Giugno 25th, 2016 Riccardo Fucile
COME SI CAMBIA IDEA FACILMENTE: IL NEMICO DEI PALAZZINARI E’ STATO RIMESSO IN RIGA
Ci vorranno altre due settimane pri,a che Virginia Raggi sveli la sua giunta al completo, nonostante glia annunci della vigilia.
Tra le new entry Flavia Marzano, docente della Sapienza in predicato per l’assessorato alla ‘Roma semplice’, per una città ‘smart’; ma resta il nodo vicesindaco.
Intanto prime grane, con Paolo Berdini fortemente contrario alla costruzione dello stadio della Roma.
Ma dal M5s correggono il futuro assessore all’Urbanistica: “E’ una grande opportunità , l’importante è rispettare le leggi”, dicono fonti autorevoli del movimento.
E in serata il dietrofront: Berdini dice di essere stato “travisato” e di non avere “pregiudizi” verso il progetto. Ma le sue dichiarazioni hanno creato imbarazzo a Raggi.
“Sono contrario allo stadio della Roma così come immaginato nel progetto vagliato dal Comune”, ha detto ieri l’urbanista, lanciando l’idea di un referendum.
“Rispetterò le leggi, ma userò ogni mezzo consentito per impedire questo scempio e per tutelare gli interessi della città “.
“Nessuno scempio. Lo stadio della Roma può essere invece una grande opportunità di crescita per la città , a patto che rispetti i principi di legge di fronte ai quali il M5S non transige”, la replica.
“Berdini si è espresso analizzando il piano della progettistica ed ha dato un parere da tecnico – dicono dal M5S – il che va però affiancato alla considerazione del prestigio europeo e internazionale che un impianto sportivo per la Roma, ma anche per la Lazio, può conferire alla città “.
“Le mie parole sono state travisate – dice Berdini all’ANSA -. Scempio è pensare di poter edificare su Roma senza alcuna logica urbanistica, dopo che la Capitale è stata martoriata dalla mala politica negli ultimi vent’anni. Non c’è nessun pregiudizio nei confronti dello stadio della Roma, ma sarà mio dovere, nel rispetto della città e dei romani, approfondire ogni singolo aspetto del progetto con il sindaco”.
Insomma se questo era “l’intransigente” esperto che avrebbe mazziato i palazzinari, è bastata una telefonata dello staff per metterlo in riga.
(da agenzie)
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Giugno 25th, 2016 Riccardo Fucile
DA 10 ANNI PRENDE 60 MILIONI DI STERLINE DA BRUXELLES PER SCUOLE E INFRASTUTTURE
Nel marasma post Brexit un signore viene intervistato dalla televisione inglese: ha votato per i “leave” ma all’improvviso, dice lui, si è reso conto di non aver capito bene le conseguenze. E se ne pente.
Pentimenti, insicurezze e paradossi sono una delle pagine da registrare nel voto storico della Brexit.
Perchè non c’è solo una marea di persone che scopre cos’è l’Europa cercandola su Google dopo aver optato per il leave (come ha raccontato il Wp), ma ci sono anche interi territori a pensare questa volta di “averla fatta grossa”.
L’esempio più lampante è la Cornovaglia: prima ha votato per uscire dall’Ue e poi supplica che però i finanziamenti europei non siano sospesi.
Il Consiglio della Cornovaglia ha infatti emesso una sorta di appello per la “protezione” dopo che il Regno Unito ha lasciato l’Europa.
La Cornovaglia infatti negli ultimi 10 anni si è sviluppata praticamente grazie ai milioni di sterline ricevuti in aiuti Ue: 60 milioni di £ all’anno (in media).
Soldi con cui hanno realizzato infrastrutture, scuole, università , la banda larga nella contea e tanto altro ancora.
Ma nonostante dal 2007 al 2013 (dati Ft) il piccolo territorio con 530mila abitanti abbia incassato circa 654 milioni di euro da Bruxelles i suoi cittadini hanno deciso di uscire dall’Ue (56,52 per il leave).
Bene, e ora? John Pollard, capo del Consiglio della Cornovaglia, ha dichiarato: “Ora che sappiamo che il Regno Unito lascerà l’Unione europea andranno prese misure urgenti per garantire che il governo del Regno Unito protegga la posizione della Cornovaglia in qualsiasi negoziato”.
Insomma, nonostante lo stesso consiglio prima del voto avesse rassicurato che il Leave non avrebbe inciso sui fondi già stanziati dall’Europa ora la Cornovaglia all’improvviso, materializzato l’addio, ha paura di perdere i suoi soldi.
E tenta di correre ai ripari chiedendo conferme su quella linquidità .
Rassicurazioni che però al momento non sono ancora arrivate….
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 25th, 2016 Riccardo Fucile
GAFFE DELLA SORELLA D’ITALIA A LA7: DUBLINO DIVENTA INGLESE
Nei giorni in cui il dibattito sulla Brexit occupa politici e cittadini, Giorgia Meloni è stata suo malgrado protagonista di una brutta svista “geografica”.
Durante la trasmissione di La7 “Otto e Mezzo” il giornalista Beppe Severgnini chiede alla presidente di Fratelli d’Italia quali città inglesi avesse visitato oltre Londra. Meloni ha quindi affermato di esser stata diverse volte a Londra, Dublino e Scozia.
Il giornalista ha dunque fatto notare che Dublino è in Irlanda, mentre la Scozia ha votato per restare in Europa
Se questi vogliono uscire dall’Europa sarebbe meglio un ripassino in geografia, almeno sulle capitali.
D’accordo che sono abituati alle brutte figure, ma anche a queste c’e’ un limite…
(da agenzie)
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Giugno 25th, 2016 Riccardo Fucile
IL 75% DEI GIOVANI INGLESI VUOLE RESTARE IN EUROPA
L’egoismo dei pensionati inglesi ci sta fregando il futuro. È questa la tragica realtà del voto inglese.
Per noi under 40 ancora una volta a decidere sono stati gli altri. I nostri padri o peggio ancora i nostri nonni.
Noi che in questo mondo, e soprattutto in questa Europa, dobbiamo vivere ancora per una cinquantina d’anni – stando ai calcoli sull’aspettativa di vita – dobbiamo arrenderci alla visione del domani di una generazione che in media ha una prospettiva di altri 10-15 anni.
E che inevitabilmente ha una scala di bisogni e rivendicazioni completamente diversa: più protezione, più chiusura, meno voglia di mettersi in gioco, meno capacità di integrazione, meno apertura. Insomma, ci è arrivata un’altra batosta.
Una generazione già votata alla vita precaria da oggi in poi rischia di essere anche quella che vivrà l’addio all’Europa.
E il paradosso più inquietante è che in entrambi i casi il conto viene presentato dalla generazione precedente, che invece dall’abbondanza di lavoro e dall’integrazione europea ci ha guadagnato vita natural durante.
Stiamo infatti parlando della schiera dei baby boomers, i figli nati dopo la seconda guerra mondiale, che in questi anni sono andati progressivamente in pensione.
Persone che un lavoro precario non lo hanno quasi mai avuto, che anzi spesso hanno avuto il privilegio di averne uno per tutto l’arco della propria vita senza soluzione di continuità .
Persone che grazie alla costruzione europea hanno potuto godere di un periodo senza precedenti di pace e prosperità economica nel Vecchio Continente.
E ora, ingrati, voltano la faccia dall’altra parte. Dicono: no, grazie, bene così.
Per interessi particolari, mostrando di non saper guardare più in là del proprio naso.
È la solidarietà intergenerazionale – secondo cui i padri si preoccupano per i figli e viceversa – ad essere stata violata.
Questo ovviamente non vuole essere una lettera di giustificazione in nome e per conto della tecnostruttura di Bruxelles.
Le responsabilità della classe dirigente nell’aver fatto svanire il sogno europeo sono sotto gli occhi di tutti.
Il proliferare di regole e vincoli che rendono più difficile invece che semplificare la vita di cittadini e imprese; la burocrazia che prende il posto della visione politica; la rigida e implacabile politica di austerity seguita negli ultimi anni; l’incapacità e l’inumanità nel gestire l’ondata di profughi e migranti; il “pilatismo” dei leader politici, Cameron e tutti gli altri, nell’affidare scelte complesse a un semplice sì o no su una scheda elettorale; gli infiniti vertici notturni da cui raramente esce fuori una scelta chiara e comprensibile ai più. Potrei andare avanti a lungo ma mi fermo
Perchè se questa diagnosi è molto simile – se non uguale – a quella fatta dai movimenti euro-scettici nonchè dai pensionati inglesi, la risposta terapeutica che la generazione under 40 ha chiaramente indicato nelle urne è diametralmente opposta.
La soluzione non è rinchiudersi, tornare nei propri comodi confini nazionali bensì continuare a stare in Europa.
Magari provando a cambiare da dentro tutte le cose che non vanno, che appunto sono tante. Per i giovani inglesi – così come pure quelli italiani, francesi, tedeschi o spagnoli – essere europei è già un modo di essere, una condizione imprescindibile, un dato di fatto.
Chi ha meno di 40 anni ha fatto l’Erasmus, ha amici in tanti paesi europei, ha fatto vacanze in giro per il continente, prende l’aereo senza preoccuparsi di visti e passaporti.
Ragiona già senza confini, fisici e mentali. E molto probabilmente continuerà a farlo, Brexit o
Oggi i pensionati inglesi però hanno avuto la meglio. Motivo per cui già da adesso la mia generazione, i miei fratelli inglesi, dovrebbe iniziare a gettare i semi per cambiare il futuro che ci viene sottratto.
Lavoriamo per un “Brexin”, il più presto possibile.
Riprendiamocelo questo futuro.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 25th, 2016 Riccardo Fucile
OGGI LE PAURE DEI VOSTRI GENITORI E DEI VOSTRI NONNI HANNO DECISO CHE VOI DIVENTASTE STRANIERI DALL’ALTRA PARTE DELLA MANICA
Cari ragazzi europei, siete nati in un continente di pace, non avete mai visto la guerra sotto casa, siete cresciuti senza frontiere, progettando di studiare in un altro Paese, fidanzandovi durante l’Erasmus, scambiando messaggi con gli amici sulle occasioni per trovare lavoro o sui voli meno costosi per vedere un concerto.
Non importa se siete nati a Cardiff, a Bologna, a Marsiglia a Barcellona o a Berlino, oggi le paure dei vostri genitori e dei vostri nonni hanno deciso che la Gran Bretagna tornasse ad essere un’isola, che voi diventaste stranieri dall’altra parte della Manica.
I vostri nonni, che sanno cosa è stata la guerra, dovrebbero avere a cuore un futuro di libertà per voi, ma insieme ai vostri genitori si stanno lasciando incantare da chi racconta che rimettere muri, frontiere, filo spinato servirà a farci vivere più tranquilli, sicuri e sereni.
Che tornare ad avere ognuno la propria moneta riporterà lavoro, prosperità e futuro.
Vi stanno raccontando che la democrazia diretta e i sondaggi in tempo reale risolvono magicamente i problemi, che esistono sempre soluzioni semplici e a portata di mano, che non c’è più bisogno di esperti e competenze, che la fatica e la pazienza non sono più valori, che smontare vale più di costruire.
Il continente è malato, ma la febbre di oggi è la semplificazione, l’idea che sia sufficiente distruggere la casa che ci sta stretta per vivere tutti comodamente.
Peccato che poi restino solo macerie.
Aprite gli occhi, guardate lontano e pretendete un’eredità migliore dei debiti. Vogliamo avere pace, speranza e libertà , non rabbia, urla e paure.
Tappatevi le orecchie, non ascoltate gli imbonitori e pretendete politici umili, persone che provino a misurarsi con la complessità del mondo e siano muratori e non picconatori.
Segnatevi sul calendario la data di ieri, venerdì 24 giugno 2016, e cominciate a camminare in un’altra direzione, a seminare i colori e le speranze.
Una ragazza inglese che ha votato sì, ma non è riuscita a convincere suo padre e suo zio a fare lo stesso, ieri ha promesso ai suoi amici europei, con una voce tremante che mescolava imbarazzo e rabbia: “Verrà il nostro turno della nostra generazione e allora torneremo”.
Ci contiamo.
Mario Calabresi
(da “La Repubblica”)
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Giugno 25th, 2016 Riccardo Fucile
LA PETIZIONE CHIEDE UNA LEGGE CHE PREVEDA UNA SECONDA CONSULTAZIONE SE NELLA PRIMA L’AFFLUENZA E’ INFERIORE AL 75% E IL RISULTATO SOTTO IL 60% DI VOTI…E INTANTO LA SCOZIA VUOLE STACCARSI DALLA GRAN BRETAGNA
Petizione per nuovo referendum. La petizione per una nuova consultazione ha superato i due milioni difirme. È pubblicata sul sito del parlamento britannico (https://petition.parliament.uk/petitions/131215), che, a un certo punto, è andato in tilt a causa dei troppi accessi.
I firmatari chiedono la promulgazione di una nuova legge che consenta la ripetizione del referendum in caso di un risultato del ‘Leave’ o del ‘Remain’ inferiore al 60%.
E che abbia come condizione minima un’affluenza alle urne non inferiore al 75%. Insomma, sarebbe un escamotage per poter ripetere la consultazione: in molti ritengono che difficilmente la petizione avrà seguito, tuttavia è eccezionale la quantità di firme a sostegno che in breve tempo ha ottenuto.
Va precisato che le petizioni inviate al governo e al parlamento che raccolgono almeno 100mila firme vengono automaticamente considerate per un dibattito parlamentare.
Doppio referendum: i precedenti.
Appare molto improbabile l’organizzazione di un nuovo referendum sulla Brexit come chiesto dai firmatari. Ma esistono dei precedenti. In Irlanda la ratifica dei trattati Ue di Nizza e di Lisbona è stata realizzata in due tempi, organizzando un secondo referendum, con risultati positivi, dopo la bocciatura di una prima consultazione popolare.
Una curiosità infine: persi i referendum sul Trattato di Nizza, Francia e Olanda decidono di non prendere rischi per la fase successiva. Il trattato di Lisbona viene ratificato per via parlamentare in ambedue in Paesi nel 2008.
La Norvegia ha indetto due referendum per l’entrata nell’Ue, ed entrambe le volte i cittadini hanno bocciato la proposta sebbene con un lieve margine, il primo nel 1972, il secondo nel 1994.
Secondo referendum indipendenza Scozia.
Un secondo referendum per l’indipendenza della Scozia, all’indomani dell’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, è “un’opzione concreta”.
Lo ha affermato il first minister scozzese, Nicola Sturgeon. Il governo scozzese chiederà di avviare “discussioni immediate” con Bruxelles “per proteggere il posto nell’Unione Europea della Scozia” che s’è espressa a favore dell’Europa.
Le manovre nei due partiti. Sono in pieno fermento, intanto, le manovre politiche all’interno dei due partiti più importanti, laburisti e conservatori.
Tra i laburisti: le critiche di Blair a Corbyn.
L’ex premier britannico Tony Blair non risparmia critiche anche al leader laburista Corbyn: “Ha dato un sostegno insufficiente alla causa del Remain. Non è riuscito a spiegare all’elettorato laburista che questo non era un voto di protesta contro il governo conservatore, la sua politica, i suoi tagli. Ha permesso che un’ampia parte del nostro elettorato votasse per Brexit, insieme a Ukip e all’ala più euroscettica dei Tories. Senza i voti del Labour, Brexit non avrebbe vinto”.
Corbyn si difende.
Jeremy Corbyn (che invita il Paese “a unirsi dopo la divisiva campagna sul referendum”), si dice pronto a ricandidarsi alla guida del partito laburista, se la sua leadership fosse messa in discussione. “Le nostre politiche commerciali, economiche e migratorie – ha aggiunto – devono cambiare, non possono essere lasciate a Johnson, Farage e Gove”, principali sostenitori della campagna pro-Brexit.
Tra i conservatori: la fronda anti Johnson.
La faida fra i Tory, degenerata in campagna referendaria, si sposta ora sul terreno dell’elezione del leader. La resa dei conti, dopo l’annuncio di dimissioni di Cameron, è fissata dopo l’estate.
È il Times a rivelare una fronda tutta interna al partito conservatore per evitare che Boris Johnson, l’ex sindaco di Londra leader della campagna pro-Brexit, diventi primo ministro in seguito alle annunciate dimissioni di David Cameron.
(da “La Repubblica”)
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