Destra di Popolo.net

DECRETO GENOVA, FORSE DOMANI ARRIVA AL COLLE

Settembre 24th, 2018 Riccardo Fucile

A 40 GIORNI DAL CROLLO, IL TESORO CERCA ANCORA LE COPERTURE, CI SARA’ UNA PIOGGIA DI RICORSI PER L’ESCLUSIONE DI AUTOSTRADE

Dopo undici giorni adesso una data c’è.
Il premier Giuseppe Conte ha preso l’impegno di inviare al Quirinale entro domani il decreto su Genova, approvato dal consiglio dei ministri il 13 settembre “salvo intese”, quindi soggetto a modifiche. In tutto questo tempo, il provvedimento è stato scritto, riscritto, modificato e ancora vagliato.
Un punto fermo adesso c’è. O per lo meno è stato messo nero su bianco nel provvedimento, nonostante il pericolo dei ricorsi.
Si tratta di Autostrade che sarà  completamente fuori dalla ricostruzione del ponte Morandi crollato, sia come stazione appaltante, sia come progettista, sia come costruttore.
L’ente appaltante – si legge nel testo in possesso di Radiocor – sarà  il commissario straordinario, che per affidare progettazioni e lavori dovrà  scegliere i contraenti previa valutazione competitiva di almeno cinque imprese (o cordate) in possesso dei requisiti richiesti.
Inoltre, il decreto stabilisce che il commissario dovrà  affidare tutti gli appalti (progettazione, demolizioni, conferimenti in discarica, attività  di ricostruzione) a società  che non abbiamo alcuna partecipazione diretta o indiretta in società  concessionarie di strade a pedaggio, ovvero siano da queste ultime controllate o, comunque, ad esse collegate. Dunque: divieto di affidare appalti a Spea, Pavimental o altre società  del Gruppo Atlantia.
Fino a questa mattina il governatore della Liguria Giovanni Toti rilasciava dichiarazioni di fuoco: “Di questo decreto che si annuncia da molti giorni non c’è traccia, e nemmeno Mattarella ne ha traccia”. Parole che arrivano proprio nel giorno in cui il presidente della Repubblica fa visita agli sfollati che chiedono al Capo dello Stato di poter tornare presto nelle proprie case.
Dal crollo del ponte sono trascorsi quaranta giorni. Ancora non è stato nominato il commissario per la ricostruzione.
“Dissi 10 giorni — spiega oggi il premier Conte – e intendevo 10 giorni dall’entrata in vigore del decreto. Se poi arriverà  qualche giorno prima meglio”.
Ciò significa che è possibile che trascorrano dieci giorni dalla pubblicazione in gazzetta ufficiale, che avverrà  almeno tra un paio di giorni se è vero che domani il decreto arriverà  sulla scrivania del Quirinale per lo studio del provvedimento e la firma.
Provvedimento che non chiarisce fino in fondo chi ricostruirà  il ponte. Ciò che certo è la richiesta di derogare al codice degli appalti che prevede un bando europeo per lavori superiori a 5,2 milioni per scongiurare il rischio infiltrazioni.
La ricostruzione del ponte andrebbe quindi inquadrata come appalto necessario e urgente.
L’idea di andare avanti con una procedura ristretta sarebbe stata accantonata da parte del governo, secondo alcune fonti perchè non è possibile derogare al codice del appalti, quindi niente bando europeo, e poi procedere invece con una gara ristretta a quattro, cinque soggetti.
Quindi sarebbe allo studio, anche se non viene specificato nel decreto, l’affidamento diretto.
Così si spiegano le parole di Luigi Di Maio a Genova anche lui per un incontro con l’Ilva: “Il commissario avrà  i poteri per decidere chi costruirà  il ponte”.
Il governatore Toti non è d’accordo e appare più realista: “Potremmo avere molti ricorsi, in primis quello di Società  Autostrade. Fincantieri piace a tutti noi, è di Genova ma secondo noi vanno messe insieme più aziende, per esempio Autostrade che per legge al momento è ancora concessionaria di tremila chilometri di rete, compreso il ponte Morandi”.
E sempre il presidente della Liguria avverte: “Non tollereremo ritardi ricostruzione. Abbiamo lavorato insieme a Conte per una serie di misure per la ricostruzione con soggetti interessati, soggetti che avevano il dovere di farlo. Poi il governo ha preso un’altra strada”.
Che è quella dell’affidamento diretto escludendo Autostrade. “Noi — dice ancora Toti a Rtl – ribadiamo che in 12, massimo 15 mesi, il ponte si può ricostruire”.
Nel caos tra governo ed Enti locali e anche dentro il governo, si inserisce la commissione Europea “Nei colloqui avuti con le autorità  italiane abbiamo chiarito i vari aspetti del quadro giuridico Ue. Non commentiamo le dichiarazioni, ma quando i piani vengono attuati”, dice la portavoce Lucia Caudet sottolineando che ancora i progetti del governo “non sono chiari al cento per cento”.
Ecco il motivo di tanto ritardo.

(da “Huffingtonpost”)

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ATREJU, SONO ANDATO A SENTIRE BANNON

Settembre 24th, 2018 Riccardo Fucile

UN CONCENTRATO DELLA PEGGIORE DESTRA ISRAELIANA, SPONSOR DI CAPITALISTI CORROTTI CHE LUCRANO SUI POVERI… BANNON E’ LA SERVIZIO DI UN PEZZO DI QUELLA OLIGARCHIA FINANZIARIA CHE A PAROLE DICE DI VOLER COMBATTERE

Sono stato a sentire Steve Bannon (considerato il guru di Trump, principale animatore della cosiddetta internazionale sovranista) ad Atreju, la kermesse della giovanile del partito di Giorgia Meloni. Ero curioso di vedere dal vivo questa celebrata comunicativa e il livello di empatia col “suo” pubblico.
Noto subito che Roma ha reagito con grande indifferenza: nonostante la location molto centrale e di passaggio la platea era piena ma niente di più, anche perchè c’erano molte delegazioni nazionali. Insomma è rimasta una manifestazione di Partito senza diventare assolutamente un qualcosa di massa.
Bannon ha un’allure comunicativa che mescola il predicatore evangelico, il motivatore-coach, il politico che fa riferimento alla mistica.
È un ragionatore raffinato che mescola Evola col Tea Party, Cicerone con Heidegger e Picketty. Però lo fa dentro un discorso facile, motivante, alla portata di tutti.
Il centro politico del messaggio di Bannon è rivolto ai millennials (categoria probabilmente più centrale in Usa e soprattutto lì da riconquistare visto che la maggioranza votò per la Clinton, nella anziana Europa è meno centrale), “voi non avrete mai proprietà , non avrete mai un lavoro capace di darvi ricchezza e proprietà , perchè il partito di Davos sta facendo di tutto per togliervi le ricchezze delle generazioni precedenti per poi ridurvi a schiavi. Siete la generazione più colta della storia ma la vostra condizione è simile a quella dei servi della gleba nella Russia ottocentesca”, un discorso forte, generatore di identificazione, che affronta la contraddizione della proletarizzazione cognitiva.
Costruisce un nemico e gli dà  un nome: “Partito di Davos”, ossia l’elite economico-politico-finanziaria che ogni anno si riunisce nella cittadina elvetica per definire programmi, saldare accordi, impostare politiche.
A questo partito Bannon contrappone il populismo, e lo fa usando gli slogan di Occupy: l’1% contro il 99. Alla platea Bannon dice di non vergognarsi nel definirsi populisti “vi chiameranno razzisti e nativisti, ma state solo difendendo il vostro Paese e la vostra famiglia contro chi vuole disgregare l’ordine tradizionale, contro chi ha riempito di guerre il Medioriente per riempirci di immigrati. Noi dobbiamo fare una rivoluzione per ristabilire l’ordine antico”.
La platea va in visibilio, nonostante il guru di Donald Trump ripeta continuamente il concetto di “tradizione giudaico-cristiana” basata sulla storia di Atene, Gerusalemme e Roma. L’identificazione di Bannon con la destra israeliana è paradigmatica nel suo discorso.
La platea si spella le mani, ma a nessuno viene in mente (meno che mai all’intervistatore Alessandro Giuli, visibilmente più a destra di Bannon) di far notare che Trump fa parte di quell’1%, che è uno dei protagonisti dell’economia finanziaria globale, che il suo settore immobiliare è proprio quello che più di tutti spoglia le proprietà  dei piccoli per concentrarle nelle mani di pochi, è quello che causa le principali bolle finanziarie, nessuno fa notare che le guerre che sconquassano il Medioriente le fanno quelli come Trump: Reagan e Bush (in evidente continuità  politico-culturale con Trump) o che Obama aveva trovato un accordo con l’Iran subito rotto da Trump in preparazione di una nuova guerra.
Bannon è al servizio di un pezzo di quell’oligarchia finanziaria che dice di voler combattere
Nel contenuto niente di nuovo quindi: la pars destruens utilizza una critica al capitalismo da dentro il capitalismo (come già  aveva fatto Tremonti), nel dire che si preferisce il capitalismo di ieri al capitalismo di oggi in verità  si intende che si lotta a favore di alcuni capitalisti contro altri, nello specifico quelli della Silicon Valley; la pars costruens propone un capitalismo coniugato ad una società  ordinata, repressiva delle pluralità  e tradizionale.
Dove per tradizionale si intende patriarcale e classista.
Il sogno del populismo conservatore mondiale è il capitalismo del petrolio, acciaio e armi coniugato ad una società  gerarchica, in cui la piccola proprietà  si accontenta di restare piccola e in questo solidarizza e sostiene la grande proprietà , alla quale chiede soltanto la difesa armata della sua concedendo in cambio la fissità  dei ruoli, l’immobilità  sociale.
Certa destra conosce bene i suoi ceti di riferimento e sa quale lavoro deve fare per la conservazione dei grandi privilegi.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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MACRON LANCIA UN MAXI TAGLIO FISCALE DA 25 MILIARDI, IL DEFICIT SALIRA’ AL 2,6%, MA A DIFFERENZA DELL’ITALIA IL DEBITO SCENDERA’

Settembre 24th, 2018 Riccardo Fucile

DI MAIO SI LAMENTA: “LO VOGLIO ANCHE IO”… MA LA FRANCIA SE LO PUO’ PERMETTERE PERCHE’ HA LO SPREAD A 32 CONTRO IL NOSTRO 240, UN DEBITO A 97 CONTRO IL NOSTRO 130

Meno tasse e (un po’) più di deficit.   È questa la ricetta che il governo francese mette in campo per il prossimo anno.
Per il 2019 è previsto un taglio delle tasse pari a 24,8 miliardi di euro, nel tentativo di dare impulso all’economia e creare più posti di lavoro.
Per finanziare la misura, il deficit pubblico del Paese dovrebbe aumentare dal 2,6% del Pil di quest’anno al 2,8% l’anno prossimo, comunque sotto al 3%.
Il ministro al Bilancio Gerald Darmanin ha presentato le misure per il 2019, basate su una previsione di crescita stimata all’1,7%. Nel dettaglio, le tasse sulle famiglie saranno ridotte di 6 miliardi di euro, quelle alle aziende di 18,8 miliardi.
Parigi sceglie così di posizionarsi appena al di sotto del tetto del 3%, vicino ai livelli auspicati negli ultimi giorni da alcuni esponenti della maggioranza gialloverde, che puntano a spostare l’asticella del deficit nel 2019 ben oltre il 2% e lontano dall’1,6% caldeggiato dal ministro Tria.
Da ultimo lo stesso DI Maio che in queste ore auspica di “fare come la Francia”.
A differenza nostra però Parigi vanta un debito pubblico sensibilmente più basso del nostro, al 97,7% del Pil secondo gli ultimi dati Eurostat, al 98,7% secondo i nuovi dati francesi, e prevede per il 2019 una diminuzione al 98,6%.
I titoli di Stato francesi sono anche visti dal mercato con maggiore fiducia da parte degli investitori, con lo spread rispetto ai bund tedeschi a 32 punti contro i 240 di oggi dei nostri Btp.
Il rendimento dei bond decennali di Parigi si attesta allo 0,82%, quello sugli omologhi italiani al 2,81%.

(da agenzie)

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IL DIRITTO DI ASILO E L’ART 10 DELLA COSTITUZIONE CHE SI CERCA DI CANCELLARE

Settembre 24th, 2018 Riccardo Fucile

LA CARTA PARLA CHIARO, OCCORRE DIFENDERE LA CIVILTA’ DEL DIRITTO OCCIDENTALE   DALLA FOGNA RAZZISTA

Il rispetto per Mattarella è il massimo. Del resto il presidente, già  oggetto di una campagna di aggressione e di insulti orchestrata dai lestofanti del Cambiamento, è tra i pochi garanti della legalità  costituzionale davanti all’arrivo del razzismo liberticida e oscurantista che comincia con i migranti per toglierE spazio alla democrazia.
E la Costituzione Italiana ha un articolo 10 molto avanzato e molto impegnativo che – purtroppo – viene sistematicamente messo sotto attacco e svuotato dai suoi significati.
Cosa dice l’articolo 10?
“L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità  delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà  democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici”.
La Costituzione parla da sola. E tuttavia va detto che, nella sua applicazione corrente, i vincoli che vengono messi sono molto più stretti.
Ossia non basta che allo straniero sia impedito l’effettivo esercizio delle libertà  democratiche (come pure è scritto a chiare lettere) ma chi richiede asilo deve in qualche modo dimostrare che esista un effettivo pericolo per la sua incolumità  e la sua libertà  nel coso rimanesse nel suo paese.
Bene.
Alla luce dell’articolo 10 della Costituzione un cittadino siriano – uno qualsiasi – ha diritto a fuggire dalla guerra e a chiedere asilo?
Un cittadino afghano ha diritto a fuggire da un paese dove c’è un governo centrale corrotto, dove ci sono i signori della guerra e i signori della droga che comandano nelle province e dove ci sono sia i talebani che l’Isis che ci combattono tra di loro e uccidono gli altri?
Un cittadino somalo ha diritto a fuggire da un paese dove non esiste un’entità  statuale propriamente detta?
Un cittadino della Nigeria ha diritto a fuggire dalle regioni infestate da Boko Haram?
Un cittadino della parte anglofona del paese ha diritto a fuggire da villaggi presi di mira dai francofoni che vogliono far tacere i separatisti?
Un palestinese che vive in quella prigione a cielo aperto di Gaza dove non c’è libertà  e piovono bombe israeliane ha diritto di fuggire?
I Rohingya può cercare protezione umanitaria dal genocidio?
Come tutti vedono colpo dopo colpo, picconata dopo picconata è lo stesso articolo 10 della Costituzione ad essere messo in discussione.
Chi difende la Costituzione deve impedire questa deriva.

(da Globalist)

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IL GOVERNO APPROVA IL SEDICENTE “DECRETO SICUREZZA” CHE VIOLA LA COSTITUZIONE

Settembre 24th, 2018 Riccardo Fucile

QUALCUNO VUOLE I CAMPI DI CONCENTRAMENTO, MA NORIMBERGA INSEGNA…VOCI DI DISSENSO ANCHE NEL M5S, ESULTANO I NAZISTELLI, MATTARELLA PRONTO A BOCCIARE LE NORME INCOSTITUZIONALI

Stretta sulla concessione della protezione umanitaria. Via la cittadinanza in caso di condanna definitiva per terrorismo internazionale. Sospensione della domanda di asilo in caso di pericolosità  sociale e condanna in primo grado. Sistema Sprar limitato ai beneficiari di protezione internazionale e a minori non accompagnati.
Sono i punti principali del sedicente decreto immigrazione e sicurezza, ribattezzato di Salvini, licenziato dal Consiglio dei ministri.
“La protezione umanitaria è stata normata con la previsione di 6 fattispecie specifiche“, ha spiegato a Palazzo Chigi il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, e sarà  concesso solo alle vittime di grave sfruttamento lavorativo, vittime di violenza domestica, tratta, calamità  naturali, cure mediche, e ai protagonisti di atti di particolare valore civile.
In Italia viene concessa nel 21% dei casi.
Alla luce del decreto “la richiesta di asilo verrà  sospesa nel caso in cui il richiedente venga preso a spacciare droga   e se ritenuto pericoloso dall’autorità  giudiziaria finisce in un Cpr (Centro per il rimpatrio, ndr) per l’espulsione”.
Allo stesso modo la domanda verrà  sospesa e rischia di finire in un Cpr il richiedente condannato in primo grado per un reato minore. “Questa è stata una delle mediazioni”, ha spiegato Salvini.
Si allunga la permanenza nei centri per i rimpatri, nei quali lo straniero candidato all’espulsione potrà  essere trattenuto fino a 180 giorni.
Uno degli aspetti piu’ gravi è il ridimensionamento del programma Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), costituito da centri molto piccoli e posto sotto l’egida dei Comuni: se fino a oggi era destinato anche all’accoglienza dei richiedenti asilo, in base al decreto sarà  limitato a chi ha già  ricevuto la protezione internazionale e ai minori non accompagnati.
Sul contenuto del testo (e sulla scelta di agire per decreto) nei giorni scorsi alcune ricostruzioni avevano parlato di dubbi di costituzionalità  espressi dal Quirinale, ma Conte ostenta sicurezza: “Quando c’è un decreto legge, cortesia vuole che si anticipino al Quirinale contenuti e testo dei decreti, ed è stato fatto anche in questo caso — ha detto il capo del governo — c’è stata già  un’interlocuzione. Non voglio tirare per la giacca il presidente della Repubblica: avrà  tutto l’agio di fare tutti i rilievi che desidera”.
De Falco: “Perplesso sulla protezione umanitaria”
Al di là  della soddisfazione del ministro dell’Interno, il provvedimento ha avuto una gestazione complessa e si è prestato a una lunga discussione all’interno della maggioranza.
Il vicepremier, Luigi Di Maio, intervistato da Il Fatto Quotidiano, ha sottolineato che nello schema di legge “ci sono alcuni punti che non sono nel contratto di governo, li discuteremo in Parlamento“.
I malumori dentro i 5 stelle ci sono, tanto che il senatore M5s Gregorio De Falco, in un’intervista al Corriere della Sera, ha detto: “Sono molto perplesso riguardo alla protezione umanitaria. Si tratta di un diritto universale“.
Domenica 23 settembre era stato il segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, a sottolineare come “sembra strano che si parli di immigrati all’interno del decreto sicurezza”: “Inserirlo lì dentro — ha detto a Tgcom24 — significa giudicare già  l’immigrato per una sua condizione, per il suo essere immigrato e non per i comportamenti che può avere. È un brutto segnale sul piano culturale, perchè si tratta di un tema sociale che va affrontato nel rispetto della legalità  ma non possiamo considerare la condizione degli immigrati come una condizione di delinquenza“.
Dalle sue parole è partito il ragionamento del senatore pentastellato De Falco: “Sono molto perplesso, ho molti dubbi — ha detto al Corsera sottolineando che alcune cose del lo trovano d’accordo — L’associazione migranti-sicurezza è suggestiva“.
E, come Di Maio, mette al centro il ruolo del Parlamento: “Se ci sono aspetti che urtano la nostra sensibilità , li cambierà ”.
Dubbi sulla decretazione d’urgenza
Prima dei punti più discussi del testo sono stati espressi dubbi riguardo l’uso del decreto legge, giustificato solitamente solo da necessità  e urgenza: sotto questo profilo il testo è stato limato. Poi ci sono i contenuti.
Sui migranti, l’aspetto che sta sollevando più polemiche è lo stop ai permessi di soggiorno per motivi umanitari sostituiti con permessi per meriti civili o cure mediche.
Ci sono poi il raddoppio da 3 a 6 mesi dei tempi di trattenimento nei Centri per i rimpatri, l’aumento dei reati per cui si revoca lo status di rifugiato (si va dalla violenza sessuale alla rapina, dalla violenza a pubblico ufficiale al traffico di droga) e i progetti di integrazione sociali riservati a titolari di protezione e minori non accompagnati, per citare alcuni punti.
Oltre a una revisione degli Sprar, il sistema dell’accoglienza diffusa gestito dai Comuni, e al raddoppio dei tempi (da 2 a 4 anni) della concessione della cittadinanza per matrimonio e per residenza.
L’esito, secondo diversi esperti, è una sostanziale attenuazione dei diritti che contrasta con le tutele previste dalla Costituzione e dalla Consulta, che più volte ha ribadito che i diritti riguardano tutti.
La tenuta costituzionale è fondamentale perchè il Quirinale possa firmare.
Mercoledì, alla vigilia del Consiglio dei ministri poi rinviato, il presidente della Consulta Giorgio Lattanzi è andato dal capo dello Stato Sergio Mattarella per presentare un progetto sulle carceri.
La Corte ha poi diffuso una nota in cui si legge che la Costituzione è “garanzia di legalità  per tutti i detenuti, cittadini o stranieri, immigrati regolari o irregolari” ed è uno “scudo nei confronti dei poteri dello Stato, che neppure il legislatore con le sue mutevoli maggioranze può violare”.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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DE FALCO (M5S) ATTACCA DI MAIO E SALVINI: “CHIUDERE I PORTI E’ UN ERRORE”

Settembre 24th, 2018 Riccardo Fucile

“SBAGLIATO AVER CACCIATO LE ONG, DOVREMMO FARCI CARICO DI QUESTA TRAGEDIA COME OBBLIGO MORALE”… IN EFFETTI PIU’ CHE CHIUDERE I PORTI DOVREMMO APRIRE LE PORTE DELLE GALERE AI POLITICI RAZZISTI

La linea dei vertici M5s (dove ovviamente non è vero che uno vale uno ma c’è chi comanda e chi obbedisce) è quella di restare aggrappati alla poltrona ingoiando di tutto e andando contro la loro stessa storia, a cominciare dal’assecondare le vergognose azioni razziste di Salvini.
Ma i malumori non mancano.
E adesso, anche se con qualche cautela e molta diplomazia, è arrivato il turno del comandante De Falco che si è detto d’accordo con monsignor Galantino, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, che si è detto contrario a un decreto unico che associa i migranti con la sicurezza
“Ha ragione. L’associazione è suggestiva, ma la sicurezza è una questione che investe il tessuto sociale italiano. Io penserei, per esempio, a incrementare l’attenzione delle forze dell’ordine per le ‘stese’ di Napoli. La questione della sicurezza non nasce con l’immigrazione. Semmai trova alimento dall’irregolarità ”
Lo ha detto Gregorio De Falco, comandante della Marina e deputato M5S, in un’intervista al Corriere della Sera in cui si dice “molto perplesso per l’ipotesi di eliminare la protezione umanitaria. Bisogna ponderare bene questa misura, perchè si tratta di un diritto universale. Ma nel dl ci sono anche aspetti positivi”
“Dobbiamo, oltre che salvare la gente in mare, riaprire i canali di accesso, corridoi umanitari per ridurre la pressione. È inutile costruire dighe. Se la pentola è troppo sotto pressione, prima o poi esploderà “, evidenzia De Falco, secondo cui “l’immigrazione è un fatto importante anche per l’economia”, visto l’invecchiamento del Paese.
Per De Falco “chiudere i porti è un’antinomia. I porti sono porte d’ingresso: non ha senso chiuderle. Serve la massima apertura alle persone, integrandole, e alle cose”
Sulle Ong, “quando il fenomeno immigrazione aumentò, nel 2013, l’Italia mise in campo l’operazione Mare Nostrum. Poi fu interrotta e le navi della Marina militare furono sostituite dalle Ong. Il fatto che ora non ci siano più è un problema. A meno che non se ne faccia carico un’organizzazione statale o, meglio ancora, sovranazionale. Tutti noi – conclude – dovremmo farci carico di questa tragedia. Non c’è un obbligo giuridico, ma c’è una grande responsabilità  morale”.

(da agenzie)

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IL DECRETO DIGNITA’ HA FATTO SOLO CRESCERE IL TURNOVER DEI PRECARI

Settembre 24th, 2018 Riccardo Fucile

AVEVA RAGIONE IL TANTO VITUPERATO BOERI: I CONTRATTI PRECARI VENGONO LASCIATI SCADERE, NON RINNOVATI E SOSTITUITI CON ALTRI CONTRATTI A TERMINE

Il Decreto Dignità  comincia a fare i suoi primi effetti nel mercato del lavoro.
E, com’era prevedibile, quelli a breve termine sono quelli immaginati nelle previsioni dell’INPS contestate all’epoca da Di Maio.
Racconta oggi Repubblica che le associazioni territoriali delle imprese, in ogni angolo d’Italia hanno messo intorno al tavolo giuslavoristi e avvocati per aiutare le aziende a districarsi con le nuove norme.
E la parola d’ordine degli esperti è stata quasi sempre la stessa: “principio di precauzione”.
Ovvero, visti la reintroduzione delle causali, le incertezze delle norme transitorie e i nuovi limiti di durata dei contratti a tempo determinato (da 36 a 24 mesi), meglio lasciarli scadere e, semmai, sostituirli con altri contratti a termine.
Insomma, l’esatto contrario dell’obiettivo sbandierato dal vicepremier e ministro Luigi Di Maio: frenare il lavoro precario e incentivare i contratti a tempo indeterminato.
Spiega il quotidiano che ancora non esistono dati d’insieme (il provvedimento è entrato in vigore a luglio), ma i segnali che arrivano confermano l’emergenza. L’ultimo in ordine di tempo da Trieste, dove la Flex (azienda elettronica della multinazionale americana Flextronics) ha “pareggiato” tutti i 237 contratti a termine (su un totale di 650 dipendenti diretti) portandoli a scadenza il 31 gennaio 2019.
Del caso si occuperà  una riunione con sindacati, impresa e Regione convocata per il 3 ottobre al ministero dello Sviluppo Economico, quando dunque Di Maio toccherà  con mano per la prima volta gli effetti del suo decreto.

(da “NextQuotidiano”)

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NIENTE REDDITO DI CITTADINANZA A CHI HA UNA CASA DI PROPRIETA’?

Settembre 24th, 2018 Riccardo Fucile

LE RISORSE NON CI SONO E SI CONTINUA A RIDURRE IMPORTO E PLATEA DEI BENEFICIARI… MA SE ALLA FINE SI TOLGONO GLI 80 EURO DI RENZI, L’INDENNITA’ DISOCCUPAZIONE E IL REDDITO DI INCLUSIONE DI GENTILONI E’ SOLO UN GIRO CONTO PER I PIRLA

La Stampa racconta oggi che intorno al reddito di cittadinanza infuriano i calcoli dei tecnici del ministero del Tesoro per far quadrare i conti con le scarse risorse disponibili. Tra le idee allo studio c’è la possibilità  di escludere dal sussidio chi ha una casa di proprietà :
La quadratura del cerchio però sembra impossibile, perchè le risorse che servono per dare risposte alle promesse elettorali non ci sono. Basti pensare che per dare un aiuto fino a 780 euro ai 5 milioni di poveri assoluti servirebbero a detta dei Cinque Stelle 15 miliardi a regime, mentre l’Inps ne stima 35. Nella manovra comunque come spiega il vicepremier leghista Matteo Salvini — «l’impegno più pesante, di 6-7 miliardi» sarà  per il superamento della legge Fornero. La somma che i grillini pretendono potrebbe quindi abbassarsi
Di sicuro servirà  soltanto a far partire le misure per una platea ristretta, sulla quale sono a lavoro i tecnici del governo. Tra le ipotesi c’è la possibilità  di escludere dal reddito di cittadinanza chi ha una casa di proprietà  e di rivedere i coefficienti familiari abbassando così l’importo. Il sussidio inoltre sarà  destinato solo agli italiani riducendo la platea del 30%, ma ci sono problemi di costituzionalità .
In ballo c’è ancora l’ipotesi di usare gli 80 euro di Renzi, proposta dai tecnici e respinta per ora dall’esecutivo:
I tecnici cercano inoltre altre risorse per finanziare la misura, dato che anche qualora si arrivasse a un improbabile 2,4% di deficit ci sarebbero soltanto 10 miliardi da dividere tra Lega e Cinque Stelle (al netto delle clausole di salvaguardia e delle spese indifferibili).
L’ipotesi più realistica per ora è quella di assorbire il Reddito di inclusione “guadagnando” 2,5 miliardi.
Al ministero stanno poi valutando se mettere mano alla Naspi, il nuovo assegno di disoccupazione da 1,5 miliardi e i tecnici insistono su una rimodulazione degli 80 euro voluti da Renzi, un’ipotesi che non piace al governo ma che potrebbe portare fino a 10 miliardi

(da “NextQuotidiano”)

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IL PROBLEMA DEL M5S E’ CHE NON SA CHE FARE AL GOVERNO

Settembre 24th, 2018 Riccardo Fucile

PORTENTOSA MACCHINA ELETTORALE SENZA DIRIGENTI CAPACI DI GOVERNARE… SENZA I MARRA E I LANZALONE I GRILLINI SI INCEPPANO

Stefano Cappellini su Repubblica oggi tratteggia un ritratto meticoloso del MoVimento 5 Stelle al governo, spiegando che la polemica con i tecnici del Tesoro nasconde la vera ambizione dei grillini, che ritengono che la struttura burocratica debba risolvere i problemi creati dalla loro propaganda.
Per questo hanno bisogno di una burocrazia a cui affidarsi, e questi li ha portati negli anni a fare tante scelte sbagliate:
Il problema è che il M5S è una portentosa macchina elettorale, che funziona su alcune chiavi di marketing oggi efficacissime, ma non ha dirigenti in grado di governare. Soprattutto, non è previsto che lo facciano.
Lo schema è sempre stato la delega ai tecnici subito dopo la vittoria: con leader e candidati si prendono i voti, poi dei dossier di governo si occuperà  qualcuno “capace”.
Ecco perchè la giovane e telegenica Raggi vince a Roma e subito si affida a Raffaele Marra. Era lui il vero sindaco. Lui sapeva dove mettere le mani. Fin troppo, come si è visto.
Raggi, del resto, più che prendere i voti non doveva e soprattutto non poteva. Allo stesso modo è andata per lo stadio della Roma: vicenda complessa e infatti completamente delegata a un altro tecnico, l’avvocato Luca Lanzalone, il quale come poi ha svelato l’inchiesta che lo ha travolto contava e decideva ben più della sindaca.
Quello che è successo a Roma, spiega Cappellini, si è riproposto anche con Gaetano Intrieri al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti:
Ma così ha fatto anche il concentrato ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli: un suo neo-assunto consulente (incidentalmente anche ex condannato per bancarotta) si vanta di avere il compito di istruire il dossier Alitalia. È chiaro qual è il problema con il Tesoro. Lì lo schema non è ripetibile, perchè i tecnici non sono faccendieri al servizio del Movimento ma funzionari dello Stato.
Senza un Marra o un Lanzalone che dalle stanze di via XX settembre si precipiti a rassicurare Rocco e Di Maio che i soldi ci sono, la macchina di governo si inceppa subito sulle promesse della campagna elettorale.
Che si svela per quel che è: un bluff.

(da “NextQuotidiano”)

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