Maggio 9th, 2021 Riccardo Fucile
SI DELINEA LO SCENARIO DEL CENTROSINISTRA NELLA CORSA AL CAMPIDOGLIO… I SOVRANISTI CONTINUANO A LITIGARE
“Il Movimento5Stelle su Roma ha un ottimo candidato: si chiama Virginia Raggi, il sindaco uscente. Il Movimento l’appoggia in maniera compatta e convinta, a tutti i livelli. Virginia sta dando un nuovo volto alla città”. Così l’ex premier e leader in pectore dei 5s in un intervento a La Stampa.it.
“Non so chi verrà indicato dal Pd come candidato ufficiale e rispetteremo le loro scelte. Ci auguriamo però che la loro decisione non metta in discussione il lavoro comune che da qualche mese è stato proficuamente avviato a livello di governo regionale, che merita di essere portato a termine fino alla fine della legislatura”.
“Virginia sta dando un nuovo volto alla città e dopo una fase iniziale in cui la sua amministrazione ha dovuto dare segni di discontinuità con le gestioni del passato e ha dovuto tanto seminare, da un po’ di tempo si iniziano a vedere i chiari frutti di questo intenso lavoro e i romani se ne stanno rendendo conto ogni giorno di più”, spiega Conte. “Dispiace che a Roma non si siano realizzate le condizioni per pianificare con il Pd una campagna elettorale in stretta sinergia”.
Conte si augura che la scelta del Pd per il Campidoglio “non metta in discussione il lavoro comune che da qualche mese è stato proficuamente avviato a livello di governo regionale, che merita di essere portato a termine fino alla fine della legislatura nell’interesse di tutti i cittadini della Regione”.
I contenuti del suo intervento sul destino del Campidoglio vengono riportati anche da un articolo del Fatto Quotidiano online.
Gualtieri si candida. Letta lo ritwitta: Forza!
“Mi metto a disposizione di Roma, con umiltà e orgoglio. Partecipo alle primarie del 20 giugno. Costruiamo insieme il futuro della nostra città: io ci sono!”. Lo scrive su twitter l’ex ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Il segretario del Pd Enrico Letta ha ritwittato l’annuncio di Gualtieri , aggiungendo tre emoticon del segno di forza.
“Mi metto a disposizione di Roma, con umiltà e orgoglio. Partecipo alle primarie del 20 giugno. Costruiamo insieme il futuro della nostra città: io ci sono!”. Lo annuncia su Twitter l’ex ministro Roberto Gualtieri annunciando la sua corsa alla candidatura per il Campidoglio.
(da agenzie)
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Maggio 9th, 2021 Riccardo Fucile
L’EX PREMIER ANDRA’ DAL GARANTE PER CHIEDERE CHE CASALEGNO CONSEGNI I DATI SUGLI ISCRITTI
Ormai è troppo tardi. Trapelerebbe questo da chi è vicino all’ex premier Giuseppe Conte: Davide Casaleggio ha avuto tempo per rimetterci, e ha preferito lo scontro aperto. Anche se ora – come fa chi si pente di quanto (non) ha fatto – il figlio del fondatore del 5 Stelle sembra che abbia cambiato idea. Ma ripercorriamo la storia.
La questione è questa: Giuseppe Conte deve essere legittimato. Per tutti, militanti e non, lui ora è il capo politico del Movimento: l’ha incoronato proprio Beppe Grillo, di fatto rompendo con Casaleggio. Figlio di Gianroberto, con cui il comico aveva fondato il 5 Stelle.
Perché rompendo? Perché proprio nei giorni in cui Beppe Grillo prendeva questa decisione, sulla piattaforma Rousseau (che è dove i militanti si possono esprimere tramite quella che loro chiamano “democrazia diretta”) si votava per il direttorio a 5. In buona sostanza: cinque donne e uomini che dovevano sostituire la figura del Capo politico, dopo che quel ruolo lo avevano ricoperto Beppe Grillo, Luigi Di Maio, e poi (ma solo ad interim) Vito Crimi.
Ma il Movimento – si sa – non stava andando un granché bene. E proprio in quelle settimane il governo Conte cadeva, lasciando di fatto il premier (ex) senza un incarico politico, destinato quindi a far rientro all’Università di Firenze.
E allora ecco l’idea di Grillo: Conte sarà il nuovo leader. Ma Casaleggio non vuole, o almeno: vuole (per non far perdere di credibilità alla propria piattaforma) che quella decisione venga presa dai militanti. Ok, dice Conte. Ma, a una condizione risponde Casaleggio. E cioè: per votare dovete dare tuti gli arretrati a Rousseau.
E già, perché i parlamentari del 5 Stelle si sono ammutinati, e da qualche periodo non versano (non tutti) la cifra mensile dovuta all’M5s.
Tanto che avrebbero accumulato un debito considerevole: 450mila euro. Ma Conte, che già non nutriva grande simpatia per Casaleggio e che vuol rinnovare il Movimento, ha fatto no col capo, e ha rimandato al mittente la richiesta.
Tanto che nei giorni scorsi sia lui che Rousseau hanno annunciato la fine del loro rapporto. E va beh, Conte si è detto dispiaciuto, non disperato, ma dispiaciuto sì. Prima di salutarsi ha però chiesto a Rousseau tutti i dati degli iscritti, che appartengono solo al Movimento, ma che sono custoditi dalla piattaforma. Casaleggio ha detto di no. E Conte ha preparato le carte da presentare all’Autorità Garante della Privacy, lasciando capire che si finirà in Aula con tempi e costi lunghi.
Tanto che il figlio di Gianroberto ci avrebbe ripensato, e avrebbe detto a Conte: aspetta, forse ho cambiato idea, veniamoci incontro. Ma per l’ex premier, ora, il tempo potrebbe essere scaduto.
(da agenzie)
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Maggio 9th, 2021 Riccardo Fucile
L’AFRICA STAVA MOLTO MEGLIO QUANDO SI AIUTAVA DA SOLA
Bio, green, filiera corta. Non si sente parlar d’altro. La filiera corta, come la Democrazia, esisteva prima di sapere di esser tale. È tipico della società contemporanea scoprire cose che esistevano già fingendo, o illudendosi, che siano nuove
Per secoli i popoli dell’Africa Nera hanno vissuto di economia di sussistenza, autoproduzione e autoconsumo, si cibavano cioè di ciò che producevano. Più corta di così? Sul piano alimentare utilizzavano lo scambio solo eccezionalmente e nella forma del “baratto puro”.
Così uno scrittore del regno africano del Dahomey ricorda, con nostalgia, la natura del “baratto puro” quando il denaro, che in quella parte del Continente nero fece la sua comparsa piuttosto tardi, nel XVIII secolo, non esisteva ancora: “In quei giorni non vi era moneta. Se volevi comprare qualcosa e tu avevi sale e un altro aveva grano, tu gli davi un poco di sale e lui ti dava un poco di grano. Se tu avevi pesce e io avevo pepe, io ti davo pepe e tu mi davi pesce. In quei giorni esisteva soltanto il baratto. Niente moneta. Ciascuno dava all’altro ciò che aveva e ne riceveva ciò di cui aveva bisogno”. Che cosa aveva determinato il cambiamento lamentato dallo scrittore del Dahomey? Quando i primi colonizzatori arrivarono da quelle parti misero una tassa su ogni capanna, così l’agricoltore era costretto a produrre un surplus e ad entrare quindi in quel sistema economico occidentale che conosciamo molto bene.
Nonostante ciò i popoli africani resistettero a lungo. Ai primi del Novecento l’Africa era alimentarmente autosufficiente. Adesso c’è tutto un pruriginoso e ipocrita movimento per “salvare l’Africa”.
L’Africa stava molto meglio quando si aiutava da sola. Ancora nel 1961 era, in buona sostanza, autosufficiente, al 98%. “Ma da quando ha cominciato ad essere aggredita dalla integrazione economica – prima era considerata un mercato del tutto marginale e poco interessante – le cose sono precipitate. L’autosufficienza è scesa all’89% nel 1971, al 78% nel 1978” (Il vizio oscuro dell’Occidente, 2002).
Per quello che è successo dopo non sono necessarie statistiche, basta osservare l’enorme flusso di emigranti, ridotti alla fame, che pur di arrivare in Europa sono disposti ad attraversare la Libia, a rischiare la morte, e spesso a trovarla, sui gommoni degli scafisti che non sono i protagonisti di questa tragedia, i veri protagonisti siamo noi occidentali.
Sono state scritte intere biblioteche sui crimini del comunismo, che ovviamente ci sono stati e ci sono, ma verrà pure un giorno in cui qualcuno dovrà scrivere un libro sui crimini dell’industrial capitalismo, del turbocapitalismo, che riescono ad essere ancora peggiori di quelli.
Agli inizi di aprile gli Stati appartenenti al gruppo del cosiddetto G20, cioè i venti paesi più industrializzati del mondo, resisi conto che stiamo assassinando l’ecosistema, cioè la terra su cui abitiamo, hanno organizzato l’ennesima riunione per ridurre i danni dell’inquinamento ambientale. Chi dice entro il 2030, chi entro il 2050.
Di qui la litania, in atto da qualche anno, del bio, del green, della filiera corta, delle macchine all’idrogeno, delle macchine elettriche, della riduzione di CO2.
Quand’anche fossero in buona fede, e ci credo pochissimo, son tutte balle, luride balle. Perché qualsiasi energia, foss’anche la più pulita, se usata in modo massivo è inquinante. Perché ha bisogno di un’altra energia che la inneschi. Prendiamo le auto all’idrogeno. In teoria l’idrogeno è il combustibile ideale. In natura esiste in quantità enormi e la sua combustione genera come residuo soltanto acqua. L’estrazione dell’idrogeno, però, richiede energia, quindi la sua convenienza dipende da quanta energia si consuma per estrarlo e – ancora una volta – da come questa energia viene prodotta.
Oggi la maggior parte dell’idrogeno in commercio è un prodotto secondario della lavorazione degli idrocarburi. È il metodo più economico ma anche quello più inquinante: si generano svariate tonnellate di CO2 per ciascuna tonnellata di idrogeno prodotta.
Altro problema è quello relativo alle fonti rinnovabili, in particolare l’eolico e il fotovoltaico: coprire il mondo di pale eoliche e di pannelli fotovoltaici non lo rende, con buona pace di Beppe Grillo, un posto migliore. Perché la costruzione e poi lo smaltimento di pale e pannelli comporta a sua volta un impatto ambientale.
C’è un solo modo per ridurre l’inquinamento: produrre di meno e consumare di meno. Cioè, in pratica, scaravoltare l’attuale modello di sviluppo che si basa sul consumo. Siamo arrivati al punto paradossale che noi non produciamo più per consumare, ma consumiamo per poter produrre.
In questo il Covid (non subito perché adesso ci sono singole imprese o singoli individui in situazioni economiche disperate) potrebbe tornarci utile.
In un anno di lockdown abbiamo imparato a ridurre i consumi a ciò che veramente riteniamo essenziale. Prendiamo, a solo titolo di esempio, il vestiario. Non è necessario avere nell’armadio cento vestiti e duecento paia di scarpe – in questo caso parlo soprattutto alle donne – per sentirsi a proprio agio e sufficientemente eleganti.
Non è necessario avere quattro televisori in casa. Non è necessario avere quattro automobili. E così via.
Ciascuno può ridurre quei consumi che lo interessano di meno. Se ciascuno di noi fa queste scelte, automaticamente, in via generale, si ridurranno consumi e produzione.
E in questo modo si risolverà anche la questione che mi pose lo storico Carlo Maria Cipolla quando gli prospettai questa ipotesi: “Ciò che è essenziale si differenzia da individuo a individuo. Per lei, magari, essenziali sono i libri, per altri beni molto diversi” (Scienza Amara, Pagina, 18 marzo 1982). Va bene.
Ma se ciascuno di noi consuma solo ciò che per lui è veramente essenziale, e quindi senza ledere la libertà di scelta dell’individuo, si otterrà ugualmente una generale riduzione dei consumi marginali.
Ma dubito molto che ci arriveremo mai. L’uomo è un animale troppo stupido. Prima di tentare Eva con la mela della conoscenza Satana si rivolse al leone e il leone reagì con un ruggito così potente che mandò Satana a ruzzolare per le terre. Allora Satana capì che aveva sbagliato il bersaglio e si rivolse al soggetto più debole (intendo l’uomo in generale, non Eva).
E oggi impera nel mondo.
Massimo Fini
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Maggio 9th, 2021 Riccardo Fucile
“IL VIRUS POTREBBE ANCORA MUTARE”
La pandemia si batte combattendola in tutto il mondo, altrimenti i focolai si propagheranno ancora e con loro si presenteranno nuove varianti che potrebbero vanificare gli sforzi delle vaccinazioni
Dopo il Sudafrica il Brasile, dopo il Brasile la Nigeria, e infine l’India, un subcontinente ad altissima densità di popolazione.
Ovunque Sars-CoV-2 (il virus causa della malattia denominata Covid-19) si metta a correre, ecco che nuove varianti emergono, sostituendo quelle già presenti da tempo. Ma perché tutte queste varianti, con l’eccezione di quella del Kent (la cosiddetta variante ‘inglese’), emergono e si diffondono tanto velocemente soprattutto in aree del globo relativamente depresse e densamente popolate?
La risposta è facilmente intuibile. In quei Paesi, le condizioni demografiche e la promiscuità, il sovraffollamento, i comportamenti dei singoli e la mancanza di risorse fanno sì che la circolazione virale tenda ad essere particolarmente veloce, e il virus facendo errori durante il processo di riproduzione, tende prima o poi a dar vita a ceppi mutanti che si trovano ad avere una migliore ‘fitness’, ovvero a trasmettersi meglio, per cui diventano predominanti.
E’ l’opinione di Giovanni Rezza, Epidemiologo, direttore generale della Prevenzione Sanitaria presso il Ministero della Salute, in un intervento sul Corriere della Sera.
“Il virus potrebbe però ulteriormente mutare e rendere necessario l’adattamento dei vaccini e la loro produzione su vasta scala. È per questo che dobbiamo facilitare l’accesso ai vaccini nei Paesi poveri di risorse, trovando la maniera di aumentarne la produzione. Insomma, dando una mano a chi ne ha bisogno faremmo un piacere a noi stessi, in base a un sano principio di altruismo interessato”.
(da agenzie)
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Maggio 9th, 2021 Riccardo Fucile
“UN ALTRO TEMA CHE MI VEDE LONTANA DAI SOVRANISTI”
Non solo il ddl Zan, anche la cannabis light. Dopo la presa di distanze sui diritti civili durante la manifestazione organizzata da I Sentinelli a Milano, Francesca Pascale, ex fidanzata di Silvio Berlusconi, racconta a Il Mattino i suoi nuovi progetti e tratteggia un altro tema che la vede lontana dalle posizioni di Forza Italia: “Creerò un’azienda agricola che si occupi della coltivazione e lavorazione della cannabis light, facendo lavorare tutte quelle donne che, una volta uscite dal carcere, hanno bisogno di qualcuno che dia loro una seconda possibilità”.
Si tratta di un “progetto sociale, ambizioso, fatto in sinergia con le associazioni”, ha sottolineato spiegando che proprio la legalizzazione della cannabis è “un altro tema che mi vede molto lontana da una certa brutta destra”.
Un’altra frecciata alle posizioni della Lega di Matteo Salvini, diventate attrattive per pezzi di Forza Italia. Pascale ha anche raccontato quella che oggi è la sua quotidianità definendola “più autentica”: “La vita a 36 anni cambia, così come i sogni e le priorità”.
Sabato, partecipando alla manifestazione all’Arco della Pace a Milano, l’ex compagna di Silvio Berlusconi si era schierata a favore della legge contro l’omotransfobia approvata alla Camera e ora rallentata al Senato dal centrodestra e aveva attaccato la Lega: “È giusto, è doveroso nei confronti di queste e delle prossime generazioni approvare il disegno di legge – ha spiegato – Non essere qui in piazza oggi non è prendere una posizione politica ma essere a favore delle discriminazioni e dell’odio”.
Ai cronisti che le hanno chiesto se è delusa da Forza Italia la Pascale ha risposto di esserlo “da alcuni esponenti di Forza Italia che tendono ad abbracciare un’area sovranista più che essere fermi nell’area liberale in cui il partito è nato. Non posso più votare per Forza Italia – ha aggiunto – finché continua a strizzare l’occhio a Salvini piuttosto che guardare al faro della libertà. Non mi sento più di appartenere a un partito che è più sovranista che liberale”.
(da agenzie)
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Maggio 9th, 2021 Riccardo Fucile
ORA SONO DUE AGNELLINI PRONTI A CHIEDERE SCUSA
Da baldanzosi sostenitori delle teorie negazioniste, della fantomatica “dittatura sanitaria” ad agnellini pronti a chiedere scusa.
È la parabola dei due no vax e negazionisti del virus che lo scorso 3 aprile hanno incendiato con due molotov un centro vaccinale a Brescia.
Il primo maggio sono stati arrestati e accusati di terrorismo: davanti al giudice sono prima rimasti in silenzio, ma poi hanno rinnegato le loro farneticanti tesi chiedendo scusa alla cittadinanza. “Sono disperati, sanno di avere fatto una sciocchezza, intendono dimostrare di non essere terroristi”, hanno detto i loro avvocati.
È un’ottima esperienza di antropologia osservare da vicino Paolo P. e Nicola Z., i due no vax (e ovviamente negazionisti) che hanno avuto la brillante idea di lanciare due molotov contro il centro vaccinale di via Morelli, a Brescia, alle 5,57 dello scorso 3 aprile.
Una delle bottiglie ha squarciato un lato del tendone senza per fortuna distruggere migliaia di vaccini che erano conservati lì vicino. I due responsabili del gesto sono due perfetti tipi dei tanti che gridano all dittatura sanitaria, quelli che credono che la pandemia sia un gigantesco complotto e (ovviamente) che i vaccini facciano parte del disegno mondiale.
Paolo P. il 12 aprile (a attentato già avvenuto) se la prendeva con le mascherine usate “per chiudere la bocca ai cittadini” mentre i soldi servono “per chiudere la bocca ai giornalisti”.
Accusava Alessandro Gassman di essere “uguale a quei vermi che chiamavano i nazisti”, rivendicava “la libertà di pagare in contanti”, immancabile la polemica sui “35 euro al giorno” da non dare ai migranti ma agli italiani in difficoltà, rivendicava il diritto di non vaccinarsi perché “non sono una cavia”, lamentava il razzismo degli antirazzisti (“con la scusa del razzismo ce la stanno mettendo nel culo”) e invocava la ghigliottina per farsi rispettare.
Ovviamente additava il ministro Speranza come causa di tutti i mali: “psicopatico del cazzo fatte cura che per le tue fobie hai chiuso in casa 60 000 italiani ipocondriaco di merda”. Un valoroso combattente, insomma.
Sulla stessa linea anche il suo compagnuccio Nicola Z., fervido condivisore degli articoli di Primato Nazionale (giornale vicino a CasaPound) che vede tirannidi dappertutto: si parla di “grande reset”, si invita ad arrestare Speranza “per strage”, si ipotizza che i morti servano all’INPS per pagare “il reddito di clandestinità”, e si rilancia “un genocidio di Bergamo per influenza stagionale spacciata per pandemia”. “Il sistema ha inventato il termine negazionista. Al sistema non fa paura chi nega. Al sistema fa paura chi ragiona”. Ovviamente entrambi invitano alla lotta e così, armati di tutte le loro convinzioni, decidono di passare all’attacco.
L’attacco dello scorso 3 aprile
I due prodi guerrieri (“stiamo a guardare che succede. O si va per ribaltare tutto o inutile muoverci”, scrivono) hanno la brillante idea di preparare le molotov direttamente al distributore di benzina di via Crotte, vicino alla casa di uno dei due, riempiendo due bottiglie di birra. Evidentemente tra le loro capacità di smascherare il mondo si sono dimenticati della presenza di telecamere in ogni benzinaio.
Si avvicinano al centro vaccinale in via Morelli: una bottiglia cade e si incendia sulla strada, l’altra va a segno. “Non si molla di un centimetro, oggi si avanza”, scrivono sui social, con una bella emoticon del fuoco. Guerrieri.
Paolo P. (intercettato) telefona a una sua amica: “Cretini che non abbiamo buttato via la bottiglietta usata per bagnare gli stracci…”. Ma non è l’unica leggerezza: il 16 aprile, transitando di fronte al centro vaccinale, l’uomo manda un messaggio vocale: Signore e signori, è arrivato il circo, freschetto stasera bisogna proprio accendere una stufa… La pandemia è una fesseria, se non guardi la Tv il Covid non esiste più”.
L’operazione non va proprio benissimo se è vero che gli investigatori il 1 maggio arrestano i due accusandoli di terrorismo. Ci si aspetterebbe che i due prodi rivendicassero con forza la legittimità e la veridicità delle proprie idee, lo hanno scritto per mesi che bisogna avere il coraggio delle proprie idee, e invece come accade sempre i lupi diventano agnelli: “Chiediamo scusa alla cittadinanza, non volevamo fare male a nessuno” dicono durante l’interrogatorio di garanzia.
Ma come? Ma non era l’inizio di una rivoluzione? No, no: “solo un gesto dimostrativo”, dicono i due. Volevano “soltanto manifestare contrarietà all’obbligo vaccinale”, dicono, ovviamente lanciando molotov perché nel magico mondo dei complottisti la “forza delle idee” sono due bottiglie scolate di birra e riempite di benzina.
Gli avvocati: Sono disperati, sanno di aver fatto una sciocchezza
Da qui in poi si entra nella fantascienza: nella galassia dei no vax cominciano a fioccare le accuse di complotto, ancora, perché “non è possibile rovinare persone, con accuse sproporzionate, invece, per dare un segnale di presenza dello Stato!”, i veri terroristi sarebbero i magistrati che “ingigantiscono l’accaduto”.
Sui social si difendono i due perché se fossero terroristi non avrebbero “condiviso in pubblico le loro opinioni”. Capito? Che poi quelle opinioni le abbiano rinnegate in un nanosecondo davanti al giudice sembra essere solo un aspetto secondario.
Anche dal punto di vista legale si cambia rotta: dopo essersi avvalsi della facoltà di non rispondere due giorni fa decidono di farsi sentire dal pubblico ministero: “Vogliono dire la verità e spiegare bene come stanno le cose”, sottolinea l’avvocato Daniele Tropea, che li assiste con la collega Maria Francesca Tropea. “Sono disperati, sanno di avere fatto una sciocchezza, intendono dimostrare di non essere terroristi”.
Sui social degli accusati arrivano amici e parenti: la nipote di Nicola Z. se la prende con chi scrive sullo zio “senza conoscere la persona in sé” e ricordando che “il karma esiste”. Un’amica di Z. ci spiega: “chi ha detto che volevano rallentare i vaccini? O che volevano far male a qualcuno? Se voglio far male a persone non ci vado alle 5 o le 6 del mattino ma alle 10!”.
Capito? Dobbiamo ringraziarli di essere andati al mattino così presto. “Io conosco entrambi. Sono due persone che non farebbero male a una mosca”, scrive un amico che, visto che c’è, ci ricorda che “negli stadi fanno di peggio. Quelli che scova Brumotti sono pericolosi”. Interviene un’altra parente: “QUESTA È LA DITTATURA DI MERDA CHE C’È ORA!!! PRIMA DI PARLARE bisogna passare situazioni difficili!!!!!”. Un’amica di Paolo P. (tra l’altro operatrice sanitaria e fiera di non vaccinarsi) il 3 aprile (giorno dell’attentato) sul suo profilo se la prendeva con la notizia dell’attentato scrivendo: “LA VERITA INVECE CHE IL FATTO E SUCCESSO ALL ALBA A STRUTTURE CHIUSE E HANNO DANNEGGIATO UN PO IL TENDONE MENSA…….VI RENDETE CONTO COME E GRAVE MENTIRE SU UN FATTO DEL GENERE? L ODIO CHE GENERA TRA LA GENTE …….”.
E il dubbio è che la situazione sia molto più complessa e seria di un semplice processo a quei due.
(da Fanpage)
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Maggio 9th, 2021 Riccardo Fucile
LA MADRE TRASFERITA IN AMBULANZA ALL’OSPEDALE PER COVID
E’ rientrata in Italia la famiglia fiorentina di Campi Bisenzio che era rimasta bloccata in India a causa del Covid. La missione per riportare con un volo sanitario Simonetta Filippini, il marito Enzo Galli e la piccola Mariam Gemma si è conclusa ieri notte, quando l’aereo è atterrato, alle 22,15, all’aeroporto di Pisa.
La famiglia Galli era partita per l’India per adottare una bambina e poi era rimasta bloccata dal Covid. Le condizioni di Simonetta Filippini, positiva al Covid dal 28 aprile scorso, nei giorni scorsi si erano aggravate: aveva avuto problemi di saturazione e bisogno dell’ossigeno.
Simonetta è stata trasferita con un’ambulanza di biocontenimento della Misericordia di Lucca all’ospedale fiorentino di Careggi, dove si trova ricoverata nel reparto di pneumologia. Il marito e la figlia sono stati accompagnati con un’ambulanza della Croce Viola di Sesto Fiorentino in ospedale per gli accertamenti e la quarantena: Enzo a Careggi per gli esami e Miriam al Meyer.
Ad accogliere all’aeroporto pisano la famiglia ieri notte c’era l’assessore Monia Monni. “Da mamma, non poteva esistere modo più bello per celebrare le mamme che andarne a prendere una che, dopo una battaglia durissima, torna a casa con la famiglia per la quale ha combattuto – ha scritto Monni su Facebook – Ora ci prenderemo cura di loro, perché possano iniziare, il prima possibile, la nuova vita che hanno tanto desiderato. Ero lì, sulla pista di atterraggio, vestita come un’aliena per dire a te, Simonetta, e attraverso di te a tutte le mamme del mondo (compresa la tua, che è dolcissima). Buona festa della mamma. Bentornati!”
“Simonetta, Enzo e la bimba sono seguiti dal nostro personale sanitario – ha scritto ancora Monni – La piccola è ricoverata in Pediatria del Meyer, coccolata e accudita dagli infermieri e dalle infermiere che si alternano giorno e notte per tenerla in braccio, farla giocare e farla sentire al sicuro. Le condizioni della bimba sono buone, da domani verrà seguita, oltre che dal personale sanitario, anche da una psicologa. Ringrazio ancora una volta il Meyer, che, come sempre, si dimostra un’eccellenza di umanità e amore”.
(da agenzie)
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Maggio 9th, 2021 Riccardo Fucile
IL 20% DEI FONDI VA A CONFINDUSTRIA, RIDOTTE DELLA META’ LE RISORSE AI PRESIDI SANITARI DEL TERRITORIO
Chi nei mesi passati aveva pensato che la pandemia e, eufemizzando, le difficoltà incontrate dal Sistema sanitario nell’affrontarla avrebbero portato a un cambio di paradigma per il futuro, a pensare alla salute non più come una spesa ma un investimento, ha sbagliato indirizzo, Paese e soprattutto governo.
L’analisi incrociata della missione “Salute” del Piano di ripresa (Pnrr) e del Documento di economia e finanza (Def) per il triennio 2022-2024 dimostrano che l’attuale esecutivo, ancor più del precedente, non vede l’ora di tornare al business as usual: cioè, all’ingrosso, a com’era il Servizio sanitario nazionale dopo la cura di tagli cui è stato sottoposto per un quindicennio
Inizieremo dal cosiddetto Recovery Plan che in realtà non recupera quasi nulla: la cifra che il Pnrr Draghi dedica alla salute è un po’ inferiore a quella del Pnrr di Conte (circa 18 miliardi, all’ingrosso 600 milioni in meno).
La parte che ci interessa è la missione 6.1 dedicata all’assistenza territoriale: 7 miliardi destinati a tre obiettivi, gli stessi già presenti nel Piano di gennaio, ma con un tale spostamento interno di risorse che ne risulta di fatto stravolta l’impostazione, peraltro essendo il ministro della Salute lo stesso in entrambi gli esecutivi, cioè Roberto Speranza. La sostanza è che gli investimenti nella rete sanitaria sono dimezzati e ora si punta tutto sull’assistenza a casa e la telemedicina (nel senso di “a distanza”).
Partiamo dal progetto originale, quello di gennaio, che era un tentativo di ricostruire la rete fisica del Ssn – falcidiata per anni da chiusure e accorpamenti, spesso a favore di strutture private – i cui effetti nefasti sono stati evidenti a tutti con l’arrivo del Covid. Primo obiettivo: 4 miliardi di euro erano destinati all’apertura di 2.564 Case della comunità (una ogni 24.500 abitanti) “con l’obiettivo di prendere in carico 8 milioni circa di pazienti cronici mono-patologici e 5 milioni circa di pazienti cronici multi-patologici”.
Le Case della comunità sono strutture pubbliche in cui si troveranno medici di medicina generale e specialisti, infermieri e altri professionisti della salute, più addetti ai vari servizi sociali (nelle intenzioni questo capitolo del Pnrr doveva interagire con quello dedicato all’housing sociale e alla rigenerazione urbana).
Secondo obiettivo: due miliardi per aprire 753 Ospedali di comunità (uno ogni 80mila abitanti) per ricoveri di breve durata (massimo 15-20 giorni).
Terzo obiettivo: un miliardo per realizzare 575 Centri di coordinamento per l’assistenza domiciliare con “51.750 medici e altri professionisti attivi, nonché 282.425 pazienti con kit technical package attivo” per la telemedicina (per cui andranno anche definite le linee guida).
Il Pnrr di Draghi stravolge questa impostazione: dimezza i fondi e il numero sia delle Case di comunità (2 miliardi) che degli Ospedali di comunità (1 miliardo) e punta tutto sull’assistenza domiciliare e la telemedicina (4 miliardi) con “l’obiettivo di prendere in carico il 10% della popolazione over 65 entro il 2026”.
Più alto l’investimento una tantum per tecnologia e strutture digitali, meno onerosi i costi di gestione e, però, anche l’impatto sulla vita dei territori, specie nelle cosiddette aree interne (maggiormente bisognose di infrastrutture sociali).
Questo a non dire che la telemedicina rischia di essere una bella idea con pochi agganci con le condizioni concrete della popolazione: basta immaginare migliaia di anziani alle prese col “kit technical package”.
Questa scelta del governo, come detto, è in linea con le previsioni del Def del mese scorso: alla fine del triennio 2022-2024, dice l’esecutivo, la spesa sanitaria dovrà calare in rapporto al Pil di un punto percentuale tondo (dal 7,3% del 2021 al 6,3% che era il livello previsto nel 2020 senza il coronavirus).
Detta in altro modo, secondo i calcoli del Forum per il diritto alla salute, una discesa a un tasso medio annuo dello 0,7% in anni in cui il Pil nominale è previsto crescere in media del 4,2%.
Cosa significa questa scelta? Che le maggiori spese dell’ultimo biennio saranno riassorbite quasi senza lasciare traccia: non solo quelle per i farmaci o le migliaia di degenze in ospedale, ma anche quella per il personale assunto (in gran parte precario) e le strutture messe in piedi per l’emergenza.
L’Italia tornerà dunque a essere tra i Paesi europei che spendono meno in salute: il nostro 6,3% sul Pil di partenza (e di arrivo al 2024) ci poneva largamente dietro i dati pre-Covid di Germania (9,9%), Francia (9,4), Svezia (9,3), Olanda (8,2) e Gran Bretagna (8%), come si vede Stati con modelli molto diversi tra loro. Cosa che il governo ovviamente sa: ce la siamo cavata, “nonostante la spesa sanitaria sul Pil risulti inferiore rispetto alla media Ue”, scrive nel Pnrr.
Se la spesa pubblica è bassa, tende ovviamente a salire quella privata diretta: il 2% del Pil qui da noi, la metà in Francia e Olanda, l’1,4% in Germania.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Maggio 9th, 2021 Riccardo Fucile
QUESTIONI DI VOLI, ENTRATE E PRECEDENZE
Qualche vezzo di troppo e un nome insolitamente lungo per non destare sospetti ma Maria Elisabetta Alberti Casellati era partita bene.
Appena salita, prima donna della storia, al secondo scranno della Repubblica, era volata a Genova per seguire il concerto diretto dall’amato figlio Alvise senza cerimoniale e aereo di Stato, che, come da prammatica, le era stato offerto.
D’altra parte era il marzo del ‘cambiamento’ 2018 e il suo omologo alla Camera, il neo-eletto grillino Roberto Fico, per raggiungere il Parlamento avrebbe preso l’autobus. Insomma, al vento anti-casta occorreva offrire un po’ le vele.
Così, sorprende un po’ la deriva presa qualche tempo dopo dall’avvocato rodigina specializzata in cause di nullità presso la Sacra Rota (cit. “il matrimonio non è un giro di valzer”), poi fulminata dalla rivoluzione liberale del Cav, infine assurta a carica istituzionale.
Va bene che l’aria è cambiata e le sirene del populismo meno intense, ma 124 voli di Stato in un anno, come emerso dalle recenti cronache sembrano un po’ troppi anche per chi ritiene la pratica legittima. Perché è filosoficamente corretto che i servitori dello Stato abbiano a disposizione scorte e spostamenti celeri e protetti, il loro corpo – assunta la carica – diviene interesse pubblico, ma il presidente Casellati (vuole essere appellata al maschile) ha preso di questa giusta nozione una forma un pochino estensiva.
Nulla di illegale insomma, ma ai limiti del decoro istituzionale, concetto (il decoro) al quale la stessa Casellati tiene molto. Sempre elegante, mai il trucco fuori posto (“Non potrei mai uscire senza eyeliner”), ribrezzo verso “unghie lunghe e bocche colorate”, scelta del tailleur quotidiano adatto all’occasione, come quello nero funereo nel giorno in cui si votò la decadenza a Berlusconi da senatore. “Panzer in Vuitton” la definisce “La Verità”, e dunque occorre passare dalla forma alla sostanza. Alla Casellati pre-e-politica. Inflessibile, determinata, (“workalcohic”, dice il figlio). Alla necessaria retorica dell’unica figlia femmina, con tre fratelli, in carriera nonostante il padre (“partigiano, ma liberale”) che la voleva maestra. In un percorso da matrimonialista che la fece ascendere alla causa di divorzio Stefano Bettarini-Simona Ventura con antagonista Anna Maria Bernardini De Pace (evidentemente nel settore la lunghezza del nome pesa).
In quanto al ruolo da “pasdaran” del berlusconismo, la costanza e la professionalità ebbero un ruolo innegabile.
Scoperta dall’ex doge Giancarlo Galan caduto in disgrazia per le vicende del Mose, pur sottosegretaria alla Salute non disdegnava di tornare sul territorio, per esempio Padova, dove pare allestisse un banchetto per mantenere il rapporto con la gente.
In 20 anni di Aula, presidia i banchi del centrodestra per non far mancare il numero legale, “quando tutti erano sulle spiagge di Ponza o in barca al largo di Cavallò” (ancora “La Verità”). Lei, è noto, preferisce Cortina, ma non disdegna la Sardegna – meta dei 4 recenti voli non proprio istituzionali in pieno agosto – o la Calabria – dove pare che nel 1971 venne eletta Miss Palizzi.
Di indubbio maggior rilievo le altre sortite extra Palazzo. In tv per esempio tenne banco negli anni più tosti della difesa del Cav dagli assalti giudiziari. Le punte: dalla Gruber rivendica la versione ‘Ruby-nipote di Mubarak’ e si scontra con Travaglio (“Questa signora dice puttanate”. Risposta con alzata d’occhi bistrati: “Lei è un maleducato”). Poi c’è la faccenda dei gradoni del palazzo di Giustizia di Milano dove protesta con altri esponenti di Forza Italia sempre per evitare il processo Ruby.
Non proprio un viatico cristallino per arrivare a Palazzo Madama, lo hanno già notato in tanti, da Liana Milella a Gian Carlo Caselli, ma tant’è, nonostante le leggi ad personam, nonostante la troppa nettezza di alcune posizioni (antiabortista, pro case chiuse, contro le unioni civili…) e accuse di nepotismo per una lontana assunzione della figlia manager di Publitalia nella sua segreteria, Elisabetta Casellati alla presidenza del Senato poi ci arriva. Quasi incidentalmente, prima delle consultazioni che produrranno l’avvocato del popolo Giuseppe Conte e l’esecutivo ircocervo Lega-5 stelle.
Scrive Susanna Turco su L’Espresso: “Come correlato di una ipotesi che non si è mai verificata. Quella che al governo andasse anche un centrodestra ‘classico’”. Da svolta mancata della Storia, lei non si perde d’animo e dichiara che alla storia vuole comunque passare “per ridurre i costi del Parlamento”. Insomma, predetto spirito del tempo: basta privilegi.
Non va proprio così. Decisioni altalenanti sulla questione vitalizi, troppi movimenti di personale a Palazzo Madama, voli di linea “in ostaggio” – scrive “Il Fatto”, che la chiama “Evita” – per imbarchi “sempre per ultima”.
Questioni di cappelliere, entrate e precedenze. In quanto a cerimoniale, per evitare lo sgarbo a Mattarella, tampona l’auto del Quirinale in un corteo presidenziale a Vo’ Euganeo.
Coincidenza che fa sussultare i retroscenisti: c’è il Colle nel suo cuore. Troppi indizi. Troppi premi, troppi discorsi, troppe prime a teatro, troppa “diplomazia culturale” e qualche sgarbo effettivo come quando Casellati si fa accompagnare in Libano dalla ministra Trenta violando il protocollo: “il titolare della Difesa può scortare solo il capo dello Stato” (ancora “Il Fatto”, che ha memoria lunga).
Anche le gaffe in materia di politica estera sembrano percorse da un indicibile anelito, come se per quanto dorata, la gabbia del Senato le vada un po’ stretta. Accoglie il cinese Xi, presidente del più grande regime del mondo, come “segno di grande attenzione e vicinanza alle istituzioni parlamentari” (e qui un brivido corre lungo la schiena). In un minuto di discorso scatena una mezza crisi con la Germania pronunciando la frase “Berlino discute, l’Europa brucia”.
È grossier, ma è tentativo di politica, come quando abbandona la dovuta equidistanza e piccona Conte in piena pandemia, mentre proprio per evitare il virus, e causa mal di schiena, si imbarcava un centinaio di volte sulla tratta Roma-Venezia. Sul Falcon di Stato, modello 900 dell’Aeronautica, 31° stormo di Ciampino. Ed è tutto un levitar di domande: è lecito, non lo è, è un abuso, è indecoroso. Son cose, che al di là del merito, restano nella testa del popolo, e da secoli.
“I soggiorni della corte per sei settimane d’estate a Compiègne, in autunno a Fontainebleau, erano chiamati grandi viaggi perché si spostavano tutti i dipartimenti e tutti gli uffici dei ministri”, scrive Daria Galateria nel suo delizioso “L’etichetta alla corte di Versailles” in cui l’accademica romana ricostruisce il mirabolante cerimoniale di Luigi XIV, il re Sole, che ai suoi riti “enigmatici e spesso ridicoli” era probabilmente il primo a non credere: ”È d’altronde uno dei più visibili effetti del nostro potere dare a volontà un valore infinito a quello che in sé non è nulla”.
Una gioia del sovrano “pura” perché consta di onori che ai sudditi non costavano nulla. Gli onori alati del presidente Casellati – ha calcolato il verde Angelo Bonelli – sarebbero costati un milione di euro.
(da Huffingtonpost)
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