Maggio 10th, 2021 Riccardo Fucile
CRISI DI GOVERNO, BATTAGLIA SUGLI SBARCHI E MOJITO
Ecco cosa accadrà: l’operazione simpatia di Giorgia Meloni per innescare la sua ascesa è iniziata, dalle interviste su quotidiani progressisti in cui sfoggia tutto il suo lato umano (e con giornalisti disattenti che si scordano di chiederle dei drammi umani degli altri) e con l’obiettivo per Fratelli d’Italia di riuscire a continuare la sua ascesa puntando ai voti anche dei moderati dopo avere svuotato l’elettorato incazzoso e deluso per gli ultimi smussamenti di Salvini.
Matteo Salvini dal canto suo continua a rimanere male in equilibrio nel suo doppio ruolo di uomo di governo e arrabbiato d’opposizione, apparendo piuttosto confuso e smussato.
Per riuscire a farsi notare deve riuscire a intestarsi qualcuno delle sue battaglie e poterla poi rivendere e per questo negli ultimi giorni ha insistito tanto sulla cancellazione del coprifuoco: sa benissimo che con i vaccini e con la diminuzione dei contagi prossimamente si avranno nuove aperture e gli verrà facile dirci con fare sornione che è solo merito suo e fa niente che in realtà il ritorno alla normalità stia semplicemente rispettando il cronoprogramma di governo.
In molti gli crederanno, gliene saranno grati e sarà l’occasione per dire che con Speranza e senza Salvini non sarebbe andata così.
Solo che la battaglia sul coprifuoco ormai è praticamente esaurita e allora Salvini tornerà di corsa al suo pezzo forte, gli sbarchi che inevitabilmente d’estate torneranno a intensificarsi sulle nostre coste, e così il nuovo “caso Speranza” si sposterà puntando la ministra dell’interno Lamorgese a cui Salvini chiederà di continuo di essere “più decisa”, di “fare rispettare i confini italiani” e di “battere i pugni sul tavolo dell’Europa”. Segnatevi le frasi, è tutto terribilmente prevedibile.
Solo che anche in questo caso per Giorgia Meloni sarà tutto più facile avendo le mani libere da qualsiasi briglia di governo e così presumibilmente Salvini alzerà la voce, affilerà i denti, arriverà perfino a sventolare lo scenario della crisi (“la pandemia è finita possiamo tornare a votare”, segnatevi anche questa) e il re dei giustizialisti, quello della “galera e buttare via le chiavi”, intanto sarà in giro per l’Italia a raccogliere firme con i Radicali (che brutta fine, i Radicali).
Insomma il leader della Lega è tutt’altro che tranquillo e il copione per l’estate sembra già scritto per essere recitato furioso come al solito.
Sullo sfondo, ovviamente, il Papeete e il mojito.
Non sarà difficile per Giorgia Meloni, no.
(da TPI)
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Maggio 10th, 2021 Riccardo Fucile
UN CONSIGLIERE REGIONALE CHE INTERVIENE A UN RADUNO NO VAX E’ IMBARAZZANTE
Valerio Mancini, consigliere regionale della Lega in Umbria, ha partecipato al No Paura Day di Todi. Ovvero un raduno negazionista in piazza del Popolo che ha raccolto un centinaio di persone ieri.
Durante il comizio sul tema no vax non sono mancate esibizioni con persone immortalate senza mascherina. La polizia le ha fotografate e identificate.
Per loro, scrive UmbriaJournal, potrebbero scattare le dovute sanzioni per il mancato rispetto delle norme anti Covid.
“Erano quattro gatti”, fa sapere laconico il sindaco di Todi, Antonino Ruggiano, “e mi conforta che i tuderti erano pochi, la maggior parte proveniva da altre zone della regione. Noi ribadiamo la fiducia nei vaccini, tanto che lavoriamo come volontari al punto vaccinale di Ponte Rio”.
Sull’intervento dell’esponente del Carroccio, in piazza del comune a Todi, ha scritto un post su Facebook anche Tommaso Bori – medico – consigliere regionale del Pd. «Lui è Valerio Mancini – scrive -, esponente storico della Lega in Umbria e Consigliere Regionale. Nella foto sta parlando ad un raduno di negazionisti. Ha partecipato ai NO PAURA DAY. Che non sono altro che assembramenti di individui in cui, senza mascherine, senza distanziamento e senza nessuna regola, si farnetica su l’inutilità dei vaccini e sull’inesistenza del COVID”.
“Questo fine settimana la città di Todi è stato teatro dell’ennesima tappa di questa insulsa manifestazione di no vax e no mask. Senza che il sindaco di Todi abbia fatto nulla per impedirlo. Questa cialtroneria antiscientifica è uno schiaffo alle numerose famiglie tuderti e umbre che il COVID ha colpito. A chi ha lottato in una camera di terapia intensiva e a chi, in particolare, ha perso un proprio caro. Tutto ciò è reso ancora più grave e vergognoso dalla presenza di un consigliere regionale e dal nullaosta del sindaco».
(da agenzie)
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Maggio 10th, 2021 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DELLE ONG
Mentre a Lampedusa si susseguono gli sbarchi, il messaggio inviato al premier il 26 aprile dalle principali organizzazioni umanitarie sembra essere caduto nel vuoto. Lamorgese chiede «solidarietà» all’Europa. E intanto a Tripoli il numero di profughi detenuti è in continuo aumento
Quest’anno almeno 500 persone sono già morte nel tentativo di attraversare il Mediterraneo centrale, rispetto alle circa 150 vittime registrate nello stesso periodo del 2020.
I numeri, sempre spietati ma chiari, arrivano dall’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni.
Da Lampedusa ne arrivano altri: nelle ultime 24 ore ci sono stati 20 sbarchi, che hanno portato sull’isola siciliana 2.128 persone. E il governo Draghi, in vista di un’estate che si annuncia particolarmente calda sul fronte delle migrazioni, ha deciso di mettere in piedi una cabina di regia per affrontare il dossier insieme a tutti i ministri coinvolti: Interno, Esteri, Difesa e Trasporti.
Oggi la titolare del Viminale, Luciana Lamorgese, ha avuto un colloquio con la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, che ha ringraziato l’Italia per il suo impegno sui flussi e ha riconosciuto che l’Europa deve dare un segnale di «solidarietà».
Ma il dossier non riguarda solo gli sbarchi. All’instabilità nel Sahel meridionale – in Ciad governo e parlamento sono stati sciolti dopo l’omicidio del presidente Idriss Déby e il potere è passato nelle mani di un Consiglio militare guidato da suo figlio – si aggiungono le difficoltà che il nuovo premier libico, Abdul Hamid Mohammed Dbeibah, sta incontrando nel favorire il processo di riconciliazione nazionale.
Proprio a Tripoli, il 6 aprile scorso, il premier italiano Mario Draghi ha compiuto il suo primo viaggio all’estero: «Noi esprimiamo soddisfazione per quello che la Libia fa, per i salvataggi, e nello stesso tempo aiutiamo e assistiamo la Libia», ha detto Draghi in quell’occasione. Ma i fatti più recenti indicano che la soddisfazione non è reciproca. Il 6 maggio una delle motovedette donate dal nostro Paese alla Guardia costiera libica ha sparato su tre pescherecci italiani, mentre l’ondata di sbarchi a Lampedusa testimonia come il controllo delle coste sia quantomeno inefficace.
Benvenuti (Msf): «Prima della redistribuzione vengono i soccorsi in mare e l’allargamento delle possibilità di uscire legalmente dalla Libia»
Fonti di governo dicono che è ancora troppo presto per sapere se Draghi porrà con forza il tema dei migranti in sede europea. In attesa del rinnovo del mandato di Frontex e della definizione del Patto su immigrazione e asilo, Roma punta a far ripartire da subito almeno l’accordo di Malta, ovvero il meccanismo di solidarietà volontaria per redistribuire in Europa i migranti che sbarcano nei Paesi costieri, sospeso a causa della pandemia di Coronavirus.
«Ma prima della redistribuzione vengono i soccorsi in mare e l’allargamento delle possibilità di uscire legalmente dalla Libia», fa notare a Open Bianca Benvenuti, advocacy manager della missione Libia/SAR di Medici senza frontiere, che tra novembre 2020 e febbraio 2021 è entrata nei centri di detenzione per migranti controllati dal governo di Tripoli, dove sono ammassate centinaia di persone.
Aggiunge Benvenuti: «Le condizioni nei centri continuano a essere disumane. Medici senza frontiere, così come altre organizzazioni internazionali, ha avuto accesso solo alle strutture ufficiali, ma sappiamo che in quelle non ufficiali le condizioni sono anche peggiori». Nei primi tre mesi del 2021 «il numero dei migranti detenuti è aumentato drasticamente a causa delle persone riportate indietro dalla Guardia costiera libica». E in alcuni centri in cui Medici senza frontiere lavora «il sovraffollamento è arrivato anche a tre persone al metro quadro». Le strutture sono fatiscenti, molte celle non hanno nemmeno le finestre ed è difficile persino avere accesso al cibo e all’acqua potabile.
«Ci siamo inoltre ritrovati a trattare ferite troppo fresche per essere avvenute prima del trasferimento dei migranti nei centri, pensiamo quindi che siano dovute alle violenze inflitte al loro interno», precisa ancora Benvenuti.
La recente ondata di sbarchi a Lampedusa, tuttavia, secondo Medici senza frontiere non dipende da un volontario allentamento dei controlli da parte della Guardia costiera libica, finalizzato ad alleggerire la pressione: «Non crediamo che ci sia una correlazione diretta tra livello di intercettazione e sovraffollamento, perché purtroppo il sistema di detenzione arbitrario libico ha una grande capacità. Non tutti i migranti riportati indietro finiscono nei centri ufficiali, spesso semplicemente spariscono dalla circolazione. E molti vengono rinchiusi nei centri non ufficiali, che possono essere aperti o chiusi in qualsiasi momento».
Come si spiega quindi l’improvviso aumento degli sbarchi?
Risponde sempre Benvenuti: «Da inizio 2021 il flusso di migranti dalla Libia è aumentato, così come è aumentato il numero delle persone riportate indietro. Secondo noi, ma a dirlo sono anche le Nazioni unite, la causa principale è l’instabilità della stessa Libia».
A causa della pandemia, inoltre, «sono calate le operazioni di rimpatrio assistito e anche i resettlement sono diminuiti, quindi per le persone che rimangono bloccate sull’altra sponda del Mediterraneo l’unica opzione che rimane è riprendere il mare».
In ogni caso, Benvenuti si è detta «molto sorpresa» che il premier Draghi abbia usato la parola «salvataggi» per descrivere le attività della Guardia costiera libica: «Per Medici senza frontiere, ma anche per altre organizzazioni internazionali e per le stesse Nazioni unite, la Libia non è un porto sicuro. Non sappiamo più come dirlo. La Guardia costiera di Tripoli fa un’attività di intercettazione e respingimento e non crediamo che ci si possa complimentare per questo».
Al momento, la presidenza del Consiglio non ha ancora risposto alla richiesta di incontro urgente che Open Arms, Msf, Alarm Phone, Emergency, Mediterranea, ResQ-People saving People, Sea Watch e Sos Mediterranee hanno inoltrato il 26 aprile, dopo il naufragio al largo della Libia in cui sono morte 130 persone. Per due giorni i migranti avevano lanciato invano richieste d’aiuto. Ma la speranza, conclude Benvenuti, è comunque quella di riuscire ad aprire «un’interlocuzione con il governo, per portare sui tavoli istituzionali le nostre proposte e le nostre osservazioni sul Mediterraneo centrale».
(da agenzie)
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Maggio 10th, 2021 Riccardo Fucile
DOMANI SUMMIT A LISBONA
“Serve un meccanismo europeo di solidarietà per l’estate, con i paesi che ci stanno: su base volontaria”. Luciana Lamorgese prende il telefono e chiama la commissaria europea agli Affari Interni Ylva Johansson.
La situazione sta sfuggendo di mano perché la bella stagione aumenta gli arrivi sulle coste meridionali e una gestione europea degli sbarchi non si materializza.
Allora, siccome dall’epoca del piano Juncker sulle ‘relocations’ nel 2015 si è capito che un meccanismo obbligatorio di redistribuzione tra gli Stati europei non si concretizzerà mai, la ministra degli Interni chiede a Johansson per mettere in piedi almeno un meccanismo su base volontaria per gestire gli arrivi dei prossimi mesi, che già si annunciano critici.
Il piano conta sulla disponibilità della Spagna, Francia, Portogallo, i paesi che in questi anni hanno dato una mano, riferiscono fonti di governo. Ma molto probabilmente stavolta Roma non potrà contare su Berlino: in Germania ci sono le elezioni il 26 settembre e il tema immigrazione resta sensibile.
“L’Ue deve dare solidarietà”, concorda Johansson ringraziando l’Italia. Anche la commissaria Ue sa che per arrivare ad una discussione e approvazione da parte degli Stati membri del ‘nuovo patto sull’immigrazione e l’asilo’, proposto dalla Commissione a fine settembre 2020, servirà tempo. Ma le coste del sud Italia e degli altri paesi di frontiera sono già in emergenza.
Intanto, domani, grazie all’interessamento della presidenza portoghese dell’Ue, che ha fissato l’immigrazione tra i temi prioritari della sua agenda, l’Unione riprende il dossier abbandonato durante il primo inverno di pandemia.
Proprio mentre in Italia la materia torna a scaldare lo scontro politico nella stessa maggioranza Draghi, domani i ministri degli Interni europei si riuniranno al centro culturale di Belem, a Lisbona. Lamorgese partecipa in videoconferenza da Roma. Presenti il vicepresidente della Commissione Europea Margaritis Schinas, la commissaria Johansson, rappresentanti di Libia, Egitto, Algeria, Mauritania, Marocco, Niger, Senegal e Tunisia, di Frontex e dell’Easo, la struttura europea che fornisce supporto nelle pratiche per la richiesta d’asilo, dell’Unhcr e l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (Oim). Ci saranno anche i rappresentanti dei due processi di dialogo sui flussi migratori avviati dall’Ue con i paesi africani (‘Rabat process’ e ‘Khartoum process’).
All’ordine del giorno della discussione c’è la gestione dei flussi di migrazione irregolare, lo sviluppo di procedure di rimpatrio “sicure ed efficaci”, ma anche “rotte legali per la migrazione”. Inoltre la riunione servirà anche a fare il punto sul ruolo di agenzie come l’Easo, visto che le procedure d’asilo sono nelle mani degli Stati di primo approdo perché la riforma di Dublino tarda ad arrivare per mancanza di disponibilità degli altri Stati europei a condividere la responsabilità con i paesi di frontiera come l’Italia.
Ma il summit portoghese servirà anche a discutere del ruolo di Frontex, l’agenzia europea che si occupa dei controlli di sicurezza sulle frontiere esterne, finita nella bufera per accuse di corruzione (indaga l’ufficio europeo per la lotta anti-frode, Olaf), perché accusata di aver respinto migranti nell’Egeo (sta indagando il Parlamento europeo) oppure per non essere intervenuta attivamente per mettere in salvo migranti in difficoltà (come è successo a fine aprile con il naufragio al largo di Tripoli).
Il vertice di domani è il primo appuntamento europeo sull’immigrazione degli ultimi otto mesi, quasi interamente dedicati all’emergenza covid e alle misure per combattere la crisi economica. Dallo scorso settembre, quando la Commissione Europea ha presentato la sua proposta per un “nuovo patto sull’immigrazione e l’asilo” limitandosi a emendare il regolamento di Dublino, gli Stati membri non ne hanno discusso nemmeno una volta. Il 27 aprile scorso la Commissione Europea ha presentato un’altra proposta basata sui rimpatri volontari, con un sistema di incentivi per il ritorno nei paesi d’origine.
Il tema della distribuzione dei migranti che arrivano nei paesi della periferia tra gli altri Stati membri sembra sparito dai radar. E da qui nasce l’iniziativa di Lamorgese, volta a rianimare lo spirito di solidarietà degli accordo di Malta.
(da agenzie)
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Maggio 10th, 2021 Riccardo Fucile
IL TRIBUNALE: “IL SUO NON ERA SOLO UN DIRITTO, MA ANCHE UN DOVERE CIVICO”
Cheickna Hamala Diop oggi ha 26 anni e vive a Parigi. Era arrivato in Italia all’età di dieci anni, dal Mali.
Dopo aver perso il lavoro la scorsa primavera per aver denunciato la Rsa dove era impiegato, il Don Gnocchi, l’operatore sanitario ha lasciato il nostro Paese, in cerca, altrove, di condizioni lavorative più giuste.
La giustizia italiana, tuttavia, partendo dalla vicenda dell’operatore della struttura per anziani, ha scritto una sentenza storica che farà giurisprudenza: la giudice Camilla Stefanizzi della sezione lavoro del tribunale di Milano ha reintegrato Diop, difendendo la figura del whistleblower, tutelata dalla legge 179 del 2017 ma, ancora oggi, vittima di ritorsioni da parte dei datori di lavoro.
I fatti
Il 26enne era stato cacciato dalla cooperativa Ampast, che fornisce personale alla Rsa milanese del Don Gnocchi, il 7 maggio 2020. Diop – come ha raccontato all’epoca dei fatti a Open -, aveva denunciato l’istituto di Milano, per il quale prestava servizio ormai da tre anni, per il reato di diffusione colposa di epidemia. Nell’intervista ha motivato così la sua scelta:
«Ho deciso di denunciare il giorno in cui ho saputo che c’erano stati dei casi di Coronavirus all’interno dell’Rsa. Il 14 marzo è arrivato un messaggio nel gruppo su Whatsapp dei colleghi in cui ci veniva detto che eravamo entrati in contatto con dei casi positivi. Il documento, però, era firmato il 10 marzo: vi rendete conto che erano passati quattro giorni dalla scoperta dei contagi alla comunicazione a noi oss? Siamo anche venuti a conoscenza che c’erano stati dei casi di Covid già da prima, mentre i nostri capi ci avevano assicurato che il Don Gnocchi era sicuro. Allora mi sono chiesto: come facevano a essere certi se non erano mai stati fatti dei tamponi? Ma le negligenze erano tante: un’altra, clamorosa, era il divieto di utilizzare le mascherine. Pure se ce le portavamo da casa, ci veniva chiesto di rimetterle in tasca»
La Guardia di Finanza aveva aperto già da aprile 2020 un fascicolo sull’Istituto Don Gnocchi di Milano, per indagare sulla morte di circa 140 anziani. Tra le accuse mosse da Diop e da altri 17 colleghi, inoltre, ce n’era una relativa all’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.
«Ricordo benissimo che gli infermieri dicevano – agli oss – di nascondere le mascherine per non far vedere ai superiori che le utilizzavamo». Veniva disincentivato l’utilizzo delle protezioni per non creare allarme e a farne le spese non erano soltanto i pazienti della struttura, ma gli stessi dipendenti: Diop stesso, il 20 marzo 2020, è risultato positivo al Coronavirus
La sentenza
Attraverso il sindacato Usb, arrivò ai vertici di Ampast e del Don Gnocchi la richiesta di maggiore sicurezza. Il comunicato, ripreso anche dai media, in quel periodo concentrati sulla cosiddetta “strage degli anziani” nelle Rsa lombarde – morirono 700 persone -, creò non pochi imbarazzi ai dirigenti delle due società. Diop fu licenziato e alcuni suoi colleghi vennero trasferiti in altre strutture. Oggi, 10 maggio, è stata resa pubblica la sentenza che punisce il comportamento della cooperativa Ampast: dovrà reintegrare Diop, pagare un’indennità corrispondente a tutte le mensilità maturate dal giorno del licenziamento e le spese legali agli avvocati dello studio Reboa, che hanno assistito l’operatore sanitario
Le motivazioni della giudice
Visto che la denuncia riguardava la tutela della salute, «l’interesse pubblico alla conoscenza della notizia è tale da ritenere che l’attività, non solo di denuncia all’autorità giudiziaria, ma anche di denuncia ai maggiori mezzi di comunicazione, possa essere considerata non solo un diritto, ma anche un dovere civico», si legge nella sentenza.
«Agli esordi di un’epidemia con effetti subito manifestatisi di enorme gravità, le informazioni su quanto stava accadendo all’interno della Fondazione avrebbero potuto conseguire il risultato concreto di mettere in salvo delle vite umane».
Come? «Consentendo l’adozione delle necessarie contromisure, sia da parte dei parenti che avrebbero potuto considerare anche l’opportunità di trasferire immediatamente i loro congiunti qualora non avessero condiviso o ritenuto sufficienti a proteggere la salute dei loro cari le prassi ivi poste in essere, sia da parte della Fondazione, che avrebbe potuto essere indotta a rivederle e a modificare con maggior tempestività la propria condotta per scongiurare l’impressionante numero di decessi che di fatto si sono verificati nell’arco di pochissimo tempo».
(da Open)
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Maggio 10th, 2021 Riccardo Fucile
“LA LEGGE CI VIETA DI COMUNICARE GLI ELENCHI A PERSONE DIVERSE DAL LEGITTIMO RAPPRESENTANTE LEGALE”
“Rousseau per legge non può assolutamente comunicare gli elenchi di iscritti a persone diverse dal legittimo rappresentante legale o addirittura, come richiesto, a persone neanche iscritte al Movimento”.
Così l’associazione in un post in cui aggiunge: se comunicasse i dati “ad un soggetto terzo”, violerebbe il “Codice Privacy che prevede fino alla pena della reclusione per comunicazione e diffusione illecita di dati personali oggetto di trattamento su larga scala. Per questo non è possibile neanche comunicare la lista ad una neo forza politica che abbia una diversa associazione con un diverso Statuto e un diverso simbolo”.
“Oggi l’Associazione Movimento 5 Stelle, non ha alcun rappresentante legale politico né un soggetto legittimato ad amministrare e/o rappresentare il Movimento ossia, in altre parole, l’Associazione Movimento 5 Stelle non ha oggi alcun Capo Politico”.
Lo ribadisce Rousseau in un lungo post pubblicato sul blog delle Stelle dove punta l’indice: “il componente anziano del Comitato di Garanzia Vito Crimi, coadiuvato dagli altri componenti del Comitato di Garanzia Roberta Lombardi e Giancarlo Cancelleri, nel redigere le modifiche dello Statuto non ha inserito all’interno dello stesso una norma transitoria che prevedesse il mantenimento della figura del Capo Politico, o di altra figura legittimata, fino all’insediamento del Comitato direttivo.
Oltre a questa mancanza strutturale nella modifica statutaria, il Comitato di Garanzia ha deciso di non dare seguito alla decisione degli iscritti, omettendo di aprire le candidature per il Comitato Direttivo necessarie per il voto. Tutto ciò ha determinato, come detto e confermato dal Tribunale di Cagliari, l’assenza di un rappresentante legale”.
“Ci perdonerete l’ironia, ma la vicenda dei dati degli iscritti del Movimento 5 Stelle sta assumendo dimensioni grottesche. E’ nata addirittura una nuova categoria di persone: I NO LEX. Persone che negano l’esistenza delle leggi”.
Così l’Associazione Rousseau in un post sul blog dove spiega: “nelle ultime settimane siamo stati letteralmente inondati da comunicazioni di iscritti preoccupati che ci hanno diffidato dal comunicare i loro dati a persone non legittimate a gestirli e noi, ovviamente, vogliamo rassicurarli. Ogni passo, a dispetto di quanto richiesto, sarà strettamente aderente alla legge e alla volontà degli iscritti”.
Consegnare i dati degli iscritti al M5s a chi non ha diritto di riceverli “paradossalmente sarebbe come comunicare tutti i dati degli iscritti del Movimento a soggetti politici diversi come Italia Viva o il Partito Democratico o la Lega”. Lo scrive l’associazione Rousseau in un post sul blog.
“Continuiamo ad attendere che la promessa pubblica di saldare i debiti venga onorata visto che ad oggi continua ad essere solo un annuncio sui social. I dipendenti di Rousseau sono in cassa integrazione. Inoltre, la gestione dei dati degli iscritti e la responsabilità del trattamento comportano costi notevoli che sono sulle spalle” di Rousseau visto che “chi ritiene di essere il gruppo dirigente del Movimento ha deciso di non pagare più i servizi che devono essere comunque attivi perché previsti dalla legge e che noi, con profondo senso di responsabilità, continuiamo a erogare a nostre spese”.
(da agenzie)
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Maggio 10th, 2021 Riccardo Fucile
EX TERRORISTI: E’ STATO L’UNICO A FUGGIRE AGLI ARRESTI IL 28 APRILE
“Ombre rosse” è il nome dell’operazione che ha portato all’arresto di sette terroristi italiani in Francia e, come un’ombra, l’ex brigatista Maurizio Di Marzio sembra svanire nel nulla dopo che la polizia francese a fine aprile ha bussato alla sua porta con un mandato di cattura.
Era il 28 aprile e tra allora e oggi, 10 maggio, c’è un prima e un dopo non indifferente per Di Marzio.
I reati di banda armata, associazione sovversiva, sequestro di persona e rapina per cui era stato condannato a cinque anni e nove mesi di reclusione dalla mezzanotte di oggi cadono in prescrizione, trasformandolo automaticamente in uomo libero a tutti gli effetti.
Dei dieci nomi di cui l’Italia ha chiesto l’estradizione al governo francese, infatti, Di Marzio è l’unico che non è ancora stato arrestato né si è costituito, vincendo la sua personale battaglia contro la giustizia italiana, non più capace di perseguirlo.
Molisano d’origine – di Trivento, in provincia di Campobasso – la sua attività nelle Br è legata al contesto romano dove il suo nome è associato all’attentato al dirigente dell’ufficio provinciale del collocamento della capitale Enzo Retrosi nel 1981 e, su tutti, al tentato sequestro del vicequestore Nicola Simone, il 6 gennaio dell’anno successivo.
Il vicecapo della Digos, scomparso recentemente, era impegnato nella lotta al terrorismo rosso e, in seguito all’episodio dove rimase gravemente ferito e per cui gli venne conferita la Medaglia d’oro al valore, fu il primo direttore dell’Interpol Italia.
A quell’operazione presero parte anche i brigatisti Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli e Marina Petrella, esuli in Francia come Di Marzio ma che adesso, a differenza sua, saranno chiamati di fronte alla giustizia.
La vita francese di Di Marzio è condita da poca cronaca, concentrata tra il IX e il X arrondissement di Parigi a Rue de Maubeuge, all’interno della Taverna Baraonda, il ristorante gestito insieme alla moglie “per gli amanti del cibo, del vino e dell’arte”, come recita un post su Facebook, dove era facile incontrarlo e in cui aveva trovato lavoro anche Alimonti, ora ai domiciliari in attesa del rimpatrio.
Da esule, Di Marzio ha avuto modo di ripercorrere quel periodo di lotta armata, ammettendo in un’intervista di diversi anni fa concessa a Panorama di aver commesso “un mare di sciocchezze” tali che “non le ripeterei”, anche se “prima di giudicare bisogna considerare il contesto”.
Si definiva “cambiato” senza nascondere l’irritazione nei confronti dell’Italia, da cui si sentiva “perseguitato”. “Ho già scontato sei anni di carcere” e “non ho mai ucciso nessuno”, si difendeva nell’intervista.
Per amor di verità, duranti gli anni francesi Di Marzio conobbe anche mesi tormentati. Fermato nell’agosto del 1994 dalle autorità francesi, sempre in seguito alla richiesta arrivata da Roma, l’anno successivo la Corte d’appello si espresse in favore della sua estradizione in Italia. Ma, per via della discussa Dottrina Mitterand, su quel decreto governativo non venne mai posta alcuna firma e Di Marzio sfuggì, una seconda volta, alla giustizia italiana.
La terza, quella di oggi, si è cercato (invano) di evitarla. Proprio in vista delle prescrizioni, all’orizzonte non solo per Di Marzio, il presidente della Repubblica Emmanuel Macron e il ministro della Giustizia Eric Dupond-Moretti – che, per difendersi dalle accuse piovute dalla sinistra e da alcuni intellettuali dichiaratamente contrari all’estradizione, ha paragonato gli esuli italiani ai terroristi del Bataclan – avevano deciso di accelerare le operazioni.
La decisione del Tribunale di Milano di dichiarare “cittadino comune” l’ex membro dei Proletari armati per il comunismo Luigi Bergamin voleva tentare di superare la prescrizione, fissata all’8 aprile, ma ha provocato la reazione immediata di entrambi gli avvocati di quello che fu il compagno di lotta di Cesare Battisti.
Un provvedimento che “contesteremo” perché “non ha valore in Francia”, ha avvertito l’avvocata Irène Terrel. Le polemiche accese, quindi, hanno scoraggiato a prendere posizioni simili anche per Di Marzio.
Gli arresti dei giorni scorsi hanno sancito una rottura con il passato imposto dalla Dottrina, venendo così incontro alle richieste del governo italiano chiamato, non a breve, a tornare indietro di qualche decennio per fare i conti con la propria storia e con alcuni dei protagonisti di allora che, prendendo in prestito le parole del presidente del Consiglio Draghi, “hanno lasciato una ferita ancora aperta”. Alcuni tranne uno, per l’appunto. Da domani, definitivamente libero.
(da agenzie)
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Maggio 10th, 2021 Riccardo Fucile
IN CHIESA COLLEGHI, DATORI DI LAVORO E TANTI AMICI DELL’OPERAIA 22ENNE
Commozione nella piccola chiesa di Spedalino Agnelli, periferia di Pistoia, per il funerale di Luana d’Orazio, l’operaia 22enne stritolata dall’orditoio al quale lavorava in una fabbrica di Montemurlo, nel Pratese, lunedì scorso.
Palloncini bianchi con le foto di Luana e dei suoi amici pronti a volare in cielo a fine cerimonia. Greta, Denise e le altre con le magliette con la foto di Luana stampata, strette una all’altra, in lacrime.
E proprio di fronte alla chiesa del Cristo Risorto di Spedalino Asnelli, un ricordo della sua scuola, “la tua scuola ti saluta, ciao Luana”.
Il vescovo di Pistoia, monsignor Fausto Tardelli ha così iniziato la sua omelia: “E’ una lunga, lunghissima litania quella dei morti sul lavoro. E’ una litania che si allunga ogni giorno senza arrestarsi. Due, tre vittime al giorno. Qualcosa di inaudito. Di inaccettabile. Ora siamo qui attorno al corpo straziato di Luana. La sua storia ha commosso l’intero paese. Ma il suo corpo straziato è qui a nome di tutti gli altri corpi straziati ogni giorno sui luoghi di lavoro. Viviamo purtroppo in un mondo in balia delle emozioni che si accendono e si spengono in un attimo; in un mondo che vive sull’onda dell’immediato, condizionato spesso dai mezzi di comunicazione… occorre che le cose cambino”.
Per la scomparsa di Luana D’Orazio “ho voluto il lutto regionale: e alle 15, quando inizierà la messa in suo ricordo nel suo luogo natale, spero che tutti i toscani dedichino a lei il loro pensiero”. Lo ha affermato Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana
“Spero che questo pensiero si accompagni al pensiero per tutti coloro che se ne sono andati per incidenti sul lavoro, con l’obiettivo delle istituzioni di fare di tutto, creare tutte le condizioni perché non avvenga più”, ha aggiunto Giani, ribadendo che la sicurezza sul lavoro “è fondamentale” perché “chi va al lavoro deve andarci con la tranquillità psicologica di sapere che ci sono tutte le garanzie perché lo possa esercitare con sicurezza”.
I collegh
Anche la titolare della ditta dove è avvenuto l’incidente e i colleghi di lavoro hanno voluto essere presenti ai funerali di Luana D’Orazio . La titolare dell’azienda tessile dove il 3 maggio c’è stato l’incidente mortale sul lavoro, Luana Coppini, con il marito, ha raggiunto la chiesa ed ha preso posto all’interno
Sul fronte dell’inchiesta, mercoledì il perito nominato dalla Procura, affiancato da quelli della famiglia e dei due indagati, eseguiranno la perizia tecnica sulla macchina che ha ucciso Luana. Secondo l’ipotesi di accusa, sarebbe stata manomessa dai proprietari e dal responsabile della manutenzione, che avrebbero eliminato la saracinesca di protezione
Intanto va avanti la raccolta di fondi per aiutare la famiglia di Luana, ragazza madre che ha lasciato un bambino di 5 anni, ora affidato ai nonni. Oltre 120mila euro sono stati finora raccolti, come ha fatto sapere il sindaco di Montemurlo, Simone Calamai. In accordo con il sindaco di Montemurlo, il sindaco di Pistoia, Alessandro Tomasi, e il Comune hanno deciso di sostenere e promuovere la raccolta fondi attivata tramite il Comitato Montemurlo solidale. L’iban sul quale fare i versamenti è: IT11 U030 6937 9791 0000 0004 565 intestato al Comitato Montemurlo Solidale presso la Banca Intesa San Paolo – Filiale di Montemurlo via Scarpettini, la causale da indicare è “Donazione per Luana”.
Ieri alla ragazza il ministro della famiglia Elena Bonetti ha voluto dedicare la festa della mamma. «Il mio pensiero oggi non può che essere per Luana, che tanti giorni come questo avrebbe dovuto vivere con gioia» è il messaggio lasciato da Bonetti su Twitter.
(da agenzie)
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Maggio 10th, 2021 Riccardo Fucile
IL RADUNO ORGANIZZATO VIA TELEGRAM SU UNO DEI CANALI DI “IO APRO”… LIBERI DI CONTAGIARE FINO ALLE 2 DI NOTTE
Si sono ammassati in centinaia, senza indossare la mascherina né rispettare le normative sul distanziamento anti-Coronavirus.
Il nuovo caso di festa clandestina si è registrato nella notte al parco Dora di Torino, dove sono state violate le restrizioni del coprifuoco fissato alle 22.
Stando alle prime ricostruzioni, il raduno sarebbe stato organizzato su una chat Telegram dal movimento “Io apro” che raccoglie anche diversi messaggi negazionisti. Pur non essendo stato sponsorizzato come un evento no mask, la festa si è protratta fino alle 2 del mattino e non sarebbe legata allo spettacolo pomeridiano che ha visto l’esibizione nel pomeriggio di giocolieri e artisti di strada nell’area dell’ex-stabilimento industriale.
La diffusione di eventi negazionisti e feste promosse su chat e piattaforme come Telegram è sempre più comune, così come i luoghi-simbolo negazionisti in Piemonte, dove a inizio maggio è stata chiusa la Torteria di Chivasso, uno dei punti di ritrovo di chi rifiuta l’esistenza del Coronavirus.
(da agenzie)
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