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DELIRIO SOVRANISTA DI ONNIPOTENZA

Agosto 9th, 2019 Riccardo Fucile

LA PROTERVIA DI IMPORRE LA DATA DEL VOTO, LA PRETESA DI GESTIRLO DAL VIMINALE, DA ARBITRO E GIOCATORE, IL RISCHIO DELLA MAVORA SENZA UN GOVERNO

Mai si era vista una manovra così spericolata, irregolare, ad alto rischio, col paese che precipita al voto in piena sessione di bilancio: è la crisi ai tempi del populismo, aperta l’8 agosto sulla spinta propulsiva del Papeete, con mezza Italia in vacanza.
E con l’onnipotenza di chi pensa che, a questo punto, crisi, scioglimento, convocazione delle urne si risolvano in 48 ore, con le “inutili” istituzioni chiamate ad assecondare il ruggito sovranista in poche ore e già  fa trapelare la data del 13 ottobre, prerogativa che non è nelle sue disponibilità , ma in quelle del Quirinale.
E con l’inaudita pretesa di gestire il voto dal Viminale, inedito assoluto nella storia repubblicana, con Salvini candidato premier e garante delle elezioni, arbitro e giocatore.
Mai al Viminale, che ha il compito di esercitare un ruolo di garanzia dalla presentazione dei simboli al conteggio dei voti, ha governato la stanza dei bottoni, in periodo elettorale, un leader politico candidato a governare il paese, ma sempre una personalità  in grado assicurare una neutralità  per tutti.
Tutti ricordano quella notte del 2006, in cui il centrosinistra vinse per 20mila voti: a un certo punto quando non arrivavano i risultati dai seggi di Caserta, si narra che Berlusconi chiamò l’allora ministro Beppe Pisanu a palazzo Grazioli. E, in un clima di tensioni e sospetti, si precipitò al Viminale dal “Botteghino” (l’allora sede dei Ds) Marco Minniti con il compito di “vigilare”.
Fatto sta che quei 20mila voti furono fatali per Pisanu, la cui correttezza non è stata messa in discussione da nessuno, ma che, guarda caso, vide schiantata la sua carriera nel mondo berlusconiano in una notte.
Ecco, pare un dettaglio, ma guardando alle prossime settimane è una questione ad altissima sensibilità  che sarà  oggetto delle riflessioni del Quirinale e di tutti gli attori in campo, in questa inedita crisi, che si aprirà  in Parlamento, quando sarà  convocato.
E che ne condizionerà  anche modi e tempi.
Il punto è questo: se il governo Conte cadrà  in Aula, su un voto di sfiducia, sarà  questo governo dimissionario a portare il paese al voto. Se invece, registrato il dibattito in Parlamento, Conte rassegnerà  le dimissioni nelle mani del capo dello Stato, a quel punto si aprirà  la riflessione su un eventuale “governo elettorale” che garantisca le operazioni di voto.
Perchè poi, parliamoci chiaro, al netto della narrazione dell’uomo forte, e dell’arbitrio di chi “se ne frega”, la democrazia ha la sua complessità  che mal si concilia col delirio di onnipotenza sotto forma di turpiloquio sui parlamentari che “devono alzare il culo e venire a Roma già  lunedì” per formalizzare la crisi.
Crisi aperta a Camere chiuse, quando sarebbe stato molto semplice e lineare anticiparla di qualche settimana. C’è tutto il senso di questa ebbrezza in alta quota nelle modalità  di un vicepremier che piomba a palazzo Chigi con il suo avviso di sfratto al premier, a cui chiede di togliere il disturbo con lo spirito del padrone che caccia di casa un intruso.
E che poi, nel comizio da bettola a Pescara, pretende di trasformare la sua volontà  e la sua fame di Potere in legge per tutti, senza “che rompano i coglioni” perchè ha fretta di passare all’incasso, per scatenare la sua ordalia finale contro l’Europa.
Invece, la manovra spericolata, proprio perchè fatta in spregio al buonsenso rischia di essere un azzardo costoso sulla pelle del paese, che fa già  piombare l’incertezza sul terreno della prossima finanziaria.
Non è affatto banale il discorso dei tempi. Eccoli. Le Camere sono chiuse, e toccherà  a Conte chiedere ai presidenti di Camera e Senato, di riconvocarle per il voto di fiducia e, in questo clima di tensione, è ipotizzabile che non avrà  tutta questa fretta, anzi il calendario diventerà  il terreno del contendere, perchè è chiaro che, a questo punto, i Cinque stelle utilizzeranno ogni terreno per disturbare Salvini, scaricandogli la responsabilità  e le implicazioni di questa scelta.
Bene, facciamo due conti: il 20 in Aula, poi le consultazioni, poi lo scioglimento, e siamo già  al 25 agosto, se non si pone di il tema di un governo elettorale, il che sarebbe assai bizzarro.
A quel punto, dallo scioglimento al voto, il tempo minimo sono 65 giorni e siamo a fine ottobre. Poi ci vogliono 20 giorni per insediare le Camere, eleggere i presidenti, fare le consultazioni per il nuovo governo, e siamo, bene che vada a inizio dicembre. In queste poche date c’è già  la follia di un governo che rischia di non varare la finanziaria e il paese che precipita nell’esercizio provvisorio, il che significa non disinnescare le clausole di salvaguardia e far scattare aumento dell’Iva.
Nel discorso ducesco di Pescara, al grido di “regole, ordine, disciplina” dove mancava solo il “credere, obbedire, combattere”, nell’orgia machista degli strali contro la perfida Europa, c’è questa bancarotta del paese che ognuno cercherà  di scaricare sugli altri: Salvini contro quelli che non lo hanno mandato al voto domani mattina, i Cinque stelle contro Salvini che è voluto andare al voto.
E il capo dello Stato nei panni di chi ha il compito di tutelare l’interesse nazionale, in una situazione complicatissima. Perchè la macchina del voto è già  avviata e la campagna elettorale, nell’era del populismo, è già  iniziata senza che siano stati consumati i necessari passaggi istituzionali, con tutti i soggetti in campo che invocano le elezioni.
Non ci sono, al momento, tanti margini per soluzioni alternative, dopo il fallimento dell’esperienza gialloverde. Anche la mossa di Di Maio di votare prima la riduzione dei parlamentari, che allungherebbe la legislatura di qualche mese, più che un tentativo politico di formare una nuova maggioranza, appare come la costruzione narrativa della sua campagna elettorale. La crisi è aperta.
Ma il come arrivare al voto è già  il primo terreno del conflitto. Appare chiaro che le elezioni non le indice Salvini. E che non può gestirle dal Viminale.

(da “Huffingtonpost”)

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CONTE TIRA FUORI GLI ARTIGLI: “I TEMPI DELLA CRISI NON LI DECIDE SALVINI”

Agosto 9th, 2019 Riccardo Fucile

LE MOSSE DEL PREMIER E DEL M5S, IL PRIMO TERRENO DI SCONTRO E’ IL CALEDARIO DELLA CRISI

Anche il mite Giuseppe Conte adesso tira fuori gli artigli. Dopo i due incontri con il vice Matteo Salvini, il premier mostra i muscoli. “I tempi della crisi non si decidono al Viminale”, è solo il primo avvertimento che lancia al leader leghista, il quale per ben due volte gli ha chiesto di dimettersi ma lui ha risposto di ‘no’ a muso duro.
Adesso nel vocabolario del presidente del Consiglio c’è soprattutto una parola: Parlamento. Attorno a questo concetto ruota tutta la strategia del premier. Mentre quella di Di Maio ruota attorno al taglio dei parlamentari. In entrambi i casi si tratta di allungare i tempi della legislatura per non dare al vicepremier leghista tutto e subito.
La battaglia sul calendario
La prima tappa della resistenza si sviluppa quindi alle Camere. Salvini vorrebbe convocarle già  la prossima settimana, ma è difficile che Conte gliela dia vinta. Ha precisato che spetta a lui chiamare i presidenti di Camera e Senato. La battaglia è quindi sul calendario, le Aule con ogni probabilità  non saranno convocate prima del 20 agosto.
Il leader leghista ha in mente di andare al voto entro il 20 ottobre, ma non è detto che la sua strada sia priva di ostacoli: e, già  in questi giorni, il titolare del Viminale potrebbe trovarsi a fare i conti con un Parlamento con i battenti chiusi per almeno un’altra decina di giorni. Non solo.
Tra i 5Stelle c’è anche chi ipotizza un governo tecnico o di transizione per evitare l’esercizio provvisorio e portare il Paese alle urne a marzo o aprile. Per adesso però, in casa M5s, è una speranza più che una realtà .
Nel frattempo Luigi Di Maio tenta la mossa della disperazione per allungare la legislatura, ovvero l’approvazione del taglio dei parlamentari prima del voto di sfiducia. Le nuvole a metà  pomeriggio si concentrano sopra palazzo Chigi.
In una giornata afosa di agosto, il cielo diventa scuro. Di Maio, chiuso nella sua stanza, sa che entro mezz’ora Matteo Salvini aprirà  la crisi di governo. Così il capo del Movimento 5 Stelle, dopo essersi eclissato per diverse ore, praticamente da ieri, lascia la sede dell’esecutivo con la scusa di bere un caffè. È il pretesto per parlare davanti a giornalisti e telecamere, ma dice ben poco. Vuole dare l’immagine dell’ultimo dei mohicani, colui che non lascia la battaglia fino alla fine.
“Crisi? Sono tranquillo, lavoro per il Paese”, è il concetto che ripete più e più volte senza aggiungere altro provando a sfoggiare un sorriso. Il risultato tuttavia è una scena surreale, una ostentata tranquillità  mentre tutto viene giù.
La rabbia è evidente e da questo momento in poi cerca di cambiare registro, nonostante la profonda debolezza, provando a rialzare il capo e a combattere contro la Lega: “Salvini ha fatto cadere il governo, ha messo i sondaggi davanti all’interesse del Paese”. Un refrain che, c’è da scommetterci, sentiremo più volte nei prossimi giorni e settimane.
La giornata nera di Di Maio è iniziata presto. Il vicepremier grillino incontra in mattinata i due capigruppo di Camera e Senato Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli. Il Movimento si gioca il tutto per tutto. I contatti con il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro, sono continui. E già  dal primo post su Fb della giornata anticipa la mossa disperata che, da come sarà  declinata, potrà  portare a inchiodare la Lega oppure a prolungare l’agonia di questa legislatura. Il concetto viene sintetizzato in una nota a firma Di Maio.
La mossa della disperazione
Il Movimento prova a tirare fuori l’asso nella manica, ovvero il taglio dei parlamentari. “E’ una riforma epocale, tagliamo 345 poltrone e mandiamo a casa 345 vecchi politicanti. Se riapriamo le Camere per la parlamentarizzazione, a questo punto cogliamo l’opportunità  di anticipare anche il voto di questa riforma, votiamola subito e poi ridiamo la parola agli italiani”.
La Lega ha già  detto che non voterà  l’ultimo passaggio del taglio dei parlamentari, quindi il Movimento 5 Stelle avrà  gioco facile per imbastire una campagna elettorale tutta contro la casta, cavallo di battaglia storico dei grillini.
Se invece il partito di Salvini avesse assecondato questa richiesta, il via libera avrebbe avuto ricadute sul possibile ritorno anticipato alle urne, spostando in là  le lancette fino alla prossima primavera inoltrata. Questo perchè, dopo il via libera finale del disegno di legge costituzionale, si dovrebbero svolgere una serie di adempimenti tecnico-formali, previsti dalla Costituzione stessa, compreso il referendum, quindi si arriverebbe al voto a maggio o giugno del 2020.
Nel frattempo il Movimento avrebbe modo di riorganizzarsi e Di Maio proverà  a recuperare credibilità  all’interno del partito. Nelle ultime ore ha riallacciato i contatti con i punti di riferimento delle varie anime del Movimento: da Paola Taverna a Alessandro Di Battista, fino a Roberto Fico. Quest’ultimo è salito al Colle per fare il punto con il presidente Sergio Mattarella sui tempi per riconvocare le Camere in vista della parlamentarizzazione della crisi di governo.
La guerriglia interna al Movimento
Adesso il punto, per il leader M5S, è tenere buona la truppa almeno fino a inizio ottobre, quando a Italia 5Stelle sarà  completata la riforma del Movimento, con il team di coordinatori, i facilitatori regionali ed una Carta di valori ad hoc. Non sarà  facile. Il rischio di un asse avverso nella vecchia guardia, che sulla scia dello strappo di Massimo Bugani coinvolga anche Davide Casaleggio e Beppe Grillo, è alto.
Il capo politico M5s ha bisogno di tempo per allontanare la sua immagine da quella di Salvini, al quale — per molti parlamentari grillini — avrebbe detto ‘sì’ fino a schiacciare il Movimento. Quindi Di Maio farà  di tutto per ostacolare il ritorno alle urne, come e quando chiede Salvini, che vuole tutto, il più presto possibile.

(da “Huffingtonpost”)

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COSA ACCADE ORA, TEMPI E TEMI PER LA CRISI DI GOVERNO

Agosto 9th, 2019 Riccardo Fucile

LE MAGGIORI INCOGNITE SUI CONTI PUBBLICI E SUI TEMPI DI UN NUOVO ESECUTIVO

Al voto, al voto. L’urlo di Salvini, alle sette della sera, lancia la crisi ma apre in realtà  diversi scenari. E pone non pochi interrogativi.
Assodato che ci sarà  un passaggio parlamentare a formalizzare la fine dell’esperienza gialloverde, ci sono i tempi tecnici per andare alle elezioni a ottobre? Quando dovrebbero sciogliersi le Camere?
Il Quirinale esperirà  comunque (e soprattutto con quali chance) il tentativo di formare un nuovo governo?
E’ praticabile la strada di un esecutivo tecnico per fare la manovra chiesta dall’Europa? Con il ritorno alle urne in autunno, in che tempi l’esecutivo post-voto potrebbe cominciare la sua attività ?
Quali sono, infine, i provvedimenti che resterebbero al palo con l’interruzione della legislatura? Vediamo, tappa per tappa, la road map di questa crisi d’agosto.
L’innesco della crisi
Matteo Salvini chiedeva che il premier Conte presentasse subito le dimissioni nelle mani di Mattarella, invocando in sostanza una crisi extraparlamentare, peraltro non provocata da un atto formale di sfiducia al governo.   Mattarella ha deciso invece di mandare il presidente del Consiglio davanti alle Camere, ottenendone una riapertura straordinaria nei prossimi giorni. Conte si sottoporrà  a un voto di fiducia. La crisi, in questo scenario, avrebbe a tutti gli effetti una natura parlamentare.
Le consultazioni
Mattarella, in caso di sfiducia a Conte e crisi conclamata, avvierà  un giro di consultazioni e, ove necessario, affiderà  un mandato esplorativo per verificare l’esistenza di una nuova maggioranza: potrebbe svolgerlo lo stesso Conte o il presidente di uno dei due rami del Parlamento.
L’alternativa sarebbe un governo tecnico o di scopo (con il mandato di varare il bilancio): il Capo dello Stato, in questa eventualità , dovrebbe rivolgersi a una figura esterna, come accadde nel 2018 con Cottarelli, che dovrebbe ricercare un sostegno parlamentare.
Le elezioni
Consumati in modo infruttuoso questi tentativi, ecco le elezioni. Due le date possibili, visto l’incombere della manovra: il 20 e il 27 ottobre.
Quest’ultima è l’ipotesi più concreta. Le Camere vengono infatti sciolte fra 70 e 45 giorni prima delle consultazioni. L’orientamento, per consentire il voto degli italiani all’estero, è quello dei 60 giorni. Per   garantire il ritorno alle urne il 20 ottobre, insomma, si dovrebbe andare ai dibattiti in aula sulla sfiducia a Conte già  prima di Ferragosto e consumare le fasi successive (consultazioni, eventuali mandati esplorativi) entro il 20 agosto. La soluzione delle urne aperte il 27 ottobre darebbe a Mattarella sette giorni in più
Le leggi al palo
L’interruzione della legislatura comporterebbe l’accantonamento di diversi provvedimenti all’esame delle Camere. Dalla riforma della giustizia targata Bonafede ai testi sulle Autonomie regionali care alla Lega. E si interromperebbe l’iter del ddl costituzionale che taglia il numero dei parlamentari.
Ciò, secondo svariate fonti, non è solo la conseguenza ma anche la causa dell’accelerazione della crisi: se passasse la riforma (che dopo l’eventuale referendum confermativo entrerebbe in vigore a metà  2020) si andrebbe a votare per eleggere 230 deputati e 115 senatori in meno.
Il governo post-voto
I tempi della formazione di un nuovo esecutivo dipenderanno ovviamente dall’esito elettorale. Se le urne regaleranno una maggioranza certa a una forza politica o a una coalizione (quello che spera Salvini) il governo che verrà  potrà  formarsi nel giro di poche settimane, anche a novembre, altrimenti l’avvio dell’attività  del nuovo esecutivo — considerati anche i tempi per il giuramento e la fiducia alle Camere –   potrebbe slittare all’inizio del 2020.
Conte, nel 2018, ha giurato 88 giorni dopo le elezioni. Letta, nel 2013, lo ha fatto 62 giorni dopo le elezioni.
La manovra
Il voto si accavallerebbe alla fase di varo della manovra. Prima di fine settembre, infatti, il governo dovrà  presentare la Nota di aggiornamento del Def, mentre entro il 15 ottobre va presentata alla Commissione Ue il Documento di bilancio e il 20 ottobre la legge di bilancio è attesa alle Camere, che devono approvarla prima del 31 dicembre. L’Ue potrebbe concedere una deroga, giustificata appunto dalla crisi di governo.
Ma la predisposizione dei documenti finanziari, nelle scadenze accennate, spetterebbe comunque al governo uscente, in carica per gli affari ordinari. In che clima, in piena campagna elettorale, svolgerebbe questo compito?

(da “La Repubblica”)

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STAMPA ESTERA, FINANCIAL TIMES: “LA TERZA ECONOMIA UE NEL CAOS”

Agosto 9th, 2019 Riccardo Fucile

TIMES: “SALVINI VUOLE DIVENTARE IL DITTATORE DELL’ITALIA”

“La terza più grande economia dell’eurozona nel caos”, con la coalizione di governo italiana sull’orlo del collasso e di elezioni anticipate.
Così il Financial Times commenta la crisi nel nostro Paese in un articolo che apre stamane il sito del quotidiano della City. La notizia dell’imminente voto di fiducia in parlamento e dell’incontro tra il premier Conte e il presidente Mattarella viene riportata con ampio rilievo da numerosi giornali britannici.
Il Financial Times cita l’opinione di Giovanni Orsina, docente di scienze politiche all’università  Luiss di Roma, secondo cui Mattarella potrebbe nominare un governo ad interim per guidare l’Italia durante la campagna elettorale, se come previsto l’attuale coalizione verrà  sfiduciata segnando la fine dell’alleanza tra 5 Stelle e Lega.
“Poichè a organizzare le elezioni è il ministro degli Interni, di cui è capo Salvini, il presidente della repubblica potrebbe decidere che non è giusto che sia questo governo a gestire il voto”, afferma il professor Orsina.
Il Guardian sottolinea che la spaccatura finale è arrivata dopo mesi di polemiche tra i due partiti partner della coalizione di governo e le profonde differenze che li separano su questioni cruciali. Salvini, “che si muove da tempo come se fosse già  in campagna elettorale, minacciava elezioni da settimane dopo che la Lega ha raggiunto il 36 per cento dei consensi nei sondaggi, mentre i 5 Stelle sono scesi al 15” scrive il quotidiano londinese.
Anche la Bbc sottolinea in un servizio sul suo sito che i sondaggi hanno capovolto i risultati delle elezioni dello scorso anno, “quando i 5 Stelle vinsero il doppio dei voti della Lega: ora il partito di Salvini appare largamente in testa, principalmente grazie alla sua posizione contro l’immigrazione illegale”. La radiotelevisione di stato britannico ricorda che lo scontro sulla Tav è stato l’ultimo motivo di conflitto tra i due litigiosi alleati della coalizione.
“Salvini vuole nuove elezioni nel tentativo di ottenere da solo il controllo dell’Italia” titola il Times, definendolo come “il leader antimigranti” e dando per inevitabile la crisi.
Tutti i giornali parlano della possibilità  che il voto anticipato nel nostro Paese si tenga all’inizio dell’autunno: per coincidenza nello stesso periodo in cui, secondo l’opinione dominante, anche la Gran Bretagna potrebbe tornare alle urne, dopo un possibile voto di sfiducia in settembre contro Boris Johnson.

(da agenzie)

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STAMPA ESTERA, LO SPIEGEL: “SALVINI FA PRECIPITARE L’ITALIA IN UNA CRISI PESANTE”

Agosto 9th, 2019 Riccardo Fucile

E IL FRANKFURTER ZEITUNG RICORDA I SUOI LEGAMI CON PUTIN

Le notifiche dei grandi giornali tedeschi sono arrivate sugli smartphone già  ieri sera intorno alle 20.30, e i flash d’agenzia avvertivano, quasi unanimamente, che “Salvini vuole elezioni anticipate”.
Ma a parte un pezzo della Frankfurter Allgemeine Zeitung sul sito di stamane che ricorda la vicinanza tra il leader della Lega e Vladimir Putin, i titoli sono rimasti piuttosto sobri.
Anche perchè gli articoli spiegano che l’iter istituzionale è complesso e le urne non ancora scontate. Persino la Bild ha rinunciato al solito ditino alzato per informare i suoi elettori degli ultimi sviluppi italiani in modo asciutto.
Secondo lo Spiegel, però, Matteo Salvini precipita l’Italia in una “crisi pesante”, e dopo aver declinato tutti gli scenari, osserva che Sergio Mattarella “ha spesso insistito perchè ci sia un governo in carica” durante “la discussione con la Ue sulla Finanziaria”, prevista da settembre.
Anche la Zeit sottolinea che “in autunno, in realtà , il governo dovrebbe presentare il bilancio, che il Parlamento dovrebbe approvare entro la fine dell’anno”.
La Sà¼ddeutsche Zeitung osserva come per gli italiani, “abituati a ogni tipo di capitombolo politico, questa crisi sarebbe un inedito. Nel mezzo dell’estate, mentre il Parlamento è in vacanza — come può mai funzionare?”.
Anche il quotidiano di Monaco sottolinea che il ruolo di Mattarella diventa ora centrale. E che, se si rifiutasse di sciogliere le Camere, “rischierebbe di regalare ancora più voti al trionfatore del momento”, ossia Salvini.
La svizzera Neue Zà¼richer Zeitung, molto letta anche in Germania, osserva che Salvini ha aperto la crisi dopo mesi di incomprensioni con i 5Stelle, ricorda che la crisi era già  stata sfiorata a marzo, sempre a causa della Tav, e che il vicepremier leghista vuole andare evidentemente all’incasso dopo che gli ultimi sondaggi lo danno al 36%.

(da agenzie)

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LO SPREAD VOLA A 240 PUNTI: LA CRISI DI GOVERNO FA BRUCIARE MILIARDI ALL’ITALIA

Agosto 9th, 2019 Riccardo Fucile

IL DIFFERENZIALE IN 48 ORE SCHIZZATO DI 40 PUNTI, PIAZZA AFFARI IN FORTE CALO

Ore 11.20 Il terremoto che ha investito il governo italiano, con il vice premier Matteo Salvini che ha aperto la crisi chiedendo di andare subito al voto, torna a surriscaldare lo spread.
Il differenziale tra Btp e Bund, schizzato già  ieri di oltre 10 punti, oggi continua la sua crescita e in mattinata schizza a 240 punti con il rendimento del titolo decennale italiano all’1,79%.
In deciso rialzo anche i tassi dei Bot annuali messi all’asta oggi. Il Tesoro ha collocato 6,5 miliardi di titoli con rendimento allo 0,107%, in aumento di 17 centesimi rispetto all’asta del mese precedente.
Le ripercussioni si vedono anche a Piazza Affari, dove il Ftse Mib cede il 2,21% appesantita da tutta il settore bancario: Banco Bpm cede il 7,80%. Bper il 5,87%, Ubi il 5,87%, Unicredit il 5.80%, Intesa Sp il 4,43%.
Meno pesanti i rossi delle altre Borse europee: Francoforte cede lo 0,59% e Parigi lo 0,63%. Londra perde lo 0,17%.
§Sulla piazza britannica si fa sentire anche il dato molto deludente del Pil nel secondo trimestre, calato dello 0,2%, facendo segnare il risultato peggiore dal 2012.
Restando sui dati macroeconomici, pesante anche il dato sulla bilancia commerciale tedesca. A giugno l’export tedesco è calato dell’8%, realizzando il ribasso più forte da luglio 2016.

(da agenzie)

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