Agosto 28th, 2019 Riccardo Fucile
SARA’ BENE RICORDARE A DI MAIO CHE NON HA RINUNCIATO A UNA MAZZA: UN ANNO FA NON HA FATTO IL PREMIER PERCHE’ NON LO VOLEVA SALVINI E ORA NON AVREBBE PIU’ AVUTO I VOTI SUFFICIENTI AL SENATO IN CASO DI ACCORDO CON LA LEGA, QUINDI EVITI DI RACCONTARE BALLE
L’operazione è innescata sia pur tra molte ambiguità , non detti, nodi non sciolti. Come quello gordiano a cui è rimasto impigliato il dibattito pubblico italiano su chi e quanti saranno i vice premier del nascituro Governo, se ci sarà Di Maio, chi ricoprirà l’incarico in casa Pd, e altre amenità di questo tipo.
Il professor Giuseppe Conte riceverà l’incarico da Mattarella, in mattinata, lo accetterà come da prassi con riserva, poi avrà a disposizione un numero congruo di giorni per dare all’accordo un profilo programmatico, un assetto, e forse anche un po’ di anima. E poi sciogliere la riserva.
Spetterà a lui trovare una sintesi tra le esigenze dei partiti, in termini di agenda e di uomini, portandola poi al capo dello Stato, disposto a concedere anche una settimana o dieci giorni per mettere un po’ d’ordine allo spettacolo scomposto di questi giorni.
E rimasto scomposto anche alle consultazioni, sia alla Vetrata sia nei colloqui, in cui nuovamente al Colle si sono registrare le convulsioni dei partiti.
Che, al di là del minimo sindacale, non hanno ancora spiegato il “perchè” del matrimonio e, se non i sentimenti, quantomeno gli obiettivi.
Nè hanno illustrato, al di là dell’indicazione del nome e di una generica intenzione di stare assieme, una cornice politica del nuovo governo degna di questo nome.
Nicola Zingaretti illustra la sua richiesta di “discontinuità ” nel Governo e nella composizione della squadra, per un esecutivo di “svolta” rispetto ai 14 mesi dell’era gialloverde, dal chiaro impianto progressista.
Luigi Di Maio, invece, pur esplicitando, la volontà di un Governo col Pd, partito nominato per la prima volta, alla Vetrata pronuncia parole che, come al solito, segnano una presa di distanza dell’operazione, come quelle su “destra e sinistra che non esistono più”, o il suo orgoglioso “non rinnego quanto fatto in questo anno”.
E, soprattutto tiene aperta la questione del suo ruolo politico e personale. Rivelare che ha ricevuto e ha rinunciato alla proposta arrivata dalla Lega di fare il premier di un nuovo governo gialloverde, altro non è che un modo per dire che cotanto sacrificio non può non essere tenuto in considerazione.
Nel corso dei colloqui col capo dello Stato, l’argomento “vicepremier” non è stato oggetto delle conversazioni, anche perchè, se qualcuno lo avesse affrontato in maniera esplicita, sarebbe stato bruscamente stoppato, non essendo quello il luogo per sbrogliare la matassa.
Nè il capo dello Stato è l’interlocutore cui rivolgersi per questo genere di problemi. Così come non è stato affrontato l’altra questione che ha suscitato una ridda di voci, retro-pensieri e interpretazioni, ovvero il voto sulla piattaforma Rousseau, a consultazioni finite e quando sarà in via di composizione la squadra e il programma.
E se venisse bocciato il tutto? E se fosse un sistema per mettere sub iudice, attraverso uno strumento parlamentare, l’intero percorso istituzionale?
Non sembra che al Quirinale vivano con angoscia l’evento, in fondo ci sono partiti che fanno le direzioni classiche e altri che hanno diversi strumenti di confronto interno, chiamiamolo così.
Ed è presumibile piuttosto che il quesito aiuterà a far digerire l’accordo a una base piuttosto perplessa. Difficile che sarà chiesto un polemico “siete favorevoli a spartirvi le poltrone col ‘partito di Bibbiano?”, più probabile un quesito tipo “siete favorevoli a continuare, per realizzare i nostri obiettivi, a un nuovo governo Conte?”.
Ecco, l’indicazione di Conte e quelle parole pronunciate alla vetrata anche da Di Maio sulla volontà di un “accordo politico col Pd” sono sufficienti a far tirare a Mattarella un sospiro di sollievo.
Perchè comunque si è innescato un processo politico su basi nuove, quantomeno sulla carta. Conte, questo è il punto, è il premier in pectore di un governo di coalizione, cui spetta il compito di interpretare il suo ruolo previsto dalla Costituzione, ossia di essere non il garante di un contratto ma il “responsabile” della “politica generale del governo”. Un cambio politico e culturale non di poco conto.
È su queste basi che si svilupperà nei prossimi giorni in modo più ordinato la discussione sui ministri. E se è vero che non è chiaro come sarà risolto il problema dei vicepremier o del vicepremier unico — è possibile anche che alla fine non ce ne sarà nessuno — è chiaro siamo a un “volta-pagina” della storia.
E toccherà a Conte il compito di prendere in mano la situazione. Non è scontato l’esito. E sul terreno del governo si misurerà la qualità dell’operazione: se cioè sarà , come è sembrato in questi giorni, una zattera di naufraghi delle esperienze precedenti, tra chi è stato al governo con Salvini e chi con Renzi o se sarà il terreno di un nuovo inizio e di un progetto di costruzione politica più ambiziosa.
Che sancisca una discontinuità interna ai partiti per agevolare un nuovo percorso comune. È la tesi che in serata Beppe Grillo affida un post, suggerendo un governo di personalità fuori dalla politica, per dimostrare che “le poltrone non valgono nulla”.
Il che consentirebbe a Zingaretti di sviluppare lo stesso ragionamento che pure ha in mente. La suggestione dura il tempo di una telefonata con Luigi Di Maio, prontamente resa pubblica, in cui si fa sapere che quello di Grillo è un “paradosso”, ma che “Di Maio è il capo, dunque spetta a lui decidere la squadra”.
Il che fa capire il livello di tensione dentro i Cinque stelle su un’operazione che, a cascata, sta mettendo in discussione un assetto consolidato di leadership e di potere. L’incarico all’ex premier dell’era gialloverde è l’unico dato acquisito.
Qualcosa nasce, cosa si vedrà .
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 28th, 2019 Riccardo Fucile
L’ULTIMO ATTO CRIMINALE DEL GOVERNO USCENTE: IMPEDIRE LO SBARCO DI 22 BAMBINI, 8 DONNE INCINTE E ALTRI 68 ESSERI UMANI CHE STAVANO PER AFFOGARE IN MARE…. ANCHE TONINELLI E LA TRENTA FIRMANO (IL LORO INGRESSO ALL’INFERNO)
Sono ben 22 i bambini con meno di dieci anni soccorsi questa mattina dalla Mare Jonio mentre si trovavano su un gommone alla deriva a circa settanta miglia dalla costa di Misurata.
Complessivamente 98 i migranti (anche 8 donne incinte) recuperati dalla nave di Mediterranea saving humans che ha fatto rotta verso nord, puntando su Lampedusa. Tra la nottata e l’alba sarà in vista dell’isola.
Ma, naturalmente, non si è fatto attendere il divieto di ingresso nelle acque nazionali firmato dal ministro dell’Interno Matteo Salvini.
L’atto, inviato ai colleghi Elisabetta Trenta e Danilo Toninelli per la sigla, è stato poi controfirmato da entrambi i ministri
Ma – in merito ai minorenni e alle donne incinte – la Trenta ha anche ravvisato “la necessità di porre in essere nel più breve tempo possibile forme di assistenza delle persone maggiormente bisognevoli, per l’attuazione delle quali la Difesa si rende immediatamente disponibile”.
Intanto, la Eleonore, nave della ong tedesca Mission Lifeline con 101 persone salvate è sempre fuori dalle acque maltesi, mentre la Commissione europea ha avviato il coordinamento – su input della Germania – per il ricollocamento dei migranti, che però sarà possibile solo se fatti sbarcare.
Mediterranea racconta di aver individuato all’alba il gommone “sovraffollato, alla deriva e con un tubolare già sgonfio con il nostro radar. Per fortuna siamo arrivati in tempo per portare soccorso”, completato alle 8.35 della mattina.
“Le persone – sottolinea la ong – sono tutte al sicuro a bordo con noi, ci sono casi di ipotermia e alcune di loro hanno segni evidenti dei maltrattamenti e delle torture subite in Libia. Fuggono tutte dall’inferno”.
Mare Jonio ha chiesto istruzioni al Centro di coordinamento del soccorso marittimo della Guardia costiera italiana che ha risposto indicando alla nave di riferirsi alle autorità libiche, dal momento che l’intervento è avvenuto nell’area di ricerca e soccorso del Paese nordafricano.
“Impossibile”, la risposta di Mediterranea: la Libia è “un paese in guerra civile dove si consumano tutti i giorni torture e trattamenti inumani e degradanti”.
Dal Centro, “come sempre avvenuto”, puntualizza la Guardia costiera, è comunque partita la richiesta al Viminale per l’individuazione del luogo di sbarco. E, anche in questo caso come nei precedenti, il ministero ha risposto picche.
Tra una diretta Facebook e una convocazione al Quirinale per riferire al presidente della Repubblica Sergio Mattarella alle prese con le consultazioni per la crisi di governo, Salvini ha trovato il tempo per firmare l’ennesimo divieto di ingresso per una nave umanitaria, dopo quello di ieri per la Eleonore.
Così la Mare Jonio, che nella notte si avvicinerà a Lampedusa, riceverà presumibilmente la visita a bordo di militari della Guardia di finanza che consegneranno al comandante il decreto con il divieto firmato da Salvini. Come, in altri casi analoghi, la situazione potrebbe sbloccarsi – in tempi brevi per i minori e le donne incinte – con un’iniziativa della procura di Agrigento.
Il Viminale, attacca Mediterranea postando la foto dei bambini salvati a bordo, “ritiene un pericolo per la sicurezza del nostro paese questi bimbi e le loro famiglie e ci vieta di entrare con loro nelle acque territoriali italiane come si fa con le navi nemiche in tempo di guerra”.
Duro anche Matteo Orfini (Pd), che definisce il divieto firmato da Salvini “l’ultimo atto di un ministro schifoso, razzista e disumano. Giuseppe Conte intervenga dimostrando per una volta di aver capito cosa significa discontinuità ”.
Save the children invita l’Italia “a proteggere la vita di questi bambini e queste mamme: è necessario riattivare subito un sistema di ricerca e soccorso nel Mediterraneo”.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 28th, 2019 Riccardo Fucile
QUANDO UNO ARRIVA A SOLLECITARE DICHIARAZIONI DEL MINISTRI M5S A SUO FAVORE VUOL DIRE CHE HA PERSO IL SENSO DELLA REALTA’… ORA IL PERICOLO PER DI MAIO E’ CHE CONTE APPAIA COME IL CAPO DEL M5S
Sono le ore 20.15. I flash delle agenzie di stampa battono in contemporanea due breaking news. La prima arriva dal Pd, che dice di non voler Luigi Di Maio vicepremier perchè il Movimento 5 stelle esprime già il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
La seconda dà conto dell’ultimo post di Beppe Grillo: “Oggi è l’occasione di dimostrare a noi stessi ed agli altri che le poltrone non c’entrano nulla: i ministri vanno individuati in un pool di personalità del mondo della competenza, assolutamente al di fuori dalla politica”.
È il riassunto perfetto della situazione tormentata che stanno vivendo i 5 stelle.
Luigi Di Maio è sotto assedio. Talmente sotto assedio che a metà mattina i colonnelli a lui vicini ricevono una telefonata: “Esci con una dichiarazione a favore di Luigi”.
La macchina si mette in moto, la batteria inizia a sparare un fuoco di fila a difesa del capo politico.
Che diffonde una dichiarazione estremamente sulla difensiva: “Mi sorprende che qualcuno sembri essere più concentrato a colpire il sottoscritto che a trovare soluzioni per gli italiani”. Il Movimento è compatto. Come il tonno nella proverbiale scatoletta, pronto a infrangersi al primo grissino che passi di lì per caso.
“Beppe si è stufato”.
È una fonte vicinissima all’ex comico a spiegarlo all’Huffpost, offrendo l’esegesi anche del post ben più involuto di martedì. “Si è stufato di questa trattativa, si è stufato di vedere la sua creatura che ha ideato al di fuori di qualunque compromesso possibile farne oggi di ogni sorta. Non ti dico che si è stufato di questo Movimento 5 stelle, ma poco ci manca”.
Di Maio è appena sceso dal Quirinale, dove ha dato il via alle danze per un secondo governo di Giuseppe Conte. I due si sentono, il senso che viene riferito è quello che il garante si riferiva solo ai ministeri più tecnici: “Il capo politico sei tu, decidi tu la squadra”. I buoi però sono ormai liberi e felici su pascoli d’alta montagna.
Scavando, un uomo vicino al fondatore la mette giù così: “Ci siamo spinti troppo in là con Conte, sta diventando lui il nostro riferimento. E non è nemmeno nel Movimento”. E aggiunge: “Tutta questa gestione della crisi è stata un errore. Fin dall’inizio”. La stessa fonte che accredita Davide Casaleggio in una posizione mediana, in mezzo al guado: estremamente perplesso della genesi di questa cosa giallorossa, ma allo stesso tempo molto legato a Luigi Di Maio.
È anche dal rapporto fra i due che nasce l’idea di consultare la base su Rousseau. Con un quesito che con tutta probabilità riguarderà i punti del futuro Governo e non tanto l’accordo con il Pd. Forse spendendo il nome di Conte.
Un’operazione, quella messa in piedi sull’avvocato del popolo, in quanto unica possibile per uscire dall’angolo e tenere unito il Movimento, in una fase nella quale il capo politico ha dovuto camminare sulle uova.
“Ci stiamo giocando tutto — dice uno dei suoi — nei prossimi mesi dobbiamo sparigliare con provvedimenti che veramente diano il senso della novità ”.
Ecco Stefano Buffagni, accreditato come tra i più scettici nell’operazione abbraccia la Piovra (come venivano descritti i Democratici in una campagna di comunicazione tra le più feroci contro il Nazareno messe in piedi negli ultimi anni): “Conte è il miglior premier degli ultimi trent’anni”.
Se si sia spinto troppo in là o meno è presto per dirlo. Il corpaccione parlamentare vuole la continuità : “Voterebbe pure il Governo Dell’Utri”, la velenosa frustata di uno di loro.
C’è anche un fattore generazionale, riscontrabile nei tanti giovani parlamentari nati e cresciuti politicamente nel Movimento di Di Maio, più che in quello di Grillo, che si stringono attorno al leader
È la votazione su Rousseau, i suoi tempi che cozzano con quelli dell’incarico che Sergio Mattarella conferirà a Conte, a dare la stura per una nuova rivolta interna.
“Ma ti sembra possibile mettere il lavoro del Quirinale e di tutti noi sub judice ex post?”, commenta uno di loro.
L’intervento in tal senso del questore della Camera Federico D’Incà , un lungo rapporto di stima con Roberto Fico, all’assemblea di martedì che ha fatto impennare l’applausometro.
C’è la vecchia accusa di sempre come mantra in questo pezzo di grillismo, quella che Di Maio decide tutto nella sua personalissima stanza dei bottoni senza rendere conto a nessuno.
Ma anche la pervicace volontà del “questa volta tocca a me” di una buona fetta dei 5 stelle che ha mal tollerato la convivenza con la Lega, e chiede discontinuità nei nomi della compagine di Governo.
Non quella che vorrebbe Grillo, intendiamoci, ma quella di nomi nei ruoli apicali. Per dirla con uno di loro “non siamo mica l’ufficio di collocamento di Di Maio”, facendo riferimento a partire da Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro scendendo in giù.
“Io con questo Governo la vedo nera”, dice quando ormai è notte una voce influente nel mondo pentastellato.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 28th, 2019 Riccardo Fucile
L’IDEA DEL GOVERNO M5S-PD SAREBBE DI CHIUDERE LE RICHIESTE NEL 2020, RISPARMIANDO 11 MILIARDI DA RIUTILIZZARE PER CUNEO FISCALE E PER EVITARE AUMENTO IVA
Quota 100 è in via di smontaggio. Democrat e Cinquestelle stanno ragionando in vista della prossima legge di Bilancio per recuperare risorse utili non solo per sminare gli aumenti dell’Iva in procinto di deflagrare ma anche per finanziare il taglio del cuneo fiscale adesso che il progetto legato alla flat tax con l’aliquota al 15% sponsorizzata da Via Bellerio pare essere definitivamente tramontato.
Il depotenziamento di Quota 100, operativa in via sperimentale dal 2019 al 2021, consentirebbe a un eventuale governo giallo-rosso di recuperare nella migliore delle ipotesi fino a 17 miliardi di euro, ma tutto dipenderà dal tipo di sforbiciata che la nuova eventuale maggioranza sceglierà .
Va in ogni caso segnalato che le fantastiche previsioni sui posti di lavoro che sarebbero nate dall’ideona di mandare in pensione prima erano tutte bufale: si parlava di tre posti per ogni pensionato, la verità è che ci saranno tre posti di lavoro ogni dieci pensionati. In più, la legge di bilancio incombe e grazie a quei risparmi potrebbe diventare tutto più facile. Spiega oggi Il Messaggero:
Le domande fin qui presentate per uscire dal mondo del lavoro a 62 anni risultano inferiori del 30 per cento rispetto alle previsioni iniziali. L’attuale andamento delle istanze per Quota 100, se confermato anche per il 2020 e per il 2021, evidenzierebbe uno stanziamento di risorse sovrastimate rispetto alle richieste di pensionamento reali.
Le possibilità su cui si ragiona sono tre. Gli stanziamenti previsti per la misura bandiera della Lega ammontano a 21 miliardi di euro tra il 2019 e il 2021, di cui 17 miliardi solo nel prossimo biennio.
L’ipotesi più drastica consisterebbe nell’abolire il pacchetto già dal prossimo anno, ma al momento appare anche la più improbabile. I democrat potrebbero accontentarsi di disinnescare Quota 100 a partire dal 2021, anno in cui le risorse stanziate per l’uscita anticipata dal mondo del lavoro a 62 anni di età con 38 di contributi ammontano a circa 8,6 miliardi di euro.
Tenuto conto dei 2,4 miliardi di euro di minori spese stimate per il 2020 dall’Ufficio parlamentare di bilancio, che ha condotto una simulazione sulla base dei dati del monitoraggio dell’Inps, l’asticella del risparmio salirebbe in questo modo a quota 11 miliardi di euro.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 28th, 2019 Riccardo Fucile
VUOLE TROLLARE L’ACCOUNT DI UN PROFILO TWITTER MA VIENE RIDICOLIZZATO E ALLORA LO BLOCCA
La rete e i social non offrono sempre grandi esempi, ma ci sono alcuni profili che emergono tra la folla per via del loro modo di raccontare la realtà .
Nel corso delle scorse settimane abbiamo raccontato di come il profilo Twitter VujadIn Boskov abbia ricevuto un plebiscito (una sorta di standing ovation social) dopo una risposta allo spin doctor di Matteo Salvini, quel Luca Morisi che non parlava delle contestazioni in Calabria e Sicilia esaltando il leader della Lega.
Dopo quella lezione di ‘realismo’, il profilo Twitter dedicato all’indimenticabile allenatore serbo è tornato a colpire, riportando a scuola il filosofo sovranista Diego Fusaro.
Ripercorriamo in breve la vicenda. Il tutto è partito da un tweet di Diego Fusaro che parlava dei ragazzi che decidono di andare a studiare all’estero: «Il bello della generazione Erasmus è che pensa che sia una conquista andare a lavare i piatti a Berlino e a Madrid». A questa provocazione (una delle tante del filosofo contemporaneo e sovranista che affolla Twitter dei propri pensieri), l’account di VujadIn Boskov aveva replicato così:
“bello di generazione erasmus è che ora tutti italiani ha internet anche in paesi esteri, quindi mezza europa prende in giro per tue fesserie”
Una replica che non è andata giù a Diego Fusaro che, prontamente, ha deciso di replicare al profilo Twitter dedicato al mitico allenatore serbo, raccontando un pezzo di storia che, però, è completamente e temporalmente errata: «Conosco bene la Serbia, quella dell’eroico Slobodan MiloÅ¡ević, amico mio. Hai fatto bene a venire via di là perchè là — Dio abbia in gloria la Serbia — i globalisti come te sono sbertucciati dal mattino a sera senza posa. Un caro saluto serbo e non servo di Washington».
Peccato che, spesso e volentieri, la saccenza (e giudizi su pezzi di storia condannati da molti, quasi tutti, tranne i nostalgici di un determinato tipo di pensiero) sia in grado di trasformarsi nel classico boomerang
“boskov andato via da serbia quando c’era Tito, ma vista tua simpatia per dittatura e genocidio, probabilmente per te anche lui era eroe. io consiglia di rimanere su filosofia perchè storia e economia non è tuo forte”
Il professore, filosofo, commentatore politico, Diego Fusaro, non ha preso di buon grado la replica di VujadIn Boskov e, forse deluso dal successo delle risposte dell’account per celebrare il mitico allenatore rispetto ai suoi pensieri quotidiani, ha deciso di passare al contrattacco.
Come? Bloccando l’account di Boskov che ironizza:
“e dopo avere preso seconda legnata su denti, grande filosofo con cuore di coniglio scappa in sua tana ”
(da “Giornalettismo”)
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Agosto 28th, 2019 Riccardo Fucile
CROLLA LA LEGA, SCENDE LA SUA POPOLARITA’, CALA LO SPREAD E LA UE SEMBRA PRONTA A CAMBIARE LE REGOLE DELLA LEGGE DI STABILITA’ A FAVORE DELLE IMPRESE
Sono in tanti a telefonare a Matteo Salvini per dirgli che non ne possono più. Tra questi non ci sono sicuramente Donald Trump e i parlamentari del M5S
In queste calde e lunghe giornate che Salvini è costretto a trascorrere al Viminale c’è molto tempo per riflettere (ma già da dopodomani ricomincerà a girare le piazze).
Il futuro è incerto, le elezioni per il momento restano lontane e il M5S ha deciso di allearsi con il PD per far nascere un Conte-bis. Potrebbe andare peggio, potrebbe piovere.
Ma Salvini ha capito tutto, ha capito che «c’era un disegno che partiva da lontano, che partiva da Bruxelles, passava per Parigi, per Berlino e Conte non è nè più nè meno che una riedizione del governo Monti».
Provate a canticchiarla sulla base di Penso Positivo di Jovanotti, è orecchiabile. Ma al di là delle trovate propagandistiche sul complotto che partiva da lontano del quale Salvini non si è accorto fino a quando non si è reso conto che la balla della grandissima vittoria alle europee non se la sarebbe bevuta più nessuno quello che resta è un Salvini piccolo piccolo.
Il leader del Carroccio non è finito e non è certo ridotto ai minimi termini, ma la perdita di popolarità di Salvini nei sondaggi comincia a farsi sentire. Forse gli italiani non hanno gradito la crisi d’agosto — solo il 17% pensa che aprire la crisi sia stato un «bene» — e non hanno abboccato alla storia del complottone contro Salvini.
E c’è da capirlo: dopo il governo Monti Salvini prese in mano il partito e grazie alla battaglia contro la Legge Fornero lo portò ai massimi storici. La tentazione di replicare la stessa strategia è grande.
Certo, la Lega è ancora il primo partito e se si andasse a votare potrebbe vincere le elezioni. Ma in un mese l’indice della fiducia in Salvini è crollato dal 51% al 36%.
Il punto è che se il Conte-bis andrà in porto non si andrà a votare e per un politico che più di ogni altro vive di sondaggi e consensi di piazza stare a bagnomaria all’opposizione non è la migliore delle ipotesi. Morisi però è ottimista, si consola con gli insulti e le maledizioni che fioccano sulle pagine del M5S. Ah, se solo si facessero i governi con i “mi piace” e con i commenti.
Alla Bestia non rimane altro che raccontare che PD e M5S hanno paura del voto perchè vogliono stare incollati alle poltrone.
Ma al momento quello che non si è ancora dimesso da ministro dell’Interno è Salvini. E a proposito di poltrone come lo chiamereste quel leader politico che fa cadere il governo di cui fa parte solo perchè ha visto dai sondaggi che se si andasse a votare prenderebbe più voti e quindi più poltrone?
Qualcuno lo potrebbe chiamare Matteo Salvini, ma alla Lega respingono nettamente che la crisi di governo sia nata proprio per questo. Anzi: loro volevano sventare un Conte-bis, che non esisterebbe se Salvini non avesse rotto con il M5S.
E un’altra bella notizia del dopo-Salvini è anche il calo dello Spread. Il differenziale di rendimento dei nostri titoli di Stato con il Bund tedesco è calato di 56 punti dall’inizio della crisi innescata da Salvini ad inizio agosto. Lo Spread Btp-Bund aveva raggiunto il picco di 240 punti base al culmine della crisi di governo il 9 agosto. Dal 20 agosto, data in cui Conte ha annunciato le dimissioni e la fine del governo gialloverde lo spread ha continuato a scendere fino a toccare i 174 punti base di poche ore fa (ieri aveva chiuso a 184 bp). Una variazione pari a -21,86% rispetto ad inizio anno.
Un chiaro segnale che a chi investe nel nostro debito la prematura dipartita di Salvini dal Governo non sembra poi così male. Diranno che è il chiaro segnale che i mercati complottano contro Salvini.
Noi invece preferiamo dire che se Salvini fosse rimasto al governo finanziare a deficit (ovvero facendo più debito) la sua fantastica manovra da 50 miliardi di euro sarebbe stato molto costoso per gli italiani.
Ma le buone notizie non finiscono qui: il Financial Times ha scritto che la nuova Commission Europea avrebbe intenzione di modificare il Fiscal Compact, ovvero le regole del patto di stabilità .
Al momento non è stata presa alcuna decisione e il documento in questione è meramente tecnico. Però se le cose dovessero evolvere in quella direzione Salvini perderebbe un’altra arma contro la UE.
E alla fine della fiera all’imprenditore del Nord, quello che vende le sue merci in Europa, cosa interessa di più? Avere Salvini al Governo oppure avere più soldi in tasca perchè magari la UE allenta le regole sui vincoli di bilancio?
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 28th, 2019 Riccardo Fucile
“L’IDEALE E’ UN GOVERNO DI MINISTRI COMPETENTI DOVE I POLITICI FACCIANO SOLO I SOTTOSEGRETARI”
Governo, nel nuovo che sarà targato M5S-Pd serviranno ministri al di fuori della politica e sottosegretari con ruolo politico.
Lo chiede Beppe Grillo con un nuovo post sul sul blog dopo la fine dell’ultima giornata di consultazioni.
«Oggi è l’occasione di dimostrare a noi stessi ed agli altri che le poltrone non c’entrano nulla: i ministri vanno individuati in un pool di personalità del mondo della competenza, assolutamente al di fuori dalla politica. Il ruolo politico lo svolgeranno i sottosegretari», aggiunge.
«È assolutamente normale ed atteso che ogni accenno ad un ministero si trasformi in una perdita di tempo condita da cori di reciproche accuse di attaccamento alla poltrona. Questo perchè un pò di poltronofilia c’è – aggiunge – ma, sopratutto, non ci sono i tempi nè per un contratto e neppure per chiarirci su ogni aspetto, anche fintamente politico, delle realtà che i ministeri dovranno affrontare».
«Questa crisi somiglia sempre di più ad un guasto dell’ascensore: quello che conta è mantenere la calma, non fare puzze e non dimenticare chi siamo – continua – Non facciamoci distogliere dalle incrostazioni che la realtà ha lasciato sui nostri scudi, è assolutamente normale ed atteso che ogni accenno ad un ministero si trasformi in una perdita di tempo condita da cori di reciproche accuse di attaccamento alla poltrona. Questo – aggiunge Grillo – perchè un pò di poltronofilia c’è ma, sopratutto, non ci sono i tempi nè per un contratto e neppure per chiarirci su ogni aspetto, anche fintamente politico, delle realtà che i ministeri dovranno affrontare».
(da agenzie)
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Agosto 28th, 2019 Riccardo Fucile
DI MAIO CONTINUA A PRETENDERE UN POSTO DA VICE-PREMIER, ALLA FINE LA SOLUZIONE SARA’ CHE NON CE NE SIA ALCUNO
Le ipotesi sono due: o due vicepremier o nessuno.
Sul tavolo di Giuseppe Conte, mentre si prepara ad accettare l’incarico di formare un governo dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella al più tardi domattina, c’è l’idea di avviare l’esperienza di un esecutivo Pd-M5s senza vicepremier è in stato avanzato.
Un premier in formato extralarge, con una maggiore agibilità politica soprattutto in Europa. Il nodo però è Luigi Di Maio, più che il Pd. Nel caso di un premier senza vice, al Pd andrebbe il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, più ministeri da concordare.
Conte sta soppesando per bene l’ipotesi di ‘guidare da solo’. Tanto per iniziare, fanno notare i suoi, sarebbe una buona linea di demarcazione rispetto al governo con la Lega in modo da fornire ulteriore risposta alla richiesta di “discontinuità ” del segretario del Pd Nicola Zingaretti. Ma soprattutto darebbe al premier maggiore agibilità politica e farebbe chiarezza nell’interlocuzione con i partner internazionali e anche con l’Ue.
Tante volte l’inverno scorso, nello scontro con la Commissione europea sulla manovra economica, Bruxelles ha dovuto aspettare le riunioni di Conte con i due vice prima di capire la posizione del governo italiano.
Tante volte la trattativa portata avanti da Conte a Bruxelles si è trovata ‘disturbata’ dalle tensioni romane intorno ai due vice (si ricorderà l’episodio della “manina” con cui Di Maio agitò le acque in pieno consiglio europeo per accusare Salvini sul sul condono fiscale).
E tante volte a Bruxelles si sono interrogati sulla reale forza di Conte, il suo potere contrattuale. Insomma visto che il governo Pd-M5s nasce come esecutivo certamente più gradito alle cancellerie europee terrorizzate dalle possibili minacce di Matteo Salvini sull’uscita dell’Italia dall’euro e su una manovra in deficit, tanto vale rafforzare il ruolo del premier, evitare che anche stavolta sia ‘commissariato’.
Fin qui i ragionamenti di Conte, la realtà è un’altra cosa.
Perchè sul vicepremier si sta consumando lo scontro di queste ore tra Pd e M5s. Luigi Di Maio insiste: vuole tenersi la vicepresidenza, sostenuto dai suoi , nonchè da Davide Casaleggio. L’obiettivo è in qualche modo di ‘controllare’ Conte, un premier che, dicono nel Movimento, si è spostato su una linea molto europeista e vicina al Quirinale.
Dall’altro lato, il Pd insiste per avere un vicepremier unico: solo uno, del Pd. “Non entreremo in un governo in cui premier e vicepremier siano espressi dalla stessa forza politica”, dice Andrea Orlando.
Ma a Palazzo Chigi non credono molto nello schema di due vicepremier in cui uno è il capo politico dei cinquestelle e l’altro è un esponente del Pd, ma non il segretario. Perchè, si sa, la scelta di Nicola Zingaretti è di restare presidente della Regione Lazio.
Insomma sarebbe una situazione squilibrata: da una parte il capo, dall’altra un esponente pur di peso ma non il segretario.
Ecco perchè, mentre scriviamo cresce l’ipotesi di un premier senza vice. C’è da convincere Di Maio, scoglio non da poco nel Movimento. E anche per lo stesso Conte, che potrebbe provarci a partire da domani una volta ricevuto l’incarico da Mattarella.
Tutto è legato dall’incastro con gli altri ministeri. Per dire: al Pd andrebbe il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, nel caso di un premier senza vice. Ma dovrebbe contrattare sui ministeri: nel Movimento cinquestelle dicono che non possono avere ministeri ‘pesanti’ più il sottosegretario.
Ad ogni modo, l’ipotesi di un ‘premier extralarge’ fa il paio con la gestazione di questo esecutivo, auspicato in Europa e ora apprezzato perfino da Donald Trump che ha ‘mollato’ il suo ‘ex amico’ Matteo Salvini.
Compatibile insomma con le interdipendenze che nell’epoca moderna regolano i rapporti tra gli Stati.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 28th, 2019 Riccardo Fucile
CONVOCATO PER DOMANI MATTINA AL QUIRINALE
Sergio Mattarella ha convocato il professor Giuseppe Conte domani mattina alle 9,30 al Quirinale per conferirgli l’incarico di formare un nuovo governo.
La decisione è arrivata dopo che il MoVimento 5 Stelle e il Partito Democratico lo hanno indicato.
Luigi Di Maio, parlando in conferenza stampa al Quirinale dopo l’incontro, ha rivelato che Matteo Salvini ha fatto sapere anche al Quirinale la sua disponibilità a fargli guidare un governo con la Lega. La proposta è stata rifiutata da Di Maio ( perchè non avrebbe avuto la maggioranza al Senato)
Non riuscendo nella svolta, Salvini ha riversato in conferenza stampa un attacco bilioso al presidente del Consiglio Giuseppe Conte: “Abbiamo espresso a Mattarella lo sconcerto non della Lega, ma di milioni di italiani, di fronte allo spettacolo indecoroso del teatrino della guerra delle poltrone”, ha detto evidentemente avendo dimenticato di aver offerto proprio una poltrona a Di Maio poco prima.
Salvini è andato a sfoderare il suo armamentario complottista, accusando il tipo con cui è stato 14 mesi al governo e che fino a quando non ha vinto le elezioni europee gli andava benissimo
Il Capitano ha rispolverato vari classici del complottismo che tiene da anni nel suo repertorio di chiacchierone politico: “Abbiamo l’impressione che ci sia un progetto che parte da lontano, non parte dall’Italia, che ha una idea di svendita di paese e delle aziende e del futuro di questo paese a poteri che non sono in Italia”.
Ritorna l’eco dei poteri forti, della Troika, e del cordone sanitario, da ultimo evocato dai leghisti dopo l’isolamento in UE, con l’elezione della Von der Leyen a Bruxelles. Poi però nelle sue parole si materializza il nemico di sempre, quel Pd che sembrava sconfitto e che ha firmato la sua uscita dal Viminale, se si arriverà a formare il governo Conte-M5S-PD”
(da agenzie)
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