Giugno 8th, 2016 Riccardo Fucile
SOLO IL CLANDESTINO SALVINI PUO’ INVITARE A VOTARE UNA PERSONA CHE NON HA RISPETTO NEANCHE PER I MORTI
Virginia Raggi negò la solidarietà ai morti di Nassiriya.
Altro che le palle che Grillo disse durante lo Tsunami Tour: “Polizia e carabinieri sono tutti con noi”.
I fatti risalgono al 12 novembre, quando l’assemblea capitolina stava votando una mozione per confermare «la piena e incondizionata solidarietà ai nostri soldati impegnati in missione di pace all’estero».
La mozione era unitaria, era in uno spirito di concordia nazionale, su materia di politica estera, tutte cose su cui nelle settimane scorse Luigi Di Maio ha cercato di spargere ampiamente rassicurazioni in ogni sede: “il Movimento saprà tener conto del national interest” ha detto di recente a tantissime orecchie Di Maio, e per il ministero degli Esteri e dell’Economia, in caso di vittoria alle politiche, sceglierebbe tecnici di alto profilo. Niente sparate alla Di Battista in politica estera.
Ma la Raggi agì molto diversamente.
L’Assemblea capitolina approvò la mozione di solidarietà ai morti di Nassiriya con 30 voti a favore e l’astensione del Movimento 5 stelle.
Virginia si giustificò così: “Quella di Nassiriya non si può definire una missione di pace ma di guerra”.
Ma la mozione non faceva riferimenti a scelte politiche, era un documento di solidarietà alle famiglie di ragazzi italiani uccisi mentre facevano solo il loro dovere.
Non avevano attaccato nessuno, furono attaccati con un atto terroristico, c’è una bella differenza.
La Raggi può pensarla ovviamente come le pare, ma ci chiediamo: come può un elettore di destra votare per un personaggio del genere che non ha rispetto nemmeno per i soldati italiani morti?
Capisco che Salvini abbia già indotto a votare per una ex “zecca rossa” a Bologna, portando al ballottaggio la “sindachessa della fattanza” nel silenzio dei tanti cazzari di centrodestra, ma che il clandestino padano ora inviti a votare pure per chi disprezza la vita dei nostri soldati in missione di pace è troppo.
A quando lo slogan “10, 100, 1000 Nassiriya” ?
Destrorsi convertiti sulla via di Sant’Ilario: andate affanculo.
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Giugno 8th, 2016 Riccardo Fucile
LA MUSSOLINI DICE QUELLO CHE SAPEVANO TUTTI E ORA FANNO FINTA DI SCANDALIZZARSI: I LEPENOSI HANNO SOLO FATTO LA FINE DEI PIFFERI DI MONTAGNA
“La mia missione, per volere di Berlusconi, era impedire l’accesso della Meloni al ballottaggio”. Così Alessandra Mussolini, capolista Fi per il Campidoglio, in un’intervista al Messaggero racconta il retroscena della campagna elettorale per le comunali a Roma.
Una dichiarazione fa scoppiare, però, il caso politico.
Tanto più che la Mussoline dice di essere contenta del risultato ottenuto. “Io – dice – sono contenta. Anche se le elezioni, per Forza Italia e per Marchini, dovevano andare meglio”.
Mussolini dice di che “l’obiettivo è stato colpito. Meloni e Salvini, a Roma, volevano fare la pelle a Berlusconi e diventare padroni di tutto il centro-destra italiano ma non hanno fatto i conti la kamikaze che li ha abbattuti”.
Anche “Storace – prosegue Mussolini – aveva questo compito: pescare voti a destra e togliere ossigeno a Meloni”. E così, conclude, “l’abbiamo rottamata. Berlusconi domenica notte mi ha telefonato e mi ha detto: brava Ale, tu ti sei sacrificata per fermare la Meloni e la Meloni è finita male”.
La Meloni viene colta da crisi isterica: “Mussolini spiega che il suo obiettivo, come quello degli altri rottami arruolati nei bassifondi della politica in questa operazione di killeraggio, era solo di far perdere la coalizione formata da Meloni e Salvini, chissà in cambio di quale cortesia”.
Poi arriva il Gabibbo bianco Toti che porta il sedativo: “Chi, all’interno di Fi parla di un piano anti-Meloni, sta semplicemente farneticando. Una parte del nostro partito riteneva che Marchini potesse rappresentare una figura coerente con le aspettative del nostro elettorato. Evidentemente non era così, ma l’errore di valutazione non deve essere scambiato per inconfessabili quanto inesistenti piani oscuri”.
Peccato che il maggiordomo in livrea di Salvini e dei suoi amichetti leghisti sotto processo per peculato a Genova non dica che i fatti hanno dimostrato che “figura coerente con le aspettative del nostro elettorato” non è stata ricnosciuta neanche la Meloni.
(da agenzie)
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Giugno 8th, 2016 Riccardo Fucile
MARCO REGUZZONI E’ STATO LO STORICO RIVALE DI MARONI… DOPO IL FLOP DI MARONI A VARESE COMMENTA: “LA COSA MI FA SORRIDERE DI CUORE”
Il centrodestra vince il primo turno delle comunali di Varese: si va al ballottaggio tra l’imprenditore Paolo Orrigoni, 39 anni, scelto dalla Lega Nord ma sostenuto da 7 liste, e l’avvocato di 40 anni Davide Galimberti, militante Pd, sostenuto da 5 liste di cui 4 civiche.
Orrigoni ha raccolto il 47,1% dei voti, Galimberti il 41,9%.
«Ci dividono solo 1600 voti di differenza – osserva il leader della coalizione guidata dal Pd – la rimonta è possibile».
Il 19 giugno può succedere di tutto, ma intanto il caso che agita le elezioni di Varese è il sorpasso, in termini di preferenza, che diversi candidati hanno compiuto nei confronti del presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, capolista della Lega Nord per il consiglio comunale, accreditato finora di 328 preferenze (manca l’attribuzione delle preferenze in una sezione, a causa di una contestazione).
Uno dei primi a commentare con puntiglio è stato l’ex capogruppo leghista alla camera Marco Reguzzoni, uno storico rivale interno di Maroni, che oggi si trova con un piede dentro e uno fuori dal movimento:
«Complimenti vivissimi a mia sorella Paola – scrive – con 500 preferenze è la più votata in consiglio comunale a Busto Arsizio. Il fatto che poi abbia preso 200 preferenze in più del presidente della Regione, capolista a Varese, mi fa sorridere di cuore».
Rivalità personali a parte, sul risultato del governatore si è scatenata anche una corsa al confronto politico elettorale.
L’assessore uscente di Forza Italia, Simone Longhini, l’ha detto con stile, ma l’ha detto: «Lascio parlare, come a me piace fare, i numeri: 333 preferenze, 5 in più del nostro ottimo presidente di Regione. Sono l’assessore della giunta Fontana più votato in assoluto».
In Forza Italia sono stati tre i candidati ad avere preso più preferenze di Maroni: il citato assessore Longhini, l’ex consigliere Mimmo Esposito e, seppure di poco, anche la giovanissima esordiente Carlotta Calemme.
Miss Preferenza va però cercata nella lista Pd, ed è la consigliera uscente Luisa Oprandi, candidata sindaco nel 2011, che ha realizzato un incredibile exploit con 774 voti personali.
Hanno superato la «quota Maroni» anche i consiglieri uscenti Andrea Civati, Giampiero Infortuna, Giovani Miedico, Fabrizio Mirabelli.
Nella lista «Varese 2.0», inoltre, il leader del movimento civico Daniele Zanzi è salito fino a 425 voti
((da “il Corriere della Sera”)
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Giugno 8th, 2016 Riccardo Fucile
“MOBBING A DANNI DI UN DIRIGENTE COMUNALE”: L’ACCUSA DELL’EX SEGRETARIA COMUNALE
Il sindaco M5s di Assemini (Cagliari) è indagato per abuso d’ufficio.
Secondo quanto riportato da L’Unione Sarda, Mario Puddu è stato iscritto nel registro degli indagati in seguito all’esposto presentato dall’ex segretaria comunale Daniela Petricci che lo accusa di aver subito “comportamenti vessatori”.
L’ex dirigente, difesa dall’avvocato Carlo Amat, sostiene di essere stata cacciata dal servizio in seguito a una presunta “campagna denigratoria”. Il primo cittadino ha replicato al quotidiano dicendo che Petricci si era già dimessa.
In particolare, scrive l’Unione Sarda, l’ex dirigente sostiene di essere stata rimossa dal servizio, una volta diventata vittima di una “campagna denigratoria”.
Petricci accusa di avere ricevuto quattro visite fiscali e una denuncia per truffa, per poi uscirne pulita, e chiosa spiegando di essere stata ridotta “alla mansione di un impiegato dell’anagrafe”. Non solo.
La donna afferma che Puddu, fin dalla sua elezione nel 2013, abbia creato “uno staff non ufficiale“.
La donna non è la prima a rivolgere questa accusa a Puddu. L’anno scorso, infatti, tre consigliere comunali, Rita Piano, Irene Piras e Stefania Frau, avevano attaccato giunta e sindaco M5S per la presenza di “uno staff occulto in conflitto d’interessi”.
Pochi giorni dopo, il Movimento 5 Stelle le aveva prima sospese e poi espulse, con un’email firmata dallo staff di Beppe Grillo.
(da agenzie)
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Giugno 8th, 2016 Riccardo Fucile
PERQUISITE ABITAZIONI DI DUE CANDIDATI DEM E I LORO COMITATI ELETTORALI.. “VOTI IN CAMBIO DI PROMESSE DI INSERIMENTO IN GARANZIA GIOVANI”
Corruzione elettorale. E’ questa l’ipotesi di reato alla base del decreto di perquisizione eseguito presso le abitazioni e le sedi dei comitati elettorali di due candidati del Partito democratico.
A presentarsi a casa degli esponenti dem sono stati i carabinieri, nell’ambito di un’inchiesta della procura di Napoli.
Secondo le prime indiscrezioni, risulterebbero coinvolti nell’indagine un candidato al Consiglio comunale e un candidato in una delle municipalità cittadine.
L’inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunto di Napoli Alfonso D’Avino, della sezione reati contro la Pubblica amministrazione, e condotta dal pm Francesco Raffaele.
L’ipotesi investigativa è che entrambe le persone in lista possano aver acquisito voti in cambio di promesse di inserimento nel programma lavorativo Garanzia Giovani, finanziato dalla Regione.
La perquisizione in questione e l’indagine della Procura non sono le prime vicende giudiziarie che hanno coinvolto il Partito democratico partenopeo prima e durante le elezioni amministrative del 5 giugno.
A 72 ore dall’esito delle urne, infatti, il sito Fanpage ha pubblicato un video che documenta presunti brogli e movimenti sospetti fuori dai seggi in alcune zone della città . Su questa vicenda il Movimento 5 stelle ha già annunciato che presenterà un esposto in Procura affinchè sia fatta assoluta chiarezza su quanto accaduto.
Al momento, tuttavia, l’indagine dei pm per corruzione elettorale e il filmato di Fanpage non possono essere messi in nessuna correlazione tra loro.
La stessa testata online, si ricorderà , aveva già mostrato cosa era accaduto fuori dai seggi cittadini il 6 marzo scorso, quando i napoletani furono chiamati a scegliere il candidato sindaco del Pd.
Vinse Valeria Valente (che non è arrivata neanche al ballottaggio), ma le telecamere nascoste mostrarono promesse di denaro in cambio di voti in favore dell’esponente renziana, oltre alla presenza di personaggi vicini a Nicola Cosentino a tirare la volata alla Valente.
Anche tre mesi fa da più parti fu chiesto di fare chiarezza. Oggi, però, sono arrivati direttamente i carabinieri. Non nella sede del Pd, come emerso in un primo momento, ma a casa di due nomi scelti dal partito di governo per farsi rappresentare nel capoluogo campano.
A smentire la notizia della perquisizione all’interno della sede cittadina è stato il segretario del Pd metropolitano Venanzio Carpentieri: “Apprendo la notizia dell’avvenuta perquisizione presso la sede del Pd metropolitano di Napoli, devo però evidenziare che, pur non essendo stato presente oggi personalmente negli uffici, ho potuto verificare dai nostri dipendenti presenti in ufficio per tutto il giorno che tale attività non ha avuto luogo. In ogni caso — ha aggiunto Carpentieri — qualora ci dovessero essere elementi meritevoli di approfondimento, il Pd di Napoli darà la massima collaborazione alle autorità inquirenti nelle operazioni di verifica di eventuali illeciti legati alle operazioni elettorali”.
Nel frattempo, i democratici di Napoli provano comunque a continuare la loro azione politica. L’assemblea cittadina, infatti, si riunirà venerdì per analizzare il voto in città e nella provincia e per discutere della posizione del partito in vista del ballottaggio del prossimo 19 giugno a Napoli, da cui il Pd è escluso. L’appuntamento è alle 17 all’Hotel Ramada di Napoli. Tutto ciò prima della notizia della perquisizione.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 8th, 2016 Riccardo Fucile
“HA PRESO 100.000 VOTI IN MENO DI QUANDO ALEMANNO HA PERSO, 400.000 IN MENO DI QUANDO VINSE, 500.000 IN MENO DI ME QUANDO DIVENTAI PRESIDENTE DELLA REGIONE”…” E RINGRAZI CHE ABBIAMO CHIUSO GLI OCCHI SU CERTI CASI GIUDIZIARI”
Tanti anni fa in edicola cercavamo Il Candido. Lo dirigeva Giorgio Pisano’, che lo aveva riportato in vita dopo tanti anni, nel 1968.
Giorgia Meloni non era nata e quindi nessuno le avrà raccontato – come per la storia del fascismo – che cosa si scriveva in una fortunata rubrica, Lo Stupidario, che mi è tornata in mente dopo aver letto, ieri su Il Tempo, la sparata di questa tigre di carta contro una serie di personaggi, me compreso e in compagnia di Fini e Alemanno.
La Meloni – che ha rifiutato alle comunali di Roma una nostra lista di sostegno, preferendo leghisti, liberali, i montiani di Mario Mauro e compagnia cantante – perde le elezioni e da’ la colpa a chi non ha voluto al suo fianco.
Ridicola, perchè il suo risultato non è dipeso certo dal nostro, che è stato negativo. Arrogante come spesso le capita, si è permessa di indirizzarci un ritiro a vita privata abbastanza buffo e cialtrone. Della nostra vita disponiamo noi, cara Giorgia. E della mia dispongo io.
Questa presunta leader che nel resto d’Italia raccoglie poca roba, e’ stata capace di distruggere ogni speranza di riunificazione a destra proprio per il suo tratto caratteriale che ha allontanato a Roma quel 4-5 per cento di elettorato moderato che le ha preferito persino Roberto Giachetti, espressione di quel Pd che mai pensavamo potesse ancora competere per il Campidoglio.
Ma quando ti trovi di fronte una sguaiata, questo è quello che può succedere.
Anzichè unire, la Meloni riprende con il suo odio. Ma dovrebbe chiedersi perchè se lei vanta oggi 265mila voti a Roma, Alemanno – quando ha perso nel 2013 – ne prese centomila di più e io stesso, sempre nella Capitale e alle regionali dello stesso anno, ne raggranellai ben 392mila (da Fdi 45mila..).
Per entrare nella storia della destra italiana, la Meloni avrebbe dovuto avvicinarsi ai seicentomila memorabili voti che Fini prese nella sua candidatura contro Rutelli, ai 675mila di Alemanno sindaco o ai miei 745mila da presidente del Lazio.
Rispetto, per favore.
Chi sputa così sulla sua storia – e su chi l’ha accompagnata per lunghi tratti di strada in una carriera che non dovrebbe aver bisogno di maleducazione da ostentare – non durerà a lungo. Perchè troverà qualcuno più linguacciuto di lei a sbarrarle la strada.
Non conviene nemmeno a lei il nostro ritiro a vita privata; perchè, almeno per me, vorrebbe dire dedicarmi ancora di più al mio lavoro, il giornalismo, e non ci sarebbero più vincoli politici a chiudere gli occhi di fronte a clamorosi casi, anche giudiziari, che pure abbiamo evitato di mettere in risalto.
Non si illuda di decidere i tempi del nostro impegno politico. Giorgia Meloni e’ da dieci anni in Parlamento collezionando record straordinari di assenteismo alla Camera; senza poltrona ci morirebbe. Senza telecamere si annoierebbe. Senza livore non vivrebbe. Le auguro di crescere meglio di come è vissuta finora.
Se insiste, c’è posto per lo Stupidario anche da noi. Glielo dedicheremmo. Cambi registro se invece vuole davvero una destra degna della grande tradizione che noi possiamo dire di aver vissuto con impegno e serietà .
Francesco Storace
(da “il Giornale d’Italia“)
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Giugno 8th, 2016 Riccardo Fucile
SUL BLOG GRILLO ACCUSA IL PRESIDENTE PD DI ESSERSI CONTRADDETTO, MA STAVOLTA IL PD TOCCA IL TASTO GIUSTO
Dalla polemica di ieri sui numeri di Pd e M5s alle comunali allo scontro personale.
Beppe Grillo e Matteo Orfini se le danno di santa ragione, insultandosi a colpi di dichiarazioni.
Il leader del M5s sul suo blog attacca il presidente Pd, lo accusa di incoerenza e mette a confronto le sue dichiarazioni sulle elezioni a Roma ‘pre’ e ‘post’ voto.
Orfini gli risponde per le rime: “Grillo mi fa schifo. Mi insulta per soldi”.
Il leader del M5s scrive sul suo blog: “Orfini, detto il coerente, ieri: Il movimento 5 stelle a Roma non arriva neanche al ballottaggio. Orfini oggi: A Roma è chiaro che siamo andati peggio dell’altra volta, e questo era anche prevedibile”.
E ancora: “Orfini ieri: Noi convolti in mafia capitale? assolutamente no! Orfini oggi: veniamo da mafia capitale, in cui il partito democratico è stato evidentemente coinvolto come dicono le vicende giudiziarie”.
E ancora: “Orfini ieri: Ignazio Marino non deve dimettersi. Deve andare avanti. Orfini oggi: Non ci applaudivano per i risultati amministrativi dei due anni di giunta Marino, una vicenda amministrativa non certo eccellente”.
Il presidente Pd risponde su Facebook: “Il leader di uno dei principali partiti del paese usa i mezzi più squallidi e truffaldini per lucrare qualche spicciolo su battaglie che dovrebbero essere politiche. E così strumentalizza e sfrutta per il suo interesse personale anche quelli che credono in lui. A me fa schifo. E penso che la politica sia un’altra cosa. Più bella e più vera. E forse una volta ogni tanto è utile non lasciar correre e ribadirlo”.
“È che uno si abitua a tutto: ai troll, alla violenza verbale, alle minacce, agli insulti”, continua Orfini: “Ti fai scivolare sopra tutto anche se ogni tanto ti fermi e pensi che chi ha portato questo stile e questi modi nel nostro paese ha una responsabilità enorme nel degrado del dibattito pubblico. L’importante è non accettare mai di scendere a questo livello e rispondere col sorriso, anche se non è facile. Certo, a volte davvero si esagera. Oggi Grillo pubblica qui su Fb questo post. È un classico caso di click baiting: si inventa un titolo ‘scandalistico’ per fregare i lettori e fargli aprire il link (che ovviamente non ha nulla a che fare con il titolo che è semplicemente un falso). Di fatto è una piccola truffa. Anche un pò squallida. Grillo oggi lo fa con me, qualche giorno fa aveva fatto di peggio, usando la strage di Capaci. La cosa più triste è che lo fa per soldi. Perchè a questo serve il click baiting: più contatti, più pubblicità , più soldi”, conclude.
(da agenzie)
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Giugno 8th, 2016 Riccardo Fucile
L’ARCIVESCOVO DI NOLA CON LUI: “SCELTA GIUSTA”… MA LE AUTORITA’ DOV’ERANO?
Il parroco abbandona la processione perchè durante il percorso si rende omaggio al boss locale. E il vescovo gli scrive: “Bravo, hai fatto bene”.
Una lettera dai toni perentori quella firmata dall’arcivescovo di Nola, monsignor Beniamino Depalma, che si schiera dalla parte di don Fernando Russo, parroco della piccola frazione di Livardi, 400 abitanti nel comune di San Paolo Bel Sito nel Napoletano.
L’episodio che fa discutere si è verificato domenica sera.
Il prete ha abbandonato la processione della Modanna del Rosario perchè “senza alcuna necessità di ordine cultuale – chiarisce il vescovo nella missiva – e in totale autonomia dal parroco, un gruppo di fedeli ha deciso di far sostare la statua della Vergine in un determinato punto del percorso e rivolgerla verso l’abitazione di una famiglia del paese, nota alle forze dell’ordine in quanto parte attiva in quello scellerato sistema di malaffare e ingiustizia chiamato camorra”.
Si tratta di Agostino Sangermano agli arresti domiciliari, esponente di spicco del clan che secondo gli inquirenti mantiene il controllo degli affari illeciti in questa zona di frontiera tra il Napoletano e l’Irpinia.
“Una scelta giusta”, afferma il vescovo, che spiega: “Lo abbiamo confermato come chiesa locale anche durante i recenti lavori del Sinodo diocesano – continua Depalma – la doverosa disponibilità pastorale, in merito alla pietà popolare, non può infatti tradursi in pigra e interessata connivenza, “ne risentirebbero la chiarezza della fede, di cui la Chiesa è debitrice al mondo, e la trasparente testimonianza della comunità parrocchiale”.
“Nello scrivere a te, – conclude il vescovo Depalma – caro Fernando, e alla comunità di Livardi, oltraggiata in un momento di festa, e nel confermarti la mia paterna ed episcopale vicinanza, ribadisco il mio sostegno e la mia preghiera per i parroci della diocesi che quotidianamente si trovano a fronteggiare l’arroganza di quanti, ritenendosi depositari anche della fede credono di poter disporre di essa e della Chiesa per soddisfare un desiderio di affermazione personale al quale tutto va subordinato, anche Dio. Riservandomi il necessario tempo per rispondere, in virtù del mio ministero, al gesto di prepotenza di alcuni fedeli che ha determinato l’interruzione della processione della Madonna del Rosario, ti assicuro la mia preghiera”.
L’episodio ha scosso don Fernando che va avanti nella sua missione ma ammette: “Adesso un po’ di paura c’è”.
(da “La Repubblica”)
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Giugno 8th, 2016 Riccardo Fucile
FDI RACCOGLIE APPENA L’,1,2 A NAPOLI, L’,1,4% A TORINO E IL 2,4% A MILANO… LA LEGA IL 2,7% A ROMA E NON RIESCE NEANCHE A PRESENTARSI A NAPOLI… L’NCD NON PRESENTA IL SIMBOLO… L’IDV A MILANO PRENDE LO 0,6%, RIZZO LO 0,8%
Se fosse un film, diciamo «Provaci ancora Denis», il nostro Verdini sarebbe interpretato da Woody Allen e nel momento topico si sentirebbe dire: «Sparisci sgorbio».
E però non soltanto Denis. Anche «Provaci ancora Silvio» o «Provaci ancora Matteo», inteso Salvini, e tutti gli altri: Stefano (Fassina), Francesco (Storace) eccetera.
Non è un buon momento per essere o diventare cespugli e cioè, nel gergo politico, i partitini verdeggianti all’ombra del partitone, lì sotto a fare mucchio.
Un tempo a fine elezioni il leader del cespuglio proclamava: «Siamo determinanti!». Romano Prodi fu ricattato per due anni – dopo la vittoria del 2006 – da una dozzina di cespugli ognuno dei quali, siccome il centrosinistra aveva vinto di 24 mila voti, autorizzato a rivendicare la propria indispensabilità .
Il giochino è durato un ventennio. E di colpo, e forse per combinazione, il cespuglio è diventato uno sgorbio, in particolare Denis Verdini scansato con disprezzo da Matteo Renzi: «Certe alleanze sono state sbagliate».
La colpa di Verdini e della sua Ala (Alleanza liberalpopolare autonomie) è di aver portato pochi voti ai candidati del centrosinistra, e probabilmente di averne sottratti per impresentabilità sociale, quando invece i pochi voti portati in Parlamento alle riforme costituzionali erano bijou. In politica non c’è gratitudine, si sa.
O meglio, lo sanno tutti tranne Silvio Berlusconi che alla dimensione di cespuglio non si abituerà mai.
Per lui sono ingrati anche i tifosi del Milan – colpevoli di non vivere di ricordi – e probabilmente Alfio Marchini, garbatamente consapevole già domenica notte che Forza Italia, col suo drammatico 4.2 per cento a Roma, gli ha portato un danno e non un beneficio: «Senza Berlusconi, sarei arrivato al quindici o al diciotto (e s’è fermato all’undici, ndr)». E a questo punto piacerebbe conoscere nel dettaglio il pensiero di Giorgia Meloni, la quale senz’altro si aspettava di più dalla Lega, presente sotto forma di Noi con Salvini e ferma a Roma al 2.7 per cento.
Non è proprio aria. Perchè poi Meloni stessa ha poco da dire come ha poco da portare, l’1.2 per cento a Napoli, il 2.4 per cento a Milano, l’1.4 per cento a Torino. Naturalmente non ci si doveva aspettare che al posto del «siamo determinanti!» qualcuno si alzasse a dire «siamo dannosi» o persino «non serviamo a un piffero». L’unico è stato Francesco Storace, uscito dalle elezioni romane, lui che è stato governatore del Lazio, con un imbarazzante 0.6 per cento, meno di settemila e cinquecento voti.
«Sono basito», ha detto, ed è stato sufficientemente lucido da non ricordarci l’endorserment di Gianfranco Fini, che da qualche tempo in qua non è precisamente un talismano.
Con Storace e Fini c’era anche Gianni Alemanno, e se consideriamo l’incidenza di Maurizio Gasparri nel 4 per cento di Forza Italia a Roma, non è facile nemmeno attribuire il titolo di cespuglio a quello che fu il Movimento sociale.
Ma davvero non si capisce questa smania scissionista, da una parte e dall’altra, se poi quelli di Sinistra Italiana stanno appena sopra il tre e mezzo a Torino e Milano, percentuali con cui certi fuoriclasse come Pier Ferdinando Casini o Clemente Mastella campavano un quinquennio.
Ora vengono buone per interviste contrite. E per crepuscoli senza gloria.
L’Italia dei Valori – partito nel quale Antonio Di Pietro non c’entra più nulla – a Milano ha raccattato lo 0.6, qualcosa meno del comunista Marco Rizzo con lo 0.8 a Torino. E nessuno è in grado di valutare l’impatto di Angelino Alfano con il suo Ncd. Lui si dice molto soddisfatto, probabilmente di non aver presentato il simbolo. «Provaci ancora Angelino!».
Mattia Feltri
(da “La Stampa”)
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