Maggio 6th, 2021 Riccardo Fucile
NON SI SCHIERA APERTAMENTE CON BIG PHARMA MA E’ MOLTO FREDDO SULLA PROPOSTA BIDEN… E TI PAREVA CHE NON SI SCHIERASSE CON GLI INTERESSI DELLA FINANZA
Sono le quattro di pomeriggio quando Mario Draghi rompe il silenzio sulla svolta di Joe Biden. Con una dichiarazione più che striminzita: “I vaccini sono un bene comune globale. È prioritario aumentare la loro produzione, garantendone la sicurezza, e abbattere gli ostacoli che limitano le campagne vaccinali”.
Dal sì degli Stati Uniti alla sospensione dei brevetti per i vaccini anti Covid sono passate diciotto ore.
Ma soprattutto la dichiarazione del premier arriva dopo che si sono espressi tutti i leader europei (tranne Angela Merkel e questo è un elemento tutt’altro che irrilevante). C’è chi, come la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, è stato più morbido nei toni e chi come Emmanuel Macron si è dato a dichiarazioni di giubilo. Ma al di là delle sfumature tutti hanno aperto e tutti hanno parlato di Usa e di brevetti. Draghi no. Non ha citato gli Stati Uniti, né i brevetti. E non è un caso.
Non è la prima volta che Draghi interviene per ultimo o quasi rispetto ai colleghi europei. È successo con il caso AstraZeneca, ma anche con la Super League di calcio. Ma non è mai successo che il premier scegliesse una posizione più che soft, assai meditata, assai diplomatica.
Attentissima a non schierarsi tra i fan della svolta americana ma nemmeno a posizionarsi nella tribuna opposta, quella delle Big Pharma che si sono scagliate contro l’amministrazione Biden.
Non per questo il premier non ha preso una sua posizione. Chi ha avuto modo di parlargli racconta che ha voluto spostare il baricentro della discussione, portandola a concentrarsi sull’obiettivo da raggiungere – una maggiore produzione di vaccini – più che sul come. E già questo è un posizionamento, il posizionamento di Draghi.
É evidente che la dichiarazione, come confermano fonti di palazzo Chigi, nasce dalla discussione del giorno, cioè la decisione dell’amministrazione Biden. Il contenuto, due righe e mezza, potrebbero infatti apparire estraneo al dibattito.
Draghi avrebbe potuto fare questa dichiarazione anche tre giorni fa invece che un mese fa dato che non ci sono riferimenti alla mossa annunciata alle nove e mezza di sera (ora italiana) dalla rappresentante del commercio degli Stati Uniti Katherine Tai.
Ma è il non detto – meglio il non scritto visto che si tratta di una dichiarazione affidata a un comunicato stampa – a dire. Così come Tai ha sottolineato che l’obiettivo è ottenere “il maggior numero possibile di vaccini sicuri ed efficaci per il maggior numero di persone il più rapidamente possibile”, così anche Draghi ha sottolineato che è “prioritario” aumentare la produzione e garantire “la sicurezza” dei vaccini stessi. Ma come spiegano fonti di Governo il premier non ritiene che il superamento dei brevetti sia la questione centrale.
I principi che sono alla base della svolta di Biden sono più che condivisibili da parte di Vaccini sicuri significa anche andare incontro o comunque non escludere le ragioni delle Big Pharma.
Tra l’altro anche in Italia il premier non può ignorare le ragioni di chi è impegnato in prima linea sulla produzione. E Farmindustria è andata giù pesante, dicendosi preoccupata per la mossa di Biden
Ma è soprattutto l’assenza del termine “brevetti” a smarcare Draghi dall’arroccamento sulle posizioni di Biden. E poi ci sono ragioni politiche che travalicano il portone di palazzo Chigi e arrivano fino a Berlino. Merkel ha parlato dopo Draghi e ha reagito con forte scetticismo alla mossa di Washington. “Il suggerimento degli Stati Uniti di revocare la protezione dei brevetti per i vaccini Covid-19 ha implicazioni significative per la produzione dei vaccini nel suo complesso”, ha affermato una portavoce dell’esecutivo di Berlino, sottolineando che “la protezione della proprietà intellettuale è una fonte di innovazione e deve rimanere tale nel futuro”.
Quello di Draghi non è uno scetticismo dichiarato come quello della Cancelliera, ma non per questo i due non sono vicini. Anzi.
Anche il precedente del caso AstraZeneca è lì a ricordare come Roma non ha abbandonato Berlino su una posizione che rischiava di essere solitaria e quindi emarginata in Europa. Per ora Draghi ha sfumato, ma nel fine settimana ne riparlerà insieme ai leader europei al summit di Oporto, dove saranno più chiare le posizioni rispetto alla scelta degli Stati Uniti.
Tra l’altro il tema è questione anche interna. Prima di Draghi una parte importante della maggioranza, dal Pd ai 5 stelle, passando per LeU, si sono lanciati in dichiarazioni di entusiasmo verso Biden. E fonti dem, ma anche di LeU, hanno tirato fuori il testo approvato a marzo dal Senato, dove si chiede all’Europa di promuovere una deroga alle regole sui brevetti e su altri diritti di proprietà intellettuale.
La Lega, invece, è rimasta silente. Fonti del Carroccio dicono che questa volta “c’è piena sintonia” con Draghi e che non era necessario aggiungere altro alle parole del premier. A quelle poche parole che però dicono tanto.
(da Huffingtonpost)
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Maggio 6th, 2021 Riccardo Fucile
LA LIBIA PARLA DI “COLPI DI AVVISTAMENTO IN ARIA”: IL COMANDANTE DEL PESCHERECCIO FERITO SI VEDE CHE VOLAVA… L’ARMATORE: “CI DEVE SCAPPARE IL MORTO PRIMA CHE IL GOVERNO INTERVENGA?”
Raggiunti dai colpi di mitragliatrice di una motovedetta militare libica, che hanno ferito anche uno dei comandanti, Giuseppe Giacalone.
Ma dalla Libia fanno sapere che non si trattava di spari “contro” le imbarcazioni, ma di “colpi di avvertimento in aria” diretti a mezzi non autorizzati.
Cresce la tensione tra Italia e Libia, dopo che tre pescherecci italiani (Artemide, Aliseo e Nuovo Cosimo) sono diventati bersaglio dei libici a 35 miglia nautiche dalla costa al largo di Misurata. Giacalone era al timone dell’Aliseo ed è stato ferito a un braccio, mentre i tre mezzi sono stati poi raggiunti dalla fregata Libeccio della Marina militare italiana.
“Inconcepibile quel che è accaduto oggi. Solidarietà al comandante del peschereccio italiano e non ci si potrà accontentare di scuse o vaghe spiegazioni”, ha scritto su Twitter il segretario del Pd Enrico Letta
Dai banchi di Italia Viva, il capogruppo al Senato Davide Faraone chiede a Tripoli di chiarire e scusarsi e aggiunge: “Prima il sequestro e la prigionia – scrive riferendosi ai 18 pescatori rimasti per 108 giorni nelle mani degli uomini di Haftar e rientrati in Italia a dicembre -, adesso addirittura i colpi di mitra. Se l’incolumità di cittadini italiani che svolgono il loro lavoro viene messa in pericolo lo stato ha il dovere di intervenire e proteggerli”.
Il deputato di Leu Erasmo Palazzotto sollecita invece il governo a riferire “con urgenza in aula” e a spiegare “se a sparare è stata la stessa guardia costiera libica che il Presidente del Consiglio ha ringraziato qualche giorno fa per le deportazioni quotidiane di migranti e se lo ha fatto utilizzando una delle motovedette che gli abbiamo regalato. Dopo questo ennesimo e gravissimo episodio, occorre sospendere immediatamente la missione di supporto alla guardia costiera libica”.
Il riferimento di Palazzotto è alle dichiarazioni di Draghi nel corso della sua visita a Tripoli, dove all’omologo libico Abdel Hamid Mohamed Dbeibeh aveva detto che l’Italia è “soddisfatta dei salvataggi in mare della Libia”.
Un’uscita che gli è già costata diverse critiche visti i numerosi episodi di violenza da parte della Guardia Costiera di Tripoli e in special modo all’interno dei centri di reclusione dove i naufraghi vengono sistematicamente riportati e dove si continuano a registrare episodi di tortura e uccisioni.
La Marina libica: “No spari, ma colpi di avvertimento”
Ma le autorità marittime libiche smentiscono un intenzionale tentativo di attacco, specificando che si è trattato invece di un avvertimento per fermare imbarcazioni da pesca che a suo dire avevano sconfinato nelle loro acque territoriali.
“Non ci sono stati colpi esplosi contro imbarcazioni, ma colpi di avvertimento in aria”, ha detto al telefono il commodoro Masoud Ibrahim Abdelsamad, portavoce della Marina libica. “Quando i pescherecci arrivano, la nostra guardia costiera prova a fermarli”, ha aggiunto il portavoce promettendo maggiori dettagli in serata e insistendo nel sostenere che “non ci sono stati spari diretti contro l’imbarcazione”.
La nota della Marina italiana
La Marina precisa che “la fregata Libeccio della Marina militare, impegnata nell’Operazione Mare Sicuro, è intervenuta nelle prime ore pomeridiane di oggi in assistenza ad un gruppo di 3 pescherecci italiani (Artemide, Aliseo e Nuovo Cosimo) intenti in attività di pesca nelle acque della Tripolitania all’interno della zona definita dal Comitato di Coordinamento Interministeriale per la Sicurezza dei Trasporti e delle Infrastrutture “ad alto rischio” (a circa 35 miglia nautiche dalla costa libica, a nord della città di Al Khums)”. “L’intervento – si legge – si è reso necessario per la presenza di una motovedetta della Guardia Costiera libica in rapido avvicinamento ai motopesca italiani”. – “Nave Libeccio, che al momento della segnalazione si trovava a circa 60 miglia dalla scena d’azione, ha diretto verso i motopesca alla massima velocità ed ha mandato in volo l’elicottero di bordo, il quale giunto in area ha preso contatto radio con il personale della motovedetta“. “Per verificare la situazione, è stato inoltre immediatamente dirottato in zona un velivolo da ricognizione della Marina Militare P-72, il quale riporta d’aver assistito ad alcuni colpi d’arma da fuoco di avvertimento da parte della motovedetta libica”.
“La fregata Libeccio, giunta in prossimità dei motopesca, ha ricevuto notizia della presenza di un marittimo del motopesca Aliseo ferito ad un braccio”
Il sindaco di Mazara del Vallo: “Lo Stato italiano deve proteggere gli italiani”
Ma su quanto avvenuto al largo della Libia interviene il sindaco di Mazara del Vallo (Trapani) Salvatore Quinci: “Era tutto prevedibile, ne parliamo da giorni qui – ha detto -. Qua la questione è sempre la stessa. Adesso ci dicano se dobbiamo andarcene ma lo Stato Italiano deve proteggere gli italiani, l’Italia si faccia sentire. Subito”. Marco Marrone, l’armatore del peschereccio Medinea, sequestrato dai libici per 108 giorni, si domanda se debba scappare “il morto per fare intervenire il Governo”, visto che “le barche non sanno più dove andare, sono tutte ammassate in uno specchio di mare tra Malta e Lampedusa, anche la mia”.
Su quanto accaduto in Libia spiega che “rischiano ogni giorno la vita – spiega – Ora hanno colpito il comandante e lo hanno ferito, spero non serva il morto per fare intervenire definitivamente il governo”.
Marrone sollecita poi “un accordo europeo al più presto, oppure il governo deve mettere una vigilanza. È l’unica soluzione, senza accordo europeo non cambia nulla”. “Dobbiamo lavorare in zone sicure -conclude -le barche sono tutte concentrate in uno stesso punto”.
(da agenzie)
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Maggio 6th, 2021 Riccardo Fucile
“SE NON LO FA, CHIEDEREMO L’INTERVENTO DEL GARANTE PRIVACY”
“Davide Casaleggio per legge è obbligato a consegnare i dati degli iscritti al Movimento, che ne è l’unico e legittimo titolare”. Dopo aver evitato il più possibile lo scontro frontale e falliti tutti i tentativi di mediazione, Giuseppe Conte ha deciso di lanciare il suo ultimatum al presidente dell’associazione Rousseau.
Intervistato da Repubblica, l’ex presidente del Consiglio ha chiesto pubblicamente al figlio del cofondatore M5s l’elenco degli iscritti che ancora oggi si rifiuta di consegnare. “Su questo c’è poco da scherzare, perché questi vincoli di legge sono assistiti da solide tutele, civili e penali”, ha detto. Di questo il neo leader ha parlato ieri sera con alcuni degli esponenti M5s più fidati: lo stallo imposto dall’associazione Rousseau non è più sostenibile e ora bisogna passare all’azione.
Casaleggio circa dieci giorni fa ha annunciato la separazione del Movimento e, non riconoscendo il nuovo leader perché non eletto dalla piattaforma, si sta opponendo alla condivisione delle informazioni sugli iscritti al M5s. Per questo, ha annunciato l’ex premier, i 5 stelle in assenza di un accordo sono pronti a ricorrere alle strade legali. E innanzitutto, ha detto Conte, “chiederemo l’intervento del garante della Privacy e ricorreremo a tutti gli strumenti per contrastare eventuali abusi. Non si può fermare il Movimento, la prima forza politica del Parlamento”. Proprio lo scontro con Casaleggio sta rallentando il processo di investitura di Conte e la rigenerazione del M5s: “Abbiamo predisposto tutto per partire. Siamo pronti. Questa impasse sta solo rallentando il processo costituente, ma certo non lo bloccherà. Verrà presto superata, con o senza il consenso di Casaleggio“, ha chiuso Conte.
Le tensioni interne si trascinano da settimane. L’ultima puntata risale a ieri mercoledì 5 maggio: il tribunale di Cagliari ha respinto il ricorso di Vito Crimi che si era opposto alla nomina di un curatore legale nell’ambito del procedimento sull’espulsione della consigliera regionale Carla Cuccu. Secondo Davide Casaleggio e l’associazione Rousseau è stata la dimostrazione che il Movimento non ha una capo politico e chiunque si presenta come tale è illegittimo. Una versione respinta dai vertici che invece, dispositivo della sentenza alla mano, sostengono che la decisione dei giudici di Cagliari è relativa al singolo processo. Ma questo è solo uno dei fronti aperti. Rimane il fatto che Giuseppe Conte vuole far passare la sua leadership da un voto online e prima ancora di sciogliere il nodo della nuova piattaforma bisogna trovare un accordo con Davide Casaleggio per riavere i dati degli iscritti. Altrimenti si dovrà ricominciare tutto da capo. Ma una riconciliazione è ancora possibile? Questa rimane la strada meno probabile. L’associazione Rousseau chiede che il Movimento saldi un debito arretrato di mancate restituzioni pari a 450mila euro, ma i vertici M5s la ritengono una cifra inaccettabile. Per questo c’è stato lo strappo e impossibile sembra poter ricucire.
Intanto gli esponenti del Movimento 5 stelle si schierano con Conte e fanno pressing su Rousseau affinché l’elenco degli iscritti venga ceduto al M5s: “Come esponente del Movimento 5 stelle e iscritto che ha pagato regolarmente le quote Rousseau”, ha detto a SkyTg24 il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, “credo di aver diritto ad esprimere il mio voto per Giuseppe Conte su una piattaforma o su un’altra. Il Movimento ha il diritto di utilizzare i dati relativi ai propri iscritti”.
Tra i primi a commentare anche il sottosegretario M5s all’Interno Carlo Sibilia: “Ritengo che questo braccio di ferro di Rousseau non faccia bene a nessuno”, ha scritto in una nota. “A causa di questa contesa sono bloccati ben 7,5 milioni di euro accantonati, frutto dei tagli degli stipendi dei parlamentari M5s”. Risorse che potrebbero essere subito destinate all’emergenza Covid ed alle imprese in difficoltà. Per questa diatriba è bloccata la rifondazione del MoVimento 5 Stelle avviata da Giuseppe Conte: e parliamo di una delle principali forze politiche del Paese. Questo susseguirsi di provocazioni da parte dell’associazione deve terminare il prima possibile, si chiuda un accordo nel miglior modo possibile e ognuno vada per la propria strada. Dobbiamo pensare a gestire la crisi pandemica e quella economica che ne deriva, non certo a Rousseau”.
(da agenzie
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Maggio 6th, 2021 Riccardo Fucile
IL DISAGIO DEI GIOVANI: “COSTA PIU’ IL TAMPONE DEL TRENO”
Dal 15 maggio arriva in Italia il green pass: sarà possibile spostarsi da una regione all’altra, anche arancione o rossa, dimostrando di aver ricevuto il vaccino, di essere guariti dal Covid o presentando un tampone, molecolare o rapido, effettuato nelle 48 ore precedenti.
Non saranno validi, invece, quelli fai da te, come i test sierologici venduti da farmacie e addirittura da supermercati al costo di circa 19 euro.
Un green pass che, di fatto, discrimina i giovani: nella stragrande maggioranza dei casi nessuno di loro ha ricevuto il vaccino o è in possesso di una certificazione che possa dimostrare, nero su bianco, la guarigione. Molti, ad esempio, hanno scoperto in un secondo momento di aver contratto il virus, altri non se ne sono proprio accorti.
«Costa più il tampone che il treno»
Allora l’unica alternativa resta quella del tampone. Ma quanto costa? È giusto che a pagarlo siano i giovani, soprattutto studenti (dunque a carico dei genitori) o lavoratori (con stipendi medi bassi)? «Non possiamo permetterci di spendere 50 euro per un tampone. A quel punto meglio restare a casa. Con quei soldi facciamo la spesa. Pagheremmo così più il tampone che il treno, questo è un vero e proprio ostacolo al viaggiare», ci dicono alcuni giovani in attesa del tampone gratuito della Croce Rossa alla stazione centrale di Milano.
Le soluzioni ci sono
Qualche soluzione, in realtà, c’è. A Milano e Roma, almeno nelle stazioni centrali dove si sono recate le telecamere di Open, sono stati previsti due punti per i tamponi gratuiti, gestiti da Croce Rossa (il cui obiettivo è estendere gli screening nelle stazioni ferroviarie di tutte le principali città italiane, da Bologna a Torino, da Bari a Napoli, ndr). Costo del tampone? Zero euro ma – almeno oggi – la fila era lunga, l’attesa tanta. A Catania, invece, è sempre rimasto operativo l’ex Mercato ortofrutticolo in cui vengono effettuati tutti i giorni i tamponi rapidi senza prenotazione e a costo zero. Dalla mattina al tardo pomeriggio, con la formula drive-in.
A volerlo comprare, un tampone rapido, effettuato dal farmacista, può costare anche 26 euro a Milano, 15 in Sicilia. Una cifra tutto sommato sostenibile anche se, confrontata al costo di treni e aerei, può sembrare molto alta.
Se in Lombardia i test rapidi costano spesso oltre i 30 euro, in Emilia-Romagna no: si fermano a 15 sia per il rapido che per il sierologico. Ed è addirittura gratuito (una volta al mese) nelle farmacie della Toscana per studenti delle superiori, relativi genitori, fratelli e sorelle, ma anche studenti universitari.
(da Open)
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Maggio 6th, 2021 Riccardo Fucile
FALLISCE IL TENTATIVO DELLA LEGA DI FAR VOTARE UN TESTO ALTERNATIVO
Quello che ha come primo firmatario il deputato del Pd Zan sarà l’unico testo all’esame del Senato
La maggioranza si divide sul disegno di legge che ha come primo firmatario il deputato del Pd Alessandro Zan: i senatori della commissione Giustizia hanno approvato l’esame disgiunto tra il Ddl e altri provvedimenti analoghi, e deciso che la discussione sarà esclusivamente sul disegno di legge contro l’omotransfobia che porta il nome di Zan e non su testi alternativi, come quello del centrodestra elaborato negli ultimi giorni e depositato poche ore fa.
Con 12 voti a favore e nove contrari, la seconda commissione di Palazzo Madama ha votato affinché il Ddl Zan arrivi in aula, al Senato, separato da altre quattro proposte – due del M5s, una del Pd e una delle Autonomie – che erano state accorpate e calendarizzate la scorsa settimana.
La discussione nell’organismo presieduto dal senatore leghista Andrea Ostellari sarebbe stata particolarmente animata: le forze di centrodestra premevano per un esame congiunto e per attendere la nuova proposta annunciata dalle forze di centrodestra che fanno parte del governo Draghi.
«Non credo che sui diritti si possano fare passi indietro. Dobbiamo fare tutto il possibile per portare il Ddl Zan in Aula il prima possibile», ha commentato su Twitter il senatore Dem Andrea Marcucci, ex capogruppo a Palazzo Madama del Pd.
«Dopo un’ora di lunga discussione sulla mia proposta di disgiungere gli altri quattro Ddl dal disegno di legge Zan, finalmente abbiamo votato e ottenuto la disgiunzione», ha aggiunto all’Adnkronos Alessandra Maiorino, senatrice del M5s e membro della commissione Giustizia di Palazzo Madama.
(da agenzie)
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Maggio 6th, 2021 Riccardo Fucile
VIVE A RIESI, IN SICILIA: DA 74 GIORNI ATTENDE LA DATA DI CONVOCAZIONE
Attilio Gerbino aspetta da 74 giorni che gli venga comunicata la data in cui sua madre, 91 anni, riceverà la vaccinazione domiciliare anti Covid-19.
Vive a Riesi, un piccolo centro in provincia di Caltanissetta, “e mi confronto quotidianamente con persone nelle mie stesse condizioni”. Il call center dedicato non risponde, l’attesa si fa snervante e nel suo Comune i contagi sono in crescita.
Il sindaco, ieri, ha inviato una lettera all’Asp nissena per chiedere aiuto. “Noi questa battaglia contro il Covid-19 non la potremo mai vincere”, comincia la missiva del primo cittadino.
“Noi questa battaglia contro il Covid-19 non la potremo mai vincere, anche perché non ci state proprio aiutando”. Salvatore Chianchia è il sindaco di Riesi, in provincia di Caltanissetta, e ha scritto ieri una lettera di fuoco all’Azienda sanitaria provinciale del suo territorio.
Un elenco puntato che comincia con l’atto d’accusa nei confronti dell’Asp: tamponi o risultati troppo lenti, vaccinazioni da fare solo al di fuori del territorio comunale e, soprattutto, ultraottantenni non trasportabili ancora senza vaccino, da mesi.
Come la mamma di Attilio Gerbino, professore di Storia dell’arte e figlio di una donna di 91 anni, invalida, per la quale attende la vaccinazione dal 21 febbraio. Ieri, dopo le rimostranze del primo cittadino del Comune, l’Asp ha chiesto di inviare una email con la richiesta di vaccinazione domiciliare e un certificato di non trasportabilità redatto dal medico di base. Un ulteriore passaggio burocratico, una nuova prenotazione, sebbene sia stata fatta ormai tempo fa quella sulla piattaforma nazionale.
Il 21 febbraio Attilio Gerbino ha prenotato la vaccinazione per sua madre. Lo ha fatto sulla piattaforma nazionale messa in piedi da Poste Italiane, quella che da sempre gestisce l’erogazione del siero anti-Covid agli aventi diritto.
Finita la procedura, a Gerbino è apparsa una schermata nella quale veniva informato che sarebbe stato contattato telefonicamente per conoscere la data in cui il personale sanitario si sarebbe presentato in casa sua per effettuare la vaccinazione a sua madre.
I giorni hanno cominciato ad accumularsi e, con essi, l’impazienza: lui e sua sorella, caregiver dell’anziana, vivono praticamente blindati in casa. Tentano in ogni modo di evitare che il contagio possa varcare le soglie dell’abitazione di un soggetto fragile come la loro madre. E il tutto in un Comune in cui, a ieri, erano registrati 90 positivi. Dopo che, a metà aprile, la diffusione di Covid-19 sul territorio sembrava essere sotto controllo.
“Ho cominciato a telefonare al call center dedicato dell’Asp di Caltanissetta”, racconta Gerbino. In un solo giorno è arrivato a provare fino a 50 volte. Senza alcun risultato. Quando ritenta, davanti alla telecamera di Fanpage.it, l’esito è lo stesso: troppe telefonate, le linee sono intasate, nessuno risponde.
“La sola volta che sono riuscito a prendere la linea, l’operatrice mi ha detto di chiamare Gela (uno dei distretti sanitari dell’Asp di Caltanissetta, ndr). Genericamente Gela. Così ho telefonato al centralino dell’ospedale, da lì mi hanno rinviato all’Usca di Gela e, dall’Usca di Gela, mi hanno detto di riprovare con il centralino di Caltanissetta”.
Un cane che si morde la coda. Alle telefonate si sono aggiunte le email e, in ultimo, anche un sms a un numero comunicato dall’Azienda sanitaria provinciale. “Nessun risultato neanche da lì, solo che dovevo aspettare”.
Ma quanto? Da oggi per la Sicilia è possibile per gli over 50 prenotare la vaccinazione. Dal 7 maggio, inoltre, prende il via la campagna di immunizzazione degli abitanti maggiorenni delle isole minori e dei lavoratori stagionali non residenti. Prima tocca a Salina, Lampedusa e Linosa, il 10 maggio partiranno anche gli altri Comuni.
Ma in provincia di Caltanissetta ci sono ancora ultraottantenni che aspettano. “Sono arrabbiato – conclude Attilio Gerbino – Perché sembra tutto un vicolo cieco. Mi confronto quotidianamente con amici nelle stesse condizioni. E poi parlo con chi vive e lavora nelle altre province, e lì invece le cose sembrano funzionare”. Adesso un nuovo passaggio: una email con il certificato di intrasportabilità. Nella speranza che questa, dopo 74 giorni di attesa, sia la volta buona.
(da Fanpage)
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Maggio 6th, 2021 Riccardo Fucile
LA TESTIMONIANZA DI AMANDA AGGIUNGE NUOVI DETTAGLI ALLA VICENDA
Arrivano nuovi dettagli sul caso di Ciro Grillo, il figlio del fondatore del M5s coinvolto in una inchiesta per presunta violenza sessuale. Nuovi dettagli forniti dalla testimonianza agli inquirenti di Amanda, 21 anni, migliore amica di Silvia, la giovane che, secondo le accuse, la notte del 17 luglio 2019 è stata violentata dallo stesso Ciro e da tre amici, Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia, nella villa di Porto Cervo di proprietà di Grillo.
Il giorno successivo Amanda racconta di avere ricevuto da Silvia alcune foto: «Erano scatti in cui si vedevano chiaramente alcuni lividi sul costato a sinistra, sulla scapola destra e sulla coscia all’altezza del bacino».
La ragazza, interrogata il 5 settembre 2019, due mesi dopo i fatti, fornisce dettagli importanti anche sulla personalità di Silvia. Racconta di una giovane «all’apparenza molto socievole con i ragazzi, ma in realtà fragile e suggestionabile. Si fanno un’opinione di lei sbarazzina, ma sbagliata».
Amanda continua: «È una ragazza solare e di buona famiglia, molto gentile ed educata con tutti, non l’ho mai vista litigare con nessuno”
«Mi disse che aveva molto dolore»
Le immagini fornite da Amanda agli investigatori potrebbero rappresentare materiale importante ai fini delle indagini, assieme ai video registrati dai quattro ragazzi. La ragazza definita «consenziente» da Beppe Grillo proprio in riferimento ai video fino a quel momento messi a disposizione, ora risulterebbe invece essere uscita da quella notte piena di lividi.
«Non erano foto della casa» prosegue Amanda, «ma di lei. Ho visto i lividi in più parti del corpo e nei commenti mi ha anche aggiunto che aveva molto dolore».
«Roberta non fece nulla per aiutarla»
Silvia e Amanda, cinque giorni dopo la violenza, si sentono al telefono e parlano a lungo: «Mi aveva mandato un messaggio su Snapchat dicendo che mi doveva parlare di una cosa importante che le era successa». Nella confidenza che Silvia fa alla migliore amica sulla presunta violenza avvenuta quella sera a Porto Cervo, c’è anche il nome di Roberta, la ragazza presente con lei nella villa. «Mi diceva che le aveva raccontato le violenze subite e che voleva andare via. Ma Roberta le ha risposto che la cosa non le importava e si è rimessa a dormire».
Il comportamento di Roberta è uno degli argomenti di cui Amanda racconta di aver parlato con Silvia il 4 settembre, quando le due si incontrano per un pranzo. «Ero appena tornata dall’estero e mi ha raccontato di aver sporto denuncia per le violenze. Abbiamo commentato l’atteggiamento di Roberta quella notte. Silvia è molto arrabbiata con lei perché non è intervenuta in suo aiuto, non ha fatto nulla per evitare che avesse conseguenze maggiori». Roberta da parte sua ha raccontato di essere stata svegliata da Silvia, sostenendo che non le stia stato raccontato in quel momento delle violenze.
Nella testimonianza di Amanda, infine, si parla di Andrea, un amico in comune che aveva presentato a Silvia i quattro ragazzi e aveva trascorso la prima parte della serata al Billionaire insieme a loro: «Silvia mi disse che lui si era molto arrabbiato e che voleva andare a picchiare i genovesi per quello che avevano fatto».
(da agenzie)
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Maggio 6th, 2021 Riccardo Fucile
150 VERBALI IN SEI MESI, ORA IL COMPORTAMENTO RECIDIVO FA SCATTARE IL PENALE…. IL DELIRIO: “SIETE IL BRACCIO ARMATO DELLO STATO, NON HO PAURA DI MORIRE”
Chiusa la Torteria di via Orti, a Chivasso, il locale che nelle ultime settimane è stato teatro di numerosi aperitivi “negazionisti” e di continue violazioni alle norme anti Covid. Carabinieri, polizia e vigili urbani hanno posto sotto sequestro l’esercizio su richiesta della Procura di Ivrea.
L’intervento delle forze dell’ordine ha scatenato la reazione della titolare Rosanna Spatari, indagata per inosservanza delle disposizioni del prefetto, che, secondo i reporter presenti, «ha dato in escandescenza insultando i presenti». «Siete il braccio armato dello Stato. Non ho paura di morire, io», avrebbe detto agli agenti stando a La Stampa.
Spatari, infatti, aveva tenuto aperto anche quando non era consentito, collezionando da ottobre 2020 ad aprile 2021 circa 150 verbali dei carabinieri.
La procura ha preso la decisione a seguito delle «ripetute e gravi violazioni delle norme anti Covid rilevate e del mancato rispetto delle conseguenti sanzioni amministrative, tra cui la sospensione dell’attività, comminate all’esercente e ai clienti del locale». Comportamenti, che, infrangendo le norme per la prevenzione della diffusione del contagio, «hanno comportato potenziali situazioni di rischio per la salute pubblica». Il comportamento «recidivo» sarà sottoposte al vaglio« anche in sede penale».
(da agenzie)
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Maggio 6th, 2021 Riccardo Fucile
“COLPI AD ALTEZZA D’UOMO”… LA NAVE LIBECCIO DELLA MARINA MILITARE INTERVIENE A PRESTARE SOCCORSO…. QUESTI SONO GLI INFAMI DELINQUENTI A CUI REGALIAMO MOTOVEDETTE PER FARE IL LAVORO SPORCO SUI MIGRANTI
Spari contro due pescherecci italiani a 30 miglia dalla costa libica al largo di Misurata.
I colpi contro le imbarcazioni Aliseo e Artemide sono partiti da una motovedetta della Guardia costiera libica. Il comandante di uno dei due pescherecci, entrambi della capitaneria di Mazara del Vallo, è rimasto ferito.
La nave Libeccio della Marina Militare, che si trovava a poche miglia dalle due imbarcazioni italiane, è stata autorizzata dai libici ad avvicinarsi ulteriormente per prestare soccorso.
I due pescherecci, che erano stati intercettati in acque di competenza di Tripoli, sono stati rilasciati.
“Hanno sparato ad altezza d’uomo” racconta il sindaco di Mazara del Vallo, Salvatore Quinci. “È una novità che episodi del genere accadano al largo di Misurata”, ha aggiunto, alludendo al fatto che negli ultimi mesi e ancora qualche giorno fa minacce del genere erano arrivate da libici di Bengasi. Quinci ha poi spiegato: “Sono in contatto con la Farnesina, attendo aggiornamenti”.
Ammesso che vi sia stato uno sconfinamento, si usa comunicarlo via radio o avvicinarsi al peschereccio per contestare l’infrazione. Solo dei criminali sparano ad altezza d’uomo.
(da agenzie)
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