Agosto 18th, 2019 Riccardo Fucile
QUANDO LA VICENDA SI STAVA PER CONCLUDERE CON LO SBARCO E’ ARRIVATO SANCHEZ A FARE UN ASSIST A SALVINI… IN SERATA TONINELLI PROPONE DI MANDARE LA NAVE A PALMA DI MAJORCA CON L’ASSISTENZA DELLA GUARDIA COSTIERA… TUTTI SE NE FOTTONO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE, DELLE ORDINANZE DEL TAR E DI 100 POVERI CRISTI
Open Arms deve andare in Spagna. Lo sostiene Matteo Salvini, lo ribadisce anche Danilo Toninelli, il quale spera che “il comandante non si opponga”, in quanto “sarebbe del tutto incomprensibile”
Roba da avanspettacolo degno dei due soggetti.
Parole che hanno anticipato di pochi secondi la notizia trapelata dal governo spagnolo che ha offerto un secondo porto alla ong iberica, visto che nel pomeriggio era stato rifiutato quello di Algeciras.
Tecnicamente lo scalo di riferimento è Palma de Maiorca — anche se non ci sono notizie ufficiali in merito — distante 560 miglia nautiche dall’isola siciliana, contro le 950 miglia della cittadina vicina a Gibilterra. Circa 3-4 giorni di navigazione contro i 6-7 dello stretto.
Se la posizione del ministro dell’Interno è scontata e ribadita in continuazione, arriva un po’ a sorpresa quella del pentastellato. “La guardia costiera è a disposizione per accompagnare la nave in Spagna”, dice Toninelli.
E ancora: “Un Paese che consente ad una ong di issare la propria bandiera su una nave, poi non si può girare dall’altra parte” (tipica cazzata da ignorante)
Dunque “grazie alla Spagna per aver offerto un porto alla Open Arms, anche se con troppi giorni di ritardo”. Da parte italiana, ci sarà “tutto il sostegno tecnico necessario, per far sbarcare lì tutti i migranti a bordo”.
Open Arms aveva chiesto di attraccare a Lampedusa
Da capire se la ong guidata da Oscar Camps accetterà il compromesso. Nel pomeriggio, infatti, Open Arms aveva rifiutato di far salpare nuovamente la propria nave in direzione di Algeciras, il porto messo a disposizione in mattinata dal presidente spagnolo Pedro Sanchez.
“Dopo 26 giorni di missione, 17 in attesa con 134 persone a bordo, un ordine del tribunale a favore e 6 paesi disposti a ospitare, volete che navighiamo per 950 miglia, circa 5 giorni in più, verso Algeciras, il porto più lontano del Mediterraneo, con una situazione insostenibile a bordo?”, ha scritto il cooperante.
Ne è seguito l’invio di una “richiesta urgente” di poter “entrare nel porto di Lampedusa”, a portata di mano, considerando che sul ponte ci sono ancora 107 migranti.
“Le condizioni loro psicofisiche sono critiche, la loro sicurezza è a rischio. Se accadrà il peggio, l’Europa e Salvini saranno responsabili”, ha twittato la ong nel pomeriggio
Incredibile anche nota della Procura: “L’offerta di un porto da parte della Spagna pone una battuta d’arresto all’attività d’indagine in corso”.
Ricordiamo:
1) Esiste da 4 giorni una ordinanza del Tar che dispone lo sbarco con urgenza a Lampedusa di tutti i migranti
2) Questa ordinanza è stata inevasa da tutte le istituzioni preposte: si chiama omissione di atti d’ufficio
3) Il Paese di bandiera nel diritto internazionale sui soccorsi non c’entra un cazzo: se una nave italiana soccorre un naufrago in Sud America lo deve sbarcare nel porto sicuro più vicino, non lo porta in Italia.
4) Open Arms non poteva sbarcare nè in Libia nè in Tunisia (porti non sicuri o porti che non hanno centri attrezzati di accoglienza), Malta ha detto no perchè ne aveva già soccorsi altri, il porto sicuro e piu vicino era e resta Lampedusa
5) L’Italia aveva l’obbligo giuridico di soccorrere immediatamente i minori e in fase successiva far attraccare Open Arms, come da sentenza del Tar: ha soccorsi i primi con 10 giorni di ritardo e ancora sta sequestrando gli altri 113
6) La magistratura deve far eseguire le sentenze non aspettare che la politica faccia le sue sporche manovre: doveva far scendere i migranti non aspettare i ricorsi farlocchi al Consiglio di Stato. Non deve aspettare che la gente entri in coma per far rispettare la legge, dormire in 113 per terra con due soli bagni a disposizione e con pericolo che la gente si butti in mare e affoghi è già emergenza. O ci vuole il morto?
7) C’è da giorni un accordo sulla ridistribuzione dei migranti tra sei Paesi europei, bastava farli sbarcare e già molti sarebbero altrove. Ridicolo portarli ora a Palma come fossero pacchi per fare un favore alla propaganda criminale sovranista e ai cazzari dementi che potranno così dire che “aveva ragione Salvini che dovevano andare in Spagna” quando invece è una palla.
8 ) Complimenti a tutti, siete riusciti ancora una volta a calarvi le braghe e a non applicare la legge. Questa è l’Italia dei criminali e dei cagasotto. Avanti così
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Agosto 18th, 2019 Riccardo Fucile
SCARICATO DA M5S, ARRIVANO I PRIMI MUGUGNI DA DENTRO LA LEGA: “NON E’ PIU’ LUCIDO, NON ASCOLTA NESSUNO”
È un pugile suonato dall’ultimo gancio inaspettato che gli è stato sferrato dai cinque stelle.
C’aveva sperato in un cambio di rotta, nella riedizione di un contratto-bis per scongiurare “il governo arlecchino e dei perdenti”.
Chiaro riferimento al gotha renziano, che Matteo Salvini, se può, condanna a ogni piè sospinto. Ecco, il leader del Carroccio non si aspettava quella nota vergata nella casa di Beppe Grillo a Marina di Bibbona, che a metà pomeriggio gli spezza la corsa e lo definisce “inaffidabile e non credibile”.
“Io — si sfoga con chi lo ha sentito – ho dato l’anima per questo esecutivo, e loro cosa fanno? Mi accusano di essere inaffidabile. Chi è inaffidabile io, o loro che si spartiscono le poltrone con Renzi e la Boschi?”.
La nota di fatto cala il sipario all’esperienza di governo gialloverde. E spiana, forse, la strada alla nascita di un esecutivo che ricalcherà la maggioranza “Ursula” – benedetta dal professore Romano Prodi – la stessa che ha eletto la presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen.
Fatto sta che quando nel tardo pomeriggio si presenta a Marina di Pietrasanta, dove viene intervistato dal direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, Salvini appare confuso, a tratti rassegnato dall’impossibilità di non potere cambiare il corso degli eventi.
E allora davanti alla platea della Versiliana fa un’operazione verità . “Se fanno un accordo sulla spartizione del potere, io i numeri in Parlamento per fermarli non li ho. Questo va detto”.
Ecco perchè studia già da leader dell’opposizione, “la cosa che sappiamo fare meglio”, era stato il consiglio di Giancarlo Giorgetti.
E dall’opposizione appunto si prepara a bombardare “il governo dei perdenti di Boschi, Prodi, Renzi e Boldrini”, minacciando di portare il suo popolo in piazza “in maniera democratica”. Invertendo, di fatto, le posizioni e prendendo le piazza che i grillini hanno lasciato a favore del palazzo.
Ad accentuare la sua sofferenza c’è anche la sindrome dell’accerchiato. Dell’essere ormai solo contro tutti. Lui contro il sistema che, ironizza, “mentre noi stiamo qui, si domanda: chi farà il presidente dell’Eni? Chi farà il ministro dell’Interno?”.
È questa sindrome dell’uomo solo contro tutti la mette nero su bianco quando parla di un possibile avviso di garanzia che “non mi stupirei arrivasse nei prossimi giorni”.
Si riferisce alla vicenda Open Arms che lo vede duellare con il ministro Trenta e con il premier Conte con il quale “c’è ormai solo un rapporto epistolare”.
Già , il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Lo stesso che si presenterà fra 48 ore a palazzo Madama per comunicazioni che anche il Capitano della Lega attende con attenzione, tanto da dire: “Lo ascolterò senza assolvere e senza condannare”.
In questo contesto a via Bellerio regna il caos.
Non è dato sapere quale sia la soluzione migliore sulla mozione di sfiducia nei confronti del premier Conte. Se sia più utile ritirarla o meno. Qualcuno gli starebbe consigliando di farlo, qualcun altro tentenna, altri gli consigliano di non farlo.
Si tratta di una indecisione figlia di un malessere diffuso. L’accusa che in tanti rivolgono a Salvini suona più o meno così: “Non ascolta nessuno”.
Ed è un accusa che è oggetto di discussione tra i parlamentari leghisti, spaesati e sbalorditi dalle continue capriole di Salvini che anche all’interno del Carroccio qualcuno definisce “non più lucido, non più quello che non sbagliava una mossa”.
Ne è passata di acqua sotto i ponti dai toni dittatoriali del Papeete Beach quando il Capitano, in tenuta da deejay, invocava “pieni poteri” e sembrava essere il padrone d’Italia.
Ma oggi ad avere il boccino è il Movimento 5 stelle. Adesso però per Salvini sembra aprirsi un’altra partita e ben altro processo. E non si parla nè di migranti, nè di rubli. È un processo politico che inevitabilmente si aprirà a via Bellerio un minuto dopo la nascita di un esecutivo istituzionale senza la Lega.
Da qualche giorno Giancarlo Giorgetti preferisce tacere e neppure lui riesce a mettersi in contatto con il vicepremier.
C’è poi il silenzio di Luca Zaia, i cui fedelissimi descrivono “infuriato” per aver dimenticato che in tutto questo pantano sta definitivamente per saltare una delle battaglie leghiste, l’autonomia differenziata. Ecco, in questo processo Salvini non potrà chiedere l’immunità .
(da “Huffingtonpost“)
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Agosto 18th, 2019 Riccardo Fucile
ZINGARETTI ASSEDIATO DA PADRI NOBILI E GRUPPI PARLAMENTARI
A questo punto è un “assedio” nei confronti di Nicola Zingaretti. Costretto alla trattativa per il Governo con i Cinque Stelle.
Parliamoci chiaro, il Pd è completamente travolto dal gorgo governista: padri nobili, gruppi parlamentari, sindaci, il grosso del gruppo dirigente che pure sostiene il segretario, da Dario Franceschini a Goffredo Bettini, al presidente del partito Paolo Gentiloni, la cui resistenza si affievolisce di ora in ora.
È bastato davvero poco, per cedere alla grande rimozione di questo anno.
Il punto lo coglie Carlo Calenda: “Dopo presa di posizione di Prodi e ‘defilamento’ di Gentiloni direi che oramai la maggioranza a favore del Governo con i 5 Stelle è prossima. È ormai all’unanimità . Le ragioni della mia contrarietà le ho esposte”.
Già , perchè ormai è senso comune che, una volta avviata l’operazione, non rappresenterà un moltiplicatore di consenso di Salvini, ma porterà nel medio periodo alla chiusura del suo ciclo, favorendo anche il “processo” interno che scatterà nella Lega.
Il comunicato dei Cinque Stelle, dopo il lungo vertice a casa Grillo, segna proprio questo “voltapagina”, attestando che si fa sul serio.
E che, politicamente parlando, l’esperienza gialloverde, al di là di come si consumerà il passaggio parlamentare, è chiusa. Definitivamente. Comunque Conte, a prescindere da mozioni, risoluzioni e giochi d’Aula, si dimetterà dopo un discorso molto duro verso il suo ex alleato.
Ecco, lo schema è cambiato. Radicalmente. E la paura del voto è il vero cemento di una trattativa, nei fatti, avviata, con i primi contatti tra la Casaleggio e il Nazareno. Assai indicativo è che fonti degne di queste nome, sia del Pd che dei 5 stelle, fotografano con le stesse parole lo stato dell’arte: “A questo punto o si fa un Governo serio o si vota”.
Con l’aggiunta che le “urne” non le vuole pressochè nessuno. Si consuma così una svolta profonda, radicale, senza neanche una riflessione pubblica degna di questo nome, un reciproco riconoscimento, un’analisi delle ragioni politiche che portano all’avvicinamento il diavolo e l’acqua Santa, quelli del “partito di Bibbiano” e i “cialtroni” che Renzi insultava e loro volta insultavano i suoi genitori dopo i clamorosi arresti per bancarotta fraudolenta.
Il semplice fatto che la trattativa sia avviata è una strepitosa vittoria del senatore di Rignano, mosso dalla necessità di guadagnare tempo e scongiurare il voto a ottobre, per organizzare meglio il suo partito.
I Cinque stelle continuano a spifferare che “l’interlocutore” è Zingaretti, persona seria, affidabile, non l’Arcinemico di questi anni, ma il problema è che il segretario del Pd questa operazione l’ha subita, mentre l’altro che invece l’ha orchestrata avrà oggettivamente in mano il diritto di vita o di morte nel nuovo Governo.
Non è un pensiero dietrologico, perchè l’uomo che certo non difetta di autostima e narcisismo, l’ha candidamente ammesso nella sua intervista al Giornale: “Voteremo la fiducia, non chiederemo neanche uno strapuntino di potere, poi faremo il punto alla Leopolda il 18 ottobre”.
Anche in questo caso, Carlo Calenda, che non difetta di schiettezza e lucidità , ha prontamente avvisato i naviganti: “Cosa succede se si fa il Governo: Renzi prende tempo per far fuori Zingaretti o farsi il suo partito, resta fuori dal governo, poi lo farà cadere con la scusa che la sinistra si sta grillinizzando. Accetto scommesse”.
Il che è possibile perchè ha ancora in mano i gruppi parlamentari, che non sono proprio un dettaglio. E un eventuale gruppo del partito di Renzi, se va in porto la seduzione verso gli inquieti azzurri attirati dalle sirene della responsabilità e del sottogoverno, è destinato a diventare il secondo gruppo della coalizione di Governo (dopo i Cinque Stelle), con il Pd terzo.
È in questo quadro che si riducono i margini di manovra dell’iniziativa di Zingaretti, che si trova ribaltato lo scenario. Solo poche settimane fa il Pd era la possibile alternativa, i Cinque stelle in piena crisi esistenziale e Renzi spaventato dal ritorno alle urne.
Oggi i Cinque stelle sono tornati centrali, il senatore di Rignano ha trascinato il partito sulla sua linea, commissariando Zingaretti, e ha in mano la golden share della maggioranza.
Ecco. Il punto, in questo contesto, è quanto Zingaretti vorrà e potrà osare alla direzione chiamata a pronunciarsi sull’alleanza con i Cinque stelle.
È chiaro quali sarebbero le parole da pronunciare se volesse assumersi il rischio di una iniziativa per puntare alle urne. Poche, semplici condizioni, in nome della richiesta di una profonda discontinuità :
1) Abrogazione, al primo cdm del provvedimento simbolo di quest’anno, il Decreto Sicurezza;
2) Il ritorno al Rei, che sostituisca il reddito di cittadinanza;
3) No alla riduzione dei parlamentari se non accompagnata da una riforma costituzionale del Senato;
4) No alla riforma costituzionale che prevede il referendum propositivo;
5) Assenza dal nuovo Governo della delegazione complice di quel “barbaro” che tutti adesso vogliono fermare dopo avergli spalancato le porte di Roma.
Il tutto, in un clima in cui è necessario anche un sano processo catartico e un confronto limpido, alla luce del sole, tra forze che, fino a ieri non avevano in comune nulla. Non dettagli, ma divise sulla stessa idea della democrazia e delle istituzioni.
Questi punti il segretario li ha ben chiari da tempo. Sono però punti di una trattativa che può saltare, nell’ambito di un partito che non vuole farla saltare, perchè non vuole votare.
Invece alla Direzione si arriverà con un chiacchiericcio, fatto di abboccamenti, sondaggi riservati, telefonate informali. Trapela, ad esempio, che i Cinque Stelle “partono da Conte”, nel senso che, come base negoziale, vorrebbero confermare l’attuale inquilino di palazzo Chigi come premier della nuova maggioranza.
Ma è un modo per trattare una sua onorevole uscita di scena, come commissario europeo. La vera condizione, non negoziabile, è la presenza di Luigi Di Maio al Governo che, per il Pd, è già difficilmente sostenibile. Si vedrà .
Però il punto, indicativo, è che già si parla di nomi, prima ancora che sia definito, approfondito e discusso lo schema. Col vero capo dello nuova maggioranza, Matteo Renzi, che se ne sta fuori, a godersi il suo capolavoro, senza chiedere posti per sè e per i suoi, il che agevola la nascita del Governo e ne rende più semplice l’omicidio, quando vorrà .
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 18th, 2019 Riccardo Fucile
NEL SETTORE PRIVATO SU 10 USCITE NE ENTRERANNO SOLO 2
L’anno scorso, dopo una meravigliosa riunione con le parti sociali, ministri e viceministri del calibro di Matteo Salvini, Luigi Di Maio e Laura Castelli annunciavano garruli che quota 100 avrebbe creato lavoro perchè per ogni lavoratore andato in pensione prima ci sarebbero state tre assunzioni.
Si trattava di una sciocchezza oltre ogni logica economica, della quale oggi c’è la conferma che è vero il contrario: ogni dieci pensionati si assumono tre nuovi lavoratori. Spiega oggi Il Messaggero:
L’osservatorio statistico dei Consulenti del lavoro ha stimato che il tasso di sostituzione tra chi entra e chi esce dopo Quota 100 non supererà il 30 per cento. Ma il condizionale è d’obbligo: un pieno ricambio generazionale si avrà soltanto in ambiti altamente specializzati come «i meccanici artigianali di auto» e «gli elettricisti nelle costruzioni civili».
Più pessimista l’economista Alberto Brambilla, uno dei padri di Quota 100: «Una piena sostituzione tra chi esce ed entra si può avere in teoria soltanto nel settore pubblico.Non certamente nel privato, dove la stagnazione, il crollo degli ordinativi da parte dei nostri principali Paesi compratori e i magazzini pieni non incentivano l’assunzione di nuovo personale. Casomai, in questo caso, Quota 100, è più un incentivo, pagato con i soldi dello Stato, per ridimensionare delle piante organiche in alcuni casi troppo pesanti. Secondo me, le imprese ne prenderanno al massimo 2 ogni 10 prepensionamenti, ma saranno professionisti altamente tecnologici».
Sic transit gloria tonti.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 18th, 2019 Riccardo Fucile
E’ UNA DELLE PARTECIPANTI ALLA “CROCIERA TURISTICA” SECONDO SALVINI
Ora, passeggia davanti alla spiaggia di Lampedusa alla ricerca di un wi-fi. Hickma, 18 anni, etiope, è una delle tredici persone che giovedì sera sono sbarcate dall’Open Arms per motivi sanitari. Anche se poi i medici del Poliambulatorio hanno stilato un referto del tutto tranquillizzante. “Solo un caso di otite fra quei migranti”, ha detto il responsabile della struttura, il dottore Francesco Cascio.
E apparentemente Hickma sta bene, sorride. Ma basta chiederle come sia iniziato il suo viaggio verso l’Italia per capire quali siano le sue ferite.
“Sono stata prigioniera per tre anni in Libia, un anno e 4 mesi in prigione e un anno e sei mesi chiusa in un magazzino — racconta — erano torture continue. I libici sono pazzi, ma io non mi sono mai rassegnata”.
E’ riuscita a liberarsi e a raccogliere i soldi necessari per provare la traversata verso la Sicilia. In un inglese stentato scrive sul telefonino la cifra che ha pagato: “6.000”. Seimila dinari. “Eravamo 55 su un gommone”.
Hickma è partita dall’Etiopia con una sua amica, anche lei ha la stessa storia: “Prima il Sudan, poi la Libia”.
Racconta che ha studiato al liceo e che vorrebbe andare prima a Roma e poi in Francia, dove vivono alcuni zii. “Sono stati giorni difficili sulla Open — dice con un filo di voce — Caldo, tante persone in poco spazio. E poi ogni giorno maccheroni – ora sorride – Adesso voglio vivere la mia vita”.
E saluta, raggiunge la sua amica, seduta davanti a un albergo dove sono ospitati i carabinieri impegnati nei servizi all’hotspot. Un pomeriggio d’estate a Lampedusa, fra turisti in costume, migranti con storie terribili e uomini delle forze dell’ordine in tenuta antisommossa.
(da “La Repubblica”)
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Agosto 18th, 2019 Riccardo Fucile
DOPO 3 ANNI CI SONO ANCORA 50.000 PERSONE SENZA CASA
Flavia Amabile sulla Stampa di oggi pubblica un reportage sul terremoto dell’Italia Centrale, dove dopo 3 anni ci sono ancora 50mila persone prive di casa che vivono in alloggi di emergenza:
Ci sono quasi 50 mila persone senza casa, la maggior parte hanno scelto il contributo di autonoma sistemazione (il 77%), 1364 persone sono ancora negli alberghi. In 8108 hanno scelto di abitare nelle Sae, le casette di emergenza dove stanno crescendo i figli e vedendo invecchiare i genitori, subendo disagi dai pavimenti ammuffiti ai boiler rotti frutto di lavori spesso superficiali e approssimativi. Sono i nuovi villaggi dell’Appennino, una ferita ulteriore in un territorio già provato, una colata di cemento nel cuore verde dell’Italia dove un tempo si incontravano solo borghi medievali, torri, vicoli lastricati.
Mentre il cemento si fa strada, Arquata del Tronto ha perso circa la metà della popolazione, Amatrice 4 persone su 10.
Come dare torto a chi va via? La ricostruzione non c’è ancora, proprio come non c’era lo scorso anno.
Sono 2788 le domande presentate ad aver ottenuto il via libera ai lavori, più o meno una su tre rispetto a quelle presentate e il 3,5% rispetto al totale di chi ha subito danni.
Dal 10 agosto 2017 al 25 giugno 2019 i fondi messi in circolo dalla Cassa Depositi e Prestiti per la ricostruzione privata sono 200 milioni di euro, un’inezia rispetto a un’operazione che secondo le stime della Protezione Civile si aggirerà in totale sui 22 miliardi.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 18th, 2019 Riccardo Fucile
LA NOTA FINALE FIRMATA DA TUTTI I BIG DEL M5S CHIUDE A UN RITORNO CON LA LEGA
Porta chiusa a un ritorno con Salvini e con la Lega e addio alla maggioranza gialloverde.
Beppe Grillo, a due giorni dal discorso in aula del premier Conte, ha tenuto nella sua villa a Marina di Bibbona (Livorno) un vertice con Roberto Fico e Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio e Davide Casaleggio.
Lo rivela in esclusiva il quotidiano il Tirreno, che sul sito pubblica anche una foto che ritrae l’arrivo del presidente della Camera.
Al termine dell’incontro, il Movimento dirama una nota: “Tutti i presenti, si legge in una nota, si sono ritrovati compatti nel definire Salvini un interlocutore non più credibile. Prima la sua mossa di staccare la spina al governo del cambiamento l’8 agosto tra un mojito e un tuffo. Poi questa vergognosa retromarcia in cui tenta di dettare condizioni senza alcuna credibilità , fanno di lui un interlocutore inaffidabile, dispiace per il gruppo parlamentare della lega con cui è stato fatto un buon lavoro in questi 14 mesi”.
All’incontro hanno preso parte anche i capigruppo M5s di Camera e Senato, Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli e la vicepresidente di Palazzo Madama, Paola Taverna. Grillo è stato il primo nel Movimento ad abbattere l’antico tabù.
Pur di fermare “i barbari” ha dato l’ok a un governo Pd-M5S.
Quasi una sconfessione per Luigi Di Maio, che Salvini – oggi atteso in Versilia e a Massa – dopo aver scatenato la crisi di governo è tornato a inseguire. “O governo o voto”, ha ribadito il leader leghista oggi in una diretta Facebook.
Intanto, domani, Luigi Di Maio, incontrerà tutti i parlamentari M5s.
Che cosa succederà domani pomeriggio in assemblea? Lo stato d’animo di M5s non muta, viene ribadito.
Basta con il leader della Lega, Matteo Salvini, considerato un traditore, e, quanto al Pd, nessuna apertura formale dai vertici, mentre la base riflette sulla possibilità che vi siano possibilità di un nuovo governo che porti avanti le battaglie storiche di M5s.
(da agenzie)
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Agosto 18th, 2019 Riccardo Fucile
GIANNI LETTA RICUCE MENTRE RENZI LODA IL CAVALIERE
Nel grande risiko della crisi istituzionale più folle della storia della Repubblica italiana rispunta un attore che è stato protagonista della scena degli ultimi 25 anni: Gianni Letta.
Da giorni il fidatissimo consigliere del Cavaliere di Arcore, nonchè regista di ogni cosa che riguardi i palazzi della politica, ogni qualvolta si ritrova davanti a Silvio Berlusconi ripete con insistenza: “Silvio ragiona, se il Governo che nascerà sarà istituzionale per quale motivo noi non dovremmo appoggiarlo?”.
L’attivismo di Letta è felpato. Ogni sua mossa, seppur sotto traccia, va in una sola direzione: isolare Matteo Salvini e costruire un ponte con quell’ala renziana del Pd che invoca la nascita di un esecutivo istituzionale.
In questo contesto da giorni Matteo Renzi imperversa nelle reti del Biscione.
Dal Tg5, qualche giorno fa, l’ex sindaco di Firenze ha scelto di lanciare “l’esecutivo no tax” per scongiurare l’aumento dell’Iva e per rilanciare il Paese dopo “i disastri delle politiche salviniane”. E non è certo un caso se oggi dalle colonne del Giornale lo stesso Renzi elogia il senso istituzionale del Cavaliere. “Di fronte alla sguaiata schizofrenia di Salvini, Berlusconi è un rassicurante uomo delle istituzioni. In Ue Salvini è un appestato come la Le Pen, mentre Berlusconi siede in una casa politica centrale”.
Parole che saranno state gradite da chi, come l’ex premier azzurro, da sempre sostiene che Renzi sia un talento naturale della politica italiana. E allora perchè non cedere alla proposta dell’amico-consigliere Gianni che gli suggerisce di scendere in campo per un esecutivo istituzionale?
Il Cavaliere è capace di grandi capriole, non solo per l’interesse nazionale, ma soprattutto per tutelare gli interessi aziendali, da sempre il grande assillo di Arcore.
In passato, ad esempio, lo ha fatto quando nacque il governo di Enrico Letta, e poi come non ricordare il celebre Patto del Nazareno che spianò la strada all’Opa di Renzi su Palazzo Chigi. Per finire con la formazione dell’esecutivo gialloverde, quando fu il Cavaliere a dare il lasciapassare a Salvini.
Sia come sia nei giorni scorsi 30 parlamentari azzurri hanno bussato alla porta di Renzi offrendosi come gamba “responsabile”.
Insomma, rischia di spaccarsi Forza Italia che ora si trova davanti a due scenari: una lunga fase di opposizione oppure il ritorno al centro della scena dalla tolda di comando del Governo.
Non a caso, raccontano di un Berlusconi tentato, mentre nel suo salotto rimbombano i consigli di Gianni Letta: “Silvio ragiona, se il Governo che nascerà sarà istituzionale per quale motivo noi non potremmo appoggiarlo?”.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 18th, 2019 Riccardo Fucile
NON RISPONDE NEANCHE PIU’ AL TELEFONO DOPO AVERLI ILLUSI
Nessuno sa come finirà questa crisi ma ad oggi c’è qualcuno che ha già perso la faccia in questa storia: si tratta di Silvio Berlusconi e di Giorgia Meloni.
Matteo Salvini, che all’inizio aveva annunciato di voler andare da solo alle elezioni, si è tirato dietro Fratelli d’Italia e Forza Italia promettendo una corsa insieme del centrodestra alle elezioni politiche che credeva di aver già ottenuto.
Quando si è reso conto che non sarebbe andata così, ha dato buca a entrambi lasciandoli all’oscuro delle svolte come la decisione di votare il taglio dei parlamentari e continua ancora oggi a giocare da solo sul tavolo della crisi.
E gli altri due, lasciati con il cerino acceso in mano, cominciano a rendersi conto della questione.
Racconta oggi Ugo Magri su La Stampa:
Niccolò Ghedini e Licia Ronzulli, bollati dagli avversari interni come «quinte colonne» leghiste, hanno chiesto al Cav di interrompere i rapporti con Salvini visto che quello nemmeno si degna di rispondere al telefono. Lascia squillare una, due, dieci volte; gli mandano messaggini, e fa finta di niente. Sono giorni che da Arcore provano a contattarlo. Hanno chiamato il fido Giorgetti per sapere come mai, ma perfino lui ha perso i contatti, non sente Matteo da prima di Ferragosto.
Il bello è che Salvini si comporta nello stesso identico modo con gli altri alleati di centrodestra. Comunicazioni zero con Giorgia Meloni e i suoi Fratelli d’Italia, snobbati senza un perchè. Completamente sparito dai radar di Giovanni Toti, nonostante il governatore della Liguria si sia lanciato nell’avventura di Cambiamo! (il suo nuovo movimento) con la benedizione del leader leghista e forse qualcosa di più.
Magri descrive anche la buca data da Salvini a Berlusconi personalmente:
Se tornasse sui suoi passi sarebbe una beffa, soprattutto per Berlusconi che si era illuso una settimana fa, e non gli erano venuti dubbi quando Salvini si era fatto vivo per annunciargli la crisi proponendogli di vedersi alle 11 di martedì, nella residenza romana di via del Plebiscito.
All’ex premier non pareva vero, «addirittura verrà lui qui da me e non io da lui»; ma tanta voglia aveva di incontrare Salvini, che l’uomo era calato a Roma con un giorno di anticipo per riunire i fedelissimi, e tutti insieme a fare progetti su cosa chiedere nella trattativa con la Lega, dove puntare i piedi per portare a casa gli stessi parlamentari attuali, nonostante in un anno Forza Italia si sia dimezzata.
Come è andata a finire si sa: scoccano le 11 di martedì ma Salvini non si presenta; a mezzogiorno nemmeno. Chiama solo dopo l’una, mentre Berlusconi e i suoi sono già a tavola; tira fuori qualche scusa, tipo «non ho fatto in tempo, mi dispiace»; il Cav non si arrende, «potremmo vederci nel pomeriggio o stasera»; quell’altro bofonchia qualcosa tipo, «tranquillo, non mancherà occasione» e riattacca.
(da “NextQuotidiano”)
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