Settembre 3rd, 2018 Riccardo Fucile
L’ALLARME DELL’UNHCR: “ORA UN MIGRANTE SU 18 MUORE AFFOGATO, UN ANNO FA SOLO UNO SU 42″… SARANNO CONTENTI I GOVERNI DEGLI AFFOGATORI
I viaggi della speranza dei migranti attraverso il Mediterraneo sono in diminuzione, ma sono
anche più rischiosi.
A sostenerlo è l’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, nel report ‘Viaggi disperati’. Secondo lo studio, se il numero assoluto di morti nel Mediterraneo è calato rispetto allo scorso anno, è invece aumentata l’incidenza percentuale delle vittime.
Lo scorso anno le persone che hanno perso la vita mentre tentavano la traversata sono state 2.276 (1 ogni 42 arrivi).
Quest’anno si contano 1.095 vittime, una ogni 18 approdi sulle coste europee.
A giugno si è registrato il picco: un morto ogni 7 arrivi.
Le autorità libiche hanno intercettato o salvato 18.400 persone tra agosto dell’anno scorso e luglio di quest’anno, segnando un aumento del 38% rispetto allo stesso periodo del 2016 e 2017.
Chi viene riportato in Libia, sottolinea Unhcr, viene spesso rinchiuso in centri di detenzione sovraffollati e in condizioni precarie, dove la possibilità di perdere la vita è elevatissima.
(da agenzie)
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Settembre 3rd, 2018 Riccardo Fucile
LO STUDIO DELL’ISPI SU DATI DEL VIMINALE: AUMENTANO I “CLANDESTINI” GRAZIE ALLA POLITICA DI SALVINI E ALLA STRETTA SULLE DOMANDE DI ASILO… APPENA 1350 I RIMPATRI, SALVINI PEGGIO DI MINNITI (411 RIMPATRI IN MENO NEI PRIMI OTTO MESI DELL’ANNO)
12.450 clandestini in più in tre mesi. E’ l’effetto della politica del governo gialloverde e del ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Dopo tre mesi la stretta sull’immigrazione comincia a farsi sentire e l’effetto pratico rischia di trasformarsi in un boomerang.
Da giugno ad agosto il Viminale si sta trasformando in una macchina “sforna clandestini”.
Lo scrive Repubblica citando uno studio dell’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale. I numeri, elaborati dall’Ispi su dati del Viminale, rivelano infatti che la politica di Salvini ha già prodotto 12.450 nuovi irregolari
Inevitabile, scrive il quotidiano, quando all’aumento dei dinieghi di protezione non corrisponde un analogo aumento dei rimpatri effettivi, solo 1.350, in calo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno quando erano stati 1761.
Inoltre ad ingrossare le fila dei nuovi irregolari sta per arrivare un consistente numero di persone a cui non verrà rinnovata la protezione umanitaria secondo le nuove indicazione fornite da una circolare del ministro dell’Interno
Repubblica racconta come Salvini si era subito lamentato perchè i primi numeri non avevano assecondato i suoi desiderata, ma a luglio le commissioni che esaminano le richieste di asilo dei migranti sono state più solerti e la percentuale dei permessi per protezione umanitaria è scesa dal 28 al 22%.
“Se, incrociando questi tre elementi (rimpatri effettivi, dinieghi di protezione e revoca di protezione umanitaria), il trend dovesse essere confermato, la stima dell’Ispi è che in due anni il numero dei migranti irregolari passerebbe dai 490mila del 2017 a 550mila nel 2019”
“La stretta anti-immigrati di Salvini, scrive Repubblica, avrebbe come effetto paradossale di creare 60mila nuovi irregolari in due anni, per intenderci migranti che (non essendo fisicamente riportati indietro e non avendo alcun diritto a forme di accoglienza) andrebbero ad aggiungersi a quanti sono costretti a vivere ai margini delle città , in condizioni sociosanitarie non dignitose e che, come confermano gli ultimi dati disponibili, finiscono con il commettere reati 20 volte di più dei migranti regolari. Insomma, tutto quello che spaventa quel pezzo d’Italia (ben il 73% secondo l’istituto Cattaneo) che ha una percezione distorta del fenomeno immigrazione, ritenendo che nel nostro Paese ve ne siano quattro volte di più”.
(da agenzie)
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Settembre 3rd, 2018 Riccardo Fucile
IL LEGHISTA E’ “VITTIMA DI MAGISTRATI POLITICIZZATI”, MA QUANDO ERA CON FINI LA PENSAVA DIVERSAMENTE
Ve la ricordate Giulia Bongiorno, che da deputata finiana in commissione Giustizia fece vedere i
sorci verdi a Berlusconi mentre difendeva a spada tratta la magistratura dagli attacchi dei forzitalioti?
Bene, state attenti a non scambiarla con Giulia Bongiorno ministro della Pubblica Amministrazione e neosenatrice della Lega, che oggi a Libero ha spiegato come un complotto dei magistrati abbia consentito di far finire il povero Matteo Salvini sotto indagine:
Ministro,lei in cerca di legalità diventa leghista e Salvini rischia trent’anni per non aver fatto sbarcare per giorni 150 profughi. Torni avvocato: accetta la difesa?
«Invito tutti a esaminare la cronologia degli eventi,metodo che uso in ogni processo. Non ho apprezzato che prima dell’inizio dell’indagine uscisse un comunicato da parte di una corrente della magistratura nel quale si lanciava un invito irrituale a farsi sentire rispetto al caso della nave Diciotti. Quasi in sequenza è stata avviata l’indagine».
Ovviamente Bongiorno dovrebbe sapere che correlazione non è causazione, ma ancor più stupefacente delle sue connessioni spurie è la nuova vita della ministra, che stupisce anche l’autore dell’intervista Pietro Senaldi:
Ma cosa fa, mi attacca i giudici per difendere il suo ministro?
«Da presidente della Commissione Giustizia in Parlamento ho sempre difeso l’indipendenza dei magistrati, che è una garanzia per tutti i cittadini, e continuo a farlo ribadendo che la politica non deve interferire con la magistratura. Ma aggiungo con altrettanta convinzione che non devono esserci interferenze di gruppi di magistrati su scelte giurisdizionali che spettano a chi deve occuparsi del singolo caso».
Meglio stendere un velo pietoso.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 3rd, 2018 Riccardo Fucile
L’ITALIA INVECE VERSA 4,4 MILIARDI IN PIU’… SALVINI PORTI QUALCHE PROFUGO IN UNGHERIA DAL SUO COMPAGNO DI MERENDE
La Corte dei Conti smentisce sia Di Maio sia Oettinger: entrambi danno dati inesatti. Nel contempo la Lega dovrebbe riflettere su due dati precisi.
Nel 2016 l’Ungheria ha ricevuto dalla UE più di quanto ha versato: 3,46 miliardi. Al contrario l’Italia ha versato al bilancio UE più di quanto ha ricevuto: 4,39 miliardi.
Se noi non versassimo la nostra quota annuale al bilancio UE, simbolicamente (poichè il danno sarebbe per tutti gli Stati Membri) sarebbe a rischio proprio il contributo UE all’Ungheria.
Il ministro degli Interni Matteo Salvini, incontrando il premier ungherese Orban nella prefettura di Milano, gli avrà ricordato che l’Ungheria riceve 3,46 miliardi anche grazie ai soldi italiani?
Veniamo ora alle inesattezze di Oettinger e Di Maio.
Secondo il Commissario Europeo al Bilancio Oettinger “Roma non versa affatto 20 miliardi l’anno, ma 3 netti”.
Il Vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio minaccia di non contribuire al bilancio UE con le seguenti parole: “noi siamo pronti a tagliare i fondi che diamo all’Ue. Vogliono 20 miliardi dei cittadini italiani? Dimostrino di meritarseli..”.
Il riferimento era ovviamente alla ricollocazione e accoglienza dei migranti, quei migranti che il premier ungherese Viktor Orban, alleato di Salvini, non vuole accogliere sul suo territorio venendo meno all’accordo di ricollocazione dei richiedenti asilo.
La sezione di controllo per gli affari comunitari e internazionali della Corte dei Conti nella sua relazione annuale 2017 approvata con deliberazione n.19/2017 è molto chiara.
In tabella 1 abbiamo i dati dell’anno 2016 di ognuno dei 28 Stati Membri UE: quanto ogni Stato ha versato al bilancio UE, quanto ha ricevuto dal bilancio UE, e il saldo, ovvero la differenza tra quanto ha versato e quanto ha ricevuto.
Nel 2016 l’Italia ha versato al bilancio UE 15,7 miliardi, 15,7 non 20 come sostiene Di Maio.
Sempre nel 2016 l’Italia ha ricevuto come accredito dal bilancio UE 11,32 miliardi. Sottraendo l’accredito di 11,32 miliardi al versamento di 15,7 miliardi si ottiene il contributo netto dell’Italia al bilancio UE: 4,39 miliardi di saldo negativo. 4,39 miliardi non 3 miliardi come sostiene Oettinger.
Analogamente nel 2016 l’Ungheria versa al bilancio UE 1,06 miliardi e riceve 4,53 miliardi: quindi ha un saldo positivo verso Bruxelles di 3,46 miliardi.
La Polonia nel 2016 ha versato a Bruxelles 4,14 miliardi e ha ricevuto 10,6 miliardi: ha un saldo positivo di 6,46 miliardi.
La Romania ha un saldo positivo di 5,8 miliardi nel 2016 poichè ha versato 1,53 miliardi e ha ricevuto 7,34 miliardi.
La repubblica Ceca nel 2016 ha un saldo positivo di 3,06 miliardi perchè ha versato 1,61 miliardi e ha ricevuto 4,67 miliardi.
Segue la Slovacchia con un saldo positivo di 1907 milioni. E la Bulgaria con un saldo positivo di 1880 milioni.
La Grecia ha un saldo positivo di 4,1 miliardi.
Ma oltre all’Italia chi paga?
La Germania, con un saldo negativo nel 2016 di 17,53 miliardi perchè ha versato al bilancio UE 27,39 miliardi ricevendo 9,86 miliardi.
La Francia, con un saldo negativo nel 2016 di 10,18 miliardi perchè ha versato 21,09 miliardi ricevendo 10,91 miliardi.
E l’uscente Regno Unito, con un saldo negativo nel 2016 di 9,07 miliardi poichè ha versato 15,99 miliardi ricevendo 6,91 miliardi.
In Tabella 2 abbiamo i dati del settennio 2010-2016 per ognuno dei 28 Stati Membri. Gli importi sono ancor più significativi: poichè l’Italia ha versato 113,1 miliardi e ha ricevuto 75,4 miliardi, sostanzialmente ha dato a Bruxelles 37,7 miliardi; poichè l’Ungheria ha versato 7,0 miliardi e ha ricevuto 35,7 miliardi sostanzialmente Bruxelles ha dato a Budapest 28,7 miliardi.
Come noi, nel settennio 2010-2016, poichè hanno dato a Bruxelles più di quanto ricevuto, i seguenti Stati hanno un saldo negativo: la Germania ha contribuito con 104 miliardi, la Francia con 57 miliardi, il Regno Unito con 66,8 miliardi.
Al contrario, nel 2010-2016, oltre all’Ungheria altri Stati hanno un saldo positivo poichè hanno ricevuto da Bruxelles più di quanto versato: la Polonia 71,5 miliardi, la Romania 23,9 miliardi, il Portogallo 20,4 miliardi, la Slovacchia 10,9 miliardi, la Grecia 31,8 miliardi, la Spagna 14,9 miliardi, la Repubblica Ceca 20,7 miliardi, la Bulgaria 10,2 miliardi.
Si pone una domanda. Perchè Francia e Germania continuano a volere la UE se costa loro tanti miliardi all’anno?
Perchè la convenienza per i francesi e i tedeschi è sulle vere questioni strategiche, non certo sul contributo dell’Italia al bilancio UE: per esempio, nel 2010-2014, gli strumenti Salva-Stati, salvando direttamente le banche spagnole e greche, hanno salvato i loro creditori, le banche francesi e tedesche.
L’Italia ha contributo agli strumenti Salva-Stati con 60 miliardi: malgrado le banche italiane fossero esposte verso le banche greche e spagnole un decimo dell’esposizione delle banche franco-tedesche, il contributo fu calcolato sulla base della nostra quota di contribuzione alla BCE e non sulla base della nostra esposizione ben più bassa.
Ma attenzione, gli strumenti Salva-Stati, non sono normati da Trattati Europei bensì da Trattati Internazionali cui aderiscono tutti gli Stati Membri UE tranne il Regno Unito.
Il più celebre strumento Salva-Stati è il MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità : esso è normato da un Trattato Internazionale, e non da un Trattato Europeo, perchè intelligentemente il Regno Unito mise il veto, e quindi il Trattato, senza l’unanimità dei 28 Stati Membri, non avrebbe potuto essere europeo. Sembra una sottigliezza ma non lo è.
Perchè? Semplicemente perchè quei 60 miliardi di contributo italiano agli strumenti Salva-Stati si aggiungono ai 37 miliardi di contributo italiano al bilancio UE prima analizzato. Per simili ragioni la UE conviene a Parigi e Berlino.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 3rd, 2018 Riccardo Fucile
IL RIFERIMENTO ALL’INDICE DI POVERTA’ RELATIVA INVECE CHE A QUELLO DI POVERTA’ ASSOLUTA CREA SPEREQUAZIONI
Nicola Rossi, docente di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata e presidente della
società di gestione risparmio Symphonia, sul Corriere Economia oggi spiega che il reddito di cittadinanza rischia di creare nuovi poveri.
Il ragionamento di Rossi parte dalla soglia di povertà relativa e dai 780 euro assicurati:
Ma perchè mai 780 euro? La risposta è semplice: 780 euro mensili (o 9.360 euro all’anno) corrispondono alla soglia di povertà indicata dall’Unione europea.
Ma – attenzione – quella di cui parla l’Unione europea è la cosiddetta «povertà relativa» e cioè la condizione in cui si trova chi ha un reddito inferiore al 60% del reddito «mediano» (e cioè 15.600 euro all’anno). Dove il reddito «mediano» non è altro che il reddito di quel cittadino che guadagna più del 50% dei cittadini meno abbienti e meno del 50% dei cittadini più benestanti.
Ora, anche dimenticandoci – per semplicità – dell’inflazione, il reddito «mediano» non è scritto nelle tavole della legge: al contrario, quando l’economia tira e tutti ne traggono un beneficio il reddito mediano tende a crescere. Viceversa quando le cose vanno meno bene.
Di conseguenza, se il reddito di cittadinanza viene fissato a 780 euro mensili non mancheranno, nelle fasi positive della congiuntura, deputati e senatori che avanzeranno interrogazioni (su Twitter), formuleranno interpellanze (su Facebook) intese a far si che ai destinatari del reddito di cittadinanza venga dato il «giusto» (e cioè il valore rivisto in aumento della soglia di povertà relativa).
Viceversa, se le cose andassero male, a qualcuno potrebbe anche saltare in mente di proporre l’adeguamento (al ribasso, questa volta) del reddito di cittadinanza. Insomma, per come è stato immaginato, il reddito di cittadinanza potrebbe finire per creare i problemi che abbiamo già sperimentato con il bonus da 80 euro di cui il ministro dell’Economia ha detto: «per come è stato costruito, … crea complicazioni infinite».
La soluzione che propone Rossi sta nel prendere come soglia quella di povertà assoluta, e cioè la spesa strettamente necessaria per acquisire un paniere di beni e servizi corrispondente ad uno standard di vita minimamente accettabile.
Anche la soglia di povertà assoluta – regolarmente calcolata dall’Istat – cambia nel tempo ma molto lentamente e certamente non è soggetta all’andamento ciclico dell’economia.
E, particolare cruciale, è differenziata per aree geografiche: è immediato capire che il reddito di cittadinanza darà ai poveri settentrionali meno di quanto avranno bisogno per condurre una esistenza minimale (circa 47 euro al mese in meno) e viceversa nel Mezzogiorno (circa 160 euro al mese in più).
Non ci vuole molto per capire che è sulla soglia di povertà assoluta che deve essere costruita una misura di contrasto alla povertà e non già sulla soglia di povertà relativa (e, per inciso, se lo si facesse si risparmierebbe non poco).
Visto che in questo caso non è necessario andare oltre la pagina di Wikipedia, è troppo chiedere ai nostri policy maker di informarsi al riguardo?
(da “NextQuotidiano“)
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Settembre 3rd, 2018 Riccardo Fucile
LO STUDIO DEL FMI: L’IMPATTO SULLE FAMIGLIE EQUIVALE A UNA PERDITA DEL 4% DEL PIL
Uno studio del Fondo Monetario Internazionale firmato da Daniel Garcia-Macia e pubblicato alla fine di agosto ci permette di stimare quanto sia costata finora alle famiglie italiane l’impennata dei rendimenti del debito pubblico e la conseguente riduzione di valore di Bot e BtP già in circolazione.
Lo studio, di cui oggi parla il Messaggero, prende in considerazione vari tipi di shock finanziari, da quello sui titoli di Stato alle crisi bancarie affrontate sia con interventi di bail in (perdite a carico dei risparmiatori) che di bail out (salvataggio da parte dello Stato).
Il risultato è che le turbolenze sul mercato del debito hanno portato finora ad una riduzione della ricchezza finanziaria delle famiglie pari a circa 50 miliardi.
Spiega l’FMI che un calo del valore dei titoli di Stato influisce direttamente sul settore finanziario e sulle famiglie; nello studio si considera lo shock equivalente a una diminuzione del 10% del valore del debito pubblico per effetto di un aumento della percezione del rischio-Paese o in generale dell’aumento dei tassi di interesse.
Questo equivale ad un incremento dei rendimenti di circa 220 punti base: nello studio viene esplicitamente notato come tale valore corrisponda a circa 1 volta e mezzo l’impennata che si è effettivamente verificata nella seconda metà di maggio.
Alla fine della settimana scorsa si è di fatto tornati a quei livelli, con il rendimento dei Btp decennali vicino al 3,3 per cento.
L’impatto sulle famiglie equivale a una perdita virtuale pari al 4% del PIL ovvero il 2% della ricchezza finanziaria netta posseduta.
In valore assoluto si tratta di 70 miliardi, ma essendo lo shock ipotizzato più alto di quello che si è effettivamente verificato, sono circa 50 i miliardi di costo totale.
Daniel Garcia-Macia mostra anche le conseguenze di una crisi bancaria e i relativi costi in caso di bail in o bail out.
Nella prima ipotesi l’effetto sarebbe abbastanza contenuto ed ancora a carico della parte più ricca delle famiglie: nella seconda invece l’intervento dello Stato salverebbe anche il settore estero ripercuotendosi poi attraverso tasse e tagli di spesa sulla generalità dei contribuenti italiani.
Intanto, ricorda oggi La Stampa, i BtP nella scorsa settimana, la prima di test post pausa estiva con scambi ancora sottili, hanno toccato i massimi da quattro anni.
Il decennale, con scadenza dicembre 2028, è volato fino al 3,25% di rendimento, il massimo dal maggio 2014.
Sul finire della settimana lo spread Btp/ Bund è risalito fino a 292 punti base, livello più alto dal maggio scorso, quando si era arrampicato fino a quota 324 sulle preoccupazioni per la crisi politico-istituzionale che ha preceduto la nascita del governo M5S-Lega.
Non solo: Marcello Messori, professore di economia alla Luiss, su Repubblica di oggi ricorda che data la scadenza media dei titoli pubblici italiani (più di 7 anni), ogni incremento di 100 punti base negli interessi sul debito comporta una spesa pubblica aggiuntiva pari a poco meno di 2 miliardi di euro nel primo anno e di 4,3 miliardi di euro nel secondo:
Ciò equivale a dire che, nei sei mesi di incertezza politica seguita alle elezioni del marzo scorso, l’Italia ha ipotecato in maggiori interessi da pagare per il 2018 e il 2019 quanto avrebbe dovuto “tagliare” per adeguarsi alle richieste europee. Il problema immediato non è, però, questo.
L’incremento dello spread da 100 (valore di inizio marzo 2018) a 300 punti base pone seri problemi alle banche italiane che detengono un ammontare abnorme di titoli del debito pubblico nazionale.
Dopo averne ridotto l’incidenza rispetto al totale dei loro attivi dall’inizio del 2015, nel corso del 2018 le nostre banche hanno di nuovo aumentato le loro quote di tali titoli per compensare la caduta nella domanda degli altri investitori e – forse – per ottenere rendimenti positivi e stabili di breve periodo.
L’aumento dei tassi di interesse sui titoli pubblici corrisponde, però, a una diminuzione del loro valore; e le regole contabili internazionali implicano che questa diminuzione si traduca in larga misura in un’immediata perdita di bilancio, che riduce il grado di capitalizzazione bancaria già minata dai consistenti ribassi azionari.
A questo si deve aggiungere che le banche rischiano di trovarsi di fronte a carenze di capitale e devono ricapitalizzarsi sul mercato o ridurre l’attività di prestito alle imprese alle famiglie. E vista la difficoltà nel raggiungere il primo obiettivo, è facile pronosticare che sarà più facile arrivare al secondo.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 3rd, 2018 Riccardo Fucile
AL DI LA’ DELLE SMENTITE DI CIRCOSTANZA, LA LEGA LAVORA A UN NUOVO PARTITO PER SOTTRARSI ALLA LEGGE
Matteo Salvini ufficialmente smentisce l’ipotesi di dover abbandonare il nome della Lega in caso di
conferma del sequestro di 49 milioni di euro da parte dei magistrati di Genova. Ufficiosamente, però, lavora a un nuovo partito che, racconta oggi Repubblica, potrebbe chiamarsi “Lega Italia”, “Lega” e basta, oppure “Prima gli italiani”, “Popolo italiano”, “Noi”.
Lo slogan “Prima gli italiani”, copiato da quello di Donald Trump, finora ha riscosso successo tanto da comparire in tutti i manifesti, i volantini e le iniziative politiche dell’attuale Lega.
D’altro canto proprio il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi in una intervista rilasciata ieri al Corriere ha indicato la strada («Di fronte a un nuovo soggetto giuridico completamente autonomo, non potremmo fare nulla rispetto ai versamenti futuri»), ma in realtà è la conferma di quanto il gruppo dirigente vicino al ministro dell’Interno già sapeva e aveva in mente di fare.
Spiega Matteo Pucciarelli sul quotidiano di Calabresi:
Se per marcare la distanza giuridica con il vecchio guscio sarà necessario un nome completamente diverso, senza neanche Alberto da Giussano nel simbolo, allora si pensa a una denominazione più da “slogan”. In linea con la politica inaugurata in questi anni da Salvini, ma capace allo stesso tempo di calamitare e far sentire a casa anche elettori in libera uscita da Forza Italia o Fratelli d’Italia.
Quindi – è il ragionamento – serve un nome non troppo identitario, non troppo antico con dizioni tipo “partito”, ma contenente già un messaggio preciso e riconoscibile. Da qui ad esempio il finora “prima gli italiani”, che già campeggia in tutte le slide della Lega, utilizzato ad ogni comizio, o anche sotto forma di hashtag e così via.
Dal punto di vista tecnico invece è possibile per il Carroccio dirottare i fondi che oggi vengono versati dai parlamentari al movimento “Lega-Salvini premier”, fondato nel gennaio del 2017, e che già oggi riceve il 2 per 1000 dei contribuenti.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 3rd, 2018 Riccardo Fucile
IL SINDACO: “LA TARANTO PERBENE NON SI SCOSTA DI UN MILLIMETRO DAL FIANCO DEL VESCOVO, ISOLARE I PORTATORI DI ODIO”
Insulti tramite i social network alla Curia di Taranto dopo che l’arcivescovo Filippo Santoro ha dato disponibilità all’accoglienza in alcune strutture della Diocesi di parte dei migranti ospitati a Rocca di Papa.
Il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci attraverso una nota fa sapere di aver “sentito il Vescovo di Taranto per rinnovargli tutta la mia vicinanza e l’affetto a seguito dei vili attacchi subìti soprattutto a mezzo social. Pensavo di sentire un uomo ferito, ho sentito invece il Pastore solido e sereno; il classico stato d’animo di chi sa di star facendo bene”.
Non ha “paura, don Filippo, e – aggiunge il primo cittadino – nessuna di quelle voci meschine e violente lo allontanerà dal suo cammino di accoglienza e vicinanza prima di tutto agli ultimi, ai bambini, alle donne e agli uomini in difficoltà o vittime di quel germe patetico e vigliacco che è il razzismo. Volevo fargli sentire la vicinanza del Sindaco, volevo rassicurarlo, ha rassicurato lui me”.
Continua il sindaco: “La Taranto perbene e il suo sindaco non solo non si muovono di un solo millimetro dal fianco del suo Vescovo, ma insieme intraprenderanno una battaglia culturale e di civiltà per isolare le voci che fomentano l’odio nelle piazze vere e virtuali che per fortuna, poi, sono sempre le stesse”. Compatti “ignoreremo – conclude il sindaco – e isoleremo quei portatori di odio insieme ai cittadini puliti che nulla hanno a che spartire con le aggressioni fisiche e verbali, con l’odio verso chi la pensa diversamente dal punto di vista religioso, politico o verso chi ha un colore della pelle diverso dal nostro”.
(da Globalist)
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Settembre 3rd, 2018 Riccardo Fucile
RICOVERATO CON FERITE IN TUTTO IL CORPO, GLI HANNO GRIDATO “TORNA AL TUO PAESE”
Un’altra aggressione a sfondo razzista in Sicilia. La vittima, questa volta, è un tunisino di sedici
anni, preso a calci e pugni a Raffadali, piccolo centro dell’agrigentino.
Il ragazzo è stato ricoverato in ospedale con contusioni e ferite su tutto il corpo.
Come ricostruito dagli inquirenti, il giovane, che vive a Raffadali da un anno in una struttura che si occupa dell’accoglienza dei minori, ha prima ricevuto una sportellata da un minorenne e poi è stato picchiato con calci e pugni al grido di ‘torna nel tuo paese’, come racconta sui social Giovanni Mossuto, il responsabile del centro.
Ecco il racconto fatto da Mossuto su Facebook: “Ahmed ha 16 anni è arrivato in Italia da solo più di un anno fa con uno dei tanti barconi di disperati partiti dalle coste tunisine – dice – È stato assegnato in una struttura di minori di seconda accoglienza a Raffadali, comune che lo ha accolto con amore e grande disponibilità all’integrazione. In questi mesi grazie al suo bel carattere ha conosciuto tanti suoi coetanei raffadalesi. Però malgrado questo in questi mesi Ahmed e gli altri ospiti della comunità sono stati oggetto di insulti, sputi e minacce da parte di un piccolo razzista nostrano”.
“Oggi probabilmente sentendosi legittimato da un clima che tutti avvertiamo aggredisce il piccolo Ahmed prima con una sportellata in faccia e poi a pugni e schiaffi dicendogli “ritornatene nel tuo paese”. Il piccolo ragazzo adesso è all’ospedale insieme agli operatori della comunità e alla tutor. È stata fatta denuncia. Noi non vogliamo che queste aggressioni razziste passino in silenzio”, conclude Giovanni Mossuto.
In Sicilia è il quinto caso di aggressioni razziste in poco più di un mese. L’episodio più recente è quello di Bagheria, dove un ragazzo nigeriano è stato aggredito col cric. Prima c’erano stati altri tre casi fra Partinico e Lercara Friddi, anch’essi centri in provincia di Palermo: a fine luglio due partinicesi sono stati accusati di aver picchiato il diciannovenne senegalese Khalifa Dieng, mentre a Ferragosto si è scatenata una “caccia al migrante” nello stesso paese. Ai primi di agosto, invece, è stato un ballerino di colore a finire al centro del mirino, a Lercara Friddi. Davide Mangiapane, nato in Italia, è stato pestato a sangue da due giovani, che sono stati identificati e denunciati.
(da Globalist)
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