Agosto 14th, 2019 Riccardo Fucile
VERDINI A TAVOLA TERRORIZZA I LEGHISTI: “IL GOVERNO M5S-PD RIESCONO A FARLO, NE HO CONTATI ALMENO 174 AL SENATO”… A QUEL PUNTO I LEGHISTI SONO SBIANCATI: “ALLORA MEGLIO TORNARE CON IL M5S”… BERLUSCONI DOPO AVERLO SENTITO: “IL RAGAZZO MI SEMBRA CONFUSO, NON L’HO VISTO BENE”
Anche i proclami bellici sembrano meno convinti, i comizi più blandi, la mascella meno volitiva, in questa crisi più strampalata del mondo che sembra non arrivare mai a un punto fermo.
Giocata sull’ambiguità delle parole, nella perdurante sensazione che si risolva in una pagliacciata.
La verità è che Salvini si è “incartato”, si sente incastrato, così è, nella classica situazione in cui avanti non riesce ad andare fino in fondo, indietro è difficile tornare. La spallata annunciata è diventato gioco politicista, incomprensibile per il paese, tattica pura, vecchiume di Palazzo, procedura.
D’un tratto è scomparsa la sicumera sovranista, il mito della velocità , la fascinazione futurista. E chissà se poi non ha tutti i torti il vecchio Silvio che, dopo l’ultima telefonata, non ha visto tanto bene il ragazzo: “È veramente confuso. Dà l’idea di uno che non sa che vuole fare”.
Ecco, solo una settimana fa il ministro desnudo invocava il “datemi pieni poteri”, “regole ordine e disciplina”, comizio dopo comizio, turpiloquio dopo turpiloquio contro i tanti “rompi…”, e adesso annuncia che la Lega voterà una mozione di sfiducia che non si sa quando sarà discussa.
Che è un po’ come dire ti tiro giù, ma oggi no, domani forse, dopodomani sicuramente per parafrasare il poeta, ovvero Giorgio Gaber. Ecco, lo avevamo capito col suo discorso in Aula, la riapertura del gioco con i Cinque stelle, mai attaccati, “l’amico Di Maio contro cui non dirò mai una parola”, che le parole di Centinaio rivelano candidamente: “Se Luigi Di Maio vuole che la Lega ritiri la mozione, prende in mano il telefono, chiama Matteo Salvini, si incontrano e decideranno insieme se è il caso di proseguire questa iniziativa di Governo”.
Voi capite che non è proprio un annuncio definitivo, un game over, soprattutto in un partito che ha fatto della gergalità machista la sua cifra e del “me ne frego” un motto con cui gasare pure le spiagge. E allora, spieghiamola quest’orgia politicista che disvela una crisi arrivata all’impazzimento, nobilitato nella formula che i leghisti consegnano a microfoni spenti: “Una pausa di riflessione di qui a quando martedì Conte arriverà in Aula”.
Spieghiamola, dicevamo. La prossima tappa è, appunto, martedì, le comunicazioni del premier a Palazzo Madama. Non è un voto di sfiducia, tecnicamente. E non è un dettaglio. Il premier parlerà , poi si voteranno le risoluzioni. Forse.
Perchè, una volta sentito il discorso di Conte, la Lega potrebbe anche non presentarle, rinviando tutto a quando tutto si voterà la sfiducia (chissà quando). E se la Lega non presenta una risoluzione contro il Governo, e questa risoluzione non viene votata, non è scontato che Conte si dimetta.
Insomma, per farla breve – e consentire che, per noia o mal di testa, non vi fermiate qui nella lettura – il senso di tutto questo è che manca ancora l’atto formale, la pistola fumante, l’atto definitivo per sancire la grande rottura. Il che dà ancora a tutti ampi margini di manovra.
Parliamoci chiaro, qualcosa si è inceppato. A livello sistemico. E adesso anche dentro la Lega, perchè un conto è mollare i Ministeri con la prospettiva di prenderne di più dopo le elezioni, un conto è lasciarli con la prospettiva di andare all’opposizione.
È per questo che Giorgetti ha fatto trapelare la prima, vera critica al Capo: “Ha sbagliato i tempi, glielo dicevamo, ma non si è fidato”.
È la prospettiva di un altro Governo, sia pur di un’accozzaglia che tiene dentro Renzi e Di Maio, Boschi e Paragone, garantismo e cappi, diavolo e acqua santa, quelli del “partito di Bibbiano” e quelli del “non in mio nome”, è la prospettiva di questo Frankenstein di Potere che ha fatto tremare le certezze della rivoluzione sovranista. Sentite qui che scena, martedì sera, al ristorante “PaStation” di Denis Verdini, il “suocero” in pectore, precipitatosi lunedì a Roma dalla Maremma, manco fosse un segretario di partito.
L’uomo delle conte, ai tempi di Berlusconi, camicia bianca e bretellone, si è seduto al tavolo dove era attovagliato tutto lo stato maggiore della Lega – Molinari, Romeo, Molteni e Centinaio – con tanto i fogli alla mano: “Ve lo dico, questi il Governo lo fanno, Pd e Cinque stelle una cosa la mettono su”.
A quel punto, con un certo pragmatismo, ha consigliato: “Sapete quante volte Bossi non ha mantenuto la parola data. Potete sempre tornare indietro e fare un nuovo contratto e un nuovo Governo con i Cinque Stelle”.
È un professionista Verdini, sempre al centro del gioco, attratto sessualmente dal potere. E poco importa che, qualche giorno prima, aveva dispensato qualche consiglio a Luca Lotti, su una prospettiva opposta. E, per dargli una mano, aveva anche fatto qualche telefonata a qualche vecchio amico inquieto di Forza Italia: “Ne ho contati almeno 174 per il Governissimo”.
Sia come sia, il dato è che il primo effetto della cena è la riconversione sulla via di Damasco dell’indietro tutta proprio di Centinaio che, solo il giorno prima, in Aula aveva sbottato: “Ma come c…o abbiamo fatto a governare con questi (i Cinque stelle, ndr). Certo, se Di Maio telefonasse…
Il bello è che, quelli attorno a Di Maio fanno sapere che non se ne parla perchè, dopo quello che è successo, “deve essere lui a telefonare e a chiedere scusa perchè ha tradito”. In attesa che qualche amico comune organizzi l’incontro per farli tornare assieme, il punto è che la soap è arrivata alla puntata dal titolo “Il dilemma”.
“Se avesse la certezza del voto — spiega chi ha parlato con lui – Matteo romperebbe, ma sta capendo che succede nel Pd. Perchè se invece nasce un altro Governo…Insomma tutto è possibile”.
Nell’attesa, ci mancherebbe altro, tutti imbullonati nei Ministeri, senza più l’eventualità che la delegazione leghista possa abbandonare il Governo.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 14th, 2019 Riccardo Fucile
IL GRUPPO PARLAMENTARE PREME, GRILLO E CASALEGGIO DANNO L’OK, FRENANO SOLO DI MAIO E DI BATTISTA, PER OPPOSTI MOTIVI
Il momento per i 5 stelle è cruciale e mai il clima è stato così teso. Non tanto per quello che chiamano “il tradimento” di Matteo Salvini, ma piuttosto per quello che sarà .
Perchè la strada che prenderanno una volta al bivio che traccerà il presidente della Repubblica, rischia di segnare la storia del Movimento.
Andare al voto con il rischio di scomparire o almeno con la consapevolezza di tornare all’opposizione? Oppure accettare di fare un altro contratto e questa volta firmarlo con il Partito democratico?
“Il casino l’ha fatto la Lega e non tocca a noi risolverlo”, è il ragionamento che fanno dentro il M5s. Ma la crisi con la Lega ormai è aperta e le pressioni sono tante: prima fra tutte quella del Colle.
Se Sergio Mattarella ha fatto sapere in tutte le le lingue che “non sarà lui a preparare maggioranze”, proprio perchè non spetta al suo ruolo, i 5 stelle raccontano che, tramite i suoi consiglieri, il Quirinale sta facendo capire la sua apertura a una nuova formazione che si presenti con un progetto stabile. Insomma, come già un anno fa, ci sarà un accompagnamento e una predisposizione a trovare una soluzione.
Una data limite c’è e l’ha fissata il Senato ieri: il 20 agosto Giuseppe Conte farà le sue comunicazioni al Parlamento e solo a quel punto si capirà se per arrivare alle dimissioni sarà necessario un voto di sfiducia dell’Aula.
Poi inizieranno le consultazioni e Luigi Di Maio e i suoi dovranno avere le idee chiare. Cosa che per il momento non è per niente scontata: “Se fossimo un partito normale”, racconta un parlamentare a ilfattoquotidiano.it, “sarebbe già pronto l’accordo con il Pd. Il gruppo parlamentare è pronto: non si vede perchè abbiamo dato una chance a Matteo Salvini e non dovremmo darla ai democratici”.
Ma non è così facile. “Diciamola così”, rilanciano dal fronte più dialogante, “la strada è difficile ma non impossibile”.
Insomma, non solo i contatti ci sono, ma ci lavorano in tanti. Del resto il via libera più importante è già arrivato ed è quello di Beppe Grillo: “Ci ha lasciato aperte tutte le strade”, dicono facendo riferimento al suo ultimo post sul blog.
La benedizione del fondatore non è poco, senza contare che da Davide Casaleggio non sembra esserci nessun veto.
Chi resiste allora? Di Maio non è contrario, ma sicuramente per il momento è il più rigido: la sua figura è ormai compromessa e se nessuno ha il coraggio di metterlo in discussione a microfoni accesi, dietro le quinte è la pedina che balla per prima.
Da non dimenticare poi l’elemento Alessandro Di Battista: l’ex deputato, da mesi in contrasto con il capo politico, vuole il voto il prima possibile e si porta dietro un bel gruppo di esclusi.
Una via d’uscita, come sempre quando le previsioni si fanno nere, sarà chiedere l’opinione della base sulla piattaforma Rousseau proprio come fu per il contratto con il Carroccio: ma per arrivare alla rete, prima sarà necessario accettare di sedere al tavolo. E su questo punto nessuno si è ancora espresso ufficialmente.
Accordo con il Pd, per molti non è più un’eresia
Se gliel’avessero detto due settimane fa si sarebbero fatti una risata, eppure la corrente che chiede di provare a sedere al tavolo con i democratici è molto consistente. “Salvini deve assumersi la responsabilità di quello che ha fatto”, dicono. “Ma anche noi. E non possiamo permetterci di lasciare il Paese nelle mani della Lega con una manovra ancora da scrivere”. Certo, i 5 stelle dicono di essere pronti alle elezioni, ma la verità è che le urne domani vorrebbero dire “uno sterminio”.
Se la legge elettorale non viene cambiata e se i sondaggi fossero confermati, i grillini rischierebbero di perdere tutti i collegi uninominali. Senza contare le difficoltà a essere rieletti al Nord, ma anche per chi è in terza o quarta posizione nelle liste al Sud.
“Quando mai ci potremo ritrovare in una posizione di forza per poter fare qualcosa a livello di governo?”, è l’osservazione che fanno in tanti. A esporsi apertamente per il momento sono stati in pochi, anche se fonti interne garantiscono che il gruppo parlamentare è quasi interamente schierato per un esecutivo di responsabilità con il Pd o con chi è disponibile.
Il senatore Primo Di Nicola, già lunedì 12 agosto, parlando al Corriere della sera ha definito l’apertura dei democratici “una proposta di grande responsabilità ” che “mette davanti gli interessi del Paese a quelli di partito”.
Una formula usata dallo stesso Conte il giorno dopo, che parlando a Foggia ha detto: “Non conta il colore politico, contano gli interessi del Paese”. Non una scelta casuale.
Di Nicola l’ha detto anche nell’assemblea congiunta di lunedì 12 agosto: “Il Movimento deve assumersi la responsabilità di governare”, di “cambiare la legge elettorale” e soprattutto “tutelare i provvedimenti fatti dal M5s e che Salvini vuole già smantellare, primo fra tutti il reddito di cittadinanza”.
La sua voce non è isolata. Il deputato Giorgio Trizzino ad esempio, siciliano noto per essere vicino alla famiglia Mattarella, intervistato da Live Sicilia, ha detto queste parole: “Io spero che ci sia un governo istituzionale, non di centrodestra, che eviti il voto a breve termine, nell’interesse del Paese. E credo che in Parlamento ci sia la volontà di essere costruttivi, responsabili e di salvare la finanziaria”.
L’altro a esporsi è stato il deputato Giuseppe Brescia, che ha parlato di “un governo di scopo” per fare una nuova legge elettorale.
Il problema è proprio vedere cosa si vuole fare. Il sottosegretario Stefano Buffagni, sempre in assemblea, ha detto che “al momento non ci sono i presupposti”, ma prima bisogna decidere “cosa vogliamo fare”.
Il margine insomma c’è. Chi per il momento respinge ogni investitura come mediatore è Roberto Fico: il presidente della Camera è il portavoce naturale di un’ala più vicina alla sinistra, ma, continua a ripetere ai suoi, in questa fase delicata non vuole venire meno al ruolo super partes.
Anche per questo, senza forzare in alcun modo il regolamento, ha fissato la discussione della legge per il taglio dei parlamentari il 22, ovvero dopo che Conte ha parlato e dopo le eventuali dimissioni. Ha solo rispettato le norme, ma mentre la gara è a chi corre più forte, scegliere di rispettare le tappe è già un gesto verso il Quirinale. E il Partito democratico.
Ma Renzi rimane il problema e c’è chi spinge per le elezioni il prima possibile (con deroga al secondo mandato) — Il sentiero per quanto già tracciato sembri, è già in salita. E nelle ultime ore è nato un altro problema che si chiama Matteo Renzi.
L’ex segretario Pd e nemico giurato dei 5 stelle ha voluto fare il regista della crisi e mettere il cappello sulla nuova maggioranza. “Quello è il problema, con la ‘p’ maiuscola”, commentano sempre fonti M5s. “Non possiamo dire ai nostri elettori che ci sediamo al tavolo con lui. Ci mangiano”.
Il primo ostacolo è stato superato: dal fronte Pd e pure quello renziano, sono pronti a firmare il patto e sembrano fare sul serio. E’ dal fronte M5s che non tutti sono pronti a digerirlo. “Dipende da come riusciamo a raccontarlo”, spiegano.
“Ma anche se riusciremo a far capire che ce lo chiede il Colle”. Chi frena è Luigi Di Maio. Ripete di aspettare Mattarella e prendere tempo. Il fatto, lo sanno tutti, è che se si fa un accordo con i democratici, è molto probabile che chiederanno la sua testa: è ritenuto troppo compromesso con quello che era il governo gialloverde per poter restare.
Così anche figure come Danilo Toninelli, ministro già in bilico con Salvini. Se invece si andasse al voto, si potrebbe procedere con la deroga del secondo mandato: ovvero i big che sono già stati per due turni in Parlamento, potrebbero essere riconfermati in blocco.
E quindi anche Di Maio, con una rielezione praticamente scontata.
I più maligni assicurano che il capo politico sta facendo anche questo ragionamento. “Non capiscono che se oggi diciamo ai nostri elettori che siamo pronti a fare eccezioni per tenerci la poltrona, facciamo proprio la figura della casta”, si lamenta una parte.
Chi invece vuole il voto a tutti i costi è Alessandro Di Battista: che voglia rientrare in gioco lo sanno tutti e pure che non scorra buon sangue con il vicepremier M5s ormai da tempo. Ma se tornano al voto i 5 stelle hanno bisogno anche di lui, che quindi potrebbe rientrare nella squadra e tornare ad avere voce in capitolo. Se non a prendersi la leadership direttamente.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 14th, 2019 Riccardo Fucile
IL TAR DEL LAZIO HA SMENTITO SALVINI, IL TRIBUNALE DEI MINORI HA “AVVISATO” CHE I MINORI VANNO SBARCATI O SCATTA LA DENUNCIA… OPEN ARMS VIAGGIA A 3 NODI, PREVISTO ARRIVO PRIMA MATTINATA
Sono ore di grande tensione al largo di Lampedusa dove la Open Arms con 147 persone a bordo si sta dirigendo mentre il ministro dell’Interno Matteo Salvini è impegnato in un doppio braccio di ferro: con il Tar che questa mattina ha disposto la sospensione del divieto di ingresso in acque italiane della nave spagnola per consentire il soccorso dei migranti e con il premier Conte che gli aveva già chiesto di far sbarcare i minori.
Salvini annuncia ricorso urgente al Consiglio di Stato e la firma di un nuovo provvedimento di interdizione
Il ministro della Difesa Elisabetta Trenta invece, dopo aver interloquito con il tribunale dei minori di Palermo, ha disposto il trasferimento dei 32 minori su due navi della Marina militare dell’Operazione Mare Sicuro a cui è stato dato immediato ordine di monitorare la nave per essere in zona pronti a qualsiasi emergenza. Probabilmente domattina, quando la nave sarà in prossimità di Lampedusa, se le condizioni del mare lo permetteranno, avverrà il trasbordo per portare a terra subito i minori.
Salvini aveva già annunciato il suo “no” anche alla richiesta del premier Conte che questa mattina gli aveva indirizzato una lettera, inviata anche ai ministri Toninelli e Trenta, per chiedere di far scendere i minori, ottemperando alla sollecitazione giunta due giorni fa dal Tribunale dei minori di Palermo. Rispettare le norme di legge che
mpongono di assistere e tutelare i minori l’invito contenuto nella lettera precisando che che la tutela dei minori è stata la bussola che ha orientato l’agire del governo anche nei casi analoghi accaduti in passato
Secondo la Ong spagnola il Tar ha “riconosciuto la violazione delle norme di Diritto internazionale in materia di soccorso e la situazione di eccezioale gravità e urgenza dovuta alla permanenza protratta in mare dei naufraghi”.
Nelle motivazioni del provvedimento, il Tar ritiene che “sussista alla luce della documentazione prodotta (medical report, relazione psicologica, dichiarazione capo missione), la prospettata situazione di eccezionale gravità ed urgenza, tale da giustificare la concessione della richiesta tutela cautelare monocratica, al fine di consentire l’ingresso della nave Open Arms in acque territoriali italiane (e quindi di prestare l’immediata assistenza alle persone soccorse maggiormente bisognevoli, come del resto sembra sia già avvenuto per i casi più critici”.
La decisione del Tar di sospendere il divieto di ingresso alla Open Arms nel porto di Lampedusa” è “l’ennesima sconfitta di Salvini, il capitan mojito, buono a fare la voce grossa ma incapace di garantire diritti e sicurezza”. E’ quanto afferma il deputato radicale di +Europa Riccardo Magi sottolineando che, come proprio il partito aveva messo in guardia durante la discussione alla Camera, la decisione dei giudici dimostra “che il Decreto Sicurezza bis è in contrasto con le convenzioni internazionali che garantiscono la salvaguardia della vita in mare e la tutela dei diritti umani”. Un provvedimento, conclude, “inapplicabile, dannoso, disumano e incostituzionale”
(da agenzie)
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Agosto 14th, 2019 Riccardo Fucile
SONO STATE RESPINTE SOLO IL 28% DI DOMANDE… CERTO CHE SENTIRE CRITICARE UN AIUTO AI POVERI (ANCHE SE MALFATTO) DA PARTE DI CHI CONDONA GLI EVASORI FISCALI E’ ESILARANTE
Anche se la crisi di governo non è stata ancora certificata, nella (vecchia) maggioranza volano gli stracci. Tra gli oggetti del contendere il reddito di cittadinanza, misura simbolo del Movimento 5 stelle.
A metterlo nel mirino è il leader della Lega, Matteo Salvini, che a Rtl 102.5 afferma: “In tante realtà , soprattutto del Sud” il reddito di cittadinanza “si sta trasformando in incentivo al lavoro nero. Lo cancello? No, ma sono situazioni che vanno monitorate. Preferisco crescita e sviluppo all’assistenza”.
Il vicepremier, in un’intervista al Corriere della sera, aggiunge: “Sarà doveroso verificare il reddito di cittadinanza. Ci arrivano centinaia di segnalazioni, molte delle quali a me personalmente, da parte di imprenditori che quest’anno non riescono ad assumere i lavoratori che avevano l’anno scorso”.
A rincarare la dose ci pensa il viceministro leghista dell’Economia, Massimo Garavaglia: “Il 70% di chi lo chiede probabilmente non ne ha diritto – afferma -. Bisogna rivedere la misura dando di più a chi ne ha più bisogno e intervenire in favore delle imprese abbassando pesantemente il cuneo per chi assume”.
A stretto giro arriva la risposta del Movimento 5 stelle, che attraverso Facebook afferma: “Il reddito di cittadinanza è una misura che difendiamo con tutte le nostre forze. Una misura che ha ridato dignità alle persone e che assicura la tenuta sociale del paese. Oggi il forse ex sottosegretario a corrente alternata Garavaglia (non abbiamo ancora capito se la Lega ha ritirato i suoi ministri o meno) dice che il 70% di queste famiglie non ha diritto al reddito. È la più grande cretinata mai sentita!”.
Interpellata dall’Adnkronos, interviene anche il viceministro dell’Economia grillino, Laura Castelli: “I numeri comunicati da Garavaglia, secondo il quale il 70% di chi riceve il reddito di cittadinanza non ne avrebbe diritto, non corrispondono al vero – dice -. A me non risulta che la Guardia di Finanza abbia fornito dati in tal senso”.
“So che stanno per essere licenziate disposizioni operative ai reparti della Gdf a seguito di alcune interlocuzioni col ministero del Lavoro e Inps. Quel che è certo, è che grazie a un aumento dei poteri ispettivi e dell’organico, nell’alveo dei normali controlli – come, ad esempio, sul lavoro in nero – capita di trovare casi di persone che lavorano in nero e percepiscono anche il reddito. Quel dato, quindi, non è legato al reddito di cittadinanza”, rimarca l’esponente del M5S.
(da agenzie)
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Agosto 14th, 2019 Riccardo Fucile
IL SOVRANISMO FUNZIONA COSI’: TENERE ALL’OSCURO IL POPOLO CENSURANDO I MEDIA DI REGIME
Missili, bugie e radiazioni: l’incidente nucleare in Russia riporta alla mente quello di Chernobyl non per la gravità dei fatti (per quanto ne sappiamo fino ad oggi…) ma per l’atteggiamento identico, dai sovietici ai russi, nei confronti dell’accaduto: a Severodvinsk le comunicazioni delle autorità riguardo le radiazioni, tornate nella norma dopo il picco — di 16 volte più alto della norma —raggiunto in seguito all’incendio, sono scomparse dal sito ufficiale: rimangono solo screenshot sui social.
Ma i medici che nell’Artico hanno curato i feriti ora sono stati trasferiti a Mosca per essere esaminati.
Scrive Repubblica che le informazioni degli ultimi giorni sono più confuse di quelle giunte nel primo:
Agli abitanti del villaggio di Nyonoksa è stato consigliato di abbandonare l’aerea dalle 5 alle 7 di oggi con un treno speciale, ma ai canali locali gli abitanti hanno detto di preferire la loro foresta.
Secondo Greenpeace, subito dopo l’esplosione, si sarebbe registrato un picco di radiazioni 20 volte sopra i livelli normali, benchè breve.
L’agenzia meteorologica russa Rosgidromet ieri ha finalmente riconosciuto di avere registrato per due ore e mezza un aumento dei livelli di radioattività «tra 4 e 16 volte» quelli consueti: una stazione avrebbe registrato 1,78 microsievert per ora, sopra la media di 0,6, ma sotto i livelli d’allarme.
Per l’Oms il rischio di cancro aumenta a partire dai 50mila microsievert, mentre l’Istituto francese di radioprotezione e sicurezza nucleare raccomanda l’evacuazione sopra i 10mila.
Da giovedì le autorità hanno dapprima riferito di un’esplosione al «motore di un missile a combustibile liquido», poi ammesso la morte di cinque ricercatori impegnati nella «manutenzione di una fonte isotopica di energia per un motore a combustibile liquido», infine spiegato che le vittime lavoravano alla «creazione di piccole fonti di energia con l’utilizzo di materiali radioattivi», ossia «mini-reattori nucleari».
I media russi hanno ipotizzato che l’arma sottoposta a test fosse l’SSC-X-9 Skyfall, un missile da crociera a propulsione nucleare che il presidente Vladimir Putin ha presentato al mondo durante il suo discorso alla nazione l’anno scorso. La Russia chiama il missile 9M730 Burevestnick.
Il missile a propulsione nucleare ha la caratteristica di muoversi più velocemente dei missili terra-aria (fino a cinque volte la velocità del suono) e questo lo rende un’arma temibile. Secondo una ricostruzione della Reuters il carburante del razzo ha preso fuoco provocando la detonazione e facendo cadere diverse persone in mare. L’amministrazione Sarov ha annunciato due giorni di lutto, affermando che gli esperti sono morti mentre “svolgevano il compito di importanza nazionale”. Rosatom ha detto i nomi dei cinque scienziati, che si aggiungono alle prime due vittime dichiarate: Alexei Vyushin, Evgeny Koratayev, Vyacheslav Lipshev, Sergei Pichugin e Vladislav Yanovsky.
Intanto i residenti di Severodvinsk sui social protestano: «C’è stata una mini-Fukushima e pretendono che non sia successo nulla di spaventoso». Come direbbe Valerij Legasov, protagonista della popolare serie Hbo Chernobyl, è il prezzo delle bugie: «Dopo averne ascoltate così tante non si riconosce più la verità ».
(da agenzie)
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Agosto 14th, 2019 Riccardo Fucile
L’ULTIMO DECRETO E’ SCRITTO SULL’ACQUA, VARATO “SALVO INTESE” E NON E’ STATO ANCORA CONVERTITO
La crisi cancella gli operai. Da Ilva a Whirlpool, da Bekaert a Embraco, il caos del governo lascia irrisolte centinaia di emergenze industriali che, sommate, fanno 240mila posti di lavoro a rischio.
Il decreto per le imprese non arriva alla Gazzetta Ufficiale, a rischio gli ammortizzatori
La task force del Mise spiazzata dagli eventi. Eppure in ballo tra esuberi, delocalizzazioni e ammortizzatori sociali scaduti o in scadenza, c’è il reddito delle famiglie, di intere comunità territoriali.
I tavoli di crisi aperti al ministero dello Sviluppo Economico sono 158, i lavoratori coinvolti oltre 240 mila, le ore di cassa integrazione autorizzate in giugno erano 27,6 milioni aumentate del 42,6% sul 2018 (in crescita addirittura del 99,8% le ore di Cassa straordinaria e del 451,7% quelle in deroga).
L’emblema di questo limbo è il decreto varato dal Consiglio dei ministri il 6 agosto che sblocca 3,5 milioni per le emergenze industriali in Sardegna (Portovesme con la ex-Alcoa e Porto Torres); 30 per la Sicilia (Termini Imerese con Blutec in primis); 17 per la Whirlpool di Napoli; un milione per Isernia; introduce agevolazioni tariffarie per le industrie energivore (di nuovo la ex-Alcoa); fa un primo passo sui diritti dei rider; ripristina tutele legali “a scadenza” per i manager di ArcelorMittal che guidano l’Ilva, disinnescando così il rischio di chiusura dell’acciaieria.
Tutte norme, però, scritte sull’acqua: il decreto, infatti, è stato varato “salvo intese”, dunque non è in Gazzetta Ufficiale e andrà eventualmente convertito in piena crisi di governo.
Una precarietà assoluta che allontana gli investimenti, le multinazionali e che, in queste ore, ha spiazzato anche Giorgio Sorial, collocato da Di Maio alla guida della task force del Mise sulle crisi industriali.
«Quel decreto oltretutto è solo una goccia nel mare – sottolinea Re David – . Va assolutamente confermato e, se possibile, ampliato. Non si parli di ordinaria amministrazione, qualsiasi tipo di governo ci sarà nei prossimi giorni dovrà mettere in sicurezza i lavoratori».
Appello lanciato anche da Marco Bentivogli, leader della Fim-Cisl, sulle pagine de La Stampa: «L’industria italiana rischia davvero il colpo di grazia».
(da agenzie)
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Agosto 14th, 2019 Riccardo Fucile
PIAZZA AFFARI VA GIU’
Nuovo record del debito pubblico italiano: a giugno il passivo delle amministrazioni pubbliche ”è aumentato di 21,5 miliardi rispetto al mese precedente, risultando pari a 2.386,2 miliardi”, un livello mai toccato prima che supera il record di aprile (2.373,3 miliardi). Lo scrive la Banca d’Italia nel rapporto ‘Finanza pubblica: fabbisogno e debito’. Il debito delle amministrazioni centrali è aumentato di 22,6 miliardi, quello delle amministrazioni locali si è ridotto invece di 1,1 miliardi.
Corrente di vendite in Piazza Affari, che cede l′1,2% con l’indice Ftse Mib e amplia il suo divario con le altre Borse europee, anch’esse in negativo ma meno pessimiste (Londra -0,2%, Francoforte e Parigi -0,5%).
A Milano infatti si appesantiscono le banche, che pagano più di altri settori l’incertezza politica e l’accenno a qualche tensione sui titoli di Stato. In particolare Banco Bpm cede il 3%, Unicredit e Bper il 2,9%, Ubi il 2,4%. Tra gli industriali pesanti Pirelli e Fca, in ribasso
di oltre due punti.
(da agenzie)
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Agosto 14th, 2019 Riccardo Fucile
SCENE POCO EDIFICANTI IN PAESE TRA LE PROTESTE DEI CITTADINI E DANNI ACCERTATI ALL’INTERNO DEL MANIERO STORICO DI PROPRIETA’ PUBBLICA
“Una serata che ha provocato sdegno e sconcerto tra gli abitanti anche per alcune scene poco edificanti avvenute nelle strade del paese di cui si sono resi protagonisti alcuni partecipanti”.
A Varano Melegari, in provincia di Parma, da giorni non si parla d’altro.
Il riferimento è alla festa organizzata nel castello Pallavicino, un appuntamento che, guardando semplicemente il sito di chi lo promuove fa comprendere bene le particolari pratiche che caratterizzano questo tipo di serate. E questo avrebbe dovuto far riflettere la Giunta leghista prima di concedere l’uso del castello”.
Il sindaco Giuseppe Restiani ha letto in Consiglio comunale una lettera di scuse inviata dal gestore della dimora ma si parla anche di danni che sono stati falli all’interno del castello, di pratiche e situazioni incompatibili con la destinazione di un luogo istituzionale, pubblico, e storico quale è il castello”.
Nella lettera di scuse dell’associazione che gestisce il maniero pubblico d’intesa con il Comune in cui è andata in scena il party organizzato da una associazione di Bologna, si parla di “atti sconvenienti e ineducati, segnalati da alcuni cittadini varanesi, avvenuti in prossimità del paese e indirettamente collegati all’evento privato”; “ci dissociamo da qualsiasi comportamento che abbia portato disagio ai cittadini, ci scusiamo per quanto accaduto e garantiamo che tali disagi non si ripeteranno più”.
(da agenzie)
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Agosto 14th, 2019 Riccardo Fucile
GLI AMICI DI SALVINI DEL FPOE TRAVOLTI DA UN ALTRO SCANDALO
L’estrema destra austriaca puntava a mettere le mani sul gioco d’azzardo e sul suo enorme giro d’affari.
Su questo indagano le autorità che lunedì hanno perquisito le case dell’ex vice-cancelliere austriaco Heinz-Christian Strache e del suo numero due Johann Gudenus, le stesse persone coinvolte nell’Ibiza-gate che ha provocato la caduta del governo Kurz. L’ex leader del partito di estrema destra Fpoe, il suo braccio destro e altre 4 persone sono accusate di corruzione dalla procura di Vienna.
Tra le case perquisite c’è infatti anche quella del politico Fpoe Peter Sidlo, nominato la scorsa primavera nel consiglio di amministrazione di Casinos Austria, la più importante società di gioco d’azzardo del Paese.
Secondo chi indaga, in cambio di quella nomina il partito di estrema destra aveva promesso all’azienda Novomatic delle modifiche alla legge che regolamenta le licenze per l’uso delle slot machine al di fuori dei casinò.
“Novomatic zahlt alle”. La Novomatic paga tutto. E poi ancora: “Facciamo una legge, dove permettiamo i casinò regolamentati”. Sono alcune delle frasi che Heinz-Christian Strache pronuncia davanti a un piatto di pesce e a un calice di champagne, mentre in una villa di Ibiza parla a quella che crede essere la nipote di un’oligarca russo.
Quella conversazione in una giornata d’estate del 2017, ripresa da una telecamera nascosta e diffusa solo nel maggio scorso, è costata all’ex leader della Fpoe le dimissioni da vice-cancelliere e poi la fine del governo di Sebastian Kurz in coalizione con l’estrema destra. Strache in quel video prometteva appalti in cambio dell’influenza russa sulla stampa austriaca in vista dell’imminente campagna elettorale. Per questo ai più erano sfuggite quelle frasi sui casinò e il gioco d’azzardo.
La procura di Vienna non fa sapere se è stato proprio il video a far aprire un’indagine parallela. Fatto sta che tre mesi dopo gli agenti si sono presentati a casa di Strache: secondo quanto rivela il tabloid à–sterreich, si sono concentrati soprattutto sul suo cellulare e su un calendario da tavolo.
Un portavoce del pubblico ministero è stato chiaro: “Abbiamo il sospetto che tra i rappresentanti di una società di gioco d’azzardo e alcuni funzionari della Repubblica sia stata concordata la nomina di un preciso candidato in una società per azioni, in cambio dell’assegnazione di alcune licenze di gioco e del sostegno benevolo a una regolamentazione del gioco d’azzardo”.
È il quotidiano austriaco Der Standard a fare nomi e cognomi: il candidato dell’estrema destra è Peter Sidlo. Secondo l’accusa, non avrebbe avuto le qualifiche necessarie per diventare consigliere d’amministrazione. Una voce che circolava anche all’interno del cda di Casinos Austria, racconta il giornale, quando si avvicinava il giorno della sua nomina. Il governo, che è socio di Casinos Austria, aveva però bisogno del voto di un altro azionista per far passare il nome di Sidlo. In suo soccorso arrivò proprio Novomatic, azienda di proprietà del miliardario Johann Graf e attiva sopratutto nel ramo delle slot machine. Così Sidlo il primo maggio entra nel cda.
Nonostante i sospetti, nessuno protesta. Ma poche settimane dopo scoppia l’Ibiza-gate e la procura comincia a indagare. Secondo quanto riporta sempre Der Standard, in cambio di quella nomina l’Fpoe ha promesso di spingere per delle modifiche della legge che regolamenta il piccolo gioco d’azzardo dopo le elezioni nel Land della capitale, Vienna.
Il “piccolo gioco d’azzardo” in Austria riguarda principalmente le slot machine: al momento possono essere installate fuori dai casinò solo tramite una licenza. Tuttavia, in diversi Là¤nder sono espressamente vietate. Tra questi, dal 2015 si è aggiunto appunto anche quello della capitale. Novomatic aveva apertamente protestato contro l’introduzione del divieto. Ora la società , tramite un portavoce, parla di accuse “prive di fondamento“. Mentre l’estrema destra sostiene che i due fatti, la nomina di Sidlo e il loro appoggio a una modifica normativa, siano “non correlati“.
Intanto però a fine settembre in Austria si torna alle urne per le elezioni politiche. E se l’estrema destra era pronta ad arginare l’Ibiza-gate, bollando i legami con la Russia come “fantasie“, un po’ come da settimane fa anche l’alleato Matteo Salvini, le accuse di corruzione potrebbero costare alla Fpoe un nuovo crollo nei sondaggi, che la stimavano ancora intorno al 20 per cento. Ma sopratutto potrebbero rendere impossibile per Kurz e il partito popolare accettare di formare nuovamente una coalizione
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Giustizia | Commenta »