Agosto 2nd, 2019 Riccardo Fucile
IL GOVERNO CHE VOLEVA RIVOLTARE L’EUROPA NON RIESCE A FARE NEANCHE IL NOME DEL COMMISSARIO… LA VON DER LEYEN VA DA CONTE MA TROVA UN’ITALIA SMOBILITATA E PARALIZZATA DAI GIOCHINI DI SALVINI CHE SE NE FREGA DEGLI INTERESSI NAZIONALI
Perchè poi, quando si alimenta tutto questo mistero sui “nomi”, la verità è che i nomi non ci sono.
Ci sono ipotesi, più o meno convinte, più o meno improvvisate e un alone di mistero per coprire il vuoto attorno a chi sarà il commissario europeo che spetta all’Italia.
Ma non c’è, questo il punto, una strategia credibile costruita dal Governo italiano sul dossier, neanche sull’ultima nomina rimasta, l’ultimo strapuntino dopo il grande fallimento del negoziato attorno ai vertici europei, che registra l’Italia più debole e isolata.
È la fotografia di un reflusso, dopo i roboanti annunci alla vigilia del voto sulla “rivoluzione sovranista” che avrebbe portato a un cambiamento radicale nella tolta di comando dell’Ue.
Adesso non c’è certezza neanche sul commissario. Quale casella, pesante o un contentino. Quale figura, tra tanti nomi che vengono fatti che non parlano neanche inglese.
Ecco, la visita italiana del neo commissario Ursula von der Leyen si è rivelata, in definitiva, un semplice scambio di cortesia, più che un appuntamento negoziale vero. Perchè ha trovato un’Italia smobilitata, con il premier che, con la consueta eleganza, ha sondato e chiesto garanzie, affogando in una sorta di discorso sul metodo l’impossibilità di un discorso politico, razionale, definito, supportato da una riflessione condivisa all’interno del Governo.
Anche la potente fabbrica degli spin che alberga a palazzo Chigi si limita a far trapelare che “nomi non ne sono stati fatti”, ma ancor più indicativo è che i più abili sarti della comunicazione fossero in vacanza, elemento che misura l’importanza attribuita all’incontro e il clima che si respira.
E il vero capo del Governo che dal Papeete Beach si diletta e diletta in un quotidiano panem et circentes, alimentando il mito dell’estraneità all’establishment nazionale ed europeo, perchè in fondo cosa gliene frega al popolo di chi sarà il commissario italiano nell’Europa dei banchieri e delle regole assurde, che magari esprimerà qualche perplessità sulla prossima manovra se costruita con l’intento di sballare i conti.
E cosa gliene frega che l’Italia è sempre più isolata rispetto al passato in cui — basta fare qualche nome: Prodi, Monti, Bonino, Draghi — era nel cuore apicale dell’Unione, dove le decisioni vengono prese e non subite.
C’è tutto questo dietro il mistero sui nomi, dati all’ultimo momento, come se la questione non fosse rilevante.
E su una trattativa che non decolla e non perchè c’è tempo fino a fine mese (gli altri paesi già da tempo sono impegnati sul dossier), ma perchè manca la colla politica.
E l’Italia è arrivata tardi e male. La verità è su questo che per Salvini si misura il peso dell’Italia in Europa, perchè in fondo la sua strategia “prescinde” da questo. E prescinde, sempre, da una assunzione di responsabilità per cui, alla fine, è meglio dire “colpa degli altri”: vale per il Governo italiano, vale per l’Europa.
La solita ridda di voci attorno ai soliti nomi lascia intendere che il leader della Lega ha fatto davvero il minimo indispensabile preferendo stare “fuori”, sin dal voto contro la commissaria su cui si è diviso il governo e ha affondato l’unica vera, possibile, candidatura di peso, quella di Giancarlo Giorgetti.
Perchè magari i petali della rosa saranno anche nomi eccelsi della Lega — Giulia Bongiorno, Lorenzo Fontana, Massimo Garavaglia — ma il punto è che una strategia degna di questo nome si basa sul rapporto tra il nome e il portafoglio a cui si ambisce. Ed è chiaro che se l’ambizione, come ha spiegato il presidente del Consiglio, è di avere un portafoglio economico è altrettanto chiaro che alcuni di questi nomi sono palesemente inadatti. Insomma, nomina sunt conquaentia rerum.
Invece l’impressione è che la questione del commissiario europeo si sia ridotta all’ennesimo tassello di un gioco interno che poco a che fare con una visione dell’interesse nazionale e con il ruolo che il governo, nel suo insieme, vuole giocare in Europa: Salvini che dà il nomi a Conte solo alla fine, Conte che fa trapelare la sua irritazione, un incontro inutile con il neo-commissario, Salvini che, fanno sapere i suoi, “adesso vuole vedere come si comporta Conte” e alimenta la suspense prima del suo comizio balneare di sabato sera in cui continuerà a tenere sulle corde il governo.
Parliamoci chiaro: se l’intero gioco fosse stato coralmente gestito attorno a una figura credibile, il premier avrebbe avuto maggiori margini di azione e tutto sarebbe stato costruito con la consueta grancassa mediatica, non certo in un clima di vacanza, telefoni spenti, sospiri e misteri.
E magari qualcuno avrebbe fatto una telefonata al Quirinale che, si sa, non interviene su ciò che è di competenza del governo, ma certo ha cuore tutto ciò che attiene al peso e al ruolo che l’Italia agisce in Europa.
È chiaro che Salvini non ha fretta. E in questa sconfitta annunciata di un paese che, in Europa, rischia di doversi accontentare di uno strapuntino, c’è il gioco cinico e angusto di chi vuole tenersi le “mani libere”, nell’ambito di una “via nazionale” al sovranismo, fallita la rivoluzione europea.
Neanche il commissario. Sai che bella campagna d’autunno contro la perfida Europa dei tecnocrati, della Merkel, di Macron e della von der Leyen.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 2nd, 2019 Riccardo Fucile
L’INCONTRO CON CONTE A ROMA: “NUOVA RIPARTIZIONE DEGLI ONERI, MA SOLIDARIETA’ NON E’ UN UNILATERALE, L’ITALIA DEVE FARE LA SUA PARTE”
Un patto per le migrazioni e l’asilo. Una sfida, un impegno, una idea-forza per la “nuova Europa” targata Ursula von del Leyen, neo presidente della Commissione europea. “Vorrei proporre un nuovo patto per le migrazioni e l’asilo: abbiamo bisogno di una nuova soluzione, di una nuova boccata d’aria e questo fa parte del nostro mondo globalizzato”, dice prima dell’incontro con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte a Palazzo Chigi.
“Sono consapevole che Paesi come Italia, Grecia e Spagna si trovano in una posizione geograficamente più esposta, sono in prima linea” rispetto alla sfida dei flussi migratori, “di questo dovremo tenere conto”, ha sottolineato ancora la presidente della Commissione europea. “E’ fondamentale poter garantire la solidarietà , ma non è mai unilaterale, è come minimo bilaterale – ha rimarcato – ma se collaboriamo insieme certamente riusciremo a trovare delle soluzioni per il futuro”.
Sul tema dei flussi migratori, spiega ancora, ”è certamente necessario rivedere il concetto di suddivisione, ripartizione dell’onere”. Parole che l’Italia accoglie positivamente.
“Noi vogliamo che le nostre procedure siano efficaci, efficienti, ma anche umane”. Un passaggio che invece non può non essere letto come messaggio alla resistenza che l’Italia sta ponendo allo sbarco dei migranti dalle navi delle ong.
“Certamente – ha riconosciuto von der Leyen – non è un compito facile da realizzare, ma abbiamo tutti capito che non esistono soluzioni facili nè tantomeno risposte facili, soprattutto quando si tratta di una condivisione dell’onere. È certamente necessario rivedere il concetto di suddivisione, di ripartizione dell’onere”.
Poi, al termine dell’incontro, un tweet per auspicare una ripartenza nello “spirito di Alcide De Gasperi”.
Fuori dall’ufficialità , una fonte al seguito di von der Leyen confida ad HuffPost che l’incontro ha rafforzato la stima personale tra i due protagonisti. Anche su un tema particolarmente scottante come quello dei migranti.
Il premier, confida ancora la fonte, ha particolarmente apprezzato, sul tema migranti, l’impegno della von der Layen, ribadito anche nell’incontro, a lavorare con determinazione per dare un seguito concreto alla necessità , perorata da Roma, di una significativa “ripartizione dell’onere”.
Efficienza e umanità non sono in conflitto, ma devono integrarsi nel patto evocato dalla ex ministra tedesca.
D’altro canto, era stata la stessa von der Layen a rimarcarlo il 10 luglio nel suo discorso da candidata alla presidenza, pronunciato al Parlamento europeo: “È un obbligo soccorrere tutte le persone in pericolo in alto mare. Aiutare i migranti che si trovano sulle imbarcazioni di fortuna è veramente un principio di base”, aveva sostenuto.
“È estremamente importante ridare vita alla missione Sophia, bisogna trovare una soluzione a questo problema”, aveva aggiunto von der Leyen.
Più efficienza, ma anche più umanità . Salvini avvisato.
(da “Huffingtonpost“)
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Agosto 2nd, 2019 Riccardo Fucile
I GIORNALI SOVRANISTI HANNO GLI OCCHI FODERATI DI PROSCIUTTO AVARIATO
Gli operatori di Tele4 si trovavano proprio in zona per alcune riprese giornaliere quando il giornalista Marco Stabile, durante il ritorno in redazione, si accorge da una foto pubblicata sui social dove tre ragazzi stavano facendo il bagno e stavano lavando i propri vestiti presso il Molo Audace di Trieste.
Di corsa, tanto da dimenticarsi di togliere gli occhiali da sole, si dirige presso il posto insieme al suo operatore per intervistare i tre che poi risultano essere afghani.
A seguito del servizio andato in onda il 30 luglio 2019 diverse testate giornalistiche, come Il Giornale, titolano il 31 luglio «Trieste, migranti si lavano e fanno il bucato in centro: “Pensavamo fosse una piscina”».
Quest’ultimo articolo è stato poi condiviso dal ministro dell’Interno Matteo Salvini il primo agosto 2019 commentando con un secco «Roba da matti!!!»
Foto scattata in «centro» a Trieste?
Da parte de Il Giornale c’è una forzatura nel titolo. Infatti, rispetto a Tele4 e ai quotidiani locali come Il Piccolo, ritiene che la foto sia stata scattata in pieno centro a Trieste mentre si tratta in realtà si trovavano presso il Molo Audace. Dalla fotografia, dalle riprese ti Tele4 e tramite Google Maps è possibile trovare il punto dove si trovavano i tre:
Il Molo Audace si trova nelle dirette vicinanze di Piazza Unità d’Italia, la principale e più conosciuta di Trieste. Per chi conosce la città al sentire «centro» verrebbero in mente altri luoghi, come il Canal Grande dove troviamo il Passaggio Joyce e il Ponte Rosso.
La «piscina»
Arriviamo, infine, alla questione «piscina». Uno dei tre, intervistato da Tele4, avrebbe dichiarato di aver confuso il Molo con una piscina. Un fatto davvero insolito, visto che si trovava praticamente in mare e l’acqua non è nemmeno dolce. Ci si domanda se il migrante non avesse detto «swimming pool» bensì «swimming hole», ma nel servizio la sua voce viene coperta da quella del traduttore in italiano.
Una volta contattata la redazione del canale televisivo triestino, il giornalista Marco Stabile ci inoltra il video senza la voce dell’operatore italiano permettendoci di confermare le esatte parole del ragazzo: «swimming pool», piscina.
Come spiegato anche da Marco Stabile al telefono, è possibile che i ragazzi non abbiano mai avuto a che fare prima d’ora con il mare e che non sapessero che lavare i propri vestiti nell’acqua salata del molo non fosse proprio la soluzione ideale.
Certo è che affermando di averla confusa per una piscina risulta più facile la forzatura con il luogo riportato nel titolo de Il Giornale, e cioè il «centro»
Il divieto di balneazione
In un articolo del 31 luglio 2019 de Il Piccolo troviamo le dichiarazioni della Capitaneria di Porto in merito al divieto di balneazione, con multe che possono arrivare a 200 euro, ma in questo caso non si parla dei migranti afghani quanto di alcuni giovani che si erano tuffati accanto ai gradini della Scala reale proprio davanti a Piazza Unità d’Italia di fronte ai cittadini triestini e i turisti presenti in zona.
Non solo, nell’articolo non si parla di un singolo episodio e che il gesto risulterebbe frequente nelle ultime settimane:
Scala Reale e Molo Audace scambiate per trampolini da tuffi. Nelle ultime settimane “clanfe” e gesti più o meno atletici di quel tipo sono stati spesso segnalati e immortalati sui social.
Gli autori per, è bene saperlo, rischiano grosso: chi viene beccato può andare incontro a multe salate, che possono sfociare anche nel penale. La Capitaneria di Porto avverte che non farà sconti: dopo i richiami verbali dei giorni scorsi, quindi, si passerà alla sanzione.
Si parla di social, infatti nell’articolo si riporta che diversi scatti fotografici sarebbero stati condivisi sui profili private e pagine Facebook il 28 luglio 2019. Non solo ragazzi e ragazze intenti a tuffarsi in acqua, ma anche ammollo seduti sugli ultimi gradini a godersi il sole. Gesti che vengono compiuti anche dai turisti, anche presso il Molo Audace:
Tra gli utenti dei social, c’è chi se la prende con i giovani, accusandoli di maleducazione, chi pensa che il gesto sia una semplice bravata, e chi addirittura le difende, ipotizzando che forse non erano a conoscenza del divieto di balneazione.
Stesso copione anche sul vicino molo Audace, dove a scendere dalle scalette in pietra, senza troppi pensieri, sono stati alcuni giorni fa anche alcuni turisti, che probabilmente per combattere la calura si sono fatti una breve nuotata.
Qualcuno ha cercato refrigerio, sempre in costume, immergendosi per qualche minuto, prima di riaffiorare e rivestirsi rapidamente. Tutto vietato.
Conclusioni
Il fatto è avvenuto realmente, tre afghani si sono recati presso il Molo Audace di Trieste — non propriamente «in centro» — per fare il bagno e lavare i propri abiti (non risulta da nessuna parte, neanche dalle foto, che abbiano usato prodotti o sapone per il lavaggio). Uno di loro ha realmente detto di fronte alle telecamera che credeva di trovarsi di fronte a una piscina, nonostante l’evidente visuale del mare aperto. Forse perchè non ne hanno avuto a che fare prima d’ora, del resto lavarci i vestiti è la scelta peggiore.
Il fatto che siano tre afghani arrivati da poco in Italia rende la notizia più appetibile per il grande pubblico rispetto a quella dei giovani e dei turisti che decidono di utilizzare le zone di fronte a Piazza Unità d’Italia e dello stesso Molo Audace come zona di balneazione.
Un problema generale che riguarda più protagonisti, ma solo qualcuno è stato considerato dal ministro dell’Interno e dai media nazionali.
(da agenzie)
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Agosto 2nd, 2019 Riccardo Fucile
SAVOINI E I RUSSI SI SAREBBERO INCONTRATI ANCHE LO STESSO GIORNO DEL VERTICE TRA SALVINI E IL VICEMINISTRO KOZA CHE HA LA DELEGA ALL’ENERGIA
La trattativa Lega-Russia per la compravendita del petrolio non sarebbe iniziata la sera del 18 ottobre durante l’ormai nota cena dell’hotel Metropol di Mosca.
A ormai cinque mesi dall’inizio delle indagine gli inquirenti sembrano aver aggiunto un altro tassello alla ricostruzione dell’accordo che avrebbe dovuto portare nelle casse del Carroccio 65 milioni di euro.
Entro il prossimo 5 settembre la Procura dovrebbe consegnare i primi atti alla difesa, in vista del Riesame. E in quell’occasione il quadro dovrebbe essere pressochè completo, compresi gli addebiti nei confronti degli indagati.
Sono ormai noti i nomi dei tre italiani presenti alla cena dell’ hotel moscovita resa nota dall’Espresso. Ma ora i pm Gaetano Ruta e Sergio Spadaro, dopo aver richiesto e ottenuto da uno dei due giornalisti del settimanale l’audio della conversazione e averne, attraverso una perizia, verificato l’autentitcità , stanno lavorando per ricostruire le identità degli interlocutori russi degli italiani: il presidente dell’associazione Lombardia-Russia Gianluca Savoini, l’avvocato Gianluca Meranda e il consulente Francesco Vannucci, tutti indagati per corruzione internazionale.
Dall’audio delle conversazioni, che era stato diffuso da Buzzfeed tre settimane fa, i magistrati avrebbero scoperto appunto un elemento non secondario della vicenda: la trattativa andava avanti da tempo.
I sei uomini, infatti, durante la cena, fanno riferimento a precedenti incontri.
In un passaggio del dialogo, incentrato sul tipo di carburante da inserire nell’accordo, un italiano, forse Merenda, dice: “come dicevamo a Roma”. Un evidente riferimento al fatto che la trattativa abbia avuto almeno un precedente nella Capitale.
Inoltre nell’audio ci sono più riferimenti a un incontro avvenuto il giorno prima.
«Quanto dibattuto ieri riguardava i due tipi di carburante, cherosene per l’aviazione o diesel», dice uno dei russi.
Siamo al 17 ottobre, giorno in cui Savoini si era incontrato a cena con il ministro degli Interni Matteo Salvini, con Ernesto Ferlenghi e Luca Picasso, presidente e direttore di Confindustria Russia, il consigliere di Salvini Claudio D’Amico e tre uomini dello staff del ministro dell’Interno.
Savoini ha informato Salvini della trattativa in corso?
Qualche ora prima il vicepremier del Carroccio aveva incontrato, in un appuntamento che non compariva sull’agenda ufficiale del ministro, Dmitry Koza, vice primo ministro russo con delega all’energia.
Evidentemente anche sulla scorta di queste informazioni gli inquirenti milanesi stanno cercando di capire l’ambito di provenienza dei tre interlocutori russi di Savoini.
Per l’Espresso uno sarebbe Ylia Yakunin, uomo d’affari vicino a Vladimir Pligin, del partito putiniano “Russia Unita”, mentre un altro potrebbe essere un funzionario pubblico russo.
Ma la procura dovrà sciogliere un altro nodo: chi ha registrato l’audio? Sarebbe stato, per i pm, uno degli italiani. Ma chi tra Savoini, Meranda e Vannucci. E, soprattutto, perchè fare in modo che diventasse pubblico?
(da agenzie)
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Agosto 2nd, 2019 Riccardo Fucile
GLI ITALIANI NON SONO PIU’ DISPOSTI A FARE QUEI LAVORI CHE FACEVANO GLI IMMIGRATI… AVETE VOTATO LEGA? CAZZI VOSTRI, ORA “PRIMA GLI ITALIANI” ANCHE A SPEZZARSI LA SCHIENA NEI CAMPI
Sui 18mila lavoratori extra Ue ammessi in Italia, in Veneto ne potranno arrivare 831: 46 a Belluno, 80 a Padova, 130 a Rovigo (insieme a Ferrara) 40 a Treviso, 20 a Venezia, 500 a Verona e 15 a Vicenza.
Pochi, troppo pochi per garantire una quota soddisfacente di lavoratori nei campi.
Le categorie non hanno preso bene questo dato, dovuto a un mix letale di porti chiusi, sbarchi diminuiti e autonomia differenziata in vista.
Il risultato, immaginabile ma non per chi abbocca alla propaganda populista di Salvini è duplice: da un lato ci sono pochi lavoratori disposti a raccogliere verdura per 6-7 euro l’ora, in turni massacranti di 10 ore; dall’altro quelli disposti a lavorare preferiscono il lavoro nero, come avvertono Cia nazionale e Confagricoltura Veneto.
C’è anche un problema sociale: “Ci sono decine di migliaia di residenti nelle liste di collocamento ma hanno scarsa disponibilità ad effettuare lavoro di manodopera nei nostri campi» spiega Luigi Bassani, direttore di Confagricoltura.
In altre parole, gli italiani non sono disposti a fare il lavoro che di solito viene svolto dagli immigrati.
“Non escludo ci siano persone che sfruttano il lavoro: vanno perseguite” dice ancora Bassani, “ma sta di fatto che all’ultima selezione, su 500 persone scelte al Collocamento, alla fine della formazione ce ne sono rimaste 15. Perchè molti lavoretti in nero competono le nostre paghe. Se la frutta e la verdura la vogliamo pagare sempre meno, non c’è margine per i lavoratori e gli imprenditori. Bastano 15 centesimi in più al chilo nel prezzo finale a garantire il prodotto locale”.
(da agenzie)
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Agosto 2nd, 2019 Riccardo Fucile
DOPO ESSERSI ECCITATI PER L’ASSENZA DI REGGISENO DI CAROLA, OGGI I SOVRANISTI DI LIBERO MANCANO DI RISPETTO A UN’ALTRA DONNA
Dopo la polemica sull’assenza di reggiseno di Carola Rackete, ora Libero punta il radar del body shaming contro la capomissione della Alan Kurdi, Barbara Held. Anzi, stavolta se la prende con la sua età , definendola «la nonna di Carola Rackete».
Ad accomunare le due donne è la nazionalità tedesca e la partecipazione all’attività umanitaria delle Ong. Nulla di più.
La penna di Libero però decide di trasformare Barbara Held nella «nonna di Carola Rackete» non in un editoriale retorico, magari cercando di creare un simbolismo di qualche genere.
La signora Held diventa nonna in una sola riga verso la conclusione dell’articolo che racconta lo stallo della nave della Alan Kurdi intorno alle acque di competenza dell’isola di Lampedusa, dove stava attendendo notizie sullo sbarco.
Nel pomeriggio di venerdì la Alan Kurdi ha fatto sapere di aver deciso di cambiare rotta e dirigersi a Malta: «Bisogna trovare una soluzione, in fretta, non metterla sulle spalle di quelle persone che hanno sofferto così tanto» scrive nel tweet Barbara Held.
Trattasi quindi di un articolo di cronaca dove la nota di “colore” diventa però il titolo. L’età di Barbara Held non viene mai citata, ma la donna viene definita come «anziana» e «sorta di “nonna” di Carola Rackete, anch’ essa tedesca».
Barbara Held, capomissione della Alan Kurdi, si è fatta “notare” dopo aver pubblicato su twitter un video in cui mostra che tra i 40 migranti soccorsi mercoledì ci sono anche due donne, di cui una incinta, e tre bambini, uno di questi con una grande cicatrice su una spalla.
«Le persone che abbiamo soccorso ci hanno detto che preferiscono essere gettate in mare piuttosto che tornare in Libia. Non lasceremo che succeda» dice nel video pubblicato sul canale twitter della Ong Open Arms dopo il soccorso.
Barbara Held, 52 anni, è un medico specializzata in emergenza a bordo delle navi. Ha partecipato a diverse missioni con la Ong Sea Eye, prestando soccorso ai migranti salvati in mare a bordo della Sea watch 2.
Nel 2016 raccontava di alternare il suo lavoro a bordo delle navi da soccorso con quello a bordo di navi da crociera, ma le immagini di disperazione a cui ha assistito l’hanno convinta a concentrarsi sempre di più sul lavoro con la Ong.
«Ho visto i morti galleggiare nell’acqua» raccontava in una intervista del 2016 a proposito di una missione appena conclusa: «Ad un certo punto ho scoperto qualcosa di molto colorato, che pensavo fosse spazzatura. Mentre ci avvicinavamo, mi resi conto che c’era una donna alla deriva in un abito molto colorato. Al suo fianco c’era qualcosa avvolto nello stesso tessuto colorato — suo figlio. Una coppia legata l’una all’altra da una corda e galleggiava senza vita nell’acqua. Ho subito dovuto pensare alla coppia di Pompei aggrappata l’una all’altra in agonia».
I racconti delle persone soccorse in mare, il ricordo delle urla nella notte che chiedono aiuto: immagini che nei racconti di Barbara Held tornano costantemente. «Sono madre di due figli, che stanno bene e al sicuro grazie ad un destino favorevole ad un passaporto “giusto”» diceva in un video pubblicato da Sea Eye del 2018, parlando con alle spalle il porto e le croci nere in ricordo delle morti in mare.
Parlava dei migranti che preferirono gettarsi in mare piuttosto che salire sulla motovedetta libica: il terrore di tornare indietro li aveva spinti fino alla Sea Watch che era stata obbligata a rimanere in disparte.
Lei racconta di averli raccolti, mentre la guardia costiera libica minacciava la Sea Watch. In quell’occasione salvarono poco più di un centinaio di persone. Una missione che è un imperativo morale: «L’accoglienza e l’integrazione di così tanti rifugiati è certamente una sfida. Ma con le persone che sono già in viaggio, tutti abbiamo una responsabilità » diceva a proposito delle prime reazioni della Germania all’arrivo dei migranti soccorsi nel Mediterraneo.
«È abbastanza normale per noi medici aiutare tutti, indipendentemente dal fatto che siano responsabili dei propri problemi di salute o che abbiano un’assicurazione sanitaria. Non aiutiamo solo le persone che pagano».
Ora a bordo della Alan Kurdi, a capo della sua missione, Barbara Held ha deciso di fare rotta verso Malta, ciò che conta per lei è tenere le persone soccorse lontane dalla Libia e dalla Tunisia, dove tornerebbero a essere prigionieri.
(da agenzie)
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Agosto 2nd, 2019 Riccardo Fucile
LA CIRCONVENZIONE DI INCAPACE COMINCIA A PERDERE COLPI: MOLTI RICORDANO A SALVINI CHE RACCONTA BALLE E I MIGRANTI CONTINUANO AD ARRIVARE IN ITALIA
Ai porti chiusi di Salvini ormai credono solo lui e il suo social media manager.
Sulla pagina Facebook del Capitano è stato postato questo contenuto che riporta un titolo di Libero che risale a ieri e che recita: “Idee chiare, coraggio e si vince”. Perchè l’articolo è di ieri (mattina)?
Perchè nel frattempo si è scoperto ieri che 50 naufraghi della nave Gregoretti andranno in strutture della Chiesa a Rocca di Papa, esattamente come è successo nel giugno 2018 con tanto di shock dei patridioti quando si accorsero che Rocca di Papa era in Italia.
Salvini quindi tenta per l’ennesima volta il numero della circonvenzione di elettore incapace, e c’è da dire che visto che gli riesce così bene da un certo punto di vista fa bene a provarci.
Il problema è che i social network di Salvini cominciano a riempirsi di persone che fanno notare al Capitano che è tutta una presa in giro.
Perchè se vanno a Rocca di Papa rimangono in Italia e non era questo che era stato promesso.
l fatto che la Chiesa li porti pur sempre in Italia è ben presente ai fans del Capitano, anche se lui dice che l’Italia ha vinto perchè non ha preso “migranti” e che chi la dura la vince.
In particolare c’è anche chi dice che in effetti “ma non vedi che te pijano in gio? Porti chiusi come dici tu ma sbarcano tutti ma fammi il favore va’”,
E c’è anche chi ricorda che ne arrivano a igliaia con i barchini.
E il bello è che la strategia della crisi sui migranti finora si è rivelata un fallimento, visto che soltanto il 5% è stato effettivamente finora ricollocato.
(da agenzie)
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Agosto 2nd, 2019 Riccardo Fucile
UN PESCATORE OFFRE I CORNETTI AI BAMBINI A BORDO
Gli sbarchi continuano in Sicilia su tutta la costa.
Dopo i trenta sbarcati indisturbati a Torre Salsa, nell’Agrigentino (di cui molti irreperibili) oggi sono anche arrivati due barchini direttamente a Lampedusa.
Mentre Salvini schierava le truppe per difendere i sacri confini per impedire l’attracco ad Open Arms, due barche hanno bucato la “sicurezza nazionale” arrivando indisturbate fino al molo Favaloro di Lampedusa.
Questa mattina, intorno alle 5, infatti con due piccole imbarcazioni sono arrivate sull’Isola 29 persone (26 uomini di cui 17 presunti minori e tre donne delle quali una minorenne).
I migranti appena scesi sul Molo Favaloro sono stati accolti da un pescatore lampedusano che ha regalato cornetti ai minori.
(da agenzie)
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Agosto 2nd, 2019 Riccardo Fucile
IL VERGOGNOSO EPISODIO AVVENUTO QUESTO POMERIGGIO A PESCARA… LA FUGA NEL BAR E L’ARRIVO DELLA POLIZIA… ATTENDIAMO DI SAPERE SE LA TEPPA LEGHISTA E’ STATA IDENTIFICATA
La misura era colma già da tempo e quanto accaduto a Pescara conferma che un certo tipo di linguaggio, sdoganato e diffuso da Matteo Salvini, ha tana libera tutti togliendo da alcuni italiani qualsiasi inibizione.
L’ultimo episodio è stato denunciato da Gianfranco Rotondi, vicepresidente dei deputati di Forza Italia. Il politico era impegnato in un’intervista nella cittadina abruzzese, quando un gruppetto di facinorosi sostenitori del leader della Lega è arrivato davanti a lui insultandolo.
Lui e il giornalista sono stati costretti a fuggire in un bar per allertare le forze dell’ordine.
L’aggressione, per fortuna, non è stata fisica ma solamente verbale.
Le parole d’odio lanciate contro Gianfranco Rotondi, però, sono l’emblema e la sintesi del clima esacerbato che si vive nel nostro Paese: «Traditore! Porco! Maiale! Non parlare male di Salvini».
Questi i toni che hanno portato lo stesso vicepresidente dei deputati di Forza Italia a interrompere l’intervista e barricarsi in un bar. Da lì è poi partita la telefonata alle forze dell’ordine.
Gianfranco Rotondi, intervistato poco dopo la sua denuncia social dall’AdnKronos, ha raccontato come sono andati i fatti di questo folle pomeriggio a Pescara: «Sono stato costretto a rifugiarmi in un bar. Era un’intervista video per un sito, quando due persone sui 30/35 anni si sono avvicinate a me e al giornalista urlandomi ‘traditore, maiale… parli male di Salvini. La mia era un’intervista politica. Per poco non mi mettevano le mani addosso… Ci siamo rifugiati nel Caffè Berardo».
E le responsabilità sembrano essere ben note, non tanto per l’esecuzione materiale del vile gesto, ma per il modus operandi che, negli ultimi giorni, è diventato insostenibile per un Paese che finge di essere civile.
«Dopo quanto mi è accaduto penso sia il caso di porre la questione al Presidente della Repubblica — ha proseguito Gianfranco Rotondi all’AdnKronos — ma Matteo Salvini, questo ragazzo che se non si dà una calmata non so quanto va lontano, è il garante della sicurezza in questo Paese o è il principale agitatore? Non dico che è lui il responsabile di quanto accaduto, però si è creato un clima infame: e se il ministro dell’Interno si permette di usare espressioni come zingaraccia è facile che a qualcuno venga in mente che se non la pensi in un certo modo sei un traditore della patria».
(da agenzie)
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