Destra di Popolo.net

SONDAGGIO IXE’: VIRGINIA COSTA CARA AL M5S, PERSO IL 2,3% IN UNA SETTIMANA

Febbraio 10th, 2017 Riccardo Fucile

PD 31%, M5S 27,6%, LEGA 13,3%, FORZA ITALIA 12,5%

Il caso Raggi fa perdere 2,3 punti percentuali in soli 7 giorni al Movimento 5 Stelle, portando i pentastellati dal 29,9% al 27,6% di gradimento.
È quanto emerge dalle intenzioni di voto dell’istituto Ixè fatte per Agorà  (Rai3).
“Non credo che il destino del Movimento 5 Stelle sia connesso a Roma. Credo che il destino di Roma sia connesso a quello del Movimento 5 Stelle”, commenta il deputato del Movimento 5 Stelle, Alessandro Di Battista.
Il Pd rimane il primo partito italiano. il partito dell’ex premier Matteo Renzi è al 31% (-0,1% in una settimana).
La Lega Nord è al 13,3%, mentre Forza Italia si attesta al 12,5 per cento.
Stabile la fiducia per il premier Paolo Gentiloni. Il presidente del Consiglio mantiene il 33% di fiducia degli italiani, 6 punti in più rispetto a quella del suo esecutivo, che sale dal 26% al 27 per cento. Matteo Renzi è al 30%.

(da “Huffingtonpost”)

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BERDINI: “MI AVREBBERO CACCIATO LO STESSO PER LO STADIO”

Febbraio 10th, 2017 Riccardo Fucile

“IO, UN IDIOTA CON IL DESTINO SEGNATO, ALMENO E’ FINITA QUESTA AGONIA”

“Sono un coglione, questa è la verità “. Paolo Berdini è un uomo distrutto. Barricato in casa, col telefono spento che riaccende solo per pochi minuti, il tempo necessario per leggere i tanti sms di solidarietà  e vicinanza grandinati nelle ore forse più difficili della sua esistenza, l’assessore all’Urbanistica sembra lo spettro di se stesso.
Nulla è rimasto della rinomata spavalderia con cui il professore di sinistra ha per decenni sfidato i palazzinari romani.
Nel day after della mina esplosa sotto la sua poltrona, dell’arsenico versato sulla sindaca Raggi “strutturalmente impreparata” e sulla sua presunta liaison con l’ex capo segreteria Salvatore Romeo, svolge e riavvolge il nastro della notte che lo ha perduto. Di quella “maledetta” intervista, rilasciata a un giovane collaboratore de La Stampa, da lui ancora oggi definita “carpita”, che lo ha messo kappaò.
“Sto malissimo”, confessa con un filo di voce.
“I giornalisti mi assediano, ce li ho tutti qui sotto casa, ho dovuto staccare il cellulare e chiudermi dentro, senza più neppure la libertà  di uscire a prendere una boccata d’aria”, si sfoga.
“La verità  è che mi vergogno. Ho combinato un casino, provocato un danno non solo a me stesso, quello ormai mi interessa poco, ma a Virginia e a una squadra che proprio non lo meritava. In tarda età  scoprire di essere un perfetto idiota è davvero un brutto risveglio”.
Non cerca attenuanti, Berdini, non si aggrappa più a smentite impossibili. Adesso vuole solo silenzio. Scomparire. “Far abbassare la polvere”, dice. Accogliendo quasi con sollievo la notizia che Raggi ha già  cominciato il casting per individuare il suo successore: “Almeno così finisce l’agonia, sarebbe forse la soluzione migliore”, riflette ad alta voce, “tanto probabilmente fra un mese mi avrebbero cacciato lo stesso, dopo la fine della trattativa sullo stadio della Roma, che loro vorrebbero chiudere in un modo e io in un altro”.
Ma questo è l’ultimo dei suoi pensieri, ora. Il tempo delle parole è consumato. Svanita ogni verve polemica, che pure lo ha reso famoso. Come se le colate di cemento, che lui ha combattuto per tutta una vita, gli si fossero appiccicate addosso e lo stessero portando a fondo. “Sto male, male, male”, cantilena, “non riesco a farmene una ragione: mi sono messo il cappio al collo da solo”.
Ricominciando daccapo a srotolare il nastro della notte in cui si è lasciato andare: “Quel giorno, era un venerdì, mi sono svegliato all’alba, sono partito per Bologna, ho tenuto una conferenza, all’una ho ripreso il treno e sono arrivato a Roma alle quattro. Dopodichè sono andato a quella faticosissima assemblea nella sede dell’VIII municipio, durata quattr’ore. Una volta finita, era tardi, un assessore cinquestelle mi ha presentato ‘sto ragazzo. Nonostante fossi molto stanco, abbiamo cominciato a parlare. Lui non mi aveva detto di essere un giornalista. Mi ha fatto un mucchio di domande. E io mi sono abbandonato, riportando come un coglione dei pettegolezzi. Solo alla fine mi sono insospettito. E lui ha ammesso di fare il precario alla Stampa. Mi ha preso per sfinimento. Giurandomi che non avrebbe pubblicato nulla”.
E invece, cinque giorni dopo, la bomba ad orologeria deflagra. Ferendo a morte la sua carriera politica. E la sua proverbiale voglia di lottare.
“Sono senza forze “, confessa. Persino l’appello alla sindaca Raggi affinchè respinga le sue dimissioni, firmato ieri da una ventina di intellettuali, gli giunge come un’eco lontana. Sta su un altro mondo, oggi. “Adesso voglio solo riposare”.

(da “La Repubblica”)

argomento: Grillo | Commenta »

SALVINI SPORCA IL RICORDO DELLE VITTIME DELLE FOIBE

Febbraio 10th, 2017 Riccardo Fucile

L’EX COMUNISTA PADANO DIVENUTO SOVRANISTA SAREBBE STATO CON I PERSECUTORI TITINI E NON CON GLI ESULI ISTRIANI

Il giorno del ricordo delle foibe e dell’esodo Giuliano-Dalmata viene celebrato in tutta Italia.
“L’Europa della pace, della democrazia, della libertà , del rispetto delle identità  culturali, è stata la grande risposta agli orrori del Novecento, dei quali le foibe sono state una drammatica espressione”, dice il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio.
“Un impegno che, a 70 anni dal Trattato di Pace che mise fine alla tragica guerra, non può venire mai meno per abbattere per sempre il fanatismo, padre della barbarie e della crudeltà  che si nutrono dell’odio” continua il presidente che si trova a Madrid per un vertice internazionale con il re di Spagna e il presidente portoghese.
Da Milano a Roma oggi l’Italia ricorda le sue vittime.
Alla Camera interviene la presidente Laura Boldrini e i rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari. La ricorrenza del 10 febbraio viene ricordata anche Campidoglio, con la deposizione da parte del sindaco Virginia Raggi di una corona d’alloro al Milite Ignoto.
Salvini nella nuova versione “sovranista” si è recato a Trieste con la sua socia d’affari per tentare di speculare anche sulle vittime dellle foibe di cui, quando era comunista padano, se n’è sempre ampiamente fottuto.
E ha avuto la spudoratezza di ergersi a difensore degli “esuli istriani”, quelli stessi esuli che scappano da altre guerre e persecuzioni e che Salvin vorrebbe cacciare ogni giorno “oltre i sacri confini”.
Ma gli italiani con un minimo di cervello non dimenticano e sanno da che parte sarebbe stato Salvini: quella dei comunisti titini .

(da agenzie)

argomento: denuncia | Commenta »

TRUMP IGNORA I FONDAMENTI DELLA COSTITUZIONE AMERICANA

Febbraio 10th, 2017 Riccardo Fucile

SE FOSSE UN REALITY IL CONDUTTORE AVREBBE PRONUNCIATO: “MISTER TRUMP, SEI FUORI”

Se la Presidenza degli Stati Uniti fosse un Reality Show come quello che rese Trump famoso, e se l’argomento del “gioco” fosse l’educazione civica, il conduttore pronuncerebbe oggi quelle cinque parole fatidiche: “Mister Trump, you are FIRED”, sei fuori!
Il significato profondo della sentenza emessa dalla Corte d’Appello non è nell’avere congelato il blocco dell’immigrazione di persone con visti legali proveniente dai sette Paesi scelti dal Presidente.
L’Ordine Esecutivo firmato da Trump è dilettantitisco, approssimativo, generico e “irrazionale”, ma una sua riedizione riveduta e corretta da consiglieri più preparati del marito della figlia Ianka e del Rasputin della destra estrema, Steve Bannon che lo condizionano e assecondano, potrebbe avere – dicono giuristi come il prof. Alan Dershowitz che non è certamente un trumpista – probabilità  di passare l’esame dei giudici.
Il cuore malato dei decreti sparacchiati dal Presidente è in quella parola utilizzata da uno dei suoi legali, “unreviewiable”, non rivedibile, per dare agli ukaz della Casa Bianca un tono di irreversibilità .
In parole chiare: questo Capo dello Stato e del Governo non è soggetto all’esame e alle revisioni della magistratura, hanno sostenuto i suoi rappresentanti.
Ma come già  a Nixon negli anni ’70 e a Clinton negli anni ’90, i giudici hanno ricordato, respingendo la sua tesi, quello che tutti noi che abbiamo dovuto sostenere l’esame per la cittadinanza sappiamo: che il governo degli Stati Uniti è composto da tre “poteri” uguali e distinti, l’Esecutivo, il Legislativo e il Giudiziario.
E ogni tentativo di affermare la supremazia dell’uno sull’altro si scontrerà  inesorabilmente contro la Costituzione.
Chiedendo di essere sottratto alla “review”, alla verifica dei tribunali   e dunque affermando il proprio primato inattaccabile, Trump ha commesso un errore che gli avrebbe impedito di superare l’esamino dei funzionari dell’Immigrazione oltre che una classe di Scuola Media: ha ignorato il fondamento della Costituzione.
E se si ostinerà  a governare a colpi di decreti, come un satrapo orientale, come un Assad, come un Kim Jong-un, per accontentare quella minoranza di americani che lo ha votato, si avvicinerà  pericolosamente al terreno minato della possibile incriminazione, all'”impeachment”.
Non è rispondendo a colpi di tweet magari scritti in tutte maiuscole, che Trump potrà  sfuggire alla trappola costituzionale nella quale si sta infilando per vanità  e impreparazione.
La Corte d’Appello gli ha semplicemente ricordato che è stato eletto per essere Presidente, non Imperatore e che gli Stati Uniti non sono uno dei suo casinò (falliti) o un Reality.

(da “La Repubblica”)

argomento: Esteri | Commenta »

PATATE BOLLENTI E CERVELLI AVVIZZITI: IL SOLITO SCONCIO TITOLO DI “LIBERO”

Febbraio 10th, 2017 Riccardo Fucile

INDEGNO TITOLO SESSISTA SULLA RAGGI: FATEVI CURARE FIN CHE SIETE A PIEDE “LIBERO”

“Patata bollente” e foto della sindaca di Roma Virginia Raggi: è la prima pagina del quotidiano Libero, che apre con un articolo di Vittorio Feltri che collega le “vicende comunali e personali” della prima cittadina della capitale all’epopea (ancora non conclusa) Berlusconi-Ruby-Olgettine, invocando la “legge del trapasso” che ora vedrebbe la Raggi “assumere il ruolo increscioso di tubero incandescente”.
Arriva via Facebook la vicinanza di Beppe Grillo alla sindaca: “Massima solidarietà  alla nostra Virginia. Questa è l’informazione italiana”, ricordando che il quotidiano diretto da Pietro Senaldi e Vittorio Feltri “nel 2016 ha perso il 16,3% dei suoi lettori rispetto al 2015. Il 2017 è appena iniziato”.
“Non so se sia sessismo o semplice idiozia, in ogni caso mi fa schifo. La mia solidarietà  a Virginia Raggi. La stampa ha superato ogni limite”, ha scritto in un tweet il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, del M5S, postando la prima pagina incriminata.
Solidarietà  anche da parte del Pd: “Questa prima pagina fa semplicemente schifo. Solidarietà  a Virginia Raggi”, scrive su Twitter il presidente del Pd Matteo Orfini.
Arriva anche il commento indignato della Presidente della Camera, Laura Boldrini. “Piena solidarietà  alla sindaca @virginiaraggi per la volgarità  sessista del quotidiano #Libero. Questo è giornalismo spazzatura”, ha twittato.

(da agenzie)

argomento: Costume | Commenta »

LAVORO, LA STRAGE NASCOSTA, CENTO MORTI DIMENTICATI AL GIORNO

Febbraio 10th, 2017 Riccardo Fucile

I DATI INAIL NON REGISTRANO CHI ERA OCCUPATO IN NERO E NEMMENO POLIZIOTTI E VIGILI CHE RESTANO “INVISIBILI”

Caduti, schiacciati, carbonizzati, avvelenati. Leonardo Scarpellini 25 anni. Francesco Leo, 24. Andrea Dalan, 40. Michele Di Lorenzo, 37. Emanuela Viezzer, 52. Antonio Galvano, 39. Daniele Finotti, 59.
Sono solo alcune delle sessantasette persone che hanno perso la vita sul lavoro dall’inizio dell’anno. Non tutte le loro storie sono raccontate da giornali e tv.
Ma l’affronto finale è che molti di quei morti scompariranno letteralmente dalle statistiche nazionali, la loro fine resterà  avvolta per sempre nella nebbia. Semplicemente perchè quei lavoratori non erano iscritti all’Inail o erano irregolari.
E dunque rimangono e rimarranno invisibili.
Le storie delle morti bianche (ma che ci sarà  poi di bianco in quelle morti?) si ripetono in un rituale tanto crudele quanto prevedibile.
Francavilla, Brindisi: stritolato da una pressa utilizzata per comprimere i rifiuti. Trapani: precipitato nel locale macchine di un aliscafo. Massalengo, Lodi: infilzato da un muletto durante operazioni di scaffalatura. Vazzola, Treviso: caduta all’interno di una tramoggia usata per miscelare il cemento.
Ci sono le storie, tutte ugualmente spaventose. E poi ci sono le statistiche, che mai come in questo caso tradiscono tutta la loro freddezza.
L’Inail è l’istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Da lì vengono gli unici dati ufficiali. E ci dicono che nel corso del 2016, malgrado gli infortuni totali siano in crescita, le denunce di incidenti mortali sul lavoro sono scese a 1.018, dalle 1.172 dell’anno precedente. Un calo del 13,1%.
E tuttavia non tutte quelle denunce saranno alla fine considerate dall’Inail veri e propri infortuni legati al lavoro. In genere, ogni anno, un buon 40% viene scartato, spesso sotto la motivazione di “rischio generico”.
Ossia poteva capitare a chiunque di morire in quel modo, a prescindere dal lavoro svolto.
Difficile, in realtà , tracciare un confine tra le cause. Ad esempio, lo spostamento casa-lavoro è generalmente coperto dall’assicurazione, ma se durante il tragitto mi fermo un’oretta da un amico, addio copertura.
Alla fine è probabile che di quelle mille morti, solo 600 verranno indennizzate con rendite ai superstiti, cioè con la metà  della retribuzione.
Ma non è tutto, perchè l’Inail, come si diceva, non raccoglie la totalità  delle morti sul lavoro. Molti occupati, in realtà , sono iscritti ad altri istituti assicurativi e dunque sfuggono del tutto alle statistiche: dalle forze armate a quelle di polizia, dai liberi professionisti al personale di volo, ai vigili del fuoco.
Sono almeno due milioni (ma c’è chi dice molti di più), che vanno aggiunti agli assicurati Inail, i quali ora sarebbero 21 milioni.
Quando uno di quei due milioni – un vigile del fuoco, un poliziotto o un militare – perde la vita sul lavoro, magari la sua storia verrà  raccontata dai giornali, ma per le statistiche ufficiali la sua morte non è mai avvenuta.
Ecco la vera anomalia: non esiste un ente pubblico che raccolga tutti gli infortuni. “E’ un’assurdità  escludere tutte quelle categorie”, commenta Franco Bettoni, presidente dell’Anmil, l’associazione dei lavoratori mutilati o invalidi del lavoro. Ipotizzando di applicare a due milioni in più di occupati la stessa percentuale di decessi denunciati all’Inail, il numero delle morti sul lavoro salirebbe da 1.018 a 1.113.
Ci sono però da considerare anche gli oltre tre milioni di lavoratori in nero.
Secondo l’osservatorio indipendente di Bologna guidato da Carlo Soricelli, ex operaio metalmeccanico, includendo gli irregolari e i non iscritti all’Inail, i morti nel 2016 sarebbero almeno 1.400, di cui 641 proprio sul posto di lavoro, esclusi gli incidenti stradali tra casa e lavoro.
“Vede – spiega Soricelli – noi monitoriamo tutti quei fatti di cronaca che sfuggono alle statistiche ufficiali: dagli agricoltori in pensione schiacciati dai trattori (ne abbiamo contati 141 nel 2016) ai muratori assoldati a giornata che cadono dalle impalcature. Una strage silenziosa, che scompare dai radar delle istituzioni pubbliche “.
Ma l’Inail contesta l’attendibilità  di quei dati: “Non è vero che gli irregolari che perdono la vita a causa del lavoro non lascino tracce nelle nostre statistiche. Quando l’infortunio è mortale, è difficile che non scatti la denuncia anche per un lavoratore in nero. A quel punto si apre l’ispezione e se viene dimostrato che la morte è legata al lavoro svolto, tocca proprio a noi dell’Inail indennizzare i superstiti, salvo poi farci rimborsare dal datore di lavoro”.
Anche l’Anmil nutre dubbi sui 1.400 morti: “Sui decessi ci atteniamo ai dati ufficiali – dice Bettoni -La vera, spaventosa sottovalutazione avviene invece per tutti gli altri infortuni, soprattutto quelli minori. Nelle 637 mila denunce totali del 2016 non compaiono tutte quelle situazioni in cui il datore di lavoro, per evitare che gli venga alzato il premio assicurativo o che scattino per lui conseguenze penali, convince il suo dipendente a dire che non si è fatto male durante il lavoro, che stava a casa”.
L’agricoltura è tra i settori in cui gli incidenti si denunciano di meno, complice la vergogna del caporalato. Ma anche la classifica ufficiale consegna l’angoscioso primato dei decessi agli agricoltori, seguiti dai muratori, sia pure con minori casi che in passato.
L’Emilia Romagna è in testa tra le regioni, ed è anche l’unica che registra una crescita dei morti. E poi c’è il contributo degli extracomunitari: ufficialmente quasi l’11% dei decessi.
“Anche una sola vittima del lavoro infligge al corpo sociale una ferita non rimarginabile “, ha detto recentemente Sergio Mattarella.
L’Inail invita però a non dimenticare i progressi compiuti negli ultimi dieci anni: infortuni totali scesi del 40%, morti dimezzate.
Certo, è aumentato il grado di conoscenza e di consapevolezza: prevenzione e controlli qualche risultato lo hanno prodotto.
Tuttavia buona parte dei miglioramenti è dovuta anche a un fatto di per sè negativo: la crisi economica. Lavorare meno espone a rischi minori.
E poi c’è un terzo motivo: l’automazione crescente dei processi produttivi. “Se pensiamo a quanto sia cambiato il lavoro negli ultimi anni – dice Bettoni – oggi dovremmo avere dei risultati molto più soddisfacenti nella lotta agli infortuni.
Quando ho cominciato a lavorare da giovanissimo, non assicurato, mi assegnarono a una macchina che aveva già  tranciato il braccio ad altri tre lavoratori. Ora molto è cambiato, ma il problema ancora oggi è la formazione, la conoscenza, che deve cominciare già  a scuola. Assistiamo invece a corsi sulla sicurezza spesso inutili perchè troppo astratti, fatti in aula o al computer, lontano dalle fabbriche. E a controlli e ispezioni che lasciano molto a desiderare”.
Sarà  anche per questo limite evidente del nostro sistema di controlli (oltre che per la timida ripresa economica) che nel 2016, dopo una caduta decennale, gli infortuni totali sono tornati a salire.
Sarà  anche per questo che le malattie professionali non hanno arrestato la loro crescita, lasciandoci in eredità  più di quattro morti al giorno, solo in parte spiegabili dall’emersione delle denunce.
C’è chi è convinto che prevenzioni e controlli non bastino e che sia venuto il momento di introdurre il reato di omicidio sul lavoro: un disegno di legge sarà  presentato oggi al Senato.
Il risultato finale è che, nonostante i progressi fatti, in Europa non siamo certamente tra i più virtuosi nella lotta alle morti bianche. La classifica europea ci vede più o meno nella zona centrale, con Regno Unito in testa ai paesi virtuosi, seguito a ruota da Svezia e Danimarca, e Lituania e Romania in fondo.
Già , gli inglesi: hanno conosciuto in passato una preoccupante ondata di infortuni, poi si sono rimboccati le maniche e hanno messo in piedi un sistema che allo stesso tempo sa prevenire e controllare, con un unico organismo nazionale di ispettori del lavoro, e con professionisti che stanno tutti i giorni a contatto diretto con le imprese. Si spera che l’Italia possa trarne utili lezioni, ma questa è un’altra storia

(da “La Repubblica“)

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ERMAL META, EMOZIONE ASSOLUTA, SOFFERENZA PURA

Febbraio 10th, 2017 Riccardo Fucile

LA STRAORDINARIA INTERPRETAZIONE DI “AMARA TERRA MIA” DI MODUGNO

Fino a ieri sera, lo confesso, non sapevo nemmeno chi fosse Ermal Meta… Stavo sistemando degli appunti. Seguivo il Festival di Sanremo distrattamente…Nel marasma dei miei pensieri, però, l’incedere, lento e drammatico del suono di una chitarra.
Il richiamo di “un’amica” che, senza la ben che minima forma di rispetto o di pudore, ti prende per mano per portarti con se.
“Amara terra mia” è stato uno dei più bei brani interpretati, cantati, da Modugno, almeno per me…
Sin da “piccolo” sono sempre stato affascinato dal senso estetico delle cose. Quando mi “propinavano” Modugno ero sempre restio, però. Facevo fatica. Non lo capivo. Aveva una bellissima voce, ma non riuscivo a coglierne il senso.
Era era ancora troppo presto: per capirlo avrei dovuto prima cadere. Rialzarmi. Amare. Soffrire. Innamorarmi, ancora, ancora e ancora, anche dell’idea del super-io, fino a ritrovarmi “nudo”, innanzi al mondo…
Modugno è stato davvero un grande. Voce potente. Intelligenza musicale molto sofisticata.
Una visione meravigliosamente rivoluzionaria che, pur inserendosi nella tradizione del bel canto “leggero” all’italiana, propose, in modo efficace e prorompente, dinamiche nuove, spezzando il senso del conformismo borghese; la “direzione” e la stessa presunzione aristocratica della bellezza ed il senso di un estetismo che, avendo raggiunto il massimo dell’espressione, abbisognava di essere “rotto”, travolto, rivisto. “Modernità  meravigliosa”!
Modugno non “ruppe la forma”. Ne fu sempre rispettoso. Le diede un bellissimo cuore, però; il senso di una libertà  che, pur nel rispetto delle regole interpretative, assumeva nuova linfa, passione e finanche un diverso colore…
Ieri sera il giovanotto che si è aggiudicato il “premio cover” Sanremo 2017 mi ha davvero stupito e rapito.
Mentre lo ascoltavo, lo confesso, a tratti avevo fastidio. Il suono non era sempre ben emesso. A volte era “fuori fuoco”, appena soffiato.
Nella seconda parte dell’esecuzione, poi, quella nella quale immagina una donna cantare per lui, il “falsettone” non sempre ha “funzionato fino in fondo”.
A tratti i suoni sono stati fissi e stridenti. Sembrava di ascoltare un “urlo” anzichè un suono.
Ma è stato proprio il senso dell’urlo e della disperazione a fargli scrivere una pagina musicale emotivamente bellissima.
Per una volta, l’emozione ha fatto prepotenza “alle mie orecchie”. La sostanza ha vinto sulla forma. Bisognava ascoltare col cuore e basta…
Ma chi lo “dice” che la sofferenza, che il dolore, che la disperazione debbano avere una forma esteticamente bella?
Credo che non lo abbia mai fatto nessuno. La sofferenza, la disperazione, il dolore, non hanno forma. Non assumono mai un confine netto. Irrompono. Travolgono. Possono arrivare anche a distruggere, annientare i ricordi, respingere il richiamo della vita.
La sofferenza si piange, si vive, si urla, si sussurra. Proprio come ha fatto ieri sera Ermal Meta.
Un filo di voce, spesso spezzata, rotta dall’emozione, dal senso delle parole, dall’incedere “dolcemente drammatico” della melodia.
La seconda pare della cover, poi, quella cantata in falsetto e “falsettone”, è stata di una bellezza emozionale assoluta. Sofferenza pura. Dolore, ma anche travolgente speranza.
Una piccola “perla” in un mare fatto di pochissime luci e moltissime ombre…
“Cantare Modugno” è impresa molto ardua. Impervia. O sei libero come la sua anima oppure rischi di fare soltanto brutte figure. Perchè Modugno non lo puoi “rivisitare”; non lo puoi declamare; non lo puoi sussurrare.
Devi riuscire a fare tuo il senso esteticamente rivoluzionario delle sue dinamiche interpretative. Cogliere il senso e la portata degli accendi coi quali scandiva parole, ritmo e melodia. Devi essere capace di sognare, di amare e di soffrire, insieme a lui. Devi permettere alle idee ed alle emozioni di essere più forti di tutto, anche della “indecente decenza”…
Per un grande cantante libero e di “libertà “, una bellissima interpretazione, “libera”, intima; capace di farti vivere la drammatica vibrazione della nostalgia… Anche sotto voce. Anche quando nessuno sente. Anche quando nessuno vede…
Per quanto mi riguarda, ieri sera, ha vinto il migliore…

Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale

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