Aprile 10th, 2018 Riccardo Fucile
MATTARELLA SI ASPETTA “SOLUZIONI CONCRETE”, ALTRIMENTI POTREBBE AFFIDARE UN PRE-INCARICO CHE TUTTI TEMONO… GOVERNO ENTRO IL CONSIGLIO EUROPEO DI FINE GIUGNO… O I PARTITI TROVANO UN ACCORDO O CI PENSA MATTARELLA
C’è un punto fermo al Quirinale. Che orienta questa lunga fase di “decantazione”.
Il punto fermo è che, prima o poi, un governo dovrà nascere. Quel “prima o poi” ha una data precisa.
Quella del Consiglio europeo convocato a Bruxelles il 28 giugno. Per quella data è necessario che ci sia un governo nel pieno dei suoi poteri.
Perchè è opportuno che sia un governo nel pieno dei suoi poteri a gestire un appuntamento di tale rilievo politico.
A Bruxelles non sarà un vertice ordinario. I capi di Stato e di governo dovranno discutere di temi cruciali per il futuro dell’Ue, dalla revisione del trattato di Dublino che disciplina la politica europea sull’immigrazione alla discussione sul budget comunitario per il settennato 2020-2027.
Il problema non è l’autorevolezza di Gentiloni in Europa, che non è in discussione. Ma è chiaro che un negoziato di tale rilievo politico, per l’Europa e per l’Italia, richiede un governo, non quanto stimabile, non in ordinaria amministrazione.
È questo il punto di approdo del percorso, nel quale viene messo in conto che, se i partiti non troveranno un’intesa, il capo dello Stato potrebbe anche compiere scelte solitarie, indicando un nome e comunque sollecitando tutti alla “responsabilità “. Perchè il ritorno alle urne non è un’ipotesi contemplata.
E rappresenterebbe un unicum nella storia dell’Italia repubblicana, proprio nel settennato di Sergio Mattarella: ci sono state legislature durate poco — un paio d’anni — ma non è mai accaduto che una legislatura non si avviasse per niente.
Dunque, se non maturerà un’intesa, comunque ci sarà un tentativo presidenziale.
Ma sarebbe l’estrema ratio, dopo averle tentato tutte affinchè maturi un accordo tra i partiti. Proprio tutte, a partire da una paziente attesa passando, se dovesse servire, per qualche tentativo andato male e da una pressione soft affinchè i partiti abbiano un sussulto di responsabilità .
È per questo che dal Quirinale trapela che “ci si aspetta un secondo giro di consultazioni decisivo” giovedì e venerdì.
Altrimenti non è affatto escluso che, a quel punto, il capo dello Stato si assuma l’onere — e rappresenterebbe il fallimento dei partiti e della loro capacità di trovare un’intesa — di affidare un pre-incarico.
Insomma, non un terzo giro di consultazioni ma il primo tentativo.
Col nome del “pre-incaricato” che sarà reso noto magari non venerdì ma dopo qualche giorno.
Ecco, un secondo giro “decisivo”. Che non solo sgombri il campo dal retropensiero di un ritorno rapido alle urne, ma che faccia emergere una cornice nella direzione di una possibile intesa di governo.
Ci si aspetta cioè che i partiti “portino una soluzione” perchè un conto è accordare tempo per favorire intese, altro è perdere tempo.
E non si può chiedere che di aspettare altri quindici giorni affinchè maturi ciò che non è maturato finora, a oltre un mese dalle elezioni.
È necessario cioè che emerga un innesco vero di trattativa, i cui echi rimbalzano sul Colle più alto in modo confuso.
C’è chi scommette, ad esempio, che Renzi nei prossimi giorni riapparirà con una sua mossa. Altri danno per certo che, dopo le elezioni in Friuli, Salvini abbandonerà il Cavaliere per stringere l’accordo con Di Maio secondo uno schema che prevede una sorta di separazione consensuale: Berlusconi che, pur non partecipandovi, dà il via libera alla nascita di un governo, ricevendo in cambio rassicurazioni per le sue aziende.
È lo schema dei tre passi indietro: di Berlusconi, ma anche di Salvini e Di Maio che dovrebbero rinunciare alla premiership a favore di un nome terzo.
Più smussato rispetto all’accordo organico tra Lega e Cinque Stelle che, al momento, sembra essere franato come la data dell’incontro tra i due leader.
Al momento di questo schema più smussato non si intravede uno sviluppo concreto, complice anche il clima elettorale, con il voto in Friuli e in Molise.
Ecco, Mattarella proverà a capire se, su questo o su altri schemi, al netto delle voci ci sono “soluzioni concrete” che i partiti gli prospettano nell’ottica di dar vita a un governo, prendendo atto di cioè che è evidente dalla sera del voto: nessuno ha la maggioranza e servono accordi tra le forze politiche per realizzarla.
Di certo il capo dello Stato non darà a nessuno l’incarico pieno senza numeri certi, consentendo a un governo di giurare e di andare a caccia di voti in Parlamento.
È il cosiddetto governo di minoranza, formula che si è affacciata nelle riflessioni dei leader del centrodestra per “bruciare” Salvini.
Agli occhi di Mattarella una cosa del genere rischia di produrre un risultato paradossale: qualora il governo giurasse e non avesse i numeri per la fiducia in Aula, resterebbe in carica per il disbrigo degli affari correnti.
Col risultato che si passerebbe da un governo per il disbrigo degli affari correnti ad un altro.
Ma Mattarella stavolta non asseconderà una generica richiesta di tempo, per problemi tattici o calcoli politici.
Se non emergeranno “soluzioni” nel corso dei colloqui, a quel punto toccherà a lui valutare quali soluzioni mettere in campo.
E non è affatto escluso che possa conferire un pre-incarico, proprio quel cioè quel mandato che Salvini e Di Maio temono, nella paura di bruciarsi, perchè dopo un bel giro sotto i riflettori potrebbe essere destinato a un fallimento.
Ma è evidente che, se non sarà prospettata al capo della Stato la strada per formare una maggioranza, sarà inevitabile che si procederà per tentativi successivi.
E anche i fallimenti e i tentativi andati a vuoto, insegna l’antica sapienza costituzionale, possono aiutare ad acquisire consapevolezze in questo lungo percorso. Di fallimento in fallimento, di tentativo in tentativo, rendono comprensibile all’opinione pubblica perchè, a un certo punto, Mattarella sarà chiamato a scelte solitarie.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 10th, 2018 Riccardo Fucile
E L’ITALIA FINANZIA SENZA VERGOGNA QUESTA ASSOCIAZIONE A DELINQUERE… NEL SILENZIO OMERTOSO DI QUEI POLITICI ITALIANI CON LE MANI SPORCHE DI SANGUE INNOCENTE
Un uomo sui 50 anni. Una milizia controllata dal ministero dell’Interno lo aveva sottoposto a interrogatorio. Nel giugno 2017, quattro giorni dopo il fermo, i familiari erano stati informati della sua morte.
Un rapporto visionato dalla Human Rights, Transitional Justice, and Rule of Law Division della missione Unsmil certificava che l’uomo era stato “sottoposto a pestaggi e torture”.
Il suo è uno dei 37 corpi portati senza vita negli ospedali di Tripoli lo scorso anno con inequivocabili segni di tortura addosso.
E’ la punta di un iceberg gigantesco fatto di “orribili abusi, detenzioni illegali e violazioni dei diritti umani” che avvengono almeno dal 2015 nelle prigioni gestite dalle milizie alleate del governo di unità nazionale patrocinato dall’Occidente e guidato da Fayez Al Sarraj. Cui l’Italia ha affidato il compito di fermare i barconi carichi di migranti diretti verso la Sicilia.
Il ministero dell’Interno è controllato dagli uomini di Al Sarraj.
E’ il dicastero cui fa riferimento una delle due “Guardie costiere” di Tripoli che, in base al memorandum firmato da Sarraj e Paolo Gentiloni il 2 febbraio 2017, hanno il compito di fermare in mare i migranti diretti verso l’Italia.
“La detenzione di migranti, richiedenti asilo e rifugiati non è l’oggetto di questo report”, si legge, ma dal ministero guidato da febbraio dal generale di brigata Abdul Salam Ashour dipende anche il Dipartimento per la lotta alla migrazione illegale che gestisce diversi centri di detenzione nei quali viene rinchiuso chi viene fermato nel Mediterraneo, definiti il 14 novembre 2017 dalle Nazioni Unite “un oltraggio alla coscienza dell’umanità “.
Allo stesso dicastero fa capo anche il gruppo detto Central Security/Abu Salim, che controlla il sobborgo sud-occidentale della Capitale.
I suoi uomini sono responsabili, secondo l’Onu, di diverse sparizioni forzate e della morte di un uomo trovato senza vita a Tripoli nel luglio 2016, con addosso pesanti segni di percosse, frutto del trattamento subito nelle due settimane trascorse nel centro di detenzione gestito dalla milizia armata, guidata da Abdel Ghani al-Kikli.
Che fin dall’aprile 2016 garantisce la sicurezza del Consiglio Presidenziale nella capitale insieme alla Tripoli Revolutionaries Brigade e alla Special Deterrence Force. Quest’ultima dipende sempre dal ministero dell’Interno, il Governo di Accordo Nazionale lo ha pubblicamente elogiato “per la funzione svolta nella lotta al crimine“, e gestisce il carcere di Mitiga.
Un inferno in terra, secondo le testimonianze e le prove raccolte dalla United Nations Support Mission in Libya.
La Human Rights Division “è stata in grado di documentare” la morte di un 20enne avvenuta tra le sue mura nel giugno 2016: “Il suo corpo era coperto di cicatrici, aveva gli arti spezzati e presentava diverse ferite da arma da fuoco“.
Il ragazzo era uno delle migliaia di ospiti del compound che, secondo i dati forniti dalla Sdf durante l’unica visita concessa, nel 2016 ospitava “1.500 detenuti di sesso maschile e 200 di sesso femminile, compresi i bambini”.
Un anno dopo le celle si erano riempite ulteriormente: “In base alle informazioni ricevute da un membro dell’Ufficio del procuratore generale, alla fine di novembre 2017 erano detenute 2.600 persone“.
Che vengono detenute in “condizioni inumane“: “Dal dicembre 2015, la HRD ha documentato nella struttura gravi violazioni dei diritti umani — si legge nel documento — come la detenzione arbitraria, tortura, isolamento prolungato, decessi in custodia ed esecuzioni sommarie“. Tra le vittime preferite dei miliziani in servizio a Mitiga ci sono le donne, che vengono “percosse e frustate”:
“In alcuni locali, le detenute sono costrette a spogliarsi e sono sottoposte a ricerche invasive nelle cavità da parte delle guardie o sotto lo sguardo di funzionari di sesso maschile”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 10th, 2018 Riccardo Fucile
LA CONFERMA CHE MINNITI SI E’ AFFIDATO A UN CRIMINALE PER FARE IL LAVORO SPORCO: CENTINAIA DI CORPI SCOPERTI NELLE DISCARICHE, CON ARTI LEGATI, SEGNI DI TORTURA E FERITE DA ARMA DA FUOCO
Migliaia di persone sottoposte a torture, abusi e altre violazioni dei diritti umani nei luoghi di detenzione gestiti da gruppi armati, “inclusi quelli alleati del governo” di Fayez Al Sarraj, alleato dell’Italia nel contenimento dei flussi migratori.
Lo si legge un rapporto pubblicato oggi a Ginevra dall’Unsmil, la missione dell’Onu in Libia.
Nel Paese nordafricano, centinaia di corpi di individui presi e detenuti da gruppi armati sono stati scoperti nelle strade, in ospedali e discariche di rifiuti, molti avevano gli arti legati, segni di tortura e ferite da arma da fuoco: “Uomini, donne e bambini sono detenuti arbitrariamente o illegalmente privati della libertà in base ai loro legami tribali o familiari e la loro presunta affiliazione politica”, afferma il documento dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, che prende in considerazione fatti avvenuti dalla firma dell’Accordo politico libico (LPA) il 17 dicembre 2015 fino al 1 ° gennaio 2018.
“Questo rapporto mette a nudo non solo gli orribili abusi e le violazioni subite dai libici privati ​​della loro libertà , ma il puro orrore e l’arbitrarietà di tali detenzioni, sia per le vittime che per le loro famiglie”, ha affermato l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Zeid Ra’ad Al Hussein.
“Le vittime hanno scarsa o nessuna possibilità di far ricorso alla giustizia, mentre i membri dei gruppi armati godono di totale impunità “, si legge ancora nel documento. “Queste violazioni e questi abusi devono cessare — prosegue Al Hussein — e i responsabili di tali crimini dovrebbero essere perseguiti”.
“Piuttosto che controllare i gruppi armati e integrare i loro membri sotto le strutture di comando e controllo dello Stato, i governi che si sono succeduti hanno fatto sempre più affidamento su di loro per gestire la pubblica sicurezza, inclusi arresti e detenzioni, pagato loro i salari e fornito loro attrezzature e uniformi “, dice il rapporto. Di conseguenza, il loro potere è cresciuto senza controllo e sono rimasti liberi da un’efficace supervisione governativa
Si stima che a partire da ottobre 2017 circa 6.500 persone siano detenute in carceri ufficiali supervisionate dalla Polizia Giudiziaria del Ministero della Giustizia.
Non ci sono, invece, statistiche disponibili per strutture nominalmente sotto i Ministeri dell’Interno e della Difesa, nè per quelle gestite direttamente dalle altre milizie.
“Queste strutture sono note per torture endemiche e altre violazioni o abusi dei diritti umani”, afferma il rapporto. Ad esempio, la struttura di detenzione della base aerea di Mitiga, a Tripoli, ospita circa 2.600 tra uomini, donne e bambini, la maggior parte senza possibilità di avere contati con le autorità giudiziarie. Nella prigione di Kuweifiya, il più grande centro di detenzione nella Libia orientale, si ritiene che sia detenute circa 1800 persone.
“La prolungata detenzione arbitraria e illegale e le violazioni endemiche dei diritti umani in custodia in Libia — afferma il rapporto — richiedono un’azione urgente da parte delle autorità libiche, con il sostegno della comunità internazionale“. Che sostiene il governo guidato da Al Sarraj fin dalla sua nascita.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 10th, 2018 Riccardo Fucile
MA SI FA PROPAGANDA RIDUCENDO I TICKET… STRUTTURE PRIVATE POSSONO FARE QUELLO CHE VOGLIONO SENZA CHE NESSUNO CONTROLLI… GLI APPALTI SONO TRUCCATI DA SEMPRE
Nel primo giorno di riunione del nuovo Consiglio regionale Lombardo per far piacere ai cittadini hanno ridotto i ticket sanitari. Misura certamente da campagna elettorale che va rispettata se a bilancio.
Il problema è che occorrerebbe non estraniarla da una riforma vera da applicare al più presto. Ricordo che l’ultima è stata portata a termine da quel Fabio Rizzi di cui non si sente più parlare. Risparmio di soldi veri dei cittadini, altro che riduzione del ticket di immagine.
Così ci si meraviglia come strutture private accreditate con il sistema nazionale possano fare liberamente quello che vogliono senza che nessuno, a cominciare dai cittadini, dica qualcosa.
Mi viene da citare la Casa di Cura S. Pio X di Milano che da tempo chiude reparti in modo tale da farla diventare gradatamente polo di ostetricia e ginecologia da un lato e ortopedico dall’altro. Una trasformazione in atto da quando è entrata nella galassia sanitaria di Rocca-Humanitas.
Certo i Drg ortopedici sono elevati e redditizi ma in Regione chi controlla gli accreditamenti?
Qual è il sistema che equipara pubblico e privato?
Perchè il privato accreditato non ha gli stessi reparti del pubblico?
Io sono a favore del privato accreditato, a patto che si abbiano gli stessi oneri ed onori, ma toglierei l’accreditamento immediatamente a una struttura di territorio che non abbia il pronto soccorso (la Pio X non l’ha mai avuto) e chiuderei immediatamente il privato accreditato che fa tante visite private relegando quelle con la mutua a poche unità (qualcuno controlla cosa succede in Pio X?).
D’altronde in sanità i politici continuano a prendere in giro i cittadini.
In un’altra Regione, la Liguria, guidata da una giunta simile a quella lombarda, succede che vengano arrestati undici dirigenti corrotti.
Toti dice: “Una mela marcia non fa la qualità della sanità ligure, che è fatta di professionisti seri, di migliaia di persone oneste che fanno il proprio lavoro”.
Bastava , per non mangiare quella mela marcia, che avesse letto con attenzione qualche tempo fa. Bastava controllare gli appalti che sono “truccati” da sempre e non meravigliarsi ancora una volta, difendendo il sistema. Corrotto.
La distribuzione reale delle risorse e dei reparti e il controllo dei soldi che ne derivano (l’ospedale pubblico in perdita perenne perchè è oberato di lavoro anche senza guadagno mentre la struttura privata accreditata viene autorizzata a tenere aperti solo reparti che fanno guadagnare) insieme al controllo della spesa pubblica in sanità può portare a una svolta reale.
Il giochetto propagandistico dei ticket ormai fa ridere. Per non piangere.
E non dimentichiamo i vari casi che riguardano primari ancora irrisolti, che partono in Regione Lombardia tanti anni fa in concomitanza del “sistema Formigoni” (Santa Rita, San Raffaele, Stamina ecc) e che — in alcuni casi — rimangono ancora di attualità .
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 10th, 2018 Riccardo Fucile
MA SUL PALCO AVEVA DIFESO LA DECISIONE, VISTO CHE SUA MOGLIE ERA L’ORGANIZZATRICE DEL MEETING DI CASALEGGIO: “NON AVEVO CAPITO COSA ERA SUCCESSO”
“E’ stata una scelta personale di Davide Casaleggio. Una decisione sua. Sbagliata. E che io non condivido in nessun modo”. Gianluigi Nuzzi, intervistato da il Foglio, torna sulle polemiche per l’allontanamento del giornalista Jacopo Iacoboni da Sum#02 , festival organizzato dall’associazione Gianroberto Casaleggio a Ivrea lo scorso 8 aprile.
Il giornalista, membro dell’associazione e tra i presentatori della manifestazione, aveva in un primo momento motivato la decisione dicendo che il cronista si era presentato con un “badge tarocco”.
Ora dice: “A Ivrea non avevo capito quello che era successo. Ero stato informato male“.
Nelle scorse ore Davide Casaleggio, con un post su Facebook, ha specificato che la scelta di vietare l’accredito a Iacoboni è dovuta ad alcuni articoli scritti sulle condizioni di salute del padre pochi giorni prima che morisse.
Nuzzi, parlando al Foglio, torna sullo scambio di battute avuto con il direttore del TgLa7 Enrico Mentana dal palco di Ivrea. “Mi stavo organizzando nel retropalco per l’incontro pubblico. In una situazione in cui dovevo gestire decine di cose, quando a un certo punto ho saputo che una persona si era intrufolata in sala con un badge taroccato, un accredito fasullo. Così, quando Mentana ha citato il fatto, io ho ripetuto quello che sapevo, che credevo di sapere, davanti a tutti. Perchè obbiettivamente entrare con un badge falso non è il massimo della vita, specialmente perchè lì i posti sono pochi, appena mille”.
Quindi aggiunge: “Io mi ero fermato alla questione formale. Ho sbagliato. Ma bisogna tenere conto del contesto. Su mille persone in sala, io mi ero battuto per avere il maggior numero di giornalisti possibile: cinquanta. Ma questo ormai non ha nessuna importanza. Perchè domenica sera ho capito quello che era successo veramente. Anzi ho avuto la certezza che il giornalista era stato escluso perchè sgradito al presidente dell’associazione. Una cosa inaccettabile“.
Per quanto riguarda il rapporto tra giornalisti e Movimento, Nuzzi continua: “I giornalisti hanno il diritto di essere critici, persino faziosi. Davide però ha un atteggiamento diverso. Lui dice: ‘Questo signore ha infangato mio padre, e io non lo faccio entrare in una giornata dedicata alla sua memoria’. Personalmente non sono affatto d’accordo, nemmeno con questo ragionamento. Spesso con Davide abbiamo posizioni diverse. D’altra parte avevo discussioni accese anche con Gianroberto”.
Infine, a chi lo accusa di conflitto d’interessi essendo sua moglie responsabile dell’agenzia VisVerbi che ha gestito i rapporti con la stampa a Ivrea, Nuzzi replica: “Mia moglie fa l’imprenditrice, fa il suo mestiere. Mentre io sono un volontario dell’associazione Casaleggio, che ho aiutato a crescere da privato cittadino. Mia moglie ha organizzato l’ufficio stampa. Certo. Ma tra le due cose non c’è rapporto. Quello del conflitto d’interessi è un pensiero malizioso, e non veritiero, che faccio persino fatica a percorrerlo. Cosa c’entra? Valentina organizza rassegne culturali per qualsiasi tipo di committente”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 10th, 2018 Riccardo Fucile
“IN BRASILE COLPO DI STATO” … IL GARANTE M5S HA RISCOPERTO LA BATTAGLIA PER GLI ULTIMI MENTRE IN ITALIA IL SUO “GRANDE STATISTA” CORTEGGIA LE LOBBY E I RAZZISTI
“Che differenza c’è tra quello che è accaduto e un colpo di Stato?”. Beppe Grillo si schiera accanto a Luiz Inà cio Lula da Silva, che dal suo blog definisce “simbolo di speranza, coraggio e onestà , arrestato per non aver commesso alcun reato”.
“‘Lula vale a lutà , ancor di più gridiamolo adesso: ‘Lula vale la pena combattere’, come dimostrazione di solidarietà nei riguardi di questo grandissimo uomo, dallo sguardo buono, le mani forti da metalmeccanico, e il cuore di chi si è battuto sempre per i più deboli; fortemente amato dal suo popolo e per questo fortemente ostacolato dalle lobby di potere, vittima di una persecuzione politica alla luce del giorno”, è la dichiarazione di solidarietà che arriva dal garante M5s.
“Il giudice Moro ne richiesto l’arresto, con condanna per corruzione, per ostacolare – accusa Grillo – la corsa di Lula alle prossime elezioni presidenziali che si terranno in Brasile ad ottobre, e che avrebbero dato una speranza nella lotta alle disuguaglianze per il popolo brasiliano. Lula rappresenta quella enorme parte della popolazione povera che non ha voce, nè diritti, nè visibilità , in conflitto perenne con i poteri forti”.
“Un solo grido si sta sprigionando per le strade delle città del Brasile. Un grido potente, liberatorio, che chiede giustizia, che accompagna i canti, le lacrime, le voci all’unisono di un popolo che ripete ininterrottamente ‘Lula presidente guerriero del popolo'”, sono sempre le parole di Grillo.
“Durante il decennio del suo mandato – dice ancora il cofondatore M5s – il Brasile è divenuto un’economia solida, grazie alle sue riforme progressiste, tanto amate dagli strati più bassi della popolazione e tanto contestate dai conservatori. Programmi di sussidi pubblici come la ‘Borsa famiglia’, il progetto ‘Fame zero’, hanno permesso a milioni di brasiliani di uscire dall’indigenza; la sua politica ha promosso l’istruzione obbligatoria e sostenuto la formazione di una cospicua classe media, in un paese da sempre protagonista di disuguaglianze sociali”.
A Michel Temer, attuale presidente del Brasile, Grillo rimprovera invece di aver “cancellato l’80% del progetti sociali voluti da Lula, privatizzando ogni cosa possibile, fino al Prè-sal, uno dei più grandi giacimenti di petrolio e gas naturale nell’oceano atlantico, un vero e proprio tesoro per il Brasile”.
(da agenzie)
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Aprile 10th, 2018 Riccardo Fucile
L’IMPRENDITORE ALBERTO FORCHIELLI: “GIA’ FAR NIENTE E’ MEGLIO CHE FARE DANNI, I PARTITI RIFLETTONO LO STATO DEMENZIALE DI QUESTO PAESE”
“Come andrebbe utlizzato questo tempo di non governo? Già non far niente è meglio che fare danni, perchè qualunque governo, con le promesse elettorali che sono state fatte, farebbe soltanto danni”.
Così a Omnibus (La7) Alberto Forchielli, fondatore di Mandarin Capital Partners, commenta lo stallo del Parlamento in attesa del nuovo governo.
E critica con toni caustici le speranze elargite dai partiti nell’ultima campagna elettorale: “Le riforme che sono necessarie nessuno ha il coraggio di farle e le promesse fatte alle elezioni vanno in senso opposto a quello di cui realmente il Paese ha bisogno. Sono tutte proposte di spesa, non c’è nulla per il futuro vero. Gli italiani vogliono sentirsi dire che non bisogna fare sacrifici e che si possono prendere più soldi a debito”.
Forchielli, autore di un libro destinato ai giovani, “Muovete il culo!”, rincara: “Le promesse elettorali ricalcano quello che gli italiani vogliono sentirsi dire. E invece il Paese avrebbe bisogno di mandare a casa un sacco di gente inutile nel settore pubblico, di bloccare le pensioni, di investire sull’istruzione e sull’università , di snellire la burocrazia. Ma nessuno ne ha parlato in campagna elettorale”.
“Quindi, il problema non è solo la classe politica, ma è rappresentato anche dagli italiani?”, chiede la conduttrice Gaia Tortora.
“Lo sappiamo tutti” — risponde l’imprenditore — “Più della metà degli italiani è costituito da analfabeti funzionali. Siamo il Paese più ignorante d’Europa. E’ chiaro che le istituzioni e i partiti riflettano lo stato demenziale di questo Paese. Ad esempio, sui social io ho follower provenienti dall’estero e dall’Italia. Ormai c’è un gap incolmabile tra gli utenti, anche italiani, residenti all’estero e quelli che sono in Italia. E’ una roba tipo Nord Corea e Sud Corea”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 10th, 2018 Riccardo Fucile
“NON MI VOGLIO ARRENDERE, MA BISOGNA GARANTIRE LA SICUREZZA”… “LE PERSONE PERBENE DEVONO SAPERE CHE SUCCEDE”
«Il calcio tira fuori il peggio delle persone: ho letto di genitori che insultano i ragazzini della squadra avversaria. Io sono straniero e faccio l’arbitro. Ho diciotto anni, vado sui campi da uno e mi è successo di peggio: mi hanno urlato “albanese di merda”, mi hanno minacciato, mi hanno rincorso fin negli spogliatoi. Io ero chiuso dentro e sentivo i calci e i pugni contro la porta. Domenica ho espulso un giocatore, un suo compagno mi ha tirato un pugno nello stomaco. Altri insulti, altre minacce, altro razzismo: ho pensato che non era giusto stare zitto, che era il momento di parlare. Sono in Italia da quando avevo sette anni, ho giocato a pallone per un po’: prima in porta, poi in attacco. Mai avuto problemi, ma adesso sta cambiando tutto. Nelle categorie giovanili sono molti gli arbitri stranieri, a volte ci sentiamo. Io sono bianco, vi lascio immaginare che cosa si sentono dire i miei colleghi che vengono dall’Africa».
Seldi Coku è un ragazzo albanese di origine greca. Vive a Cuneo, studia odontotecnica a Mondovì.
È albanese e fa l’arbitro: per questo lo insultano, lo minacciano, ora lo hanno pure picchiato. «Mi sono detto che dovevo fare qualcosa».
La sua reazione è stata un post sulla pagina Facebook della «Stampa»: «Sono stato in questura, ho fatto delle denunce – ha scritto – Ma le persone perbene devono sapere quello che succede: così, magari, le cose potrebbero cambiare».
Seldi ha preso il tesserino da arbitro il 1° aprile dell’anno scorso. Era partito bene. «Ho diretto anche un paio di partite importanti per la classifica: non ho fatto errori, nessuno mi ha criticato. Certo, qualche parolaccia mi è arrivata, ma sono cose che fanno parte del gioco. Non sono cose che fanno paura. Poi c’è stata la partita a Madonna dell’Olmo».
Madonna dell’Olmo è una frazione di Cuneo, nel Settecento ci fu una battaglia dove i francesi e gli spagnoli sconfissero i Savoia.
La battaglia, il 2 febbraio scorso, si è scatenata su un campetto di periferia. Madonna dell’Olmo-Area Calcio, categoria giovanissimi. In campo ragazzini di quindici anni, due di loro si azzuffano, Seldi tira fuori il cartellino rosso.
«Un attimo dopo sono entrate in campo due persone: sono stato insultato e minacciato. Hanno detto che mi aspettavano fuori. Ho sospeso la partita, ho telefonato al presidente della mia sezione arbitri per sapere che cosa fare. Lui mi ha detto di chiamare la polizia, e io l’ho fatto. All’arrivo degli agenti è tornata la tranquillità . Poi è ricominciato tutto. Allora mi sono chiuso a chiave negli spogliatoi. Sono rimasto lì fino a quando un dirigente della sezione è venuto a portarmi via in macchina. A casa mi hanno consigliato di smettere. Chi te lo fa fare, dicevano. Ma a me arbitrare piace. Ho chiesto un turno di riposo, per riprendermi. Gentilmente me lo hanno concesso. Poi ho ricominciato: una partita giovanile in un paese tra Cuneo e Mondovì. Qualche incomprensione in campo, proteste. Poi un paio di fischi che non sono piaciuti ai sostenitori locali e tutto è ricominciato. Tu sei l’albanese di Madonna dell’Olmo, urlavano. I dirigenti locali mi hanno supportato, ho ricevuto solidarietà da parte di alcuni genitori e dirigenti di società . La solidarietà è bella, fa bene, ma ci vorrebbe anche un po’ di sicurezza. Quella volta sono di nuovo tornato a casa pieno di paura. Ho preso un periodo di congedo, ma alla fine la passione ha avuto la meglio, e domenica scorsa sono tornato. Mi aspettavano dall’inizio: tu sei l’albanese, sei quello di Madonna dell’Olmo. Ho dovuto espellere un giocatore, mi hanno dato un pugno. Ho di nuovo sospeso la gara, di nuovo mi sono chiuso nello spogliatoio. Qualcuno ha bussato alla porta chiedendomi il referto di gara, ho risposto di no, non ho aperto, non mi sono fidato. Dopo un’ora e mezzo se n’erano andati tutti e sono riuscito ad andare via. Ma ancora una volta sono stato in pericolo. Ancora una volta mi hanno insultato e minacciato perchè sono straniero. Sono albanese, ma vivo qui da quando ero piccolo. Non voglio avere paura di arbitrare».
(da “La Stampa”)
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Aprile 10th, 2018 Riccardo Fucile
DISSE ALL’ARBITRO: “NON ANNULLI IL GOL CHE MI HANNO APPENA SEGNATO: E’ VALIDO”… IN UN PAESE DOVE FANNO NOTIZIA SOLO BALLISTI E DISONESTI UN’ECCEZIONE CONFORTA
Il capo della squadra mobile che ha salvato una persona appesa ad una finestra in un intervento da film. Un assistente capo che tira fuori gli occupanti da un’auto finita da una scarpata.
E via così: sono i riconoscimenti e gli attestati di merito assegnati ieri agli uomini della questura di Vercelli durante la cerimonia per il 166° anniversario della fondazione della polizia di Stato. Finita la lista degli eroi in divisa, ecco la sorpresa.
C’è ancora qualcuno da premiare: è Gianluca Crittino, 8 anni. Fa il portiere per il Borgovercelli.
Oltre alla maglia del Napoli, sua squadra del cuore, si è guadagnato scena ed applausi per un episodio di fair play che nel calcio che conta si farebbe fatica a vedere.
Una storia raccontata a febbraio da La Stampa che ha molto colpito i funzionari della questura.
Durante una partita del «Memorial Ugo Ferrante» contro il Bianzè (in campo piccoli calciatori classe 2009-10), subisce un gol che per l’arbitro è irregolare.
Ma lui ci ha visto bene e confessa: «No, è valido. È gol».
Non si può tirare direttamente in porta dalla rimessa laterale, ma lui spiega all’arbitro: «L’ho toccata io la palla, il gol lo deve proprio assegnare».
Il direttore di gara lo ringrazia dandogli la mano: la gara finisce 1 a 1, Gianluca in campo ha pareggiato, ma ha comunque vinto su tutta la linea.
Ieri alla festa della polizia ha ricevuto gli applausi che meritava, incarnando perfettamente i valori di cui i grandi avevano parlato fino a poco prima.
A premiarlo con la maglia del Napoli è il stato questore Rosanna Lavezzaro, che poco prima aveva tenuto il discorso ufficiale.
(da “La Stampa”)
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