Agosto 6th, 2019 Riccardo Fucile
PRESCRITTA LA TRUFFA DI BOSSI E BELSITO PER IL TEMPO TRASCORSO… NUOVA PENA A BELSITO PER APPROPRIAZIONE INDEBITA
Prescritto il reato di truffa per Umberto Bossi e Francesco Belsito. Quest’ultimo resta responsabile del reato di appropriazione indebita: per lui ci sarà in questo caso la rideterminazione della pena in Appello.
Lo ha deciso la Cassazione che si è pronunciata in merito al processo sulla truffa ai danni dello Stato per i rimborsi elettorali. I giudici hanno anche confermato la confisca dei 49 milioni alla Lega, mentre cadono le confische personali.
Una parte di quei rimborsi elettorali truffaldini sono stati incassati dalla Lega anche dopo il “movimento delle scope” del 5 aprile 2012 che aveva defenestrato Bossi (che lasciò ai suoi successori in bilancio un attivo da 41 milioni).
Nel periodo in cui la segreteria leghista è stata retta da Roberto Maroni, nelle casse dei lumbard sono stati versati dal Parlamento quasi 13 milioni oggetto della truffa, e 820mila euro durante la segreteria Salvini.
Ma al di là di quanto sia l’importo, che fine hanno fatto quei milioni di euro che, secondo l’accusa, Bossi e Belsito hanno ottenuto da Camera e Senato falsificando i rendiconti delle spese elettorali?
Perchè, se il governatore della Lombardia e l’attuale segretario sapevano della truffa (Salvini s’è addirittura costituito parte civile), hanno continuato a incassarli, e, soprattutto, a spenderli, visto che la Lega è stata costretta a licenziare il personale per essere rimasta senza un euro in bilancio?
Nel 2014 la Lega, da alcuni mesi guidata da Matteo Salvini come segretario, incassò parte dei 49 milioni di rimborsi elettorali ai quali ora la procura di Genova sta dando la caccia perchè oggetto di una truffa. Secondo la sentenza del tribunale che in primo grado aveva condannato Umberto Bossi e il tesoriere Francesco Belsito – oggi è arrivata la prescrizione – sono soldi che devono tornare nelle casse dello Stato.
Salvini, nel frattempo diventato ministro dell’Interno e vicepremier, ha sempre preso le distanze da quei denari sostenendo, senza fornire spiegazioni dettagliate, che lui non ne sa nulla se non che “sono stati spesi in dieci anni”.
Una presa di distanza condivisa, se non nei toni almeno nella sostanza, con il suo predecessore alla guida del Carroccio, Roberto Maroni.
La procura genovese, che dopo una serie di pronunce discordi è stata alla fine autorizzata dalla Cassazione a procedere al sequestro dei soldi della Lega (fino ad oggi la Finanza è riuscita a mettere le mani solo su un paio di milioni di euro), sospetta che una parte di quei 49 milioni abbia seguito percorsi “carsici” fra l’Italia, il Lussemburgo e ritorno. Un viaggio iniziato con la segreteria di Maroni e proseguito con quella di Salvini.
L’ipotesi investigativa è che una decina di milioni di euro dopo essere stati depositati presso la Sparkasse di Bolzano vennero dispersi fra alcune fiduciarie riconducibili a soggetti vicini alla Lega per poi rientrare, nel 2016, in un conto di “transito” della Cassa di Risparmio di Bolzano. In quello stesso anno Sparkasse investe dieci milioni di euro nel fondo di investimento lussemburghese Pharus Management.
Nel gennaio dell’anno scorso tre di quei milioni compirono il percorso inverso per rientrare nei depositi della banca. Secondo la procura, che si muove anche sulla base di una segnalazione delle autorità del Lussemburgo all’anti riciclaggio di Bankitalia, quelli sono i soldi dei rimborsi truffa.
Nel luglio 2017 si arriva alle condanne di primo grado del fondatore della Lega (2 anni e 5 mesi), di Belsito (4 anni e 10 mesi) e di altre 5 persone (tre dipendenti del partito e due imprenditori).
Con quella sentenza, i giudici di Genova disposero anche la confisca diretta di quasi 49 milioni a carico del Carroccio, perchè “somma corrispondente al profitto, da tale ente percepito, dai reati per i quali vi era stata condanna”.
Di conseguenza, la Procura di Genova aveva chiesto e ottenuto, nel settembre 2017, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca della somma indicata. Ma le cifre effettivamente sequestrate ammontavano allora a poco più di 2 milioni.
Qui si era inserita la richiesta dei Pm genovesi di estendere l’esecuzione del sequestro, richiesta poi respinta dal Riesame di Genova.
La Cassazione, però, con la sua decisione del 12 aprile 2018, ha accolto il ricorso della Procura e ha stabilito “l’esistenza di disponibilità monetarie della percipiente Lega Nord che si sono accresciute del profitto di reato, legittimando così la confisca diretta del relativo importo”.
Un accordo tra Procura di Genova e gli avvocati della Lega Nord, raggiunto lo scorso settembre, aveva disposto la restituzione a scaglioni della somma in rate da 100 mila euro a bimestre. Con un piano di pagamenti da 600mila euro l’anno, la restituzione avverrà in 80 anni.
(da agenzie)
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Agosto 6th, 2019 Riccardo Fucile
CRONACA DI UN GIORNO D’ANSIA PRIMA DEL VOTO SU TAV… L’AIUTO DELLE OPPOSIZIONI PER PUNTELLARE L’ESECUTIVO: “I NOSTRI SE LA STANNO FACENDO SOTTO”
Perchè poi, per orientarsi nel bosco, basta seguire le vecchie volpi. Ecco, a metà giornata, se vuoi capire come andrà a finire, avvicini il vecchio Pier, professionista della politica, nell’era dell’antipolitica.
Si adagia su una poltrona, con l’aria di chi ha dormito due ore: “Mi sembra – dice Casini – che le opposizioni siano alacremente impegnate a puntellare il governo. Alacremente. Amici cari, è agosto”.
Altra vecchia volpe, al suo fianco c’è Lorenzo Cesa, l’altro gemello diverso ai tempi d’oro dell’Udc: ”È evidente, guardali, sono tutti impauriti, Forza Italia e Pd stanno facendo di tutto per evitare l’incidente”.
Poi la conversazione scivola sulle vacanze: “Pier, ma quando passi in Puglia chiama, che ti porto io in un posto che fa del gran pesce”.
È chiaro come andrà a finire su questa vicenda della Tav, ultimo scoglio prima delle vacanze. Al netto del clima ansioso, tutt’attorno. Ansia diffusa, abilmente montata dalle dichiarazioni di Salvini, anzi chiamiamoli schiaffi in faccia ai Cinque stelle, dalle voci che si rincorrono.
Ansia crescente, in una una ridda di congetture catastrofiste. Che contagiano anche chi ne ha viste proprio tante. Sentite anche uno che ne ha viste parecchie, come Maurizio Gasparri: “Qua sostengono che salta tutto. Pare che Salvini aprirà la crisi anche se la mozione sulla Tav dei cinque stelle domani non passa. Così dicono, coglie l’attimo”. Che clima impazzito che c’è nel Palazzo, dove in pochi hanno la calma olimpica dei vecchi democristiani.
Ecco un metro dell’impazzimento collettivo. Basta avvicinarsi al capogruppo della Lega Massimiliano Romeo, sorridente, compiaciuto, perchè sentirsi onnipotenti è un eccitante ineguagliabile: “Oh, ragazzi – dice parlottando coi suoi – qua c’è il panico. Guardate qua. Ho ricevuto 50 messaggi. Uno mi chiede se è vero che stiamo brigando per chiedere alle opposizioni di farle uscire e creare l’incidente. Altri mi chiedono se Salvini sale al Quirinale domani. Stanno tutti impazzendo”.
Se la ride Romeo, perchè sa che questo è l’effetto Salvini, l’onda sismica del Papeete che fa tremare i Palazzi, l’incertezza come strategia, il grande ballo che espone al pubblico ludibrio la nudità di un alleato debole e impaurito.
È così, proprio così, fa davvero impressione. E qualcuno è autenticamente scandalizzato. Luigi Zanda, aria grave e riflessiva, ad esempio: ”È incredibile, governo e Parlamento appesi alla volontà di un uomo solo che sbeffeggia il paese da un lido balneare”.
Insomma, dicevamo, lo abbiamo capito come andrà a finire. Alla riunione del gruppo del Pd, qualcuno ci ha provato a cacciare gli attributi, ricordando che il primo compito dell’opposizione sarebbe quello di far cadere il governo.
Zanda, Misiani, un po’ di senatori vicini al segretario hanno spiegato l’abc: “Noi diciamo che votiamo la nostra mozione e sulle altre sono affari vostri. Se fa lo stesso Forza Italia, passa quella dell’M5s e a quel punto o si apre la crisi o diciamo che Salvini è un buffone”.
Non fa una piega, peccato che il gruppo al Senato è ancora controllato dall’altro Matteo, il Matteo giusto o sbagliato a seconda dei punti di vista.
Una raffica di interventi per dire che no, “dobbiamo bocciare la mozione no tav, perchè è una questione identitaria, poi come lo spieghiamo”.
Il problema è anche che nemmeno Forza Italia questa manovra la vuole fare, con mezzo gruppo terrorizzato dal voto.
Ascoltate Licia Ronzulli, che parla fitto fitto con qualche collega, lontano da orecchie indiscrete (così spera): “Berlusconi lo ha detto, ‘fate di tutto per far cadere il governo’, ma la verità è che qui se la fanno tutti sotto. E sbagliano perchè a noi converrebbe andare al voto subito”.
Il ragionamento non fa una piega, perchè adesso un po’ di potere contrattuale Berlusconi ce l’ha ancora, tra qualche mese chissà : la scissione, l’emorragia di gente, di voti, insomma il tempo rema contro.
È la storia di una paura speculare, perchè la manovra ha senso se la fanno tutte le opposizioni, numeri alla mano: “Se Forza Italia si astiene – dice Misiani – è un fatto nuovo di cui non possiamo non tenere conto. Alla fine ci siamo assestati su questa linea. Però non arrivano segnali”.
Ecco, allora accadrà che la mozione ‘no tav non passerà ‘, passeranno quelle sulla tav, e la contraddizione del governo non precipita in un voto dell’Aula, come ci hanno detto, all’inizio di questo racconto, le due volpi democristiane.
Accadrà che questa crisi di fatto, resterà extraparlamentare, perchè a Salvini non basta vincere, e neanche stravincere. La sua drammaturgia prevede l’esposizione al paese della fragilità altrui. E quindi dirà che comunque un problema politico c’è, perchè non è normale che un partito di governo voti contro la linea del premier sulla Tav: “Beh – dice Romeo – in un paese normale, ad esempio, il ministro delle Infrastrutture si dimetterebbe, tanto per dirne una, dopo il voto di domani. Comunque una riflessione andrà fatta, nell’ambito di questa fase due di cui parla Conte. O no?”.
Avanti così: o obbedite o tutti a casa.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 6th, 2019 Riccardo Fucile
E DI MAIO NON PUO’ NEANCHE ESPELLERE I CINQUE CHE NON HANNO VOTATO LA FIDUCIA PERCHE’ NON AVREBBE PIU’ LA MAGGIORANZA AL SENATO
Più di venti interventi, uno dopo l’altro. L’assemblea dei senatori M5s diventa un flusso di coscienza: “Non possiamo subire così dalla Lega. Va detto a Luigi”.
L’aria che tira dentro il Movimento 5 Stelle è questa, tra frustrazione, rabbia e voglia di rialzare la testa.
Il primo round è stato questa mattina, domani sera ci sarà il secondo quando si riuniranno tutti i parlamentari in una riunione congiunta e questa volta Di Maio non potrà essere assente.
A lui sarà consegnato un documento che il Direttivo sta scrivendo in queste ore: “Serve a mettere nero su bianco ciò che abbiamo detto in assemblea. A raccogliere e sintetizzare le istanze emerse. Si tratta di proposte costruttive e condivise”.
Con queste parole gli uffici grillini provano a bloccare in partenza voci di ribellione al capo politico. Ma in assemblea i toni sono stati accesi e Luigi Di Maio è finito inevitabilmente nel mirino.
Michele Giarrusso sfoglia i giornali nella sala lettura del Senato, reduce dall’assemblea. Fino all’ultimo ha tenuto tutti sulle spine, nell’incertezza che potesse votare contro la fiducia sul decreto Sicurezza bis: “Il documento per Di Maio? Vediamo cosa ci sarà scritto e una volta letto deciderò se firmarlo”.
E a pensarla come lui ce ne sono tanti. “Non possiamo permettere che vengano stravolti i nostri valori”, osserva Gianluigi Paragone che guarda con preoccupazione la nuova fase politica che si è aperta dopo il voto delle elezioni Europee.
Fase politica che potrebbe avere il suo culmine già domani.
“Abbiamo letto le dichiarazioni di Salvini, quelle in cui dice ‘no’ ad altri mesi di polemiche e che se siamo troppo diversi si torna al voto. Cosa significa?”, si chiedono i senatori grillini.
Lo scoglio da superare è la mozione sulla Tav. Con ogni probabilità quella del Movimento sarà bocciata con i voti della Lega, ma la paura in casa M5s è che il ministro dell’Interno colga l’occasione per aprire un problema politico e chiedere la testa, per esempio, di Danilo Toninelli. Non solo. Rivendicare ancora di più il suo peso all’interno della maggioranza
Per questo, nel documento ci sarà scritto che è necessario contrastare quella che viene definita la ‘propaganda’ salviniana. “Ieri Salvini ha ringraziato la Vergine Maria e nonostante il sì dell’Aula oggi ha continuato ad attaccarci”, si lamenta un senatore.
I parlamentari inoltre sottolineano ormai da tempo la necessità di un cambio di passo. Giarrusso è ormai uscito allo scoperto: “Occorre cambiare le cose, altrimenti non si va nessuna parte”.
A Di Maio sarà chiesto un cambio di strategia sia nei rapporti con l’alleato per far valere di più le istanze del Movimento 5 Stelle sia nella struttura stessa del partito. Uno dei punti del documento riguarderà la mancata condivisione: “È necessario che il governo concordi i decreti e i provvedimenti con i gruppi parlamentari. Altrimenti facciamo solo da passacarte”. La richiesta dunque è quella di una maggiore partecipazione.
C’è anche chi è intervenuto contro i cinque senatori che non hanno votato la fiducia al governo. “Serve disciplina. Le nostre regole prevedono che la fiducia va votata”.
Con ogni probabilità ci sarà un passaggio ai probiviri ma è difficile andare verso le esplusioni, significherebbe non avere più i numeri necessari per la sopravvivenza del governo. Eventualità che tutti, per il momento, vogliono scongiurare.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 6th, 2019 Riccardo Fucile
LA TRASFORMAZIONE DA BONUS A DETRAZIONE FISCALE RIDURRA’ I BENEFICI PER CHI DICHIARA REDDITI TRA 8.145 E 13.000 EURO L’ANNO
Torna e ritorna da anni ormai, come un tormentone. E adesso sembra essere arrivato il momento con l’annuncio ufficiale da parte della Lega nel secondo incontro con le parti sociali.
Sarà perchè ha il nome di un presidente del Consiglio controverso come Matteo Renzi. Il bonus da 80 euro che nel 2014 il governo di centrosinistra introdusse e che lo stesso Matteo volle ben visibile in tutte le buste paga che ne avevano diritto e cioè quelle tra gli 8.145 euro e i 26 mila di stipendio annuale.
Una fascia di lavoratori dipendenti medio bassa, che usciva con le ossa rotte dalla crisi e che aveva bisogno di potere d’acquisto.
Il bonus fece allo scopo: 960 euro all’anno, spese in consumi e, come ha detto la Banca d’Italia, la misura aiutò la crescita del Pil in modo sostanziale.
Certo la gabbia fissa della misura, 80 euro per tutti, ha creato degli scompensi: subito sotto gli 8.145 euro si rimase a bocca asciutta come pure sopra i 26.600.
L’Agenzia delle entrate fece qualche errore e alcuni furono addirittura furono chiamati a restituire quanto avuto in più
Dal punto di vista tecnico si tratta di una erogazione monetaria, più simile agli assegni familiari erogati dall’Inps.
Oggi la si vuole trasformare in una detrazione fiscale o contributiva: si può fare, come tutto. Ma la detrazione fiscale non sarà più uguale per tutti, alcuni ci perderanno altri ci guadagneranno: questo perchè per beneficiare della detrazione bisogna avere un debito con il fisco, e questo debito è zero a quota 8.145 e posi sale gradualmente fino a 13 mila euro senza arrivare mai pienamente a creare lo spazio per una detrazione di 960 euro l’anno.
Dunque cambiare il nome agli 80 euro non è un puro fatto contabile, ma interviene sulla distribuzione del reddito.
Tanto più per chi è ormai abituato a riceverlo e scoprirà l’improvvisa riduzione del suo salario netto.
Del resto anche limitando la misura alla decontribuzione, oggi 9,2 per cento dello stipendio, le fasce più basse tra gli 8.145 e i 10 mila non arriverrebbero alla capienza di 960 euro pari al bonus attuale dunque perderebbero rispetto ad oggi a meno di inserire una piccola aggiunta, cioè un mini-bonus, senza contare che agire sulla contribuzione per fasce è molto più rischioso in quanto si potrebbe dire che il taglio dei contributi pensionistici dovrebbe investire tutta la platea di coloro che beneficeranno della pensione
L’ultimo argomento che viene speso è che oggi la pressione fiscale, essendo come abbiamo visto gli 80 euro una spesa, non registra l’intervento e resta più alta del dovuto.
Si tratta veramente di un problema contabile, tanto è vero che nei Def di Padoan venivano indicate con precisione le due pressioni fiscali, una con gli 80 euro e una senza. Nella babele ognuno può dire la sua, ma con crescita zero e debito al 132 per cento del Pil forse è bene essere prudenti.
(da agenzie)
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Agosto 6th, 2019 Riccardo Fucile
PER IL 46% LA SITUAZIONE E’ RIMASTA INVARIATA, PER IL 44% E’ PEGGIORATA
Gli ultimi sondaggi di Tecnè per Dire, presentano un quadro piuttosto preoccupante per i partiti di governo: gli italiani non percepiscono miglioramenti economici rispetto all’anno scorso. Lega e M5s si fermano alla prova dei fatti.
Tanta propaganda e poca sostanza?
Solo il 10 per cento degli intervistati pensa che la situazione sia migliorata, mentre il 46 per cento la vede invariata, e un 44 per cento pensa che ci sia stato un peggioramento.
Il sondaggio indaga anche la percezione che gli italiani hanno della propria situazione personale, una netta maggioranza, il 75 per cento, non vede cambiamenti.
Solo il 3,9 per cento pensa di aver migliorato la propria situazione, mentre oltre il 20 per cento vede addirittura un peggioramento.
Il sondaggio infine indaga il piano dei risparmi. Il 30 per cento dichiara di essere riuscito a mettere da parte dei risparmi, mentre il 12,9 per cento degli intervistati ha contratto debiti.
(da TPI)
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Agosto 6th, 2019 Riccardo Fucile
LA BANCAROTTA MORALE E POLITICA GRILLINA: “LA STORIA VI CHIEDERA’ IL CONTO DI TUTTO”
Una bancarotta morale e politica. Non solo succubi di Salvini ma complici di una legge sciagurata che criminalizza chi salva vite umane (e non potrà che provocare più morti) bastione le Ong e introduce nel paese tassi di repressione modello Turchia di Erdogan e Russia di Putin, dove chi scende in piazza per manifestare è arrestato e bastonato da una polizia nella quale tutto è permesso mentre al popolo tutto è vietato.
“Ma come fate? La storia vi chiederà il conto. Di tutto”. Una vittoria per Salvini, un problema in più per i Cinquestelle che ora, almeno sui social network, si trovano a dover affrontare la rabbia di quanti si sentono traditi dal voto al Senato sul dl Sicurezza bis. Troppo, evidentemente, per i sostenitori del Movimento, che da ieri sera stanno commentando con parole al vetriolo l’ultimo post del leader Luigi Di Maio, condiviso dalla pagina ufficiale 5S. “Vergogna” e “venduti”, i commenti più gettonati, lanciati da quanti accusano i pentastellati di anteporre la poltrona alle ragioni che hanno da sempre ispirato i 5S.
“Vergognatevi – ‘gridano’ usando il maiuscolo -. Per paura di perdere le poltrone vi siete svenduti definitivamente al ministro della paura. Passerete alla storia come il partito scomparso più velocemente dalla scena politica. Siete i politici zero”, scrivono, mentre notano come “ogni volta che votate i provvedimenti di Salvini perdete nei consensi, fossi in voi – consigliano – mi farei due calcoli”
E ancora: “Siete passati dall’avere la maggioranza e il supporto degli Italiani a post pieni di commenti di dissenso! Il popolo – recriminano – vi ha dato fiducia e ha fatto male. Tutte chiacchiere, allora, quelle di questi anni?”. “Siete delle pecore nelle mani del lupo Salvini pur di non lasciare la poltrona”, l’accusa che si aggiunge a dei “complimenti”, ma al veleno: “Confermato che siete completamente asserviti, non ci sono più speranze! Tra voi e Salvini non vi si può più sentire”.
“Movimento 5 poltrone” li chiamano, augurandosi che “possiate scomparire presto” perchè “ci avevo sperato ma siete una delusione”. E se per alcuni i pentastellati sono diventati nel tempo “penosi, disumani, e pure incoerenti con i valori che dicevate di avere e con la devozione alla legalità “, per altri la colpa del “cambiamento in peggio” è da imputare al “virus della Lega” che “ha contaminato il movimento” e “se non avviate una terapia sarete in fase terminale entro un anno. Poi addio tutto”, la profezia.
A preoccupare gli elettori anche il nodo Tav, che sancirebbe – secondo molti – la “rottura definitiva” perfino con lo zoccolo duro dei militanti. “Fate le valigie e tornate a casa”, il consiglio dettato dalla delusione cocente. D’altra parte, spiegano ancora, “avete tradito il mandato, siete diventati i camerieri della Lega e di Salvini. Dovreste risarcire i vostri elettori come chiedete risarcimento a chi cambia casacca”.
“Vi ho difeso sempre, credevo nel sogno di un paese migliore”, puntano il dito, mentre definiscono il decreto sicurezza “un insulto alla Costituzione”. Imperdonabile, insomma, il cambio di rotta Cinquestelle. “Dovevate essere un movimento di rottura e di stimolo per migliorare i politici, invece ci state portando al tracollo” accusano, per poi domandare: “Con che faccia continuate a presentarvi davanti a tutti?!?”.
(da agenzie)
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Agosto 6th, 2019 Riccardo Fucile
IL COMANDANTE PUNTA L’INDICE CONTRO I SUOI EX COLLEGHI GRILLINI
Lui, il comandante, la detto. Ora gli altri grillini che hanno scelto di criminalizzare chi salva vite avranno il coraggio di guardare negli occhi i propri cari?
Ha detto De Falco: “Non riuscirei più a guardare negli occhi i miei figli se un mio voto, un mio atteggiamento, un mio “click”, decretasse, consapevolmente, di condannare alla morte altri bambini, con i loro stessi occhi, ma colpevoli solamente di non avere un posto sicuro dove stare. Vergogna!
In precedenza prima delle dichiarazioni di voto aveva detto: Una vergogna della quale, prima o poi, renderanno conto alla storia: “Vogliono creare un deterrente reale agli sbarchi: la morte delle persone”.
Così il senatore Gregorio De Falco, del gruppo Misto, attacca il decreto sicurezza bis, parlando in Aula, al Senato. “In tema di immigrazione si arriva solo alla criminalizzazione delle condotte necessarie e dovute dei comandanti delle navi”, aggiunge De Falco: “Rischiano il reato di omissione di soccorso, ma anche la sanzione amministrativa”. “Intanto ci sono centinaia di morti nel Mediterraneo”, accusa De Falco.
“Questa è una norma criminogena, che porta alla morte di centinaia di persone e bambini. Chiedo ai colleghi di votare secondo coscienza, una sola volta, e non di votare secondo ordini di scuderia. Chiedo di avere la schiena dritta”.
(da agenzie)
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Agosto 6th, 2019 Riccardo Fucile
I SUOI POTERI SONO LIMITATI AI “VIZI DI PROCEDURA”… MA E’ OPINIONE COMUNE CHE IL TESTO SARA’ BOCCIATO DALLA CORTE COSTITUZIONALE
Il testo è stato approvato al Senato, ma la sua promulgazione spetta al Presidente della Repubblica. La legge-emblema di Salvini può ancora essere fermata?
Il decreto sicurezza bis ha ricevuto il 5 agosto il via libero definitivo del Senato per la sua conversione in legge. Il testo non è comunque «ancora legge», perchè, come previsto dagli articoli 73 e 87 della Costituzione, è necessario che ogni testo, approvato dalle due Camere, venga promulgato dal Presidente della Repubblica.
Questo passaggio potrebbe pregiudicare l’entrata in vigore della legge? Quali poteri ha il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sia per quanto riguarda la gestione dell’immigrazione che quella della sicurezza pubblica?
Secondo l’articolo 73 della Costituzione, «le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall’approvazione». L’articolo 87 prevede che lo stesso vale per l’emanazione dei decreti.
La «promulgazione», per l’interpretazione che ne danno i manuali di diritto Costituzionale, consiste in una semplice verifica che la procedura di approvazione seguita dal Parlamento sia avvenuta in modo corretto. Una legge può quindi essere bloccata dal Quirinale per vizi di forma o procedura.
«La promulgazione è doverosa e ciò mette in evidenza l’assenza di ogni potere di intervento da parte del Presidente della Repubblica in ordine al contenuto discrezionale della legge», si legge sul manuale di Giorgio Berti, Interpretazione costituzionale, «il Presidente della Repubblica non esprime una volontà legislativa».
Il Presidente della Repubblica deve sempre firmare? Ma se il testo è formalmente perfetto? Qual è il margine d’azione?
«C’è un caso in cui posso, anzi devo, non firmare: quando arrivano leggi o atti amministrativi che contrastano palesemente, in maniera chiara, con la Costituzione. Ma in tutti gli altri casi non contano le mie idee […]: ho l’obbligo di firmare».
Così il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha risposto alla domanda di uno studente che gli ha chiesto «come si comporta quando gli capita di dover firmare degli atti che non gli piacciono».
Se esistono aree di conflitto dell’atto con la Costituzione, il testo può essere rinviato alle Camere accompagnato da un messaggio di motivazione da parte del Capo di Stato.
Se però in seguito a questo le Camere approvano di nuovo la legge, il Presidente è obbligato a promulgarla, come previsto dall’articolo 74 della Costituzione.
L’unica volta in cui Mattarella ha esercitato il suo potere di «richiedere un riesame» è stato il 27 ottobre del 2017 per la legge sulle mine antiuomo, che conteneva, secondo il Presidente, «evidenti profili di illegittimità costituzionale».
In alternativa, il Capo di Stato può inviare una lettera al Presidente del Consiglio con precisazioni che vuole lasciare agli atti.
Mattarella l’ha fatto più di una volta: nel promulgare il decreto antimafia, per esempio, ha invitato Paolo Gentiloni, allora capo del governo, a «procedere a un attento monitoraggio degli effetti applicativi della disciplina».
E lo stesso è successo con il decreto legge sicurezza: il 4 ottobre 2018 Mattarella ha promulgato il testo, accompagnandolo però con una lettera a Giuseppe Conte in cui sottolineava la necessità di rispettare «gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato, pur se non espressamente richiamati nel testo normativo, e, in particolare, quanto direttamente disposto dall’articolo 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall’Italia».
L’articolo in questione stabilisce che «l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici».
Nel caso in cui il Colle non contestasse l’anticostituzionalità di un decreto o di una legge, possono sempre farlo i giudici costituzionali.
La Consulta ha già agito varie volte in questa direzione: con i lodi Alfano e Schifani che sospendevano i procedimenti penali delle alte cariche dello Stato, promulgati rispettivamente da Napolitano e Ciampi, e con le leggi elettorali Porcellum e Rosatellum.
Anche se la Consulta giudicasse il testo manifestamente anticostituzionale, non esistono però alcun tipo di sanzioni per chi, al Quirinale, avesse precedentemente promulgato il testo.
Rimane più probabile che il testo venga smontato dalla Corte Costituzionale che dal Quirinale.
(da agenzie)
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Agosto 6th, 2019 Riccardo Fucile
A BERCETO LA PROVOCAZIONE CONTRO SALVINI: “DELLA MIA ATTIVITA’ FACCIO IL CAZZO CHE VOGLIO, ORA VEDIAMO SE ARRIVA LA POLIZIA A ROMPERMI LE PALLE”
“In base al decreto sicurezza bis, il titolare di questo market applica uno sconto alla cassa del 10% oltre la scontistica prevista, per tutti coloro che non vengono considerati italiani. Il titolare si ritiene cittadino del mondo, questo decreto va oltre la vergogna e l’infamia”: è il titolare del Simeva Market di Berceto, un comune di 2000 abitanti che si trova in provincia di Parma, ad aver scritto il cartello che gira su Facebook in queste ore.
Il titolare si chiama Massimiliano Picchietti e nel testo scrive:“Vediamo se mi arrivano carabinieri e polizia a rompermi le palle, della mia attività faccio che cazzo voglio”, e poi: “Il giorno che cesso di resistere sarà dovuto al fatto che ho cessato di vivere questa vita”.
Le reazioni sono variegate: “Chiunque tu sia, tutta la mia ammirazione, l’umanità è ferita, non è ancora morta”, scrive una Rossella. “Passerò a comprare pane e pomodori al tuo supermercato. Dovesse costarmi 400km di autostrada”, promette Martina.
(da agenzie)
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