Giugno 18th, 2016 Riccardo Fucile
SPACCIATA PER UNA PROPRIETA’ DI GIACHETTI QUELLO CHE IN REALTA’ E’ UN REPORT DI LUSSO IN SARDEGNA… IL FALSO DIFFUSO DA “ITALIA A CINQUESTELLE” E DAL GRUPPO FB “CLUB DI MAIO”… E’ ORA CHE CHI DIFFAMA SI FACCIA QUALCHE ANNO DI GALERA, CHIUNQUE ESSO SIA
Questa foto è una bufala, un colpo basso costruito a tavolino.
Infatti, quella villa non è la villa di Roberto Giachetti, ma si tratta di struttura ricettiva sarda, che fa parte della catena Charming Sardinia.
Si tratta di strutture di lusso che offrono un soggiorno nella magnifica Sardegna, ma quindi perchè associare il tutto a Giachetti?
Chi l’ha pubblicata, ovvero la pagina Fb “Italia a Cinque stelle” e poi ripresa dal gruppo Fb “Club Di Maio”, invita a diffondere un falso organizzato che infatti fa il giro sul web e i soliti coglioni abboccano.
Obiettivo raggiunto: diffamare il candidato Giachetti e danneggiarlo nel ballottaggio contro la loro candidata Raggi.
Ormai la fogna di taroccatori sul web ha raggiunto vette insopportabili.
A noi non interessa a danno e a favore di chi va il falso, chiediamo che si ripristini la legalità a tutela di tutti.
Chi pensa di fare politica con metodi mafiosi va messo nelle condizioni di non nuocere, ovvero in galera.
E sarebbe opportuno che chi viene avvantaggiato da queste forme diffamatorie fosse il primo a condannarle.
Ormai il limite è stato abbondantemente superato.
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Giugno 18th, 2016 Riccardo Fucile
SCOPPIA IL CASO DEL RUGBISTA LO CICERO, FUTURO ASSESSORE ALLO SPORT: E’ STATO CONDANNATO PER AVER GIOCATO CON LA NAZIONALE QUANDO UFFICIALMENTE ERA IN MALATTIA
Nemmeno 24 ore dalla sua designazione ufficiale come assessore allo Sport della giunta Raggi (se la grillina vincerà il ballottaggio contro Roberto Giachetti) e si scatenano le polemiche su Andrea Lo Cicero.
Il Barone – questo il soprannome dell’ex giocatore di rugby, recordman di presenze in Nazionale – nel 2006 era stato condannato a una multa da 150 mila euro per aver giocato un match in azzurro il 22 settembre 2003 quando ufficialmente era fermo per malattia per il Tolosa che lo aveva ingaggiato: per i francesi in due stagioni il Barone ha giocato in effetti soltanto 13 partite, e quando lo hanno giocare con la Nazionale azzurra quel giorno i transalpini hanno voluto i danni: 150 mila euro, appunto. Sanzione che però Lo Cicero sostiene di non aver pagato “per un accordo tra le società “.
Ma non è la sola polemica sul quarantenne Lo Cicero: “Io uso solo il paradenti, non ho altre protezioni, le trovo stupide. Non sarebbe rugby. Devi essere te stesso, senza alcun aiuto. Ci sono molti giocatori, specie quelli più giovani di me, che usano le protezioni per le spalle. Roba da frocetti”.
La frase – rilanciata dal web in queste ore – è dello stesso giocatore ed è contenuta nell’autobiografia firmata con Paolo Cecinelli uscita per Dalai editore nel 2007.
Parole che hanno suscitato lo sdegno di Vladimir Luxuria, che su Twitter ha così commentato: “#raggi annuncia assessore omofobo”.
E Fabrizio Marrazzo, portavoce di Gay Center, rilancia: “Andrea Lo Cicero usa linguaggio omofobo. Inadeguato a incarichi istituzionali. Abbiamo seri dubbi sulla capacità eventuale di Andrea Lo Cicero a ricoprire incarichi istituzionali, visto che si presenta con un biglietto da visita dal linguaggio omofobo. L’omofobia si alimenta anche con frasi negative e discriminanti come la sua. Soprattutto tra i giovani e nello sport a maggior ragione se con ruoli politici c’è bisogno di un linguaggio rispettoso e aperto, non di raschiare il barile della banalità machista”.
Come se non bastasse, un altro capitolo rischia di compromettere la nomina ad assessore di Lo Cicero nel caso in cui Raggi vinca il ballottaggio contro Giachetti. Sulla pagina Facebook del comitato per la candidatura olimpica di Roma 2024, infatti, c’è un video girato a maggio durante una festa agli Internazionali di tennis al Foro Italico in cui il rugbista si esprime a favore dei Giochi nella capitale.
“Roma è pronta a tutto- dice il Barone nel video- per lo sport riesce a ottenere dei risultati incredibili”. Una frase che certo stona con la linea anti-Olimpiadi di Raggi e del Movimento Cinque Stelle.
(da “La Repubblica”)
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Giugno 18th, 2016 Riccardo Fucile
INTERVISTA A PIAGENTINI, 98% DEL CORPO USTIONATO: NEL DISASTRO FERROVIARIO PERSE LA MOGLIE E DUE FIGLI
“Basta con la storia di Marco che ha perso due figli e la moglie. Parliamo invece di sicurezza ferroviaria”.
Marco Piagentini, 46 anni, è l’uomo simbolo della strage di Viareggio del 29 giugno 2009: 32 morti per l’incendio provocato dal gpl uscito dalla cisterna di un treno merci. Una notte di inizio estate che si trasformò in una tragedia che ferì per sempre la città della Versilia.
Piagentini non vuole raccontare di nuovo che Lorenzo, 2 anni, è morto bruciato vivo nell’auto, mentre un’onda di fuoco divorava anche Stefania, 39 anni, che teneva in braccio Luca, 4.
Sono morti tutti e tre, moglie e due figli, mentre il primogenito Leonardo, oggi 15enne, è sopravvissuto, sepolto per 4 ore sotto le macerie della propria casa.
Anche Marco ce l’ha fatta, dopo essere rimasto ustionato sul 98 per cento del corpo. Due anni nel reparto grandi ustionati a Padova, prima di tornare alla realtà .
Ma, come ilfatto.it ha scritto più volte, anche il processo sulla strage di Viareggio è a rischio prescrizione: a dicembre rischiano di decadere sia il reato di incendio sia quello di lesione colpose.
E la vita della famiglia Piagentini è stata sconvolta proprio a causa di un incendio. “E’ assurdo che esista la prescrizione quando un processo è già iniziato, dovrebbe bloccarsi alla pronuncia del rinvio a giudizio” dice Piagentini.
Intanto il tribunale cerca di fare il massimo: il presidente del collegio dei giudici, Gerardo Boragine, ha deciso di fissare tre udienze a settimana per arrivare a sentenza prima di dicembre.
Marco Piagentini, sono passati quasi 7 anni.
Sembra ieri quando ricordo chi non c’è più. Quando guardo all’iter processuale, invece, sembra un’eternità , non arriva mai la fine. Ma finchè non arriverà un giudizio definitivo sarà difficile ripartire.
Ti fa paura la prescrizione?
La prescrizione, in arrivo per il reato di incendio colposo e lesioni colpose, è la cosa che ci fa più male. Pensiamo poi ai costi della struttura, dei periti, degli ispettori, dei magistrati. Quanto è costato questo processo all’Italia? Non possiamo accettare che finisca senza un nulla di fatto.
Cosa pensi ogni mercoledì in aula?
Cerco di capire, ascolto. E in aula sento affermazioni che mi feriscono, come cittadino. Ad esempio che la sicurezza viene fatta consigliando “se il treno passa, scansatevi”, testualmente, o che un treno è più sicuro se va più veloce perchè così si riduce il tempo in cui transita, o che a Viareggio hanno messo il limite di 50 chilometri orari per il trasporto di merci pericolose per ricordare i morti. Per noi ha un altro significato: equivale a dire che può succedere ancora, basta che non risucceda a Viareggio.
Cosa è emerso dal processo finora?
In quasi tutte e 85 le udienze si è parlato di sicurezza ferroviaria. Possibile che in tv o sui giornali, salvo alcuni, non si parli della strage di Viareggio in questo senso, ma solo di Marco e Daniela che hanno perso i figli?
Perchè molti media non parlano di sicurezza ferroviaria, secondo te?
Si sta parlando di un potere forte, Ferrovie, che la politica stessa ha spesso promosso e quindi assolto. Penso all’allora presidente Giorgio Napolitano, al quale mio figlio Leonardo, in ospedale, regalò un disegno, e che dopo pochi mesi ha dato il cavalierato a Mauro Moretti, allora indagato come ad di Ferrovie, oggi imputato. E da imputato è stato messo a capo di Finmeccanica, aumentandogli lo stipendio, mentre al suo posto è andato un altro imputato nel processo Viareggio, Michele Mario Elia. Un altro imputato, Giulio Margarita, si è trovato a fare il vicedirettore dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria. Per me queste promozioni sono assoluzioni e uno Stato non può permettersele, non lo Stato che vuole trovare la verità e i responsabili. A Viareggio nessun evento incredibile ha fatto deragliare la cisterna. A Viareggio ci sono state delle responsabilità umane. Penso a Napolitano, al quale mio figlio Leonardo regalò un disegno e che dopo pochi mesi ha dato il cavalierato a Moretti
Lo capì subito Mario Monicelli. Il regista viareggino parlò di “incuria” come causa principale della strage, in occasione del primo anniversario (5 mesi prima di morire).
Purtroppo non ho avuto la possibilità di incontrarlo, perchè sono arrivato dopo due anni da quando è successo, per tutto il recupero fisico e mentale che ho dovuto fare. Sono parole forti, dette con un’intelligenza e un acume che, se li avessero i nostri politici, forse non si sarebbe arrivati a Viareggio. Ci fa piacere che la compagna di Mario, Chiara Rapaccini, continui a farci sentire la sua vicinanza. E’ sua la locandina del cortometraggio sulla strage Ovunque Proteggi.
Lo Stato italiano ai tuoi occhi come è diventato?
Quello che quando ti vede ti dà le pacche sulle spalle e ti dice che hai ragione, ma poi non fa nulla per migliorare la sicurezza in questo Paese, non parlo solo di Viareggio ma di tutte le altre stragi italiane, da San Giuliano di Puglia al Moby Prince. Lo Stato, a qualsiasi livello e di qualsiasi colore, finora si è fatto riconoscere nei comportamenti, non in quello che dice.
Prendi ancora il treno?
No, io il treno non lo prendo più. Abitavo vicino al treno in una casa singola. Il treno è stata la mia passione fin da piccolino e anche i miei bimbi quando vedevano il treno erano contentissimi. Andavamo a vederlo passare sulla passerella che non c’è più. E’ un mezzo di trasporto che serve tantissimo. Ma chi deve gestire questi mezzi, che tra l’altro sono di Ferrovie dello Stato, dello Stato italiano, di tutti noi, li gestisce come un fatto privato, di interesse, creando i presupposti per quello che è capitato a Viareggio. marco piagentini
Con l’associazione Il Mondo che Vorrei portate avanti tante iniziative, è così?
Abbiamo fatto un libro, uno spettacolo teatrale, una mostra itinerante e ora un cortometraggio. Incontriamo gli studenti, gli operai, altri familiari, come all’Aquila, e gli raccontiamo la nostra storia, per dare un messaggio civile. I numeri li vediamo a Viareggio il 29 giugno, per l’anniversario: dopo sei anni, l’anno scorso ci sono state oltre 8mila persone. E questo ci dà la forza di continuare.
Ilaria Lonigro
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 18th, 2016 Riccardo Fucile
“INOPPORTUNO” ANCHE PER IL SINDACO… IL SOGGETTO MASSACRO’ IN CARCERE 54 DETENUTI: CONDANNATO A MORTE DAGLI ALLEATI, TROVO’ RIFUGIO NEI PAESI DELL’EST… E ORA GLI DANNO PURE LA MEDAGLIA RICORDO
L’eccidio di Schio fu uno degli episodi più sanguinosi di violenza partigiana in Italia. In una notte vennero uccisi 54 detenuti, tra cui molti fascisti, 14 donne e 7 minorenni e ne vennero feriti una ventina.
A distanza di settant’anni, l’ultimo partigiano sopravvissuto è stato insignito dal prefetto di Vicenza della “medaglia della Resistenza”, voluta dal ministero della Difesa per premiare i combattenti che contribuirono alla liberazione dell’Italia.
Il conferimento dell’onorificenza (che è andata anche ad altri 83 partigiani) ha suscitato polemiche a Schio e in provincia di Vicenza dove, nonostante il tempo trascorso, l’eccidio ha tracciato un solco che non si è ancora rimarginato, nonostante ormai quasi tutti i protagonisti siano scomparsi.
A ricevere la medaglia è stato Valentino Bortoloso, che oggi ha 93 anni.
Il suo nome di battaglia era “Teppa” e, secondo la ricostruzione, assieme a Igino Piva, detto “Romero”, era a capo del commando della brigata garibaldina che fece irruzione nelle carceri di Schio.
Era la notte tra il 6 e il 7 luglio 1945. La guerra era finita da due mesi. In carcere erano finiti numerosi fascisti, in attesa di giudizio. Ma c’erano anche detenuti comuni e numerose donne.
I partigiani entrarono mentre il custode era andato all’osteria, fecero una sommaria divisione dei detenuti, escludendo dall’esecuzione i reclusi per reati comuni.
I partigiani cominciarono a sparare all’impazzata. Il bilancio fu agghiacciante. Chi riuscì a salvarsi lo deve al fatto che le vittime avevano fatto da scudo con i loro corpi. Il prete che entrò ad impartire l’ultima benedizione camminò su un pavimento rosso di sangue.
Bortoloso fu processato e condannato a morte dagli Alleati che istruirono il processo e raccolsero le prove di quanto era accaduto. Praticamente tutti gli autori dell’eccidio se la cavarono senza conseguenze, anche se rimasero nell’ombra i veri mandanti. Alcuni dei partigiani fuggirono a Praga, con l’aiuto si esponenti del Partito Comunista Italiano.
Vennero protetti in attesa che le amnistie mettessero una parola conclusiva alle pendenze giudiziarie della guerra.
Bortoloso faceva parte della brigata garibaldina “Martiri Valleogra”. La condanna a morte era poi stata convertita nell’ergastolo, ma nel 1955, dopo dieci anni di carcere, “Teppa” aveva beneficiato dell’amnistia.
ontro il conferimento della “medaglia della Resistenza” si è schierato il sindaco di Schio, Valter Orsi. “Non concordo sull’opportunità di riconoscergli l’onorificenza voluta dal Ministero della difesa quale eroe della Resistenza. Il nostro Comune ha condiviso un percorso di concordia civica che, negli anni, ha portato ad avvicinare protagonisti e discendenze su quell’orrore che si scatenò nel luglio del 1945 alle ex carceri, ora biblioteca civica, a guerra finita”.
Questa la sua dichiarazione. Con una chiosa: “Non sono stato messo al corrente dei nomi che erano stati scelti. Mi è solo stato comunicato che sarebbero stati quattro, tra internati ed ex partigiani. Se avessi saputo che tra quei quattro c’era anche Bortoloso, non avrei delegato un mio assessore a rappresentarmi. Ora scriverò al ministero per sapere come sono stati formulati i nomi da insignire e se erano al corrente dei fatti”.
Giuseppe Pietrobelli
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 18th, 2016 Riccardo Fucile
CONTANO I RISULTATI DI ROMA, MILANO E TORINO
Una manciata di voti sarà sufficiente, domenica sera, a rafforzare il governo o a metterlo virtualmente in crisi.
Già , perchè in caso di buon risultato figuriamoci se Renzi rinuncerà a umiliare i suoi avversari.
E viceversa, impossibile che le opposizioni non vogliano profittare di un eventuale passo falso del premier.
Le città che contano ai fini nazionali sono Roma, Milano e Torino.
Ecco i 4 possibili scenari.
1) Il Pd trionfa dappertutto.
Nel qual caso Renzi coglie un successo che, per come si era messa dopo il primo turno, ha quasi del miracoloso. Vuol dire che la forza continua ad assisterlo; dunque il premier può avviarsi sicuro del fatto suo alla disfida finale di ottobre (referendum sulla Costituzione) per dare il colpo di grazia agli avversari.
Di qui ad allora, nella sua maggioranza nessuno oserà fiatare. Grande delusione di M5S, che già stava assaporando il gusto della «prima volta»; sfascio totale del centrodestra, con regolamento di conti tra Forza Italia e Salvini.
2) Renzi perde Roma, però impone Fassino e Sala.
Per quanto sofferta, sempre di vittoria si tratta perchè il Pd si fa valere là dove era tutto sommato nei pronostici. Viene sconfitto invece dove, dopo Mafia Capitale e Marino, nessuno aveva mai scommesso un cent sulla rimonta Pd.
Rispetto allo scenario precedente, il premier prende atto di non avere più la bacchetta magica, dove le situazioni sono compromesse lui non può farci nulla. I grillini invece sono al settimo cielo. Per la destra, come al punto 1.
3) Oltre a Roma, le opposizioni espugnano anche Torino (o Milano).
Per Renzi si mette male, vuol dire che il vento è cambiato e non gonfia più le sue vele. Scricchiolii nella sua maggioranza parlamentare, dove gli opportunisti (una quantità ) cominciano a guardarsi intorno, pronti a tradire.
Nel Pd la fronda rialza la testa, il clima interno si fa rovente. Dopo un risultato del genere, la crisi di governo resta improbabile, ma lunghe ombre si proiettano sul referendum costituzionale di ottobre. Le opposizioni sono euforiche, il premier non può stare sereno.
4) La sinistra perde tutte e tre le metropoli.
Si materializza l’incubo renziano della vigilia. Il governo rischia, e se si salva è soltanto perchè gli oppositori interni ed esterni non hanno ancora trovato la quadra per rimpiazzarlo.
Gli «ascari» della maggioranza, come tutte le truppe mercenarie, sono pronti a tradire con chiunque tenga lontane le elezioni. Il Colle ritorna suo malgrado al centro della scena politica.
I «poteri forti» girano le spalle all’ex «rottamatore». E il referendum di ottobre, da parata trionfale di Renzi, si trasforma in una «via crucis» per l’intero Pd.
Ugo Magri
(da “La Stampa”)
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Giugno 18th, 2016 Riccardo Fucile
ORLANDO ORDINA ISPEZIONE… IL PM: “INUTILE, MANCA PERSONALE AMMINISTRATIVO”
Cinquantamila sentenze definitive non eseguite. E ben 12mila di queste riguardano persone da arrestare.
Il dato monstre riguarda il distretto giudiziario di Napoli ed è stato divulgato dal vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, che ha parlato con i giornalisti dopo un incontro con i responsabili degli uffici giudiziari del capoluogo campano sulla carenza di personale amministrativo.
“Nel Distretto di Napoli restano ineseguite attualmente 50mila sentenze definitive, 30mila delle quali di condanna e 20mila di assoluzione”, ha affermato Legnini. E, appunto, ben 12mila di queste — hanno precisato fonti del Csm — riguardano persone da arrestare.
Il ministro della giustizia Andrea Orlando ha annunciato accertamenti: “Andiamo a vedere cosa è successo. La richiesta di un approfondimento nasce dal fatto che i numeri indicati dal presidente della Corte d’Appello non possono che preoccupare. Stiamo prevedendo una serie di misure di rafforzamento della presenza del personale di cancelleria, ma distretti che hanno uguali scoperture non hanno accumulato questo ritardo nella notifica delle sentenze”.
La questione delle sentenze ineseguite è legata infatti alla mancanza di personale amministrativo, problema sollevato energicamente, nei giorni scorsi, anche dal Procuratore capo di Torino Armando Spataro e da altri responsabili di uffici giudiziari in tutta la Penisola.
“La scopertura di organico dei soli magistrati nel Distretto di Napoli — ha spiegato ai cronisti il consigliere del Csm Antonello Ardituro, con una lunga esperienza all’antimafia di Napoli — oscilla tra il 20 e il 40 per cento”.
Di conseguenza, commenta Ardituro, gli accertamenti affidati agli ispettori dal ministro della Giustizia sulla Corte di appello di Napoli sono “inutili. L’ispezione c’è stata da poco. La causa è chiara: la mancanza di personale amministrativo”.
“Napoli è la sintesi dei problemi giudiziari del Paese — ha affermato il Procuratore generale Luigi Riello — e non è in gioco la produttività dei magistrati, che qui, dati alla mano, è superiore di 1/3 a quella di Roma, Milano e Palermo”.
Oltre alle sentenze non eseguite, ci sono i beni da sequestrare alla criminalità . “Il problema dell’esecuzione è fondamentale”.
“Il dato grave del numero abnorme di sentenze passate in giudicato e ineseguite deve farci riflettere, ci induce ad assumere iniziative”, ha aggiunto Legnini. “Non è possibile che di fronte al dato positivo di un’alta produttività , e del lavoro frutto di sacrifici e rischi per i magistrati che quotidianamente amministrano la giustizia in vari ruoli, si arrivi a una sentenza e per carenze di personale o di mezzi resti ineseguita”.
Un dato, ha sottolineato il vicepresidente del Csm, che si riflette “sulla sicurezza, perchè sono persone che dovrebbero essere arrestate, e sull’erario per l’introito non realizzato. E’ uno dei macro temi di cui ci occuperemo”.
Sull’esecuzione della pena è intervenuto il presidente dell’ Associazione Magistrati Piercamillo Davigo, che definisce le aule di giustizia in Italia “suq arabi”.
“In Italia c’è sempre la speranza di non scontare la pena — aggiunge Davigo — mentre all’estero il 90% degli imputati si dichiara colpevole e sceglie i riti alternativi, da noi continuiamo a fare un numero sterminato di processi”.
Il 15 giugno il Consiglio Superiore della Magistratura ha inviato al ministro della Giustizia una delibera sulle “misure indispensabili ed urgenti in tema di risorse amministrative”.
Per l’organo di autogoverno dei giudici nei tribunali italiani mancano oltre 9mila unità amministrative, il 20,7% dell’ organico previsto. Circa 4mila unità sono in via di trasferimento alla Giustizia grazie alla mobilità amministrativa, ma la carenza — sottolinea il Csm — non è solo numerica, ma qualitativa. Per la gestione del processo telematico, infatti, servono figure professionali di ingegneri e statistici.
Ai vuoti di organico si somma spesso la carenza di strutture.
“Circa la metà delle aule del Tribunale Napoli Nord sono inadeguate per lo svolgimento dei processi — ha segnalato il presidente Elisabetta Garzo alla delegazione del Csm — mancano gli impianti di registrazione e i sistemi per le videoconferenze”.
Qualche elemento positivo non manca, come l’informatizzazione che, proprio a Napoli Nord, permette la registrazione in tempo reale delle informative della Polizia giudiziaria, o l’aula per l’audizione protetta dei minori realizzata per la vicenda della piccola Fortuna Loffredo, abusata e uccisa a Caivano.
“A Napoli si concentrano le criticità e le emergenze”, sintetizza Legnini, ma anche le positività ”.
Nel conteggio, però, le prime prevalgono.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 18th, 2016 Riccardo Fucile
L’INSOLITO VOCABOLARIO CHE HA ANIMATO LA SFIDA ROMANA
Il candidato del Pd, Roberto Giachetti, sollecitato da Sky sul suo stato patrimoniale, ha detto di possedere «due casaletti a Subiaco», il paese del Frusinate in cui sono nati Gina Lollobrigida e Ciccio Graziani.
Da allora gli animi si sono infiammati sulle titolarità rurali, rapidamente evolute a villoni con piscina adibite ad agriturismo. La piscina in effetti c’è, l’agriturismo no, ha detto Giachetti, perchè per aprire un agriturismo bisogna essere agricoltori. «E io agricoltore non sono». Purtroppo, avrebbe dovuto dire Raggi.
Curriculum
Il mitico curriculum, arma intelligente di selezione grillina, stavolta ha mostrato qualche limite. Il curriculum di Virginia Raggi per esempio non contempla la collaborazione con lo studio Previti, la partecipazione a una società vicina a Gianni Alemanno e un discusso incarico di recupero crediti alla Asl di Civitavecchia. Lei ha replicato col bisillabo più assertivo del decennio: «Fango!»
Cultura
Che libri leggono gli sfidanti? Giachetti ama Il libro dell’inquietudine di Fernando Pessoa, La provincia dell’uomo di Elias Canetti e Il mestiere di vivere di Cesare Pavese. La cultura di Raggi si è formata sui testi di ispirazione per il grillismo: E io pago di Daniele Frongia e Laura Maragnani, Grande raccordo criminale di Floriana Bulfon e Pietro Orsatti e I Re di Roma, di Lirio Abbate e Marco Lillo. Quest’ultimo, accidenti, autore del fango sul Fatto di ieri a proposito dell’Asl di Civitavecchia.
Rom
Venuti meno Matteo Salvini e Giorgia Meloni, si è continuato a discutere sul destino da riservare ai Rom. Giachetti fa il legalitario e si affida vagamente alle indicazioni europee di progressiva chiusura dei campi. Raggi fa la rivoluzionaria, vuole un censimento anagrafico e patrimoniale negli accampamenti di modo da imporre ai bambini la scuola e agli abbienti l’acquisto di una casa. Grande la curiosità di scoprire i sistemi di imposizione del rogito.
Rifiuti
Spiace dover riservare più spazio a Raggi che a Giachetti, ma le idee del Movimento sono sempre più interessanti, diciamo così. Mentre Giachetti punta alla riorganizzazione della municipalizzata per abbassare la tassa comunale, Raggi segue le innovazioni green, vuole ridurre gli imballaggi, incentivare mercatini dell’usato e reintrodurre i pannolini lavabili per infanti. Poi toccherà reintrodurre le lavandaie.
Amatriciana
Ci sono state tante gaffe. A cominciare da quella che poi gaffe non è, sulla funivia urbana. Tutti hanno deriso Raggi ma è un progetto allo studio ovunque. Giachetti ha sbagliato a citare una linea della metro e ha garantito che «il Pd non ha un programma». Poi se ne è procurato uno. Raggi, millesima a usare l’espressione «all’amatriciana» (a proposito del patto del Nazareno a livello romano), è stata così sfortunata da far arrabbiare il sindaco di Amatrice. In effetti, visti i guanciali di Amatrice, un sindaco all’amatriciana sarebbe un sindaco meraviglioso.
Alleati
Giachetti è erede di Mafia capitale, del sistema di potere del Pd, dell’intera casta politica. Raggi peggio, visto che l’appoggiano non soltanto i leghisti e i meloniani, ma anche Casapound e Gianni Alemanno. Almeno, di questo si discute. Lei si è scocciata e Alemanno ha precisato: «Non voto per te, voto contro il Pd». Senso civico di un ex sindaco. Auguri a tutti.
Mattia Feltri
(da “La Stampa”)
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Giugno 18th, 2016 Riccardo Fucile
“UNA VASTA RAGNATELA DI AFFARI LEGA IL CANDIDATO REPUBBLICANO E LA RUSSIA”
Dietro l’idillio fra Donald Trump e Vladimir Putin, c’è anche una vasta ragnatela di affari che legano il candidato repubblicano alla Casa Bianca e la Russia.
Lo rivela il Washington Post in un ampio reportage, che segna anche l’ultimo capitolo di una guerra tra la prestigiosa testata della capitale e il tycoon newyorchese (pochi giorni fa Trump ha cancellato gli accrediti a tutti i giornalisti del Washington Post, escludendoli dai suoi eventi elettorali).
L’ultimo business è quello da 14 milioni di dollari che ha portato Trump a organizzare a Mosca una premiazione del concorso Miss Universo (di cui possiede il marchio). In parallelo ci sono i vari tentativi dell’immobiliarista di sbarcare in Russia per costruirvi delle Trump Tower; e i reciproci investimenti di oligarchi russi nel mercato immobiliare Usa.
Al centro di questa ragnatela c’è la figura di Aras Agalarov, il miliardario russo che funge da intermediario fra Trump e Putin.
Sul fronte americano è il figlio di Trump, Donald Junior, a seguire più da vicino la filiera degli investitori russi: “Rappresentano una quota sproporzionatamente elevata degli investimenti nei nostri asset”, dichiarò Donald Junior ad una conferenza di immobiliaristi.
Intanto fra Putin e Trump i due continua a fiorire anche una “luna di miele” politica. Ancora di recente il candidato repubblicano alla Casa Bianca ha ribadito di gradire gli apprezzamenti che gli arrivano dal presidente russo: “Putin mi definisce un genio, certo che mi fa piacere”.
In altre circostanze Trump aveva detto che la guerra civile in Siria lui la risolverebbe affidando alla Russia il compito di sconfiggere militarmente lo Stato Islamico.
Secondo l’inchiesta del Washington Post anche il recente furto compiuto da hacker russi, che hanno trafugato notizie su Trump negli archivi dello staff di Hillary Clinton, andrebbe visto in questa luce.
Putin sarebbe interessato a capire le chances di successo di Trump, e la possibilità che una sua vittoria segni la fine delle sanzioni occidentali contro la Russia, scattate dopo l’annessione della Crimea e l’intervento in Ucraina.
(da “La Repubblica”)
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Giugno 18th, 2016 Riccardo Fucile
LEGGE MADIA, I SINDACATI AVVERTONO: “SI RISCHIANO MIGLIAIA DI RICORSI”
L’accorpamento è “ragionieristicamente perfetto”, ma rischia di dilapidare un patrimonio di “storia”, “vissuti” e “saperi” perchè “l’efficienza non si traduce attraverso una mera semplificazione“.
E’ netto il parere di Franco Gabrielli sulla norma della legge Madia che prevede l’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri.
Una misura contro il quale si schierano compatti i sindacati, che avvertono: “Contro questa militarizzazione forzata dei forestali scatterebbero migliaia di ricorsi“, spiega Maurizio Cattoi, segretario del Sindacato nazionale dirigenti e direttivi del Corpo Forestale.
Il passaggio previsto dalla riforma riguarda funzioni e personale, ad eccezione delle competenze anti-incendio, da attribuire al Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Si darebbe così vita a una nuova organizzazione, all’interno dei carabinieri. I forestali chiamati al passaggio nell’Arma sono circa 7mila, con piccoli contingenti riservati ai Vigili del fuoco, alla Polizia e alla Guardia di finanza.
Prevista anche la possibilità di fare richiesta per passare alla Pubblica Amministrazione in senso lato.
“Credo che non sia stata una scelta felice — ha detto il capo della Polizia nel suo intervento alla Scuola superiore interforze — la rispettiamo, ma credo che la forza del nostro sistema sia nella diversità che si fa sintesi, non nelle acritiche, ragionieristiche operazioni di fusione”.
“Quando ero giovane anche io pensavo che fosse economicamente più redditizio fare semplificazioni — ha detto ancora l’ex prefetto di Roma — ragionieristicamente è perfetto, ma si perde di vista che dietro ogni organizzazione, ogni storia, ci sono dei vissuti e dei saperi”. E dunque, ha concluso il capo della Polizia, “nel nostro paese la pluralità delle forze di polizia non è un elemento di inciampo, una sottrazione di risorse o un appesantimento del sistema, ma semplicemente una risorsa“.
Le parole del capo della Polizia danno fuoco alle polveri dei sindacati.
Il primo problema è la trasformazione dei forestali in militari.
“In primo luogo, noi siamo dipendenti civili — spiega ancora Cattoi — e ci troviamo a subire una militarizzazione forzata. Ma essere militari è una scelta che può essere fatta solo volontariamente. Per questo, se si arrivasse all’accorpamento, scatterebbero migliaia di ricorsi. In secondo luogo, il controllo ambientale non può essere militarizzato, il guardaboschi non può rispondere alla Pinotti. L’aspetto penale della salvaguardia del territorio è solo la punta dell’iceberg di una serie infinita di controlli di carattere amministrativo“.
“Le parole di Gabrielli non solo sono totalmente condivisibili — afferma Marco Moroni, segretario generale del Sapaf, il maggior sindacato del Corpo forestale — ma rappresentano meravigliosamente i concetti e le battaglie che i Forestali portano avanti da tempo per impedire questa scellerata operazione di militarizzazione del Corpo”.
“Nei prossimi giorni verremo auditi alla Camera dei deputati sull’ipotesi di decreto di accorpamento — conclude Moroni — e chiederemo a tutti i parlamentari di ascoltare e fare proprie le parole del Capo della Polizia di Stato”.
Una presa di posizione, quella di Gabrielli, che guadagna il plauso anche di Daniele Tissone, segretario generale del sindacato di polizia Silp Cgil: “Le parole del capo della polizia sono di buon senso. Soprattutto, ricordano a tutti noi e a chi ha responsabilità politiche e di governo la grandezza di una legge, la 121, che ha disegnato il sistema della sicurezza così come lo conosciamo. Una riforma è certamente necessaria, ma non nel segno di una nuova militarizzazione. E’ ovvio che possiamo e dobbiamo intervenire per riformare il sistema della sicurezza — conclude Tissone — ma non certo militarizzando le forze di polizia esistenti, togliendo diritti al personale e diminuendo l’efficienza del sistema”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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