Novembre 14th, 2016 Riccardo Fucile
CON FORZA ITALIA AL 12% E UNA LEGA SCESA SOTTO IL 10%, QUESTO CENTRODESTRA NON HA PROSPETTIVE… LA RIVOLTA ANTISISTEMA CHE HA FAVORITO TRUMP IN ITALIA E’ UNO SPAZIO GIA’ COPERTO DAL M5S
Lega e Forza Italia, Forza Italia e Lega. Oggi sembrano distanti e distinte.
La Lega di Salvini si è mobilitata per il No al referendum. A Firenze. La città di Renzi. Che una settimana fa, proprio a Firenze, alla Leopolda, ha presieduto la convention del PdR.
Forza Italia, invece, si è riunita intorno a Stefano Parisi. A Padova. Dove, il giorno prima, è stato sfiduciato il sindaco leghista, Massimo Bitonci. Per la defezione, determinante, di due consiglieri di Fi.
Così, Bitonci ha sostenuto che ci sono due Forza(e) Italia(e). Anche perchè a Firenze, insieme a Salvini, manifestavano Toti, presidente – forzista – della Liguria. Ma anche Brunetta e la Santanchè.
Però è altrettanto vero che non c’è una sola Lega. Visto che Manuela Dal Lago, ex Presidente della Provincia di Vicenza, ex deputata, ex triumvira della Lega Padana, non ha rinnovato la tessera.
Perchè si sente lontana da questa Lega, che ha rinunciato all’indipendenza padana.
E, per questo, lascia insoddisfatto il padre fondatore, Umberto Bossi.
Una Lega lepenista, antieuropea e anti-immigrati. Che, invece di marciare contro Roma, si è scagliata contro Bruxelles.
Tuttavia, il problema di fondo, a Destra, appare proprio l’identità e la leadership.
Nella Destra, dove convivono componenti e leadership molto distinte. Soprattutto dopo il declino di Silvio Berlusconi, in seguito alle dimissioni del suo governo, giusto cinque anni fa. Il 12 novembre 2011.
Infatti, la Destra, meglio: il Centro-destra, in Italia, è stato improntato da Berlusconi. La sua “discesa in campo”, nel 1994, divise il (nostro) mondo in due. Fra Berlusconiani e Comunisti. Perchè, sulle macerie del muro di Berlino, Silvio Berlusconi ricostruì il muro di Arcore.
Puntualmente ricambiato – e confermato – dagli avversari. Che hanno diviso il mondo fra berlusconiani e anti-berlusconiani. In questo modo, peraltro, la Lega secessionista riuscì a divenire forza di governo. “Sdoganata” da Berlusconi. Che riuscì nell’impresa di “legare la Lega” con i post-fascisti di An. E di “unire”, così, il Nord con il Sud.
Oggi, però, è rimasto poco di quella stagione. Di quel progetto. Di quelle fratture. An si è disciolta nel PdL. Mentre il leader, Gianfranco Fini, è scivolato al Centro, insieme a Futuro e Libertà .
Ai confini della Destra è rimasta Giorgia Meloni, con i suoi “Fratelli d’Italia”. Mentre la Lega e Fi faticano a tenere i loro elettori.
Secondo i sondaggi – che, naturalmente, sbagliano, ma continuano ad essere considerati con timore dagli attori politici – Fi oggi si aggira intorno al 12 per cento. In crescita negli ultimi mesi. Ma 5 punti sotto il risultato delle europee.
La Lega, invece, è stimata un po’ meno del 10 per cento, in calo significativo nell’ultimo anno, visto che a giugno 2015 il suo peso elettorale era valutato al 14-15 per cento.
Il problema, per la Lega e per Forza Italia, è che la spinta anti-sistema, contro l’establishment e contro le èlite, in Italia, non è interpretata da loro. O meglio, non tanto da loro.
Perchè il posto di Trump, da noi, è già stato occupato da tempo. Dal M5s. Che, non a caso, nei sondaggi, è molto vicino al Pd, nel voto proporzionale. Ma, in caso di ballottaggio, prevarrebbe.
Certo, fra gli elettori del M5s, Trump non appare popolare quanto presso la base della Lega e dei FdI. Perchè l’elettorato del M5s è distribuito in modo trasversale da destra a sinistra passando per il centro.
Mentre il sostegno a Trump, in Italia, fra gli elettori di centro-destra e di destra, (prima del voto Usa) appariva più che doppio, rispetto alla media (sondaggio Demos). Tuttavia, Trump non si è affermato perchè ha attratto – specificamente – gli elettori di “destra”. Cioè, per ragioni “ideologiche”.
Si è affermato, invece, perchè ha intercettato il voto degli elettori “arrabbiati” (per usare un eufemismo) contro la politica, i politici e, soprattutto, le dinastie politiche – come i Clinton. Perchè ha raccolto il consenso – e amplificato il dissenso – dei ceti medi in declino. E delle classi declinate da tempo.
Insomma, per dirla “all’italiana”, Trump ha vinto perchè si è presentato come l’anti- politico contro l’erede dichiarata della politica – tradizionale. Contro Washington, la capitale. Che, in Italia, non coincide più con Roma, dove, ormai, stazionano tutti i “politici”. Del Pd, ma anche di Fi, della Lega e del M5s. La capitale, ormai, è Bruxelles. Il nemico è l’Europa
Per i soggetti politici di Destra, dunque, il problema è che, in Italia, lo spazio di Trump e del trumpismo risulta già occupato. Dal M5s. E da Grillo
Così non mi sorprenderei se lo stesso Renzi tentasse di trumpizzarsi. Almeno un po’. Tanto più in caso di vittoria del No al referendum.
In fondo, la “rottamazione” l’ha inventata lui.
Ilvo Diamanti
(da “la Repubblica”)
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Novembre 14th, 2016 Riccardo Fucile
SPINTA GIU’ DAL MARCIAPIEDI DA UNA MERDA RAZZISTA: “I NEGRI NON POSSONO CAMMINARE SU QUESTO MARCIAPIEDE”… LA REAZIONE: IN 300 LA ACCOMPAGNANO ALLA LEZIONE
È stata insultata per il colore della pelle e spinta giù dal marciapiede da un ragazzo che giustificava
il suo gesto ripetendo lo slogan di Trump: “Make America great again”. Natasha Nkhama ha raccontato il brutto episodio, avvenuto alla Baylor University in Texas, in un video diventato virale.
E grazie proprio a quel filmato più di 300 studenti hanno deciso di farle una sorpresa, accompagnandola, in gruppo, ad una lezione, dimostrandole che l’amore può vincere sulla rabbia.
“Mentre andavo in classe, questo ragazzo mi ha spinta giù dal marciapiede. Mi ha detto: ‘Nessun negro è ammesso su questo marciapiede’. Io ero scioccata, non avevo parole”, racconta nel video.
Uno studente di passaggio ha detto qualcosa all’aggressore e lui, di tutta risposta, ha ammesso: “Sto solo cercando di rendere l’America grande di nuovo”, ripetendo lo slogan del neoeletto presidente Donald Trump, “Make America great again”.
“Quindi – aggiunge la giovane nel filmato – se avete votato per Trump, spero che capirete cosa questo possa significare per una persona con un altro punto di vista”.2016
Grazie anche al video e al passaparola, la storia di Natasha si è diffusa nel campus.
Gli studenti hanno così deciso di fare un gesto dimostrativo per lei e accompagnarla, tutti insieme, alla sua lezione di venerdì mattina.
Si sono accordati sui social usando l’hashtag #IWalkWithNatasha (“Io cammino con Natasha”) e, in più di 300, si sono presentati all’uscita dell’istituto, sorprendendola.
I professori hanno lasciato che uscissero prima dalle loro classi, consentendo la buona riuscita dell’improvvisata.
Natasha è rimasta senza parole alla vista di tutte quelle persone, accorse lì per lei, per accompagnarla, per ricordarle che la gentilezza è l’arma più potente contro il razzismo e la rabbia.
“Vorrei che tutti vedessero questo gesto – ha commentato – e sapessero che Baylor è il campus dell’amore”.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 14th, 2016 Riccardo Fucile
ALLA FINE PARE CHE SIA BRUNETTA A VOLERSI SOTTRARRE DOPO LA BRUTTA FIGURA RIMEDIATA DA SALVINI CON LA MINISTRA
“A quanto apprendiamo da La7 la ministra per le Riforme, Maria Elena Boschi, avrebbe deciso di far saltare un confronto televisivo, previsto per la giornata di domani e condotto da Enrico Mentana, con il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta”.
È quanto si legge in una nota del gruppo Forza Italia della Camera dei deputati.
“La ministra, dopo aver accettato il confronto a due, negli ultimi giorni ha cambiato idea, cercando di imporre la presenza di altri ospiti in studio, politici o costituzionalisti, a spalleggiarla durante la trasmissione, rifiutando, infine, una proposta di mediazione avanzata dal nostro staff per un confronto a due con due giornalisti ad affiancare Mentana durante l’intervista”, aggiunge il comunicato. “Stigmatizziamo il comportamento della ministra Boschi, che scappa e tenta di accampare scuse puerili pur di non affrontare un importante competitor, come il presidente Brunetta, tra i leader del fronte del No al referendum costituzionale. Fuggire dal confronto non è una cosa seria e qualifica l’atteggiamento di chi questa cattiva riforma l’ha scritta e imposta con violenza al parlamento e al paese. Gli italiani sapranno giudicare”, conclude Forza Italia.
Enrico Mentana smentisce.
“La nota del gruppo di Forza Italia alla Camera contiene un falso di partenza – dice all’Ansa Enrico Mentana sottolineando come quell'”apprendiamo da La7”, riferito alla presunta decisione della ministra per le riforme Maria Elena Boschi di far saltare il confronto con il capogruppo Renato Brunetta “non esiste perchè nè La7 nè il sottoscritto che si sta occupando del confronto televisivo ha mai comunicato alcunchè”.
Mentana parla di work in progress: il programma si sta preparando si tratta di decidere come e con quali ospiti in studio.
Negli ambienti del tg di La7 c’è non poca irritazione sulle indiscrezioni che vengono fatte circolare durante queste ore di preparazione del confronto tv volte forse, si apprende, ad evitarlo non certo dalla parte della Boschi.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 14th, 2016 Riccardo Fucile
LA MOLLA VERSO LA CONFESSIONE
Ieri Repubblica Palermo aveva parlato della superteste che si era presentata come testimone ed
era uscita dalla Procura come indagata nella vicenda delle firme false a 5 Stelle di Palermo.
Il nome che si faceva era quello di Claudia La Rocca, oggi parlamentare regionale. Oggi il quotidiano conferma le indiscrezioni sulla vicenda:
Il nomignolo che usa, su Facebook, è “Clay”. Argilla, in inglese.
Eppure questa donna apparentemente fragile ha trovato la forza di rompere il muro di omertà dietro il quale, da diverse settimane, si erano trincerati i 5 stelle coinvolti nel caso delle firme false.
Non è stato un gesto facile per Claudia La Rocca, 35 anni, grillina della prima ora e deputata dal 2012.
Ma gli attivisti più vicini alla portavoce bagherese, con tutte le accortezze legate a un’inchiesta ancora in corso, dicono che Claudia sia provata, sofferente.
Lei non parla, risponde a pochi messaggi degli amici. È stata abbastanza eloquente davanti ai magistrati, ma quello che proprio non desidera è l’etichetta di superteste, addirittura di “pentita”.
Non era suo intento fare gratuite accuse su nessuno – fa sapere chi l’ha raggiunta – ma in primis autoaccusarsi.
E soprattutto rispondere a quell’appello di Grillo («Chi sa, parli») che invece altri, nel Movimento, non avrebbero rispettato.
La molla verso la “confessione” è stata quella di sottolineare esattamente quello che dice il leader, pubblicamente e no: il fatto in sè, la falsificazione o, meglio, la ricopiatura delle firme utili per la presentazione delle liste alle amministrative del 2012, non è un reato grave ma una sciocchezza.
Grave è stato invece far finta di niente
Il nome della La Rocca era tra quelli che si trovavano nell’indirizzario dove venne comunicato prima un problema sulle firme delle liste per la candidatura a sindaco di Riccardo Nuti, e poi si scrisse esultando che il problema era stato “risolto” (probabilmente tramite la falsificazione delle firme).
In nome della trasparenza quanno ce pare di cui è alfiera la sindaca di Roma Virginia Raggi, la parlamentare regionale ha ritenuto di non dover comunicare nulla riguardo cosa è accaduto durante la sua testimonianza.
Ma almeno lei ha parlato.
Il silenzio più completo avvolge invece il manipolo di deputati e collaboratori che è sospettato di aver falsificato le firme.
Restano alcuni dubbi: che ruolo avrebbe avuto esattamente La Rocca?
E di quali altri grillini ha parlato davanti ai pm?
Sembra che nelle stanze di via Sampolo dove si raccolsero le firme ci fossero almeno una decina di militanti.
Chi è stato chiamato in causa dalla deputata regionale? Rimane invece avvolto dal mistero il nome di chi, con la sua denuncia anonima arrivata proprio durante le Comunarie del M5S a Palermo, ha scatenato lo scandalo a orologeria.
L’ultimo tassello che serve per comprendere come sia andata la storia.
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 14th, 2016 Riccardo Fucile
UNA TORTA DA 88 MILIARDI… TRA ANNUNCI E DIVIETA CONTINUA LA VERGOGNA DI UNO STATO BISCAZZIERE CHE LUCRA SUI MALATI DI LUDOPATIA… BASTEREBBE POCO: VIETARLO
Regolamenti regionali e ordinanze comunali. Divieti orari e distanze minime dai luoghi sensibili. Ricorsi ai tribunali e sentenze divergenti.
La lotta alla ludopatia è una selva inestricabile. Con lo Stato in versione biscazziere che (a parole) dichiara guerra all’azzardo, ma intanto incassa.
E pure parecchio: oltre 8 miliardi di euro all’anno tra licenze e tasse.
Città che vai, legge che trovi: in Italia non esiste una normativa nazionale che regoli l’offerta di azzardo.
La riforma Balduzzi del 2012 prevedeva distanze minime dei punti gioco da scuole, ospedali e chiese. Ma i decreti attuativi non sono mai arrivati.
Il governo ha lasciato decadere anche la legge delega del 2014, che lo incaricava di riordinare il settore. E così – senza un quadro legislativo coerente – sindaci e governatori procedono in ordine sparso nel tentativo di arginare le conseguenze sociali del casinò diffuso.
I numeri
Già , perchè ormai in Italia si punta dappertutto: non solo nelle sale da gioco, ma pure in tabaccheria, al bar, al centro commerciale. Finanche sul proprio telefonino. E così la torta dell’azzardo è lievitata negli anni fino a toccare la mastodontica cifra di 88,2 miliardi di euro nel 2015.
Slot e videolottery insieme sfiorano i 50 miliardi. Al netto delle puntate restituite sotto forma di vincite, i soldi inghiottiti dal gorgo dell’azzardo sono 17,1 miliardi.
Essendo circa 30 milioni gli italiani che hanno giocato almeno una volta nell’ultimo anno, significa che ogni giocatore ha perso in media 570 euro.
Finiscono soprattutto nelle macchinette «mangiasoldi»: ce n’è una ogni 143 abitanti. Mentre sono 83mila gli esercizi commerciali generalisti (dai bar alle tabaccherie) che hanno slot nei loro locali.
«Il rischio per la collettività è enorme», conferma Enzo Bianco, sindaco di Catania e delegato dell’Anci in materia di azzardo. «Noi amministratori non abbiamo una responsabilità primaria su questo tema. Ma basta soffermarsi a guardare le file di ragazzini di 14 anni che passano interi pomeriggi attaccati alle slot per capire che intervenire è doveroso».
Ma anche rischioso: ci sono sindaci che si sono visti recapitare richieste di risarcimento danni per mancati guadagni a causa delle loro delibere.
Orari e distanze
Secondo la stima dell’Anci, finora sono circa 500 i Comuni che hanno tentato di mettere paletti al gioco d’azzardo.
L’ultimo a correre ai ripari è stato quello di Venezia. Giovedì il Consiglio comunale ha approvato all’unanimità un regolamento che vieta l’apertura di nuove sale gioco nel raggio di 500 metri da scuole, parchi e strutture frequentate da giovani.
Due giorni prima era stata la sindaca grillina di Roma, Virginia Raggi, a dichiarare guerra alle slot annunciando una delibera che dovrebbe rendere il centro storico off limits, introdurre distanze minime dai luoghi sensibili e proibire l’utilizzo di macchinette dalle ore 14 alle 18 e dalle 22 alle 10. In Lombardia i Comuni si muovono sotto il cappello legislativo del regolamento regionale sull’azzardo, che ha fatto da apripista in Italia. In Piemonte 18 sindaci hanno creato una cintura anti-slot di 200 chilometri con un’ordinanza restrittiva congiunta. Il 10 ottobre si è aggiunta Torino.
Ma qui sorgono due problemi.
Il primo è che, a volte, i regolamenti vengono bocciati dai tribunali. Il secondo è che le normative quasi mai intervengono sull’esistente.
Le ordinanze, con poche eccezioni, valgono infatti solo per le nuove concessioni. E così il bar con le macchinette mangiasoldi di fianco alla scuola continua a farla franca. Un esempio aiuta a capire.
«Nelle ultime settimane – racconta Simone Feder, coordinatore nazionale del movimento “No Slot” – abbiamo geolocalizzato le macchinette di 24 Comuni del Pavese. Il risultato è sconfortante: l’82% degli esercizi non rispetta la distanza minima di 500 metri dai luoghi sensibili prevista dalla Regione».
Nelle prossime settimane si attende la firma dell’accordo tra governo ed enti locali per una legge nazionale sull’azzardo. Il braccio di ferro va avanti da maggio.
Di certo la promessa fatta due mesi fa da Renzi («via le slot da tabaccherie e bar») per ora è rimasta tale.
Gabriele Martini
(da “La Stampa”)
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Novembre 14th, 2016 Riccardo Fucile
“ABBIAMO AVUTO UN DANNO DI 2,5 MILIARDI”… LO STATO BISCAZZIERE LUCRA SUI POVERACCI E I TABACCAI ORMAI PENSANO DI GESTIRE UNA SALA SLOT INVECE CHE FARE IL LORO MESTIERE
Con un’iniziativa senza precedenti, i tabaccai dichiarano guerra ai sindaci che limitano il gioco
d’azzardo, denunciandoli alla Corte dei Conti per danno erariale. Secondo i tabaccai, le ordinanze restrittive causano un danno alle casse pubbliche, privandole delle tasse che derivano dal gioco legale. Pertanto i sindaci devono risponderne con il patrimonio personale. Secondo le loro stime, il danno in tutta Italia ammonta a 2,5 miliardi di euro l’anno.
Il primo esposto-denuncia viene depositato in queste ore alla Procura presso la Corte dei Conti della Lombardia contro il sindaco di Bergamo Giorgio Gori (Pd), che il 13 giugno ha emanato un’ordinanza «per contrastare fenomeni patologici connessi al gioco compulsivo».
Riguarda new slot, sale giochi tradizionali, videolottery, sale scommesse sportive, lotterie istantanee e a estrazione, sia telematiche che cartacee.
Prescrive una distanza minima di 500 metri dai «luoghi sensibili» (chiese, scuole, ospedali) e obbliga le sale a chiudere dalle 7,30 alle 9,30, dalle 12 alle 14 e dalle 19 alle 21.
L’ordinanza di Gori è simile a molte emanate dai Comuni negli ultimi quattro anni, ma è la prima a colpire anche scommesse sportive e «gratta e vinci», facendo di Bergamo l’unica città italiana in cui il gioco d’azzardo è completamente vietato in alcune ore.
In estate i tabaccai l’hanno impugnata al Tar. L’udienza è stata fissata a febbraio dell’anno prossimo.
Sono ormai decine i contenziosi aperti in tutta Italia.
I tabaccai, che sono concessionari dello Stato per il gioco legale e autorizzati delle questure, reclamano la violazione della libertà di iniziativa economica in un settore legale («l’alternativa è farlo gestire dalla malavita, come fino a 15 anni fa»).
Inoltre accusano i Comuni di appropriarsi di una competenza legislativa riservata allo Stato. I sindaci rivendicano l’esercizio di poteri legittimi di regolamentazione per tutelare l’ordine pubblico e la salute pubblica in una materia delicata.
La giurisprudenza dei tribunali amministrativi non è univoca.
Il governo Monti nel 2012 aveva previsto un decreto entro 120 giorni per stabilire norme generali. Sono passati quattro anni e si naviga ancora nell’incertezza del diritto.
Dunque i tabaccai rilanciano, chiamando in causa direttamente i sindaci per «depauperamento finanziario dello Stato».
La denuncia contro il sindaco di Bergamo non resterà isolata. Altre ne partiranno presto in Toscana, Piemonte e Veneto.
Se la sindaca di Roma Virginia Raggi terrà fede all’annuncio di limitare numero e orari delle sale gioco e di vietarle nel centro storico, anche lei sarà oggetto di un’iniziativa analoga.
Così a tappeto, in tutta Italia. Su 53 mila tabaccai, il sindacato conta 48 mila associati dei quali 35 mila sono concessionari di gioco d’azzardo.
L’esposto pilota quantifica il danno provocato dall’ordinanza.
Nel 2015 a Bergamo sono state effettuate giocate per 284,7 milioni di euro, garantendo un gettito per l’erario di 25,5 milioni.
Dopo l’ordinaza di Gori, le giocate del «10eLotto» sono calate del 24,5 per cento, quelle del Lotto del 22,5 e quelle del Gratta e Vinci del 14,8.
Dunque, secondo i tabaccai, «a Bergamo appare ragionevole stimare un danno complessivo di 7,6 milioni l’anno». La proiezione del danno stimato su base nazionale è 2,5 miliardi l’anno.
«Anche noi riteniamo che la tutela della salute sia un dovere primario, ma la situazione è diventata insostenibile – dice Giorgio Pastorino, presidente nazionale del Sindacato Totoricevitori Sportivi – Federazione tabaccai -. I sindaci sono intervenuti malamente e devono essere chiamati a rispondere dei danni provocati».
Giuseppe Salvaggiulo
(da “La Stampa”)
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