Giugno 10th, 2016 Riccardo Fucile
L’IDEA DI UNA CONVENTION A SETTEMBRE… NUOVO PARTITO CON FITTO, VERDINI E UN PEZZO DI NCD: “MA VA CAMBIATO IL NOME”… LE AMBIZIONI DI TOTI E GELMINI
Sotto shock. Con Silvio Berlusconi costretto in un letto d’ospedale, gli azzurri si ritrovano improvvisamente senza una guida. Con il rischio di una logorante guerra di successione interna. A un passo, insomma, dalla dissoluzione.
Per sfuggire al baratro, prende corpo in queste ore una clamorosa contromossa: riunificare Forza Italia e Verdini, Fitto e un pezzo del Nuovo centrodestra.
Un nuovo simbolo, un nuovo partito e un nuovo leader.
Magari proprio Stefano Parisi, in piena corsa per la poltrona di sindaco di Milano. Di certo non l’ex premier, se è vero lo sfogo di Marina Berlusconi: “Papà non deve più salire su un palco!”.
Chi cerca di raggiungere l’ultima spiaggia ha già in mente una data: settembre.
L’idea, frutto di un vorticoso giro di consultazioni, è di organizzare subito dopo l’estate una convention unitaria per far tornare sotto lo stesso tetto le schegge impazzite del berlusconismo.
Quali? I Conservatori di Raffaele Fitto, che tifa da tempo per l’unità di un centrodestra antirenziano. I verdiniani di Ala, in crisi nel rapporto con il premier. E il Nuovo centrodestra.
Tra i principali sponsor dell’operazione c’è Maurizio Lupi – che a Milano è alleato del centrodestra – mentre Angelino Alfano frena, timoroso che un tale scossone al sistema possa provocare una crisi di governo.
Chi finirebbe ridimensionato è invece il cerchio magico di Maria Rosaria Rossi, Francesca Pascale e Deborah Bergamini. Gran parte del partito le considera semplicemente avversarie e tifa per un loro ridimensionamento.
Questi, però, sono ancora i giorni dell’emergenza. E c’è spazio soprattutto per l’affetto verso il leader. “Per noi adesso è durissima, bisogna mantenere la calma e stare vicini al Presidente”, confida Renata Polverini. E Altero Matteoli: “È una sfida difficile”.
Il dossier più complicato della storia del berlusconismo è affidato a due “garanti”: Gianni Letta e Niccolò Ghedini.
Sono stati loro, ieri, ad incoraggiare l’ex premier al San Raffaele. Ed è stato proprio l’avvocato a telefonare ai big del partito per avvertirli che presto (al massimo subito dopo i ballottaggi) nascerà un direttorio.
Un tavolo, così l’ha definito, da convocare a Palazzo Grazioli e riunire per gestire l’ordinaria amministrazione.
Molti, com’è ovvio, aspirano a un posto in questo board. Ci saranno quasi certamente Giovanni Toti e Maria Stella Gelmini, Mara Carfagna e gli ex aennini Gasparri e Matteoli, oltre ai due capigruppo Renato Brunetta e Paolo Romani.
Tra loro, naturalmente, c’è chi aspira a guidare da “reggente” Forza Italia nel nuovo partito di centrodestra. Toti, innanzitutto, forte di un rapporto solido con la Lega di Matteo Salvini. Ma anche Carfagna, sempre in testa ai sondaggi di gradimento nell’elettorato azzurro, e Gelmini, lanciata ieri da Laura Ravetto.
Tanto, tantissimo dipenderà dalle scelte di Berlusconi.
Ma parecchio si intuisce dai ragionamenti della figlia Marina, riferiti da chi era al San Raffaele: “D’ora in poi papà dovrà dedicarsi solo alla sua salute – ha avvertito la primogenita – E nessuno si azzardi a chiedergli di fare ancora politica, capito?”.
Sulla stessa linea Fedele Confalonieri, l’amico di una vita, anche lui infastidito dalla tabella di marcia consigliata dai fedelissimi all’ex premier ottantenne nelle ultime settimane di campagna elettorale.
Per adesso, comunque, il Cavaliere preferisce affidare le chiavi del suo impero aziendale alla primogenita Marina e all’amico Confalonieri.
Le vicende personali e professionali saranno mediate da Ghedini, mentre i rapporti istituzionali spetterano all'”ambasciatore” Letta.
La politica appare invece sempre più lontana. Non a caso pochi, pochissimi dei dirigenti azzurri hanno potuto fare visita al leader. Ci ha provato ieri Verdini, fermato sulla soglia della stanza d’ospedale. “Riceve solo i familiari”.
Pragmaticamene, il ras toscano ha salutato l’ex alleato al telefono. Dal parcheggio del San Raffaele.
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica”)
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Giugno 10th, 2016 Riccardo Fucile
CONFALONIERI: “E’ FORTE, MA DEVE INIZIARE A PENSARE A SE STESSO”
La sua forza di volontà continua a tener testa alle sue forze fisiche, «perciò dovete far sapere fuori che il mio
spirito non si fiacca, che io sicuramente torno».
Ancora una volta i desideri di Berlusconi sono stati esauditi, siccome voleva che tutti «fuori» lo sapessero: non c’è alcun vuoto da riempire.
Ma viene il momento in cui bisogna porre un freno alla rappresentazione, e c’è solo una persona che disinteressatamente può far capire al Cavaliere qual è il suo interesse: «Silvio è forte e si riprenderà , ora però deve iniziare a pensare a se stesso».
Così Confalonieri si pone come scudo per proteggere l’amico e anche i figli dell’amico, che vogliono restituito il padre alla famiglia e vogliono i mercanti fuori dal tempio.
Verdini non entra
Davanti alla stanza di un paziente è doveroso non disturbare, invece ieri davanti alla stanza dov’è ricoverato il fondatore del centrodestra sono accaduti spettacoli grotteschi, irrispettosi verso Berlusconi, verso le sue condizioni e verso la sua storia: la lite tra chi gestisce la sua corte oggi e chi – come Verdini – gestiva la sua corte ieri e non è stato fatto entrare, con tanto di sceneggiata illustrata da comunicati stampa; lo speech del medico personale, che nel descrivere le condizioni dell’assistito è parso fin troppo teatrale agli uomini d’azienda e soprattutto ai figli, impegnati a difendere la privacy del genitore e a garantirgli un po’ di serenità .
Non è dato sapere se Berlusconi abbia sentito gli schiamazzi filtrare dalla porta, è certo che quando a un certo punto la porta si è chiusa, con lui sono rimasti solo Confalonieri e Gianni Letta.
Il calcio e la politica sono due dossier che pongono problemi da risolvere, di qui l’arrivo pure di Galliani: il Milan crea affanni sotto il profilo finanziario e anche di immagine; Forza Italia rischia di soffocare come un secco rampicante un’azienda mediatica che vive di mercato e deve garantire il pluralismo democratico ai suoi clienti. Sono nodi che tocca al capo sciogliere, insieme ai consanguinei per dna e per storia
Gli altri fuori
Gli altri fuori. Compreso chi ha abusato della confidenza di Berlusconi e della sua potenza, compreso chi vanta deleghe e funzioni di firma, compreso chi ha gestito fino all’altro ieri persino le telefonate.
Marina, la primogenita, che da tempo vuole «impacchettarle tutte», e che è furiosa per il modo in cui il corpo del padre sofferente è stato trascinato per inutili comizi di periferia, non riesce a trattenersi davanti allo scempio simoniaco, e addita il loro personale conflitto di interessi.
È vero che il Cavaliere non appartiene solo al Cavaliere, perchè c’è un partito che vive della sua vita e constata con trepidazione come i dati della cartella clinica del leader coincidano con lo stato di salute del movimento.
Ed è vero che (quasi) tutti avevano iniziato a immaginare il futuro senza Berlusconi. Ma oggi (quasi) tutti si rendono conto che senza Berlusconi è come dire stare all’addiaccio, senza Forza Italia. A testimonianza che, a prescindere dal suo ritorno in campo, l’uomo che ha incarnato un ventennio continuerà comunque a influenzare i destini della politica. Dentro e fuori il suo schieramento.
Ancora in campo
Lo smarrimento collettivo a Roma – tranne qualche improvvida esternazione di chi già dichiara di aver scelto il proprio successore – è la prova che il Cavaliere non è sostituibile.
Se non c’è traccia di documento o di confidenza in cui abbia designato chi prenderà il suo posto, è perchè Berlusconi non ha mai immaginato un passaggio di consegne: solo il pensiero innesca in lui la stessa reazione di un piatto all’aglio.
E dunque c’è anche qualcosa di filiale in quel «sicuramente torno» che voleva trasmettere fuori dalla sua stanza, oltre all’affermazione del primato.
Ma ora «Silvio deve iniziare a pensare a se stesso». L’altro ieri l’hanno visto depresso e spaventato mentre stava per essere inghiottito dai macchinari ospedalieri, che hanno confermato la necessità dell’intervento al cuore.
Ieri invece si è mostrato un po’ più sollevato, consapevole del «passaggio ineludibile» sotto i ferri.
Lui, che considera la morte «un avvenimento lontanissimo dato che vivrò centoventi anni», ha scandito con le solite battute certi ragionamenti proiettati verso il futuro: «Faremo questo e quello».
Francesco Verderami
(da “il Corriere della Sera”)
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Giugno 10th, 2016 Riccardo Fucile
UN BUS SU CINQUE E’ FUORILEGGE… TURNI NON RISPETTATI E GARE AL RIBASSO TRA LE CAUSE DEGLI INCIDENTI
L’ultimo autista controllato, lo scorso primo giugno, aveva appena assunto anfetamine. Due pasticche, poi si era messo alla guida del bus pieno di ragazzini, sessanta ragazzini delle scuole elementari.
Gita scolastica alla Villa Reale di Monza. La polizia ha sottoposto al drug test il conducente, 44 anni, nervoso, sovreccitato: “Ho preso due tachipirine ieri sera, sa, il mal di testa”.
Era in attesa dei ragazzi nel parcheggio della villa. Controllo di routine su mezzo fermo, in questo caso di una società di noleggio di Pavia.
Autista positivo, patente ritirata, avvio al prelievo del sangue in ospedale per conferma: un altro guidatore viene convocato per riportare a casa gli studenti in sicurezza.
L’accordo tra polizia stradale e ministero dell’Istruzione, attivato con la celebre circolare 674 del 3 febbraio (rientrata laddove dava responsabilità troppo dirette agli insegnanti), sta producendo risultati.
A quattro mesi dall’avvio dei controlli su strada gli agenti hanno scoperto che un pullman su cinque è fuorilegge.
Quasi diecimila autobus per le gite controllati, il dieci per cento del parco circolante: di questi, 6.982 dopo una telefonata fatta alla polizia dal dirigente scolastico.
Bene, millesettecentotrentacinque – il 17,5 per cento – non avrebbero potuto proseguire. E non hanno proseguito.
Uno su cinque aveva gli pneumatici lisci, le cinture di sicurezza fuori uso, i fari guasti, gli specchi retrovisori danneggiati: problemi strutturali, ecco.
In 295 casi la scatola nera (cronotachigrafo per i bus più vecchi) aveva rivelato che l’autista non aveva riposato abbastanza.
Centosettanta volte aveva violato ripetutamente il limite di velocità : 100 chilometri l’ora.
Otto autisti non avevano la patente in tasca, venticinque veicoli non erano passati dall’obbligatoria revisione, venti non avevano copertura assicurativa.
Un rischio quotidiano, certificato dal fatto che il 27 marzo scorso, neppure una settimana trascorsa dalla tragedia dell’Erasmus (13 ragazze morte sull’autostrada Valencia-Barcellona, tra le quali sette italiane), un autista ha coperto l’andata Fermo-Napoli correndo come un pazzo con due classi di liceali a bordo, incurante delle richieste di rallentare avanzate dai quattro docenti: ha persino spaccato un retrovisore contro un cartello.
Gli insegnanti hanno fatto scendere i ragazzini sulla superstrada, pur di non proseguire con quel guidatore.
Rara saggezza, visto che l’autista scartato ha imboccato il ritorno, carico solo delle valigie della scolaresca, e si è schiantato contro uno spartitraffico.
A Verona, l’8 aprile scorso, la stradale ha trovato un autista ubriaco alle 6.30 di mattina – verifica fatta con l’etilometro – prima della partenza per Monaco di Baviera. Due pullman sono stati fermati nel giro di pochi giorni in provincia di Grosseto, erano della stessa società : cinture difettose (8 in un caso), 300 euro di multa e cambio bus per la visita del Parco dell’Uccellina.
Un autista di Nola, altro caso, era stato condannato per detenzione di droga e lavorava in nero. La patente di guida – categoria D – l’aveva manomessa. Gli incartamenti erano falsi.
Come raccontato in un’inchiesta di Repubblica , molti dei guai che toccano il trasporto per le gite di scuola nascono dalle gare al ribasso fatte dai singoli istituti scolastici.
In Italia viaggiano 6mila autobus a nolo Euro 0, fabbricati, cioè, prima del 1992. Ventiquattro anni fa. L’impresa che vince un appalto per il trasporto scolastico occasionale propone, in media, un prezzo di un euro a chilometro.
L’Anav, che è l’associazione autotrasporto viaggiatori, sostiene che sotto 1,6 euro a chilometro non si possano offrire autobus in sicurezza.
Una recente direttiva europea consente a un’azienda del ramo di aprire con soli 9mila euro di capitale, la cifra necessaria per garantire la manutenzione.
La metà degli autobus circolanti non è dotata di scatola nera: il cronotachigrafo digitale che registra percorso, soste, durata del viaggio negli ultimi ventotto giorni. Oltre 13mila mezzi montano solo un disco con un pennino che segna i dati su carta, il cosiddetto cronotachigrafo analogico: si può manomettere con una certa facilità , può essere distrutto alla fine del viaggio.
La Motorizzazione civile, nei suoi controlli periodici, ha scoperto la frequente alterazione del limitatore di velocità . La “fine corsa” di un mezzo, poi, si stima intorno al milione di chilometri macinati: molti pullman ci arrivano in buone condizioni, altri toccano il tetto degni dello sfasciacarrozze.
Ancora: ogni autista dovrebbe guidare non più di nove ore il giorno e non più di quattro ore e mezzo di fila.
“Il salto dei turni di riposo è tra le prime cause di incidenti”, spiega l’Associazione amici sostenitori della Polstrada.
Corrado Zunino
(da “La Repubblica”)
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Giugno 10th, 2016 Riccardo Fucile
LA CASSAZIONE: “ALZARE UN PO’ IL GOMITO E’ UN COMPORTAMENTO, NON UNA QUALITA’ PERSONALE”
Oliviero Toscani quando disse che «i veneti sono degli ubriaconi» non ha commesso reato. 
A stabilirlo è stata la Cassazione che ha confermato l’archiviazione della denuncia presentata da quattro abitanti della regione che si erano offesi dopo aver sentito un’intervista al noto fotografo in radio.
L’EPISODIO
A scatenare il caso giudiziario erano state le parole pronunciate da Toscani a «La Zanzara» su Radio 24, nel febbraio del 2015. «Un popolo di ubriaconi e alcolizzati», aveva detto il fotografo. E aveva rincarato: «I veneti sono un popolo di ubriaconi. Alcolizzati atavici, i nonni, i padri, le madri. Poveretti i veneti non è colpa loro se uno nasce in quel posto, è un destino. Basta sentire l’accento veneto: è da ubriachi, da alcolizzati, da ombretta, da vino».
LE MOTIVAZIONI DELLA CORTE
Ad avviso dei giudici della Cassazione «Toscani ha fatto affermazioni del tutto generiche, indubbiamente caratterizzate da preconcetti e luoghi comuni ma prive di specifica connessione con l’operato e la figura di soggetti determinati o determinabili».
Nè, tantomeno, nelle parole di Toscani – per la Suprema Corte – è ravvisabile l’incitazione all’odio etnico verso i veneti. I quattro denuncianti, invece, avevano invocato nei confronti del fotografo l’applicazione della legge Mancino, quella che si adotta per gli ultrà del calcio, o i militanti più accesi della destra xenofoba. ZAIA: “ORA SI POTRA’ DARE DELL’UBRIACONE A CHIUNQUE”
«Mi pare evidente che d’ora in avanti tutti potranno dare dell’ubriacone a chiunque», ha commentato a caldo il governatore del Veneto Luca Zaia.
Il leghista quando si era scatenato il caso aveva chiesto a Oliviero Toscani di scusarsi pubblicamente. Il fotografo però aveva replicato: «Era una battuta divertente. Se gli unici a non divertirsi sono alcuni veneti mi dispiace. C’è qualche veneto che ci cade sempre».
«L’offesa ai veneti – ha aggiunto Zaia- mi pareva indubbia e chiara. Così come da quelle parole traspariva poco rispetto per un intero popolo. Tuttavia, ribadisco che prendo atto che la Cassazione legittima la possibilità di dare dell’avvinazzato a chi che sia».
IL SENSO DELL’ARCHIVIAZIONE
In realtà i giudici hanno confermato che parlare per luoghi comuni non è diffamatorio, almeno quando non si fa riferimento a persone specifiche, e meno che mai è istigazione al razzismo.
In proposito, i giudici fanno presente che «la discriminazione per motivi razziali è quella fondata sulle qualità personali del soggetto non, invece, sui suoi comportamenti», come quello di alzare un po’ il gomito.
Prosit!
Davide Lessi
(da “La Stampa”)
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