Maggio 11th, 2021 Riccardo Fucile
NON CI SONO PIU’ NAVI UMANITARIE NEL MEDITERRANEO E SONO AUMENTATI GLI ARRIV (E I MORTI)I: I DATI DEL VIMINALE
Quando i dati di realtà parlano così chiaro, non ci sono più alibi per le teorie politiche agitate con scopi strumentali.
Come si vede dal grafico elaborato dal Viminale, i dati sugli sbarchi dei migranti in Italia, da gennaio 2021 fino a oggi a fronte dello stesso periodo nel 2020 e 2019, smontano coi fatti le teorie secondo cui le organizzazioni non governative che prestano soccorso in mare abbiano agito da ‘pull factor’ per le migrazioni dal Nord Africa.
Oggi non ci sono navi umanitarie nel Mediterraneo. Sono quasi tutte in fermo amministrativo, per inchieste giudiziarie in corso o per controlli della Guardia Costiera nell’ambito dei cosiddetti ‘Port State Control’, i controlli sul rispetto degli standard di navigazione.
Eppure gli sbarchi sono aumentati rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e anche del 2019.
Era chiaro prima, adesso è inconfutabile: le navi delle ong non sono mai state un ‘taxi’ per i migranti.
Sicuramente l’anno scorso la pandemia ha giocato la sua parte nella diminuzione delle partenze. Ma quest’anno gli sbarchi sono vistosamente aumentati anche rispetto al 2019. E all’epoca le navi delle ong erano già attive nel Mediterraneo, Matteo Salvini gli aveva già dichiarato ‘guerra’, dopo che il suo predecessore al Viminale Marco Minniti aveva stilato un vero e proprio codice di condotta per limitare le azioni delle ong in mare.
All’epoca erano già 5 anni che le ong operavano nel Mediterraneo: la prima nave umanitaria a prendere il largo è stata la maltese Moas nel 2014, c’era il governo Renzi e l’Ue aveva appena deciso di mettere fine a Mare Nostrum, l’unica missione di soccorso in mare che l’Unione abbia sperimentato.
Ma oggi non ci sono navi delle ong attive nel Mediterraneo.
Alan Kurdi, Open Arms, Sea-Watch 3 e Sea-Watch 4 sono in stato di fermo amministrativo. Tra l’altro, per quest’ultima, il fermo era stato sospeso dal Tar ma è stato appena ripristinato in seguito al ricorso della Guardia Costiera (Ministero dei Trasporti) in attesa del pronunciamento della Corte di Giustizia Ue.
La Ocean Viking è ferma per le due settimane di quarantena ad Augusta, dopo aver sbarcato 236 persone il primo maggio scorso.
La Mare Ionio è sotto sequestro, per via dell’inchiesta giudiziaria in corso. Dalla Spagna sono appena partite le navi Aita Mari e Sea-Eye 4, ma non ancora arrivate nel tratto di mare tra l’Italia meridionale e la costa settentrionale dell’Africa.
A voler essere più precisi, gli sbarchi sono aumentati pur in presenza di un aumento dei controlli e dei fermi amministrativi a carico delle navi delle ong negli ultimi anni, secondo quanto riportato da Paris Mou, organizzazione che coordina gli sforzi per stabilire standard comuni di navigazione per imbarcazioni che navigano in 27 paesi del mondo, tra cui Italia, Usa, Francia, Germania, Russia.
Ebbene, nel 2020 le procedure di ‘Port State control’ a carico della navi delle ong in Italia aumentano rispetto al 2019 e anche le contestazioni da parte delle autorità aumentano, a seguito dei controlli.
Si pensi che nel 2019 questa procedura fu messa in atto per la prima volta ad agosto, dopo lo sbarco della Open Arms a Porto Empedocle, la nave costretta a rimanere al largo per 19 giorni con il suo carico di naufraghi, per decisione dell’allora ministro dell’Interno Salvini, ora rinviato a giudizio per la vicenda.
Dunque, senza le solite polemiche da chiacchiericcio politico, si può serenamente concludere che le navi delle ong non sono “taxi del mare” utili ad attirare le partenze dalla Libia e a far brillare il sogno europeo per chi cerca di scappare da fame, guerre e miseria.
I dati sfatano il mito, per chi ci ha creduto, sgonfiano l’espressione coniata dall’attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ispiratrice della politica di Matteo Salvini e – va detto – degli Stati dell’Ue, tutt’oggi indisponibili a condividere con i paesi di frontiera le responsabilità dell’accoglienza.
Tant’è vero che, a quanto si apprende da Bruxelles, nessuno Stato europeo ha ancora risposto alla richiesta italiana di solidarietà per organizzare un sistema di redistribuzione almeno per l’estate.
Solo nel weekend i migranti arrivati in Italia sono stati tremila, di cui oltre 2 mila solo a Lampedusa. E continuano a morire in mare: e qui, come si sa, una stima precisa non c’è e non ci può essere. Troppi dispersi a fronte delle centinaia e centinaia di vittime per ogni naufragio, per ogni imbarcazione che non viene soccorsa in tempo.
Più che taxi, le navi delle ong meriterebbero il nome di ‘ambulanze’, strumenti di cui evidentemente non si può fare a meno in un mare che è diventato un deserto di menefreghismo.
Da una parte, gli Stati Ue che se ne lavano le mani. Dall’altra, l’assenza di istituzioni che gestiscano davvero il fenomeno in Libia, come ha detto ieri l’Alto commissario Onu per i rifugiati Filippo Grandi ieri al Parlamento Europeo: “I migranti intercettati dalla guardia costiera libica e riportati in Libia e finiscono in un sistema abusivo in cui tutto il resto non funziona o, peggio, si abusa delle persone. Non ci siamo. Questo non è giusto”.
(da Huffingtonpost)
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Maggio 11th, 2021 Riccardo Fucile
SURREALE RIUNIONE NOTTURNA
Chissà se Beppe Grillo pensa che anche i suoi parlamentari, onorevoli deputati e onorevoli senatori del Movimento 5 Stelle, siano caduti in uno stato di allucinazione. Quella per il Ponte sullo Stretto.
La stessa allucinazione che nove anni fa l’Elevato additò al resto del mondo, quando dopo la traversata a nuoto tra la Calabria e la Sicilia disse che il progetto del Ponte era “un’allucinazione mentale”. Forse l’Elevato dovrebbe pensarci perché quell’allucinazione è arrivata dentro al Parlamento. E l’hanno portata proprio i suoi che, come lui, hanno sempre osteggiato il Ponte. Con il titolo della grande opera in odore di mafia.
Dovrebbe pensarci anche in fretta perché i suoi hanno un’altra fretta e cioè parlare del Ponte. Più dei vaccini, delle riaperture e dei ristori. E questa non è un’allucinazione, ma un dato di fatto, anzi una riunione fissata alle nove di sera, con alcuni parlamentari che non solo vogliono mettersi lì a chiacchierare. Vogliono trasformare l’allucinazione nel Ponte.
E forse Grillo potrebbe ricordare ai suoi parlamentari che l’allucinazione di cui parlava nel 2012 si riferiva al progetto del Ponte a una campata. Una delle due opzioni di cui parleranno stasera i suoi, collegati su Zoom.
E poi ancora l’Elevato e i suoi, questa volta tutti insieme, dovrebbero ricordarsi che meno di un anno fa c’era qualcuno di importante a sostenere che non c’erano le condizioni per il Ponte e che bisognava collegare le due sponde con un tunnel sottomarino.
Quel qualcuno si chiama Giuseppe Conte, leader in pectore dei 5 stelle. Per rendere la discussione ancora più avvincente a sua volta Conte dovrebbe leggere la relazione di 158 pagine scritta dalla commissione dei tecnici istituita al ministero dei Trasporti quando lui era a palazzo Chigi.
In questa relazione c’è scritto che il tunnel sott’acqua non si può fare. Insomma una riflessione andrebbe fatta, ma iniziando dall’ammettere che sul Ponte si è fatta una capriola. Qualcuno che i 5 stelle li conosce più che bene – l’Associazione Rousseau di Davide Casaleggio – ha ricordato agli ex amici di avventura cosa si sosteneva anche nel 2016, e cioè il no al Ponte. Anche dietro quel memo (sul Ponte “c’è un’amnesia politica selettiva”) c’è l’evidenza della retromarcia M5s.
Infine i 5 stelle dovrebbero prendere atto che Mario Draghi a tutto pensa tranne che a rilanciare il Ponte. Non è stato inserito nel Recovery.
Non c’è un euro pronto per finanziare l’opera. Siamo al grande débat public dove tutti possono dire sì, no o forse, proporre soluzioni e azzoppare quelle degli altri, fare e disfare. La commissione ministeriale ha detto che ci sono “profonde motivazioni” per fare il Ponte, ma a parte gli echi di Forza Italia, di berlusconiana memoria, una parte dei 5 stelle e qualche sparuto sì tra il Pd, nessuno al Governo pensa che questa volta sia quella buona.
Non valeva la pena restare lucidi?
(da Huffingtonpost)
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Maggio 11th, 2021 Riccardo Fucile
L’ASSEMBLEA DEL M5S FINISCE CON LITIGI IN CHAT
L’apertura di Cancelleri alla realizzazione del viadotto sullo Stretto è l’ennesima giravolta di un movimento diventato partito. L’abiura delle origini, però, scontenta alcuni parlamentari, che si scatenano con i messaggi
«La posizione sul “no” alla Tav nasce e cresce in Piemonte, l’abbiamo seguita fino alla disfatta perché voi volevate così». «Francesco, ma che ca**o dici, è una delle primissime battaglie di Beppe».
Non è il botta e risposta di un talk show, non sono le dichiarazioni di esponenti di due partiti diversi.
Il primo messaggio è firmato Francesco D’Uva, deputato siciliano del Movimento 5 stelle, che con i suoi corregionali si dice possibilista sulla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina – quello stesso tratto di mare che Beppe Grillo attraversò a nuoto per evidenziare l’inutilità della grande opera -, il secondo è del senatore piemontese Alberto Airola. L’occasione di scontro è la chat di Zoom, piattaforma di videoconferenze usata dai grillini per riunirsi ai tempi del Covid.
«Sbattiamo fuori chi dice cazzate ed è pure al governo»: Cancelleri sotto attacco
Lo hanno fatto ieri per l’assemblea congiunta dei parlamentari 5 stelle di ieri, dove Giuseppe Conte non si è presentato. Ha tenuto il filo del discorso il reggente Vito Crimi, spiegando perché, secondo lui, Davide Casaleggio ha torto e il Movimento ha ragione sulla querelle dei dati degli iscritti, perché il tribunale di Cagliari ha preso un abbaglio ed è lui il legittimo rappresentante legale dei 5 stelle, perché i parlamentari devono versare quanto prima mille euro del proprio stipendio al Movimento. La sede fisica, nel centro di Roma, avrà un costo mensile di circa 15mila euro. In più bisognerà assumere e pagare i dipendenti che lavoreranno per la nuova segreteria.
Mentre Crimi aggiorna i parlamentari sul prosieguo dei lavori di rifondazione del Movimento, l’attenzione di deputati e senatori è posta su tutt’altro.
L’ex ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli lo dice apertamente: «Le parole di Cancelleri – circa il ponte sullo Stretto – sono inopportune». E quando Crimi rimanda la discussione sul tema a oggi, 11 maggio, giornata in cui si tiene un’altra assemblea con la presenza del sottosegretario grillino alle Infrastrutture, è nella chat di Zoom che infuria la lite. Alberto Airola, senatore piemontese, è furibondo: «Sbattiamo fuori chi dice cazzate ed è pure al governo».
Il riferimento è a Giancarlo Cancelleri: il sottosegretario del ministero di Enrico Giovannini, in un’intervista alla La Stampa, ha detto che il «ponte sullo Stretto sarà pronto in dieci anni, sarà a tre campate e ci passerà la ferrovia».
Cancelleri ha definito «simbolo di ripartenza» ciò che, un tempo, il partito del no alla Tav e alla Tap riteneva un’opera «inutile». Parola di Beppe Grillo che, parlando del ponte, scriveva sul suo blog: «Il M5s è riuscito, grazie a Virginia Raggi, a bloccare le irresponsabili Olimpiadi del 2024 a Roma, ma non siamo ancora riusciti a frenare gli appetiti malsani di chi vuole fare a tutti i costi grandi opere inutili con i soldi dei cittadini».
La chat dell’assemblea
Così, evitati ulteriori interventi verbali sull’affaire del ponte, la disputa si sposta nella chat di Zoom. «Per il Movimento il punto non si fa, punto – rilancia Airola -. È vergognoso che in un momento in cui l’Italia va a rotoli si parli di ponte sullo stretto». A questo punto, il tentativo di cassare la discussione viene fatto dalla senatrice Giulia Lupo: «Di ponte ne parliamo domani». E si scaldano gli animi: «Mi censuri?», chiede Airola, supportato dalla deputata calabrese Federica Dieni: «Ma di che si deve parlare Alberto, nasciamo “no ponte”. Non ci sarebbe neanche da parlare. A meno che qualcuno non abbia sbagliato posto, non vorrei essere io». Un altro calabrese, il senatore Giuseppe Auddino, manda l’emoji dell’applauso ad Airola.
Poi, però, interviene l’influente deputato messinese, Francesco D’Uva, a smorzare l’entusiasmo di Airola e dei parlamentari calabresi: «Noi seguiamo voi piemontesi sulla Tav. Voi seguite noi siciliani sul ponte».
E si apre il vaso di pandora della Tav, altra grande battaglia – persa – dal Movimento. «La Tav non è un argomento dei “piemontesi”, chi non lo sa venga che glielo spiego. Così, il ponte non è un argomento di siciliani o calabresi». D’Uva ribatte: «La posizione sulla Tav nasce e cresce in Piemonte, l’abbiamo seguita fino alla disfatta perché voi volevate così». Da questo punto in poi, la situazione degenera.
Tutti contro D’Uva
Apriti chat: torna a parlare Dieni e si aggiunge anche la senatrice piemontese Elisa Pirro, entrambe contro la posizione di D’Uva. La prima scrive: «Noi calabresi non lo vogliamo così come da programma del M5s. E con tutte le cose dette contro – il ponte – negli anni… soprattutto ora che diventiamo ancora di più per la transizione ecologica».
Pirro aggiunge: «Francesco, permettimi, ma sulla Tav parlano i dati e l’analisi costi benefici e non i “puntigli” dei piemontesi». E ancora Airola, nel tutti contro D’Uva: «Francesco, ma che cazzo dici, è una delle primissime battaglie di Beppe». D’Uva non cede e, sornione, afferma: «Sulle scelte che riguardano la Sicilia sono certo che ci ascolterete come noi abbiamo ascoltato voi».
Airola lo invita nuovamente a non dire «cazzate» e Dieni ironizza: «Francesco, sono scelte che riguardano anche la Calabria, almeno che non vogliate fare il ponte fino a Trieste». «Io sto dicendo che dovete far esprimere noi, è corretto ascoltare il territorio». I toni sembrano smorzarsi, Dieni scherza: «Reggio non vi vuole – per poi correggersi -. Vi vuole bene e vi accoglie ma con la nave». D’Uva saluta, senza rispondere all’ultima imbeccata di Airola: «Non è un problema dei siciliani ma proprio per nulla». Non ricevendo risposta, alle 22.20 spaccate, Airola si lascia sfuggire un «Vaffanculo», al quale D’Uva risponde mandando l’emoji di un bacio.
La caduta dei miti
E pensare che nove anni fa, quando aveva 64 anni, Grillo attraversò a nuoto lo Stretto di Messina. La traversata durò poco più di un’ora ma, nonostante il maestrale e la pioggia battente, il garante del Movimento riuscì nell’impresa che serviva a dimostrare anche l’inutilità del ponte sullo Stretto. E nel suo stile, Grillo raccontò così la giornata sul suo blog: «Questo è il terzo sbarco in Sicilia in 150 anni. Il primo fu Garibaldi che portò i Savoia, il secondo fu fatto dagli americani che portarono la mafia, il terzo sono io con il Movimento 5 stelle, ma né Garibaldi o Nino Bixio o Lucky Luciano sono arrivati in Sicilia a nuoto».
Nel 2009, durante uno spettacolo a teatro, Grillo disse: «Io sono a favore dei ponti perché uniscono, ma non si può unire la Calabria con la Sicilia: si stanno sui cogl***i da un milione di anni». E a parte l’ironia, in quella e in altre occasioni, Grillo ha ribadito il “no” al ponte sullo Stretto. Adesso, il gruppo parlamentare che risponde al suo simbolo si è spaccato proprio sul ponte: i parlamentari siciliani, in una nota congiunta, si dicono «aperti al confronto senza alcun pregiudizio ideologico». La più giovane deputata alla Camera, la siciliana Angela Raffa, dichiara: «Io sono favorevole. Sono passati 10 anni dalle battaglie “No Ponte” e, nel frattempo, il mondo è cambiato».
Non è solo il mondo a essere cambiato: anche il Movimento sta affrontando una trasformazione strutturale. È la caduta dei miti grillini, iniziata con il No Tav e che continua a macinare gli ideali del Movimento. Prima ancora che i 5 stelle nascessero, Grillo lottava affinché la Torino-Lione non si realizzasse. Nel 2018, quando il M5s si sedette al governo con la Lega, disse: «Mi sono beccato 4 mesi di condanna io per la Tav – garantendo che – la Tav non si farà. Dobbiamo finire questa analisi costi-benefici, ma sono certo che non si farà». E invece i lavori proseguono, con il parare positivo del parlamento. Stessa storia per la Tap, in Puglia. In questo caso fu Alessandro Di Battista a promettere: «In quindici giorni, se andiamo al governo, la fermiamo».
L’elenco delle battaglie sacrificate sull’altare del compromesso è lungo – si pensi ad Autostrade, ai Benetton, ad Alitalia – e non risparmia nessun esponente: Luigi Di Maio, prima del voto che portò il 48% dei consensi al Movimento a Taranto, promise una riconversione o una chiusura dell’acciaieria. Oggi, sono ancora tre gli altiforni in funzione nello stabilimento di Arcelormittal. Per tornare, però, alla questione ponte, sono indicative le parole che Grillo scrisse sul suo blog meno di sei anni fa: «La notizia della costruzione del ponte sullo Stretto di Messina è una presa per il cu*o che serve al Pd per avere un argomento di cui parlare ai talk show e coprire i suoi fallimenti quotidiani, alla mafia per aprire cantieri che non vedranno mai fine e che costerà altri centinaia di milioni ai cittadini assetati».
Oggi, con il Partito democratico, il Movimento sta studiando una sorta di alleanza strutturale. Ma non è questo il punto dell’articolo del garante 5 stelle. «Un’opera faraonica – scriveva ancora sul ponte – che non vedrà mai la luce, già costata circa 600 milioni ai contribuenti, per il quale tre anni fa il governo Monti stanziò 300 milioni per il pagamento delle penali per la “non” realizzazione del progetto. Secondo il piano economico approvato dal Cda della Stretto di Messina Spa il 29 luglio 2011 – proseguiva Grillo -, il costo complessivo dell’opera sarebbe di 8,5 miliardi, mezzo reddito di cittadinanza con cui il M5s salverebbe 10 milioni di italiani dalla fame e dalla disoccupazione». Anche sull’abolizione della povertà Grillo potrebbe essere smentito. Ma questo è un altro capitolo della parabola carpiata dei 5 stelle.
(da agenzie)
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Maggio 11th, 2021 Riccardo Fucile
“IO SONO EBREO MA LA POLITICA DI ISRAELE E’ SEGREGAZIONISTA E RAZZISTA”
In una intervista Moni Ovadia, commenta l’escalation di violenza in Medio Oriente che è sfociata in una lunga notte di bombardamenti tra Israele e la Striscia di Gaza: “La politica di questo governo israeliano è il peggio del peggio. Non ha giustificazioni, è infame e senza pari. Vogliono cacciare i palestinesi da Gerusalemme est, ci provano in tutti i modi e con ogni sorta di trucco, di arbitrio, di manipolazione della legge. E’ una vessazione ininterrotta che ogni tanto fa esplodere la protesta dei palestinesi, che sono soverchiamente le vittime, perché poi muoiono loro, vengono massacrati loro”.
“La politica di Israele è segregazionista, razzista, colonialista -scandisce l’attore, musicista e scrittore di origine ebraica- E la comunità internazionale è di una parzialità ripugnante. Tranne qualche rara eccezione, paesi come la Svezia e qualche paese sudamericano, non si ha lo sguardo per vedere che la condizione del popolo palestinese è quella del popolo più solo, più abbandonato che ci sia sulla terra perché tutti cedono al ricatto della strumentalizzazione infame della shoah”.
Moni Ovadia spiega ancora meglio: “Tutto questo con lo sterminio degli ebrei non c’entra niente, è pura strumentalizzazione. Oggi Israele è uno stato potentissimo, armatissimo, che ha per alleati i paesi più potenti della terra e che appena fa una piccola protesta tutti i Paesi si prostrano, a partire dalla Germania con i suoi terrificanti sensi di colpa”.
“Io sono ebreo, anch’io vengo da quel popolo -incalza l’artista- Ma la risposta all’orrore dello sterminio invece che quella di cercare a pace, la convivenza, l’accoglienza reciproca, è questa? Dove porta tutto questo? Il popolo palestinese esiste, che piaccia o non piaccia a Nethanyau. C’è una gente che ha diritto ad avere la propria terra e la propria dignità, e i bambini hanno diritto ad avere il loro futuro, e invece sono trattati come nemici”.
E sulle reazioni della comunità politica internazionale e in particolare dell’Italia, Ovadia è netto: “Ci sono israeliani coraggiosi che parlano, denunciano -affonda- Ma la comunità internazionale no, ad esempio l’Italia si nasconde dietro la sua pavidità, un colpo al cerchio e uno alla botte. Ci dovrebbe essere una posizione ferma, un boicottaggio, a cominciare dalle merci che gli israeliani producono in territori che non sono loro”.
La pace “si fa fra eguali, non è un diktat come vorrebbero gli israeliani -conclude Moni Ovadia- Io non sono sul foglio paga di nessuno, rappresento me stesso e mi batto contro qualsiasi forma di oppressione, è il mio piccolo magistero. Sono con tutti quelli che patiscono soprusi, sopraffazioni e persecuzioni e questo me l’ha insegnato proprio la storia degli ebrei. Io sono molto ebreo, ma non sono per niente sionista”.
(da Globalist)
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Maggio 11th, 2021 Riccardo Fucile
CONSIDERANDO LE FORNITURE DELLE PROSSIME SETTIMANE (3 MILIONI DI DOSI OGNI 7 GIORNI) NON CI SARA’ ALCUN INCREMENTO
Circa tre milioni di dosi consegnate a settimana. Che vorrebbe dire una media al di sotto delle 450mila somministrazioni al giorno.
Bastano questi due numeri per capire che al momento ipotizzare un’accelerazione per la campagna vaccinale è tutt’altro che facile. Almeno fino alla fine di maggio.
Poi, probabilmente, un reale aumento delle somministrazioni potrebbe arrivare a giugno, quando l’obiettivo del commissario straordinario per l’emergenza Coronavirus, Francesco Paolo Figliuolo, è quello di raggiungere la cifra di un milione di somministrazioni al giorno. Per ora, però, bisogna fare i conti con le forniture.
E le dosi disponibili non sembrano essere tantissime, almeno per le prossime tre settimane. Da qui alla fine di maggio/inizio di giugno l’Italia dovrebbe ricevere, mediamente, circa 3 milioni di dosi a settimana. Se dovesse riuscire a somministrarle tutte – considerando che da parte ci sono quasi altre tre milioni di dosi di scorta – saremmo comunque a un livello persino più basso di quello dell’ultima settimana.
Questa settimana l’Italia riceverà circa 3 milioni di dosi, di cui circa 2,1 milioni di Pfizer e altre 900mila tra AstraZeneca, ma anche – in maniera ridotta – Moderna e Johnson & Johnson.
Consultando i dati disaggregati messi a disposizione dal governo, si può vedere come nella precedente settimana – dal 2 all’8 maggio (ultimo giorno in cui sono arrivate nuove consegne) – le dosi ricevute sono state 2,6 milioni. Contro le 4,9 milioni della settimana dal 25 aprile all’1 maggio e le 2,5 milioni della settimana 18-24 aprile.
Per provare a capire quante dosi arriveranno nelle prossime settimane, comunque, i dati certi sono pochi. Finora a maggio sono state consegnate 4,7 milioni di dosi: quelle previste, per tutto il mese, sono tra i 15 e i 17 milioni, come confermato a Fanpage.it dalla struttura commissariale. Il che vuol dire che mancano circa 12 milioni di dosi (nell’ipotesi in cui arrivino tutte).
Le 12 milioni di dosi rimanenti per maggio dovrebbero arrivare nelle restanti settimane di maggio: tre milioni tra oggi e il 16 maggio, altre tre tra il 17 e il 23, altrettante tra il 24 e il 30 e le ultime tre milioni di dosi nella settimana a cavallo tra fine maggio e inizio giugno.
Di fatto parliamo di circa 3 milioni di dosi a settimana, almeno di media, per quasi un altro mese. Il che vuol dire che fino a inizio giugno l’accelerata è impossibile.
Una certezza che viene da un dato: l’Italia nell’ultima settimana ha somministrato poco meno di 3,2 milioni di dosi, il record finora in sette giorni. Ma si tratta di un ritmo che nella migliore delle ipotesi potrà solo essere confermato, mentre un’accelerazione sembra da escludere.
Quanti vaccini riesce a somministrare l’Itali
Se guardiamo ai dati della settimana che va dal 30 aprile al 6 maggio, l’Italia ha somministrato in totale poco meno di 3,2 milioni di dosi, con una media giornaliera intorno alle 450mila inoculazioni di vaccino anti-Covid al giorno.
Una cifra al di sotto anche delle previsioni per metà aprile, quando il governo si si augurava di raggiungere le 500mila dosi al giorno.
Guardando gli ultimi dati si registrano 375mila dosi somministrate domenica 9 maggio, 498mila sabato 8 maggio, 530mila venerdì 7 maggio e 508mila giovedì 6 maggio.
Cifre che, ricevendo circa 3 milioni di vaccini al giorno, non sembrano poter essere incrementate almeno fino a inizio giugno, quando si prevede un raddoppio delle consegne di Pfizer. Raddoppio che secondo alcune fonti potrebbe avvenire dal 3 giugno, ma che in realtà non ha ancora una data precisa, come confermano dalla struttura commissariale.
Le scorte: Italia conserva circa 10% dosi in magazzino
L’unico modo che avrebbe l’Italia per accelerare nella campagna vaccinale prima di giugno, quindi, è quello di attingere alle scorte. Al momento nei magazzini ci sono circa 2,9 milioni di dosi, corrispondenti a poco più del 10% del totale delle dosi somministrate: gli ultimi dati mostrano infatti un 89,4% di dosi somministrate sul totale di quelle consegnate.
Vaccini che potrebbero, se utilizzati tutti, portare alla somministrazione di circa 700mila dosi in più a settimana fino a inizio giugno. Un’ipotesi che sembra, però, da scartare, perché la raccomandazione del commissario Figliuolo è quella di mantenere circa il 10% di scorte a scopo precauzionale, per evitare una carenza di vaccini per chi deve effettuare il richiamo.
E il 10%, ad oggi, corrisponde più o meno a tre milioni di dosi che l’Italia continuerà, presumibilmente, a conservare. Il che conferma, ancora una volta, che sarà praticamente impossibile somministrare più di 3 milioni di dosi (o poco più) a settimana, stando alle previsioni sulle consegne. La campagna vaccinale, quindi, potrà proseguire al ritmo attuale, ma non andare più veloce, almeno fino a inizio giugno.
(da Fanpage)
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Maggio 11th, 2021 Riccardo Fucile
RISPETTO AI PAESI SCANDINAVI VICINI DATI DISASTROSI
La Svezia ha superato qualche giorno fa, esattamente il 6 maggio, la soglia del milione di contagi Covid dopo un anno in cui il suo modello di gestione della pandemia, all’insegna del no lockdown, ha fatto molto discutere.
Nel Paese del Nord Europa, su una popolazione di circa 10 milioni di abitanti, che unico in tutto il Vecchio Continente non ha mai introdotto veri e blocchi ma solo misure più o meno restrittive qualche mese fa, i casi di Coronavirus diagnosticati sono 1,01 milioni, e i decessi 14,173 in totale.
“In Svezia ora abbiamo il numero più alto di casi per 100.000 abitanti in Europa, la diffusione dell’infezione è molto alta in questo momento e varia da regione a regione”, ha detto in una conferenza stampa Karin Tegmark Wisell, microbiologa presso l’Agenzia svedese per la sanità pubblica.
Ed infatti, le tre regioni più grandi della Svezia, e cioè Stoccolma, Västra Götaland e Skåne, la scorsa settimana hanno fatto registrare tassi di incidenza a 14 giorni rispettivamente di 681, 590 e 601 ogni 100mila abitanti.
Wisell ha però sottolineato che si tratta di una tendenza al ribasso, come nel resto d’Europa, anche grazie alla campagna di vaccinazione, che ha permesso di immunizzare circa il 10% della popolazione con la seconda dose.
Come è noto, il Paese scandinavo non ha mai imposto un vero e proprio lockdown come hanno fatto altri paesi europei, contando per lo più su misure non coercitive. Tuttavia, con l’aumentare dei casi lo scorso autunno, ha gradualmente inasprito le restrizioni a partire da novembre, compreso il divieto di vendita di alcolici dopo le 20:00 e di riunioni con più di otto persone.
Da marzo, anche i caffè, i bar e i ristoranti devono chiudere entro le 20:30, ma sono sempre rimasti aperti i negozi non essenziali, così come le scuole, sebbene le regole siano diverse da regione a regione.
Il tasso di mortalità pro capite di Stoccolma è, infatti, molto superiore a quello dei suoi vicini nordici
Per avere un’idea di ciò, basti considerare che mentre in Svezia sono stati registrati 1,403 morti cumulativi per milione di abitanti, nella vicina Finlandia ne sono stati 166 e in Norvegia 141.
Secondo dati Eurostat, riferiti dall’agenzia di stampa Reuters, la Svezia ha avuto il 7,7% di morti in più nel 2020 rispetto alla media dei quattro anni precedenti, una cifra inferiore rispetto a 21 dei 30 paesi esaminati, ma tuttavia superiore ai paesi vicini: la Danimarca ha registrato solo l’1,5% di mortalità in eccesso e la Finlandia l’1,0%.
Ed anche l’economia, se comparata con gli altri Paesi del Nord Europa, non ha molto beneficiato. La variazione annuale del Prodotto interno lordo per il 2020 è stata del -3,1%, di contro al -2,8% della Finlandia e al -2,5% della Norvegia.
(da Fanpage)
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Maggio 11th, 2021 Riccardo Fucile
L’INTERVENTO DOPO IL PARERE DEL CTS CHE ALLUNGA I TEMPI DI SOMMINISTRAZIONE DELLE SECONDE DOSI
“Il vaccino è stato studiato per una seconda somministrazione a 21 giorni. Dati su di un più lungo range di somministrazione al momento non ne abbiamo se non nelle osservazioni di vita reale, come è stato fatto nel Regno Unito. E’ una valutazione del Cts, osserveremo quello che succede. Come Pfizer dico però di attenersi a quello che è emerso dagli studi scientifici perché questo garantisce i risultati che hanno permesso l’autorizzazione”.
Lo ha detto a Sky TG24 Valeria Marino, direttore medico di Pfizer Italia commentando l’allungamento a 5 settimane della finestra per la somministrazione della seconda dose.
Un parare arrivato dopo il pressing della struttura commissariale guidata dal generale Francesco Paolo Figliuolo. Allungare i tempi del richiamo permette, infatti, di avere più vaccini a disposizione e, quindi, di allargare la platea delle persone coperte dalla prima dose.
Si tratta di una scelta simile a quella dell’Inghilterra, ma presa in ritardo.
(da agenzie)
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Maggio 11th, 2021 Riccardo Fucile
LA DEPUTATA NEGAZIONISTA SARA CUNIAL INDAGATA AD AOSTA PER OLTRAGGIO E MINACCE A PUBBLICO UFFICIALE
Sara Cunial, deputata ex MoVimento 5 Stelle ora nel gruppo misto, è indagata dalla procura di Aosta. Nel mirino dei magistrati la manifestazione del 24 aprile scorso in piazza Chanoux contro le misure restrittive imposte dalla pandemia da Covid-19. In particolare per l’abolizione della Didattica a distanza nelle scuole. Con lei sotto indagine c’è anche Luca Vesan, promotore dell’evento.
Cunial, scrive l’agenzia di stampa Ansa, è indagata per rifiuto a fornire le generalità, oltraggio e minaccia a pubblico ufficiale. Vesan per aver offeso l’onore e il prestigio del Presidente della Repubblica e per vilipendio nei confronti del presidente del Consiglio dei Ministri e del ministro della Sanità.
Secondo gli inquirenti la deputata Cunial, insieme ad altre persone, si trovava davanti ad una birreria in via Gramsci. Quando i finanzieri le hanno chiesto di sciogliere l’assembramento, ha iniziato a inveire contro di loro, rivendicando l’immunità parlamentare e rifiutandosi di fornire le proprie generalità. Vesan, invece, è accusato di aver rivolto insulti e frasi offensive verso gli esponenti del Governo dal palco della manifestazione.
Nata a Roma da una famiglia di origini venete, l’ex deputata del Movimento fa oggi parte del gruppo misto. Classe 1979, era già stata sospesa nel 2018 dai pentastellati per le sue posizioni contro i vaccini prima del definitivo allontanamento nell’aprile del 2019. Nel settembre 2020 torna a far discutere per le sue posizioni sul coronavirus. Nel settembre 2020 è tornata a far parlare di sé per le sue posizioni riguardo al coronavirus. In particolare, dopo aver provato ad abbracciare e baciare il giornalista Daniele Piervincenzi di Piazzapulita durante una manifestazione negazionista a Padova. La donna non indossava la mascherina.
(da agenzie)
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Maggio 11th, 2021 Riccardo Fucile
LA DAMA SOVRANISTA E’ MOLTO ATTIVA SUI SOCIAL
Lei è un personaggio molto attivo sui social dove viene definita la ‘dama sovranista’.
Un personaggio controverso che attraverso il suo account diffonde la narrazione tipica sovranista che tende a vedere nei migranti e di chi non li combatte abbastanza la causa di tutti i mali.
C’è anche ‘l’influencer’ Francesca Totolo, collaboratrice del Primato Nazionale, tra i perquisiti nell’indagine per minacce a offese al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella che conta undici indagati.
I carabinieri del Ros del Reparto Anticrimine, coordinati dal procuratore capo Michele Prestipino con i pm Eugenio Albamonte e Gianfederica Dito, hanno eseguito le perquisizioni con il supporto dei comandi Provinciali Carabinieri di Roma, Latina, Padova, Bologna, Trento, Perugia, Torino e Verbania.
Per gli indagati l’accusa è di offesa all’onore e al prestigio del presidente della Repubblica e istigazione a delinquere.
(da agenzie)
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