Agosto 25th, 2014 Riccardo Fucile
LA RUSSIA RALLENTA L’ECONOMIA TEDESCA E SPIANA LA STRADA ALLA NOMINA DELLA MOGHERINI IN EUROPA
L’ultimo indizio è arrivato nel pomeriggio direttamente da Jean Claude Juncker.
Nella prossima Commissione, ha spiegato il nuovo presidente, le donne “sono notevolmente meno degli uomini” ma verranno ricompensati con “portafogli importanti o uno o due posti di miei vice”.
A uno di questi punta da tempo Federica Mogherini, in corsa per la poltrona di Alto Rappresentante per la Politica Estera, e l’evoluzione del contesto geopolitico, con le sue ricadute sulle economie regionali dell’Eurozona, potrebbe darle la spinta definitiva.
Questo suggerisce l’ultimo, ennesimo, segnale di allarme che arriva dalla Germania: la flessione più pesante delle attese dell’indice IFO sulla fiducia delle imprese tedesche.
Indice spinto al ribasso soprattutto dalla crisi in Ucraina e dalle sanzioni contro la Russia che rischiano di mettere in seria difficoltà le esportazioni del Paese verso Mosca, uno dei maggiori partner commerciali della Germania.
Secondo l’Istituto nazionale di statistica, un impresa su dieci, tra quelle che hanno rapporti commerciali con l’estero, vende prodotti in Russia.
Secondo un report di Deutsche Bank, tra le principali economie europee, in termini assoluti e non percentuali, l’economia tedesca è quella che sarebbe più penalizzata da un peggioramento dei rapporti tra i due Paesi.
Le esportazioni verso la Russia costituiscono circa il 3,1% del totale (contro il 2,1 della Francia e il 2,6 dell’Italia) e valgono circa 1,5 punti percentuali di Pil.
Numeri da riscrivere ora che le sanzioni cominciano a sortire i loro effetti.
Nei primi sei mesi dell’anno l’export verso la Russia è calato del 15,5% rispetto al 2013. Prima ancora che le misure venissero rafforzate dopo la tragedia del volo abbattuto sui cieli ucraini e prima che Mosca decidesse di mettere in pratica a sua volta le proprie controsanzioni.
Per la Germania l’impatto sull’economia rischia di essere molto pesante. Un altro report di Deutsche Bank ha previsto per l’anno una caduta delle esportazioni del 20/25%.
Numeri importanti per un Paese che ha scelto da tempo l’export come locomotiva del proprio prodotto interno lordo, segnato invece da una domanda interna e da investimenti stabilmente troppo bassi.
Quel -0,2% di frenata dell’economia tedesca nel secondo trimestre comunicato dall’Istituto di statistica nazionale, seppur temporaneo e ancora non condizionato eccessivamente dal peso delle sanzioni, ha offerto un ulteriore elemento di preoccupazione.
A marzo la principale banca tedesca calcolava un possibile impatto negativo di 0,5 punti sulla crescita del Paese nel caso in cui il calo delle esportazioni raggiungesse il 30%. Una batosta per un’economia che, malgrado il passo falso del secondo trimestre, confida ancora di potere crescere — secondo le stime dell’Istat tedesco — dell’1,8% entro la fine dell’anno. Forse, ed è quello che lasciano intendere anche le borse oggi, anche grazie alla spinta delle “misure non convenzionali” annunciate qualche giorno fa da Mario Draghi e di cui anche la Germania potrebbe giovare.
È in questo quadro che si incastra la partita delle nomine Ue ed è in questo intreccio che il nome di Federica Mogherini potrebbe essere vista con un occhio diverso da Berlino.
Il ministro degli esteri italiano, osteggiato da una parte dei paesi dell’Est proprio perchè considerata eccessivamente filorussa, ora potrebbe tornare non così sgradita proprio ad un altro dei suoi principali detrattori iniziali, la Germania, ora preoccupata dall’impatto sulla propria economia delle sanzioni alla Russia.
Dopo settimane di abboccamenti, il valzer delle prese di posizioni ufficiali l’ha fatto partire oggi Angela Merkel, annunciando di sostenere la nomina di Luis de Guindos, spagnolo e popolare, a capo dell’Eurogruppo.
Sul fronte interno dal sottosegretario alla presidenza Sandro Gozi, plenipotenziario del governo nella trattativa con Bruxelles, è arrivato invece l’endorsement ufficiale per il francese Pierre Moscovici, in pole position per il posto di sostituto di Olli Rehn come Commissario agli Affari Economici e Monetari.
Condizioni che fanno salire le quotazioni di Federica Mogherini al posto della baronessa Ashton dopo la costituzione dell’asse Roma-Parigi per sponsorizzare reciprocamente le proprie candidature.
E persino il settimanale Der Spiegel, che soltanto un mese fa era arrivato a definire “sconsiderata” la candidatura della Mogherini ora si trova a riconoscere che ad oggi “è considerata la favorita per la successione della britannica Catherine Ashton”. Qualcosa è cambiato a Berlino e dintorni, e il ministro italiano, alla fine dei conti, si può rivelare un’opzione favorevole anche per Angela Merkel.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 25th, 2014 Riccardo Fucile
SE L’AVESSE FATTO BERLUSCONI ORA SAREBBERO TUTTI IN PIAZZA… UN PROVVIDEMENTO DEMAGOGICO CHE RIGUARDERA’ APPENA 1.000 DIPENDENTI A CUI BISOGNERA’ PAGARE IN PIU’ IL SALARIO ACCESSORIO, I BUONI PASTO E LA PRODUTTIVITA’
Il 1 settembre scatta il dimezzamento dei permessi sindacali previsto dal decreto di riforma della Pubblica amministrazione convertito in legge il 7 agosto.
A prevederlo è una circolare del ministro Marianna Madia firmata mercoledì scorso, il 20 agosto.
Nei prossimi sei giorni, dunque, “tutte le associazioni sindacali rappresentative dovranno comunicare alle amministrazioni la revoca dei distacchi sindacali non più spettanti”.
Il taglio dei permessi, che “non si applica” alle Rsu, ovvero le Rappresentanze sindacali unitarie, ”è finalizzato alla razionalizzazione ed alla riduzione della spesa pubblica”.
Il dimezzamento dei distacchi e dei permessi ”vale”, secondo il governo, per le casse pubbliche, 115 milioni.
Per Carmelo Barbagallo, segretario generale aggiunto Uil, “questa scelta non c’entra nulla con la spending review. Da tale operazione, infatti, non scaturirà alcun risparmio per lo Stato; anzi, il rientro dei distaccati comporterà un aumento dei costi per le casse pubbliche, perchè occorrerà pagare a questi dipendenti anche il salario accessorio, i buoni pasto e la produttività ”.
Poi la sferzata: “Al ministro Madia, comunque, diciamo che abbiamo già adempiuto al rispetto della tempistica fissata in questa legge. Auspicheremmo che altrettanta velocità si possa registrare sul fronte della riduzione dei costi della politica. Così come ci attendiamo che ci si affretti a riaprire il tavolo per il rinnovo dei contratti per i lavoratori della P.A., considerato che, da oltre cinque anni, i pubblici dipendenti non hanno più aumenti salariali: lo Stato è diventato il peggiore e il più inadempiente datore di lavoro”.
Anche il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, a margine del Meeting di Rimini ha detto di aspettarsi dal governo “che rinnovi i contratti dei pubblici dipendenti fermi scandalosamente da ben sette anni” e ha escluso che possa essere “l’ennesimo taglio dei distacchi sindacali, che peraltro la Cisl non ha contrastato, a risolvere i problemi della Pubblica amministrazione”.
“Non ci siamo fasciati la testa nel passato e non ce la fasceremo neanche stavolta, anche se si tratta di diritti sindacali fondamentali in una democrazia”, ma quello che serve è “un piano trasparente e dettagliato di riforma di tutta la Pubblica amministrazione da discutere con il sindacato”.
In particolare, il segretario chiede un “assetto nuovo di regioni, enti locali e sanità che sono il pozzo senza fondo di tutti gli sprechi della spesa pubblica italiana ed il luogo di corruzione negli appalti e nelle varie consorterie. Non vorremmo che ogni volta si dia la stessa notizia del taglio dei distacchi per evitare di discutere di queste questioni che sono il nocciolo della crisi italiana”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 25th, 2014 Riccardo Fucile
NELL’OSPEDALE DI MANFREDONIA IN TRE ANNI SPESI 2,5 MILIONI DI EURO PER ACQUISTARE DISINFETTANTI “IN MANIERA ABNORME E A PREZZI GONFIATI”… LA DENUCIA DI UN MEDICO CHE SCOPRE I COSTI REALI
La truffa “abnorme” ai danni della sanità pubblica, secondo la Procura di Foggia, è partita dall’ospedale di Manfredonia.
Era qui che erano necessari solo novanta flaconi di disinfettante per le sale operatorie. E sarebbe bastato spendere ottomila e cinquecento euro.
Ovvero novantacinque euro per ogni flacone da cinque litri.
Invece la Asl di Foggia ne ha acquistati ben mille e duecento, arrivando a tirare fuori in tre anni (dal 2009 al 2011) quasi due milioni e mezzo di euro di soldi pubblici.
E pagando ogni singola bottiglietta (sempre da cinque litri) 1900 euro (Iva inclusa).
La Guardia di finanza ha accertato che la fornitura in questione era anche “inutile”, in quanto materiale simile era “già presente” nella farmacia dei tre ospedali coinvolti nella truffa (Manfredonia, San Severo e Lucera).
Ma non è tutto: un milione e mezzo di euro per i flaconi d’oro erano in realtà “ordini falsi”, “mai autorizzati” e pagati dal servizio sanitario con l’utilizzo di timbri e firme fasulli.
Altro che spendig review: tre ospedali del tavoliere delle Puglie per due imprenditori erano diventati l’albero della cuccagna, il rubinetto dei soldi facili.
E correvano tangenti, viaggi gratis e perfino buoni di benzina per i pubblici funzionari dell’ufficio “patrimonio” che “inventavano” gli ordini del disinfettante d’oro e non solo quello.
Il fornitore: “Costa di meno? L’ho scoperto dopo su internet…”.
E’ tutto scritto in un’informativa della Gdf che ora è al centro della richiesta di rinvio a giudizio per sette indagati tra pubblici funzionari e imprenditori.
E l’inchiesta che il prossimo 24 settembre arriverà davanti al giudice per le udienze preliminari è partita grazie ad un medico, un responsabile dell”ospedale di San Severo, Giuseppe D’ Alessandro, che davanti all’arrivo della prima fornitura di Trigene – questo il nome del disinfettante – con relativa bolla d’accompagnamento, è saltato sulla sedia davanti al prezzo d’acquisto.
“Quando mi venne mostrata la comunicazione dell’ufficio patrimonio con l’ordine del Trigene, non avendone mai sentito parlare e sorpreso per il costo esorbitante, ho accennato al direttore amministrativo le mie perplessità in merito – ha raccontato ai finanzieri -.
Quest’ultimo mi ha invitato a segnalare subito la cosa per iscritto”. La nota è arrivata fino ai tavoli dell’assessorato regionale ed è poi finita in Procura. E da lì è partita l’inchiesta. L’imprenditore che ha “venduto” il disinfettante ad un prezzo “abnorme”, Ettore Folcando, ora ha chiesto il patteggiamento.
E ha raccontato agli inquirenti di aver scoperto il costo “reale” del Trigene solo dopo l’avviso delle indagini “navigando su Internet”.
Sostenendo di essere stato truffato a sua volta in quanto rivenditore. “Quando ho saputo dell’indagine ho fatto delle verifiche e ho scoperto che il prezzo di vendita del Trigene era molto più basso… Ho acquistato tramite internet dei flaconi di Trigene, pagandoli al prezzo di 95,75 euro per ciascun flacone Iva compresa. Ho fatto fare delle analisi ed ho scoperto che si tratta dello stesso prodotto acquistato dall’Asl Fg a 1600 euro”, mette a verbale.
Alla Asl nessuno verificava i prezzi.
Scrive la Procura di Foggia nella richiesta di rinvio a giudizio: “L’imprenditore Folcando propone ai suoi interlocutori, cioè gli impiegati dell’Asl di Foggia preposti all’istruttoria delle pratiche di acquisto, prezzi abnormi rispetto a quelli offerti dal mercato, certo che nessuno ne verificherà mai la congruità e solleverà obiezioni, poichè le forniture sono state decise, come si vedrà , sulla base di accordi illeciti”.
E aggiunge: “Il quadro che emerge dalle risultanze acquisite nei procedimenti richiamati è quello di un ufficio area gestione del patrimonio diretto da funzionari che non esercitano alcun filtro di tecnicità e correttezza; in tale contesto ambientale, è assicurata al funzionario Di Stefano Nazario tutta la libertà d’azione che gli consente di commettere innumerevoli azioni delittuose”.
Il funzionario collettore di tangenti.
Scrive la Procura di Foggia: “Le indagini svolte evidenziano il ruolo di primo piano svolto dal Di Stefano Nazario all’interno dell’Asl di Foggia, quale collettore di tangenti. Anzitutto, occorre sottolineare come il Di Stefano, nonostante fosse in possesso della qualifica di coadiutore amministrativo e, quindi, non abilitato ad istruire le pratiche amministrative oggetto dell’inchiesta sia stato destinato a tali incombenze da tutti i dirigenti che si sono succeduti nella carica di direttore dell’area patrimonio dell’Asl Fg, e cioè Lamedica Silvano, Granatiero Raffaele e De Francesco Romolo.
Quali le ragioni dell’affidamento di tali compiti al Di Stefano? La risposta al quesito la fornisce lo stesso Di Stefano nel corso dell’interrogatorio reso davanti al pubblico ministero: in sintesi, il Di Stefano ha dichiarato di aver agito fedelmente su disposizione dei suoi capi servizio e di aver ricevuto tangenti non solo per sè, ma anche per il Granatiero Raffaele, il De Francesco Romolo e per l’Inchingolo Savino (quest’ultimo, sub commissario dell’ Asl di Foggia).
Ovviamente, sia il Granatiero che il De Francesco, in tutte le occasioni in cui sono stati sentiti, hanno preso le distanze dall’operato del Di Stefano Nazario, attribuendogli la responsabilità esclusiva dell’istruttoria delle pratiche oggetto dei diversi procedimenti penali”, conclude la Procura.
Giuseppe Caporale
(da “La Repubblica”)
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Agosto 25th, 2014 Riccardo Fucile
IL CENTRO PER L’IMPIEGO DI CHIETI OFFRE POSTI INADEGUATI: UN ESCAMOTAGE PER AGGIRARE LA LEGGE 68/99 SULLE QUOTE RISERVATE… L’ITALIA, GIA’ SANZIONATA DALLA UE, RISCHIA UNA SECONDA CONDANNA
Il centro per l’impiego di Chieti cerca gruisti, carrozzieri, saldatori, verniciatori, sarti tagliatori, manutentori meccanici.
Queste le offerte di lavoro riservate a luglio ai diversamente abili, in base alle legge 68/99.
Molto difficile, però, immaginare un disabile nei panni del gruista o del saldatore.
Di certo non potrebbe salire su una gru Lorenzo Torto, un ragazzo di 26 anni di Chieti affetto da tetraparesi spastica e costretto su una sedia a rotelle.
E’ stato lui a scoprire il fatto e a presentare un esposto alla Procura, corredato dalla sentenza della Corte di giustizia europea che l’anno scorso ha sanzionato l’Italia per non aver recepito la direttiva 2000/78, che combatte le discriminazioni in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.
“Mi auguro che il magistrato si pronunci al più presto, stabilendo se queste mansioni decisamente fisiche siano compatibili con la condizione di diversamente abile”.
Torto è oggi tra i più attivi paladini nella battaglia per i diritti dei disabili italiani nel mercato del lavoro.
Proprio una sua petizione fu alla base della condanna del nostro Paese — dove l’84% dei portatori di handicap in età lavorativa non ha un impiego – da parte dell’Europa. L’anno scorso è stato anche convocato dal Parlamento europeo per presentare le sue richieste.
”Purtroppo l’Italia non ha ancora recepito pienamente questa direttiva comunitaria, nonostante il pronunciamento europeo. È trascorso oltre un anno e nulla di concreto si è mosso. Se proseguiamo su questo binario riceveremo presto una seconda condanna. E intanto assistiamo a questi schiaffi alla dignità umana”.
Ma come è potuto succedere che alcune imprese, con il viatico di un Centro per l’impiego, abbiano messo nero su bianco offerte del genere?
“La direttiva europea”, spiega Torto, “parla chiaro. Impone al datore di lavoro di assumere lavoratori diversamente abili ma al tempo stesse chiede di trovare soluzioni ragionevoli. E quindi afferma, al di là del buon senso, che mai un disabile potrebbe andare a fare il gruista o l’elettricista o altre mansioni impossibili“.
Di conseguenza, secondo Torto, “la ricerca del Centro per l’impiego di Chieti è un falso in atto pubblico. La colpa è sia delle aziende, sia, ovviamente, del centro per l’impiego stesso: possibile che i suoi funzionari leggano quel genere di mansioni e non ne colgano al volo l’assurdità prima di firmare? Non si rendono conto della sofferenza che arrecano a persone già costrette a vivere su una sedia a rotelle?”.
A chi finiranno, dunque, questi posti di lavoro sulla carta riservati agli invalidi?
“È il classico metodo. A un certo punto diranno: “Io ho cercato dei disabili, come ci impone la legge, ma non li ho trovati””, sostiene Torto.
“Quindi, trascorso un determinato lasso di tempo, assumeranno persone perfettamente sane in quota legge 68/99. È un meccanismo perverso”.
La legge 68/99 (“Norme per il diritto al lavoro dei disabili”) ha come finalità “la promozione dell’inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato”.
I datori di lavoro sono obbligati a assumere un lavoratore disabile se l’azienda occupa dai 15 ai 35 dipendenti, due dai 36 ai 50 dipendenti e il 7 per cento di tutti gli occupati se l’impresa conta più di cinquanta addetti.
“La 68/99 non vale nulla, perchè in realtà non obbliga il datore di lavoro ad assumere un diversamente abile, non avendo in sè sistemi sanzionatori tali da punire il datore di lavoro disonesto”, è la conclusione di Torto.
“O meglio, una sanzione esiste: due o tre euro per ogni giorno “fuorilegge”. Una miseria. All’imprenditore conviene pagare la penale”.
Maurizio Di Fazio
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 25th, 2014 Riccardo Fucile
ASSESSORI REVOCATI IN 24 ORE, ALTRI NOMINATI ALL’INSAPUTA DI NOGARIN
Due assessori indicati pochi giorni fa all’insaputa del Sindaco, altri nominati il mese scorso e revocati nel giro di 24 ore. A quasi ottanta giorni dalle elezioni amministrative la Giunta comunale di Livorno non è ancora al completo.
E così il comune strappato alla sinistra, il vanto M5s nella disfatta alle ultime elezioni amministrative, la bandiera sventolata da Grillo dopo la debacle alle Europee rischia di diventare un pericoloso boomerang per tutto il Movimento.
Ma niente paura: il sindaco Filippo Nogarin, che da sempre è sembrato un tipo tra modello Happy hour e afflato alternativo, da San Vito Lo Capo nel trapanese, con un selfie con alle spalle un mare cristallino, ha rassicurato gli animi di chi iniziava ad essere in apprensione per le sorti del Comune toscano: “Non esiste un caso assessori. Ho deciso che nomino San Vito Lo Capo. Che mare!”.
Con tanto di smile alle fine del post.
Insomma, un qualcosa che in tanti – a leggere i commenti su Facebook – non hanno gradito, non trattandosi – San Vito – ne’ di un assessore al Bilancio ne’ di un amico da chiamare in causa per l’Ice Bucket Challenge.
Un selfie, quello del Sindaco, che sembra più una cartolina inviata dalle vacanze ai cittadini livornesi, di quelle con scritto “baci e abbracci”.
Che Nogarin fosse un primo cittadino fuori dal comune, qualcuno direbbe in tutti i sensi, si era capito, ma la sua Giunta, dalla storia complicata, sembra esserlo ancor di più.
Tanto da essere ancora under construction.
Una prima formazione era stata presentata il 9 luglio ma era incompleta: mancava, come manca ancora oggi, un assessore al Bilancio.
Anche altri incarichi sono ancora al centro di sostituzioni e discussioni a causa delle proteste degli iscritti grillini livornesi.
A sole 24 ore dalla nomina di Simona Corradini come assessore alla Mobilità , ad esempio, gli attivisti del Movimento 5 Stelle hanno inviato al Sindaco una richiesta di sostituzione, motivandola con la presunta incompatibilità di Corradini con le regole e con i valori del partito perchè si era presentata alle elezioni nelle liste di un altro movimento.
Così Nogarin ha accolto la richiesta.
Stesso copione, anche se le richieste sono state accolte solo in parte e sono in via di definizione, è stato recitato pochi giorni dopo.
A metà luglio sempre gli attivisti del Movimento 5 Stelle hanno chiesto di sostituire gli assessori alla Cultura, Serafino Fasulo, e all’Ambiente, Giovanni Giordani, poichè i due erano già stati candidati a precedenti elezioni amministrative con partiti diversi dal M5S.
Infine una terza richiesta è stata depositata nei confronti dell’assessore all’Urbanistica, Alessandro Aurigi, che “in quanto conclamato amico di Nogarin, rende criticabile e accusabile il M5S di non essere coerente con i propri principi”.
Ad Aurigi sarebbe stato ridimensionato l’incarico ma sotto il depotenziamento dei suoi compiti ci sarebbe un vero e proprio scontro tra Nogarin e Marco Valiani, primo dei non eletti pentastellati in Consiglio comunale, che avrebbe sollevato il caso. Valiani, che aveva aperto due gruppi su Facebook utilizzando il logo dei 5S e il nome di Beppe Grillo, è stato diffidato dallo stesso Sindaco diventato poi bersaglio di critiche da parte della minoranza grillina livornese che lo ha soprannominato: “Lo sceriffo a 5 stelle”.
L’ultimo capitolo, per il momento, è stato scritto il 19 agosto quando due nomine sono state comunicate dal capogruppo M5S, Francesco Bastone, agli altri capigruppo del Comune.
Il Sindaco, in un primo momento, si è dissociato dicendo di non saperne niente: “La nomina è di mia competenza, io sono in ferie e finora non l’ho fatta. Sono in vacanza”. Ed è subito selfie.
Salvo poi precisare: “Il capogruppo ha solo anticipato alcuni passaggi sulla ridistribuzione delle deleghe che appena rientrerò dalle ferie formalizzerò”.
Quale sarà la sorte ancora non si sa anche perchè da uno scambio di mail, divenute pubbliche, emergono nomi discordanti.
La strana storia del Comune toscano, piena di aneddoti, di annunci e di smentite in meno di ottanta giorni, si arricchisce di uno striscione anti-Israele apparso ad Effetto Venezia, la festa estiva di Livorno, il 25 luglio scorso: “Fermare il genocidio a Gaza. Israele vero terrorista”.
Striscione che non è stato rimosso dal Sindaco. Anzi, “l’hanno attaccato e lì sta”, ha detto Nogarin riferendosi ai gruppi della sinistra antagonista che hanno affisso l’accusa a caratteri cubitali contro la politica israeliana.
“Grave? A me sembra una frase generica”, anzi ha aggiunto, “quello striscione aiuta a sviluppare un ragionamento”.
Di certo, Nogarin dovrà ragionare, tornato dalle vacanze, sui suoi assessori e su un consiglio comunale senza Giunta.
In fondo lui, che a suo modo è un personaggio da film, ama definirsi “Un genio ribelle” come quello della pellicola “Will Hunting” di Gus Van Sant (ma purtroppo Robin Williams non c’è più).
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 25th, 2014 Riccardo Fucile
NELLA RELAZIONE CONSEGNATA AL MINISTERO DELL’AMBIENTE L’ESPERTO SOTTOLINEA CHE “SEMMAI BISOGNEREBBE DARE INFORMAZIONI CORRETTE SUL COMPORTAMENTO DA TENERE DA PARTE DI CHI SI INOLTRA NEI TERRITORI DELL’ORSA”
Il comportamento dell’orsa Daniza, che a ferragosto ha ferito un cercatore di funghi in Trentino, “e’ perfettamente normale, e non e’ affatto indice di pericolosita’ dell’animale”.
E’ il parere dell’etologo Roberto Marchesini contenuto in una relazione consegnata oggi al ministero dell’Ambiente.
Secondo l’esperto, “per considerare ‘deviante’ un comportamento animale deve esserci una aggressione non motivata che avviene al di fuori dell’habitat naturale, mentre nel caso dell’orsa queste condizioni non si sono verificate.
Cercare funghi e’ ovviamente un’attivita’ che porta l’essere umano a frequentare luoghi silvestri dove e’ possibile entrare in rapporto con gli animali che vi dimorano sulla base di precise esigenze ecologiche — scrive l’esperto — come peraltro compreso dai piani di reintroduzione.
Sia chiaro: se si mette in discussione questo punto e’ lo stesso progetto di reintroduzione che decade”.
Piu’ che l’allontanamento delle specie, continua Marchesini, sarebbe utile dare informazioni corrette sui comportamenti per chi si inoltra nei loro territori.
”E’ certo che l’incontro debba aver avuto quel margine di sorpresa che si presta a essere equivocato da una mamma che sente come primo obbligo naturale e istintuale di difendere i propri cuccioli — sottolinea l’etologo — Un comportamento umano siffatto sarebbe salutato come il piu’ grande gesto di autentica generosita’ e non si capisce perche’ lo stesso comportamento debba tradursi nella stigmatizzazione di pericolosita’ dell’animale in questione. O Daniza era pericolosa a prescindere, per il fatto di appartenere a una specie di grossa mole, o non puo’ diventarlo a seguito di questo episodio. Ma c’e’ di piu’: se consideriamo la forza che puo’ mettere un orso in un comportamento di aggressione, e se paragoniamo l’esiguita’ delle ferite riportate dall’aggredito, non possiamo non dedurre che l’orsa non voleva affatto produrre seri danni ma solo spaventare e allontanare. Anche in questo caso — conclude Marchesini — cio’ depone per un grande equilibrio comportamentale”.
(da “Meteoweb”)
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Agosto 25th, 2014 Riccardo Fucile
POCHI GIORNI DOPO LE VIOLENZE DI MALAGA E GANDIA, IL MINISTRO DEGLI INTERNI FA RIDERE IL MONDO… “COSI’ SI TORNA A DARE LA COLPA ALLE POTENZIALI VITTIME”
La paura costa meno dell’educazione.
Almeno questo è quello che si evince dal sito del Ministero degli Interni di Madrid, che da qualche giorno offre una serie di controversi consigli contro la violenza sulle donne.
Tutte dirette esclusivamente al genere femminile. “Acquistare un fischietto per spaventare il delinquente” o “chiudere le tende per evitare sguardi indiscreti” sono solo due delle nove eccentriche raccomandazioni che il sito ufficiale del governo iberico propone alle donne per difendersi dai molestatori.
Tutte sulla stessa scia: meglio nascondersi e non dare nell’occhio.
Consigli che non sono certo passati inosservati sui social network e che hanno allertato blog e associazioni femminili.
Diverse deputate del partito socialista hanno accusato il dipartimento diretto dal ministro Jorge Fernà¡ndez Dàaz di voler colpevolizzare le donne: “Non c’è maggior pericolo che un governo di incompetenti: chiudere le tende per evitare di essere violentate, dice il Ministero degli Interni”.
Così ha twittato ad esempio l’ex segretaria di Stato delle Pari opportunità Soledad Murillo.
Anche Puri Cusapiè, dell’esecutivo del Psoe, si è mostrata critica: “Si ritorna a dare la colpa della violenza alle donne. Mi ha ricordato la famosa ‘sentenza minigonna’ (quando nel 1989 si giustificò un’aggressione sessuale da parte di un datore di lavoro nei confronti di una dipendente di 17 anni per gli indumenti portati dalla vittima, ndr). Anche l’eurodeputata spagnola Elena Valenciano ha diffuso una nota, denunciando i consigli del ministero degli Interni sulla prevenzione alla violenza di genere in quanto “alimentano il mostro del machismo dominante”.
E la formazione di Izquierda Unida ha tacciato la lista come “indegna e intollerabile” e ne ha chiesto la rimozione.
I nove punti pubblicati online dal governo iberico arrivano dopo due stupri di gruppo che hanno scosso l’opinione pubblica spagnola, avvenuti lo scorso fine settimana: il primo a Malaga (una giovane di 20 anni violentata da cinque ragazzi), il secondo a Gandia (una diciannovenne vittima di quattro uomini).
Se il ministero degli Interni voleva dimostrare la propria vicinanza alle vittime di violenza, non ha però azzeccato neppure uno di queste raccomandazioni: “non passeggiare per vie solitarie”; “evitare di notte le fermate degli autobus”; “guardare attorno alla propria auto prima di utilizzarla o di parcheggiare”; “non mostrare il proprio nome per intero nella buca delle lettera se si vive sole”; “non entrare in ascensore se c’è un estraneo”; “accendere la luce in più stanze per far vedere che in casa vivono più persone”.
Ma dopo l’indignazione collettiva sui social network e le dure reazioni politiche e sociali, fonti del Ministero hanno annunciato all’agenzia di stampa iberica che i consigli antiviolenza verranno modificati.
Resta solo da capire in che modo.
Silvia Ragusa
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Agosto 25th, 2014 Riccardo Fucile
“IN GERMANIA LO STATO E’ PRESENTE, QUA GLI EREDI DELLE FAMIGLIE CAPITALISTE SCAPPANO”
I prossimi mesi saranno molto difficili: «Se il governo e la politica non dimostrano di aver capito qual è la gravità dei problemi, rischiamo di trovarci in una situazione esplosiva», dice Maurizio Landini, leader della Fiom-Cgil.
E promette «una mobilitazione per proporre al governo interventi concreti a sostegno del lavoro e gli investimenti»
Landini, perchè la situazione rischia di esplodere?
«Perchè sono ormai entrati in crisi tutti i settori strategici dell’industria di questo paese. Dall’auto alla siderurgia, dagli elettrodomestici alle Tlc, l’elenco delle aziende in crisi è un campo di battaglia. Tutti i nodi stanno venendo al pettine»
Che cosa proponete per evitare l’esplosione?
«Un cambiamento radicale che faccia tornare gli investimenti. Senza investimenti non c’è lavoro, questo è il vero nodo».
Eppure proprio voi siete accusati di aver contribuito a far fuggire gli investitori potenziali con una linea troppo intransigente…
«Questa è una pura sciocchezza. In questo Paese non si investe o si investe molto poco perchè il capitalismo familiare italiano è giunto al capolinea. Sono gli eredi delle grandi famiglie che vanno via o falliscono. Tre nomi per tutti: Agnelli, Merloni, Riva»
Al netto del capitalismo familiare, voi siete comunque accusati di non firmare mai gli accordi. Come risponde?
«Seconda sciocchezza. Noi firmiamo accordi eccome. Lo abbiamo fatto alla Electrolux, scongiurando il trasferimento della produzione e accettando un accordo che scambiava riduzioni di orario con il mantenimento dell’occupazione. Lo abbiamo fatto nell’auto alla Lamborghini e alla Ducati, società del gruppo Volkswagen, accettando, in cambio di nuove assunzioni e orari settimanali ridotti, anche un aumento dell’utilizzo degli impianti su sei o sette giorni lavorativi».
Lei parla di cambiamento radicale. A che cosa si riferisce?
«Le crisi possono diventare l’occasione per cambiare finalmente verso nella politica industriale. Penso a una riconversione ecologica delle nostre produzioni industriali. Penso a un piano per tre settori strategici: la siderurgia, i trasporti, la logistica. Con governo, aziende e sindacati che si danno degli obiettivi e un arco di tempo entro cui realizzarli »
La politica industriale non piace alle aziende. Dicono che così si mina la libertà d’impresa. Come rispondete?
«In Germania c’è un piano per l’automobile concordato da governo, aziende e sindacati. Da noi non c’è mai stato nulla di simile. In Germania l’economia va. Noi invece con l’iperliberismo siamo arrivati al punto che vivono sotto la soglia di povertà anche quelli che il lavoro ce l’hanno».
Questo governo è un interlocutore credibile per il piano che voi proponete?
«Sì, se lo vuole. Questo governo ha ottenuto una importante legittimazione alle ultime elezioni. E’ buona regola fare i conti con i governi che ci sono. Noi non ci sottraiamo»
Ma forse si sottrae il governo. Che ha mostrato di non avere grande voglia di incontrare i sindacati in questi mesi. Vi considera un po’ una zavorra del sistema..
«Anche Renzi saprà , mi immagino, che uno da solo non cambia un Paese. Soprattutto se vuole mettere in campo la riforma della Pubblica amministrazione e quella del mercato del lavoro».
Voi siete d’accordo a riscrivere lo Statuto dei lavoratori?
«Se riscrivere lo Statuto significa allargare anche ai precari i diritti che oggi riconosce ai lavoratori dipendenti, certo che sono d’accordo. Se riscrivere significa tagliare drasticamente i 46 tipi di contratti diversi, quasi tutti precari, che ci sono oggi, sono ovviamente d’accordo. Se significa che tutti i lavoratori, anche quelli delle piccole aziende, possono avere la cassa integrazione e che la cassa è pagata da tutte le aziende, anche quelle piccole, certo che sono d’accordo»
E se vuol dire abolire l’articolo 18 sulla libertà di licenziamento?
«Non sono d’accordo perchè questo non allarga diritti, ne toglie».
Le aziende dicono che l’articolo 18 è un freno alle assunzioni. Sostengono che nel mondo di oggi ormai nulla è per sempre. Non si vede perchè deve essere per sempre un’assunzione…
«Ecco un’altra sciocchezza. I soloni che teorizzano questo provino ad andare in banca a chiedere un mutuo dicendo: ‘Oggi sono assunto a tempo indeterminato. Ma domani chissà ? Del resto nulla è per sempre’. Secondo lei che cosa risponde la banca?»
Autunno caldo dunque. Scioperi contro il governo?
«Nelle condizioni di oggi non credo che si tratti di scioperare contro ma di mobilitarsi per un pacchetto di proposte. Noi come metalmeccanici lo faremo. Altre categorie lo faranno a loro volta. Questo è il modo per cambiare verso nelle fabbriche e negli uffici. E forse evitare l’esplosione sociale».
Paolo Griseri
(da “La Repubblica”)
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Agosto 25th, 2014 Riccardo Fucile
INTERCETTAZIONI, PRESCRIZIONE, FALSO IN BILANCIO, RESPONSABILITA’ DEI GIUDICI: C’E’ ANCORA DISTANZA… SEPARAZIONE DELLE CARRIERE, RISARCIMENTI DIRETTI DELLE TOGHE, FINE DELL’OBBLIGATORIETA’ DELL’AZIONE PENALE SONO I NODI CENTRALI DELL’EX CAVALIERE
Non era affatto convinto già due settimane fa Silvio Berlusconi, quando nelle tre ore di faccia a faccia a Palazzo Chigi si era affrontata per sommi capi anche la riforma della Giustizia.
E lo è ancora meno dall’altro giorno, da quando, cioè, il senatore di Forza Italia Giacomo Caliendo ha incontrato a via Arenula il ministro Andrea Orlando che gli ha illustrato i punti cardine della riforma così come dovrebbe andare in Consiglio dei ministri il 29 agosto.
Per il Cavaliere restano «sospesi» tutti i nodi fondamentali, come anche lo stesso Caliendo ha confermato, quei punti su cui il leader azzurro batte da anni.
Insomma, è il senso dei ragionamenti di un Berlusconi che sta trascorrendo l’intera estate ad Arcore, la riforma così com’è non convince affatto perchè non affronta le tre grandi questioni a lui da sempre care: separazione delle carriere, abolizione della obbligatorietà dell’azione penale e responsabilità diretta dei magistrati (e non quella indiretta su cui si sta invece lavorando).
Per non parlare delle intercettazioni e della prescrizione. Insomma, una delusione su tutto il fronte. Dal suo punto di vista.
Un rapido riassunto di come si vedono le questioni dal balcone di Arcore: il Cavaliere resta dubbioso su come si vogliono affrontare questi punti nodali, ma non solo.
E i suoi emissari, in primis Cosimo Ferri, seguito da Enrico Costa, il primo più pragmatico del secondo se non altro per l’antica familiarità con Denis Verdini, gliel’hanno buttata giù così: Csm e intercettazioni; non se ne parla neppure.
Sul Csm non c’è chiarezza sulla divisione dei membri laici e sulle funzioni.
Sul secondo punto, Forza Italia chiede l’eliminazione di ogni possibile pubblicazione e così come l’ha invece scritta Orlando, si lascia la possibilità che gli avvocati possano trasmettere ai giornali stralci di riassunti di ascolti, a loro uso e consumo, che sarebbero una cura peggiore del male.
E, comunque, ci sarebbe troppo “potere mediatico” in mano ai legali, unici depositari della possibilità di leggere, nel dettaglio, le trascrizioni delle telefonate.
Meglio una norma tranchant: non si pubblica nulla, ma Orlando non ne vuol sapere. Renzi teme l’accusa di censore.
L’accordo sulla questione, dunque, è lontano, troppo anche per sperare, da parte del governo, di arrivare ad una quadra di compromesso.
Accelerazione processo civile: su quello è sì su tutta la linea, così come sulla modifica del penale, per accelerare i processi e snellire la giustizia che, comunque, con i suoi ritardi ferma gli investimenti.
Ma guai a toccare troppo la prescrizione. Per dire: l’altro giorno, il Mattinale, house organ di Fi, ha chiesto un ripensamento su entrambi i nodi che riguardano la parte penale della riforma.
L’allungamento dei tempi della prescrizione, si leggeva sul foglio azzurro online di rito brunettiano, «diventerebbe l’autorizzazione alla tortura inqualificabile».
Mentre introdurre il falso in bilancio e l’autoriciclaggio, due nuovi reati (ripristinato, il primo) della cosiddetta economia criminale, per Fi sarebbe solo l’espressione di un «conservatorismo manettaro», con «il rischio concreto di un effetto negativo sull’economia».
Costa, in questo caso, è stato il vero ispiratiore dello stop, trovando poi in Cosimo Ferri un valido alleato nel sostenere la tesi di una Forza Italia che “deve conservare lo spirito garantista”.
“Io penso che alla fine tutto questo non ci piacerà affatto”, sentenziava Giovanni Toti solo poche ore fa.
Insomma, è il ragionamento che si fa ad Arcore, al momento tutto è fuorchè «una riforma della giustizia di Berlusconi».
Per dirla, stavolta, con Caliendo, all’appello mancano quei tre nodi che potrebbero portare Berlusconi a sentirsi “compartecipe” della riforma. E sono sempre le solite tre questioni, la separazione delle carriere, l’obbligatorietà dell’azione penale e responsabilità civile diretta dei giudici.
Detto questo, Orlando si sarebbe impegnato ad «affrontare le sollecitazioni» arrivate da Forza Italia.
Ed è anche per questa ragione che Berlusconi vuole aspettare di vedere il testo dell’articolato che andrà effettivamente in Consiglio dei ministri venerdì prossimo prima di prendere una decisione sul da farsi. Tra martedì e mercoledì, infatti, Orlando vedrà di nuovo Caliendo, insieme ad altri rappresentanti della maggioranza e dell’opposizione nella terza e conclusiva tornata di incontri sui dodici punti da riformare.
E non è detto che alcuni di questi colloqui non sia anticipato, come nel caso di Forza Italia, da una telefonata per cercare di strappare ulteriori margini di trattativa.
Dunque, in quest’ultima fase di colloqui verrà probabilmente declinata la proposta definitiva sulla reintroduzione del falso in bilancio e sul reato di autoriciclaggio, ma anche il capitolo prescrizione, con una parte sostanziosa di Forza Italia favorevole, com’è noto, alla riestensione dei tempi solo per determinati reati e Costa che ha chiesto che la manovra sulla prescrizione sia mitigata dall’introduzione di tempi certi sulla durata delle indagini preliminari e dei dibattimenti.
Quel che è certo, al momento, è che il Cdm potrà licenziare senza scosse il pacchetto sul civile messo a punto per primo dalla commissione Berruti, con i provvedimenti per arrivare alla sentenza di primo grado in un anno e allo smaltimento dell’arretrato, per creare corsie preferenziali per la famiglia e le imprese, per dare tempi certi agli operatori economici sul recupero dei loro crediti.
Verrà incentivato il ricorso agli arbitrati, alla mediazione e alla rapida soluzione delle controversie.
Sulla revisione della responsabilità civile dei magistrati — che Orlando ha riscritto su modello europeo, con le toghe che potranno essere chiamate a rispondere dei loro errori in via indiretta, dallo Stato, con una rivalsa fino al 50% del loro stipendio — Forza Italia potrebbe astenersi nel voto finale, ma si vedrà più avanti.
Di sicuro, per dirla con Berlusconi, quello che uscirà dal Cdm del 29 sarà comunque un ddl monco.
Grazie ai veti e controveti dei suoi sodali, quella che manderà alle stampe Renzi non sarà l’attesa “riforma epocale”, ma solo un “tagliando” di alcuni punti che non riguarderanno temi (come il falso in bilancio e i tempi per la prescrizione) su cui, per altro, Berlusconi e Ncd stanno combattendo un’esplicita battaglia per l’egemonia nel centrodestra. E nessuno dei due è deciso a cedere terreno all’“avversario”
Sara Nicoli
(da “il Fatto Quotidiano”)
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