Aprile 20th, 2018 Riccardo Fucile
IN EFFETTI E’ COSI’, LO CONFERMA ANCHE “IL FATTO”
Il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, oggi ha attaccato frontalmente i 5 Stelle e il candidato
presidente alle Regionali del Molise: “È gente che non ha mai fatto nulla nella vita — ha detto l’esponente azzurro da Casacalenda — nella mia azienda gli farei pulire i cessi. Di Maio ha una buona parlantina, non si può negare, ma non ha combinato niente di buono per sè, per la famiglia, per il Paese. Nessun accordo è possibile con un partito che non conosce l’abc della democrazia”.
Su Andrea Greco, candidato presidente pentastellato nella regione, Berlusconi ha aggiunto : “Non bisogna cadere nella trappola di chi ha cercato facce nuove, pensando che con una faccia nuova si possa convincere la gente. Il candidato dei 5 Stelle in Molise è un ragazzo che ha fatto il cubista nei night, il tronista dalla De Filippi ed ora fa l’attore. Cosa volete che sappia fare per il Molise che ha bisogno di tanti interventi, urgente e concreti questo ragazzo?”.
La frase di Silvio Berlusconi è molto simile a quello che hanno scritto oggi Pierangelo Buttafuoco e Antonello Caporale sul Fatto Quotidiano in un articolo dedicato alle elezioni in Molise: «Il problema è che potrebbero vincere i Cinquestelle, il cui candidato presidente, Andrea Greco, che da giovane si narra cubista, nell’età matura tronista — avvistato nel casting più desiderato, quello di Maria De Filippi — e oggi finalmente attore, è molto avanti nel gradimento collettivo. Ed è un capolavoro del contrappasso quello di ritrovare un canone di Uomini & Donne alla presidenza del Molise, la terra che ebbe epica nella Cassa per il Mezzogiorno e oggi —è lo Spirito del Tempo — nel team di Rocco Casalino».
Nei giorni scorsi Il Fatto aveva anche parlato dello zio camorrista di Greco.
Per la cronaca il centrodestra presenta un candidato governatore che era in lista alle precedenti elezioni con il centrosinistra.
Saranno gli effetti del tanto decantato “cambiamento”
(da agenzie)
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Aprile 20th, 2018 Riccardo Fucile
DOPO 5 ANNI LA SENTENZA DELLA CORTE D’ASSISE DI PALERMO … LA FRASE DI PAOLO BORSELLINO: “UN AMICO MI HA TRADITO”
Condannati gli uomini delle istituzioni e i mafiosi per la trattativa Stato-mafia.
Dodici anni per gli ex generali Mario Mori e Antonio Subranni, dodici anni per l’ex senatore Marcello Dell’Utri, 8 anni per per l’ex colonnello Giuseppe De Donno. Ventotto anni per il boss Leoluca Bagarella.
Assolto l’ex ministro Nicola Mancino.
Massimo Ciancimino, il supertestimone del processo, condannato a 8 anni per calunnia, assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. E’ scattata la prescrizione per il pentito Giovanni Brusca.
Dopo 5 anni e 6 mesi di processo, 5 giorni di camera di consiglio, ecco il verdetto della Corte d’assise di Palermo presieduta da Alfredo Montalto (giudice a latere Stefania Brambille) nel processo chiamato a indagare sulla terribile stagione del 1992-1993, insanguinata dalle stragi Falcone e Borsellino e poi dagli attentati di Roma, Milano e Firenze.
All’ex ministro Mancino era stata contestata la falsa testimonianza; agli altri uomini delle istituzioni, il reato di concorso in minaccia a un corpo politico dello Stato, minaccia lanciata dai mafiosi con le bombe.
Secondo i pubblici ministeri Nino Di Matteo, Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi, in quei mesi uomini dello Stato avrebbero trattato con i vertici di Cosa nostra: la finalità dichiarata era quella di bloccare il ricatto delle bombe, ma per l’accusa gli ufficiali dei carabinieri avrebbero finito per veicolare il ricatto lanciato dai mafiosi, trasformandosi in ambasciatori dei boss.
Era questo il cuore dell’atto d’accusa dei magistrati, che nella requisitoria avevano chiesto pesanti condanne. Le motivazioni della sentenza arriveranno fra novanta giorni.
LA PRIMA TRATTATIVA
Secondo l’accusa, nel 1992, “i carabinieri del Ros avevano avviato una prima trattativa con l’ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino, che avrebbe consegnato un ‘papello’ con le richieste di Totò Riina per fermare le stragi”.
Circostanza negata dai carabinieri imputati. Mori ha negato anche di avere incontrato l’ex sindaco mafioso prima della strage Borsellino, i primi contatti sarebbero stati tenuti da De Donno. La procura riteneva diversamente. E la corte ha accolto la ricostruzione della procura.
Durante l’inchiesta “Trattativa” è emerso che un mese dopo la morte di Falcone, l’allora capitano De Donno chiese una “copertura politica” per l’operazione Ciancimino (il dialogo segreto con l’ex sindaco) al direttore degli Affari penali del ministro della Giustizia Liliana Ferraro, che però rimandò l’ufficiale ai magistrati di Palermo.
Il 28 giugno, la Ferraro parlò del Ros e di Ciancimino a Borsellino, che le disse: “Ci penso io”. E da quel momento, il mistero è fitto. Cosa sapeva per davvero Borsellino? A due colleghi disse in lacrime (un’altra circostanza emersa nell’inchiesta di Palermo): “Un amico mi ha tradito”. Chi è “l’amico” che tradì? Resta il giallo.
L’ACCUSA A MANCIN
Sono state le parole dell’allora ministro della Giustizia Claudio Martelli ad aver messo nei guai l’ex ministro dell’Interno Mancino. “Mi lamentai con lui del comportamento del Ros”, ha messo a verbale l’ex ministro della Giustizia davanti ai giudici di Palermo. “Mi sembrava singolare che i carabinieri volessero fare affidamento su Vito Ciancimino”.
Martelli ha affermato senza mezzi termini di aver chiesto conto e ragione a Mancino dei colloqui riservati fra gli ufficiali del Ros e l’ex sindaco mafioso di Palermo. Mancino ha sempre negato: ha detto di non avere mai parlato del Ros e di Ciancimino con Claudio Martelli. Lo ha ribadito poco prima che i giudici entrassero in camera di consiglio. E la Corte ha creduto alla sua versione.
LA SECONDA TRATTATIVA
Secondo l’accusa, dopo l’arresto di Riina, avvenuto il 15 gennaio 1993, i boss avrebbero avviato una seconda Trattativa, con altri referenti, Bernardo Provenzano e Marcello Dell’Utri. Mentre le bombe mafiose esplodevano fra Roma, Milano e Firenze, un altro ricatto di Cosa nostra per provare a ottenere benefici.
“Dell’Utri ha fatto da motore, da cinghia di trasmissione del messaggio mafioso”, hanno accusato i pubblici ministeri. “Il messaggio intimidatorio fu trasmesso da Dell’Utri e recapitato a Berlusconi”. E ancora: “Nel 1994, Dell’Utri riuscì poi a convincere Berlusconi ad assumere iniziative legislative che se approvate avrebbero potuto favorire l’organizzazione”.
All’esito di questa seconda trattativa, sosteneva l’accusa, sarebbe stato attenuato il regime del carcere duro.
(da agenzie)
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Aprile 20th, 2018 Riccardo Fucile
IL PROCESSO DI BEATIFICAZIONE PROMOSSO DA DI MAIO NEI CONFRONTI DEL BULLO PADANO, IMPRENDITORE DELLA PAURA, NON RAPPRESENTA ALCUN “CAMBIAMENTO”, SOLO UNA DERIVA RAZZISTA
Nella commedia dell’assurdo che stiamo vivendo dopo il 4 marzo, una nota a parte merita il processo
di beatificazione promosso dal capo politico dei Cinquestelle nei confronti del bullo padano Matteo Salvini, inseguito e blandito come l’interlocutore per partnership governative in assoluto più sintonico e affidabile.
Insomma, siamo davanti a una scelta politica altamente acrobatica, dietro la quale faranno seguito ulteriori mosse stupefacenti, oppure Luigi Di Maio è ormai totalmente nel pallone; tanto da non rendersi conto di chi è davvero il personaggio con cui sta flirtando da un mese?
E non basta a giustificare il leader pentastellato, intento a coltivare nuove affinità elettive, la presa d’atto che siamo davanti al caso di un giovanottello la cui estrazione è quella piccola borghesia meridionale più tradizionalista
La genìa dei benpensanti, che solitamente sognano un posto nella pubblica amministrazione e considerano il massimo della distinzione vestirsi da bancario, sempre ossessionati dal timore che un qualche proletariato possa mettere a repentaglio il loro precario e pur modesto decoro.
Gente con tale ginepraio di retro-pensierini legge-e-ordine ficcato in testa può non rendersi conto di quale tasso di inquinamento rappresenti per la politica italiana l’importazione fatta dal Salvini di tutta la feccia che sgorga dai meandri di un Occidente in caduta libera; che svende per le sue paranoie e nevrosi un prezioso patrimonio di civiltà .
Il mix di xenofobia, omofobia, antisemitismo e pura sopraffazione da skinhead che sta assicurando importanti dividendi elettorali agli imprenditori della paura tipo Marine Le Pen o i sovranisti post-comunisti del Gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca); i promotori del processo di degenerazione in democratura dell’attuale ordine europeo traballante (lo svuotamento dei principi democratici ridotti a puri rituali dietro i quali cresce l’autoritarismo degli “uomini forti”, reclamati a gran voce dalla piccola gente spaventata).
E tutto questo soltanto per rilanciare una Lega che andava alla deriva tra le lauree albanesi del Trota e i diamanti di Belsito.
Forse è troppo pretendere da Di Maio (e dai suoi spin-doctor provenienti dalle più improbabili sedi universitarie: dal Link Campus di Vincenzo Scotti al Sudafrica) che ci si renda conto di come il suo ipotizzato partner di governo sia il portavoce/propagandista di una proposta politica devastante, che condannerebbe il nostro Paese all’impresentabilità ; alla sola interlocuzione con satrapi mediorientali tipo Viktor Orban o Jaroslaw Kaczynskj.
Però si potrebbe almeno informare dalla cronaca, scoprendo le strane frequentazioni salviniane con neonazisti vari. le rissa nei campi rom a scopo propagandistico, gli inseguimenti di un selfie con il super-bullo Trump (di cui riprende gli slogan più beceramente isolazionisti) o le passeggiate sulla Piazza Rossa strizzando l’occhio a Putin (e ai suoi petroldollari?).
Al di là della distinzione fasulla tra “nuovo” e “vecchio”, che tanto affascina l’ingenuo Di Maio, Matteo Salvini è davvero presentabile? E in che cosa sarebbe “nuovo”?
Certo, il capo della Lega non ospita in casa come stalliere un mafioso pregiudicato, non evade tasse miliardarie, tanto da essere condannato in Cassazione, non corrompe parlamentari nè fa incetta di ragazzotte da vecchio sporcaccione come Berlusconi. Però ce ne vuole davvero tanta di fantasia per immaginare il felpato nelle vesti di statista.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 20th, 2018 Riccardo Fucile
MA RISCHIEREBBERO DI TROVARE IL POSTO OCCUPATO DA SALVINI SE IL PROBLEMA E’ DI “NON AVER MAI FATTO NULLA NELLA VITA”
“E’ gente che non ha mai fatto nulla nella vita: nella mia azienda li prenderei per pulire i cessi“. Silvio Berlusconi, dopo lo scontro a distanza con Matteo Salvini, torna ad attaccare il Movimento 5 stelle.
E lo fa con le parole più dure mai usate fino a questo momento.
In un comizio a Casacalenda, seconda tappa del suo giro in Molise in vista delle elezioni regionali, non solo se la prende con “il partito dei disoccupati“, ma arriva a dire che li avrebbe assunti per pulire i bagni di Mediaset.
Rivolgendosi al capo politico dei 5 stelle commenta: “Di Maio ha una buona parlantina, non posso negarlo, ma non ha mai combinato niente di buono per sè, per la sua famiglia, per il Paese. Non possiamo affidare l’Italia a gente come lui”.
Non sono nuovi gli insulti di Berlusconi contro i 5 stelle.
La tensione però si è acuita nelle ultime settimane a causa del veto M5s sull’ex Cavaliere. Le trattative in vista della formazione di un esecutivo infatti, si sono arenate sul No dei grillini a Silvio Berlusconi e sulla decisione, ribadita fino a questo momento, della Lega di non mollare gli alleati della coalizione.
Circa 10 giorni fa l’ex deputato M5s Alessandro Di Battista aveva definito il leader di Forza Italia “il male assoluto”. Parole condannate dai parlamentari azzurri che avevano chiesto una presa distanza del Movimento.
(da agenzie)
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Aprile 20th, 2018 Riccardo Fucile
“HO SEGUITO LA LEGA, SIAMO FINITI DI MALE IN PEGGIO”
“Nessun accordo è possibile con i 5 Stelle, un partito che non conosce l’abc della democrazia, che
prova invidia sociale, formato solo da disoccupati, e che rappresenta un pericolo per l’Italia”.
Così Silvio Berlusconi appena arrivato in Molise. “Sono arrivato qui in grave ritardo perchè sono dovuto rimanere a Roma per seguire le consultazioni: regna una grande confusione, gli italiani hanno votato molto male. Seguo tutto con disgusto, va tutto di male in peggio”.
Il Cavaliere ha quindi bocciato l’eventuale mandato al presidente della Camera Roberto Fico: “Già il fatto di dare un incarico a uno così la dice lunga… Tutti i 5 Stelle sono incapaci di fare qualcosa di buono per l’Italia”.
“Dal punto di vista della responsabilità e della democrazia”, ha aggiunto Berlusconi, “il Pd è anni luce davanti ai 5 stelle”.
Da Campobasso, torna a definire il campo dei potenziali interlocutori: “Sono contrario al no secco al Pd per un discorso sul programma. La coalizione di centrodestra potrebbe concretamente fare accordi con uomini saggi, con i parlamentari dei gruppi misti e anche esponenti del Pd”.
“Nella formazione del governo ho cercato di dare seguito a cosa voleva la Lega in modo che qualche persona competente fosse dentro una squadra di inefficienti. Ma ho verificato quanto il Movimento 5 Stelle sia un partito non democratico, un pericolo per l’Italia”.
(da agenzie)
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Aprile 20th, 2018 Riccardo Fucile
I MILITANTI DI “NAPOLI LIBERA”, ESPULSI INGIUSTAMENTE COME CERTIFICATO DAL TRIBUNALE, PRONTI A UNA MAXI-RICHIESTA COLLETTIVA DI RISARCIMENTO DANNI
Gli attivisti di Napoli Libera, espulsi senza motivazione dal MoVimento 5 Stelle in maniera illegittima secondo una sentenza del tribunale di Napoli, chiederanno i danni a Beppe Grillo.
Hanno pronta una maxirichiesta collettiva di risarcimento danni che rischia di arrivare a cinque milioni di euro.
Il Tribunale di Napoli con sentenza n. 3773 del 18 aprile 2018 ha accertato l’illegittimità dell’espulsione irrogata dallo staff di Beppe Grillo nei confronti degli attivisti napoletani ed ha dichiarato che Antonio Ciccotti, Massimo Acciaro, Salvatore Cinque, Paola Staffieri, Marco Sacco e Roberto Ionta sono stati lesi nel loro diritto di partecipare alle primarie per la scelta delle candidature alla carica di consigliere comunale e di sindaco di Napoli per la lista MoVimento 5 Stelle alle elezioni amministrative del 2016.
Una sentenza che fa il paio con quella del Tribunale di Roma del febbraio 2018 che aveva riconosciuto analoghe lesioni dei diritti di elettorato passivo di due attivisti romani per le primarie del febbraio 2016: anche in quell’occasione, come in questa, ad assistere gli attivisti M5S era l’avvocato Lorenzo Borrè.
I sei «irriducibili», hanno tenuto duro resistendo alle proposte di reintegro del Movimento e alla fine hanno avuto ragione.
Ora quindi fanno già sapere di voler predisporre le cause civili per il maxirisarcimento tutto da intentare nei confronti di Grillo.
Spiega Roberto Ionta al Corriere del Mezzogiorno:
«Qui non si tratta di essere venali, ma ognuno di noi ha subito un danno enorme da questa vicenda. Io, per esempio, avevo ottenuto alle elezioni amministrative precedenti circa duemila voti, tutte persone che riponevano in me fiducia cieca. Quando sono stato cacciato con una mail dal Movimento ho dovuto dare spiegazioni, quasi come se avessi commesso un illecito. Per non parlare dei problemi che l’espulsione mi ha creato anche dal punto di vista professionale. Mi hanno fatto passare per una specie di impresentabile. L’allora capo politico del movimento ci chiamò “sporchi dentro”. Ora dopo due anni abbiamo finalmente giustizia. Voglio aggiungere – conclude Ionta – che destinerò una parte del risarcimento alla costruzione di un impianto idrico per dissetare i bambini africani».
Nel febbraio 2016, in occasione delle Comunarie di Napoli, il M5S aveva escluso gli attivisti grillini che facevano parte di un gruppo Facebook chiamato Napoli Libera; l’accusa nei loro confronti era quella di essersi “accordati” per proporre tematiche e candidature sul meetup di Napoli; gli attivisti avevano risposto alla sospensione con uno sciopero della fame, poi erano stati espulsi.
Nel luglio 2016 il tribunale ha cancellato le espulsioni e la decisione provocò poi i vari cambi di regole nel M5S.
L’aver partecipato al gruppo segreto su Fb “Napoli Libera” — “realizzato allo scopo di manipolare il libero confronto per la formazione del metodo di scelta del candidato sindaco e della lista per le elezioni amministrative che avranno luogo a Napoli nel 2016” — era “un comportamento contrario ai principi del MoVimento”, si leggeva all’epoca nelle mail con le quali ai ‘sospesi’ di Napoli era stata comunicata l’espulsione dal Movimento 5 Stelle. La mail di contestazione era stata inviata al gruppo lo scorso 5 febbraio, con la richiesta di inviare le controdeduzioni.
L’attuale presidente della Camera Roberto Fico era stato indicato dagli attivisti di Napoli Libera come la longa manus che aveva guidato lo staff di Grillo verso le sanzioni per fare spazio a una “sua” candidata sindaca a Napoli che poi però venne bocciata dalle comunarie a favore di Matteo Brambilla, in seguito sconfitto alle elezioni da De Magistris.
Una ricostruzione smentita da Roberta Lombardi. Di certo fu Fico che nell’aprile 2016, quando il tribunale negò l’urgenza rinviando le decisioni nel merito a una fase successiva a scrivere su Facebook che il M5S aveva vinto in tribunale.
Quando le successive decisioni del giudice diedero torto ai vertici del M5S Roberto Fico, in nome dell’onestà intellettuale per la quale è famoso, si rinchiuse in un dignitosissimo silenzio sulla vicenda.
In realtà , come gli spiegarono in molti nei commenti allo status, il tribunale non aveva dato ragione al M5S. Il giudice, dichiarando l’insussistenza dell’urgenza, aveva posticipato la discussione nel merito alle udienze successive.
E nel luglio 2016 il giudice diede ragione agli espulsi e li riammise. Non solo. Fu lo stesso Roberto Fico, nel marzo scorso, a fare la proposta di riammetterli a quelli che fino a poco tempo prima venivano chiamati senza mezzi termini “traditori” o “feccia” ed erano stati ritenuti colpevoli di aver congiurato contro il M5S.
Fico ha incontrato in tribunale i ricorrenti dicendo “siamo pronti a reintegrarvi” (in cambio ovviamente della rinuncia a continuare la causa sulla legittimità del regolamento). Ora si passa al risarcimento dei danni.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 20th, 2018 Riccardo Fucile
GIURISTI ED ECONOMISTI PER GUIDARE L’ESECUTIVO DEL PRESIDENTE
Nonostante un flebile filo di dialogo sia rimasto tra Lega e M5S, la giornata di ieri ha – se possibile –
reso ancora più pesante lo stallo politico.
Nè ci sono segnali che un possibile incarico esplorativo al presidente della Camera Roberto Fico sull’asse Pd-5 Stelle possa produrre una rapida soluzione di governo.
Per questa ragione nelle ultime ore nei palazzi sta riprendendo quota l’ipotesi di un governo istituzionale, del presidente, che accompagni il Paese almeno fino alla primavera del 2019.
Un’ipotesi (per alcuni un incubo) molto presente tra i principali partiti.
Non è un caso che Salvini ieri in serata si sia detto disposto a fare un tentativo in prima persona, pur di stoppare «l’ennesimo governo tecnico destinato a spennare gli italiani».
Ventiquattro ore prima il suo vice Giancarlo Giorgetti, assai più diplomatico, aveva invece spiegato che «questa ipotesi non ci piace, ma la Lega è una forza responsabile».
Per il Quirinale trovare una personalità autorevole a cui affidare un incarico sarebbe forse più semplice che mettere d’accordo il trio Salvini-Di Maio-Berlusconi.
Di nomi ne circolano tanti e cambiano a seconda dell’ipotesi sulle forze che potrebbero sostenere il governo.
Se l’esploratore Roberto Fico dovesse registrare qualche possibilità di dialogo tra il suo partito e il Pd, uno dei nomi più quotati è quello di Alessandro Pajno, presidente del Consiglio di Stato dal 2016, pensionando a fine agosto.
Giurista palermitano, classe 1948, è da sempre molto vicino a Sergio Mattarella (è stato suo capo di gabinetto al ministero dell’Istruzione a fine Anni Ottanta), che aveva pensato a lui tre anni fa per il ruolo di segretario generale del Quirinale, poi affidato a Ugo Zampetti.
Quando il suo nome fu in predicato a fine 2015 per il ruolo di giudice costituzionale, dal M5S fu giudicato «di alto profilo».
Pajno ha coltivato buoni rapporti con Alfonso Bonafede, l’uomo che per Di Maio segue il dossier giustizia, ma anche con il braccio destro di Renzi Luca Lotti.
Fortissimo anche il nome dell’ex ministro della Giustizia Paola Severino, apprezzata dai grillini per la legge che porta il suo nome e che esclude i condannati per alcuni reati gravi dalle cariche pubbliche (l’esempio più noto è la decadenza di Berlusconi da senatore). Severino attualmente è rettore della Luiss di Roma e sarebbe la prima donna premier nella storia italiana.
Sabino Cassese, decano del diritto amministrativo, professore emerito alla Normale di Pisa, è un altro nome di cui si continua a parlare nell’ottica di una maggioranza tra Pd e M5S: in una intervista a Repubblica ieri ha invitato le forze politiche a seguire il modello tedesco di un «contratto sul programma» e ha sottolineato la capacità delle forze antisistema di «istituzionalizzarsi» in tempi molto rapidi: «Un grande successo della nostra democrazia». L’unico vero ostacolo sulla strada di Cassese è l’anagrafe: a ottobre infatti compirà 83 anni.
Fuori dal campo dei giuristi restano alte le quotazioni dell’economista Carlo Cottarelli, già dirigente del Fmi e commissario alla spending review col governo Letta (poi sostituito da Renzi).
Letta ieri l’ha ospitato alla lettura annuale della sua Scuola di politiche e ha detto che «la sua indipendenza lo rende una figura molto utile al Paese, ne abbiamo bisogno». In campagna elettorale Berlusconi tentò di arruolarlo come ministro in pectore del centrodestra e anche il M5S ha apprezzato alcuni aspetti del suo piano di tagli. «Bisogna congelare la spesa della pubblica amministrazione per tre anni», ha ammonito Cottarelli. «Tenere i conti pubblici a posto non è nè di destra nè di sinistra», il suo slogan.
Sullo sfondo restano altri nomi, a partire da quello dell’ex Guardasigilli ed ex presidente della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick, entrato qualche mese fa nel “board cultura” del Campidoglio a guida grillina.
«Sarei un buon premier, ma il concetto di contratto non mi piace», ha spiegato. «Meglio parlare di compromesso». Dalla Consulta arrivano altri nomi papabili: gli ex presidenti Giuseppe Tesauro e Gaetano Silvestri, la vicepresidente Marta Cartabia e Silvana Sciarra, relatrice della sentenza del 2015 contro la legge Fornero.
(da “La Stampa”)
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Aprile 20th, 2018 Riccardo Fucile
LA RESPONSABILITA’ E’ ASSEGNATA A DI MAIO PER IL 35%, A BERLUSCONI PER IL 27%, A SALVINI PER IL 12%, AL PD PER IL 7%
Il Messaggero pubblica oggi i risultati di un sondaggio SWG sulla crisi di governo in cui il suo campione sostiene che la colpa dell’attuale impasse, che ieri ha vissuto un’altra giornata campale nonostante l’offerta di appoggio esterno di Berlusconi a un governo M5S-Lega, è responsabilità del MoVimento 5 Stelle.
La colpa dello stallo è, maggioritariamente, assegnata a Di Maio (35%) e Berlusconi (27%). , a Salvini (12%) e al Pd (7%).
Dal profondo dei blocchi elettori, però, iniziano ad emergere pattuglie di contrariati: 18% tra i pentastellati e 14% tra il centrodestra
Nonostante i giudizi e le responsabilità assegnate, per ora, non ci sono sostanziali mutamenti negli equilibri elettorali
Il quadro d’impasse fa ritornare in auge l’ipotesi del ritorno alle urne, con il 55% degli italiani che ritiene probabile questo epilogo (all’interno di questa quota, il 30% valuta come molto alta la probabilità di ritorno al voto).
In generale, per adesso gli elettori sono ancora pazienti mentre la situazione di stallo, dopo l’accelerazione e la frenata di ieri, è ancora sul tavolo.
Il tempo però passa. E non è sempre galantuomo.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 20th, 2018 Riccardo Fucile
RONZULLI: “TENTATIVO FALLITO, BASTA PRENDERE SCHIAFFI IN FACCIA”
Mentre Elisabetta Casellati va al Colle per riferire al presidente Sergio Mattarella l’esito degli
incontri “esplorativi” con i partiti, dalla senatrice di Forza Italia Licia Ronzulli, fedelissima di Silvia Berlusconi, arriva uno stop a qualsiasi altro spiraglio di trattativa con il M5s: “Il tentativo è fallito. Non si può continuare a prendere schiaffi in faccia – spiega a Circo Massimo su Radio Capital – l’apertura di Di Maio è durata meno di sette ore”.
E difende la posizione di Forza Italia: “Noi non abbiamo mai bluffato. Abbiamo sempre giocato a carte scoperte, chiedendo pari dignità all’interno della coalizione. Non si può mancare di rispetto a 5 milioni di persone che ci hanno votato”.
Nega la possibilità di un appoggio esterno del suo partito: “Non faremo i portatori d’acqua nè oggi nè domani”.
Si dimostra infine scettica rispetto al “ci penso io” di Matteo Salvini
Quanto alla prospettiva di nuove elezioni, afferma: “Ho rispetto per le decisioni del Capo dello Stato ma non sarebbe giusto per gli italiani tornare al voto”.
E sulla possibilità di un governo M5s- Pd conclude: “Nessuno tifa per questa ipotesi che non ci riguarda, ci siamo presentati agli italiani per governare non per andare all’opposizione”.
“Nelle prossime ore sapremo. Il partito deve posizionarsi” afferma intanto Andrea Orlando, esponente della minoranza Pd. “Se si chiude il tentativo di accordo in corso dobbiamo capire che profilo di opposizione fare. Se non si chiude bisogna capire come si sta nella fase nuova”, conclude il ministro della Giustizia uscente a Omnibus su La7.
(da agenzie)
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