Giugno 17th, 2016 Riccardo Fucile
CHIUSURA CON NERVI TESI DELLA CAMPAGNA A OSTIA, VIRGINIA BLINDATA DA UN CORDONE SANITARIO, CON IL TUTOR DI MAIO E LO STAFF… RISCHIO AVVISO DI GARANZIA… E I NOMI DEGLI ASSESSORI NON VENGONO FATTI
Eccola uscire da un bar di piazza Bologna, incalzata dai cronisti: “Fango”, “solito fango” dice Virginia Raggi, visibilmente contrariata.
Eccola sul palco ad Ostia, sul far della sera: “Continuano ad infangarmi. Non abbiamo paura del loro fango”.
Innominata sia la parola Civitavecchia, sia la parola Asl, ovvero gli incarichi che non avrebbe dichiarato al Comune, secondo quanto prescrive la Severino.
E che non avrebbe dichiarato punto e basta, in nome della trasparenza, anzi della Trasparenza, principio guida del Movimento 5 Stelle.
“Fango”. Dice proprio così la Raggi. Come una Santanchè dei tempi d’oro di fronte a un titolo di Repubblica, come un Ghedini qualunque di fronte alla foto di una nuova olgettina.
Non dice: “non è vero”, “vi spiego in cosa consiste questa storia degli incarichi a Civitavecchia”, “sono a pronta a spiegare perchè avete preso un abbaglio”, “ora vi dico la mia su questi incarichi”, “poichè la trasparenza è la mia bussola, fate tutte le domande che volete”.
Insomma, la Raggi non risponde. E non agli avversari, ma alla questione sollevata da un giornalista rigoroso, Marco Lillo, firma di un quotidiano non ostile come il Fatto. Alle 8 di sera, sotto il palco, l’euforia da possibile vittoria è pari alla sindrome del complotto, nello staff della Raggi: “Proprio oggi hanno scritto”, “Così non ci danno il tempo di rispondere”, “ci vogliono azzoppare”.
Poco importa che è esattamente il contrario. E la notizia sarebbe stata più nociva qualche girono fa perchè avrebbe avuto il tempo di diffondersi. Sia come sia, sporca la festa annunciata.
Ansia, nervosismo, timore del passo falso, proprio all’ultimo.
Luigi Di Maio non lascia mai Virginia da sola. L’avvolge quasi col corpo, sul trenino che porta a Ostia, proteggendola dal contatto coi giornalisti: “Che ti dice tuo figlio in questi giorni?”. E lei: “L’altro giorno mi ha detto che se divento sindaco devo riparare i bagni dei maschi dell’asilo. E pure quello delle maestre”.
Arriva pure Castaldo, l’eurodeputato del direttorio: “Ma non è che poi siccome diventi sindaco tuo figlio si sente abbandonato e vota Pd?”. Sorride la Raggi, come chi ha ricevuto un assist: “Quando mio figlio avrà 18 anni, il Pd sarà morto”.
Vietato parare di Civitavecchia. Fuori dalla stazione c’è una macchina. Passo svelto, sale la Raggi, sale Di Maio. Da giorni il suo staff lavora a tempo pieno per la Raggi. L’ultimo lavoro è appurare se sugli incarichi di Civitavecchia rischia l’inscrizione al registro degli indagati, come dice l’ex pm Alfonso Sabella.
Passa Paola Taverna, romana doc, una che non si sottrae: “Se pensano de facce paura se sbagliano… Non sanno più come colpirci. Ce vogliono mandà n’avviso de garanzia? E ce lo mandassero. Poi vedemo”.
Per un giorno, e che giorno, il Pd fa il grillino coi grillini, con Civitavecchia che diventa l’ombelico del mondo e un paio di incarichi regolari di poche migliaia di euro evocati come neanche la maxi tangente-Enimont.
I pentastellati, invece, hanno la reazione dei partiti tradizionali. Dalla “trasparenza” usata come una clava, contro gli avversari, contro Pizzarotti, contro tutti, all’evocazione del “fango”, a mo’ di scudo, per non rispondere.
A proposito, l’ansia di giornata brucia anche il proposito di annunciare tutta la giunta prima del voto.
La Raggi dà i quattro nomi che circolavano da giorni: Paolo Berdini all’Urbanistica, Paola Muraro alla Sostenibilità , Andrea Lo Cicero allo Sport e Luca Bergamo alla Crescita culturale.
Mancano le caselle chiave, come il Bilancio.
Pare che alcuni si sono sfilati, su altri ci sono dei dubbi, altri non si vogliono esporre prima: “Quando chiamerà da sindaco sarà tutta un’altra storia”.
Altro capitolo della trasparenza tradita.
(da “Huffingtonpost“)
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Giugno 17th, 2016 Riccardo Fucile
“REATO CONTINUATO DI FALSO IDEOLOGICO IN ATTO PUBBLICO”
Alfonso Sabella è innanzitutto un magistrato. E, sul caso Raggi, si dice certo sull’esito, analizzate le carte: “A questo punto l’avviso di garanzia alla Raggi è un atto dovuto. Per colpa o per dolo siamo davanti all’ipotesi di reato continuato di falso ideologico in atto pubblico”
Mettendo in fila i tasselli del mosaico, svelati da Marco Lillo sul Fatto.
Virginia Raggi ha ricevuto dalla Asl di Civitavecchia due incarichi legali di recupero crediti per un totale di 13 mila euro ottenuti dall’Asl di Civitavecchia.
Uno nel 2012, l’altro nel 2014. In quest’ultimo caso, la Raggi, già consigliera al Campidoglio, ha assunto l’incarico nonostante non facesse parte dell’albo di professionisti istituito nel novembre 2012 da cui, per regolamento, bisogna scegliere i nomi dei legali a cui rivolgersi.
Sono incarichi che la candidata dei 5Stelle non solo non dichiara nel suo famoso curriculum pubblico, dove ha omesso anche la sua collaborazione con lo studio Previti, ma neanche nei documenti ufficiali che un consigliere comunale ha l’obbligo di compilare.
Si limita solamente a dichiarare una parte del compenso nel 2015. Ovvero quando è arrivata la prima fattura.
Questa è la sua linea difensiva. E qui Alfonso Sabella è utile a capire la vicenda, anche nel suo ex ruolo di assessore alla Legalità , chiamato da Marino dopo Mafia Capitale: “Fui io a controllare le autocertificazioni e, guarda caso, la Raggi dichiara l’incarico dopo che iniziano i controlli, non prima”.
Si spieghi meglio.
Quello che mi colpisce è che la Raggi dichiara il suo incarico del 2012 solo nel 2015, cioè dopo che scoppia Mafia Capitale e dopo che, arrivato in Campidoglio, tra le prime cose che faccio c’è quella di controllare le autocertificazioni.
E l’altro incarico?
Non ne ho traccia.
Dice La Raggi: l’ho dichiarato quando ho emesso fattura.
Calma. Stiamo alla legge altrimenti si fa confusione. La legge e il modulo predisposto dal Comune prevedono che devi dichiarare i compensi percepiti e gli incarichi ricevuti dalla pubblica amministrazioni comunque comportanti oneri a carico della finanzia pubblica. Capito? Devi dichiarare l’incarico, non il compenso.
Dunque: se ho un incarico lo devo dire, anche se sarò pagato in seguito
Certo, e si capisce il principio di trasparenza cui è ispirata la norma. I cittadini non vogliono sapere quali incarichi hai non quanto guadagni. Per questo nel modulo c’è scritto: data dell’inizio dell’incarico e quanto dura. Ebbene, la Raggi non dichiara l’incarico del 2012 nè nel 2013, quando diventa consigliere comunale, nè nel 2014. Ma solo nel 2015, dopo che è scoppiata Mafia Capitale e dopo che io iniziai a verificare le autocertificazioni.
Il legale della Raggi dice: lo ha comunicato al Comune.
Non è vero: nelle autocertificazioni non c’è. Vada a controllare, lei che è un giornalista preciso. Io ne sono certo. Ripeto: non conta quando emette fattura, conta per la legge se dichiara o no l’incarico.
Effettivamente, la Raggi non dichiara l’incarico. Ecco il documento del Comune:
Però, Sabella, quella della Raggi potrebbe essere solo una svista.
Tutto potrebbe essere. Ma colpa o dolo lo accerterà il giudice. A questo punto l’avviso di garanzia alla Raggi è un atto dovuto. Per colpa o per dolo siamo davanti all’ipotesi di reato continuato di falso ideologico in atto pubblico. La Raggi, infatti, nel 2013 e nel 2014, ha fornito due false autocerficazioni dichiarando di non aver avuto incarichi della Pubblica Amministrazione con oneri a carico della finanza pubblica, qual è invece l’incarico conferitole dalla Asl di Civitavecchia. Questo dal punto di vista giudiziario. Dal punto di vista politico poi…
Dal punto di vista politico.
Non vedo la differenza con Ignazio Marino. Anche per lui era un indagine per quattro scontrini. Mi colpisce che un avvocato che si candida a sindaco commetta questo tipo di errori. E’ una vicenda politicamente molto rilevante.
Insomma, per lei l’avviso di garanzia è un atto dovuto. Ma è eleggibile o no ai sensi della Severino?
Per me è eleggibile. Non trattandosi di reato contro la pubblica amministrazione e non essendo realisticamente ipotizzabile una pena superiore a due o tre anni di reclusione — in casi del genere la condanna è due o tre mesi – un’eventuale condanna non comporta ineleggibilità o incandidabilità .
(da “Huffingtonpost“)
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Giugno 17th, 2016 Riccardo Fucile
MUSEO DI ROMA, SITI ARCHEOLOGICI, FONTANE, TORRI
Dalla riqualificazione del Museo di Roma – intervento in pieno centro storico dal costo stimato in circa 125 milioni – fino ad arrivare agli interventi di piccolo o piccolissimo calibro come la semplice ripulitura e restauro di fontane o parchi nelle zone decentrate della città .
Ma si arriva anche al micro-intervento come la «sostituzione del lucchetto» o la «posa della rete antigatto» in alcuni punti lungo le mura aureliane: costo 200 euro ciascuno.
Tra questi due estremi c’è veramente di tutto, come racconta anche il Sovrintendente ai Beni Culturali di Roma, Claudio Parisi Presicce, che nei giorni scorsi ha sollecitato, insieme al Commissario Tronca, potenziali mecenati e cittadini romani a pensare di più ai tesori della città .
E di lavoro ce n’è veramente per tutti. A cominciare dal recupero di aree centrali e centralissime nelle grandi zone archeologiche dei Fori (come la ricostruzione di parte del Foro di Cesare o il recupero e la fruibilità del criptoportico delle Terme di Traiano, dove è stato scoperto il più vasto mosaico parietale mai rinvenuto finora).
C’è la valorizzazione di monumenti come i Musei capitolini (già in parte oggetto delle attenzioni di alcuni mecenati) o la galleria d’arte moderna.
Per cento interventi di conservazione servono 171 milioni
C’è una lista di un centinaio di interventi di conservazione e valorizzazione per una spesa totale di 171,5 milioni di euro che riguarda monumenti e opere lineari in centro e nei suburbi della Capitale.
C’è per esempio la cura delle mura Aureliane, che richiederebbero consolidamenti per un costo di 42 milioni di euro lungo 12 chilometri.
E interventi puntuali in vari rioni (Pigna, San Saba, Campitelli, Celio, Monti. Esquilino, Trastevere): si va dai 24,7 milioni dell’acquedotto Claudio fino al restauro di Dola Bella, al Celio, che costa 5mila euro.
Per il “pacchetto fontane” servono 10,4 milioni di euro
Dalla Fontana giardino di piazza Mazzini – che necessita di un complesso recupero dal costo stimato in 1,8 milioni di euro – fino alla fontanella della Posta Vecchia, tra Piazza Navona e Palazzo Massimo, che ha bisogno di un intervento di ripulitura e restauro dal costo di 15mila euro.
Sono un’ottantina le fontane della Capitale che non hanno fondi per la manutenzione. Tra le più note c’è la fontana dell’Araceli (300mila euro) la fontana del Pantheon (230mila euro), la fontana delle Najadi a piazza della repubblica (600mila euro), la fontana di Piazza Colonna (120mila euro).
Per il decoro diffuso, mancano 15,4 milioni
Oltre 230 micro interventi per un costo di quasi 15 milioni e mezzo di euro per mantenere il decoro in vari punti della città .
Non si tratta di interventi che richiedono competenze specialistiche, ma queste micro-opere – che possono essere lo sfalcio di aree, la rimessa a posto di un muro, la pulizia di inferriate o anche la sostituzione di lucchetti – contribuirebbero a rendere accessibili o anche più protetti i siti.
Massimo Frontera
(da “il Sole24Ore”)
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Giugno 17th, 2016 Riccardo Fucile
L’ORGANIZZAZIONE CHE VIVE GRAZIE ALLE DONAZIONI PRIVATE DENUNCIA LA VERGOGNA DELLA POLITICA EUROPEA
Medici Senza Frontiere non prenderà più fondi da parte dell’Unione Europea e dei suoi stati membri.
L’annuncio dell’organizzazione medico-umanitaria è arrivato in risposta alle «dannose politiche di deterrenza sulla migrazione e ai sempre maggiori tentativi di allontanare le persone e le loro sofferenze dalla frontiere europee», come si legge in un comunicato, in riferimento agli accordi fra UE e Turchia sul controllo dei migranti.
La decisione avrà effetto immediato e globale, anche se in Italia Msf non riceve alcun fondo di tipo istituzionale e tutto il denaro raccolto proviene da donazioni private, mentre a livello mondiale il sostegno all’organizzazione deriva per il 92% da donazioni libere e private.
Duro l’attacco di Jerome Oberreit, segretario generale di Msf: «Tutto ciò che l’Europa ha da offrire ai rifugiati è costringerli a restare nei paesi da cui cercano disperatamente di fuggire? Ancora una volta, l’obiettivo principale dell’Europa non è proteggere le persone, ma tenerle lontane nel modo più efficace».
Al centro della polemica ci sarebbe la proposta della Commissione europea di replicare la logica dell’intesa UE-Turchia in oltre 16 paesi in Africa e Medio Oriente. «Gli accordi imporrebbero tagli commerciali e agli aiuti allo sviluppo per quei paesi che non arginano la migrazione verso l’Europa – si legge nel comunicato – o che non facilitano i rimpatri forzati, premiando quelli che lo fanno».
Tra questi potenziali partner ci sono la Somalia, l’Eritrea, il Sudan e l’Afghanistan, quattro dei primi dieci paesi di origine dei rifugiati.
«Chiediamo ai governi europei di rivedere le priorità – conclude Oberreit -: invece di massimizzare il numero di persone da respingere devono massimizzare il numero di quelle che accolgono e proteggono».
(da “La Stampa”)
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Giugno 17th, 2016 Riccardo Fucile
MADRE DI DUE BAMBINI, LASCIA UN ESEMPIO DI ATTENZIONE AI POVERI, ALLE DONNE E ALL’INTEGRAZIONE EUROPEA
Nata il 22 giugno del 1974, Helen Joanne Cox, per amici, compagni di partito, elettori e avversari semplicemente “Jo”, crebbe nel Batley & Spen, il collegio elettorale nel West Yorkshire che la volle in Parlamento nel 2015.
Il più prestigioso traguardo di una vita che l’aveva vista venti anni prima arrivare alla laurea, unica nella sua famiglia, in studi politici e sociali, a Cambridge nel 1995.
Una carriera dispiegatasi in un impegno, in tutto il mondo, a sostegno di campagne umanitarie e attività di beneficenza per combattere la povertà , la sofferenza e la discriminazione.
Del suo impegno hanno usufruito, tra le altre, organizzazioni come Oxfam, Save The Childern e la National Society for the Prevention of Cruelty to Children.
Nel Labour, Jo Cox rivestiva la carica di presidente del Women’s Network del partito e senior advisor dell’organizzazione anti-schiavitù Freedom Fund.
Sposata con Brendan, alto funzionario di Save The Children, aveva due bambini di tre e cinque anni.
Felicemente divisa tra politica e famiglia, nel poco tempo libero che le restava Jo amava inerpicarsi sulle verdi colline scozzesi, andare in barca sul Tamigi, calzare un paio di sneaker e correre.
Fino a quando, nel pomeriggio di oggi, la sua corsa è finita a Birstall, villaggio alle porte di Leeds, nel suo West Yorkshire, dove è stata assassinata.
Una morte che si riverbera sulle battute finali della campagna referendaria sulla “Brexit”, che vedeva Jo Cox battersi per la permanenza del Regno Unito nella Ue. Questo il tweet “fissato” che chiude, come un testamento, il suo profilo.
Ma è più bello ricordarla con un altro tweet, rilasciato da Jo appena ieri, dove una foto ritrae la sua famiglia in un gommone, impegnata sul Tamigi nella regata tra gli europeisti del “Remain” e gli isolazionisti della “Brexit”.
Una donna impugna il vessillo “In”, perchè “dentro” l’Unione europea, scrive Jo Cox, “siamo più forti”.
Quella donna capelli al vento è di spalle, il dubbio è che non si tratti di Jo Cox. Ma si può credere che a bordo ci fosse proprio lei, non è peccato.
Già , credere. Jo Cox, una donna a cui non erano mai mancati obiettivi, speranze, sogni. Dopo l’università , Jo Cox lavorò al servizio della deputata Joan Walley, impegnandosi nel 1999 al lancio di “Britain in Europe”, un gruppo di pressione collegato ai laburisti e ai liberal democratici, protagonista della campagna europeista nel Regno Unito, trascorrendo anche due anni a Bruxelles con l’eurodeputata del Labour e baronessa Glenys Kinnock.
Ma si ricorda anche la sua collaborazione fianco a fianco con l’attivista Sarah Brown nella Maternal Mortality Campaign, per stimolare un intervento di respiro internazionale perchè le donne africane non muoiano più dando alla luce i loro figli.
Per questo suo instancabile lavoro al servizio degli altri, nel 2009 fu nominata Young Global Leader al Forum Economico Mondiale di Davos, in Svizzera.
Nel 2012 fu insignita del Devex Award per il suo contributo allo sviluppo internazionale, aree di intervento che Jo Cox avrebbe coperto anche in Parlamento, assieme a politica estera, educazione dell’infanzia e isolamento sociale.
Come presidente del Labour Women’s Network, per quattro anni Jo Cox incoraggiò sempre più donne a entrare in politica e a farsi coinvolgere nel pubblico.
Nel periodo immediatamente precedente alla sua elezione in Parlamento, Jo collaborava con la Bill and Melinda Gates Foundation, per l’accesso all’istruzione e alla sanità nelle aree critiche del pianeta, e con il già citato Freedom Fund, focalizzato sul contrasto delle moderne forme di schiavitù.
Ma Jo era anche coinvolta nel lancio di UK Women, un nuovo istituto di ricerca dedicato a migliorare la comprensione della prospettiva e delle necessità delle donne del Regno Unito.
Jo Cox, co-presidente del gruppo parlamentare trasversale Friends of Syria, si astenne dal voto sull’adesione militare britannica alla Coalizione internazionale in polemica con l’assenza di un approccio complessivo alla crisi che includesse necessariamente anche il dialogo con il dittatore Assad.
Era inoltre membro dei gruppi della Camera dei Comuni al lavoro su temi di grande respiro come Palestina, Pakistan, Kashmir, come sulle questioni che riguardavano il suo territorio, devolution e sviluppo dell’economia regionale nello Yorkshire.
Dove qualcuno ha voluto porre fine alla sua corsa.
Forse persino ignaro di quanto Jo si sia spesa anche per lui.
Paolo Gallori
(da “La Repubblica“)
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Giugno 17th, 2016 Riccardo Fucile
LA DEPUTATA MINACCIATA, MA NON PROTETTA
Minacciata, ma non protetta. La deputata laburista anti Brexit uccisa ieri a Birstall, vicino a Leeds, aveva ricevuto diversi messaggi di minacce negli ultimi tre mesi.
Un uomo – che non era Thomas Mair – era stato arrestato. Ma nonostante questa escalation di violenza (riferisce il Times), la valutazione delle misure di protezione per Jo Cox da parte della polizia era ancora in corso.
L’assassino filonazista.
Thomas Mair, l’uomo che ha ucciso Jo Cox urlando ‘Britan first’, era un sostenitore dei neonazisti americani. Comprò nel 1999 da Alleanza Nazionale, l’organizzazione neonazista Usa, un manuale con istruzioni su come costruire una pistola.
Le notizie si basano sulle fatture di acquisto.
Per Southern Poverty Law Center, Mair era “un impegnato sostenitore” di National Alliance.
National Alliance è un movimento politico razzista (per la superiorità , sostengono, della “razza bianca”), e antisemita, seguito da 2500 simpatizzanti, che risulta aver cessato le attività nel 2013
Spuntano anche sospetti di un legame fra Mair e un gruppo suprematista bianco, visceralmente ostile all’Europa e simpatizzante del vecchio apartheid sudafricano.
Ne scrive oggi l’Independent online. Il gruppo in questione si chiama Springbok Club e Mair risulta iscritto da 10 anni nel database della rivista online, la Springbok Cyber Newsletter.
Cos’è lo Springbok Club.
Lo Springbok Club si caratterizza per la difesa della storia dell’apartheid in Sudafrica. L’ultimo numero del magazine Springbok Cyber Newsletter, in rete nei giorni scorsi, è incentrato tutto sul referendum britannico del 23 giugno, con un appassionato appello in favore della Brexit per abbandonare “l’artificiale e retrograda Ue e restituire sovranità e indipendenza” al Regno Unito.
L’editoriale si conclude con queste parole: “Il motto del Patriotic Forum (un cartello che riunisce movimenti nazionalisti radicali inglesi di cui lo stesso Springbok Club fa parte, ndr) è ‘usciamo dall’Europa ed entriamo nel mondo’. Abbiamo l’opportunità d’oro di far sì che la Gran Bretagna, una volta fuori (dall’Ue), torni alla visione tradizionale di questo Paese: che guarda al ‘mare aperto’ e ai fratelli e sorelle etniche del Commonwealth in giro per il globo. I giorni dinanzi a noi ci ispireranno!”.
La reazione positiva (e triste) delle borse.
La morte di Jo Cox riporta – tristemente – il sereno sui mercati finanziari e le borse europee aprono positive. Gli investitori, evidentemente, ritengono che l’impatto emotivo dell’assassinio della deputata anti-Brexit possa ridurre le possibilità di vittoria dei ‘Leave’ al referendum del 26 giugno. Resta sospesa la campagna per il referendum.
Mattarella: “Ferocia rafforzerà lotta a odio”.
Reazioni da tutto il mondo sull’omicidio di Jo Cox. Per Mattarella, che ha inviato un messaggio di cordoglio alla regina Elisabetta II, “quest’ennesima azione, di inaudita ferocia, ci rafforzerà nella comune lotta contro ogni forma di odio e di violenza affinchè il dibattito politico possa rimanere sempre libero e aperto”.
“Un omicidio che ci indigna”, ha commentato Pietro Grasso, il presidente del Senato. “C’è un clima del dibattito politico, in Gran Bretagna, in Usa ma anche in Italia – ha osservato Laura Boldrini, presidente della Camera – che è sempre più esasperato. Questo modo di fare politica è molto pericoloso, può indurre qualcuno che non ha grande equilibrio a fraintendere le modalità del confronto e mettere in atto comportamenti violenti. È necessario abbassare i toni”.
(da “La Repubblica”)
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Giugno 17th, 2016 Riccardo Fucile
LA ASL PER TRE ANNI HA IMPEDITO ALLA CORTE DEI CONTI DI ACCERTARE LA VERITA’ SUI CONTI DELL’AZIENDA
L’avvocato Virginia Raggi nell’ultima corsa verso il Campidoglio dovrebbe sbarazzarsi di una zavorra: i due incarichi legali di recupero crediti per complessivi 13mila euro per i quali ha incassato finora un acconto di 1.878 euro.
Entrambi sono stati affidati dall’Asl Roma F di Civitavecchia per fare causa al dottor Giuseppe Crocchianti, deceduto a febbraio: il primo da 8mila è del luglio 2012; il secondo da 5mila del luglio 2014, quando Raggi era già consigliera M5S.
Il secondo incarico è stato affidato nonostante ci fosse un regolamento che imponeva di scegliere professionisti iscritti all’albo creato dall’Asl nel novembre 2012: Raggi non ne faceva parte ma il direttore generale Giuseppe Quintavalle sostiene che conosceva il “delicato” caso in virtù del precedente incarico.
Nel 2012 non c’era l’albo e i professionisti erano scelti sulla base di cinque requisiti, il primo dei quali era “l’esperienza o comprovata specializzazione”.
Virginia Raggi, prescelta tra migliaia di avvocati, dichiarava 17.278 euro di reddito netto al fisco e non ha mai voluto spiegare al Fatto chi l’ha segnalata alla Asl ma, a prescindere da questo, farebbe bene a rimettere i due incarichi.
L’azienda sanitaria non merita la difesa dell’avvocato, ma un attacco politico della ‘cittadina’ Raggi.
Per anni l’Asl ha pagato le fatture gonfiate del Centro Crocchianti, che chiedeva mille euro per prestazioni chirurgiche mentre effettuava solo yag laser da 75euro.
Le ispezioni interne dell’Asl già nel 2009 avevano verificato che nel 2006, su 3.895 ricette analizzate dagli ispettori “2.337 hanno presentato anomalie, in quanto è stata rilevata una differenza tra quanto prescritto nella ricetta dal medico e quanto trasmesso telematicamente dal presidio (Crocchianti) all’Agenzia di sanità ”.
Questo, dicono gli ispettori, ha portato a un extra-costo “per il Servizio sanitario regionale pari a euro 1.922.321”.
Per il primo semestre 2007: “Sono state esaminate 1.735 ricette (…) e 839 hanno presentato anomalie di codifica che hanno portato a una sopravvalutazione di euro 707.718”.
La Regione Lazio era stata informata ai massimi livelli dal direttore sanitario Concetto Saffioti e dal dg Marco Biagini con la nota n. 3098 del 19 settembre 2009. Però solo nel marzo 2012, dopo la prima condanna della Corte dei Conti per le ricette del 2005, la Asl trasmette le carte per il 2006-2007 su questi 2,6 milioni di euro alla magistratura contabile che inizia la sua azione con ritardo.
La sentenza del 2015 dichiara così prescritti ben 2 milioni e 250mila: restano solo 358mila euro recuperabili.
Solo sulla carta però: mentre la Asl tiene le carte in un armadio, Crocchianti vende i suoi immobili di Civitavecchia (appartamenti e un terreno di 16 ettari) e altri creditori pignorano quel poco che è rimasto: un seminterrato di 1,5 vani. Se l’avvocato Raggi ha fatto le visure, come richiesto dal suo incarico, avrà scoperto che Crocchianti non aveva nulla.
L’Asl ha chiesto all’avvocato Raggi di agire tardi e solo per i 165 mila euro accertati dalla Corte per le prestazioni yag laser del 2005, più altri 293mila chiesti dalla Asl per altre 308 prestazioni simili del periodo 2006-2011.
Però non ha chiesto i 2,6 milioni e ha continuato a riconoscere Crocchianti come interlocutore: il 6 giugno 2013 Crocchianti firma con l’attuale direttore generale Quintavalle il contratto-accordo che regola i rapporti dopo l’accreditamento definitivo concesso nel luglio 2012 dalla Regione.
L’attuale direttore generale Quintavalle iniziò la sua carriera a Civitavecchia nel 2002 da direttore sanitario. Regnava Storace. Nel 2005 Rifondazione Comunista e i Ds lo criticarono perchè lui, che in teoria doveva controllarlo, accompagnava il candidato Crocchianti (Lista Storace) durante la campagna elettorale in una struttura della Asl.
Quintavalle è un manager buono per tutte le stagioni.
Dopo tre anni di purgatorio torna direttore sanitario con la sinistra dopo le dimissioni di Marrazzo. Confermato da Renata Polverini, è stato promosso direttore generale da Zingaretti nel 2014.
I rapporti di Quintavalle con Storace sono altalenanti. Nel 2014 l’ex governatore fa un’interpellanza regionale contro Quintavalle sulla residenza sanitaria Bellosguardo. Nel 2015 Quintavalle firma una delibera per dare 19 mila euro in cambio di spazi pubblicitari per la Asl nel 2015-2016 proprio sul Giornale d’Italia di cui Storace è direttore e azionista.
Lo stesso Quintavalle firma la delibera per il secondo incarico alla M5S Raggi da 5 mila euro nel 2014. Raggi dovrebbe recuperare dal nullatenente Crocchianti altri 416mila euro pagati nel 2014 dalla Asl a un creditore di Crocchianti.
Quel pagamento è frutto di un errore compiuto nel 2005 dall’azienda sanitaria e dalla Regione, che certificarono di avere un debito verso Crocchianti, in realtà inesistente. La Raggi lo sa perchè c’è scritto nella delibera che le affida l’incarico.
Invece di accanirsi inutilmente da avvocato contro il defunto Crocchianti, Raggi dovrebbe rimettere il mandato e suggerire ai colleghi M5S un’interpellanza a Zingaretti per capire perchè nessuno finora ha pagato per questi errori.
Marco Lillo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 17th, 2016 Riccardo Fucile
IN UN CASO NON POTEVA ACCETTARE L’INCARICO, IN QUANTO NON ISCRITTA ALL’ALBO PROFESSIONALE DA CUI LA ASL POTEVA ATTINGERE CONSULENTI… COME HA FATTO A OTTENERE L’INCARICO?
Due incarichi legali di recupero crediti per un totale di 13 mila euro ottenuti dall’Asl di Civitavecchia.
È l’ultimo dettaglio del passato professionale di Virginia Raggi, su cui subito si è scatenata la polemica. La candidata pentastellata, per le prestazioni, avrebbe incassato finora un acconto di 1.878 euro, come riporta il Fatto Quotidiano.
La parcella prevede 8.000 euro per il primo incarico, del luglio 2012, e 5.000 per il secondo, risalente al 2014.
In quest’ultimo caso, sottolinea Marco Lillo sul Fatto, la Raggi, già consigliera al Campidoglio, non avrebbe dovuto accettare l’incarico poichè non faceva parte dell’albo di professionisti istituito nel novembre 2012 da cui, per regolamento, bisogna scegliere i nomi dei legali a cui rivolgersi.
La causa dell’azienda sanitaria locale era contro il dottor Giuseppe Crocchianti, deceduto a febbraio: il compito della Raggi era quello di recuperare una somma pari a 860 mila euro.
Il governatore del Lazio Nicola Zingaretti ha disposto una indagine: “Io non ne sapevo nulla – ha esordito l’esponente Pd – Un presidente della Regione, come è ovvio, non interviene nelle singole decisioni gestionali che spettano agli apparati amministrativi. Ma di sicuro è mio dovere verificare che queste scelte avvengano nel pieno rispetto dei criteri di legittimità e opportunità . Ho appena chiesto alla Asl di Civitavecchia di relazionare sulle ragioni che hanno portato ad affidare l’incarico in questione, il suo oggetto e l’importo e, cosa più importante, i risultati raggiunti dalla Asl grazie al lavoro che avrebbe dovuto essere svolto”.
Dure critiche alla Raggi dai vertici del Pd.
Il senatore Stefano Esposito commenta “con una certa apprensione” il fatto che “Virginia Raggi, sarà lo stress della campagna elettorale, soffre di continue amnesie. Oggi scopriamo, dopo che anche in TV ci ha raccontato di vivere solo dello stipendio di consigliera comunale, che nel 2014 ha ricevuto dalla Asl di un Comune amministrato dai 5 stelle un incarico per recuperare soldi da uno che oggi è morto. Consulenza da 13 mila euro che lei si è sempre dimenticata di citare, anche da ultimo nel dibattito su Sky. Una ennesima amnesia proprio come quella sullo studio Previti e sulla società di cui era Presidente, società legata al braccio destro di Alemanno, Panzironi”.
Anche Alessia Morani, vice capogruppo Pd alla Camera, si interroga sui “buchi nella sua memoria”. “La telenovela delle amnesie di Virginia: consulenze dalla Asl nel Comune grillino di Civitavecchia – scrive in una nota – Non lavorava solo come consigliera? La trasparenza e la Raggi non vanno proprio d’accordo”.
(da agenzie)
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Giugno 17th, 2016 Riccardo Fucile
IL LEPENOSO SPUTTANATO IN UNA FOTO: 15 ANNI FA ERA ANDATO NELLA MOSCHEA “ABUSIVA” DI VIA PADOVA… DAVIDE PICCARDO DEL CAIM: “ECCO LA SUA COERENZA”
Matteo Salvini è entrato in una moschea e ha persino chiesto dei voti.
A dirlo è Davide Piccardo, del CAIM – Coordinamento associazioni islamiche di Milano e Monza e Brianza, che sul suo profilo Facebook ha postato una foto che risale a quindici anni fa, quando Salvini era un giovane consigliere comunale di Milano. Nell’immagine il leader della Lega Nord è in via Padova 144, in una di quelle che lui oggi chiama “moschee abusive”, ritratto in compagnia di Gueddouda Boukaber, che come scrive Piccardo è “esponente di primissimo piano di molte delle associazioni nel mirino oggi, e parlamentare in Algeria di un partito di ispirazione islamica”.
Con loro ci sono anche Abdelwahab Ciccarello, dirigente di Islamic Relief, e Abdullah Tchina, imam di via Padova, della moschea Mariam e fondatore del Caim.
Scrive nel post Piccardo: “Da più di un mese siamo oggetto di una campagna diffamatoria condotta da esponenti del centro-destra e dai loro organi di stampa come Il Giornale, Libero e il Foglio con lo scopo di infangare la credibilità di Sumaya Abdel Qader e di conseguenza di danneggiare Sala. Servendosi di un’attività di dossieraggio costante e approfondita ripropongono i rapporti tra persone del tutto incensurate ammantandoli di un atmosfera di sospetto, mistificando e condendo il tutto con una buona dose di insinuanzioni”.
E tutto questo, continua il membro del Caim, “per sostenere il teorema dell’ ‘Islam politico’ che infiltra la politica si distorce l’identità delle nostre associazioni, si ignorano bellamente le nostre prese di posizione e il nostro lavoro sociale, educativo e culturale e si demonizza il pensiero riformista che le ispira. La politica con noi non dovrebbe nemmeno parlare”.
“E allora mi chiedo – scrive Piccardo – che cosa ci facesse Matteo Salvini lì. Infine, la verità : “Salvini era in campagna elettorale e chiedeva voti”. E chiude con l’hashtag “#coerenza”.
(da agenzie)
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