Agosto 12th, 2019 Riccardo Fucile
IL CENTRODESTRA NON HA I NUMERI AL SENATO PER IMPORRE LA MOZIONE DI SFIDUCIA IL 14 AGOSTO… M5S-LEGA-MISTO HANNO 23 SENATORI IN PIU’: SE VINCE CONTE PARLERA’ IL 20 E POI SI DIMETTERA’ SENZA ESSERE SFIDUCIATO
L’attenzione è tutta puntata alle 18 , quando il giallo della crisi di ferragosto si comincerà , forse, a risolvere.
Solo a quell’ora, infatti, nell’emiciclo di Palazzo Madama si conoscerà il calendario dei lavori. A capire, insomma, se si discuterà o meno il 14 agosto la mozione di sfiducia nei confronti di Giuseppe Conte, presentata dalla Lega di Matteo Salvini.
O se alla fine prevarrà la linea della “nuova” maggioranza “tecnica”, composta dal Pd, dal M5S, dal gruppo Misto e dal cespuglio della Autonomie, che invoca di calendarizzare le comunicazioni del presidente del Consiglio, non prima del 20 agosto.
Tutto passerà da un’Aula che si trasformerà in un ring perchè da lì sapremo di più sul destino della corsa del Capitano della Lega, oppure sull’ipotesi di un nuovo esecutivo di tipo istituzionale. Per salvare il Paese dall’esercizio provvisorio e dall’aumento dell’Iva.
Voto, o non voto, succede che la conferenza dei capigruppo, che avrebbe dovuto schiarire il rebus calendario, non scioglie alcunchè. Anzi, infiamma un clima già avvelenato. Volano gli stracci nel corso della riunione.
Due ore ad alta intensità con il centrodestra che, dopo mesi in solitaria del Capitano leghista, torna compatto e parla lo stesso verbo. E con il Pd che si trova al fianco dei “compagni” del M5S con i quali Matteo Renzi desidererebbe far nascere un esecutivo di scopo. Questo è il contesto dell’ennesima giornata di crisi ai tempi del governo Conte.
Fischio di inizio alle 16. Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega, non perde tempo e riporta il diktat di Salvini: “Presidente, noi vogliamo subito votare la mozione di sfiducia. Anche domani”.
Andrea Marcucci, frontman del Pd, ma soprattutto renzianissimo, sbraita e si oppone fermamente: “Non esiste”. Si registra una netta spaccatura che non rientra dopo oltre un’ora e mezzo di confronto acceso.
Non c’è l’unanimità , c’è solo una maggioranza ponderata (Pd, M5, Misto e Autonomie) ma non basta. La parola allora deve passare all’aula, che la presidente del Senato convoca per le 18 di domani.
Eppure quando si sfideranno in aula il pallottoliere propenderà per Pd, 5Stelle, Misto e Autonomie, che toccano quota 181. Mentre Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia si fermano a 158.
Sarà fondamentale il numero dei senatori presenti per ciascuna formazione politica. Con lo spettro del numero legale a impensierire il centrodestra. Anche perchè a ranghi compatti la coalizione di Salvini, Meloni e Berlusconi non lo raggiungerebbe.
Pallottoliere alla mano si sfideranno due ipotesi di calendario.
La maggioranza “tecnica”, Pd-M5S-Misto-Autonomia, propone la calendarizzazione delle comunicazioni del presidente Conte il 20 agosto. Qualora passasse questa linea il presidente del Consiglio dirà la sua sull’esperienza di governo gialloverde e sulla crisi. Di certo, se prenderà atto di non avere più una maggioranza, si presenterà al Quirinale per aprire definitivamente la crisi con tanto di dimissioni.
In questo modo eviterà di mettere ai voti le risoluzioni, che potrà presentare qualsiasi gruppo. E soprattutto eviterà il voto di sfiducia.
Ed è questa la ragione per cui la nuova maggioranza “tecnica”, che potrebbe diventare presto anche politica, caldeggia più la calendarizzazione delle comunicazioni e non la mozione di sfiducia diretta al premier.
L’altra ipotesi di calendario, voluta dal centrodestra, prevede invece la discussione e la votazione, mercoledì 14 agosto — dopo le commemorazioni del Ponte Morandi – della mozione sfiducia nei confronti del premier Conte, presentata dal Carroccio.
Eppure dietro la sfida del calendario si muovono i fili di un intreccio ben più grande. In questo contesto Matteo Salvini ha compreso che da solo non può vincere.
Se si tornasse al voto rischierebbe nei collegi uninominali del sud, dove Forza Italia e Fratelli d’Italia sembrerebbero essere determinanti.
Gli ultimi report che sono arrivati sul tavolo del Capitano fotografano un centrodestra unito sopra il 50%, una percentuale che gli consentirebbe di governare con una maggioranza netta. Ecco perchè Salvini, già nelle prossime ore, incontrerà il Cavaliere per formalizzare un accordo elettorale.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: governo | Commenta »
Agosto 12th, 2019 Riccardo Fucile
IL M5S DOVREBBE FARE AUTOCRITICA E CAMBIARE ROTTA, COME PUO’ PENSARE DI FARE UN ACCORDO SOLO SU UN TEMA IRRILEVANTE COME LA RIDUZIONE DEI PARLAMENTARI… GLI ACCORDI SI FANNO SU UN PROGRAMMA E CAMBIANDO LA CLASSE DIRIGENTE FALLIMENTARE
C’è un salto di qualità nella crisi. Perchè l’iniziativa di Matteo Renzi ha prodotto il suo primo, devastante effetto, nel momento più difficile, proprio adesso che si spalancano i rischi di una “minaccia democratica”, con la prospettiva di una radicale svolta a destra nelle urne.
L’effetto è una spaccatura nel Pd, sostanziale anche se non ancora certificata da una scissione formale. E la “risurrezione” del centrodestra, unito.
Una massa d’urto che, da sola, stando ai sondaggi e ai voti veri, ha “potenzialmente” la maggioranza assoluta nel paese, in grado di eleggere presidente del Consiglio, Capo dello Stato quando sarà e cambiare pelle alla Corte costituzionale.
“Potenzialmente”, soprattutto se qualcuno a sinistra si diletta a indebolire il suo campo più che a preparare una battaglia che assomiglia un “nuovo 1948”: l’Europa contro la Russia, la democrazia contro il populismo, l’Italia tranquilla contro l’Italia della paura.
Ecco la novità , che si è manifestata alla riunione dei capigruppo al Senato. E che domani trasformerà l’Aula in un inferno.
Perchè il “patto” tra Salvini e Berlusconi è stato già siglato, suggellato dall’intervista del ministro dell’Interno all’ house organ di famiglia, il Giornale, e l’incontro tra i due previsto per domani.
Il “patto” prevede questo: in cambio di un aiuto da parte di Forza Italia nell’accelerazione parlamentare, Salvini, almeno così ha garantito, accetta un’alleanza, i cui termini sono in via di definizione.
Ma la clausola principale è stata già siglata: Silvio Berlusconi non si ricandiderà in Italia, mantenendo un ruolo defilato in campagna elettorale. Detta in modo tranchant: si toglie dal ruolo di bersaglio, per consentire a Salvini di sterilizzare la narrazione di “Matteo che è tornato nell’ovile del Caimano”.
E garantisce liste addomesticate, senza disturbatori del salvinismo, che pure abitano il suo partito. Per capire l’aria che tira, nell’euforia del momento, alcuni big già si stanno dilettando a immaginare una nuova lista di ministri.
Mentre dall’altro lato Renzi e la Boschi, telefonano ai parlamentari di Forza Italia per raccattare qualcuno da portare nel suo partitino personale.
È, dicevamo, una novità politica che crea una massa d’urto parlamentare. E che prefigura uno scenario destinato a pesare su tutta la discussione di un eventuale nuovo governo.
Il punto è questo: può un “accrocchio” di Palazzo, chiamatelo come volete — governo di transizione, di scopo o ricorrendo a tutte le formule della fantasia politica italiana – reggere di fronte a una spinta del genere che c’è nel Paese o rischia di amplificarla?
C’è poco da fare, e al Nazareno hanno tutta la consapevolezza della gravità del momento: comunque si configuri sarebbe presentato come il “governo del ribaltone”, “abusivo”, nato per impedire che il popolo eserciti la sua sovranità .
Con l’effetto non secondario che, per evitare che Salvini elegga il prossimo presidente della Repubblica, si assista allo spettacolo delle ruspe sotto questo Quirinale con l’accusa di un “golpe”.
Oggettivamente non può reggere un governo degli sconfitti, all’opposizione del paese fuori, tra quelli che urlavano al “partito di Bibbiano” i “complici” della più grande svolta a destra della storia della Repubblica, che solo una settimana fa hanno votato il decreto sicurezza bis, favorendo la violazione dei più elementari principi di accoglienza.
Il rischio è questo, che quelli attorno a Zingaretti hanno ben presente. E lo sa bene Matteo Renzi, il gioco cinico e spericolato è chiaro, frutto di un narcisismo revanchistico per il nemico è più Zingaretti che Salvini: “Matteo — dicono i suoi fanatici — ha ben presente che il tentativo di un governo è destinato a fallire, ma sta precostituendo le condizioni per dire che è Zingaretti che vuole il voto ed è lui che passerà alla storia per aver dato l’Italia ai fascisti”.
È questo il senso politico della mossa attorno al governo di scopo, ipotesi già franata in meno di 24 ore, perchè era inevitabile che il grosso del Pd bocciasse l’ipotesi di un accordicchio di pochi mesi, che fungerebbe solo da moltiplicatore di consensi per Salvini.
È chiaro che Nicola Zingaretti sa bene quale sia la posta in gioco. E su di lui è in atto un pressing, molto forte, a tutti i livelli.
Non solo chi ha paura di perdere la cadrega e, per l’occasione, ha riscoperto la “responsabilità nazionale”, ma anche padri nobili, gerarchie ecclesiastiche, in nome del “non possiamo lasciare l’Italia a Salvini”.
Ora, per capirci, il punto è questo, il cosiddetto “lodo Bettini”: soluzioni pasticciate, di breve periodo, non sono praticabili, ma se ci sono i margini per un accordo politico di legislatura, serio, perchè non andare a vedere?
È presumibile che il segretario andrà a vedere, salvaguardando quell’unità del Pd che è precondizione per salvare l’Italia, anche attraverso la battaglia elettorale. Consapevolezza diffusa è che i margini sono stretti perchè, per fondere due metalli che hanno cozzato, è necessario alzare la temperatura.
Insomma: per un patto politico serio, occorre sapere il “con chi” e il “per che cosa”. E qui non è chiaro nè l’uno nè l’altro.
Perchè i Cinque stelle non sono nè i rivoluzionari puri del 2013, nè quelli, diciamo così, in doppio petto del 2018. Sono coloro che hanno prodotto quel “barbaro” che oggi vorrebbero fermare per paura di andare a casa.
Non una autocritica, nè un riconoscimento del nuovo interlocutore e della sua cultura democratica, non un riconoscimento di “moralità ”, non un cambio di leadership, non una frase densa su un nuovo clima, se non i post di Grillo per iniziati.
Nè un segnale sul “che fare” assieme, se non la proposta di votare il taglio dei parlamentari che, senza il cambio della legge elettorale, è un’altra torsione che favorisce la democrazia plebiscitaria, per non parlare dell’agenda economica.
Si dice: ci penserà Mattarella, chiedendo al presidente di esercitare il ruolo non di facilitatore politico di un accordo tra partiti, incapaci di un dialogo limpido alla luce del sole.
Cosa che il presidente non farà , limitandosi ad esercitare le sue prerogative: se c’è una maggioranza in grado di formare un governo, bene, sennò si vota.
Ecco, è tutto questo che il segretario del Pd ha ben presente in testa nel predisporsi a un tentativo in cui credono davvero in pochi.
Andare a vedere, col Pd unito, nella consapevolezza che, al momento, le condizioni, al netto della paura, non ci sono.
Un accordo politico non è un contratto: è sintesi, condivisione, comprensione delle ragioni dell’altro, visione dell’interesse nazionale, rispetto della Costituzione e della grammatica istituzionale.
Ecco, l’inghippo di fondo è tutto qui.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: governo | Commenta »
Agosto 12th, 2019 Riccardo Fucile
A SECONDA DELLA DURATA POTREBBERO AVERE L’INCARICO DRAGHI, CARTABIA, FLICK, COTTARELLI, ONIDA… MA POTREBBE RIENTRARE IN GIOCO ANCHE CONTE
Quattro carte da giocare sul Colle più alto.
Quattro ipotesi di governo: uno solo per portare il Paese alle urne, altre tre proposte con obiettivi diversi.
Solo una potrebbe essere quella con cui, quando finirà la fase 1 di questa crisi (sfiducia o dimissioni di Conte), il Presidente della Repubblica tenterà di mettere ordine nel caos della legislatura.
Sotto il profilo del premier un Professore, o una Professoressa, avrebbero più chance di un politico. Dal punto di vista dei numeri – il Magic Number è 161, la maggioranza al Senato – escluso il gruppo Lega (58 senatori) tutte le carte “giocano” partendo dalla necessità di un patto Pd (51 senatori) e M5s (107) a cui si aggiunge buona parte del gruppo Misto (15 senatori) dove siedono i 4 senatori di Leu e i 4 ex M5S (Buccarella, Martelli, Nugnes, De Falco). Il totale fa 166 voti.
Garanzia elettorale
Sulla prima carta, la prima ipotesi, c’è scritto «governo di garanzia elettorale». Si tratta di un esecutivo che dovrebbe portare il Paese al voto il prima possibile. Molto difficile prima di novembre. Da qui ad allora sarà necessario avere un governo elettorale visto che molti costituzionalisti concordano sul fatto che non si possa fare una campagna elettorale da candidato premier al ministero dell’Interno, che è anche la macchina elettorale. Anche Salvini lo sa.
Si fanno i nomi di due ex presidenti della Corte Costituzionale: Valerio Onida e Giovanni Maria Flick. Possibile però anche l’incarico a Giuseppe Conte (Conte bis) o a Giovanni Tria. Nel caso l’esito elettorale non garantisse subito una nuova squadra di governo, Tria potrebbe restare in carica per definire la manovra. Il centrodestra compatto non darebbe l’appoggio a questo esecutivo.
Governo no Tax
La seconda carta si chiama «governo no Tax», altrimenti detto «di tregua». Presuppone un esecutivo che resta in carica fino a febbraio-marzo e scrive la legge di bilancio. Nell’ambito dei parametri europei. Il candidato premier sembra poter essere solo uno: il professor Carlo Cottarelli che già nel maggio 2018 entrò col trolley al Quirinale per poi uscirne dopo la nascita del patto Lega-M5S.
Governo istituzional
La terza carta è «il governo istituzionale», quello ipotizzato da Renzi e a suo modo vagheggiato anche da Grillo per «fermare i barbari». Questa carta è più impegnativa rispetto alle altre perchè prevede il voto a maggio del 2020 e avrebbe in agenda alcune importanti riforme: la legge di bilancio, il taglio dei parlamentari, condizione imprescindibile per i 5 Stelle, con tutto quello che si porta dietro (referendum e riforma dei collegi) e correzione delle legge elettorale che diventerebbe un proporzionale puro. In questo caso la scelta del premier diventa per il presidente Mattarella un po’ più creativa. Dal mazzo delle opzioni potrebbero uscire i nomi della presidente del Senato Elisabetta Casellati se l’obiettivo dovesse essere quello di strizzare l’occhio al centrodestra e convincere un pezzo di Forza Italia. Oppure quello di Roberto Fico per blindare il consenso del M5S. Ma il Capo dello Stato potrebbe tirare fuori dal mazzo un jolly: la vicepresidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia, 56 anni, entrata alla Corte nel 2014 nominata proprio da Mattarella. Una soluzione innovativa.
Governissimo
C’è infine la quarta carta, l’unico vero «governissimo» che presupporrebbe un accordo politico oltre che tecnico. Nessuno ne parla a voce alta, visto che resterebbe in carica fino al 2022. Dunque anche per l’elezione del successore di Mattarella che, in caso contrario, sarebbe eletto dal governo Salvini.
Un azzardo, non c’è dubbio. Il cui scalpore – la Lega resterebbe fuori – potrebbe essere taciuto solo con una carta choc per tutti: Mario Draghi, che a novembre lascerà la guida della Bce. In alternativa anche Giuseppe Conte, il nuovo leader del Movimento. Dipende, anche, come andrà il faccia a faccia con Salvini a palazzo Madama. Da non perdere.
(da “La Stampa”)
argomento: governo | Commenta »
Agosto 12th, 2019 Riccardo Fucile
RIFLESSIONI DI UN GIORNALISTA CHE L’HA SEGUITO PER DUE GIORNI NEL TOUR BALNEARE AL SUD
Per motivi di lavoro ho trascorso due giorni al seguito di Matteo Salvini in questa sua incursione tra gli spiaggiati d’Italia.
Avevo in mente il coast to coast di Silvio Berlusconi che, all’apice della popolarità , requisì una nave, la nave azzurra, entrando nei porti principali e illustrando la sua profezia. Lui ricco, avrebbe fatto l’Italia più ricca, lui liberale, avrebbe concesso agli italiani la piena libertà , li avrebbe affrancati dai soprusi di una legislazione oppressiva, avrebbe riscattato la loro voglia di fare, l’avrebbe premiata, e avrebbe dunque reso tutti un po’ come lui. Entravano in massa gli angeli del Cavaliere, i suoi fan, che chiamava combattenti e li insigniva, con un simil giuramento, dello spadone della libertà .
I comizi di Berlusconi non avevano mai una durata inferiore all’ora. Parlava e conquistava. Parlava e parlava.
La grande novità di questo nostro tempo è che Salvini neanche intende impegnarsi molto nella parola, a spiegare per quale diavolo di motivo ha aperto la crisi.
A giustificare, illustrare il movente dopo aver assicurato che cinque anni sarebbe stato il minimo per questo governo.
Non spiega perchè ha mandato in frantumi il suo giocattolo quarantotto ore dopo aver richiesto e ottenuto la fiducia sul decreto a cui ha legato tutti i suoi successi: il decreto sicurezza.
Non ragiona sul fatto che se accusa gli altri di essere attaccati alle poltrone come può chiedere per sè tutte le poltrone disponibili (“datemi pieni poteri”)?
Sa bene che ogni parola obbliga a una seconda e a una terza. E la parola può ingarbugliare il pensiero, può ingigantire una preoccupazione, provocare dei dubbi in chi ascolta. Parlare, dunque perchè
Il suo comizio dura infatti pochissimo, e spiega niente. I selfie invece non hanno fine. Cosicchè l’affollamento ai suoi ritrovi da esperienza politica si trasforma in una esperienza puramente sensoriale.
Gli italiani, almeno quelli che lo amano, non hanno capito bene. Ma è davvero necessario comprendere tutto? E’ indispensabile usare la logica o la ragione per campare? Saprà ben lui. E’ pronto per il clic. Lui sorride e dà una pacca sulla spalla, nessuna esclusa. Anche un bacio, se richiesto. Il gioco è fatto.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Costume | Commenta »
Agosto 12th, 2019 Riccardo Fucile
L’INTERVENTO DI DOMENICA FERRAGU’, CONSULENTE VERONESE, HA PERMESSO A SIRI DI OTTENERE UN ALTRO PRESTITO DI 200.000 EURO SENZA GARANZIE … E SIAMO A OLTRE 1,5 MILIONI DI EURO
Un altro prestito sospetto da San Marino, il terzo collegato al caso Siri.
Lo rivela l’Espresso che dedica spazio al ruolo di quella che definisce Lady Lega, Domenica Ferragù, la consulente veronese che avrebbe presentato alla Bac di San Marino il senatore leghista Armando Siri facendogli ottenere un prestito da 750 mila euro, per il quale è finito sotto indagine a Milano.
Nel rapporto finale dell’indagine sammarinese gli ispettori rimarcano che sia per il prestito ormai famoso concesso direttamente a Siri, che per il secondo (quello da 600 mila euro concesso agli amici presentati dal suo portaborse, un barista suo ex partner d’affari e di militanza politica), l’esistenza di documenti bancari “alterati, nascosti o cancellati”.
Solo ora spuntano altri 200 mila euro di cui Bac non avrebbe fatto cenno nonostante il prestito in questione fosse collegato alla consulenza della mediatrice che ebbe un ruolo chiave nel contatto con Siri. Domenica Ferragù, per l’appunto.
Le autorità di vigilanza ne hanno scoperto l’esistenza solo recentemente, grazie ad una segnalazione che avrebbe spinto la Banca Centrale ad una nuova ispezione cartolare sulla Bac, tutta dedicata alle carte di questo nuovo filone, considerato legato all’“affaire Siri”.
Chiusa la prima istruttoria degli ispettori AIF, si indaga su strani parallelismi, che -il settimanale rivela — farebbero pensare ad un unico pacchetto con tre regali.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Agosto 12th, 2019 Riccardo Fucile
MONSIGNOR MOGAVERO: “LA MADONNA SI STA PREPARANDO A LACRIMARE DI FRONTE A QUESTA MANIFESTAZIONI INDECENTI”
Monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo – in provincia di Trapani -, non usa mezzi termini per commentare il comizio di Siracusa in cui Matteo Salvini ha mostrato e baciato il rosario insieme a un santino: “Sfruttare la devozione e i sentimenti popolari più puri per bassi interessi elettorali – dice il sacerdote all’AdnKronos – è un comportamento inqualificabile”.
“Il primo settembre celebreremo il 65esimo anniversario della lacrimazione della Madonna di Siracusa: chissà , forse la Madonna si sta preparando a lacrimare ancora di fronte a queste manifestazioni così indecenti”, dice in modo provocatorio Mogavero.
Il vescovo di Mazara del Vallo, da sempre impegnato a favore dell’accoglienza, non è nuovo a simili prese di posizione. Dopo il comizio di Milano dello scorso maggio, durante il quale Salvini aveva mostrato il rosario sul palco, era intervenuto in modo deciso: ”È ora di finirla. Non possiamo più stare zitti di fronte alle sparate di un sempre più arrogante ministro della Repubblica. Non possiamo più permettere che ci si appropri dei segni sacri della nostra fede per smerciare le proprie vedute disumane, antistoriche e diametralmente opposte al messaggio evangelico”.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Agosto 12th, 2019 Riccardo Fucile
PIAZZA ARMERINA, L’ASSASSINO ERA OSSESSIONATO DAI MIGRANTI, SU FB I SUOI POST RAZZISTI
Prima ha postato su Facebook un lungo attacco contro i migranti, la sua ossessione quotidiana, Richard Gere, i massoni, i “poliziotti corrotti”
Poi ha ucciso il padre sgozzandolo con un coltello. La scena ha avuto come testimoni inorriditi i clienti di un supermarket della carne a Piazza Armerina, antico borgo del cuore della Sicilia, e un’altra figlia della vittima, sorella dell’assassino, Elide di 21 anni.
La matrice del delitto viene ora cercata nei pensieri deliranti di Carlo Lo Monaco, 30 anni, All’apparenza nulla però lasciava pensare che il giovane avesse maturato l’idea di uccidere il padre Armando, 53 anni, giunto in Sicilia tre giorni fa dalla Germania dove si era formato un’altra famiglia.
Carlo è uscito di casa con il coltello che poi, all’improvviso, ha tirato fuori dalla tasca per scagliarsi violentemente contro il padre impegnato nell’acquisto della carne.
Dal negozio, in via Muscarà , nel centro della cittadina, si è quindi allontanato per rientrare a casa. E qui è stato alla fine prelevato dalla polizia, avvertita intanto da un avvocato che aveva in passato assistito Carlo Lo Monaco.
I suoi post su Facebook offrono ora il quadro di un soggetto che prendeva di mira Richard Gere e i personaggi che, a suo giudizio, lavorerebbero per attuare il “piano Kalergi”. Il piano prende il nome da un filosofo austriaco E si basa sulla credenza che esista un complotto per l’incentivazione dell’immigrazione africana e asiatica verso l’Europa.
In un post pubblicato ieri Lo Monaco prendeva di mira anche l’attore americano che ha visitato i migranti raccolti dalla Open Arms. «Io non chiamerei Richard Gere neanche il mio barboncino…», scriveva.
«Siamo in pericolo», scriveva indicando i suoi «nemici» con nomi, funzioni e perfino fotografie.
(da agenzie)
argomento: criminalità | Commenta »
Agosto 12th, 2019 Riccardo Fucile
ORA A BORDO SONO 356 … IN GRECIA 1500 ARRIVI IN UN GIORNO A LESBO… CONTINUA L’EMERGENZA NEL MEDITERRANEO MENTRE POLITICI CRIMINALI PENSANO A CHIUDERE I PORTI
Un altro soccorso nel Mediterraneo per la Ocean Vikings, il quarto in tre giorni. E ora sulla nave di Sos Mediterranèe sono in 356, un numero molto elevato di persone considerato soprattutto che nulla si muove nella trattativa per concedere alla nave un porto di sbarco.
La nave aveva appena lanciato i giubbotti di salvataggio ai 105 occupanti di un gommone in difficoltà , quando uno dei tubolari dell’imbarcazione stipata fino all’inverosimile si è bucato e molti dei migranti sono finiti in acqua.
Per fotuna essendo stati tutti provvisti di giubbotto sono stati tutti salvati e hanno raggiunto a bordogli altri 251 dei precedenti soccorsi.
Sono adesso più di 500 i migranti in attesa di un porto nel Mediterraeo, i 356 della Ocean Viking e i 151 della Open Arms.
Il tempo buono sta favorendo le partenze e non soltanto nel Mediterraneo centrale.
La rotta più percorsa è quella dalla Turchia alla Grecia. Proprio oggi il governo greco ha scritto alla Ue chiedendo una ripartizione più equa dei migranti.
Solo Lesbo, il principale porto di arrivo durante la crisi migratoria del 2015, ha visto un aumento del 44 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il 9 agosto è stato uno dei giorni peggiori durante il periodo estivo per Lesbo, con l’arrivo di sei barche con 250 persone”.
(da agenzie)
argomento: emergenza | Commenta »
Agosto 12th, 2019 Riccardo Fucile
NEL DELIRIO SOVRANISTA NON C’E’ PIU’ RISPETTO NEANCHE PER I MORTI
Nel giorno della nascita del sindacalista Giuseppe Di Vittorio, avvenuta l’11 agosto del 1892, ignoti hanno vandalizzato la stele commemorativa che si trova a Orta Nova (Fg), in località Cirillo, nel luogo in cui il sindacalista ebbe il suo primo lavoro.
“Chi ha distrutto la stele commemorativa di Di Vittorio, a Orta Nova, certamente è un miserabile, figlio di un’epoca tristemente segnata dai seminatori d’odio. Apprezziamo l’immediata presa di posizione del sindaco Mimmo Lasorsa che ha assicurato l’immediato ripristino della stele”. E’ Franco Persiano, segretario provinciale dello SPI Cgil Foggia, a intervenire riguardo all’atto vandalico.
“Abbiamo un ministro della Discordia che, invece di lavorare al bene di tutto il Paese, va in tour sulle spiagge a disseminare parole d’odio e di contrapposizione. Quanto accaduto a Orta Nova, e quanto sta succedendo in tutta Italia, è la dimostrazione che occorre ricostruire e rafforzare le basi della cultura democratica nel segno del rispetto e della conoscenza”.
“L’ignoranza genera miseria e partorisce gli imbecilli che, con gesti come quello che stiamo commentando, si appuntano sul petto la medaglia di latta che certifica il loro vuoto. Giuseppe Di Vittorio era rispettato da tutti, anche dai suoi avversari, perchè fu un uomo capace realmente di lottare per il bene di tutti, partendo dagli ultimi, dai braccianti, dai lavoratori e dalle lavoratrici, favorendo il loro riscatto da condizioni di povertà e sopraffazione” ha concluso Persiano.
(da agenzie)
argomento: criminalità | Commenta »