Aprile 7th, 2018 Riccardo Fucile
LA PARANOIA DEI GRILLINI SUL CONTROLLO DELLA COMUNICAZIONE
Non male per un partito che si dice pronto a governare e vanta di voler parlare con tutti. Tutti si, ma proprio tutti tutti no, si direbbe.
Jacopo Iacoboni, brillante giornalista de La Stampa, fin da giovanissimo una firma del suo giornale grazie a una penna molto appuntita, con cui scrive cose non gradite a molti potenti, oggi si è guadagnato anche il titolo ufficiale di “sgradito” ai Cinquestelle.
Presentatosi alla riunione della associazione Casaleggio a Ivrea gli è stato negato l’ingresso, sulla base, secondo quanto detto dal Servizio d’Ordine, di “ordine ricevuto”.
Poi è cominciata la solita spiega: che Iacoboni non aveva l’accredito, che ha scritto cose da “sciacallo” su Gianroberto Casaleggio, che la responsabilità comunque non è dei 5Stelle, ma della organizzazione dell’evento, etc.
Ma, la decisione non è stata alterata, anche a fronte di interventi, come quello di Carelli, di giornalisti appena eletti in Parlamento con i Pentastellati.
Insomma, Iacoboni è rimasto fuori.
Per un movimento che, per accreditarsi al suo ruolo di governo, far risaltare la sua natura di forza affidabile e competente, ha incontrato tutti, prima delle elezioni (esclusi forse, ma solo perchè non li hanno trovati, i Saggi di Sion e gli Illuminati) è una decisione che porta soprattutto il segno di un grande nervosismo.
Il desiderio di controllo del proprio rapporto con l’esterno, quell’anima cospiratoria che vede nel mondo una minaccia continua ai 5Stelle, si è rifatta viva.
E la comunicazione, che è sempre stato il principale terreno operativo del lavoro politico di questa organizzazione, è il settore in cui più si nota il cambio di toni.
Il rapporto con l’esterno si è fatto di nuovo estremamente cauto, le uscite del leader accuratamente coreografate, i permessi di parlare decisi in maniera totalmente centralizzata, voci dissonanti messe da parte, scelte di uscite sui media funzionali solo al “messaggio”, con un occhio a parlare ai vari settori che devono rafforzare la costruzione di questo “messaggio” — al Pd o alla Lega, o a Forza Italia – più che al pubblico in senso ampio.
Insomma, assistiamo al riesplodere fra I Pentastellati di una nuova ondata di paranoia sul controllo mediatico.
La spiegazione non è difficile: in questa fase hanno bisogno di dipanare il racconto, vero e falso, che serve a loro per stare in questa trattativa per il futuro governo.
Ma se ne hanno tanto bisogno è proprio perchè in questa trattativa non hanno forza – hanno la spocchia di chi ha il 33 per cento ma anche la mancanza di proposte tali da poter ottenere da altre forze politiche il consenso che gli serve per fare il governo. Giocano così di parole, storytelling, e, non ultimo, il divieto a un giornalista critico. Pur di coprire che stanno in un angolo.
Ma è davvero questa la comunicazione che serve loro, anche in questa difficile fase? E sono buoni I risultati che stanno ottenendo?
La risposta è chiaramente no a entrambe le domande.
La furbizia in comunicazione si sgama subito : se ne capisce subito la strumentalità , si vedono le aperture farlocche, le frasi ad effetto ma vuote. Non c’è niente che odori di più di falso.
D’accordo: tutti i leader politici, in particolare negli ultimi venti anni, hanno coltivato la illusione che controllando la comunicazione si controlla la politica – da Clinton a Blair, da Berlusconi, a D’Alema, ma anche a Le Pen, Salvini, e Trump più di tutti; fino a, più recentemente, Matteo Renzi.
Del controllo della comunicazione come Graal della politica si nutre, del resto, anche la manipolazione su internet, e di Internet, che sta aprendo una grave ferita nell’intera società .
Ma il bilancio finale che deriva da tutti gli esempi citati, rimane quello di un grande fallimento: in politica vincono proposte e programmi, il resto sono chiacchiere e vengono svelate prima o poi come tali.
Invece di aggiungersi buonultimi al Monopoli di chi più controlla il mondo, i Cinque Stelle farebbero meglio a proseguire le loro dichiarazioni di “vero cambiamento” e rendersi sempre più disponibili alla totale trasparenza.
Il trattamento riservato, dai media prima e dalla pubblica opinione dopo, ai leader citati poco sopra dovrebbe, se non altro, convincerli, che la strada alternativa, nel breve tempo e nel lungo, non va sicuramente da nessuna parte.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 7th, 2018 Riccardo Fucile
UNA STUDENTESSA UNIVERSITARIA HA RACCONTATO I MOMENTI DI TERRORE VISSUTI ALLA FERMATA DI PORTA GARIBALDI E HA RINGRAZIATO I TANTI CHE L’HANNO AIUTATA
Una mattinata di un venerdì come tanti altri, alla stazione della metropolitana di Porta Garibaldi a Milano. Houda ha 22 anni, è marocchina, vive da 17 anni in un paesino in provincia di Varese.
E’ una di quel milione di giovani italiani di seconda generazione che lo scorso 4 marzo non hanno potuto votare, perchè senza cittadinanza
Come ogni giorno ha preso il treno che da Travedona Monate arriva a Porta Garibaldi ed è scesa ad attendere la Metro 2 per andare in università , alla Statale, dove studia giurisprudenza. Ha lezione alle 8 e 30. Rischia di arrivare in ritardo, sono le 8 e 17.
E’ questione di un attimo: il treno sta arrivando, Houda si sente spingere. Sbatte contro la porta del convoglio, ancora in movimento. Si riprende, si guarda in giro, vede l’uomo che l’ha aggredita. E che additandola continua a minacciarla..
Il racconto di Houda, postato sulla sua pagina Facebook, comincia qui: ed è il racconto della paura che inizialmente la immobilizza, dell’odio cieco che muove il suo assalitore nei confronti del colore della sua pelle e di quel suo velo rosa confetto, ma anche e sopratutto della solidarietà della gente che la circonda e la protegge su quel treno.
Il suo racconto
6 Aprile 2018, ore 8.17 metro linea 2, fermata di Milano Porta Garibaldi, interconnessione con metropolitana numero 5, e con treni S3, S4, S5, treno diretto ad Abbiate Grasso, ferma in tutte le stazioni
Ore 8.17, sono agitata, stanca e nervosa, svegliarsi alle 6 del mattino per andare in università , passare più di un’ora in un treno affollato, in ritardo. Ho lezione alle 8.30, accelero i passi, cerco di salire sul primo convoglio che passa per arrivare in tempo. Odio arrivare in ritardo. Ore 8.17, qualcuno mi spinge, mi si gela il sangue nelle vene, mentre temo di finire contro il treno in movimento, riprendendo l’equilibrio mi giro a guardare chi abbia potuto fare questo, un uomo mi osserva con uno sguardo di folle lucidità , mi addita, e comincia a inveire contro di me. Tremo di terrore, non so cosa fare, il panico sale inaspettato e io che sono sempre forte, sempre sicura di me stessa, io che so resistere alla tempesta mi trovo in un attimo travolta da essa. Fai qualcosa, fai qualcosa mi ripetevo incessantemente, senza riuscire a muovere un muscolo. Fai qualcosa, mentre sentivo le ossa gelare e paralizzarsi, un dolore salire dal profondo e infiammare tutti i miei capillari.
Ore 8.17, cerco di non piangere, cerco di coprirmi le orecchie, di confondermi con la massa, mentre mi investe la bufera. Ore 8.17, fisso il vuoto cercando di allontanarmi dall’uomo, che non si ferma un attimo, continua a urlare, alzare le mani, mentre frasi sconnesse continuano a fuoriuscire dalla sua bocca, mi intima di tornare a casa, mi accusa di essere un’assassina, mi accusa di violenza, mi minaccia, cerca di raggiungermi mentre mi faccio più piccola pur essendo appariscente nel mio metro e settanta.
Ore 8.17 sento un nodo alla gola formarsi e stringere sempre di più, io che parlo sempre senza freno, non ho più la capacità di esprimere nessun verso, investita da quella violenza inaudita, da quella rabbia cieca. Ore 8.17 cerco di essere razionale, non mi succederà niente, sono circondata da persone, se mi allontano piano dalla porta della metro dove mi continua a spingere, se mi posiziono tra le altre persone, se mi faccio proteggere, se scompaio. Non riesco più a trattenermi, ma non gli darò la soddisfazione di vedermi piangere, lo so, in fondo al mio cuore, so che non cederò.
E così sorrido, gli sorrido, lo guardo negli occhi e sorrido. Il mio sorriso sembra scatenare la solidarietà delle persone che ho accanto, l’uomo davanti a me mi dice di ignorarlo, si sente in dovere di scusarsi, mi dice che anche noi italiani eravamo discriminati, che in America ci chiamano mafiosi, che la ruota gira per tutti.
Ma non voglio essere un raggio di questa ruota, lo ringrazio di cuore, gli stringo la mano, mentre le lacrime cominciano a scendere, calde sulle mie guance, deve scendere, si scusa ancora un’altra volta, e io perdo la mia barriera, l’uomo è davanti a me direttamente, senza nessuna protezione, avanza minacciosamente, il panico si impossessa del mio corpo, raggela tutte le mie vene, mi farà del male, le sue parole sono sempre più minacciose, dovete morire tutti, dice e sembra pronto ad attuare il suo piano. Piango, ormai e retrocedo, ferita nel profondo, una ferita che ormai sarà indelebile, inguaribile. Non riesco a rispondere, a contrattaccare, e questo mi fa ancora più male. Cerco sostegno, mentre cedo, retrocedo, torno indietro, senza meta. Un ragazzo mi tocca la spalla, penso sia involontario, lo guardo e mi dice di non mollare, mi dice di mettermi davanti a lui, una ragazza si alza, si avvicina a me, mi abbraccia, piango mentre la abbraccio, mentre mi incoraggia, si scusa anche lei e le dico che non lo deve fare, la ringrazio, li ringrazio, in un attimo, tutti mi sostengono, l’uomo si sente escluso da questa manifestazione di sostegno, sbraita ancora di più, ancora più forte, ma io non ho più paura, sorrido ormai, tra le lacrime, sorrido perchè sono a casa, sorrido perchè sono di nuovo me stessa, sono di nuovo nel mio paese, sono di nuovo tra la mia gente.
L’uomo scende, incollerito, scende avvolto dalla sua rabbia, mentre io sono avvolta solo dall’affetto di chi ha saputo aiutarmi nella mia confusione, chi ha saputo prendermi per mano, proteggermi, chi ha saputo accompagnarmi, abbracciarmi, chi ha voluto sacrificare il suo tempo per aiutarmi a conseguire giustizia, chi si è voluto scusare, pur non avendo alcuna colpa, chi mi ha ribadito, che non sono tutti così, anche se non ce n’era bisogno, anche se io lo so, anche se non è necessario ribadirlo
Perciò oggi scrivo, tremando, ma scrivo, e non scrivo per lamentarmi, non scrivo per polemizzare, non è un J’accuse quello che ho intenzione di fare, ma un ringraziamento. Perchè non sono una vittima e non cadrò nel vittimismo, non cederò all’odio e alla paura, perchè è questo che ci vogliono indurre a fare.
Oggi voglio ringraziare Vanessa, la ragazza che mi ha abbracciata, che mi ha aiutata a scendere dalla metro e mi voleva accompagnare a porre denuncia. Oggi ringrazio il ragazzo che si è messo tra me e l’uomo e a cui non ho chiesto il nome.
Oggi ringrazio Alessandra per essere venuta a prendermi alla fermata, per avermi abbracciata in mezzo al via vai incessante, incurante, per aver saputo fermare il tempo. Oggi ringrazio Edoardo, ringrazio Siria, Jlenia, Valeria, ringrazio tutte le persone che mi sono state a fianco e che mi hanno mostrato sostegno
Oggi sorrido ricordando che un uomo mi abbia voluto fare del male per aver indossato il velo rosa confetto, come piace tanto a Rossana, oggi sorrido anche se provo dolore, perchè i fiori migliori sono quelli per cui si sacrifica più energia, oggi continuo a germogliare perchè non vivo di rabbia, non mi nutro di rancore, oggi voglio dire a quell’uomo che lo perdono anche se mi ha fatto male, anche se ha aperto ferite inguaribili e ha minacciato la mia serenità e la mia quiete.
Oggi che ho scoperto quanto possa ferire la violenza verbale, spesso più di quella fisica, oggi che ho provato sulla mia pelle, ancora una volta, ma in maniera più grave, il frutto di chi semina odio e violenza, oggi che so che le parole, le mie alleate, possono colpire come pugnali e ferire come pallottole, più delle spinte, più degli sputi.
Oggi chiedo scusa a mia madre per averla chiamata in lacrime, oggi chiedo perdono a mia sorella Aya per le sue di lacrime, a mio padre per essersi sentito impotente non potendomi proteggere, oggi chiedo loro di non avere paura, di non avere paura perchè ci sarà sempre chi mi aiuterà , perchè oggi so che il bene ha vinto, ancora una volta sull’odio
E quindi, oggi so che finchè ci saranno più persone da ringraziare che da incolpare, più persone a cui essere riconoscenti che persone da accusare, oggi so che andrà tutto bene, oggi so di essere ancora a casa. “
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Aprile 7th, 2018 Riccardo Fucile
LA CERIMONIA PER LA DONNA NIGERIANA MORTA DOPO ESSERE STATA RESPINTA ALLA FRONTIERA FRANCESE
“Il dramma di Beauty ci rimanda a un mondo di valori fondamentali che non vanno dimenticati. Nel nostro mondo, che ci piace pensare civile e progredito, manca l’attenzione alla persona. Bisogna pensare prima alla persona che all’applicazione della legge. La legge non deve rendere schiavo, deve aiutare le persone nel cammino”, ha detto l’arcivescovo di Torino monsignor Cesare Nosiglia che nel santuario della Consolata ha officiato i funerali di Beauty, la donna nigeriana di 31 anni respinta al confine francese con il marito, gravemente ammalata e morta dopo aver dato alla luce il suo bambino.
In chiesa ci sono i rappresentanti della comunità nigeriana di Torino, i medici che si sono occupati della donna e del suo bambino in questi mesi e quelli che l’hanno soccorsa a Bardonecchia, l’assessora regionale Monica Cerutti e la sua collega in Comune Sonia Schellino.
Il marito di Beauty è in prima fila, circondato dai membri della comunità nigeriana. Ha chiesto una cerimonia raccolta senza la presenza di fotografi e telecamere e alla fine, fuori dalla chiesa, ha protestato per la loro presenza.
“Le parole sono ben poca cosa rispetto al dolore del marito – ha proseguito Nosiglia – Dalla morte di Beauty nasceranno frutti abbondanti per il suo bambino e tutti noi. La mancanza di una legge europea per 8 rifugiati rende ancora più drammatica la loro sorte. Ma la gara di solidarietà che ha risposto alle esigenze di questa famiglia da parte di tutti, città , ospedale, la diocesi è stata bellissima. Sono orgoglioso di questa città “. In chiesa risuona spesso la musica e i canti cristiani suonati dalla comunità africana che ha portato in chiesa gli strumenti.
“Sono orgoglioso dell’Italia che ha accolto questa famiglia e ha dato a Destiny un permesso di soggiorno. L’Europa non può essere solo una comunità economica ma deve essere una comunità di uomini. La Francia dovrebbe rivedere le sue regole di accoglienza”, ha commentato monsignor Cesare Nosiglia.
La storia di Beauty e Destiny aveva commosso l’Italia. La coppia aveva tentato l’ingresso in Francia a bordo di un bus ma era stata respinta perchè l’uomo, 33 anni nigeriano, non aveva i documenti. La donna aveva un permesso di soggiorno, forse avrebbe potuto passare, ma aveva scelto di restare con il marito.
Beauty era malata in fase terminale quando gli uomini della gendarmeria francese l’avevano fermata al confine e riportata alla stazione di Bardonecchia. Erano stati i volontari che operano nella saletta vicino alla stazione di Bardonecchia a soccorrerla e a chiamare un’ambulanza. Beauty era incinta e il suo bambino è nato il 15 marzo al Sant’Anna di Torino: i medici sono riusciti a salvare il figlio ma non la mamma: troppo gravi le sue condizioni. Per oltre un mese l’hanno tenuta in vita per permetterle di portare avanti la gravidanza
Israel, suo figlio, è ancora ricoverato nel reparto di neonatologia del Sant’Anna. Cresce e i medici sono ottimisti.
La mamma ora sarà sepolta nei loculi dell’Opera Pia Barolo.
(da agenzie)
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Aprile 7th, 2018 Riccardo Fucile
L’EX PRESIDENTE ANNUNCIA CHE SCONTERA’ LA CONDANNA A 12 ANNI E RIBADISCE LA SUA INNOCENZA
Luiz Inaà§io Lula da Silva si costituisce, sconterà in carcere la condanna a 12 anni inflittagli per corruzione.
Dopo giorni e giorni di incertezza e sfide in tribunale, l’ex presidente del Brasile lo annuncia davanti a migliaia di suoi sostenitori con un’arringa che dà la misura di quella che molti considerano una sua vittoria politica.
“Io non mi nascondo, non ho paura di loro. Rispetterò il loro mandato” d’arresto, afferma dopo aver partecipato a San Paolo a una messa in memoria di sua moglie, scomparsa l’anno scorso, portato in trionfo dalla folla.
Quindi ribadisce la sua innocenza e torna ad accusare la magistratura di aver mentito.
I giudici avevano stabilito che Lula dovesse costituirsi alla polizia federale di Curitiba entro le 17 ora locale di ieri, ma l’ex presidente è rimasto trincerato nella sede del sindacato dei metalmeccanici a San Paolo, “protetto” da centinaia di militanti, mentre i suoi legali negoziavano i termini dell’arresto.
(da agenzie)
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Aprile 7th, 2018 Riccardo Fucile
L’AUTISTA CHE POI SI E’ SUICIDATO E’ UN 49ENNE TEDESCO IN CURA
È di almeno 3 morti e cinquanta feriti il primo bilancio di quanto avvenuto nelle prime ore del pomeriggio nel centro di Muenster, in Germania, quando un furgone è piombato sulla folla nel centro della città .
I media tedeschi ricostruiscono la dinamica dell’attentato. Il furgone usato per l’attacco si sarebbe scagliato contro i tavoli all’aperto del ristorante Kiepenkerl, nel centro storico della città , travolgendo i clienti seduti.
Alla guida del furgone piombato sulla folla a Muenster ci sarebbe stato Jens R., un 49enne tedesco già noto per problemi psichici.
A riferirlo è la Sueddeutsche Zeitung, secondo la quale l’uomo già nel 2014 e nel 2016 si era fatto notare per instabilità psichica. Non ci sarebbero quindi indicazioni di una matrice terroristica, ha aggiunto il quotidiano tedesco.
(da agenzie)
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Aprile 7th, 2018 Riccardo Fucile
SUICIDA L’ATTENTATORE, SI PENSA A UN ATTO TERRORISTICO
Torna la paura terrorismo in Germania. Un furgone si è lanciato su alcuni passanti nella città di Mà¼nster, provocando almeno tre morti e circa trenta feriti, di cui sei in pericolo di vita.
Le autorità stanno trattando la situazione come un attacco terroristico.
L’attentato è avvenuto nei pressi della piazza Kiepenkerl, nella città vecchia.
Il mezzo usato per l’attacco si è scagliato contro i tavoli all’aperto del ristorante Kiepenkerl, nel centro storico della città , travolgendo i clienti seduti.
Tra le vittime c’è anche il guidatore – al momento si pensa che abbia agito da solo – che ha lanciato il veicolo contro la folla, che si è ucciso sparandosi alla testa. La polizia ha isolato la zona e invitato tutti a non avvicinarsi. Gli agenti hanno chiesto l’intervento degli artificieri perchè temono che a bordo del furgone ci siano esplosivi.
Nel dicembre 2016, un camion era piombato sulla folla in un mercatino di Natale di Berlino, uccidendo 12 persone tra cui una giovane italiana. L’attentatore, Anis Amri, fu poi ucciso dalla Polizia italiana a Sesto San Giovanni.
Fonti della Farnesina riferiscono che sono in corso le verifiche per accertare l’eventuale coinvolgimento di connazionali nell’attacco. Angela Merkel ha espresso il suo cordoglio per le vittime.
(da agenzie)
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Aprile 7th, 2018 Riccardo Fucile
“VOLEVATE FARMI SAPERE CHE SONO NEL MIRINO? NON C’ERA BISOGNO CHE VI SCOMODASTE, LO SAPEVO GIA’. SEMPRE A SCHIENA DRITTA”
Una busta con un proiettile indirizzata alla cronista di Repubblica Federica Angeli è stata recapitata alla redazione de “Il Fatto Quotidiano”.
Ne da’ notizia il sito web di ‘Repubblica’. La giornalista dal luglio 2013 vive sotto scorta per le sue inchieste sulla malavita di Ostia
La Squadra Mobile ha sequestrato il plico e ha avviato indagini assieme alla Digos. Federica Angeli è stata recentemente sentita come parte offesa nel processo contro Armando Spada, il boss che nel 2013 l’aveva minacciata di morte, e il 19 aprile è prevista la sua testimonianza al processo contro Carmine Spada e il nipote Ottavio, imputati di tentato duplice omicidio.
Il CdR di Repubblica ha espresso solidarietà alla giornalista: “Il Cdr e tutti i giornalisti di Repubblica sono al fianco di Federica Angeli e respingono con fermezza le intimidazioni all’indirizzo della nostra collega che da anni racconta con servizi e inchieste le violenze e le illegalità perpetrate dalla criminalità organizzata sul litorale romano. Chi pensa di fermare in questo modo il lavoro della nostra redazione, si sbaglia di grosso. Federica non è sola. Repubblica continuerà nel lavoro di cronaca e inchiesta giornalistica che svolgiamo ogni giorno nell’esclusivo interesse dei lettori”.
Angeli vive da alcuni anni sotto scorta per aver denunciato le infiltrazioni della criminalità organizzata a Ostia.
“Volevate farmi sentire che sono nel mirino? Lo sapevo già . Non c’era bisogno vi scomodaste — ha scritto la giornalista poco fa sul suo profilo Fb — Volevate rovinarmi la giornata e farmi tremare lo stomaco? Ok. Bravi. Ma domani passa. Stringo forte tutti voi amici miei. Mandarvi un sorriso ora sarebbe ipocrita. Ma vi invito al coraggio, anche oggi. Anche se ce la mettono tutta per farci passare la voglia di lottare. Noi siamo qui. A schiena dritta”.
(da agenzie)
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Aprile 7th, 2018 Riccardo Fucile
SI APRONO SPIRAGLI, MA IL PD CHIEDERA’ A DI MAIO UN PASSO INDIETRO
C’è un solo uomo che secondo i 5 Stelle potrebbe cambiare le sorti di questa legislatura e realizzare l’incastro impossibile.
Si chiama Paolo Gentiloni ed è il premier pro-tempore italiano.
È a lui che telefonata dopo telefonata, come in una difficile scalata in equilibrio vertiginoso su uno strapiombo, punta Luigi Di Maio.
Gentiloni «il garbato», il premier a cui è stato risparmiato lo tsunami di invettive e parolacce del M5S, sempre stimato da Di Maio. Non a caso, il grillino non lo ha citato, a DiMartedì su La7, tra gli apprezzati leader, ministri e capicorrente dem, come Dario Franceschini, Marco Minniti e Maurizio Martina.
Gentiloni è la carta segreta che Di Maio sente di avere in mano, confortato dalla regia quirinalizia di Sergio Mattarella.
Il capo politico sta cercando una sponda nel premier e lo sentirà in questi giorni, dopo che alcuni colloqui con i grillini sono già stati avviati per il Def.
«Con il Pd abbiamo intenzioni serie, anche con Matteo Renzi» fa sapere il leader M5S. A maggior ragione ora che Matteo Salvini ha compattato il centrodestra, come voleva Silvio Berlusconi, per salire uniti al Quirinale, sottrarre a Di Maio l’argomento della coalizione divisa e rispondergli con le sue stesse armi.
A doppio forno, doppio forno e mezzo. Di Maio apre al Pd? Salvini rinsalda il patto con Berlusconi.
Sul treno che lo porta da Roma a Ivrea, dove sarà in prima fila alla kermesse di Davide Casaleggio, Di Maio ha un sorriso che non camuffa la furia esplosa poco prima, dopo le dichiarazioni del leghista: «Deve scegliere tra il governo del cambiamento e Berlusconi — è la frase che lascia filtrare -. Con questa mossa ha messo se stesso e tutto il centrodestra all’angolo».
L’accelerazione delle trattative con il Pd è una logica conseguenza. Ma già dal mattino Di Maio si mette al telefono, e ai deputati ordina: «Ora facciamo sul serio con il Pd». Gli fanno notare che il reggente del partito, Martina, la sera prima non ha scritto una nota per annunciare che diserterà l’invito all’incontro con il grillino.
Per Di Maio è un segnale. Ma c’è di più. «I feedback dalle telefonate sono positive. Ci hanno detto che hanno bisogno di tempo».
Il redde rationem dovrebbe essere il 21 aprile, all’Assemblea nazionale del Pd. Il leader del M5S e i suoi uomini sentono tutti i capi corrente, anche attraverso i loro uomini, persino Renzi tramite Andrea Marcucci.
Franceschini, Orlando, Martina, Michele Emiliano: ognuno di loro ha lasciato aperto uno spiraglio. Franceschini sembra convinto che non ci sia alternativa: «Dobbiamo sederci al tavolo con i 5 Stelle» dice.
Orlando e Martina, pur chiudendo apparentemente a ogni intesa, lasciano intendere che qualcosa potrebbe muoversi solo se Di Maio dismetterà il doppio forno: «Solo se molla la Lega si può iniziare a ragionare. Non può trattarci allo stesso modo».
Non è un caso che sia il capogruppo in Senato, Danilo Toninelli, considerato dai dem il principale sponsor dei leghisti, a tendere una mano verso il Pd: «Mettiamoci intorno a un tavolo per il bene del Paese, e cerchiamo punti di convergenza». Tavolo. Dialogo. Convergenze.
I 5 Stelle hanno intuito: il Pd vuole uno scalpo, vuole la prova del divorzio con la Lega, come garanzia che non stiano usando i democratici per sfidare Salvini. Ugualmente forte è il sospetto che le varie anime del Pd stiano usando il corteggiamento grillino per isolare e neutralizzare Renzi, e chiudere la resa dei conti interna.
Intanto, per «far vedere che facciamo sul serio», il M5S è pronto a concedere la presidenza della commissione speciale della Camera (che si occuperà dei decreti del governo attuativi ancora in sospeso), martedì, al dem Francesco Boccia, il primo a chiedere un’alleanza esplicita con i 5 Stelle.
Boccia è uomo di punta della corrente di Emiliano, dove è forte la convinzione che Mattarella abbia in mano un nome come premier a cui nè il Pd nè il M5S potranno dire di no.
Il passo indietro di Di Maio è una condizione irrinunciabile per tutti i leader dem. È un’ipotesi anche questa ma lo è ancora, e più forte di tutte, quella delle larghe intese con il centrodestra.
Un esito complicato a cui Salvini sta lavorando, per costringere Di Maio a rinunciare ai suoi veti su Forza Italia, e portare gli uomini di Silvio Berlusconi, con o senza l’ex Cavaliere , al governo.
(da “Huffintonpost”)
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Aprile 7th, 2018 Riccardo Fucile
NELL’INTERVISTA A “REPUBBLICA” IL GRILLINO FA GENERICHE APERTURE AL PD
Forse è l’apertura di chi sente di stare su un crinale pericoloso, da qui alla possibilità di andare a Palazzo Chigi.
Anche forse per questo motivo che Luigi Di Maio sulle colonne di Repubblica fa una grande apertura, simbolica al Partito Democratico. Il Pd non gli piace, stando a tutto quello che ha sempre detto, ma gli serve:
“Io non sto rinnegando le nostre idee nè le critiche che in più momenti abbiamo espresso anche aspramente nei confronti del Pd, e che anche il Pd non ci ha risparmiato – dice Di Maio -.Credo però che ora il senso di responsabilità ci obblighi tutti nessuno escluso, a sotterrare l’ascia di guerra”.
L’apertura è al Pd nel giorno in cui il centrodestra si ricompatta, apparentemente, e Salvini ha invitato Berlusconi e la Meloni ad andare insieme al secondo giro di consultazioni al Colle.
Il secondo forno a cui guardava Di Maio sembra spegnersi e dunque tenta di nuovo ad essere più convincente con il primo, il Pd.
“Io non ho mai posto veti o parlato di Pd derenzizzato – prosegue Di Maio – come qualcuno ha scritto. Quello che abbiamo sempre contestato è la line adi totale chiusura del Pd all’indomani delle elezioni. Mi interessa mettere al centro le risposte più urgenti alle grandi emergenze del Paese”.
E giù l’elenco: lotta alla povertà e alla corruzione, il lavoro, le pensioni, un fisco più leggero e una pubblica amministrazione che agevola e non ostacola i cittadini e le imprese. E poi sostegno alle famiglie e naturalmente lotta agli sprechi e ai privilegi della politica.
Insomma, Di Maio chiede al Pd di dimenticare tutto o quasi quanto detto in campagna elettorale, teme il voto subito o quanto meno non lo auspica. Fa sapere di aver sentito Martina e non pone come fondamentale il reddito di cittadinanza, ma parla di generica lotta alla povertà . Anche se sulla presidenza del Consiglio a lui mette le mani avanti.
“C’è un candidato premier che pende 11 milioni di voti e la prima cosa che si chiede è che si faccia da parte?
(da “Huffingtonpost“)
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