Ottobre 16th, 2018 Riccardo Fucile
PROF. BILLARI (BOCCONI): “L’ACCESSO ALLA MENSA SCOLASTICA E’ PARTE INTEGRANTE DELL’ISTRUZIONE”.. NON SOLO IN NORD EUROPA, MA ANCHE IN INDIA E IN AMERICA LATINA SONO GRATUITE
La mensa a scuola? Fa parte dell’educazione di un bambino. E (anche) per questo in molti Paesi il servizio è gratuito.
E non soltanto nelle democrazie del Nord Europa come la Finlandia e la Svezia, ma anche Paesi in via di sviluppo come l’India.
Sulla polemica dei servizi scolastici negati ad alcuni figli di migranti a Lodi è intervenuto un professore della Bocconi, Francesco Billari, docente di Demografia, con un articolo pubblicato su lavoce.info.
«I pasti a scuola sono centrali per lo sviluppo armonico dei bambini – sostiene Billari – e parte integrante dell’istruzione prescolare e obbligatoria. Per questo la mensa scolastica dovrebbe essere gratuita per tutti. Costa, ma è un investimento sulle generazioni future. Se avessimo già adottato questa impostazione in passato, ci saremmo risparmiati la triste esclusione di alcuni bambini con genitori stranieri dalle mense scolastiche. L’accesso alla mensa scolastica va visto come parte integrante dell’istruzione. E l’istruzione deve essere orientata a ogni singolo bambino o bambina, indipendentemente dalla sua origine sociale. Il pranzo alla mensa scolastica, durante l’istruzione obbligatoria e il periodo pre-scolare, andrebbe finanziato attraverso la fiscalità generale. Perchè la scuola, come notava Santa D’Innocenzo, è l’ambito più adatto a una corretta educazione alimentare».
Ma quali sono i Paesi che offrono la mensa gratis?
«La Finlandia è stato il primo Paese a istituire in modo ufficiale i pranzi gratuiti a scuola, nel 1948. La Board of Education finlandese ricorda: “L’istruzione pre-primaria e l’istruzione obbligatoria sono fornite gratuitamente a tutti, e ciò include i pasti a scuola, i materiali didattici, il trasporto verso la scuola e i servizi di welfare per i bambini”. In Svezia, le mense scolastiche forniscono pranzi gratuiti a tutti gli alunni fino a 16 anni e alla maggioranza di loro fino a 18 anni. L’Agenzia nazionale per il cibo svedese valuta costantemente la qualità dei pasti forniti. Il tema dei free school meals è stato largamente dibattuto nel Regno Unito, dove nel 2013 è stata introdotta l’universalità per la prima e la seconda elementare».
Infine, ricorda Billari, tra i Paesi emergenti o in via di sviluppo, l’India fornisce ogni giorno 100 milioni di pasti gratuiti a tutti i bambini a scuola, e diversi Paesi dell’America Latina (tra cui il Brasile) hanno una fornitura universale.
(da “il Corriere della Sera”)
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Ottobre 16th, 2018 Riccardo Fucile
NON HA CAPITO CHE AI RAZZISTI NON FREGA NULLA DEI RICHIAMI ETICI, PER LORO SERVE O UNO PSICHIATRA O DIECI ANNI DI GALERA E IL SEQUESTRO DELLA LORO AMATA “ROBA”, UNICA MOLLA DELLO LORO ESISTENZA
“Presenterò un disegno di legge contro l’odio perchè le parole dell’odio, che oggi
viaggiano più di quelle dell’amore, sono quelle che fanno sì che un bambino non possa mangiare con gli altri”
Nell’anniversario della deportazione nazista degli ebrei dal ghetto di Roma, la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta alla Shoah, ai microfoni di Circo Massimo, su Radio Capital, commenta i fatti di Lodi e l’esclusione dei bimbi dalla mensa scolastica: “I bambini che si vedono scartati ne risentono tutta la vita. Ma quelli che li mettono da parte perchè manca un timbro, poi come vanno a casa dai loro figli? Vanno curate le menti e i cuori”.
E annuncia: “Presenterò un disegno di legge contro l’odio perchè le parole dell’odio, che oggi viaggiano più di quelle dell’amore, sono quelle che fanno sì che un bambino non possa mangiare con gli altri”
(da agenzie)
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Ottobre 16th, 2018 Riccardo Fucile
I DECRETI ATTUATIVI SONO FERMI AL MINISTERO PER MANCANZA DI COPERTURE
“Alcuni piloni dei viadotti della A24 e A25, che ho potuto visionare con i miei occhi, sono in condizioni così degradate da risultare allarmanti”: Danilo Toninelli, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti del governo Lega-M5S, all’assemblea dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili ha lanciato un allarme terrorizzante sulla Strada dei Parchi e, già che c’era, ha fatto pubblicità alla sua legge: “Grazie ai dati condivisi nell’Ainop potremo fare quel monitoraggio continuo su ponti, viadotti, cavalcavia che abbiamo previsto nel decreto Genova e che ci permetterà di capire dove andare a fare ispezioni, dove sarà dunque necessario investire risorse pubbliche per la manutenzione e dove quindi ci sarà bisogno del vostro intervento e della vostra professionalità per rimettere in sicurezza un’opera pubblica”.
C’è però un problema.
Già una decina di giorni fa il ministro si presentò insieme alle Iene sotto uno dei viadotti della Strada dei Parchi (A24 e A25) per denunciarne i problemi e lo stato di abbandono.
Ma la parte curiosa della vicenda è che proprio nel decreto Genova non sono stati messi i 200 milioni di euro necessari per la messa in sicurezza di piloni e viadotti.
E agli appassionati di coerenza legislativa ricordiamo che nel decreto c’è però spazio per una sanatoria delle case abusive di Ischia.
“Purtroppo, abbiamo dovuto prendere atto che i vertici tecnici del Ministero ancora non ritengono che ci siano le condizioni per firmare i decreti attuativi che autorizzerebbero i lavori di messa in sicurezza dei viadotti, perchè a loro dire non c’è la copertura; un fatto incomprensibile se si considera che il ministro Toninelli ha assunto, pubblicamente, l’impegno dello sblocco dei fondi”, ha fatto sapere Mauro Fabris, vice presidente di Strada dei Parchi Spa, concessionaria delle autostrade abruzzesi e laziali A24 e A25.
Secondo alcune indiscrezioni, infatti, l’ufficio legislativo del Mit ha sbagliato la modalità (tecnicamente: si sono dimenticati la rimodulazione dei fondi) con cui era previsto nel decreto Genova lo stanziamento di 192 milioni per gli interventi antisismici sulle autostrade A24 e A25.
Una volta ammesso l’errore, però, al DIPE non è stato posto rimedio a nulla. E così i piloni dei viadotti della Strada dei Parchi dovranno rimandare l’intervento urgentissimo che era stato pubblicizzato in tv.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 16th, 2018 Riccardo Fucile
E QUESTO SAREBBE IL NUOVO PRESIDENTE DELLA RAI
Marcello Foa è sicuramento noto anche per l’uso disinvolto dei social per attacchi
politici, perfino alle alte cariche dello Stato.
Ma in questa circostanza la gaffe riguarda un evento drammatico per la memoria del Paese.
Il presidente della Rai è in Israele, dove deve partecipare anche a una conferenza su “manipolazione dei media e fake news”.
E twitta sull’anniversario del rastrellamento degli ebrei nel ghetto di Roma.
Annuncia la sua partecipazione a iniziative per ricordare quella pagina vergognosa della storia italiana solo che, invece di parlare di commemorazione, usa la parola sbagliata: “celebrazioni”.
Ma soprattutto sbaglia la data. Parla di 65esimo anniversario.
Per Foa dunque il rastrellamento sarebbe avvenuto nel 1953
(da agenzie)
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Ottobre 16th, 2018 Riccardo Fucile
E’ LA LIBERTA DI STAMPA DEI SOVRANISTI E DEI LORO FINANZIATORI
“Avremmo dovuto, modificando la linea politico-editoriale, assumere un atteggiamento neutrale nei confronti di sovranismo e xenofobia. Ci siamo serenamente rifiutati di farlo”.
Così Giovanni Maria Bellu, direttore di Sardinia Post, motiva nel suo ultimo editoriale le dimissioni dalla testata online da lui stesso fondata il 1°ottobre 2012.
Una scelta, spiega, dovuta alla richiesta dell’editore — l’armatore Vincenzo Onorato, presidente di Moby Lines e del team velico Mascalzone Latino — di modificare la linea politica del giornale .
“In questi sei anni — rivendica Bellu — abbiamo dato le notizie. Abbiamo svelato svariati casi di uso improprio della cosa pubblica senza guardare al colore politico dei responsabili”
“Ci accingevamo a esercitare questa stessa funzione nei prossimi mesi, nel seguire l’imminente campagna elettorale per le elezioni regionali di febbraio”, continua. “Elezioni di straordinaria importanza, non solo locale. Si svolgeranno, infatti, a pochi mesi da una tornata di elezioni europee considerate decisive per il futuro della Ue, e saranno un test per il governo Cinque Stelle-Lega che guida l’Italia dalla scorsa primavera”.
La Sardegna, spiega, “è tornata ad essere un laboratorio politico di rilevanza nazionale”: sia a sinistra, con il progetto di una lista civica regionale guidata dal sindaco di Cagliari Massimo Zedda, sia a destra, con il leader leghista Matteo Salvini che ha designato come candidato governatore il leader del Partito sardo d’azione, e senatore della Lega, Christian Solinas. In quest’ultimo caso, scrive Bellu, “si avrebbe il paradosso del segretario di un partito autonomista, sul filo dell’indipendentismo, designato dal leader politico di una forza germogliata sul risentimento antimeridionalista del Nord, poi trasferito sugli immigrati. In effetti è davvero difficile individuare un legame di Matteo Salvini con la Sardegna, a parte la sua recente incriminazione per sequestro di persona“, attacca.
“Queste considerazioni — conclude — non possono più avere uno sviluppo nelle pagine di Sardinia Post”.
E annuncia il proprio “sereno rifiuto” ad assumere, come chiesto da Onorato, un linea editoriale neutrale nei confronti di “queste fantasmagoriche sperimentazioni politiche tra sovranismo e xenofobia”.
“Ringrazio la redazione ed i collaboratori — scrive — sono sicuro che l’editore e il nuovo direttore, al quale auguro buon lavoro, sapranno salvaguardare questo patrimonio di professionalità , intelligenza e cultura”.
I giornalisti della testata, riuniti in assemblea, esprimono preoccupazione per i contenuti dell’editoriale: “La redazione riconosce che rientra nei poteri dell’editore decidere l’indirizzo politico della testata, ma ritiene con fermezza che ciò non possa e non debba avvenire in alcun caso a scapito delle regole fondamentali della professione”, scrivono.
(da agenzie)
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Ottobre 16th, 2018 Riccardo Fucile
NON SI CANCELLANO SOLO SANZIONI E INTERESSI DI MORA, MA LA CIFRA EVASA, PAGANDO SOLO IL 20%
Un condono vero e proprio per chi fa emergere fino a un terzo del reddito dichiarato
l’anno precedente, una rottamazione ter delle cartelle di Equitalia con pagamento dilazionato in cinque anni, sconti per chi rinuncia ai contenziosi tributari con il fisco e cancellazione di interessi e sanzioni per chi ha in corso un accertamento fiscale e paga la maggiore imposta per evitare guai peggiori.
Sarà davvero arduo continuare a ripetere che la pace fiscale del governo Lega-M5S non è un condono, tanto che c’è già chi, come Marco Travaglio, ha già perso la voglia di reggere il gioco ai gialloverdi. E se ne capisce perfettamente il motivo.
Spiega oggi La Stampa che tecnicamente si chiama “dichiarazione integrativa”, ma vale mezzo condono perchè per i precedenti cinque anni di imposta si potrà far emergere fino a un terzo di quanto dichiarato l’anno precedente e non oltre 100 mila euro, pagandoci sopra solo un 20% di imposta.
Secondo lo studio del tributarista Gianluca Timpone, spiega sempre il quotidiano, un contribuente che abbia dichiarato 50mila euro nel 2013 e integri a 65mila euro il proprio reddito, sui 15mila fatti emergere pagherà soltanto 3mila euro di Irpef, risparmiandosi il pagamento delle salatissime sanzioni e gli interessi di mora.
Roberto Petrini su Repubblica nota che si tratta dello stesso strumento usato da Berlusconi e Tremonti nel 2002 per varare il condono tombale, ed è stato oggetto di resistenza da parte dei grillini fino all’ultimo: tant’è che nel penultimo testo circolato la settimana scorsa c’era, mentre in quello di sabato scorso era sparita.
Ora torna, con qualche paletto, ma mantenendo intatta la propria efficacia.
Il punto fondamentale della nuova “dichiarazione integrativa”, che la qualifica come condono, è che non si limita a cancellare sanzioni e interessi di mora ma consente di mettersi in regola pagando – come avviene con il decreto varato ieri – il 20 per cento dell’imponibile Irpef emerso.
Si dichiara oggi con lo sconto quello che non è stato dichiarato allora.
C’è un tetto da rispettare: il nuovo imponibile dichiarato ad integrazione del vecchio non può essere superiore al 30 per cento di quanto dichiarato in modo fraudolento e comunque non superare il tetto dei 100 mila euro.
Spiega ancora La Stampa:
La novità è che anzichè pagare tutto in sette mesi ora si pagherà in cinque anni con più comode dieci rate semestrali a tasso di interesse ridotto dal 3,5 al 2%. In pratica per una cartella notificata nel giugno scorso per 55mila euro di Irpef evasa, anzichè pagare 86.135 euro, di cui oltre 11mila di interessi e sanzioni, si chiuderà la partita versando 67.050, il 22% in meno.
Sconti che salgono se la cartella è più datata, perchè in quel caso gli interessi sono molto più alti. Si posso sanare Irpef, Iva, contributi previdenziali, Irpef ed Ires per debiti notificati dal 2000 al 31 dicembre 2017.
Poi c’è la rottamazione-ter delle cartelle: per mettersi in regola si pagherà l’intero ammontare delle imposte dovute, ma saranno annullate sanzioni (che possono arrivare al 150 per cento) e interessi.
L’estensione del rottamabile è molto ampia e riguarda l’intera filiera del rapporto contribuente-fisco: dall’accertamento in corso alla cartella che ingiunge il pagamento. Le rate saranno trimestrali, in tutto venti, dunque si potrà pagare l’intero ammontare in cinque anni con interessi più bassi: in tutto l’incasso sarà di 11 miliardi.
C’è poi la chiusura delle liti pendenti con il fisco di fronte alle commissioni tributarie: il processo con l’Erario si potrà interrompere pagando il 50% del non dichiarato e il 20% in secondo grado per evitare la Cassazione. Ne potranno beneficiare tutti, quindi anche i maxi contenziosi avranno una speranza di chiusura indolore. Esultano i grandi evasori.
Per fare buon peso c’è poi la rottamazione dei debiti sotto i 1.000 euro con fisco e varie amministrazioni: multe, bollo auto e piccoli debiti, naturalmente assai vecchi, ricevute nel decennio 2000-2010.
Tutto cancellato, alla faccia degli onesti che le multe le hanno pagate
(da agenzie)
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Ottobre 16th, 2018 Riccardo Fucile
E’ LA CORTE DEI MIRACOLI, TRE CAMBI DI LINEA IN 12 ORE
Lo si legge chiaro e tondo nel comunicato che questa mattina il governo italiano ha fatto pubblicare sul sito della presidenza del Consiglio dei ministri: “Si abolisce il numero chiuso nelle facoltà di Medicina, permettendo così a tutti di accedere agli studi”.
Un’affermazione perentoria e sicura che nel corso della mattinata è diventata una boutade.
In un tweet il presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss), Walter Ricciardi, che per ovvi motivi risalenti al decreto Lorenzin non si aspetta certo di essere confermato dall’esecutivo in quel ruolo, dice che si tratta di una decisione folle.
Poi arriva la prima mazzata: a margine di una conferenza stampa organizzata a Venezia il ministro della Pubblica Istruzione Marco Bussetti fa sapere che la decisione è stata presa a sua insaputa: “Voglio essere sincero, a me non risulta questa cosa. Farò le dovute verifiche ma non mi risulta nulla di simile”.
Verso mezzogiorno arriva la nota congiunta di Bussetti e di Giulia Grillo, ministra della Sanità e altra interessata al provvedimento: qui arriva una mezza retromarcia che però va letta tra le righe.
I Ministri Bussetti e Grillo hanno chiesto in sede di Consiglio dei Ministri di aumentare sia gli accessi sia i contratti delle borse di studio per medicina.
Lo si apprende in una nota ufficiale che precisa quanto uscito oggi in alcuni siti che parlava di una abolizione del numero chiuso.
“È un auspicio condiviso da tutte le forze di maggioranza che il Governo intende onorare — si legge poi — Si tratta chiaramente di un percorso da iniziare già quest’anno per gradi. Per assicurare l’aumento dei posti disponibili e avviare un percorso condiviso, a breve sarà convocata una prima riunione con tutti i soggetti interessati a cominciare dalla Crui”.
Alle 12,30 finalmente parla Palazzo Chigi: “In merito al superamento del numero chiuso per l’accesso alla facoltà di Medicina, la Presidenza del Consiglio precisa che si tratta di un obiettivo politico di medio periodo per il quale si avvierà un confronto tecnico con i Ministeri competenti e la Conferenza dei Rettori delle università italiane (CRUI), che potrà prevedere un percorso graduale di aumento dei posti disponibili, fino al superamento del numero chiuso”.
Insomma, il governo non ha abolito il numero chiuso, obiettivo di medio periodo, ma ha cominciato ad annunciarlo per portarsi a casa i risultati di breve periodo.
Quelli elettorali-
L’effetto di una cosa del genere sull’organizzazione delle Università sarebbe dirompente, basti pensare che quest’anno su 67mila candidati sono passati in 10mila, coiè coloro che hanno superato il test e sono entrati nel numero chiuso. E’ facile comprendere quale sforzo organizzativo richiederebbe agli atenei far entrare tutti e non solo dal punto di vista delle aule dove si svolgono i corsi. In generale andrà riorganizzata tutta la didatica, cosa che richiederà fondi extra.
Tanto più che probabilmente il numero chiuso scoraggiava alcuni giovani diplomati, che temendo di essere bocciati non si presentavano nemmeno. Con l’apertura a tutti, dal prossimo anno a Medicina potrebbero iscriversi ancora più persone di quelle che normalmente si candidano al test.
Il problema principale del reclutamento dei medici da parte del servizio pubblico in questo momento, tra l’altro, ha a che fare con le scuole di specializzazione, cioè si presenta in una fase successiva rispetto all’ingresso alle Università .
Per formare cardiologi, internisti, chirurghi generali eccetera quest’anno sono state bandidte 7mila borse di studio per laureati in medicina.
Si tratta di un numero inferiore ai circa 10mila laureati ma anche a quello dei medici che dovrebbero andare in pensione (circa 8mila).
Ammettere tutti a Medicina senza aumentare le borse di specializzazione non servirebbe quindi ad far crescere il numero degli specialisti pronti ad entrare in ospedale o a diventare medico o pediatra generico, perchè l’imbuto si trova appunto nelle scuole di specializzazione.
(da agenzie)
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Ottobre 16th, 2018 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA: “ALTRI PAESI CI COPRIREBBERO DI INGIURIE”
La commissione europea alza il muro a poche ore dall’invio da parte dell’Italia del Draft
Budgetary Plan 2019, il documento che riassume tutte le principali misure che il governo inserirà nella prossima legge di Bilancio.
“Se accettassimo il derapage” previsto dalla manovra rispetto alle regole europee, ha detto il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker in un incontro con la stampa audiovisiva italiana, “alcuni Paesi ci coprirebbero di ingiurie e invettive con l’accusa di essere troppo flessibili con l’Italia”.
La dinamica della finanza pubblica italiana “mi dà molte preoccupazioni” ma “non abbiamo pregiudizi: ne discuteremo con l’Italia come facciamo con tutti gli altri Paesi”, ha aggiunto il numero uno dell’esecutivo Ue annunciando che oggi pomeriggio avrà un colloquio telefonico con il premier Giuseppe Conte.
Il presidente della Commissione ha aggiunto anche che non intende esprimersi sugli interventi nel dettaglio. “Non ho commenti da fare sulle misure contenute” nella manovra, ha detto ma “guardo ai risultati in termini di bilancio e saldo”.
Il punto è quello di “rispettare gli impegni presi. Quelle dei contenuti è un affare italiano” e “se dicessimo che siamo contro” questa o quella misura “ci attaccherebbero. Giudicheremo senza entrare nei contenuti”.
Secondo Juncker però “non bisogna mettere l’Italia sul banco degli imputati” al vertice Ue di domani. “Non mi pare una buona idea: c’è tutta una procedura da seguire prima” di porre eventualmente la questione italiana al Consiglio europeo.
“Non cominciamo dalla fine”, ha detto. “L’Europa ha bisogno dell’Italia e l’Italia dell’Europa” che non sarebbe più la stessa senza il nostro Paese.
Il presidente ha risposto con un secco ‘no’ a chi gli ha chiesto oggi se pensa che l’Europa potrebbe sopravvivere all’uscita dell’Italia.
Juncker ha ricordato poi come recenti sondaggi abbiano indicato che la maggioranza degli italiani sia favorevole all’appartenenza dell’Italia all’Eurozona.
(da agenzie)
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Ottobre 16th, 2018 Riccardo Fucile
LA LINEA COMUNE DEI SOVRANISTI: CONDONI AGLI EVASORI E GALERA PER I POVERI
Il reticolo di sottopassaggi del centro di Budapest ieri era completamente deserto. Accanto ai piloni dei ponti, e vicino ai marciapiedi solo i resti di giacigli provvisori, qualche rifiuto, i bidoni usati come stufe ormai fredde. Le decine di clochard che qui trovavano rifugio sono improvvisamente scomparse.
Dopo la persecuzione dei migranti e delle sulle ong, nel mirino di Orban sono finiti i senzatetto: da ieri in Ungheria chiunque venga sorpreso a dormire per strada sarà arrestato.
È l’effetto della modifica dell’articolo 22 della Costituzione voluta dal governo, approvata dal parlamento di Budapest, e fortemente criticata dagli attivisti dei diritti umani come «crudele».
Già a giugno l’esperta di housing dell’Onu, Leilani Farha, l’aveva definita «incompatibile con la legge internazionale per i diritti umani».
Il provvedimento dà la possibilità alla polizia di arrestare i senzatetto che vengono scoperti tre volte in 90 giorni a dormire all’aperto.
La polizia, dopo tre «avvertimenti», avrà la facoltà di portarli in carcere e distruggere tutti i loro averi. A meno che i clochard non siano in grado di pagare una multa che, secondo le ong, «nessuno di loro potrà pagare».
L’obiettivo è «assicurare che i senzatetto spariscano dalle strade e che i cittadini possano fare uso dello spazio pubblico», ha dichiarato Attila Fulop, segretario di Stato per gli affari sociali
Gabor Ivanyi, che guida il gruppo Oltalom (Shelter) che gestisce rifugi con 600 posti letto a Budapest, ha detto che «questa legge ha lo scopo di spaventare i senzatetto per spingerli a fuggire», e che «ora hanno paura, e non possiamo prevedere cosa succederà ».
(da agenzie)
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