Giugno 20th, 2016 Riccardo Fucile
A 31 ANNI L’ESPONENTE DELLA DESTRA ALTERNATIVA DIVENTA IL PIU’ GIOVANE SINDACO DELLA STORIA DELLA CITTA’
Pippi Mellone, a soli 31 anni, diventa il più giovane sindaco della storia di Nardò.
In piena notte, appena i numeri provenienti dalle sezioni scrutinate confermano la tendenza già dimostrata fin dalle prime ore, nel Comitato di Pippi Mellone, in via Duca degli Abruzzi, dalle centinaia di sostenitori e amici radunati in trepidante attesa è salito, liberatorio, l’urlo di gioia e di soddisfazione per il risultato, per certi versi storico, raggiunto
La vittoria di una coalizione di liste civiche, composta per lo più da giovani, che è riuscita a sconfiggere il Centrosinistra di Marcello Risi che, in occasione del ballottaggio, aveva il sostegno anche dei Conservatori e Riformisti.
Partiti tradizionali, quindi, contro la “rivoluzione” guidata da Pippi Mellone, che è riuscito a coinvolgere tanti ragazzi che, con il loro entusiasmo, hanno contribuito a raggiungere lo storico risultato.
Recuperare il gap di oltre 2mila voti del primo turno, infatti, non era affatto semplice.
«Sarò il sindaco di tutti i neritini! — dice Pippi Mellone – Siamo arrivati alla fine di una lunga corsa con la certezza di aver dato il via ad una operazione mai provata prima. Ben 8 liste ci hanno portati, fuori da ogni schema di schieramento tradizionale, ad un grandioso risultato già al primo turno. Si tratta di un vero e proprio miracolo politico — continua – che ha segnato uno stravolgimento del quadro locale. Un gruppo di ragazzi, partito da lontano, in opposizione ad un sistema consolidato, è stato in grado di unire una città . Ora pensiamo alla messa in sicurezza della discarica. È stata una battaglia al cardiopalma seguita, sezione per sezione, dai nostri volontari. In queste settimane — prosegue – ci siamo rivolti all’elettorato alternativo al sistema di potere. È una vittoria dedicata a tutto il gruppo, da chi mi ha dato fiducia ai tempi di Azione Giovani, fino alla magnifica Andare Oltre e all’Alleanza per il Cambiamento. Abbraccio tutti i neritini, soprattutto quelli che hanno legittimamente votato per gli altri candidati, e li ringrazio per la fiducia che mi hanno voluto e vorranno corrispondere. Vi daremo l’anima».
Poi lo spazio alla festa e alla gioia. Con il nuovo sindaco di Nardò e migliaia di amici che si sono ritrovati sulle scalinate di Palazzo Personè.
Bandiere, striscioni, abbracci e anche lacrime di commozione.
Fino all’alba.
(da “il Quotidiano di Puglia“)
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Giugno 20th, 2016 Riccardo Fucile
LA CREDIBILITA’ E’ FONDAMENTALE PER UN SINDACO, MA QUANTO A TRASPARENZA VIRGINIA, CON LE SUE OMISSIONI, NON HA ESIBITO UN BEL BIGLIETTO DA VISITA
Una donna di 37 anni sindaco di Roma. Bel colpo. Anche se per Virginia Raggi sarebbe stato davvero più difficile perderle che vincerle, queste elezioni.
Divisa la destra, più interessata alla successione a Silvio Berlusconi che alla battaglia per il Campidoglio, al punto da dissipare un patrimonio di consensi che avrebbe potuto significare quantomeno il ballottaggio.
Spappolata la sinistra, reduce dalla stagione controversa di Ignazio Marino.
Il Partito democratico, con pesantissime responsabilità nello sfascio della città , commissariato e lacerato dalle spaccature interne, a leccarsi le ferite di Mafia Capitale.
Mentre il fuoco amico di Stefano Fassina & co. era sempre in agguato.
Un disastro che ha costretto Roberto Giachetti a fare tutta la corsa in salita. E se resta il dubbio di come sarebbe andata a finire per il Pd se la scelta fosse caduta su un candidato più autorevole e meno identificabile con l’attuale gruppo dirigente, la pera era comunque matura
Donna, per giunta giovane: almeno in un Paese dove la pubertà si supera a quarant’anni. Evviva. Ma ora si fa sul serio.
Per il Movimento fondato da Beppe Grillo è la prova cruciale, che potrebbe pesare non poco nella prospettiva delle prossime elezioni politiche. Perchè governare una città come Roma è forse più complicato sotto certi aspetti che tenere in mano il timone del governo centrale.
Di Virginia Raggi sappiamo poco o nulla.
Per quasi tre anni è stata in consiglio comunale, in uno sparuto plotone apparso molte volte privo di potere decisionale. Come quando, dopo l’estromissione del democratico Mirko Coratti dalla presidenza dell’assemblea perchè coinvolto in Mafia Capitale, avevano accettato informalmente l’incarico di vicepresidente per uno di loro, salvo poi ritirare la disponibilità ad assumersi tale responsabilità in seguito all’intervento del triumviro Alessandro Di Battista. Sempre più l’uomo forte del Movimento a Roma. Dove la partita si annuncia durissima.
E le idee, almeno a giudicare dalla campagna elettorale, non sembrano così chiare: come dimostra la circostanza che a dispetto degli annunci iniziali l’organigramma della giunta non è ancora completo
Virginia Raggi ha puntato soprattutto a rassicurare.
Prima i dipendenti del Comune. Poi i tassisti, che hanno rappresentato per il Movimento 5 Stelle una solida base elettorale come già lo erano stati otto anni fa per il centrodestra.
Quindi i dipendenti dell’Atac, un’azienda delicatissima per la funzione che ha ma letteralmente allo sbando da anni, strozzata com’è nel groviglio di interessi politici, sindacali e affaristici.
E ora per il Movimento 5 Stelle arriverà inevitabilmente il momento di onorare le promesse.
Avendo ben chiaro che il nuovo sindaco non potrà contare minimamente sull’aiuto di Palazzo Chigi, dove la tentazione di mettere in difficoltà la giunta grillina della Capitale sarà , temiamo, una costante. I nodi verranno subito al pettine.
Virginia Raggi ha detto di voler rinegoziare il vecchio debito del Comune, che costringe i cittadini romani a pagare le addizionali Irpef più alte d’Italia.
Ma intanto quel debito è affidato a un commissario straordinario nominato dal governo: oggi è Silvia Scozzese, già assessore al Bilancio della giunta di Ignazio Marino.
I debiti sono poi in gran parte costituiti da mutui con la Cassa depositi e prestiti, banca controllata dal Tesoro. E per rinegoziarli bisogna che il governo sia d’accordo. Ancora? La questione del salario accessorio, che aveva provocato un contrasto durissimo fra Marino e i sindacati, di sicuro riesploderà , visto che il ministero del Tesoro ha considerato illegittima la distribuzione a pioggia di quelle somme aggiuntive rispetto allo stipendio.
Per non parlare della rotazione dei vigili urbani, bloccata da una curiosa sentenza del giudice del lavoro.
O dei lavori della Metro C, l’opera pubblica più costosa e problematica, con il pandemonio di carte bollate, contenziosi e veleni che li accompagna: il governo sta cercando di scalzare il Comune
Con Matteo Renzi si annuncia perciò una partita a scacchi con il rischio di finire costantemente sotto scacco.
E la storia insegna che governare la Capitale avendo un governo politicamente ostile non è affatto semplice.
Per tutto questo servirebbe un fisico bestiale. Ma pure autorevolezza e credibilità , condizioni necessarie per quell’autonomia decisionale della quale molti hanno dubitato.
Sono qualità che adesso auguriamo a Virginia Raggi di riuscire a dimostrare, facendo dimenticare le troppe omissioni del suo curriculum.
Per chi giustamente predica la trasparenza assoluta, quelle non sono certo un bel biglietto da visita.
Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)
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Giugno 20th, 2016 Riccardo Fucile
SCONTRO AL FEMMINILE CON LE RIVALI LOMBARDI E LA FIDANZATA DI DI MAIO CON STIPENDIO A CARICO DEL M5S
Virginia Raggi non ha vinto, ha stravinto. Il che da oggi la carica di una forza politica ma anche di una responsabilità doppia: è da Roma che, dice Beppe Grillo, «partiremo per conquistare Palazzo Chigi, stiamo facendo la storia d’Italia».
Governare Roma non significa solo governare Roma, significa incarnare, agli occhi di milioni di italiani, l’altra opzione possibile rispetto a Matteo Renzi.
Naturalmente, per dare l’assalto a Palazzo Chigi e a Renzi prima bisogna governare bene Roma, o comunque anche solo governarla senza esser travolti dal disastro amministrativo e dalla condizione fallimentare del Campidoglio.
Roma è la ribalta più grande, ma anche l’insidia terminale.
La Raggi diventa fondamentale per fornire la prova che il Movimento sa essere qualcosa di governo, e non solo di protesta.
Il no euro? È già andato in soffitta.
I soldi pubblici? Vengono già ampiamente usati, dai cinque stelle.
Il divieto di doppio mandato? Chissà se resterà in piedi.
La squadra di governo? Se Raggi metterà un tecnico al bilancio, Di Maio è mesi che sparge rassicurazioni in giro che, in un loro governo, all’Economia e agli Esteri andrebbero due grand commis, non due no euro.
Grillo vince perchè in un certo senso ha perso: vince nel momento in cui i suoi ragazzi hanno messo in soffitta lui e il M5S originario
La prima domanda allora è: quanto Virginia sarà autonoma, dal direttorio, dalla Casaleggio, e dal fronte vasto (anche se ai più ignoto) dei suoi oppositori interni dentro il Movimento, quelli che vogliono condizionarla, o abbracciarla per condizionarla?
L’ascesa della Raggi è stata politicamente il frutto di un appeasement, dentro il M5S romano: da una parte gli attivisti delle origini, quelli che hanno dato anima e corpo al Movimento quando non era niente, animandone i meet up, i forum (che all’inizio erano due, ora praticamente zero), e sono stati progressivamente rasi al suolo dall’altro fronte, quello che a Roma è da sempre incarnato dalla capa romana, Roberta Lombardi, molto legata alla Casaleggio, dotata di un rapporto personale con Beppe Grillo, in buon rapporto con Luigi Di Maio, ma ultimamente oscurata dall’ascesa di Virginia.
La Lombardi per ora ha abbozzato, ha accettato di portare l’acqua alla campagna elettorale della Raggi, ma sappiamo che è pronta – alle prime difficoltà della sindaca – a muoverle contro per aprirsi più potere possibile in questa dialettica.
Con la prima sindaca donna di Roma, si delinea anche una guerra tra donne.
La Lombardi non ha puntato i piedi sulla giunta, non ha chiesto nomi suoi – anche se l’inserimento di Marcello De Vito pare un pegno politico che la Raggi dovrà pagare. In questa fase la ex faraona cercherà di imporre nomine di seconda linea, ma più operative: non gli assessori, ma i direttori, i capi dipartimento, le Asl, la polizia municipale, l’Atac o l’Ama. Il vero sottopotere romano.
La prima volta che vedremo come il Movimento gestirà il nodo annoso di Roma, le clientele
In campagna elettorale, per bilanciare alcune vicende che la ricollegavano al mondo della destra romana – gli studi legali Previti e Sammarco – la Raggi ha scelto diversi assessori pescandoli nel mondo della sinistra romana, dall’urbanista Paolo Berdini a Paola Muraro, all’assessore alla cultura Luca Bergamo.
C’è tanta fetta di Movimento che non è entusiasta di questo, perchè non vuole vedersi «infiltrare» dalla sinistra romana.
Eppure, Raggi è stata del tutto autonoma dal direttorio. Ha scelto lei, e se ne è fregata anche di chi storceva il naso per alcuni suoi contatti politici con l’ambiente ex Rifondazione comunista (la ex Lavanderia e l’occupazione all’ex manicomio al Santa Maria della Pietà ). Saprà continuare sulla strada di questa autonomia
È certo che da Milano vogliono guidarla, che l’hanno preparata a comportarsi in tv (molto recitato, il suo stile), che Luigi Di Maio le ha messo alle calcagna la sua fidanzata, la coach tv Silvia Virgulti, in una specie di marcatura alla Claudio Gentile a Spagna 1982.
Ma da oggi la Raggi non è più la consigliera comunale alle prime armi nella politica. È il sindaco di Roma; se vuole, in una possibile dialettica anche con lo scalpitante Luigi Di Maio.
Jacopo Iacoboni
(da “La Stampa”)
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Giugno 20th, 2016 Riccardo Fucile
A TORINO DETERMINANTI PER LA APPENDINO… E A BOLOGNA I GRILLINI RICAMBIANO IL FAVORE AL CENTRODESTRA MA GLI VA MALE
Il partito non ufficiale del “tutti tranne Renzi” si conferma anche nei ballottaggi delle amministrative 2016.
Lo rivelano i flussi elettorali analizzati dall’Istituto Cattaneo.
Gli elettori di destra, davanti al duello a Torino tra il candidato del Pd, Piero Fassino, e quello del MoVimento 5 stelle, Chiara Appendino, preferiscono in gran numero quest’ultimo.
Ma se questo dato era già stato confermato da altri appuntamenti passati, per esempio a Livorno e Parma, il dato nuovo di questa tornata elettorale è che anche gli elettori che al primo turno scelgono M5s, al secondo poi tendono a preferire il candidato conservatore.
È la fase del MoVimento 5 stelle che l’Istituto Cattaneo chiama “politica”.
In questa fase la lealtà degli elettori verso il partito non è più legata esclusivamente ai temi (prima fase) o all’affermazione della propria alterità (seconda fase): il legame è piuttosto con gli obiettivi di vittoria politica del partito.
In quest’ottica, i “giochi” politici, i vincoli e le opportunità del contesto politico non sono più rifiutate in nome della purezza identitaria, ma contribuiscono in modo decisivo alle scelte degli elettori.
I casi di ballottaggi del 2016 tendono dunque a corroborare l’ipotesi di una nuova fase nella storia dell’identità del MoVimento 5 stelle caratterizzata da considerazioni di tipo “politico” nel suo elettorato.
L’intenzione di “punire”, attraverso i voti alle amministrative, il governo Renzi ha fatto sì che nelle città considerate molti (in alcuni casi la maggioranza) degli elettori che al primo turno avevano scelto M5s, al ballottaggio si sono spostati verso i candidati di centrodestra.
Tale fase viene confermata dall’analisi dei flussi in alcune citt�
Novara: tra coloro che avevano scelto il Movimento 5 stelle al primo turno, al ballottaggio la quota maggiore si è diretta verso il candidato di centrodestra (40%). Una quota di poco inferiore ha optato per l’astensione (38%) e solo una quota minoritaria (21%) ha optato per il candidato di centrosinistra.
Novara è un caso particolarmente interessante perchè consente di fare un confronto col 2011: qui il Movimento 5 stelle aveva ottenuto una discreta quota di voti già in quell’occasione. Cinque anni fa, però, il comportamento al ballottaggio degli elettori del M5s fu ben diverso da quello odierno: in quell’occasione le scelte premiarono di gran lunga (75%) il candidato di centrosinistra.
Bologna: gli elettori che avevano scelto Bugani al primo turno, nel ballottaggio hanno scelto in maggioranza per l’astensione (45,5%), ma una quota solo di poco inferiore (42,8%) ha scelto la candidata leghista Borgonzoni.
Il flusso in uscita verso Merola è largamente minoritaria (11,7%).
Grosseto: gli elettori del candidato del M5s al secondo turno hanno premiato maggiormente il candidato di centrodestra (43,4%). Una quota simile si è diretta verso l’astensione (42,5%) e solo il 14,1% ha premiato il centrosinistra.
Brindisi: il maggior flusso in uscita dal M5s (71,2%) va verso l’astensione. Un flusso minore, ma comunque rilevante, premia il centrodestra (28,8%). Assente è il flusso in uscita verso il centrosinistra.
Un caso a parte è quello di Napoli, dove si afferma per la seconda volta al ballottaggio Luigi de Magistris, con un ampia vittoria sul candidato del centrodestra, Gianni Lettieri.
Per l’Istituto Cattaneo De Magistris ha vinto soprattutto perchè è riuscito a confermare l’elettorato che lo aveva scelto al primo turno: l’86% di chi lo ha votato al primo turno ha ribadito il suo sostegno al ballottaggio.
Inoltre, il risultato positivo di De Magistris si spiega grazie alla sua capacità attrattiva nei confronti dell’elettorato del M5s: un consistente flusso in entrata proviene dagli elettori che al primo turno hanno votato il candidato del M5s (Brambilla).
Si tratta di un ulteriore flusso che conferma l’appeal di De Magistris nei confronti dell’elettorato del M5s, già emerso nei flussi analizzati dall’Istituto Cattaneo al primo turno.
Per quanto riguarda l’astensione, a Napoli c’è stato un vero e proprio crollo della partecipazione con circa 20 punti percentuali in meno rispetto al primo turno (da 54,11% a 35,97%, quindi circa un terzo degli elettori ha votato al ballottaggio). A disertare le urne, come era ampiamente prevedibile, sono gli elettori che al primo turno hanno votato candidati che non sono andati al ballottaggio.
(da “Huffingtonpost“)
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Giugno 20th, 2016 Riccardo Fucile
MA NON POTEVANO PARLARSI IN CASA A VOCE?
Il marito di Virginia Raggi, neo sindaco di Roma, primo sindaco donna della Capitale, con perfetto tempismo ha pubblicato subito dopo la notizia della vittoria della moglie una lettera alla consorte.
Lo ha fatto sul suo blog di cittadino e poi l’ha diffusa attraverso il suo profilo Twitter. C’è una bella foto della Raggi, in apertura del post.
C’è una rievocazione del suo percorso politico, partito “da un tavolino acquistato per fare un infopoint”.
Poi però ci sono un paio di note stonate. “Ti rendi conto? Quello che ho sempre saputo si è realizzato” comincia Andrea Severini.
Molta fiducia nella moglie, certo, ma anche a quanto pare una certa capacità medianica.
E poi, la parte che trovo più imbarazzante: “Sono 21 anni che ti conosco, ora per noi è un momento difficile è inutile nasconderlo, ma io sarò sempre accanto a te. Cercherò di proteggerti il più possibile anche da lontano”.
Senza conoscere nè la Raggi nè suo marito, senza voler sapere niente del loro matrimonio (come immagino la maggior parte dei cittadini romani, sia quelli che l’hanno votata sia quelli che non l’hanno votata), e pure tenendo conto delle stesse dichiarazioni della neo sindaca, che ha ammesso un momento difficile della lunga relazione con il marito, negando però di avere altre relazioni, sinceramente la sera della vittoria elettorale non mi pare il momento migliore per scrivere una lettera pubblica sulle difficoltà del loro rapporto.
E mi sono chiesta: ma se la Raggi fosse stata un uomo, la consorte si sarebbe mai comportata così? O avrebbe magari taciuto questo aspetto, facendogli godere la vittoria?
Che cosa ne dobbiamo inferire, noi donne, così superficialmente e senza sapere nulla di più? Che il prezzo che si paga, ancor prima di cominciare a lavorare da sindaco, è che la famiglia entra in crisi? E che il marito ne diventa vittima?
“Ah, una cosa ancora, mi manchi da morire, tuo marito, Andrea” finisce la missiva.
Sarò io bacchettona, perchè l’esposizione pubblica dei sentimenti mi infastidisce, ma sarei curiosa di sapere cosa pensa Virginia Raggi di questa lettera.
E se qualcuno giudicherà che sono malfida e che penso male, pazienza.
Lara Crinò
(da “L’Espresso”)
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Giugno 20th, 2016 Riccardo Fucile
ALL’ESTERO NON CAPISCONO L’INFATUAZIONE DEGLI ITALIANI PER UN MOVIMENTO CHE DI DEMOCRATICO HA BEN POCO
La Bbc la butta sulla specificità di genere. «Il primo sindaco donna di Roma».
Poi una striminzita descrizione del populist movement che ha conquistato la capitale d’Italia.
Il M5S è ancora un oggetto sconosciuto per l’Europa e il mondo.
Gli stranieri lo guardano con un misto di curiosità e scetticismo, lo scrutano per capire di più anche la politica e il carattere degli italiani.
«In Francia non sarebbe possibile un’affermazione così ampia del M5S» spiega Mathilde Imberthy, corrispondente da Roma di Radio France mentre sgrana gli occhi di fronte al risultato stupefacente anche di Chiara Appendino a Torino.
«Ci hanno provato gli ecologisti ma non sono andati molto lontano. In Francia non fai politica se non sei cresciuto nella politica».
Il punto di osservazione della stampa straniera riunita al quartier generale romano dei Cinquestelle è interessante per capire come viene percepito il Movimento fondato da Beppe Grillo in una fase di affermazione generale dei partiti populisti in Europa, con cui ha qualche somiglianza ma anche molte differenze: «Ma per populista intendiamo che non c’entra nulla con i partiti, che è nato dal basso, tra i cittadini. Spesso sento paragoni inesatti. Il M5S non ha niente a che fare con il Front National, nè con Podemos in Spagna».
I francesi, racconta Imberthy, «non riescono a capire bene cos’è il M5S. Non è nè di destra, nè di sinistra». E allora i corrispondenti provano a spiegarlo come possono. «A volte mi chiedono chi sia l’elettore tipo. E io dico che non c’è: che può essere un avvocato come un disoccupato»
Ad assistere al trionfo romano dei pentastellati assieme a svizzeri e francesi c’è una troupe russa, quella tedesca della tv Ard, un producer italiano che lavora per i turchi e i giapponesi.
La storia della prima sindaco donna di Roma, però, conta più per gli italiani che per gli stranieri, già ampiamente abituati a vedere gli uomini scavalcati in grandi città come Parigi e Madrid.
Incuriosisce di più una città così importante come Roma ridotta alla disperazione. «Ma c’è anche una richiesta di trasparenza sui vertici del M5S» dice Philipp Zahn del network radiotelevisivo della Svizzera tedesca Srf.
Zahn spiega come il problema della scarsità di informazioni riguardo alla Casaleggio Associati sia molto più sentito all’estero, e non solo tra i giornalisti e gli analisti: «Che cos’è questo Staff di Milano, di cui si parla? — chiede -. Dovrebbero dire chi ne fa parte e che ruolo ha. e, poi, se i vertici non sono eletti, come fanno gli elettori a sfiduciarli?».
Ilario Lombardo
(da “La Stampa)
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Giugno 20th, 2016 Riccardo Fucile
LA ROTTAMAZIONE TRADITA: “DA TEMPO DENUNCIO CHE LA SOCIETA’ SI E’ ALLONTANATA DAL PD, IL BUS E’ ANDATO FUORI STRADA, C’E’ POCO TEMPO PER RIMETTERLO IN CARREGGIATA”
Matteo Richetti poggia la spremuta di arancia alla buvette. Appena mi vede, capisce le intenzioni: “Ciao vecchio… Non ci provare che oggi non parlo. Non ti faccio la Cassandra che dice ‘io lo avevo detto’…”.
Da tempo, renziano della prima ora, Richetti aveva lanciato il suo allarme, in nome della rottamazione tradita: “Ora è meglio che non parlo…. Ma ti ricordi che avevano scritto i giornali? Che criticavo non perchè ero politicamente preoccupato ma perchè non mi avevano riservato posti, segreteria, governo”.
E invece?
Io ho detto fino allo sfinimento che mi interessava solo il Pd, che nel paese c’era aria di smarrimento. E forse ci si doveva preoccupare prima perchè la società si stava allontanando, e dovevamo buttare lo storytelling e riprenderci la realtà . Tu te la ricordi la puntata di In mezz’ora dell’autunno 2014? C’era tutto. La previsione dell’astensionismo in Emilia, la crisi della rottamazione, il Movimento 5 stelle. Hanno fatto spallucce, commiserato perchè “sai, hai l’indagine”.
Insomma, tu dici: il punto è che il paese ha rifiutato la narrazione della “crisi finita”, “finalmente abbiamo il segno più e non meno”, conta solo il referendum
Io dico che questo risultato è disastroso. Se avessimo perso Milano avrebbe significato che stavamo al governo nei Palazzi e all’opposizione nel paese. Così ancora c’è tempo di correggere il tiro per evitare di consegnare il paese a Grillo. Però non parlassero di miracolo. Anzi, ti do una traccia, tu che sei uno che ci va a fondo. Vai a vedere dentro la Lega che, tra il primo e il secondo turno hanno fermato i motori, per ragioni di lotta nel centrodestra.
Dici che Salvini ha giocato a perdere?
Tu lavoraci, poi mi dici… Quindi ora Matteo dovrebbe ragionare e ascoltare, uscire dal palazzo, sentire che nel paese c’è un vento di cambiamento che le nostre vele non intercettano. Ma tu ti ricordi quella sera al circolo del Pd Donna Olimpia?
La verità ? No
Io sì. Mi dicevano “non andare”, c’è un brutto clima. Io mi sono presentato in maniche di camicia e abbiamo fatto notte a discutere, parlare. Nel paese ci stai così, non basta raccontargli la tua narrazione, tra un’intervista e l’altra, perchè poi ti trovi nelle urne la narrazione di chi non ci crede più. Noi siamo apparsi il partito del potere non del cambiamento.
Hai visto che oggi Renzi dice al Messaggero: “Un renziano del 2014 voterebbe una Appendino?
Sì, ci sta la battuta. Un’Appendino del Pd, intesa come una leva di dirigenti moderni, appassionati, nuovi. In questo senso si può dire che la Leopolda era piena di Appendini e Appendine… Insomma, quello che dico io è che la rottamazione, per come l’abbiamo immaginata all’inizio, è un insieme di cose. Non solo facce nuove ma idee innovative, talento e non cooptazione, partito con le porte aperte nella società non partito che non c’è, meritocrazia non cerchio magico, potere come mezzo non governismo con Verdini
Non è che ti candidi alle primarie contro Renzi
E allora non ci siamo capiti. Io non attaccherò mai Renzi, nemmeno ora. Anzi: adesso c’è chi chiederà ridimensionamento, cambio dell’Italicum, superamento del doppio ruolo premier/segretario. Io invece darò una mano alla ditta. Come ho fatto in questa campagna elettorale. Come sto facendo sul referendum. Ho pure scritto un libro che esce la prossima settimana e che andrò a presentare in giro. Anzi, se ti va, facciamo una cosa assieme.
Volentieri, che libro è?
Si chiama “Harambee!”.
Un’esclamazione modenese?
No, un parola in lingua swahili, Kenya. Si usa quando l’autobus va fuori strada, e allo scandire di “harambee” tutti spingono per rimetterlo in carreggiata. È la definzione più bella e autentica di politica. Direi che si adatta bene alla situazione del Partito democratico. Girerò tutta l’Italia, ascolterò i nostri elettori, rianimeremo insieme la passione per la politica, ci prenderemo insieme le nostre responsabilità . Uno vale uno è una truffa, ognuno faccia bene il suo dovere è il senso. E non faccia mancare le sue braccia per spingere l’autobus impantanato.
(da “Huffingtonpost“)
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Giugno 20th, 2016 Riccardo Fucile
TRASPARENZA E LOTTA ALL’ABUSIVISMO IL PROGRAMMA DEL NUOVO SINDACO, IL CARDIOLOGO COLETTA… HA BATTUTO CALANDRINI (FDI) 75% A 25% CHE ERA SPONSORIZZATO DA UN PARLAMENTARE FDI INDAGATO
La Storia cambia, anche in posti come Latina. Scolpita nella pietra bianca delle linee rette delle sue strade, nel rigore della sua pianta razionalista, la città di fondazione cuore dell’Agro Pontino sembrava fosse immune da metamorfosi. Invece no.
La decennale linea di discendenza che partiva dalla Dc e arrivava a Fratelli d’Italia passando per Alleanza Nazionale è stata interrotta.
Il nuovo sindaco è Damiano Coletta, cardiologo di 55 anni che a capo di una coalizione di liste civiche è riuscito a intercettare la volontà di aria nuova che si respira in città .
Ambiente, trasparenza, lotta all’abusivismo edilizio i cardini del programma di Latina Bene Comune: nulla di più di una promessa, ma capace di scardinare i gangli di un sistema decennale incardinato nel centrodestra.
E’ finita con il 75,05% dei voti per Coletta e il 24,95% per Nicola Calandrini, ex presidente del consiglio comunale, esponente di un centrodestra dilaniato e sfibrato dal regolamento di conti tra Fdi e Forza Italia.
La scossa era arrivata al primo turno.
Una civica partita da lontano con la contestazione sull’urbanistica allegra e sull’edilizia dissennata arrivava ad uno 0,6% dalla lista dell’uomo di Fdi, partito del sindaco uscente, Giovanni Di Giorgi, defenestrato da una lotta intestina al centrodestra.
Lo scrutinio assegnava il 22,17% a Calandrini e il 22,11% a Coletta, ma si era capito chiaramente che l’aria era cambiata.
Su una scena politica frammentata tra le due anime del centrodestra e un Partito Democratico diviso al suo interno, si era inserita la triade Latina Bene Comune — Latina Rinasce — Lbc Giovani, una realtà molto eterogenea, con una forte impronta di centrosinistra, ma capace di raccogliere il voto di protesta di quelli che avrebbero scelto il Movimento 5 Stelle, che alle elezioni non si è presentato, ma anche di togliere ossigeno al Pd.
Al primo turno Calandrini aveva battuto Alessandro Calvi, ma non il suo sponsor principale, Claudio Fazzone.
E l’inimicizia con senatore e ras di Forza Italia nel sud pontino gli è stata fatale.
Con il cardiologo, alla prima esperienza amministrativa, la società civile entra per la prima volta nel municipio affacciato su piazza del Popolo e fa cadere il regno della destra.
Dopo Fernando Bassoli, repubblicano, primo sindaco del dopoguerra, era cominciata l’era democristiana conclusasi solo nel 1993: Ajmone Finestra, fiero fascista fino all’ultimo, era stato sindaco due volte, seguito da Vincenzo Zaccheo, della covata storica del Movimento Sociale poi confluito in Alleanza Nazionale; e infine Di Giorgi, nato in An, poi trasmigrato in Fratelli d’Italia e caduto dopo aver perso la guerra con Fazzone.
“Non basta voltare pagina, è arrivato il momento di cambiare libro“, è stato il leit motiv della campagna elettorale di Coletta.
Un libro fatto di speculazioni edilizie, una certa allegria nel dispensare concessioni e cambi di destinazione d’uso, di metro leggere promesse e progettate e mai costruite, di un territorio che l’inchiesta Don’t touch sull’organizzazione criminale che spadroneggiava in città ha illuminato di una luce sinistra, fino a lambire i vertici di Fratelli d’Italia con l’iscrizione nel registro degli indagati del parlamentare di Fdi Pasquale Maietta, che di Calandrini è stato il principale sponsor politico.
“Abbiamo cambiato il libro”, esultava domenica sera il neo sindaco. Per ora ha voltato pagine vincendo le elezioni, il nuovo libro è ancora una bella speranza.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 20th, 2016 Riccardo Fucile
ACCUSATI DI VOTO DI SCAMBIO E ABUSO D’UFFICIO… SEQUESTRATO IL SITO DI STOCCAGGIO GESTITO DALLA COSCA DEI NUCERA
Un’operazione di polizia mette in luce i rapporti tra ‘ndrangheta e politica nel levante ligure, un sodalizio saldato nell’ambito del traffico illecito di rifiuti. Complessivamente sono otto le persone arrestate e 3 sottoposte a misure cautelari: in manette sono finiti anche nomi eccellenti della politica locale e nazionale.
Agli arresti domiciliari Giuseppe Sanguineti, eletto con la lista civica Movimento per Lavagna, vicino al centrodestra, sindaco della cittadina ligure dal maggio 2014.
Stessa sorte per l’ex parlamentare Gabriella Mondello, eletta col Pdl nella passata legislatura e poi passata all’Udc.
In manette anche il consigliere comunale Massimo Talerico, con delega al Patrimonio e Demanio.
L’accusa nei confronti del sindaco, del consigliere comunale e dell’ex parlamentare è abuso d’ufficio. I tre sono anche indagati, a vario titolo, per voto di scambio e traffico illecito di influenze. Secondo gli investigatori, gli indagati hanno concesso appalti in cambio di pacchetti di voti.
Gabriella Mondello era diventata nota al grande pubblico nel 1973 quando divenne campionessa nel quiz televisivo Rischiatutto condotto da Mike Bongiorno.
Mondello fu poi eletta sindaco di Lavagna, nel 1980, e rimase in carica per 24 anni. E’ stata parlamentare dal 2001 al 2013, prima con Forza Italia, poi con il Popolo della Libertà e infine con l’Udc.
L’attuale sindaco Sanguineti, riguardo all’inchiesta, ha detto agli investigatori: “State sbagliando, chiarirò tutto”.
Pacchetti di voti in cambio di appalti
Secondo gli investigatori, i capi della locale sono Paolo Nucera e Francesco Antonio Rodà . Ai politici viene mossa l’ accusa di abuso di ufficio in concorso legato al trasporto e allo stoccaggio di rifiuti nel sito temporaneo di via Madonna della Neve, che le famiglie dei calabresi indagati hanno ottenuto, secondo l’accusa, con pacchetti di voti in cambio di appalti.
Secondo l’accusa, l’appalto, che era scaduto, è stato rinnovato in modo irregolare con forti pressioni sui politici: l’azienda di Udine vincitrice della gara, riferiscono gli investigatori, ha ricevuto pressioni dal sindaco Giuseppe Sanguineti per subappaltare il servizio alla società EcoCentro dei Nucera.
Secondo l’accusa i rifiuti urbani solidi raccolti nel comune di Lavagna destinati alla discarica di Scarpino a Genova, all’epoca ancora funzionate, venivano mescolati con rifiuti speciali che invece sarebbero dovuti andare in un’altra discarica.
In alcuni casi venivano smaltiti in modo irregolare rottami di motori marini e barche, che venivano inglobati per fare peso e guadagnare di più.
Il Comune chiudeva un occhio sui chioschi in spiaggia degli indagati
L’indagine ha permesso di scoprire che in cambio dei voti i clan calabresi hanno ottenuto la gestione di chioschi che affittano ombrelloni sulle spiagge del litorale.
Non a caso gli inquirenti hanno rilevato che nell’anno 2014 i titolari di queste attività gestite dai calabresi indagati, al contrario delle altre attività del settore, non risultano mai essere stati controllati e tantomeno sanzionati per irregolarità .
Secondo l’accusa, i vertici del Comune di Lavagna hanno omesso nella stagione 2014 i controlli “intenzionalmente e per lungo tempo” sugli stabilimenti balneari del lungomare di Lavagna, gestiti, sempre secondo l’accusa, dai referenti della famiglia Nucera e ora posti sotto sequestro.
La paura del sindaco: “Saltiamo in aria”
In questo scenario, i politici temevano le reazioni delle famiglie malavitose nel caso in cui non avessero fornito i servizi richiesti. In una intercettazione contenuta nell’ordinanza, il sindaco Sanguineti dice ad un altro consigliere comunale che occorre fare come dicono loro, “altrimenti saltiamo in aria come vent’anni fa”.
Il riferimento è l’attentato ad un auto nella zona, mai chiarito.
I traffici illeciti in mano alle famiglie Nucera e Rod�
Tra le otto persone arrestate a Lavagna, le cinque condotte in carcere sono i componenti di due famiglie. Si tratta dei fratelli Paolo, Antonio e Francesco Nucera, e dei fratelli Francesco Antonio e Antonio Rodà . Due persone hanno l’obbligo di residenza: Giovanni Nucera di Antonio e Massimiliano Arco.
Gli indagati sono in tutto 23.
Per le altre persone arrestate, i reati contestati, a vario titolo, sono di associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di rifiuti e droga, usura, riciclaggio e intestazione fittizia di beni.
Nel corso delle indagini gli uomini della squadra mobile di Genova e del servizio centrale operativo hanno sequestrato armi e munizioni.
Nel corso dell’operazione sono anche stati sequestrati diversi beni mobili, immobili, depositi bancari e società per un valore complessivo di circa due milioni, nella disponibilità di presunti affiliati alla ‘ndrina Rodà -Casile di Condofuri (Reggio Calabria).
(da “il Fatto Quotidiano“)
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