più corposa: l’ex segretario generale dell’Istituto Luigi Sturzo, Flavia Piccoli, e Silvia Fregolent contribuiscono alla fondazione renziana con 5600 euro; il sottosegretario per le riforme costituzionali Ivan Scalfarotto e Yoram Gutgeld versano ciascuno 4800 euro.
Paolo Coppola, Federico Gelli, Giovanna Martelli, Ermete Realacci e l’oggi eurodeputata Simona Bonafè si fermano a 4000.
Altri versano una cifra quasi simbolica: Filippo Crimi 3.200 euro, Piergiorgio Carrescia 2.000, Luigi Famiglietti, Roger De Menech e Davide Faraone 1.600. Rimanendo nell’ambito del “renzismo”, escludendo quindi gli imprenditori e i liberi professionisti che hanno compiuto elargizioni nel 2013 e nei primi sei mesi del 2014 alla fondazione, va registrato il contributo di Alberto Bianchi.
Presidente prima della Big Bang e ora della Open, avvocato di Renzi, amico di Carrai, ha versato complessivamente 29.400 euro.
Di cui, da prospetto, 5400 nel 2012 e 25 mila nel 2013.
Lo scorso aprile Bianchi è stato nominato dal governo nel consiglio di amministrazione di Enel.
Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 1st, 2014 Riccardo Fucile
PROMEMORIA PER ZANDA SU COSTITUZIONE, EMENDAMENTI E NORMA CANGURO
Riforma costituzionale, ostruzionismo, applicazione della «norma-canguro» per accorpare migliaia di emendamenti, proteste dell’opposizione, appelli al Quirinale.
Sembra la cronaca parlamentare degli ultimi giorni, in realtà è quella di quasi dodici anni fa. Copione analogo, ruoli invertiti con il centrosinistra dall’altra parte della barricata.
Era l’autunno 2002 e il governo Berlusconi, che schierava come ministro delle Riforme Umberto Bossi, aveva presentato un disegno di legge costituzionale di «devolution» di poteri su scuola, sanità e polizia dallo Stato alle Regioni.
La maggioranza di centrodestra marciava con passo deciso e senza dialogare con l’opposizione; l’Ulivo, progenitore del Pd, contestava con tutte le forze.
Alla fine di novembre la riforma Bossi approdava in Senato per la prima lettura.
E l’Ulivo rispondeva esattamente come fa oggi chi si oppone al Pd: ostruzionismo. Anzi, per usare l’espressione coniata dal centrosinistra dell’epoca, «ostruzionismo scientifico».
A deciderlo all’unanimità , l’assemblea dei senatori di centrosinistra.
A orchestrarlo, una task force di esperti senatori: Bassanini, Villone, Vitali per i Ds; Mancino e Petrini per la Margherita; Dentamaro per l’Udeur; Turroni per i Verdi.
I quali accolsero la «devolution» sommergendola con 1300 emendamenti.
In valore assoluto, meno degli ottomila che le opposizione hanno presentato oggi in Senato; in realtà , molti di più se si considera che il testo Bossi contava solo 2 articoli e 149 parole, mentre il ddl Boschi 35 articoli e 4323 parole.
L’obiettivo di Bossi era ottenere il primo sì del Senato entro il 9 dicembre, quando cominciava inderogabilmente la discussione della legge Finanziaria.
Quello dell’Ulivo era impedirlo, in modo da allungare i tempi di diversi mesi.
Non solo: per raddoppiare l’ostruzionismo ingolfando il Parlamento, l’Ulivo aveva già pronti altri settemila emendamenti sulla legge Finanziaria.
La battaglia parlamentare fu molto animata e ricorda quella attuale. L’Ulivo non mancò di alzare i toni («Scempio della Costituzione», «Violata la dignità del Parlamento»), di appellarsi al Capo dello Stato, di convocare proteste di piazza, di prolungare in ogni modo i lavori: contestazioni sul resoconto verbale, denuncia dei «pianisti», iscrizione in massa per parlare, pioggia di questioni pregiudiziali.
Stesse pratiche messe in atto in questi giorni da Sel e M5S.
Sotto accusa finì anche il presidente del Senato Marcello Pera, che applicò per la prima volta la regola del «canguro» per cancellare migliaia di emendamenti.
«Solo la tecnica del canguro – scriveva l’agenzia Ansa il 4 dicembre – ha potuto salvare governo e maggioranza da un ritardo inaccettabile sul traguardo finale».
Oggi che lo fa Piero Grasso, il Pd applaude.
Ma allora l’Ulivo gridava alla democrazia parlamentare violata.
E fu proprio grazie al contingentamento dei tempi dell’opposizione (che coniò lo slogan «undici ore per sfasciare l’Italia») e al «canguro» che la devolution fu approvata il 5 dicembre, nei tempi voluti dal governo.
Il testo passò alla Camera, che lo votò quattro mesi dopo, ma lì si fermò.
La riforma costituzionale prese un’altra strada, quella della baita di Lorenzago da cui uscì una riforma molto più ampia.
L’iter parlamentare ripartì con la stessa sceneggiatura: ostruzionismo e denuncia della «dittatura della maggioranza» da parte del centrosinistra.
Ancora una volta Pera applicò la norma-canguro per cancellare gli emendamenti.
Alla fine, la riforma fu approvata in doppia lettura dal Parlamento ma ebbe vita effimera: cancellata per fortuna con il referendum del 2006.
Giuseppe Salvaggiulo
(da “il Tempo“)
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Agosto 1st, 2014 Riccardo Fucile
“RENZI RAPPRESENTA IL PARADOSSO CHE FARE DISASTRI SIA MEGLIO CHE NON FARE NULLA”
Sotto mentite spoglie, questa riforma è l’apoteosi del berlusconismo.
Dopo una stasi ventennale dovuta alla contrapposizione tra potere e opinione pubblica, si attuano le riforme politiche berlusconiane che l’indignazione aveva bloccato.
Esasperando la retorica del fare, arriviamo al paradosso che fare disastri sia meglio che non fare nulla.
Le riforme costituzionali, che secondo Renzi sono ‘fortemente’ volute dal popolo italiano, sono quelle già bocciate dagli italiani nel referendum popolare del 2006.
Lo stesso Berlusconi ha detto che la riforma renziana non è altro che la sua personale riforma, affondata a suo tempo dalle sinistre
In questo modo Berlusconi ha voluto ribadire il suo copyright sul pacchetto di “riforme” di cui lui è l’autore e Renzi l’esecutore.
Carlo Freccero
(dirigente tv e docente universitario)
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Agosto 1st, 2014 Riccardo Fucile
E IL CONTO SALE A 500 MILIARDI SE SI AGGIUNGE IL FATTURATO DI “MAFIA SPA”
Una montagna nascosta nelle tasche degli italiani.
Solo di quelli più furbi però, e difficile da quantificare perchè si perde in mille rivoli, dal mancato scontrino del piccolo dettagliante alla grande evasione Iva che toglie risorse ingenti alla casse dello Stato.
In ogni caso nessuno è mai riuscito a calcolare quanto vale.
Solo stime, le ultime delle quali risalgono al 2008, all’inizio della crisi economica.
Il «Rapporto Riforma» pubblicato nel 2011 spiegava, infatti, che l’economia sommersa valeva tra i 255 e i 275 miliardi, vale a dire tra il 16,3% e il 17,5% della ricchezza prodotta.
Una quantificazione che non teneva in considerazione gli introiti accumulati dalle mafie e conteggiati nella ricerca di Bankitalia sull’Economia inosservata del 2012, relativa al quadriennio 2005-2008, secondo il quale l’economia sommersa, nel totale, ha toccato nel 2008 il 31,1% del Pil.
In valore assoluto – secondo i calcoli di Bankitalia – l’economia che sfugge alle statistiche ufficiali sfiora i 490 miliardi di euro, 290 dei quali dovuti all’evasione fiscale e contributiva e circa 187 all’economia criminale legata alla prostituzione e alla vendita di stupefacenti.
Dai risultati è emerso che nel quadriennio 2005-2008 c’è stata un’incidenza media dell’economia sommersa e di quella illegale pari rispettivamente al 16,5 e al 10,9% del Pil: per un totale del 27,4% di economia inosservata.
Meno catastrofico ma altrettanto pesante il calcolo della Uil che in suo dossier ha stimato che il fatturato prodotto dal nero, nel 2009, sia stato di oltre 154 miliardi di euro con un’incidenza sul pil del 10,3%.
Sommerso che si avvale di manodopera ai quali non viene versata la contribuzione e che nell’anno in esame ha ha coinvolto complessivamente oltre 3,7 milioni di lavoratori.
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Agosto 1st, 2014 Riccardo Fucile
CENTO SENATORI FIRMANO UN DOCUMENTO: “VIOLATE LE REGOLE PARLAMENTARI, DA UN ORRORE ISTITUZIONALE NON PUO’ NASCERE UNA COSTITUZIONE”… L’ENNESIMA MENZOGNA DEL BARO SUL REFERENDUM
Il Senato ha detto sì: non ci saranno più parlamentari liberamente eletti dai cittadini a Palazzo Madama.
I 100 nominati saranno in larga parte scelti dai consigli regionali (95), mentre 5 saranno di nomina presidenziale e godranno dell’immunità parlamentare.
Se un sindaco o consigliere regionale è imputato e in pericolo di arresto, sarà sufficiente che il suo partito lo sistemi tra i 95 senatori e potrà fare una pernacchia ai magistrati.
Ci volevano Renzi e i suoi mazzieri per fare il colpo del secolo, nonostante il 70% degli italiani si dichiari nei sondaggi favorevole a un Senato elettivo e non di nominati.
E’ un brutto giorno per la democrazia in Italia, ma in fondo è quanto gli italiani meritano per aver dato fiducia al secondo venditore di pentole bucate in venti anni.
Colpa anche di una opposizione incapace di impedire questo scempio della democrazia e di non aver fatto seguire al primo voto segreto, in cui aveva messo alle corde il governo, il colpo del ko definitivo.
Pochi minuti fa un centinaio di senatori tra cui esponenti di PI, Fi, Sel, Lega, M5S in una lettera denunciano che “non si possono decidere le regole di convivenza, violando sistematicamente le regole parlamentari. Da un orrore istituzionale non può nascere una Costituzione”. E ancora: “la conduzione incerta dei lavori” e le “ingerenze e provocazioni” di Renzi.
Ma non si possono presentare 7.000 emendamenti per poi assistere inerti alla loro illegittima decapitazione: bisognava avere uno staff legale alle spalle e procedere immediatamente a denunce personali e contestualmente all’occupazione dell’aula.
Fino a costringere Grasso a chiamare la polizia: un bel biglietto da visita per il pataccaro sui media di tutto il mondo.
E lo spocchioso avrebbe abbassato la testa.
Invece l’opposizione si è divisa in tre tronconi, dove al massimo erano in sintonia a rotazione due su tre.
Dio ci salvi dai prudenti…
Sel ha problemi al suo interno e teme ripercussioni negli enti locali dove governa con il Pd. Se fosse un partito coeso alla prima minaccia di ricatto di Renzi circa le giunte locali, avrebbe dovuto far dimettere tutti i suoi assessori entro 12 ore.
Immaginate il panico di tanti amministratori piddini locali che sarebbero rimasti col culo per terra…
Che lezione sarebbe stata per Renzi e che dimostrazione di dignità per una sinistra vera.
Inutile sottoscrivere 6.000 emendamenti e poi restare ancora in aula: come andare al ristorante con chi ti ha appena rapinato.
I Cinquestelle avevano forza e numeri per guidare la rivolta ma non hanno una guida lucida, mancano nella comunicazione, non sono organizzati, sono estemporanei.
Non hanno saputo cogliere il momento giusto e rischiare la carta vincente.
Più coerente la Lega che ha una formazione “inquadrata” ma che paga il dover stare a metà del guado: con l’alleato Forza Italia a fare da basista e a tenere lo strascico al Truffatore.
Si è limitata a una buona tattica parlamentare ma è senza una strategia globale.
Chiudiamo con l’ultima cialtronata di Renzi che ha dichiarato: “la maggioranza che sostiene questa riforma è disponibile a far mancare qualche numero per lasciare l’ultima parola ai cittadini con il referendum.
Frase che avrebbe senso se la maggioranza avesse i due terzi dei voti del Senato (ovvero 206 voti su 315 senatori totali).
Peccato che a 206 Renzi non ci arriverà mai: oggi l’art 2 della Legge truffa è stato approvato con 194 sì, 26 no, e otto astenuti (non erano presenti Lega Nord e Movimento 5 stelle).
Quindi si andrà al referedum per legge, non per gentile intercessione del mentitore Renzi.
Ultima sensazione: come si è sentita oggi la mancaza di “una destra che non c’e'”, capace di difendere la legalità contro gli abusi, le regole scritte contro la loro violazione, la democrazia contro i disegni autoritari, la Costituzione contro sedicenti riformatori del cazzo.
In una parola la destra “a tutto campo” del futuro.
Ma questo è un altro discorso.
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Agosto 1st, 2014 Riccardo Fucile
LA “BADANTE” DI SILVIO: “SULLA GIUSTIZIA RENZI LA PENSA COME BERLUSCONI”
Eccola, la potente “tesoriera” di Forza Italia. Maria Rosaria Rossi poggia la tazzina di caffè.
Aria scherzosa, ma non troppo, risponde: “Io dovrei citarvi per danni psicologici a voi giornalisti; scrivendo tutti i giorni di me come ‘la tesoriera’, mi avete illusa che avrei trovato un tesoro e invece ho trovato solo debiti… Chiamatemi debitiera…”.
È nel corso di una pausa dei lavori del Senato che la Rossi fa un passaggio alla bouvette.
Scusi, senatrice Rossi, ma alla fine c’è sempre Berlusconi che paga…
“No, è questo il punto. Adesso non solo non c’è più il finanziamento pubblico, ma con la nuova legge, secondo me fatta contra personam, il presidente non può più sostenere il partito come ha fatto fino ad oggi”.
Insomma, siete poveri?
“Di soldi… ma la nostra ricchezza si chiama Silvio Berlusconi”.
Insolito incrociare la Rossi a palazzo Madama.
Si capisce dalla processione dei senatori azzurri che “l’ombra del Capo” sta lì per monitorare la situazione, mentre Berlusconi è ad Arcore a smaltire i postumi della fastidiosa influenza.
Inizia così, quasi per gioco, la conversazione con la “debitiera” Rossi. Debitiera, ma anche molto di più. Perchè la Rossi ha un potere enorme, quello di firma delle liste elettorali. Ed è anche titolare del simbolo di Forza Italia.
È sua la firma sulle liste dei candidati che vengono depositate: “E’ chiaro — spiega — che agisco sulla base delle indicazioni del presidente Berlusconi”.
Però, scusi senatrice, mi faccia capire: se lei impazzisce e dice che le liste, per come sono fatte, non le firma neanche sotto tortura che succede, non si presentano?
“Non si preoccupi, non impazzisco”.
Però è su questa storia che dentro Forza Italia è iniziata la dissidenza.
“Chi attacca me — prosegue la Rossi – lo fa perchè non ha il coraggio di attaccare il presidente. E se la prende con chi gli sta attorno. Non c’è niente di più ovvio del fatto che io prenda disposizioni dal presidente. O vogliamo ancora credere alla storiella che Berlusconi non ha capacità di intendere e volere ed è nelle mani di qualcuno? Siamo seri per favore”.
Senatrice, è raro vederla in Aula con questa assiduità al Senato.
È vero, però quando ci sarà il senatore Napolitano mi vedrà più spesso.
Non mi pare che le dimissioni siano all’ordine del giorno.
Peccato, da collega avrei voluto dirgli tre parole.
Quali?
Mica lo dico a lei. Tre parole…
Torniamo al Senato.
È un momento politico molto importante, in cui è stato il presidente Berlusconi per primo a raccomandarci di essere presenti e impeccabili nella condotta. Se le riforme stanno andando avanti è grazie ai nostri voti e alla coerenza con cui stiamo rispettando i patti. Credo che lei sarà d’accordo con me se dico che su tutta questa storia delle riforme, Renzi ha più problemi dentro casa sua che con noi. La tensione, nel Pd, è palpabile. Parlano pure del ritorno dei 101.
Pure voi avete un bel dissenso interno.
È fisiologico che su materie così importanti ci sia una discussione. Ma il gruppo sta tenendo bene e senza le ferite profonde che vedo a sinistra.
Insomma, grazie a voi Renzi ha tirato giù Letta con l’Italicum, poi grazie a voi evita di rimanere prigioniero delle correnti del suo partito. Il Patto del Nazareno si rafforza.
Va molto di moda parlarne… Diciamo che si rafforza perchè è evidente che non c’è alternativa al patto del Nazareno se si vogliono fare le riforme. Ma è tutto più semplice di quello che si vuole far apparire. Il presidente Berlusconi e il presidente Renzi hanno trovato un accordo per riformare la Costituzione. Ed entrambi lo stanno portando avanti con impegno e coerenza.
Perchè non lo pubblicate? Non crede che allontanerebbe i sospetti di “inciucio”?
Semplicemente perchè non è scritto… Lo so, lo so… Ora mi dirà che Toti ha detto che c’è un pezzo di carta scritto… Io la vedo così: tra persone per bene vale una stretta di mano. Se poi le persone in questione, ovvero Renzi e Berlusconi, mentre parlavano hanno preso due appunti come pro-memoria mi pare una cosa normale. Certo non c’è una pergamena sigillata con la ceralacca e depositata dal notaio.
Nella stretta di mano c’è anche la giustizia?
Questo non credo. E sa perchè? Perchè non ce n’è bisogno. Nel senso che in materia di giudici e di riforma della giustizia Renzi è un garantista. Ha un approccio molto più simile a quello di Berlusconi che al partito dei giudici che ha guidato la sinistra in questi vent’anni. Non è un caso che la prima cosa che ha annunciato è la responsabilità civile dei magistrati.
E adesso, se ho capito bene, sarà stipulata la seconda parte del patto sulla legge elettorale.
È chiaro che se si fa un patto le modifiche non possono che essere che condivise. Martedì Renzi e il presidente Berlusconi si incontreranno e discuteranno di eventuali modifiche. Mi pare che anche in questo caso stiamo dimostrando pazienza e senso di responsabilità .
Dica la verità , senatrice: vi sentite un po’ al governo da quando c’è Renzi? Nel senso che non vivete questo esecutivo come ostile sulle cose che stanno a cuore a Berlusconi, dalla giustizia a Mediaset.
No, su questo sbaglia davvero. Anche su Mediaset circolano leggende. Che cosa dovrebbe tifare il dottor Confalonieri, che vada male l’Italia e saltino i conti pubblici? È ovvio: spera che l’economia si riprenda e che il governo non faccia errori. Tutti gli imprenditori sperano che l’Italia ce la possa fare, io per prima visto che sono un’imprenditrice. Ciò detto, siamo tutti molto preoccupati per l’economia di questo Paese. Parlo ogni giorno con colleghi imprenditori, e tutti vedono un Renzi in difficoltà sui conti: non c’è crescita, non ci sono riforme, la spesa pubblica sale, sarà costretto a una manovra lacrime e sangue. Se con questi conti al governo ci fossimo stati noi, con questi indicatori apriti cielo…
Seguendo il filo del ragionamento, le chiedo: offrirete a Renzi la vostra disponibilità di un governo di larghe intese per far fronte alla crisi
Il presidente Berlusconi ha offerto un patto sulle riforme, perchè noi diversamente da ciò che fece la sinistra nel 2005 siamo un’opposizione che ha a cuore l’Italia. Condividere la scrittura delle regole è un conto, condividere un governo mi pare fantascienza.
Bene non vi sentite al governo, però grazie a Verdini mi pare ci sia un’interlocuzione privilegiata con palazzo Chigi.
Grazie a Berlusconi direi. Fu il primo a fiutare che il giovane Renzi aveva talento e infatti lo invitò ad Arcore, quando era solo un sindaco. La sua vittoria e quel che è venuto dopo con un dialogo civile tra noi è la testimonianza che Berlusconi ha sempre avuto ragione: il problema di questo paese sono i comunisti. Ritornando al senatore Verdini penso che stia facendo un ottimo lavoro. È una persona concreta e leale ed ha tutta la mia stima.
Andare al governo è fantascienza. Sbaglio però se faccio questo ragionamento: dopo aver fatto le riforme assieme sarà naturale eleggere assieme il successore di Napolitano
Non sbaglia.
Mi faccia una previsione sulle prossime elezioni.
Una previsione? Nella prossima primavera.
È un auspicio?
È una previsione.
Io però non ho capito una cosa. Ma se si vota domani mattina, o tra un mese, o tra un anno, voi chi candidate visto che Berlusconi è in eleggibile?
E che problema c’è… Un Berlusconi vuole che non lo troviamo?
Un Berlusconi?
Un Berlusconi.
Quindi sta dicendo che scenderà in campo un figlio. Però senatrice ammetterà che pare una telenovela: lei allude, Marina smentisce… sono mesi che si va avanti così.
Non ho detto Marina, ho detto “un Berlusconi”. Magari abbiamo il jolly. E magari vincerà le prossime elezioni. E forse in questo Paese potremmo ricominciare a sperare.. Ecco le do il titolo: #matteostaiserenoabbiamoiljolly.
E questo è il messaggio politico del cerchio magico che lei rappresenta.
No la prego, il cerchio magico no..
Adesso mi vuole negare anche l’esistenza di un cerchio magico.
No, non posso negare che esiste un cerchio intorno al “Magico”…
A proposito di cerchio magico, ci dice lo stato dei rapporti tra Berlusconi e la Pascale?
È lo stato di due persone che insieme fanno rabbia a molti, ma il loro amore vincerà su tutto, soprattutto sull’invidia e sull’odio: fatevene una ragione.
Ma Francesca ha ambizioni politiche visto che sui giornali campani si parla si una sua candidatura come governatrice?
Probabilmente in passato sì, ma poi ha fatto una scelta, quella di stare accanto all’uomo che ama.
Quindi lei lo esclude?
Io lo escludo.
Senatrice, che effetto le fa essere descritta come la più cattiva di tutti?
Non mi considero una persona cattiva, nemmeno buona, mi sento semplicemente di stare nel giusto; sto ricoprendo incarichi importanti nel momento più difficile della storia di Forza Italia e del presidente Berlusconi. Si è cattivi quando si abusa dei più deboli. Io combatto solo l’ipocrisia e l’ingratitudine.
Fuori i nomi.
Chi vuole intendere, intenda. Mi riferisco a tutti quelli che usano gli ideali come pretesto per raggiungere posizioni importanti e a tutti coloro che hanno la memoria più corta del proprio naso. Io non dimentico chi mi ha portata fin qui, perchè la lealtà e la riconoscenza non sono doveri ma stati d’animo che mi accompagnano ogni giorno nel percorso della mia vita. Inviterei tutti a non dimenticare.
Ma si aspettava questo successo?
No, non mi aspettavo certo tutto questo, ma nel momento stesso in cui accetto di svolgere ogni ruolo che mi viene assegnato lo porto avanti, sempre, con impegno e dedizione e con grande senso di responsabilità , ma soprattutto con la consapevolezza che, nel mio caso, il margine di errore è pari a zero.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 1st, 2014 Riccardo Fucile
E’ BASTATO UN APPELLO DI GRASSO PER FAR RIENTRARE SEL E CINQUESTELLE: ORA GLI GETTERANNO DUE BRICIOLE PER SFAMARSI E LA FARSA SARA’ FINITA
Ora che il campo è libero dal macigno più grosso, vale a dire la battaglia delle opposizioni sull’elezione diretta dei senatori, il governo tira davvero un sospiro di sollievo.
Tanto che decide di aprire alla mediazione con i dissidenti Pd, quelli di Forza Italia, M5s, Sel, Lega.
Il campo è libero perchè in mattinata l’aula di Palazzo Madama ha bocciato l’ultimo emendamento che riguardava l’elezione diretta per il nuovo Senato, proposto dal dissidente Dem Vannino Chiti.
E’ a quel punto che Matteo Renzi sente Maria Elena Boschi, presente in aula al Senato, nonchè il senatore renziano Andrea Marcucci e il capogruppo Luigi Zanda.
E’ in questo breve scambio che si decide per la mediazione con le opposizioni: “Per svelenire il clima”, dicono dai vertici Pd.
La Boschi prende la parola in aula per annunciare la proposta di mediazione: “Ritengo che potrebbe essere valutata dalla presidenza l’ipotesi di riprendere i lavori dell’aula alle 16 per consentire al governo e ai relatori di affrontare nel merito alcune questioni che restano sul tavolo con l’impegno di tutti di riprenderli con serenità , mantenendo per ora il calendario già deciso e valutando nei prossimi giorni come affrontare gli impegni che ci attendono – dice il ministro – C’è la disponibilità del governo al dialogo e al confronto su alcuni temi aperti ”
Ovvero il governo ha incassato la vittoria più centrale: l’elezione indiretta dei senatori della nuova assemblea di Palazzo Madama. Era lo scoglio più alto, il tema che ha tenuto banco per mesi nello scontro continuo tra maggioranza e opposizione, dilaniando pure gli stessi Pd e Forza Italia.
Portata a casa la vittoria, Renzi apre sui temi che erano già stati al centro dei contatti con le opposizioni nei giorni scorsi. Praticamente si riparte dal Lodo Chiti, la proposta di mediazione naufragata all’inizio della settimana per l’indisponibilità di Sel di ritirare i suoi emendamenti.
Bazzeccole: la riduzione delle firme necessarie per chiedere il referendum costituzionale, la riduzione delle firme necessarie per presentare leggi di iniziativa popolare, l’allargamento della platea di elezione del presidente della Repubblica.
Dall’esito di questa mediazione dipende il prosieguo dei lavori al Senato. Nel Pd puntano a finire l’esame dell’articolo 2 del ddl Boschi magari entro domani, per mettere al sicuro la spina dorsale della legge, vale a dire i primi due articoli.
E se così sarà , fanno sapere ufficiosamente, magari domenica si potrà fare una pausa, per riprendere lunedì con l’esame dei decreti sulle carceri e sulla pubblica amministrazione.
Dove ha sbagliato l’opposizione?
Partiamo da una domanda di fondo: questa legge era o no viziata da una profonda illeggittimità ?
Se sì, bisognava, come minimo, impedire che venisse approvata nei tempi voluti dal magliaro.
Se è vero che la conventicola ha posto in essere abusi evidenti, occorrevano riposte adeguate.
Quando Grasso ha minacciato di far intervenire la polizia (poi correggendosi) ha di fatto esposto un nervo scoperto: solo con le minacce i compagni di merende sarebbero venuti a capo della questione.
Proprio nel momento in cui molti autorevoli compagni di viaggio di Renzi lo stanno abbandonando (dal Corriere della Sera a imprenditori come Della Valle) occorreva la spallata.
Un qualcosa che facesse capire a una opinione pubblica distratta che è in gioco, con un premier arrogante e ignorante in qualsiasi materia, la nostra democrazia.
E Renzi non può permettersi in questo momento una immagine internazionale da dittatore nordkoreano.
Lì doveva scattare la trappola: impedire il perpetrarsi di una legge truffa, frutto dell’accordo tra un Spregiudicato e un Pregiudicato.
Una opposizione di 90 senatori che non sia solo parolaia non può farsi condizionare da uno Zanda che impedisce persino il voto segreto sulla riforma della Costituzione.
Grasso avrebbe fatto intervenire i commessi?
Bene, non esistono commessi che abbiano voglia di referti medici per difendere Renzi.
Grasso avrebbe allora fatto intervenire la polizia?
Bene: ve l’immaginate la figura di merda internazionale di un governo europeo che chiama la polizia, con relativi scontri in Aula, per impedire all’opposizione di svolgere il proprio ruolo, in base al regolamento vigente, violato dalla maggioranza?
Secondo voi Renzi può permettersi una scena del genere che sarebbe stata veicolata dai media fino al più sperduto Paese africano?
Per lui sarebbe stata la morte civile.
Quando il gioco si fa duro, cara opposizione, bisogna essere all’altezza del momento e capire le carte che ha in mano l’avversario.
Non bastano le firme, ci vogliono cervello e palle.
E soprattutto non temere di perdere la poltrona.
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Agosto 1st, 2014 Riccardo Fucile
ESTENDERA’ GLI 80 EURO ANCHE AI GIORNALISTI DE “L’UNITA” ?
Il suo “studio” è collocato fra il soggiorno e la cucina di una casa popolare sulle colline di Savona.
Dal balcone si vede un relitto della funivia più vecchia d’Europa che ancora oggi trasporta carbone dal mare a Cairo Montenotte e la vecchia darsena sfregiata dagli ecomostri di Calce & Martello, la speculazione rossa.
Da questa “tana”, Danilo Maramotti mitraglia vignette dai tempi di Cuore e gli ultimi 13 anni li ha passati lavorando per l’Unità .
Le “ferie” di Danilo non differiscono molto dai giorni di lavoro.
Si alza alle 7, ascolta le radio, sfoglia i giornali, poi raggiunge una spiaggia libera fra Savona e Vado e lì , sotto alla prora di una nave fantasma, si immerge in mare , unico bagnante accanto a una famiglia musulmana che entra in acqua con la sposa completamente vestita.
Alle 11 lascia questo paesaggio degno di De Chirico e torna far rider l’Italia al tavolo da disegno.
Oggi sul futuro di Maramotti si allunga l’ombra di un’altra nave prossima al naufragio, l’Unità , e soprattutto quella dell’uomo che aveva promesso di salvarla prima di “battezzare” la rottamazione della Concordia: Matteo Renzi.
Pure essendo, con Vauro, Giannelli, Staino ed Elle Kappa una delle grandi firme della satira nazionale Maramotti è il più schivo di tutti ma come si suol dire “anche i vignettisti nel loro piccolo s’incazzano” al punto da formulare , con la matita fra i denti , 10 domande a Renzi.
1) Quando lei ha detto che l’Unità è “un brand da salvare” si riferiva soltanto al “brand” , cioè al nome della testata, o anche al giornale e alla redazione ?
2 ) Quando è andato a fare l’inchino al recupero del Concordia sapeva che nelle stesse ore stava naufragando l’Unità ? Non era meglio per la Sua immagine star vicino a un giornale ancora vivo che a una nave morta?
3) Lo slogan della sua fortunata campagna elettorale è stato SUBITO !. Valeva ancora quando lei ha detto che avrebbe salvato il giornale ?
4) Lei ha scalzato Letta proponendosi come l’uomo che avrebbe salvato l’Italia , cosa penserà chi l’ha eletto se Lei non riesce nemmeno a salvare la testata storica del suo partito ?
5 ) Lei è permaloso ? Sul suo scarso entusiasmo pesa forse il fatto che, al suo esordio alla guida del Pd, l’Unità non sia stata compattamente “Renziana”?
6) È vero che in un diverbio con un dirigente del Pd, Lei sarebbe sbottato dicendo (pare): “Me ne frego se chiudono i giornali”? E quando Lei ha detto che due testate erano pleonastiche per il Pd, si riferiva a Europa o all’Unità ?
7) Le tv e la maggior parte dei giornali oggi sono “Renziani”. È questo consenso quasi berlusconiano che spiega la freddezza del Pd verso l’Unità e che ha facilitato la fine del giornale?
8 ) Lei ha contattato in questi giorni dozzine di manager e imprenditori stranieri. Possibile che non sia riuscito a formare neppure una cordata per salvare la testata-bandiera della sinistra italiana ?
9) Estenderà gli 80 euro anche ai redattori dell’Unità ?
10) Lei ha parlato della “Generazione Telemaco”, cioè dei giovani che dovrebbero riprendere in mano il loro futuro. A quale mito dovrebbe ispirarsi mia figlia che ora dovrà rinunciare all’università ?
Mimmo Lombezzi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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