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CACCIARI ASSOLVE RENZI: “A VENEZIA IL PERFETTO SUICIDIO DEL PD”

Giugno 15th, 2015 Riccardo Fucile

“LA CANDIDATURA DI CASSON ERA RISCHIOSA”

“È stato il perfetto suicidio”. Massimo Cacciari, per anni sindaco di Venezia, commenta così la sconfitta del centrosinistra alle elezioni amministrative che hanno consegnato, dopo oltre vent’anni, la città  lagunare al centrodestra guidato da Luigi Brugnaro.
Un “perfetto suicidio” sottolinea Cacciari, nato dall’errore sulla scelta della persona. “Ho predicato invano per un anno che quella che si andava profilando era una candidatura rischiosa”.
Massimo Cacciari salva Matteo Renzi e punta il dito sulla scelta di Felice Casson, frutto delle primarie.
“Nulla da dire sulla sua figura – sottolinea -, è una persona onesta ma che non aveva la capacità  intrinseca di intercettare voti. E nulla centra sul risultato lo scandalo Mose perchè se l’elettorato avesse dovuto guardare a quello avremmo preso l’1% ad essere generosi”.
Cacciari non ha dubbi: “E’ stato sbagliato il candidato, ho provato a dirlo a Felice e poi a tutti gli altri, ma non c’è stato verso. Mentre dicevo che bisognava cambiare, rinnovare e mettere in campo forze giovani si è andati a quelle primarie che si sono dimostrate oscene”.
Secondo il filosofo veneto lo sconfitto in altre parole non è Matteo Renzi. “Non è una sconfitta di Renzi. Il premier l’aveva detto e ridetto che era scarsamente interessato da questa competizione elettorale” spiega Cacciari.
“Il problema è che il Pd dimostra ancora una volta che dove non c’è Renzi di fatto non esiste”.
Ed ancora: “Venezia non è la Regione Veneto dove la vittoria di Luca Zaia era assolutamente scritta. Qui c’è stato un suicidio commesso da tutte le componenti del Pd”.
Ora per Cacciari “bisogna ripartire con gente nuova, fuori quadro. Guardiamo chi è entrato in consiglio a quelli che sono nelle municipalità  sperando che lavorino uniti per far ripartire il centro sinistra anche se sarà  una stagione lunga e faticosa”.
“I vecchi – aggiunge Cacciari – come avevo già  fatto io, se ne stiano a casa”.

(da “Huffingtonpost“)

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E IN CAMPANIA VINCE IL RINNEGATO PD POZIELLO, RINVIATO A GIUDIZIO E SOSTENUTO DA DE LUCA

Giugno 15th, 2015 Riccardo Fucile

BACOLI AL BLOGGER VENTOTTENNE CHE BATTE IL CENTRODESTRA

La sua prima dichiarazione: “Ora bisogna riattaccare i cocci”.
Ci vorrà  molta pazienza e molta colla per Antonio Poziello, il neo sindaco di Giugliano, comune da 120.000 abitanti, la seconda città  della Campania.
Poziello ha vinto il ballottaggio da eretico Pd. Aveva vinto le primarie, ma è stato ripudiato da Matteo Renzi che a causa di un rinvio a giudizio gli ha tolto il simbolo. Però è stato sostenuto dal Governatore della Campania Vincenzo De Luca — che nei giorni scorsi lo ha accompagnato in un tour tra gli stabilimenti balneari — e da altri esponenti locali di peso, due tra tutti, il consigliere regionale più votato Mario Casillo e l’europarlamentare Massimo Paolucci, che quasi piangeva davanti alle telecamere ricordando la scomparsa del papà  di Poziello.
I democrat sono in frantumi, ma questo non ha impedito a Poziello di vincere con il 55% sullo sfidante, l’azzurro Luigi Guarino.
Astensionismo record, ha votato solo il 30% degli aventi diritto.
Il primo compito del neo sindaco sarà  quello di ricucire con il Pd che al primo turno ha sostenuto Franco Guardascione e al ballottaggio è rimasto a guardare, obbedendo agli ordini della segreteria regionale e provinciale, e contribuendo alla bassissima affluenza.
Novità  assoluta a Quarto, per la prima volta in Campania il M5S elegge un sindaco e questo avviene in uno dei comuni più problematici.
E’ stato un plebiscito per Rosa Capuozzo, che ottiene il 70% e sconfigge senza difficoltà  l’azzurro Gabriele Di Criscio (privo però del simbolo di Forza Italia).
Alle urne solo il 44% degli aventi diritto di un comune che tornava alle urne dopo un rumoroso scioglimento per camorra.
Alle ultime amministrative, nel 2011, vinte dal centrodestra, fu persino eletto un candidato azzurro in carcere per un’inchiesta della Dda di Napoli sulle collusioni tra amministrazione locale e criminalità  organizzata, inchiesta che è stata due anni dopo tra le cause dell’intervento del governo.
Va detto che Capuozzo ha vinto sulle macerie di una sentenza del Consiglio di Stato che ha sterminato sette liste e tre candidati sindaci per vizi di forma nella presentazione.
Il ricorso dei grillini ha così cancellato l’intero centrosinistra dalla competizione elettorale e un altro paio di liste, tra cui Fratelli d’Italia che al ballottaggio ha dato indicazione di voto per la Capuozzo.
A Bacoli, comune con la più alta affluenza del napoletano al ballottaggio (oltre il 60%), ha vinto il blogger 28enne Josi Gerardo Della Ragione, che ottiene quasi il 65% e straccia il sindaco azzurro uscente Ermanno Schiano.
E’ una svolta per la piccola cittadina: si crea inoltre un piccolo “distretto 5 Stelle” tra le vicine Bacoli e Quarto, viste le simpatie dei parlamentari grillini per Della Ragione, tramutatesi in un esplicito sostegno elettorale ricambiato dal neo sindaco, avvistato a Quarto sul palco di un comizio con Alessandro Di Battista e la Capuozzo.
I due centri del napoletano avviano esperimenti senza precedenti sul comprensorio, da studiare e analizzare con attenzione.
Brutte notizie dal salernitano per il patto De Luca-De Mita.
Il candidato sindaco di Angri, il demitiano Pasquale Mauri, appoggiato anche dal Governatore, venuto apposta per un comizio, si è fermato al 45% ed ha perso contro la coalizione di centrodestra guidata da Cosimo Ferraioli.
De Luca si è fermato ad Eboli. Dove vince il centrodestra di Massimo Cariello (60%). Sconfitto l’ex parlamentare Pd Antonio Cuomo.

Vincenzo Iurillo
(da “il Fatto Quotidiano”)

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IL SIMBOLO CAPOVOLTO

Giugno 15th, 2015 Riccardo Fucile

E’ FINITO IL FEELING DI RENZI CON GLI ELETTORI?… MA A VENEZIA HA VINTO UN INDIPENDENTE CHE HA NASCOSTO I BUCHI DEL CENTRODESTRA

Venezia scivola verso il centrodestra dopo oltre vent’anni di sindaci di sinistra.
È il dato senza dubbio più significativo dei ballottaggi nelle città .
Venezia città  di frontiera sul piano politico, dentro i confini di una regione tradizionalmente amministrata dal centrodestra, prima Forza Italia e ora la Lega. Venezia laboratorio politico, se così si può dire: tant’è che con Massimo Cacciari ha vissuto l’esperimento di un centrosinistra che contendeva i voti alla marea montante leghista, nel tentativo di suggerire un cambio di passo al partito romano (prima Ds, poi Pd) e di imporre la “questione settentrionale” come problema politico cruciale che la sinistra non poteva ignorare.
Ebbene, Venezia ha smesso di fidarsi del Partito democratico dopo anni di disillusioni.
E non si è fidata nemmeno di Felice Casson, l’ex magistrato, il candidato scelto attraverso il solito meccanismo delle primarie.
Personaggio connotato come anti-Renzi, Casson; anzi, uno dei più tenaci e puntuali in Parlamento fra gli oppositori del presidente del Consiglio, tanto da essere etichettato come seguace di Civati.
Ne deriva che Renzi non piangerà  troppo per la sua sconfitta, visto che stavolta si tratta della disfatta di un avversario interno. In realtà  per il premier sarebbe stato necessario vincere.
Perdere nella più importante delle città  in cui si è votato al secondo turno, è in ogni caso un passaggio a vuoto in un momento in cui Palazzo Chigi avrebbe bisogno di buone notizie e non della conferma di trovarsi nel mezzo di un periodo grigio.
Certo, questo risultato non influirà  sul quadro nazionale. Ma sarebbe un errore sottovalutare i messaggi che gli elettori veneziani hanno mandato a Roma.
Il primo è appunto che il Pd sta attraversando un periodo mediocre.
A Venezia il partito non aveva da tempo una buona immagine e Casson non è bastato a rinnovarla, forse anche perchè non ci ha provato abbastanza.
Si conferma in ogni caso che oggi al Nord sono in difficoltà  tanto i candidati vicini al presidente del Consiglio (e segretario del Pd) quanto i suoi avversari, portatori di una diversa idea del partito.
Perdono sia le Moretti e le Paita, alle regionali, come i Casson alle comunali.
L’ex magistrato non è riuscito a convogliare su di sè i voti dei Cinque Stelle. Probabilmente gli elettori di Grillo sono rimasti a casa, in buona compagnia visto che circa il 52 per cento dei veneziani non si è scomodato per il secondo turno.
Sta di fatto che la vittoria di Brugnaro, uomo pratico con la patina di indipendente, capace di battere sul problema del momento, la sicurezza, indica una notevole capacità  di aggregazione da parte di un “uomo nuovo” o che riesce ad apparire tale. Niente Berlusconi a Venezia, niente retorica dei tempi andati.
Brugnaro ha nascosto i buchi neri di Forza Italia ed è riuscito a convogliare su di sè i voti di Salvini e anche quelli di un ampio arco di forze eterogenee.
I grillini, come si è detto, probabilmente si sono astenuti. Ma non è senza significato che così facendo abbiano favorito in modo indiretto la vittoria del candidato di centrodestra.
Fra un loro amico, quale Casson aveva dimostrato di essere in Parlamento, e un personaggio a loro sconosciuto come Brugnaro hanno preferito lasciar vincere quest’ultimo.
È una riflessione che senza dubbio a Renzi non sfuggirà .
Cosa accadrà  il giorno in cui si voterà  per le politiche nazionali con l’Italicum? Quel giorno Renzi andrà  al ballottaggio con il Pd, ma dall’altra parte potrebbe trovarsi di fronte una coalizione eterogenea di tipo veneziano.
Una coalizione, non sappiamo guidata da chi, in grado di mettere insieme leghisti e ex berlusconiani, oltre a coloro che esprimono in modo confuso un malessere e un desiderio di cambiare.
È uno scenario molto pericoloso per il presidente del Consiglio.
Venezia in fondo si conferma laboratorio politico.
Un laboratorio per la nuova destra che cerca la sua direzione di marcia.

Stefano Folli
(da “La Repubblica”)

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AREZZO, CADE ANCHE IL FEUDO DEL MINISTRO BOSCHI

Giugno 15th, 2015 Riccardo Fucile

DOPO NOVE ANNI IL CENTRODESTRA SI RIPRENDE LA CITTA’ DI FANFANI

Ha vinto l’ingegnere. Contro ogni pronostico, recuperando più di otto punti di svantaggio del primo turno, riportando il centrodestra al governo dopo undici anni di esilio tormentato e soprattutto sconfiggendo il suo avversario di centrosinistra nella città  capoluogo di provincia più renziana della Toscana
Il nuovo sindaco di Arezzo, Alessandro Ghinelli, 63 anni, ingegnere civile e docente universitario, da ieri notte ha più di un motivo per essere soddisfatto.
Non ha stravinto (50,8 per cento dei consensi contro il 49,2) ma è riuscito in un’impresa che non in molti avrebbero creduto possibile dopo una buona affermazione al primo turno contro il candidato del centrosinistra, Matteo Bracciali, 31 anni, già  capogruppo in consiglio comunale del Partito democratico e coordinatore nazionale dei giovani delle Acli.
Bracciali, renziano di ferro, aveva illuso superando il 44% dei voti contro il quasi 36% di Ghinelli, ma in molti nel suo partito avevano espresso malumori per quel «ballottaggio» inaspettato e ritenuto insidiosissimo soprattutto per quel Matteo (Bracciali appunto), che era stato campione di preferenze nel 2011 e stimatissimo capogruppo in consiglio comunale. Insomma, per l’astro nascente della politica aretina, provincia del ministro Maria Elena Boschi (è nata nella vicina Montevarchi), quegli otto punti non erano sembrati poi così straordinari e soprattutto erano apparsi a rischio di una vittoria stentata.
E così il ballottaggio, che sulla carta non avrebbe dovuto riservare troppe sorprese, si era presentato con molte incognite.
Non solo perchè i due candidati non avevano cercato apparentamenti con le liste che avevano appoggiato gli altri sette candidati presenti al primo turno, ma perchè Ghinelli era riuscito a convogliare in un’unica lista i voti del centrodestra, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega, mentre nel Partito democratico alle Regionali si era registrata una cospicua emorragia di voti.
Lo scrutinio è stato da brividi e al termine sono stati soltanto 608 i voti di differenza.
Le schede bianche sono state 290 e le nulle 687. Sino a tre quarti delle schede è stato in testa Braccialli, poi un pareggio incredibile e infine alle ultime cinque schede il sorpasso di Ghinelli.
«Adesso Arezzo volterà  pagina, sono felicissimo», le prime parole del nuovo sindaco che ha anche speso parole positive nei confronti dell’avversario.
Per il Pd la sconfitta di Bracciali è una sconfitta bruciante che si somma a quelle di Pietrasanta (ha vinto il berlusconiano Massimo Mallegni) e di Viareggio dove il ribelle del Pd Giorgio del Ghingaro ha stracciato il candidato ufficiale del Partito democratico.

Marco Gasperetti
(da “il Corriere della Sera”)

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VENEZIA: BRUGNARO BATTE LA SINISTRA “MA APRO AI RENZIANI”

Giugno 15th, 2015 Riccardo Fucile

TRA I DEM E’ RESA DEI CONTI

Lo psicodramma in “Largo donatori di sangue” a Mestre, al comitato di Felice Casson.
Dove il sangue, figurativamente parlando, sta già  scorrendo, tra shock e recriminazioni.
Lo champagne a 100 metri di distanza, dove la piazza di Luigi Brugnaro festeggia con «chi non salta comunista è». Poco dopo lo stesso Brugnaro annuncia, mettendo altro sale sulla ferita: «Apriremo la nostra giunta al Pd renziano».
Dopo trenta anni Venezia passa a destra, un risultato clamoroso ma non del tutto inaspettato. Il centrosinistra paga pegno un anno dopo lo scandalo del Mose che ha investito la giunta guidata dal pd Giorgio Orsoni, finito in manette e costretto a lasciare Ca’ Farsetti in mano al commissario.
La rincorsa del senatore vicino alla sinistra del Pd era cominciata sei mesi fa, con la sfida interna delle primarie vinta in scioltezza contro soprattutto il candidato appoggiato dalla maggioranza renziana, Nicola Pellicani. Anche al primo turno Casson era avanti, con il 38 per cento delle preferenze (a dispetto del 28,6 di Brugnaro). E però il centrodestra era diviso in tre liste, e aggiungendo Lega Nord più Fratelli d’Italia la situazione era sostanzialmente capovolta.
Non è neanche mezzanotte e mezza quando a sinistra si capisce che la frittata è fatta. Le linee di pensiero sono due: tutta colpa del Pd che non ha mai sostenuto davvero Casson, proprio come avvenne nel 2005, quando mezzi Ds virarono sul ribelle Massimo Cacciari; tutta colpa dello stesso Casson, candidato sostenuto dalla sinistra radicale — “legato ai centri sociali”, l’accusa più frequente- da sempre bastian contrario dentro al Pd: insomma, troppo caratterizzato e divisivo.
Tommaso Cacciari, nipote di Massimo ed esponente di primo piano della sinistra-centri sociali, si sfoga così: «Complimenti a questa sinistra di m… che regala la città  alla destra, ora levatevi tutti dalle scatole».
Ma anche il più moderato Pellicani, probabilmente dal versante opposto, ribadisce lo stesso concetto: «Ora qualcuno deve assumersi le sue responsabilità . Qui serve il tabula rasa».
L’ex magistrato si era presentato quasi come alternativo al suo stesso schieramento. Non è bastato questo per non venire travolto dalla slavina di chi — per dirla con Jacopo Molina, anche lui in lizza alle primarie- «ha votato contro un sistema di potere che ha governato venti anni questa città ».
Comunque sia, i numeri dicono che Casson ha rosso la stessa percentuale del 2005, e che i voti del primo turno sono più o meno gli stessi del secondo.
Un colpo durissimo, tanto che il senatore non si fa vedere nè sentire, spenge il telefono; per la seconda volta è crollato sul più bello, al ballottaggio, a un passo da quello che era diventato il sogno di una vita.
L’accusa di intelligenza con il nemico rivolta alla maggioranza del Pd e allo stesso Cacciari (zio) acquistano improvvisamente di peso grazie alle prime parole dello stesso neo sindaco.
I suoi sostenitori lo accolgono con il tricolore, i cori da stadio e quelli di scherno contro Casson, lui dice che «la nostra non sarà  una guida del Comune di parte, ma trasversale. I renziani sono i benvenuti, abbiamo bisogno di tutti».
La sua lista civica tirata su in fretta e furia si era affermata come primo “partito” in città , e così da domani Brugnaro governerà  con una maggioranza in Consiglio omogenea, legata appunto alla sua lista.
Libero di stringere accordi con grande libertà , senza dover rendere conto a Forza Italia, praticamente scomparsa, ridotta al 4 per cento.
Anche se il Carroccio, che al secondo turno lo ha appoggiato, avanza già  pretese per il posto di direttore generale del Comune.
C’è un’altro tema, infine. Quello legato ai Cinque Stelle.
Il loro 12 per cento al primo turno si è volatilizzato. Nonostante Casson fosse un candidato sindaco affine e compatibile con tutto quel mondo.
Stefano Rodotà¡ e Ferdinando Imposimatosi erano spesi per lui in più occasioni. Dalla Spagna si era fatto sentire persino il leader di Podemos Pablo Iglesias. Niente da fare. Ma i grillini non sono come gli eredi degli indignados.

Matteo Pucciarelli
(da “La Repubblica”)

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VENEZIA, AREZZO, MATERA, FERMO E NUORO “CAMBIANO VERSO”, RENZI FA IL BAGNO IN LAGUNA

Giugno 15th, 2015 Riccardo Fucile

IL PD RICONQUISTA SOLO TRANI E MANTOVA…IL M5S CONQUISTA TRE COMUNI

Brutte notizie per il centrosinistra dai ballottaggi delle elezioni comunali: Venezia, Arezzo e Matera passano al centrodestra, Fermo a un candidato di due liste civiche e Nuoro alla coalizione guidata dal Partito Sardo d’azione.
Il Pd da parte sua riconquista Trani e Mantova.
Dopo il voto per le regionali di due settimane fa, nuova frenata di consensi per il centrosinistra a guida dem, con risultati tutt’altro che brillanti.
La sfida più importante e politicamente significativa era quella di Venezia, dove Luigi Brugnaro sarà  il nuovo sindaco.
Il centrodestra al ballottaggio riconquista così la città  lagunare, battendo Felice Casson, vincitore delle primarie di centrosinistra.
Lo scandalo Mose e l’arresto del sindaco Orsoni hanno spalancato – come era stato ipotizzato – la strada a Brugnaro.
Lo scarto tra i due non è stato enorme: 53% a 47%, ma è la certificazione che a Casson non è bastato il pur netto vantaggio del primo turno (38% a 28%), visto che su Brugnaro si sono riversati i voti dei vari candidati di centrodestra, quello leghista in primis.
Il centrosinistra a sorpresa è stato battuto anche ad Arezzo, dove Matteo Bracciali (Pd e civiche) dopo un lungo testa a testa ha ceduto al suo sfidante Alessandro Ghinelli per circa 600 voti.
Addirittura, dopo 87 sezioni scrutinate su 97, i due avevano un identico numero di preferenze. Arezzo è una roccaforte della sinistra, con il sindaco ‘rosso’ eletto al primo turno nelle ultime due tornate: già  un testa a testa così stretto equivaleva a una sconfitta.
Inoltre Matteo Renzi si era speso più di una volta per Bracciali, anche durante i comizi per le Regionali, come in quello di chiusura con Rossi.
Ma per il centrosinistra arrivano altre brutte notizie: a Matera Raffaello Giulio De Ruggieri batte il sindaco dem in carica; a Nuoro, la coalizione regionalista con Partito Sardo d’azione e La Base strappa la città  al Pd, riuscendo a eleggere Andrea Soddu; a Fermo poi Paolo Calcinaro (sostenuto da due liste civiche) supera nettamente il candidato di centrosinistra, che così perde anche il comune marchigiano.
A Lecco Virgino Brivio (centrosinistra) ha vinto il ballottaggio con quasi il 55%. Anche a Trani il centrosinistra ottiene la vittoria (la città  era amministrata dal centrodestra), con Amedeo Bottaro che tocca il 75% delle preferenze. Il centrosinistra vince anche a Mantova (con Mattia Palazzi) e a Macerata (con Romano Carancini).
Il Veneto si conferma una regione ‘no’ per il centrosinistra: oltre a Venezia, Rovigo va a Massimo Bergamin (sostenuto da Lega e Fi).
Il centrodestra conferma anche Chieti, con Umberto Di Primio.
Tre città  vanno al Movimento 5 Stelle: i candidati grillini vincono in tre comuni superiori, ovvero Porto Torres, Quarto e Venaria Reale.

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