Agosto 29th, 2019 Riccardo Fucile
A BORDO RESTANO IN 34 IN CONDIZIONI PRECARIE, SI MOLTIPLICANO GLI APPELLI PER FARLI SBARCARE TUTTI… NON E’ STATO PERMESSO ALLA NAVE DI METTERSI AL RIPARO DAL VENTO, FACENDO RISCHIARE ANCHE GLI UOMINI DELLA GUARDIA COSTIERA… E L’AVVOCATO DEL POPOLO NON MUOVE UN DITO
Ore 21,48. “Finalmente sbarcati bambini, donne incinte e naufraghi più vulnerabli. Ancora in 34 a bordo tra le onde. Fateci sbarcare tutti. Dopo le tante richieste che abbiamo avanzato da questa mattina, finalmente le autorità italiane hanno permesso alla Guardia costiera di venire a trasbordare su una motovedetta, per portarli a terra, i naufraghi più vulnerabili: donne incinte, mamme con bambini, minori non accompagnati”.
Lo hanno scritto, sui social, dalla Mediterranea Saving Humans. “Siamo felici sollevati per loro e grati agli uomini e alle donne della Guardia costiera e ai medici del personale sanitario che hanno effettuato il trasbordo in condizioni meteo marine avverse, come segnaliamo da stamattina. Un approdo in porto o un punto di ridosso protetto dal mare grosso sarebbe stato certamente più sicuro”.
A bordo della nave restano in 34, tra cui donne sole, uomini in condizioni precarie a seguito di maltrattamenti e torture, e in stato di stress post traumatico.
“Chiediamo con forza che questi naufraghi, insieme all’equipaggio, possano sbarcare prima possibile: a bordo la situazione rimane precaria – aggiuntono – . Si è aggiunto al moto ondoso che non ci lascia tregua un guasto all’evaporatore e al dissalatore che ci privano di acqua corrente: siamo senza rubinetti, cucina e bagno, e rimane solo acqua in bottiglia. Queste persone non possono, non devono aspettare che le loro condizioni di salute si aggravino ulteriormente per essere autorizzati a scendere. Fateli sbarcare, fateci sbarcare. Tutti”.
Non è stato permesso alla imbarcazione di Mediterranea di ridossare, cioè di mettersi al riparo dal vento, e quindi l’operazione è stata resa complicata dalle onde.
(da “AgrigentoNotizie”)
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Agosto 29th, 2019 Riccardo Fucile
LA OPEN ARMS FU COSTRETTA 20 GIORNI AL LARGO DI LAMPEDUSA
Matteo Salvini risulta di nuovo indagato per sequestro di persona in merito al caso di Open Arms, che è rimasta a largo di Lampedusa per due settimane nei giorni in cui si apriva la crisi di governo.
E questa volta Salvini non potrà sperare di evitare il processo come ha fatto per la Diciotti, dato che – per colpa sua – la nuova maggioranza di governo probabilmente non avrà nessun problema a dare l’autorizzazione a procedere contro l’ormai ex ministro.
Come scriveva qualche tempo fa Nello Scavo su Avvenire, “Nella città dei Templi da mesi lavorano su anomalie e reati che sarebbero stati ripetutamente commessi anche prima dell’entrata in vigore dell’ultimo decreto sicurezza. A cominciare dal mancato rispetto delle Convenzioni internazionali in materia, cui l’Italia ha aderito e che sono un limite alla potestà legislativa dello Stato — ricorda l’ordinanza del procuratore — ai sensi degli articoli 10, 11 e 117 della Costituzione e non possono, pertanto, costituire oggetto di deroga da parte di valutazioni discrezionali dell’Autorità politica, ponendosi su un piano gerarchico sovraordinato rispetto alla fonte primaria. Quello che va emergendo è una sorta di “Protocollo Salvini” (in passato adottato anche con il coinvolgimento del ministero della Difesa e quello delle Infrastrutture) con cui sarebbero state schiacciate norme costituzionali, trattati internazionali e anche ordini dei tribunali”.
Per il gip il reato di sequestro è ipotizzabile perchè i naufraghi sono stati costretti a una “illecita e consapevole privazione della libertà personale”, “costretti a bordo per un apprezzabile lasso di tempo contro la loro volontà ”.
(da agenzie)
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Agosto 29th, 2019 Riccardo Fucile
CONTE L’ELEVATO CHE SOGNA IL COLLE NON CONVINCE IL PD
L’inizio non convince. E il nascituro Governo resta avvolto in una nube di perplessità , incertezza, reciproca diffidenza.
È bastato sentire il discorso alla Vetrata dell’ex avvocato del popolo in versione “Conte la qualunque”. Che annuncia, ci mancherebbe altro, un Governo “per” e non “contro”, mettendo in fila una serie di capitoli che sembrano un elenco di luoghi comuni, altro che discontinuità (richiesta dal Pd): per ambiente, per la “biodiversità dei mari”, per “l’istruzione di qualità ”, per “un Mezzogiorno rigoglioso”, per una “pubblica amministrazione non permeabile alla corruzione”.
Chiacchiere, ci mancherebbe che uno promette un Governo contro l’ambiente, contro i mari inquinati, per un’istruzione scadente, un Mezzogiorno più povero e una amministrazione piena di corrotti.
Finito l’elenco, con ecumenismo furbesco e fedele all’impostazione che non si sono più destra e sinistra, ha spiegato l’iniziale perplessità “di avviare una nuova esperienza di Governo con una maggioranza diversa” (guai a nominare in modo limpido il Partito democratico) superata poi “nella consapevolezza di aver cercato di operare sempre nell’interesse di tutti i cittadini, nessuno escluso”.
Insomma, l’Elevato, ennesimo salvatore della patria dai barbari, in un paese che, rimozione dopo rimozione, ne scopre (di salvatori) con una certa frequenza (e senza passare per urne).
Ecco, c’è un punto preliminare (proprio un dettaglio non è) che il segretario del Pd affronterà con Conte nel corso dell’incontro col premier incaricato e la delegazione del Pd. E riguarda la “natura” stessa del suo ruolo e di come intende interpretarlo.
E la “natura” di questo incontro innaturale tra due ex avversari che non hanno ancora esplicitato le ragioni e gli obiettivi del loro stare assieme. E che, a cascata, determina assetti di governo e caselle: “Conte — spiegano nel giro stretto di Zingaretti, dopo aver sentito il discorso — non può continuare a porsi come super-partes quasi di garanzia. È un leader dei Cinque stelle, politico, con cui noi facciamo un patto politico”.
Parliamoci chiaro. Le parole, il tono, tutto il circo mediatico accesso attorno all’ex garante del contratto gialloverde diventato l’idolo che ci salva dai barbari, coccolato dai giornali della borghesia, tutto questo, dicevamo, ha prodotto quasi un moto di fastidio al Nazareno.
Perchè è chiaro che un’operazione del genere così si configura un’ennesima donazione di sangue per la sinistra, innominata, non riconosciuta, utile solo in nome della stabilità .
Alla Vetrata, dicono quelli attorno a Zingaretti, Conte si è posto, non difettando di considerazione di sè, non come il leader di coalizione tra partiti, ma come figura terza che sta un gradino sopra le miserie dei due partiti che lo sostengono. Non il nuovo Prodi, ovvero colui che si fa carico di una complessa operazione politica, da leader di un Movimento che stringe un patto con un alleato. Ma una sorta di garante di un equilibrio tra partiti, che si sente predestinato a una successiva Elevazione.
È il punto. Far passare, dicono al Nazareno, il concetto che il premier dell’era gialloverde è super partes non sarebbe solo una capitolazione, per un partito che aveva chiesto discontinuità rispetto ai quattordici mesi di governo gialloverde, in cui Conte non stava propriamente su Marte, ma a palazzo Chigi a firmare i decreti sicurezza.
Ma è una questione che si proietta ben oltre la nascita di questo governo, la cui durata consentirebbe di eleggere nel 2022 il successore di Mattarella, che poi è, sulla carta, una delle ragioni per cui nasce, impedire cioè di darlo a Salvini dopo una vittoria nelle urne. Significa far passare l’idea di un premier naturaliter quirinabile quando sarà : “E questo — dicono nella cerchia stretta di Zingaretti — è inaccettabile”.
E chissà se è un caso che un presidente attentissimo ai dettagli e alla simbologia come Sergio Mattarella ha accuratamente evitato di mostrarsi alla vetrata, per pronunciare due parole anche di circostanza. Accade assai di rado, quando si conferiscono incarichi. Chi ha una certa consuetudine col Colle interpreta il gesto — come si dice oggi: il non metterci la faccia — come consapevolezza che l’operazione non è prettamente entusiasmante. Insomma, uno che stava nella Dc con Moro, sa bene quale sia la differenza tra un grande disegno e un’operazione di spiccia necessità , anche con marcati tratti di trasformismo.
Sia come sia la sintesi, tornando al Pd, è che la scintilla non è scattata neanche il primo giorno. E questo dice tutto su una crisi ancora, per molti versi, al “buio”.
Perchè è chiaro che se non sciogli il perchè due vanno a vivere assieme, non ha neanche senso parlare di mobili. Questione dei vicepremier, ancora aperta, del sottosegretario a palazzo Chigi, ministeri si affronteranno a cascata. Prima c’è il nodo da sciogliere: Conte è disposto a cambiare registro o già si sente al Quirinale nel 2022?
È questa la domanda che alimenta un certo mal di pancia al Nazareno. E ancora non nasce.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 29th, 2019 Riccardo Fucile
L’INCLINAZIONE ITALIANA PER I POTENTI DA’ GLORIA ANCHE A UNA FIGURA DEBOLE COME CONTE
Solo il senso degli Italiani per il potere può spiegare l’aura di gloria con cui Giuseppe Conte ha varcato stamattina il Quirinale per ricevere il suo incarico bis, nientemeno, come fosse un Andreotti qualunque.
Grazie all’inclinazione del nostro paese per i potenti, questo sconosciuto Avvocato, che fino a qualche giorno fa era ancora definito come “scoperto” o “pescato” dai 5s, divenuto premier ben due volte, ma sempre nel giro di una notte, è diventato protagonista di una favola.
Liberato per la seconda volta dalla sua umile natura di rospo da un bacio, sia pur non di una principessa, ma di un principe che gli ha detto sì e gli ha messo a disposizione un partito.
Ebbene, sì. Nel primo minuto dell’anno zero del Governo Conte bis, scattato alle 9.30 di questo 29 agosto, il realismo è il vero senso perso in questa operazione di formazione del nuovo Governo. Una divisiva e difficile operazione, dal destino incredibilmente denso di difficoltà , presentato nei suoi ultimi metri come la formula che improvvisamente ridà dignità al paese, restituisce l’Italia al suo posto tra i grandi del mondo, e la fa tornare al suo patrio destino di frontiera contro il fascismo/nazismo.
La narrativa con cui Giuseppe Conte viene trasformato dal suo vecchio ruolo di “guardiano del contratto”, “tecnico che prepara i dossier”, e “pacificatore di due alleati a volte riottosi” (definizioni da lui usate per descriversi) al piccolo Napoleone attuale è il racconto della voglia di illudersi che muove al momento la politica italiana.
Come in tutti i mistery, è dal finale che si capisce la trama. In questo caso, il finale è il crescendo di endorsement, dichiarazioni pubbliche di favore, che hanno portato Conte direttamente al Quirinale.
Quelle di Donald Trump, e di Bill Gates arrivate all’ultima ora, aggiuntesi a quelle più scontate europee di Angela Merkel e di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, hanno ampiamente contribuito a scrivere il finale glorioso del nuovo premier descritto come “uomo circondato dal rispetto internazionale”. Quanto valgono queste lodi?
Un tweet che loda con un errore di spelling un Giuseppi Conte, la dice lunga sul grado di conoscenza fra i due leader, non è granchè come riconoscimento. E’ uno strumento per altro su cui Trump si sfoga personalmente e spesso casualmente, contraddicendosi come capita, anche su temi serissimi, come la Corea del Nord e la guerra dei dazi con la Cina.
Le lodi, sospettiamo, andrebbero in realtà alla bravura del nostro ambasciatore Varricchio a Washington e al diplomatico Eisenberg, che rappresenta gli Usa a Roma. Per quel che riguarda Bill Gates, viene fatto passare per endorsement un ringraziamento del signore del denaro al contributo europeo alla sua fondazione contro l’Aids.
L’Italia e Conte vengono citate insieme a Germania e Commissione Ue. E anche qui lode ai comunicatori di Palazzo Chigi (e qui vorrei fare una lode al sempre bistrattato Rocco Casalino, che è in verità l’unico autore del Conte bis). Come si vede, si tratta di un vero e proprio make-up per il premier in pectore.
Di che sorprendersi, tuttavia? La piccola Italia ha sempre usato in politica il “riconoscimento” dei leader stranieri, riflesso condizionato rimasto nel nostro dna di quel viaggio a Washington di De Gasperi, il 3 gennaio 1947, anno freddissimo in ogni senso (affrontato dal nostro primo ministro con un cappotto in prestito, come si ripete per raccontare di quanto eravamo allora semplici e umili).
Riflesso condizionato, senso mai curato di nostra inferiorità nell’Occidente del dopoguerra, che ci accompagna dai comunisti dei tempi d’oro, che nonostante il riconoscimento berlingueriano dell’ombrello
Nato in una intervista a Pansa nel 1976 dovette sudarsi il rapporto con Washington, passando per Andreotti, Craxi. Passione per i riconoscimenti condivisa da due arcinemici — Letta e Renzi – che non hanno mai smesso di lavorare a questo consenso.
Quello intorno a Conte oggi non è dunque esattamente un abbraccio che ci impressiona.
Ma certo c’è in tutte queste lodi, una prova di un disegno politico, che parte dall’Europa. Nella nuova Europa post elezioni, Merkel e von der Leyen, eletta presidente con i voti di M5s e Pd, guidano un diverso approccio, una operazione a trazione tedesca, costruita a tavolino, per arginare il fronte sovranista; mirata a favorire l’affermazione in Italia di un Governo moderato, e a maggiore ispirazione sociale.
Conte, col suo tiepido carisma, e la sua estrema adattabilità politica e psicologica, la sua mancanza di ideologia — tutte doti che lo hanno portato a navigare da garante dell’estremismo populista a democratico nell’ultima ora del discorso in Senato contro Salvini – è il perfetto strumento per il nuovo passaggio politico che l’Europa e le classi dirigenti euronazionali vogliono per l’Italia.
La gloriosa salita al Quirinale di stamattina dell’ormai ex Avvocato, e il favore dello spread che l’ ha accompagnata, è solo la conclusione di questo percorso.
Come giudichiamo questa mossa: è stata una ingerenza, o è un esempio di politica europea?
Ristabilita questa realistica versione del miracolo Conte, si deve ripartire da questo quesito per cercare ora di ristabilire anche una parte della verità sul significato del Conte-bis. Rileggendo gli effetti che questo incarico ha avuto su ogni partito, amico o nemico che sia del nuovo Governo.
Partirei con Salvini, il leader che più ha subito questa crisi, e che parla infatti di “un complotto, in corso da tempo”. Ovviamente questo argomento, che riscalda quello in cui si rifugiò nel 2011 Berlusconi, sarà il centro della campagna elettorale sovranista. Ma è molto difficile che i leghisti possano davvero fino in fondo sostenere questa linea. Intanto, che complotto è mai una operazione che è stata condotta alla luce del sole? Salvini non ha visto, a differenza di tutti noi, le scelte che venivano fatte a Bruxelles, in Francia, a Berlino, la linea rossa di combattimento che veniva segnata dall’Ungheria, passando per l’Austria e arrivando in Italia? E di che si scandalizza Salvini?
E’ sceso in campo con una proposta di guerra all’Europa, in cui proponeva di lasciare la Ue e l’Euro — e ora si meraviglia se in Europa e in Italia si risponda con identico spirito di guerra?
Il vero errore di Salvini, nella sua caduta, è di aver sottovalutato questa risposta europea e italiana. Specie dopo l’affare Metropol, in cui, come abbiamo scritto su questa testata, erano visibili le manine dell’intelligence europea e quella tedesca, e un cambio di strategia politica. E, trattandosi di una sola Europa con un solo Governo, è difficile parlare di ingerenza. E se Conte è oggi Napoleone, Salvini si è trasformato, nel giro di una notte, dal magnifico Hulk nel piagnucoloso Calimero.
L’operazione Conte bis tuttavia, proprio per i numerosi e potenti fili che la muovono, ha un profondo impatto anche per Pd e 5stelle, che attraverso l’accettazione di Conte lasciano a loro volta sul terreno parte della loro sovranità al loro stesso partito.
I 5Stelle che pure hanno “inventato” il premier, stanno festeggiando. Ma anche loro non hanno del tutto guadagnato da questo incarico.
Il Conte 2.0 come preferiscono chiamarlo, nel senso che è un organismo ormai modificato, davvero non è più una loro creazione, in quanto non risponde più a loro del tutto. Premier unico, come vuole essere, sarà in futuro il riconoscimento di questa nuova veste. E tuttavia i 5 stelle rimangono il suo esercito di manovra: quindi entrano in questo nuovo Governo con la responsabilità di un leader che è solo formalmente loro, e l’obbligo a doverlo sostenere perchè è il loro unico strumento di lavoro.
Con tutti i prezzi che ne conseguono — come già ben si vede nella parabola di Di Maio, che nell’ascesa di Conte misura la sua discesa di peso politico. E chissà che questa parabola non sia specchio e anticipazione di quello che succederà all’intero Movimento, che a questo appuntamento arriva avendo pagato il prezzo di una forte divisione.
Il Pd anche paga pegno a una operazione che Zingaretti ha sicuramente subito. Il suo Pd è un partito che doveva andare al voto subito, e invece ha fatto il Governo. Doveva essere, certo, un Governo però in discontinuità , quindi senza Conte, ed è divenuto il piedistallo per la gloria di Conte. Doveva a questo punto almeno avere la certezza che M5s riconoscesse la democrazia rappresentativa come bussola, e invece deve accettare che si faccia una votazione extraistituzionale su Rousseau.
E per quel che riguarda la discontinuità non è riuscito al momento ad assicurarsi nemmeno quella dei futuri ministri- nè quelli del 5stelle, nè quelli del Pd. Su questo vedremo presto cosa succederà .
Si capisce il perchè di questa ritirata. Le pressioni fatte per un nuovo Governo Conte sono arrivate anche al Pd — il Governo europeo, il Quirinale (nominiamolo, sì), e le classi dirigenti nazionali ed europee hanno fatto pressione sul Pd.
Da ogni parte — Vaticano, sindacati, intellettuali di fede antisistema convertiti alla battaglia per salvare il sistema. D’altra parte il partito è esso stesso da anni “responsabile” per eccellenza, in quanto parte eurorganica delle classi dirigenti, ed ha detto sì, come fece per Monti. Sollecitato, in aggiunta, da quei famosi spiriti animali di un governismo spinto che, proprio in quanto parte di una classe dirigente, è la vera passione che tiene insieme un Pd spesso sconfitto, e oggi molto frammentato.
Zingaretti, rimanendone fuori, ha tracciato la linea di una sua personale dignità . Ma, come per i 5S, il prezzo che pagano lui personalmente e il partito è alto: si tratta di una incredibile ritirata, che, per quanto addolcita dalla retorica del caso, “Nessuna staffetta, nessun testimone da raccogliere”, rimane una operazione in cui il Pd è il donatore di sangue principale di questa operazione antisovranista, e antipopulista.
Le incognite, come si vede, e le ambizioni del nuovo Governo sono tantissime.
Chi come me, e molti altri, ha tifato fin qui per il voto invece che per l’accordo, è ancora convinto che le urne sarebbero state un passaggio migliore per creare una svolta in Italia. I partiti avrebbero potuto contare le loro reali forze, e avrebbero soprattutto condiviso con i cittadini italiani il peso di una trasformazione di fase così incerta. E avremmo avuto un premier vero, invece di un Avvocato arrivato al bis senza mai essere stato votato.
Certo avrebbe forse, o magari sicuramente, vinto Salvini. Ma volete davvero dirmi che con tutto lo schieramento alle spalle oggi del Conte bis, nel cambio di clima europeo, non sarebbe stato possibile fare una opposizione, nuova e più efficace che avrebbe sconfitto il sovranismo ad armi pari, e guardandolo negli occhi?
Non credere alla propria vittoria in campo aperto, è la malattia degli eserciti nella fase declinante degli Imperi – ci insegna la storia. Lo stesso vale per la politica.
(da “Huffingtonpost“)
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Agosto 29th, 2019 Riccardo Fucile
LA PRIMA SINTESI IN DUE PAGINE
L’accordo per il programma di governo tra MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico è stato chiuso ieri sera e sintetizzato in un documento da consegnare al presidente del consiglio incaricato Giuseppe Conte.
Marco Rogari e Gianni Trovati oggi sul Sole 24 Ore ne anticipano i contenuti, precisando che non si tratta di un contratto visto che l’esperienza del governo gialloverde ha portato sfortuna.
Si tratta di un testo di due pagine piuttosto generico, come non poteva essere altrimenti, e che si fonda sulla richiesta, uguale a quella del governo Lega-M5S, di chiedere più deficit all’Europa.
Che però, come sappiamo, non è che abbia davvero l’intenzione di aprire i cordoni della borsa come se fosse Natale, al netto della Cospirazione Ursula che il Cazzaro Verde ha inventato e porta in giro da qualche giorno per spiegare la più fragorosa sua sconfitta politica.
L’obiettivo della «coesione sociale» per motivare la richiesta di flessibilità è perfettamente in linea con gli argomenti usati dall’ultima manovra per finanziare in deficit reddito di cittadinanza e quota 100. E l’effetto trascinamento della correzione di luglio, portando 8 miliardi in dote al prossimo anno, addolcisce la salita verso la legge di bilancio 2020.
Che tra stop all’Iva e spese indifferibili partirebbe da una base da 25-26 miliardi, e non avrebbe più il compito di cercarne altri 10-15 per la Flat Tax.
Con un deficit tendenziale che si aggirerà intorno all’1,6%, e forse anche meno se i minirendimenti dei Btp si consolidano, si viaggia già 10 miliardi sotto il 2,1% indicato per il 2020 dal Def.
Il piano, spiega il Sole, si basa sugli investimenti pubblici e sul taglio al cuneo fiscale. Investimenti verdi, da tradurre in piani contro il dissesto idrogeologico, aiuti alla riconversione delle imprese e investimenti per le città .
C’è poi il nodo del salario minimo da sciogliere. Qui ci sono due proposte: la prima è quella del M5S, la seconda è quella del PD che è stata scritta a suo tempo con i sindacati. Con in più anche l’equo compenso per i giovani professionisti.
Sarà difficile, al di là delle dichiarazioni d’intenti, trovare un accordo che piaccia a entrambi e che non spiaccia alle imprese.
Il MoVimento 5 Stelle poi tiene il punto del taglio dei parlamentari e il PD, come previsto, lo associa a questo punto a una riforma della legge elettorale in senso proporzionale che ad occhio non dovrebbe spiacere ai grillini, che spingevano per un sistema alla tedesca fino a qualche tempo fa. Non piacerà a Salvini, ma questo potrebbe costituire un incentivo a votarla.
Bisogna anche lavorare sui decreti sicurezza bis di Salvini per cancellarli ma mettendo in agenda una nuova legge sull’immigrazione, da affiancare con la battaglia in Europa per ripensare i meccanismi del trattato di Dublino.
Gli ultimi punti dell’accordo di governo M5S-PD sono l’acqua pubblica, il conflitto d’interessi e le concessioni autostradali, che dovrebbero essere riviste per garantire più investimenti e tutelare il bene pubblico delle infrastrutture.
(da “NextQuotidiano“)
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Agosto 29th, 2019 Riccardo Fucile
A 28 ANNI DALL’UCCISIONE DELL’IMPRENDITORE CHE DISSE NO A COSA NOSTRA, ALICE GRASSI ACCUSA: “INVECE DEI MIGRANTI, SALVINI SI SAREBBE DOVUTO OCCUPARE DELLA ‘NDRANGHETA AL NORD”
Era il 21 agosto 1991 quando l’imprenditore Libero Grassi veniva brutalmente assassinato da Cosa nostra per essersi opposto al pagamento del pizzo.
A 28 anni di distanza il dolore della famiglia non è scomparso. Durante la commemorazione del padre, Alice Grassi ha spruzzato vernice rossa in via Alfieri a Palermo, sul luogo dell’omicidio. “O sono io che non mi sono accorta di niente oppure il governo in questo anno non ha fatto nulla” sul fronte della lotta alla mafia “perchè non mi risulta che abbia fatto proprio nulla”, ha detto la donna.
La sua denuncia è dura e diretta: “Siamo così intenti a respingere gente sfortunata che non ci occupiamo di ciò che succede a casa nostra, come la mafia o la ‘ndrangheta. Il ministro Salvini si sarebbe dovuto occupare della ‘ndrangheta al Nord, che esiste, invece non mi sembra che abbia fatto niente”.
E sul nuovo governo, che nascerà nei prossimi giorni, Alice Grassi preferisce non esprimersi: “Aspettiamo… Può essere pure che torni Salvini. Però, di solito una parte del governo che dovrebbe nascere è stata più sensibile a queste tematiche. Speriamo che in un programma comune (M5S-Pd ndr) la lotta comune a Cosa nostra rientri tra le priorità ”.
(da agenzie)
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Agosto 29th, 2019 Riccardo Fucile
CITA DI NUOVO IL PERSONAGGIO DI DISNEY E ANCHE STAVOLTA GLI RISPONDE UN AUTORE DEL FUMETTO
Qualche tempo fa Matteo Salvini ha rimediato l’ennesima figura di emmenthal su Twitter dicendo, con le sue solite battute da simpatico cavernicolo, che preferiva Topolino a l’Espresso e trovandosi lo sceneggiatore di Topolino Roberto Gagnor a rispondergli “Allora ci legga. Nelle nostre storie troverà cose interessanti: fantasia, cultura, tolleranza, apertura verso gli altri, coerenza, universalità ”.
Ieri Salvini l’ha rifatto di nuovo. L’ormai ex ministro dell’Interno ha detto che non si aspettava di trovarsi “i renziani pronti a votare per il governo di Pippo e Topolino” per paura di andare alle elezioni.
E anche stavolta si è trovato qualcuno di Topolino a rispondergli.
Stavolta si tratta di Francesco Artibani, fumettista e sceneggiatore dal 1992 e “fra i più tenaci innovatori dell’universo Disney italiano della penultima generazione”
“Matteo, alla fine quello che conta è che mercoledi prossimo Topolino sarà ancora al proprio posto.Tu no”
Il tweet è stato ripreso dall’attuale sceneggiatore di Topolino Roberto Gagnor, che l’aveva asfaltato l’altra volta
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 29th, 2019 Riccardo Fucile
DALLE ACCISE ALL’AUTONOMIA, DA QUOTA 100 AI RIMPATRI E ALLE LEGGI INUTILI
«Non è un addio, è un arrivederci a prestissimo», così Matteo Salvini oggi durante la sua diretta dal tetto del Viminale. L’ultima, visto che con la nascita del Conte bis il leader del Carroccio sarà costretto a lasciare l’ufficio (dove per altro è stato molto poco in questi 14 mesi).
E se Salvini promette che tornerà c’è da credergli, lui è un maestro nell’arte della promessa. E dopo un anno di governo di promesse ne ha fatte tante. Quante ne ha realizzate? Decisamente poche.
I pastori sardi e la soluzione che Salvini non ha mai trovato
Sappiamo già cosa dirà , che è colpa del M5S, di Conte, di Bruxelles, di Macron o della Merkel. Ma per uno che chiede di sottoporsi al giudizio degli elettori (curiosamente appena prima della manovra di Bilancio che avrebbe messo in luce altre bugie) è assai comodo dare sempre la colpa a fantomatici poteri forti.
E dovrebbe spiegarci Salvini in che modo l’Unione Europa gli ha impedito di mantenere la promessa fatta ai pastori sardi. Era 12 febbraio del 2019 quando Salvini cinguettava: «Ho incontrato al Ministero i #pastorisardi, obiettivo: risolvere il problema entro 48 ore».
Il problema era quello innescato dalle proteste dei pastori sardi che chiedevano di aumentare il prezzo di acquisto al litro del latte di pecora destinato alla produzione del pecorino. La richiesta degli allevatori era di arrivare ad un euro al litro, le aziende avevano offerto invece 72 centesimi al litro. Dopo sei mesi la situazione è invariata. Con l’unica differenza che la Lega ha vinto le elezioni regionali. Salvini ha ottenuto quello che voleva mentre i pastori sardi sono rimasti fregati. Anche perchè il pecorino non viene venduto attualmente ad un prezzo sufficientemente alto da consentire l’aumento del prezzo del latte. Questo significa che gli allevatori potrebbero addirittura dover restituire l’anticipo concesso dai produttori che avevano fissato il prezzo del latte a 72 centesimi al litro (con conguaglio a novembre).
Dall’Autonomia differenziata a Quota 100: tutte le volte che Salvini ha preso in giro i suoi elettori
Ma non pensate che Salvini abbia fatto promesse solo ai pastori sardi. Le ha fatte a tutti gli italiani quando ha detto che avrebbe abbassato le accise sulla benzina. Ma quelle accise non solo non sono state tagliate, Salvini le ha aumentate.
Ci sono poi le promesse che per fortuna non sono state mantenute, come quelle fatte al popolo free/no/vax di abrogare i vaccini obbligatori.
Salvini lo aveva promesso durante la campagna per le politiche e successivamente durante quella per l’elezione del Presidente della Regione Abruzzo. Oppure c’è quella di chiudere tutti i campi Rom e di radere al suolo la casa della “zingaraccia”. Chi ha creduto che Salvini potesse farlo e gli ha dato il suo voto è rimasto fregato, come sempre quando si parla di Lega e Rom. La fregatura più bella Salvini l’ha però rifilata al “suo” Nord.
In quattordici mesi il ministro dell’Interno e vicepremier non è riuscito a far approvare l’Autonomia Differenziata per Lombardia e Veneto. La secessione delle regioni ricche è rimandata o finirà nel cassetto? I leghisti non hanno ancora il coraggio di ammettere che le richieste del Veneto sono assurde e che l’ipotesi più probabile è che si arrivi ad un accordo sul modello delle richieste dell’Emilia Romagna.
Ma per il Presidente del Veneto Luca Zaia la colpa è solo del M5S. Eppure è evidente che se Salvini avesse voluto l’autonomia l’avrebbe saputa ottenere, così come ha saputo ottenere leggi inutili come la revisione della legittima difesa o i Decreti Sicurezza.
Ma Salvini sa bene che non può avere l’Autonomia Differenziata al Nord e continuare a raccogliere voti al Sud. E senza i voti del Sud la Lega se lo sogna il 36% (o il 40% o quel che sarà ).
Ecco quindi che i padani del lombardo-veneto sono stati sacrificati sull’altare delle percentuali (e delle poltrone, di conseguenza).
C’è poi il caso curioso del viceministro leghista Massimo Garavaglia che oggi su Twitter avverte riguardo al rischio che il Conte bis possa svendere il patrimonio pubblico con 18 miliardi di privatizzazioni.
Ma come gli ricorda il deputato M5S Stefano Buffagni è stato il MEF ad a scrivere e approvare le privatizzazioni. All’epoca della prima (e unica) manovra del governo gialloverde il ministro dell’Economia Tria (messo lì proprio dalla Lega) aveva chiesto all’Europa 3,6 miliardi di flessibilità in cambio dei 18 miliardi di privatizzazioni poi messi a Bilancio.
Poi ci sono i lavoratori: quelli cui Salvini aveva promesso che Quota 100 avrebbe creato più posti di lavoro. Non è successo, anzi al posto dei tre lavoratori per ogni pensionato siamo ad un rapporto tre lavoratori ogni dieci pensionati.
Infine c’è il grandissimo successo dei Porti Chiusi e del Decreto Sicurezza: i migranti continuano a sbarcare. E i patridioti che hanno votato Lega pensando che Salvini fermasse l’invasione e rimpatriasse “i clandestini” sono rimasti fregati, di nuovo.
(da “NextQuotidiano“)
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Agosto 29th, 2019 Riccardo Fucile
L’ESILARANTE ULTIMA DIRETTA DAL TETTO DEL VIMINALE
Vergogniamoci per lui.
E allora ecco a voi Matteo Salvini che nella sua ormai ultima diretta dal tetto del Viminale — ha cominciato ad andarci da quando il governo non è più in piedi, prima preferiva fare altro: fino al 24 agosto, secondo il conto di Repubblica, le giornate intere di Salvini al Viminale erano 36 e 338 quelle fuori in 14 mesi di incarico.
Dei trenta minuti di diretta del Capitano abbiamo estrapolato un totale di cinque minuti. Dove nell’ordine afferma:
1 — “Non vi liberate di me, io non mollo, non mi hanno spaventato i processi…”: Salvini era talmente poco spaventato dai processi che è fuggito dal processo sulla Diciotti facendosi votare l’immunità dal M5S.
2 — “Starò all’opposizione per qualche mese del governo dei poltronari… perchè questi durano poco, possono scappare per qualche mese, o magari per un anno o per due anni”: qui Salvini sembra Toninelli che diceva che Genova tornerà grande “in pochi mesi, al massimo anni”. Sapete tutti com’è finita, no?
3 — “Stamattina ho salutato centinaia di dipendenti del ministero, ho visto delle lacrime e ho chiesto di trasformare le lacrime in sorriso”. Non appena chiuderà la porta per l’ultima volta verrà prontamente esaudito.
4 — “Quelli che scappano sono coloro che stanno negando il diritto di voto agli italiani”: gli italiani hanno votato un anno e mezzo fa per le elezioni politiche, lui si è presentato con il centrodestra e poi ha tradito Berlusconi e Meloni per fare il governo con i 5 Stelle. Non è una negazione del diritto di voto degli italiani questo?
5 — “Poltrone, poltrone, poltrone per la gioia dell’Europa”: Salvini ieri ha offerto la poltrona di presidente del Consiglio a Di Maio pur di tornare insieme al M5S
In ultimo, va notato che Salvini spesso abbassa lo sguardo per leggere su un foglio ciò che deve dire.
Il Capitano dev’essere stanco, molto stanco. Un periodo di riposo senza stravizi al Papeete gli farà senz’altro bene.
(da “NextQuotidiano”)
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